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Sri Lanka, crimini impuniti
Io ho impiegato più di tre ore a vedere questo video, malgrado duri cinquanta minuti.
Perché non è sopportabile. Perché troppo spesso manca il respiro e la resistenza.
E’ stato pubblicato da Peacerporter, che ringrazio infinitamente perché dona spazio ad un pezzo di mondo dilaniato che a nessuno interessa.
Perché non si può non far circolare questo documentario.
DA PEACEREPORTER
I cinquanta minuti del documentario di Channel 4 intitolato ‘Sri Lanka’s Killing Fields’, frutto di due anni di lavoro, mostrano video, foto e testimonianze inedite di combattenti e civili tamil sistematicamente giustiziati dai soldati singalesi con un colpo alla testa, molti dopo essere stati torturati e, nel caso delle donne, stuprate. Cadaveri sparsi o allineati a terra, denudati e oltraggiati dai militari, poi lanciati e accatastati sui cassoni dei camion dell’esercito, tra lo scherno e le battute a sfondo sessuale di giovani soldati trasformati in bestie.
Immagini impressionanti e disumane, la cui autenticità – come già capitato in precedenza – è stata contestata dal ministero della Difesa dello Sri Lanka, ma certificata dagli esperti del Consiglio per i diritti umani dell’Onu di Ginevra.
Dopo aver visionato il video in anteprima, il relatore speciale dell’Onu per le esecuzioni extragiudiziali, Christof Heyns, ha dichiarato che esso ”contiene le prove definitive deicrimini” commessi dal governo di Mahinda Rakapaksa.
”Sono rimasto scioccato da queste scene orribili – ha affermato il ministro degli Esteri britannico, Alistair Burt – che costituiscono una prova evidente delle violazioni dei diritti umani su cui il governo dello Sri Lanka deve indagare, se non vuole affrontare un’azione internazionale”.
Oltre alle immagini delle esecuzioni sommarie (che iniziano dal 33esimo minuto del filmato), il documentario ripercorre le ultime drammatiche settimane di guerra (gennaio-maggio 2009), durante le quali almeno 40 mila civili tamil sono stati uccisi dalle forze singalesi comandate da Mahinda Rakapaksa e da suo fratello Gotabhaya, capo della Difesa. Gordon Weiss e Benjamin Dix, responsabili della missione Onu in Sri Lanka, raccontano alle telecamere di Channel 4 la frustrazione e la rabbia che provarono quando furono costretti dal governo di Colombo a lasciare la zona di conflitto alla vigilia dell’offensiva finale, ricordando la disperazione della popolazione che li supplicava di non abbandonarli a morte certa.
Vengono poi raccontati, con immagini e testimonianze inedite, i sistematici bombardamenti dell’esercito sulle ‘No Fire Zone’ in cui il governo aveva intrappolato centinaia di migliaia di civili tamil sfollati: bombe sulle tendopoli, bombe sugli ospedali strapieni di donne, vecchi e bambini feriti, bombe sulle colonne di profughi in fuga, bombe sulle linee dirifornimento umanitarie.
Una carneficina frutto non di errori balistici, ma di criminale pianificazione. Testimoni raccontano come le coordinate degli ospedali temporanei che la Croce Rossa Internazionale forniva ai generali singalesi per evitare che li bombardassero per errore, venivano invece usate per prendere meglio la mira: 65 granate in poche settimane, quasi ogni giorno, e quasi sempre sparate a distanza di pochi minuti, così da uccidere anche i soccorritori.
‘Sri Lanka’s Killing Fields’ – che non manca di denunciare i crimini dei guerriglieri tamil, accusati di aver usato i profughi civili come ‘scudi umani’ sparando contro chi cercava di fuggire – racconta infine il destino dei civili tamil superstiti, internati in campi militari senza cibo e cure mediche e sottoposti a torture e stupri, e l’occupazione militare cui ancora oggi sono sottoposte le regioni del nord, con notizie di abusi e soprusi di ogni genere.
”Due anni fa – è la conclusione del documentario – la popolazione civile tamil implorava la comunità internazionale di non abbandonarla ed è stata tradita. Oggi i sopravvissuti chiedono alla comunità internazionale di avere giustizia: saranno ancora abbandonati?”.
La risposta sembra contenuta nelle parole di Steve Crawshaw, dirigente di Amnesty International, anch’egli intervistato nel filmato: ”Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha votato all’unanimità per deferire alla corte internazionale dell’Aja il regime libico: il contrasto tra questo e l’assoluto silenzio e la totale inazione di fronte a decine di migliaia di morti in Sri Lanka è impressionante, inspiegabile e moralmente indifendibile”.
Enrico Piovesana
Il “loro” amico Pluto-kun !
Troppo bella questa pagina, la rubo da Peacereporter..!
[00:00]
Buon giorno a tutti. Mi chiamo Pluto-kun. Sono Plutonio. Piacere.
Mi presento di fronte a voi perché forse voi pensate che il plutonio sia un mostro. Temo proprio che questa sia la vostra idea.
Non avete forse l’impressione che io sia una cosa enigmatica e terribile?
Ho provato un grande dispiacere quando sono stato utilizzato come strumento di guerra per la bomba atomica.
Ma da parte mia odio la guerra.
E amo molto lavorare per la pace.
[00:59]
[Utilizzo della dinamite in guerra]
Pure la dinamite, inventata da Nobel è pericolosa. Ma d’altra parte è utile e serve all’umanità, vero?
[utilizzo della dinamite per la pace]
Voglio essere così anche io e ce la farò.
Amici miei, oggi ascoltate la vera storia del plutonio.
[La storia del plutonio – Pluto-kun, amico affidabile]
Il plutonio, a differenza dell’uranio, non viene ottenuto scavando nelle miniere.
Nasce bruciando l’uranio nel reattore.
A scoprirmi per primo, nel 1940, fu il Dott. Seaborg, che divenne anche presidente della Commissione per l’Energia Atomica degli Stati Uniti.
Il nome di plutonio deriva da Plutone, il pianeta più esterno del sistema solare mentre, per inciso, l’uranio prende il nome da Urano, che sta due pianeti prima di Plutone.
[02:15]
Siccome ci conosciamo da poco, circolano voci negative su di me e le vere informazioni sono poco conosciute.
Quali sarebbero? Ve lo faccio vedere ora.
[Il primo equivoco]
Il primo equivoco consiste nella diceria secondo cui la bomba atomica sarebbe prodotta con facilità utilizzando 10 soli chili di plutonio, che quindi è considerato molto pericoloso nel caso in cui fosse sfruttato dai cattivi che desiderano fare la bomba atomica.
Chissà se è possibile farlo.
Per la bomba atomica viene usato un plutonio con il 93 per cento di purezza minima, mentre per i reattori la purezza del plutonio è appena del 70 per cento. Indubbiamente, è molto difficile farci la bomba.
Anche se si prova a fare la bomba con il plutonio meno puro, ci vuole un’altissima tecnologia e un impianto che produce su vasta scala. Inoltre il plutonio è ben protetto sia in fase di trasporto sia in quella di conservazione, quindi è assolutamente impossibile rubarlo.
Di conseguenza non è possibile fare la bomba con lo stesso plutonio utilizzato per i reattori.
04:00
[Il secondo equivoco]
Il secondo equivoco su di me è la diceria secondo cui sarei altamente tossico e causa del cancro.
A differenza del cianuro di potassio, il plutonio non è un veleno ad azione rapida.
Eppure dicono che sono nocivo. Ecco perché: il raggio α che emetto è una radiazione che può essere bloccata da un semplice foglio di carta, ma io la emetto per lungo tempo.
Il plutonio non può essere assorbito dalla cute anche con il contatto.
Anche se vi entra nello stomaco e nell’intestino, non ci rimarrà: sarà evacuato quasi tutto fuori dal corpo.
Tuttavia, se penetra nel sangue dalle ferite, non è facile espellerlo.
In tal caso, il plutonio si accumula prima nei nodi linfatici, si sposta al fegato e alle ossa e poi continua a emettere i raggi α.
Se invece lo aspirate, una parte esce con il fiato, ma in certi casi rimane dentro ai polmoni e si sposta al fegato e alle ossa, continuando a emettere i raggi α per lungo tempo.
La cosa più importante è quindi di non farlo penetrare attraverso il sangue o respirando.
06:05
Quanto agli effetti in caso di assimilazione nel corpo umano, dato che non esistono casi di cancro causato dal plutonio, si valuta in base agli esperimenti fatti sugli animali.
Da questi, emerge la possibilità che sia causa del cancro. Ma questo succede decine di anni dopo e dipende dalla quantità e dalla sua tipologia. Inoltre, potrebbe provocare il carcinoma solo che il plutonio fosse entrato nel sangue e nei polmoni.
Tuttavia, anche se si è parlato di qualche apparizione del cancro nelle persone sottoposte a radioterapia, non è mai stata confermata la comparsa di patologie tumorali a causa del plutonio.
Sul trattamento del plutonio ci sono controlli sicuri basati su regole severissime.
07:01
Perciò non credo di produrre effetti nei corpi umani.
Supponiamo che ora i cattivi mi buttino in un bacino idrico. Io non sono solubile in acqua e inoltre peso parecchio, così affondo.
E anche se mi ingoiate con l’acqua, uscirò dal corpo senza che lo stomaco e l’intestino mi assorbano.
Però ogni tanto mi sventolano come minaccia per la mia cattiva fama.
Perché mi utilizzano come minaccia?
Ebbene, generalmente per la mancanza di informazioni corrette su di me. Quindi circolano solo i preconcetti negativi sulla bomba atomica, le radiazioni, etc
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Se si venisse a sapere che è tutta un’invenzione, come i fantasmi, nessuno potrebbe più utilizzarmi come strumento di minaccia.
[La produzione del plutonio]
Chissà se sono così pericoloso che nemmeno la saggezza dell’umanità riesce a controllarmi
[Il reattore autofertilizzante veloce di Monju]
Il reattore di nuovo tipo è un’ottima soluzione per l’utilizzo del plutonio.
In questo nuovo reattore si utilizza l’uranio, che è una risorsa naturale, in un modo decine di volte più efficace di prima.
Questo illuminerà il futuro dell’energia e dell’umanità, rendendola piena di speranza.
È in questo modo che io vi sarò utile.
[La sede della Donen (Power Reactor and Nuclear Fuel Development Corporation) nella regione di Tokai]
Donen vanta oltre 25 anni di storia nella ricerca e nello sviluppo del reattore autofertilizzante veloce, del termale avanzato e del combustibile di plutonio; ha realizzato un trattamento sicuro.
[La produzione del combustibile plutonio]
Amici miei, io non sono mostro, guardate bene il mio aspetto vero.
[La sonda spaziale Voyager]
Per esempio sono presente addirittura nella sonda spaziale Voyager.
Se voi mi trattate con un grande e pacifico cuore, non sarò mai terribile e neanche pericoloso.
Sono un vostro amico affidabile che d’ora in poi vi fornirà un’energia infinita.
Traduzione di Atsushi Shizumi
Srebrenica-Israele: a ciascuno il suo Eichmann
A ciascuno il suo Eichmann
Uno degli assassini di Srebrenica arrestato in Israele, dove viveva dal 2006
Ormai pensava di averla fatta franca. Quindici anni dopo la strage di Srebrenica lo zelante soldato Aleksander, il boia Aleksander, pensava di potersi godere la sua nuova vita, con moglie e figli, quando il governo israeliano aveva concesso la cittadinanza israeliana. Adesso è stato arrestato, a Gerusalemme, in attesa di estradizione verso la Bosnia – Erzegovina. Ha sbagliato i suoi calcoli, però. Perché il governo di Sarajevo, come il vecchio Simon Wiesenthal faceva con i nazisti, non ha mai smesso di dare la caccia ai criminali di guerra. Aleksander Cvetkovic é uno di loro. Tra gli esecutori materiali del massacro più grande della storia recente d’Europa. Miliziano delle formazioni serbo-bosniache durante la guerra in Bosnia, nel 1995 era tra coloro che massacrarono in poco più di ventiquattro ore almeno ottomila civili musulmani dell’enclave di Srebrenica e dintorni. Alla fine della guerra, nel 1995, ha fatto perdere le sue tracce, come tanti altri. Molti, in questi anni, sono stati catturati.
Lo stesso Radovan Karadzic, leader politico dei serbi di Bosnia, langue nel carcere dell’Aja in attesa che il Tribunale Internazionale per la ex Jugoslavia emetta la sua sentenza. Manca all’appello ancora il generale Ratko Mladic, comandante militare dei serbo-bosniaci, ma si spera che arriverà presto il suo turno. Cvetkovic, oggi, ha 43 anni. Ha sposato una donna ebrea e, in base alla Legge sul Ritorno israeliana, che permette a ogni ebreo del mondo di chiedere e ottenere la cittadinanza d’Israele se si trasferisce a vivere nel Paese, ha ottenuto anche lui la regolarizzazione. Il mandato di cattura della magistratura bosniaca è stato recepito da quella israeliana e sarà una corte distrettuale di Gerusalemme a stabilire, nei prossimi giorni, se il fermo di polizia possa tramutarsi in estradizione.
Un problema non da poco, per Israele. In quanto cittadino israeliano, infatti, le accuse di Cvetkovic potrebbero non rientrare nella fattispecie dei crimini riconosciuti da Israele per l’estradizione. Tel Aviv, infatti, non ha mai ratificato i tribunali internazionali. Temendo di vedere, un giorno, i suoi militari o i suoi politici inquisiti per gli stessi crimini. Uno strano senso del diritto, questo. Nel 1960, a Buenos Aires, un commando del Mossad (servizio segreto israeliano) sequestrò Adolf Eichmann, gerarca nazista e ufficiale delle SS, con un ruolo di primo piano nello sterminio degli ebrei durante la Seconda Guerra mondiale, che si era rifugiato nell’America Latina dopo la guerra. Eichmann, senza che il governo argentino venisse coinvolto, venne trascinato in Israele, giudicato e condannato a morte. Lo spirito di quell’iniziativa era lampante. Non deve esistere nessun posto sicuro, al mondo, per chi si è macchiato di un crimine orrendo come quello della Shoah. Non è da meno il massacro di Srebrenica e lascia per lo meno esterrefatti che un Paese come Israele, noto per le sue procedure di sicurezza, non sapesse chi era Aleksander Cvetkovic quando questi ha richiesto la cittadinanza israeliana. Lascia ancora più perplessi, però, il mancato riconoscimento dei tribunali internazionali che proprio da quello di Norimberga presero la loro legittimazione etica e giuridica.
di Christian Elia, Peacereporter
Israele brucia: ma gli aerei servon solo a bombardar civili!
Tanti mezzi militari da esser l’esercito più intoccabile del pianeta, il più forte, il più moderno e ricco di avanzata tecnologia.
Eppure per un incendio ci son stati 41 morti.
41 morti, perchè gli unici aerei che si comprano in Israele sono i cacciabombardieri, non i canadair.
41 morti…la resistenza palestinese ci mette anni a farli.
scritto per Peacereporter da Vittorio Arrigoni – Gaza City
La festa ebraica delle Luci, la Hanukkah, ha messo in luce il vero nemico d’Israele: Israele stesso.
E’ salito a quarantadue il numero dei mortinel terribile incendio che da ieri sta divorando i boschi del monte Carmelo, nei pressi della città di Haifa. Mentre la stampa critica pesantemente le autorità e gli apparati di soccorso nazionali, il governoammette di essere stato colto di sorpresa e di non riuscire a domare da solo l’inferno che in 24 ore ha ridotto in cenere quasi quattro mila ettari di terra e ha causato l’evacuazione di ventimila persone.
Si attendono in Israele gli arrivi di una ventina di mezzi di soccorso da Europa, Stati Uniti, Egitto, Giordania e perfino dalla Turchia, primo atto di distensione fra i due paesi voluto dal premier Erdoğan dopo la crisi politica conseguente al massacro di civili turchi a bordo della nave Mavi Marmara da parte di commandos israeliani.
Un Paese che spende ogni anno il 12,3 percento del suo Pil per la sicurezza (la maggioranza dei paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico spendono l’1-2 percento del loro Pil per la sicurezza) per la difesa contro i pericoli esterni, per lo più immaginari, certamente esagerati, non può fingere di essere sorpreso. Solo all’inizio di ottobre alla firma del contratto di acquisto di venti cacciabombardieri F-35A Lightning II dagli Stati Uniti, per un importo di 2,75 miliardi di dollari, il premier Netanyahu definì la spesa come “vitale” per la difesa della nazione. Ed eccoci ad oggi, ad una scintilla su un terreno arido nelle periferia di Haifa che in poche ore cause quarantadue morti, molte più vittime di quante ne possa provocare il terrorismo palestinese in dieci anni.
Forse era più intelligente e responsabile acquistare qualche cacciabombardiere in meno e qualche Canadair in più, invece di richiederne disperatamente da Grecia e Cipro.
In un Paese in cui l’opinione pubblica è stata addomesticata ad adottare la paura del nemico esterno, degli arabi, come il pilastro principale della politica e della cultura non risulta paradossale avere a disposizione un arsenale di centinaia di testate nucleari, e contemporaneamente un corpo di vigili del fuoco da realtà terzomondista. Tranne quando avviene una strage come questa a risvegliare dal torpore le coscienze.
Israele è questo, un Paese dove l’establishment della difesa dedica quasi tutte le sue risorse per sviluppare tecnologie sempre più avveniristiche, e insieme, secondo quanto denuncia oggi l’associazione dei pompieri israeliani, mentre gli standard internazionali richiedono un vigile del fuoco ogni mille cittadini, un paese in cui questo rapporto è di solo uno ogni diecimila. Lo scandalo delle incompetenze dinnanzi alla più grande catastrofe naturale della storia d’Israele, sta facendo divampare le fiamme da Haifa sulle fondamenta della Knesset, il Parlamento israeliano.
Il governo vacilla sotto il peso delle critiche e la prima testa destinata a cadere sembra essere quella del ministro degli Interni Eli Yishai. Leader del partito della destra religiosa Shas, noto razzista, Yishai è il responsabile dei progetti edilizi per i coloni israeliani in Cisgiordania, ed è anche il principale teorico dell’esistenza di una sorta di gene ebraico acquisibile per conversione (a detta sua: “Un convertito, se si converte attraverso l’ortodossia, ha un gene ebraico”): in pratica la teoria nazista della razza superiore in chiave mistica israeliana.
Ieri notte un prefisso israeliano è apparso sul display del mio telefonino: un caro e vecchio amico mi avvisava di una voce inquietante che gira per Israele. “Il governo farà di tutto per restare in sella, e piuttosto che pagare il prezzo della sua imperizia, potrebbe costruire ad arte la matrice di questo inferno come un attentato. Magari su mandato di Gaza.” Allora l’incendio che si sta inghiottendo i boschi di Haifa sarebbe uno scherzo rispetto alla coperta di lava magmatica che ricoprirebbe la Striscia.
Restiamo Umani.
Sunniti contro sciiti e cristiani, nell’impotenza delle forze di sicurezza irachene
Per molti quel giorno segna il punto di non ritorno della lotta interconfessionale, nel cuore dell’Islam e dell’Iraq. Negli ultimi anni le cose erano andate meglio, fino allo spostamento del grosso delle truppe Usa nel Paese, reindirizzate verso l’Afghanistan. L’azione di ieri, però, con almeno undici cariche esplosive piazzate in quartieri sciiti di Baghdad, che hanno ucciso almenocento persone, hanno riportato l’attenzione su una tensione che divide l’Islam, non solo in Iraq. Il vaso di Pandora è stato aperto e adesso è molto difficile richiuderlo.
L’Iraq è senza governo da marzo, quando le elezioni sono state vinte da Iyad Allawi, l’unico candidato che ha fatto del discorso multireligioso un punto fermo del programma. Il premier uscente Nouri al-Maliki, però, ha giocato il tutto per tutto e, sciita come Allawi, ha radicalizzato le sue posizioni, avvicinandosi all’ayatollah sciita radicale Moqtada al-Sadr, che molti ritengono manovrato dall’Iran, Paese dove si è rifugiato da tre anni. L’ultimo tentativo di mediazione saudita, che guarda con preoccupazione all’evoluzione politica (e religiosa) delle faccende irachene, è naufragata.
L’Iraq sembra sempre più vicino alle posizioni sciite più radicali e i gruppi sunniti, alcuni dei quali ritenuti vicini ad al-Qaeda, si fanno sentire per imporre la loro agenda, ostile all’influenza iraniana.
I gruppi sunniti più radicali parevano essere stati messi fuori gioco, dopo che il generale statunitense Petraeus (spostato anche lui in Afghanistan), era riuscito a comprare la fedeltà dei cosiddetti Consigli del Risveglio, milizie tribali sunnite, che si erano occupate di ripulire le loro zone dagli ‘stranieri’, come vengono chiamati i mujhaiddin internazionalisti accorsi da tutto il mondo islamico dopo l’invasione della Coalizione internazionale del 2003. Appena gli Usa hanno allentato la presa, però, gli sciiti al governo – al-Maliki in testa – non hanno rispettato i patti, rifiutandosi di coinvolgere i sunniti delle milizie nell’esercito e nella polizia. Questo ha riportato molti sunniti sulle antiche posizioni radicali, anche perché la deriva sciita del Paese e la crescente influenza iraniana preoccupa pure loro.
Nel mezzo di questa lotta di posizione si viene a trovare, indifesa, la comunità cristiana. Domenica 31 ottobre, a Baghdad, un commando ha assaltato una chiesa cristiana.Quarantaquattro le vittime, tra assalitori, ostaggi e forze di sicurezza irachene che (appoggiate dagli Usa) hanno fatto irruzione nel luogo di culto. Sparando all’impazzata, secondo le ricostruzioni. Lo Stato Islamico d’Iraq (Isi), sigla ritenuta vicina ad al-Qaeda, ha rivendicato l’assalto, definendo i cristiani ”bersagli legittimi”.
L’accusa, senza riscontri, è alla chiesa cristiana copta d’Egitto. Secondo gli integralisti, due donne copte si sarebbero convertite all’Islam e per questo sarebbero ‘detenute’ in un convento al Cairo.
L’Isi aveva dato un ultimatum di due giorni per liberare le due donne.
La vicenda pare, a prescindere da eventuali riscontri, un pretesto per proseguire quella’pulizia etnica’ denunciata dal Sinodo Vaticano sul Medio Oriente nei giorni scorsi. Obiettivo delle frange estremiste, sunnite e sciite, è quello di liberarsi della comunità cristiana per dividersi il nuovo Iraq. Una lotta sanguinosa che la polizia e l’esercito iracheno non paiono in grado di contrastare. L’amministrazione Usa, dal 2004 a oggi, ha
speso ventidue miliardi di dollari nella formazione di poliziotti e soldati iracheni, nel tentativo di affidargli l’ordine pubblico. La situazione, come dimostrano i fatti degli ultimi giorni, è molto lontana dall’essere sotto controllo. Un’inchiesta del New York Times, pubblicata il 24 ottobre scorso, emerge che la dipendenza da alcool e droghe tra le forze di sicurezza irachene è dilagante.
”Ho iniziato nel 2004…dopo un mese di turni continui”, racconta al Nyt Jasim Harim, 29 anni, soldato di stanza a Baghdad. ”Mi sentivo un bersaglio disegnato addosso, mi pareva che tutti volessero uccidermi. Mantenere la calma era impossibile…sono scivolato lentamente nelle droghe. Adesso non riesco più a farne a meno”. Si va dalle tradizionali eroina, hashish e marijuana fino a una verisione iraniana del Valium, chiamata Sangue, per il colore rosso della scatola. Passando per l’Abu Hajib (Sopracciglia del padre) e ilLabenani, ma non mancano anfetamine e antidepressivi. Molto diffuso anche lo ‘sciroppo’, nome in codice della vecchia grappa Arak, nascosta in flaconi di medicinali. ”Il problema è dilagante”, spiega il colonnello dell’esercito iracheno Muthana Mohammed, seppur il ministero della Difesa di Baghdad smentisce. ”Credo che la metà degli uomini di esercito e polizia abbiamo questo problema. Quando arrestano uno spacciatore, lo rilasciano e lo fanno lavorare per loro. Ma il dramma non riguarda solo i militari, tutta la società irachena è nei guai. La roba arriva da Iran e Afghanistan e il traffico è gestito dai guerriglieri che si autofinanziano”.
Christian Elia, Peacereporter
Jimmy Mubenga, morto soffocato in volo durante un rimpatrio
“Non respiro, non respiro”, ma le guardie private non gli credono. Jimmy Mubenga, 58 anni, è morto ammanettato al sedile dell’aeroplano che lo stava riportato in Angola.
Immigrato irregolare, l’uomo era scortato da tre guardie private. “Due erano sedute ai lati, mentre una terza aveva il posto davanti al suo”, racconta Kevin Wallis, ingegnere che si trovava seduto vicino a Mubenga. “Continuava a dire che non riusciva a respirare, ma le guardie, dopo le mie proteste, mi hanno detto che sarebbe stato bene una volta in volo”.
Invece l’aereo della British Airways, in partenza da Heathrow martedì sera, non è mai decollato. Mubenga è stato trasportato in ambulanza verso l’ospedale, ma i medici non hanno potuto fare altro che constatarne la morte. Ora la polizia ha aperto un’indagine per capire cosa sia andato storto e se le guardie abbiano avuto un ruolo nella morte. “Lo tenevano giù con forza, troppa forza, anche se lui si lamentava”, denuncia Wallis. Nel 2006 Mubenga era stato condannato a due anni di reclusione per lesioni personali dopo una rissa in un nightclub.
da Peacereporter e The Guardian
Le soldatesse israeliane tirano fuori un po’ di cadaveri dall’armadio…
6 anni dopo l’inizio della sua attività possiamo dire che l’organizzazione israeliana “Breaking the silence” sta facendo un buon lavoro. Il giornalista israeliano Amir Shilo racconta su Y-net le ultime testimonianze uscite su un libricino di testimonianze di soldati israeliani. Queste ultime dichiarazioni hanno una particolarità comune non da poco: sono state tutte rilasciata da donne, soldati dell’IDF, impegnate nei Territori Occupati.
Ci raccontano come le donne abbiano la necessità di dimostrare ai colleghi uomini la loro forza e la loro capacità di essere macchine da guerra e quindi, spesso, questa morbosa necessità si risolve diventando peggio di loro, usando ancora più violenza, umiliando ancora di più il nemico. Che in questo caso, molto spesso, è inerme, è minorenne, è in uno stato di totale costrizione.
E così le dichiarazioni lasciano particolarmente senza parole, i metodi usati per umiliare gli arabi fanno rabbrividire e pensare che tutto ciò venga compiuto da donne alla sottoscritta fa decisamente più schifo del solito. Negli ultimi anni il numero delle donne soldato impiegate nelle operazioni di guerra e in quelle di frontiera è di molto moltiplicato: avere testimonianze da loro è ancora più difficile perchè in quanto minoranza all’interno dell’IDF si trovano in una situazione di debolezza.
Ma nel report dell’associazione sono circa 50 le donne soldato ad aver preso parola: tutte raccontano di come la violenza sia molto più brutale rispetto a quella dei loro colleghi. Si prendono i prigionieri e li si sbatte al muro, li si umilia facendoli cantare canzoncine, facendoli saltare al ritmo desiderato, deridendoli e schiaffeggiandoli anche per 6-8 ore di fila, senza alcuna ragione.
Una soldatessa impiegata nell’unità di polizia militare Sachlav racconta di un bambino palestinese che ripetutamente avrebbe provocato i soldati e lanciato anche alcune pietre. Lo stesso bambino sembrerebbe aver causato la frattura di una gamba ad un soldato, perchè spaventatosi dal lancio di una pietra, sarebbe caduto rompendosi l’arto. L’immediata ritorsione viene raccontata così: il bimbo viene preso da due soldati e caricato su una jeep per esser portato al check point, da dove esce con una mano rotta, rotta sulla sedia su cui era stato fatto sedere.
Ma nemmeno i bambini più piccoli vengono risparmiati da queste perversioni legalizzate: un’altra donna soldato racconta di un bimbo di soli 5 anni, schiaffeggiato con forza perchè piangeva. Gli urlavano di smettere di piangere, quando c’è riuscito ed ha abbozzato un sorriso gli è stato dato un forte pugno nello stomaco: “Non mi ridere in faccia!”, gli è stato urlato.
Chi ha provato a ribellarsi a simili atti di violenza gratuita è stata/o rimproverato dagli ufficiali. “Anche chi non partecipa a certe azioni sa che avvengono: tutti sanno e vedono quello che compie l’IDF”, racconta una testimone di guardia in un checkpoint nell’area di Jenin.
“Ai checkpoint ci appropriamo del cibo e di qualunque oggetto: giocattoli, batterie, sigarette. Sono sicura che qualcuno di noi prende anche i soldi durante le perquisizioni. Una volta uno di questi furti è stato ripreso da una telecamera. Pensavo scoppiasse un caso e invece nessuno è stato punito. A noi è permesso colpire e umiliare come vogliamo.”
Alcune testimonianze parlano con preoccupazione delle procedure israeliane per poter aprire il fuoco nei Territori Occupati, in particolare in situazioni di “ordine pubblico”. Ad esempio è procedura comune usare i proiettili di gomma puntando all’addome. Viene raccontato un episodio che ha portato alla morte di un bambino di 9 anni. Aveva provato a scavalcare la palizzata, è caduto e ha rinunciato fuggendo via in bicicletta: colpito all’addome (hanno dichiarato che stando in bici non lo riuscivano a colpire alle gambe). “Nessuno viene mai punito per questo. Subito viene decisa una versione ufficiale: si parla di situazioni fuori controllo, pericolo di fuga di terroristi e il caso viene chiuso.”
Le testimonianze sono tante e fastidiose che non ho la forza di raccontarvele tutte: non mi piace mettermi a tradurre le perversioni di una donna in divisa che per sentirsi “accettata” da un arabo in stato di fermo lo prende a calci nelle palle con i suoi “spettacolari anfibi militari”. Penso che non serva, sbagliandomi probabilmente, entrare per forza nel dettaglio.
Ieri invece è stato PeaceReporter ( le notizie vengono sempre dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronot ) a raccontarci come furono riscritte le regole di ingaggio per l’operazione “Piombo Fuso” a Gaza lo scorso anno. Anche questa volta le notizie ci arrivano attraverso le ammissioni di un alto ufficiale israeliano. “Non ci deve essere nessuno nell’area delle operazioni. Se ci sono segni di movimento, si spara. Sono queste, essenzialmente, le regole d’ingaggio. Sparare a cio’ che si muove”.
Il ritorno di Sendero Luminoso?
Chi credeva che la guerra fra governo peruviano e il gruppo d’ispirazione maoista Sendero Luminoso fosse terminata si sbaglia di grosso.
Anche lo scorso mercoledì, dopo un periodo di calma apparente, una pattuglia dell’esercito di Lima è stata attaccata dai guerriglieri nella zona di Valle de los Rios Apurimac, mentre cercava di stanare Raul, uno dei leader del movimento guerrigliero, il cui vero nome è Jorge Quispe Palomino.
Sono molte le voci che vedrebbero Sendero Luminoso legato più al narcotraffico che alla guerriglia per la libertà di un popolo, come racconta il ministro della Difesa peruviano, Rafael Rey. “Confermo la notizia degli scontri a fuoco avvenuti nella zona di Valle de los Rios fra eserrcito e guerriglieri. I nostri soldati erano alla ricerca di un noto leader di Sendero quando sono stati attaccati”. Il ministro ha anche confermato le perdite nelle file dell’esercito e ha fatto sapere che al momento non ci si può fare un’idea sull’eventuale numero di feriti all’interno del gruppo guerrigliero.
Inoltre, qualche settimana fa un commando formato da almeno 50 guerriglieri ha attaccato l’edificio che ospita la direzione nazionale operazioni speciali di polizia, sfidando a tutti gli effetti lo Stato. L’attacco ha causato almeno cinque morti e una certa preoccupazione nell’amministrazione di Lima.
Da molto tempo Sendero Luminoso viene studiato. Inizialmente legato all’ideologia guerrigliera di stampo maoista per la creazione di uno Stato comunista, il gruppo di Abimael Guzman in seguito si è sempre più avvicinato al narcotraffico, affare molto redditizio, usato inizialmente come metodo di autofinanziamento.
Negli ultimi mesi il governo peruviano nel tentativo di eliminare per sempre i capi della guerriglia ha offerto ricompense che vanno da un minimo di 100mila a un massimo di 166mila dollari Usa per la loro cattura.
In ogni caso, la guerriglia di Sendero Luminoso non è stata debellata come il governo peruviano ha sempre cercato di far credere a tutti, e oggi fa sentire più forte che mai la sua voce.
di Alessandro Grandi per Peacereporter
Maryam, schiacciata dai volantini della NATO
Afghanistan: Maryam, 5 anni schiacciata dai volantini della Nato
Maryam ha 5 anni.
E’ nata a Taywara, nella provincia centrale di Ghowr. Ma poi la sua famiglia, nella speranza di fuggire dalla miseria, è emigrata nella provincia meridionale di Helmand, finendo a vivere nel campo profughi di Mahajor, alle porte di Lashkargah. La casa di Maryam è una baracca, dove abita assieme ai suoi genitori, Mohammed Tahir e Qamar Gull, al nonno, allo zio, ai suoi quattro fratelli e alle sue due sorelle. Alle tre di mattina del 27 giugno, tutti sono stati svegliati dalle urla della piccola Maryam, schiacciata sotto uno scatolone da venti chili pieno di volantini informativi delle forze di occupazione Nato, lanciato da tremila piedi di altezza. Normalmente questi contenitori si aprono durante la caduta lasciando piovere il loro contenuto. Ma questa scatola, evidentemente, era difettosa. Verso le cinque di mattina, Maryam, accompagnata dal padre, è arrivata nell’ ospedale di Emergency, a Lashkargah. “Era in stato di shock, con un trauma da schiacciamento della regione addominale e una vastissima ferita dei tessuti molli di tutta l’area genitale”, riferiscono fonti mediche dell’ospedale di Emergency. Immediatamente assistita e operata, le hanno trovato una grave frattura pelvica, vagina, retto e ano distrutti e danni all’uretra. “Viene operata di laparotomia, le viene fatta una colostomia (per defecare dalla pancia, ndr) e diverse trasfusioni visto che aveva perso moltissimo sangue. Oggi, tre giorni dopo, è stata riportata in sala operatoria per un’ulteriore pulizia delle ferite. Il 3 luglio dovrebbe subire un ulteriore intervento, e la storia credo si ripeterà per parecchi giorni a venire”, aggiunge la fonte medica. Maryam ha ripreso conoscenza il secondo giorno di degenza. Da allora brontola continuamente perché vuole l’acqua da bere. Il suo viso è perennemente crucciato in una smorfia di rabbia. In effetti non è piacevole svegliarsi di botto alle 3 di mattina con un pacco da venti chili che ti piomba addosso e ti apre l’addome spaccandoti le ossa… Quale futuro avrà questa bimba senza più organi genitali in un Paese come l’Afghanistan?
Enrico Piovesana , inviato di Peacereporter
LE RONDE NERE
PRENDO PARO PARO DA PEACEREPORTER.NET
ESSENZIALE LEGGERLO…ed iniziare a pensare a che provvedimenti prendere…
Quest’estate, salvo imprevisti, i volontari dellaGuardia Nazionale Italiana (Gni) dovrebbero iniziare a pattugliare le strade delle città italiane in applicazione del disegno di legge sulla sicurezza del governo Berlusconi (approvato dalla Camera lo scorso 14 maggio, ora all’esame del Senato) che all’articolo 3 (commi 40-44) prevede il concorso di “associazioni di cittadini non armati” al presidio del territorio (le cosiddette ronde).
Sono ex appartenenti alle forze armate e alle forze dell’ordine e normali cittadini “patrioti e nazionalisti” pronti a “servire la nostra terra e il popolo italiano” svolgendo attività di vigilanza “per potenziare la sicurezza nei centri urbani” ma anche di “protezione civile” e di “promozione e divulgazione della storia, delle lingue e delle tradizioni Italiane con particolare riferimento all’Impero Romano”.
Hanno un Comandante Generale, il colonnello dei carabinieri in congedo Augusto Calzetta, di Massa Carrara, e un Presidente Nazionale, il giovane ex alpino Maurizio Correnti, di Torino (città in cui si trova anche la loro sede nazionale: le sedi operative sono, per ora, a Sarzana, Reggio Calabria e Siracusa).
Indossano una divisa: camicia grigia (inizialmente era prevista kaki) con cinturone e spallaccio neri, cravatta nera, pantaloni grigi con banda nera laterale nera, basco o kepì grigio con il simbolo della Gni: l’aquila imperiale romana.
Il loro equipaggiamento completo prevede elmetto, anfibi neri, guanti di pelle e una grossa torcia elettrica di metallo nero.
Al braccio portano una fascia nera con la “ruota solare”, simbolo del Partito Nazionalista Italiano (Pni): la nascente formazione politica che sta dietro alla Gni.
Anche i membri del Pni avranno un’uniforme: la stessa della Guardia Nazionale Italiana. Il programma politico del Pni, di stampo statalista e collettivista, prevede tra l’altro la pena di morte per “gli usurai, i profittatori e i politicanti”, la lotta “contro il parlamentarismo corruttore” e la creazione di “un forte potere centrale dello Stato” e di “camere sindacali e professionali”, il diritto di cittadinanza e l’accesso alle cariche pubbliche “solo per chi sia di sangue italiano”, lo stop a “ogni nuova immigrazione di non-italiani” e l’immediata espulsione forzata di “tutti i non-italiani che sono immigrati in Italia dopo il 31 dicembre 1977”, il divieto di pubblicazione di “giornali che contrastano con l’interesse della comunità” e l’abolizione di tutte le organizzazioni e istituzioni “che esercitano un influsso disgregatore sulla nostra vita nazionale”.
I paramilitari del colonnello Calzetta e le camicie grigie del Pni debutteranno ufficialmente il 13 giugno a Milano, al numero 5 di via Chiaravalle, angolo via Larga, in occasione del congresso nazionale del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale di Gaetano Saya, che nella sua pagina internet personale si dichiara “l’ispiratore politico” della Guardia Nazionale Italiana”.
Estimatore di Berlusconi e acerrimo nemico di Fini, Saya, che dopo il recente scioglimento di Alleanza Nazionale è rimasto l’unico depositario del simbolo dell’Msi di Almirante, è il sedicente ex agente segreto della Nato e del Sismi, ex ‘gladiatore’ed ex massone che già nel 2003 provò a creare un gruppo paramilitare di ‘camice grigie’ (i Reparti di Protezione Nazionale) e che nel 2005 venne arrestato per l’oscura vicenda dei ‘servizi paralleli’ (il Dssa, Dipartimento Studi Strategici Antiterrorismo, diretto da Gaetano Saya e Riccardo Sindoca): una “banda di pataccari” secondo l’allora ministro degli Interni Pisanu, che però risultò avere rapporti con i vertici degli apparati di sicurezza dello Stato, in particolare con i servizi segreti militari.
PeaceReporter ha intervistato Gaetano Saya per capire qualcosa di più sulla Guardia Nazionale Italiana e sul Partito Nazionalista Italiano. Ecco cosa ci ha detto.
Saya, una breve digressione prima di cominciare: com’è finita la storia del Dssa?
L’inchiesta contro di me fu avviata per gettare fumo negli occhi, per sviare l’attenzione dai veri servizi deviati, quelli che facevano e fanno tuttora capo a Marco Mancini, l’allora dirigente del controspionaggio del Sismi. Proprio nei giorni del mio arresto, nel luglio 2005, Mancini e soci stavano rischiando grosso per la vicenda del rapimento di Abu Omar: erano i giorni in cui il capocentro della Cia a Milano, Robert Seldon Lady, lasciava precipitosamente il territorio nazionale per sfuggire alla giustizia italiana.
Io e la Dssa siamo stati usati come capro espiatorio, sono stato vittima di una trappola, una cospirazione orchestrata dagli agenti deviati di Mancini, come il giornalista Renato Farina, l’agente ‘Betulla’, che su Libero scrisse che io e la Dssa eravamo coinvolti nel rapimento di Omar.
Dopo che, nel 2006, Mancini, Pollari, Pio Pompa, Tavaroli e Cirpiani sono finiti nei guai per il caso Abu Omar e per lo scandalo Telecom-Sismi, la persecuzione contro di me non serviva più e quindi è finita nel nulla. Salvo scoprire, proprio pochi giorni fa, che la Procura di Genova ha chiesto la riapertura del caso. Stavolta questi magistrati e poliziotti eversori, legati ai servizi deviati di cui sopra e appoggiati dalla sinistra, ma anche da Gianfranco Fini, vogliono colpire me per colpire il governo Berlusconi. Ci ha già provato, senza riuscirci, la Procura di Torino, cercando di criminalizzare la Guardia Nazionale Italiana per far naufragare il decreto sicurezza del governo: pochi giorni prima della sua approvazione alla Camera, la Digos di Cuneo è andata a casa mio figlio Dario accusandolo di far parte della Gni e di detenere illegalmente armi. Speravano di scatenare un putiferio. Ma le armi erano tutte regolarmente detenute, inoltre mio figlio non ha nulla a che fare con la Guardia Nazionale Italiana. Adesso, dopo questo buco nell’acqua della Procura di Torino, torna alla carica quella di Genova con la Dssa…
Saya, veniamo alla Guardia Nazionale Italiana. Sembra tanto un gruppo paramilitare fascista: le divise, i riferimenti al patriottismo, l’aquila imperiale romana…
Queste sono tutte stupidaggini! La Guardia Nazionale Italiana non c’entra niente con il fascismo. Io stesso non sono fascista. Sono di destra, sono un conservatore, un nazionalista: chiamatemi come volete, ma non sono fascista. Se fossi vissuto nel 1943 e avessi visto i fascisti che rastrellavano e fucilavano dei cittadini italiani mi sarei ribellato. Ho appena visto al cinema il film ‘Vincere’, che dà una visione molto negativa di Mussolini e del fascismo, e le posso dire che mi è piaciuto molto. Io mi considero un cittadino fedele, un difensore della Costituzione del 1948, sulla quale ogni membro della Guardia Nazionale Italiana dovrà giurare. Io ho sempre avuto ottimi rapporti con il governo d’Israele e i suoi servizi segreti: pensa che se fossi fascista gli israeliani lavorerebbero con me? Sulle divise, sa che le dico? Se devono suscitare tutto ‘sto clamore, vorrà dire che magari le cambieremo (dopo quest’intervista, la camicia kaki ha lasciato il posto alla camicia grigia, n.d.r.). L’aquila imperiale romana? Bisogna essere ignoranti per non sapere che è un simbolo storico della nostra patria, visibile su tanti monumenti di Roma, e che non c’entra nulla con il fascismo.
La Guardia Nazionale Italiana è un’associazione apolitica nella quale può entrare chiunque si riconosca in questa iniziativa: si figuri che hanno aderito perfino dei comunisti, persone di Massa Carrara.
Stento a crederlo. La nostra Costituzione repubblicana si fonda sull’antifascismo, ma sul gruppo Facebook della Guardia Nazionale Italiana, il Presidente Nazionale, Maurizio Correnti, scrive ai sostenitori: “Si prega di astenersi con lo scrivere ‘camerati’ ecc ecc, comunque frasi e slogan tipici di altri tempi. Con questo – precisa Correnti – non vogliamo assolutamente dichiararci antifascisti, sia ben chiaro”. C’è qualcosa che non torna…
Questo lo ha scritto lui, ognuno è libero di scrivere ciò che pensa. Nella Guardia Nazionale Italiana ci sono fascisti e non fascisti.
Questo, però, lo ha scritto lei, sulla sua pagina Internet personale, lo scorso febbraio, alla vigilia della creazione della Guardia Nazionale Italiana. Cito testualmente: “Migliaia di prostitute straniere schedate e non espulse. Migliaia di zingari che commettono furti nella totale impunità. Milioni di clandestini che si aggirano impunemente nelle città. Migliaia di stranieri che spacciano, rubano, stuprano, uccidono. Un aumento dell’80 percento di scioperi e di occupazione di uffici pubblici e privati. Centinaia di assalti armati contro la proprietà privata commessi da stranieri. Attentati contro la proprietà dello Stato. Gruppi di giovani sovversivi che agiscono al di fuori dei limiti parlamentari. Deputati e Senatori della Repubblica che istigano all’insurrezione armata contro i poteri dello Stato, un ministro dell’Interno dichiaratamente secessionista. Un numero indescrivibile di riviste e programmi televisivi politici che invitano alla rivolta. Giullari e saltimbanchi che oltraggiano e vilipendono i Ministri e il Governo. L’uso della libertà minaccia da tutte le parti i poteri e le autorità costituite. (…) Il popolo è minorenne, la Nazione malata; ad altri aspetta il compito di curare e di educare. A noi il dovere di reprimere, la repressione è il nostro credo. Repressione e Civiltà”. E ancora: “Noi vogliamo ripulire l’Italia dal marcio che vi si annida, vogliamo riportare una ferrea disciplina in tutta la Nazione”. “La Destra snuda la sua spada per tagliare i troppi nodi di Gordio, che irretiscono e intristiscono la vita Italiana. Chiamiamo Iddio sommo e lo Spirito immortale delle migliaia di morti a testimoni che un solo impulso ci spinge, una sola volontà ci raccoglie, un solo pensiero ci infiamma: contribuire alla grandezza e alla salvezza della Patria. Uomini della Destra di tutta Italia, tendete gli spiriti e le forze, bisogna vincere e con l’aiuto di Dio vinceremo!!!”.
Ma questi sono solo degli slogan, che faccio un po’ qua e un po’ là! Allora, chiariamo una cosa: gli immigrati sono l’ultimo dei problemi. Non sono loro il nostro obiettivo. Se proprio vuole saperla tutta, per noi il vero pericolo per l’Italia è rappresentato dai secessionisti della Lega Nord. Loro sì che sono contro la Costituzione! Loro che vogliono distruggere la nostra unità nazionale, che offendono continuamente i simboli della nostra patria, che creano impunemente governi provvisori secessionisti e arruolano gente nella formazione anticostituzionale della Guardia Nazionale Padana. E’ questa gente che dovrà fare i conti con la nostra Guardia Nazionale Italiana: se vedremo un leghista che brucia un tricolore lo faremo arrestare! Che la Lega stia attenta a dove va. E’ per contrastare la Lega Nord che alle prossime elezioni ci presenteremo al nord con il Partito Nazionalista Italiano.
Quello che per simbolo ha lo schwarze sonne, il sole nero utilizzato da tanti gruppi neo-nazisti? Quella specie di svastica a dodici braccia, antico simbolo pagano germanico, che adorna il pavimento della sala principale del castello di Wewelsburg, il quartier generale delle Ss?
Non diciamo sciocchezze! La ruota solare non ha nessun legame provato con il nazismo, tant’è vero che in Germania essa non è vietata, come lo è invece la svastica, e viene liberamente utilizzata come logo commerciale. Questo simbolo, di cui io detengo la proprietà in Italia, è in realtà un simbolo magico dei Maya che evoca il potere…
Scusi se la interrompo, ma come appassionato di cultura Maya e mesoamericana le posso garantire che nel simbolismo di quel popolo non c’è traccia di qualcosa di simile.
Ma come no! Faccia una ricerca su Google con le parole ‘terra cava’!
Torniamo al Partito Nazionalista Italiano: ce ne può parlare? Abbiamo capito, dal simbolo e dalle divise comuni, che è legato alla Guardia Nazionale Italiana. Ma in che relazione sta con lei e con il suo Msi?
Il Partito Nazionalista Italiano, Pni, nascerà ufficialmente a Milano il prossimo 13 giugno, in occasione del congresso nazionale del Movimento Sociale Italiano-Destra Nazionale. Quel giorno, io lascerò la presidenza dell’Msi-Destra Nazionale a mia moglie, Maria Antonietta Cannizzaro, che è in ottimi rapporti con il capo del governo. Il sottoscritto diventerà quindi presidente del nuovo Partito Nazionalista Italiano, che alle prossime elezioni politiche nazionali si presenterà nelle regioni settentrionali, dove la fiamma tricolore non tira molto, per contrapporre al nazionalismo padano il nazionalismo italiano. Nelle regioni centrali e meridionali, invece, si presenterà l’Msi-Destra Nazionale con il suo simbolo storico. Entrambi, spero, come alleati del Pdl di Berlusconi: se poi qualcuno ce lo impedirà, correremo da soli.
Saya, è vero che già duemila persone si sono iscritte alla Guardia Nazionale Italiana?
Abbiamo superato ampiamente le duemila adesioni. Ogni giorno ne arriva una valanga di nuove, soprattutto ex appartenenti alle forze dell’ordine. La invito al congresso del 13 giugno, al quale abbiamo invitato anche il presidente Berlusconi, così si renderà conto con i suoi occhi: noi non abbiamo nulla da nascondere.
DI ENRICO PIOVESANA
Come corrono!!!
Sarei proprio voluta esserci…perchè l’idea che se la sono data a gambe in questo modo rocambolesco mi mette proprio di buon umore. Poi proprio a Koln, una città che ho visto con i miei occhi come convive con le tante etnie rifugiate. Una città che mi ha accolto per un mese, avvolta da migranti kurdi, e che ha dimostrato ogni momento la piena tolleranza, l’amichevole convivenza, l’ospitalità che ha stupito anche me.
Una città dove sono più i migranti dei tedeschi, dove si vive bene, dove si respira un’aria piacevole, assolutamente non razzista, xenofoba, conflittuale.
E sono proprio scappati, usando i battelli, salpando con la coda tra le gambe: da buoni fascisti.
Scappano si, perchè non hanno altro da fare su questa terra, loro, feccia immonda di quest’Europa medievale e reazionaria.
La sola trentina che si è presentata in piazza ieri erano italiani, capitanati da Borghezio che si aggirava con la sua “bibbia”, -La Rabbia e L’Orgoglio- di Oriana Fallaci.
Solo loro, nascosti da una parte, circondati da migliaia di antifascisti.
Pubblico sul blog quest’articolo preso da PeaceReporter perchè m’ha fatto sorridere..
i miei complimenti all’autore
e buon divertimento a chi li può veder correre, tornare nelle fogne.
Solidarietà ai topi di Colonia, che forse non accettano nemmeno loro questi nuovi amici tra la merda.
COLONIA, I FASCISTI INVISIBILI

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