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Fukushima..e la pioggia “de noantri”
Un po’ di pioggerella oggi su questa città.
E come la dobbiamo prendere?
Come mi vesto? Che metto al mio bambino? Come avvolgo il passeggino?
Devo trattare questa pioggia come un nemico?
Sto diventando pazza io o c’è una colossale presa per il culo che tenta di non farci venire il panico, un panico che sarebbe più che giustificato?
Ed ora? E le panze di chi attende il proprio bimbo che devono fare?
Chi sta allattando che deve fare?
Nessuno ci dice nulla, tutti noi ci prendiamo questa pioggerella sulla pelle che è quasi piacevole in questi primi giorni di primavera, fresca e non fredda, a caratterizzare giornate più belle perchè più ricche di luce.
In Massachussets le piogge hanno lasciato un bel regalo ai campi coltivati e a chi se l’è presa…lo iodio 131 trovato dopo lascia numeri allarmanti, pericolosi, gravissimi.
E così è successo in Ohio, a Las Vegas ed anche a Washington.
Così è successo in Corea e in Cina, ma anche in Germania, che tanto lontana da noi non è..
e le piogge nostre?? Dicono che mercoledì ci sarà un bell’acquazzone in centro italia…che dobbiamo fare? Dove prendo il latte per mio figlio?
Che verdure gli cucino?
Come cazzo proteggo il mio e nostro corpo?
Che acqua devo bere?
Maledetti bastardi assassini, iniziate almeno ad informarci.
Smettete di riempirci di stronzate!
…storia di una bottiglia d’acqua…
Un video che racconta la follia dell’imbottigliamento dell’acqua…
FIRMATE PER IL REFERENDUM: ACQUA PUBBLICA!
ACQUA PER TUTT@
Il Comune di Roma “cede” l’acqua pubblica …
La neve di questa mattina non ha potuto cancellare l’enormità del furto che si sta cercando di portare a termine a danno dei cittadini di Roma.
Ieri 11 febbraio, in un Consiglio comunale ben poco democratico che ha accolto i vertici di Acea e che ha lasciato fuori i cittadini, la maggioranza ha portato a casa il suo risultato: approvata la mozione che impegna il Sindaco e la sua giunta “a porre in essere tutte le azioni necessarie per delineare un percorso di cessione delle quote azionarie di Acea SpA”.
Immaginiamo i poteri forti di Roma, gli imprenditori e gli immobiliaristi di sempre, fregarsi le mani in attesa di questa nuova gustosa torta da spartirsi: la fretta di Alemanno nel cedere le quote di ACEA quando il decreto Ronchi indica il 2015 come termine ultimo, non fa che svelare l’avidità di quegli interessi speculativi che già da anni gareggiano per saccheggiare la città, ma per noi i servizi che riguardano la salute, il benessere e i diritti dei cittadini non sono “servizi di rilevanza economica” e non lo saranno mai!
Il Forum dei movimenti per l’acqua ha da anni intrapreso un cammino a livello nazionale e internazionale per affermare che l’acqua è un diritto e non una merce, e non saranno gli interessi di quattro palazzinari che già da anni si stanno spartendo la capitale a fermare un fiume che è già in piena!
120 Comuni italiani hanno già approvato delibere che riconoscono l’acqua come “servizio privo di rilevanza economica”, di fatto sottraendola al mercato nel quale il Decreto Ronchi vuole relegarla e centinaia di Comuni ne seguiranno l’esempio.
Centinaia sono le iniziative ed i comitati locali che si battono per l’acqua pubblica, e sempre più numerose sono le vittorie dei comitati nelle vertenze territoriali sull’acqua
Non ci faremo sottrarre un bene primario ed un nostro fondamentale diritto!
Il Coordinamento Romano per l’Acqua Pubblica ribadisce il suo NO a questa decisione del Comune di Roma ribadisce il suo NO ad un mercato predatore che vuol far pagare ai cittadini la crisi del sistema economico capitalistico.
La battaglia per l’acqua pubblica è appena iniziata e riaffermiamo che anche noi “porremo in essere tutte le azioni necessarie” per tirare fuori l’acqua dal mercato!
Coordinamento Romano Acqua Pubblica
Dal Mesopotamia Social Forum, finito ieri a Diyarbakir
Articolo e scatti di Michele Vollaro, da Diyarbakir
Libertà, democrazia, uso comune delle risorse naturale: parole che in tanti paesi occidentali potrebbero anche sembrare retoriche, ma che a Diyarbakir hanno un significato ben concreto. Nella principale città del Kurdistan turco si conclude oggi il Mesopotamia Social Forum, un incontro organizzato da decine di organizzazioni sociali e politiche della regione, in vista del prossimo Forum Sociale Europeo che si terrà a Istanbul nel giugno del prossimo anno, per porre al centro dell’attenzione i problemi a cui è sottoposto il popolo curdo. A poche decine di metri dalla stazione ferroviaria, nel parco comunale Sümer Park, i ragazzi del Congresso della gioventù patriottica democratica (Ydgm), l’organizzazione giovanile del partito filo-curdo Dtp, hanno allestito un campeggio internazionale per ospitare i circa 300 attivisti venuti da numerosi paesi europei. “Non chiediamo la secessione dalla Turchia – spiega prima di partecipare a un seminario sulla frammentazione dei popoli in Medio Oriente Mehmet, studente presso la locale università – ma che vengano riconosciuti i nostri diritti culturali e sociali: non siamo trattati come cittadini allo stesso livello dei turchi”.
L’obiettivo, che per il momento rappresenta più un’utopia, di gran parte dei curdi e delle delegazioni venute da Iran, Iran e Siria per il vertice è costruire le basi di una confederazione che riunisca i popoli della Mesopotamia, una forma statale capace di superare il concetto di nazionalismo, imposto insieme ad altri valori e ideologie estranee alla cultura mediorientale dai paesi occidentali. In Mesopotamia, ripetono in tanti, sono nate la scrittura e con essa la storia dell’uomo, l’agricoltura grazie alla presenza dei fiumi Tigri ed Eufrate, le tre principali religioni monoteiste: per lungo tempo, questa terra è stata il centro del mondo. Finché l’Europa non ha preso il sopravvento ed è cominciata la rivoluzione industriale, quando i paesi europei hanno dovuto cercare in tutto il pianeta le risorse necessarie per far funzionare le nuove fabbriche e preservare la supremazia economica. A completare questo processo, la prima guerra mondiale, al termine della quale le potenze vincitrici imposero la dissoluzione dell’impero ottomano e la nascita in Medio Oriente degli stati-nazione, un concetto completamente alieno a questa terra. La storia dei curdi, come quella dei palestinesi che a Diyarbakir sono gli ospiti d’onore del Forum, è emblematica delle conseguenze dell’imperialismo occidentale. “Grazie al popolo curdo, perché ha aperto la strada della lotta contro il militarismo e il colonialismo, che potranno essere sconfitti solo a partire da questa terra”, dice in inglese Raffaella Bolini in rappresentanza del World Social Forum durante l’inaugurazione dell’incontro. La prima rivendicazione degli organizzatori del vertice è la fine dell’oppressione cominciata all’atto della fondazione della Repubblica turca, quando per costruire da zero una nuova identità nazionale fu vietato l’insegnamento della lingua curda, furono cambiati i nomi dei luoghi (e così l’antica Amida, in curdo Amed, fondata dagli Aramei nel XIII secolo a.C., divenne Diyarbakir), fu fatta tabula rasa di una tradizione e di una cultura con secoli di storia. Ma tra i tendoni montati nel Sümer Park e i padiglioni di un’ex fabbrica di mattoni riadattata a centro pubblico per lo svolgimento di corsi tecnici e professionali, i temi di discussione sono stati numerosissimi. Sei sale in cui sono stati svolti almeno tre seminari al giorno ognuna, seguiti dai partecipanti stranieri grazie a un servizio di traduzione simultanea. La colonizzazione del Medio Oriente, l’anti-militarismo, la questione delle donne in società tradizionalmente patriarcali, le alternative di gestione comunale realizzate dal basso, i diritti dei lavoratori in paesi sconvolti da guerre e repressione statale, la necessità di un sistema d’istruzione che non riproduca i soliti rapporti di potere sono solo alcuni degli argomenti affrontati. Ma è probabilmente il tema della gestione delle risorse naturali e della costruzione di nuove dighe nella regione, ciò che più interessa da vicino chi vive in Kurdistan.
In Turchia, a partire dal 1954 sono state costruite un centinaio di dighe: secondo Işikhan Güler, membro della Camera degli ingegneri elettrici, la realizzazione di queste infrastrutture risponde da un lato a un discorso geo-strategico per il controllo del territorio e rappresenta dall’altro l’attestazione dell’avvenuta privatizzazione dell’acqua, che non può più essere liberamente usata dalle comunità che vivono lungo i fiumi. “Spesso – spiega Güler – queste dighe sono costruite ingannando la popolazione locale, a cui viene promessa l’elettrificazione della regione e raccontato che i nuovi bacini non causeranno allagamenti. In realtà, accade l’esatto contrario: le dighe non sono provviste di centrali idroelettriche e i nuovi bacini allagano vaste zone del territorio al solo scopo di bloccare l’afflusso d’acqua verso altre regioni e spingere così le popolazioni a emigrare altrove: il modo più drastico per ottenere il controllo politico del territorio”. Inserita nel Grande progetto anatolico (Gap), che prevede la costruzione di 18 nuove dighe nella parte meridionale dell’Anatolia, la seconda barriera di Ilisu sul fiume Tigri è l’infrastruttura che suscita i timori più grandi. Il governo turco, nonostante tutte le società europee che contribuivano a finanziare il progetto (tra cui l’italiana Unicredit) siano uscite dal consorzio, ha infatti cominciato ugualmente a erigere la nuova diga, che nei prossimi tre anni dovrebbe sommergere una superficie pari a due milioni di chilometri quadrati, causando tra l’altro la perdita di un importante sito archeologico come la città di Hasankeyf, risalente al periodo dell’impero sassanide. “L’acqua, simbolo di vita, e il suo uso da parte dell’uomo devono contribuire a costruire legami tra i popoli, non diventare una merce da cui trarre profitti – afferma Ipek Taşli della campagna per fermare la diga di Ilisu – Nel nostro paese, la questione dell’acqua viene usata strategicamente dall’esercito turco e dai ricchi capitalisti per impedire qualsiasi genere di opposizione sociale e politica: il problema, che ancora non è stato compreso, è che continuando a giocare in questo modo con la natura non ci rendiamo conto che dovremmo sopportare conseguenze inimmaginabili, per il nostro futuro e del pianeta tutto”.
“mai fui così felice…”
MARIA
[…] Amo come l’amore ama.
Non conosco altra ragione di amarti che amarti.
Cosa vuoi che ti dica oltre a dirti che ti amo,
se ciò che ti voglio dire è che ti amo?
Non cercare nel mio cuore…
Quando ti parlo, mi duole che tu risponda
a quel che dico e non al mio amore.
Quando l’amore non c’è, non si fanno discorsi:
si ama e si parla per capirsi.
Posso sentirti dire che mi ami
senza che tu me lo dica, se capisco che mi ami.
Ma tu pronunci parole he hanno senso
e ti dimentichi di me: anche se parli
solo di me, non ti rammenti che io ti amo.
Ah, non chiedermi nulla: piuttosto parlami
in modo tale che, anche se fossi sorda,
ti sentirei soltanto con il cuore.
Se ti vedo non so chi sono; amo.
Se mi manchi […]
Ma tu, amore, fai in modo di mancarmi
anche se sei con me, perchè chiedi
quando devi amarmi. Se non ami,
mostrati indifferente, o non volermi,
ma tu sei come mai nessuno è stato,
poichè cerchi l’amore per non amare,
e, se mi cerchi, è come se io soltanto fossi
qualcuno per parlarti di chi ami.
Dimmi, perchè l’amore ti rattrista?
Ti stanco? Posso stancarti se mi ami?
Nessuno al mondo ho amato come tu mi ami.
Sento che mi ami, ma che non ami nulla,
e ciò che sento non lo so di capire.
Dimmi una sola parola più sentita
di queste parole che, come perdute, tu cerchi,
e trovi solo cenere.
Quando ti vidi, già molto prima io ti avevo amato.
Nell’incontrarti io ti ho ritrovato
nacqui per te prima che il mondo fosse.
Mai fui così felice o un’ora allegra
che io abbia avuto lungo la mia vita,
che non lo fosse perchè ti prevedevo,
perche in essa tu, futuro, eri,
e con la stessa allegria e ugual piacere
con cui più tardi t’avrei amato. Quando,
bambina, giocavo ad avere marito,
dovevo ancora crescere e non lo sentivo,
quel che mi appagava eri già tu,
e seppi solo dopo, nel vederti,
e compresi meglio il senso,
e il mio passato fu come una strada
illuminata innanzi, quando
i fanali della carrozza girano alla curva
della strada e la notte è tutta umana.
Hai forse un segreto? Confidalo, che io so tutto
di te, se me lo dirai con l’anima.
Potrai dirmelo con parole difficili,
io capirò solo perchè ti amo.
Se il tuo segreto è triste, con te
piangerò finchè non lo dimenticherai.
E se non puoi dirlo, dimmi che mi ami,
e io capirò senza volere il tuo segreto.
Quando ero una bambina, sento
che già oggi ti amavo, ma da lontano,
come si possono vedere le cose da lontano
ed essere felici solo nel pensare
ad arrivar dove ancora non si arriva.
Amore, dimmi una cosa affinchè ti avverta!
[…]
Tratto dal FAUST di Fernando Pessoa
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