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Perché coprire quei corpi?
Ringrazio l’articolo che pubblico qui sotto, ringrazio la donna che l’ha scritto perché mi ha messo a conoscenza di una cosa che non conoscevo,
e perché ha usato le mie parole, i miei pensieri,
ha avuto le mie stesse reazioni.
E’, quella raccontata qui, un’azione che non comprendo,
dalla quale con facilità politica, di genere e “a pelle”, prendo le distanze: le prendo con il mio corpo, il mio corpo di donna, nudo anche …soprattutto se la cosa vi infastidisce.
Il mio corpo sì, quello che vorrei decidere io come usare.
Io.
E così le mie compagne, amiche, sorelle, figlie.
E le parole di questa donna, che ha anche lavorato col suo corpo per tirar su due lire in più, dovrebbero insegnare molto a quei compagni che coprivano con i loro giubotti i corpi di alcune ragazze “cubiste”.
Ma dove siamo arrivati?
Ma le abbiamo interpellate? o abbiamo deciso che in quanto “oggetti” potevano essere sovradeterminate da qualunque azione?
Poi magari sullo stesso marciapiede polizia o vigili urbani facevano una delle solite retate anti immigrazione, con sequestri di merce e multe da capogiro, e magari anche una vacanza gratuita in Centri di Identificazione ed Espulsione.
Non so, rimango basita.
Dei compagni che coprono le cosce di chi ha scelto di lavorare in una vetrina, senza prendere in considerazione che dietro delle cosce c’erano delle teste,
senza comunicare nulla a loro ma rendendole ancor più OGGETTO.
Brutta, brutta iniziativa.
Ne sarebbero orgogliosi salafiti vari, quelli che le compagne egiziane e tunisine combattono strada per strada: la fratellanza musulmana potrebbe donare dei seggi al Cairo.
Il primo che me copre una coscia lo pisto.
VI INCOLLO IL TESTO E LE IMMAGINI: TRATTE DA abbattoimuri
[LEGGI ANCHE
“IL CORPO DELLE DONNE E’ DELLE DONNE”
“NON AMO I TUTORI, ANCHE SE COMPAGNI“]
Su Facebook mi segnalano questa nota con relativa discussione e commenti che se volete potete leggere. Da lì viene il comunicato e le immagini che riporto in basso.
C’è un negozio – a Napoli – che vende elettronica e che per farsi pubblicità ha scelto di realizzare una vetrina munita di ragazze/cubo ballereccie che di certo non passano inosservate. Non so se prima si fossero lamentate o abbiano dato segni di rivolta compagne, femministe, ma mi fa specie che un gruppo di ragazzi, compagni, da ciò che leggo, decidano di andare a “salvare” queste donzelle in pericolo anche se non l’avevano chiesto, o almeno non mi pare di leggerlo da nessuna parte, e anche se probabilmente per quel mestiere venivano pagate.
Perché mai questi ragazzi non hanno coinvolto un collettivo femminista per decidere se quella fosse la cosa giusta da fare? Perché mai la protesta scelta è stata di coprire alla vista dei e delle passanti i corpi delle ragazze? Sapete che così avete detto alle ragazze che erano indecorose e moralmente reprensibili? Avete chiesto alle ragazze che ballavano cosa ne pensavano? Ma non si usa più che le battaglie passano per l’autodeterminazione dei soggetti coinvolti? Siamo ai piani salvifici e paternalisti? Alle colonizzazioni? Alle soluzioni imposte?
Ho fatto la ragazza/cubo molti anni fa per campare, come terzo lavoro, e se fosse venuto qualcuno a coprirmi facendomi sentire una specie di svergognata grata per tanta generosa attenzione da parte di un salvatore qualunque io gli avrei dato il tacco con la zeppa in faccia.
Avrete avuto tutte le migliori intenzioni ma vi giuro che mai una iniziativa di compagni mi è sembrata tanto inopportuna e offensiva nei confronti delle donne e se questo genere di iniziative vengono perfino percepite come positive io credo che la deriva scivolosa che sta assumendo questa cosiddetta battaglia moralista rispetto ai corpi delle donne sia arrivata al limite.
Questa azione andava fatta pressappoco così, se si voleva fare.
1] Bisognava coinvolgere le compagne, antisessiste, e le ragazze e chiedere se si sentivano sfruttate, se avevano scelto, se erano pagate poco, male, in nero, con contratto regolare o chi lo sa. Perché è possibile che avessero delle richieste da fare ma forse riguardavano tutt’altro. Magari migliori condizioni contrattuali, per esempio.
2] Avuta notizia della condizione di sfruttamento bisognava che le compagne svolgessero, forse, un presidio disturbante, un volantinaggio, ché se interrompi gli affari di una impresa privata comunque devi saperlo che ti becchi una denuncia, ma non è quello il punto. Il punto è che tutto avreste dovuto fare meno che coprire le cosce di queste ragazze perchè loro non erano la cosa sporca da cancellare dalla vista dei benpensanti.
3] Le compagne avrebbero simbolicamente potuto coprire, per operare un rovesciamento di senso, un subvertising, le televisioni, la merce, perchè giudicata immorale, o avrebbero potuto inscenare un balletto in quel marciapiede per non fare sentire sole le ragazze, mostrando una solidarietà vera e non prurigginosa e paternalista.
E tante altre cose si sarebbero potute fare ma tutte, sempre e comunque, ricordando che non si può salvare qualcun@ che non vuole essere salvat@ o che non sembra essere assolutamente in condizioni di pericolo. Che le lotte si fanno a partire da se’ e che ci si salva da sole se si vuole senza bisogno di “tutori”, inclusi quelli antagonisti.
In questo senso vorrei chiedere chi ha fatto peggio tra il venditore e i compagni perché mi pare che entrambi abbiano usato quei corpi, il primo chiedendo si spogliassero per vendere e i secondi coprendoli e poi facendo caciara in nome della difesa della dignità delle donne.
Il punto è che le donne non sono merce, è vero, ma non lo sono neppure in senso lato, neppure per accreditare azioni che personalmente giudico lesive del diritto all’autodeterminazione di ciascun@ perché vorrei capire dove sta la differenza tra questa azione, in termini simbolici intendo, e un bombardamento in Afghanistan in nome delle donne.
Comunque eccovi il loro comunicato e le immagini e per un aggiornamento leggete QUI.
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VERGOGNA!! Il corpo delle donne non è una merce da mettere in vetrina!
E’ questa l’idea di lavoro che ha in mente per i giovani il noto megastore di elettronica di piazza Quattro Giornate “Dino Galiano”? Erano ormai giorni che passando per piazza Quattro Giornate si assisteva al triste spettacolo di nostre coetanee ridotte a “merce animata”, messe in una vetrina a ballare in abiti corti e provocanti, per far vendere qualche televisore di più. A tutto questo come ragazzi del quartiere riuniti nel collettivo “Zona Collinare in Lotta” abbiamo deciso di dire basta. Intorno alle 19,30 di oggi martedì 14 dicembre, abbiamo messo in scena una protesta.
Con i nostri giubbotti abbiamo oscurato il degradante spettacolo. Da subito si è radunata una piccola folla di passanti che ci ha manifestato tutto il proprio appoggio. Applausi e urla di disapprovazione verso Dino Galiano hanno fatto subito comprendere allo store che la festa era finita. Tutti i clienti sono stati fatti uscire in fretta e furia e le serrande abbassate. Inutile sottolineare come subito dalla vicina caserma si siano precipitati un po’ di carabinieri a dar manforte ai gorilla di Dino Galiano che con modi a dir poco intimidatori cercavano di allontanarci dalla pubblica via.
E’ meglio che Galiano così come tutti gli altri padroni, capiscano che nel nostro quartiere non c’è posto per chi, in nome del profitto, vuole speculare e mercificare sul corpo delle donne!
Zona Collinare in Lotta
Pubblicato anche su Femminismo a Sud.
Ancora tortura, quel rimosso tutto italiano
Tortura, quell’orrore quotidiano che l’Italia non riconosce come reato.
Se c’è stato un motivo per cui ho aperto questo blog è stato pubblicare materiale sulle torture compiute in questo paese, sui corpi dei militanti della lotta armata che nell’ “anno argentino” italiano, il 1982, sono stati catturati e torturati con le più classiche tecniche di tortura usate nel mondo.
Donne e uomini che, privati della loro libertà, bendati e storditi, sono stati torturati da uomini di Stato per ottenere nomi, luoghi, dettagli.
Torture documentate, torture per cui ci son state anche condanne, torture però completamente rimosse dalla tanto brava “società civile”.
Alcuni dei torturati nel 1982 continuano ad essere in carcere, dopo 30 anni, dopo quello che hanno subito, senza aver mai potuto accedere a nessuna cura o conversazione capace di lenire i traumi che la tortura lascia perenni sul corpo e la mente di chi l’ha subita.
Dimenticati dal mondo, torturati nelle nostre caserme, chiusi ancora giorno e notte nella stessa cella.
Non c’è altro da dire, se non che dovrebbero esser liberi. PUNTO.
ELENCO DEI LINK:
1) Introduzione al libro di Alleg di Jean-Paul Sartre
2) breve cronologia ragionata e testimonianza di Ennio di Rocco, B.R.
3) Testimonianze di Emanuela Frascella e Paola Maturi, B.R.
4) Testimonianza Di Sisinnio Bitti, P.A.C.
5) Arresto del giornalista Buffa
6) Testimonianza di Adriano Roccazzella, P.L.
VIOLENZA SULLE DONNE: MA QUALI ROMENI
QUESTE SONO LE NOTIZIE DELLA SOLA GIORNATA DI OGGI.
PER FAR CAPIRE CHE LA VIOLENZA SULLE DONNE NON HA ETNIA NE’ NAZIONALITA’ E CHE SPESSO I PRIMI STUPRATORI SONO I MARITI, I FIDANZATI, I PADRI… ITALIANISSIMI.
NON CI PRENDESSERO PER IL CULO CON L’ALLARME ROMENI. NON VOGLIAMO LE STRADE PIENE DI SOLDATI, PERCHE’ NON CI TUTELANO DALLA CULTURA MASCHILISTA OMOFOBICA E XENOFOBA CHE CI CIRCONDA.
NON VOGLIAMO LA POLIZIA SUGLI AUTOBUS, LE RONDE, LE CAMPAGNE D’ODIO, IL FASCISMO SQUADRISTA RAZZISTA.
LA VIOLENZA SULLE DONNE NON HA ETNIA E DI SOLITO LO STUPRATORE HA LE CHIAVI DI CASA!

Foto di Valentina Perniciaro _manifestazione nazionale LIBERE E INDECOROSE, Roma novembre 2008_
Avellino, 27 gen. – (Adnkronos) – Un uomo di 60 anni, professore preso un istituto superiore di Avellino e’ stato arrestato dai carabinieri in quanto ritenuto responsabile di abusi, avvenuti negli ultimi tre anni nei confronti di una studentessa. Secondo quanto si e’ appreso, il docente, abusando della propria posizione, avrebbe costretto la ragazza a subire atti sessuali sia all’interno della scuola, che all’esterno. Per la studentessa il professore nutriva una vera e propria ossessione e la perseguitava anche fuori la scuola.
Torino, 27 gen. -(Adnkronos)- Ha abusato della figlia dodicenne della sua compagna e quando quest’ultima ha sporto denuncia l’ha costretta, facendola minacciare dai suoi familiari, a ritrattare. Con queste accuse gli agenti del commissariato torinese Barriera di Milano hanno arrestato per violenza sessuale un giovane di 27 anni. Secondo quanto emerso dalle indagini l’uomo, findanzato con la mamma della bambina, avrebbe approfittato della sua permanenza nella casa della vittima, per violentarla durante la notte.
Bari, 27 gen. – (Adnkronos) – E’ stato posto agli arresti domiciliari dai carabinieri della Compagnia di Triggiano, Michele D’Alba, 30 anni, con precedenti, ritenuto l’autore di una violenza sessuale ai danni di una ragazzina di 16 anni di un paese a sud est di Bari. L’episodio risale a una fredda serata d’inverno dello scorso novembre. Verso le 22.40 la giovane stava facendo rientro a casa. Ad un certo punto, si accorse che due persone la stavano seguendo. Decise cosi’ di cambiare strada, ma sfortunatamente per lei ne imbocco’ una senza uscita.
*LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE *
*NON DIPENDE DAL PASSAPORTO LA FANNO GLI UOMINI*
*Invitiamo tutte a partecipare a un presidio *
*contro la violenza maschile sulle donne,*
*giovedì 29 gennaio – dalle ore 16 in poi*
*scalinata del campidoglio, roma*
Il Comune di Roma ha indetto per giovedì 29 gennaio (dalle ore 16) una
seduta straordinaria del consiglio comunale per discutere una serie di
provvedimenti speciali per la “sicurezza” delle donne.
*Le istituzioni e i media ancora una volta non hanno alcun ritegno nell’usare le donne che già subiscono violenza per parlare di altro e per distogliere l’attenzione dal fatto che la *violenza contro le donne da sempre la compiono uomini – di qualunque nazionalità e classe sociale essi siano.*
*La politica e le istituzioni non hanno mai dedicato alcun ‘consiglio straordinario’ al fatto che le donne in Italia **nel 90% dei casi (dati Istat) **subiscono violenze o vengono uccise da familiari, ex o conoscenti*, perché vorrebbe dire ammettere che c’è un intero sistema sociale ed economico che sfrutta le donne e cerca di controllare le loro vite con la ‘cultura’ dello stupro.
*LE DONNE INSIEME *
*POSSONO SCONFIGGERE LA PAURA DELLO STUPRO,*
*POSSONO DENUNCIARE E DIFENDERSI*
*Presidio dalle ore 16 – scalinata del Campidoglio*
*giovedì 29 gennaio, roma *
L’Assemblea romana di femministe e lesbiche

Foto di Valentina Perniciaro NO E' NO!

Lo scorso 18 giugno la Corte d’appello di Perugia ha accolto l’istanza di revisione del processo che nel 1978 vide condannato per calunnia Enrico Triaca dopo che questi, arrestato il 17 maggio dello stesso anno nel corso delle indagini sul caso Moro, denunciò di aver subito torture fisiche e psicologiche fin dalle prime ore che seguirono la sua cattura. Il prossimo 15 ottobre, dunque, saranno chiamati a testimoniare personaggi chiave che hanno ricostruito o custodito le confidenze di Nicola Ciocia, alias “Professor De Tormentis” – capo della squadra di aguzzini alle dirette dipendenze del Ministero degli Interni, istituita per estorcere confessioni ai militanti delle Br nel pieno della guerra civile che si combatteva in Italia alla fine degli anni ’70. In calce a queste brevi righe abbiamo selezionato una piccola bibliografia che vuole essere in grado, seppur sommariamente, di ricostruire la vicenda di Enrico Triaca: l’obiettivo che ci prefiggiamo è, infatti, anche quello di riscostruire in maniera pubblica e collettiva una storia che è stata volutamente sepolta nel dimenticatoio della storia italiana per oltre 35 anni. Ciononostante, non è solo la vicenda di Triaca in sé a spingerci a scrivere e diffondere questo appello. Crediamo infatti che oggi, nei giorni in cui si fa forte nella sinistra antagonista la discussione pubblica sull’amnistia e sull’introduzione del reato di tortura nel nostro ordinamento penale, sia doveroso non lasciare taciute le evidenti connessioni che legano la repressione di Stato odierna alla sistematica opera di distruzione, nei decenni ’70-’80, dei tentativi rivoluzionari e di tutte le esperienze politiche che portarono a un livello senza precedenti lo scontro di classe nell’Italia postbellica. Seppur con intensità differenti e direttamente proporzionali alle forze messe in campo dal movimento di classe, lo Stato ha agito una strategia di annientamento delle forze politiche e sociali che hanno provato a invertire e sovvertire i rapporti di forza nel nostro paese. Una strategia giocata senza esclusione di colpi, ricorrendo alla violenza politica e alla tortura, andando ben oltre i limiti consentiti dalle leggi “democratiche”, con buona pace della litania che ci propinano da decenni sulla “vittoria legale” dello Stato nella “guerra contro il terrorismo”. Il caso Triaca assume quindi una forte valenza simbolica, sineddotica: da un lato grimaldello per fare opera di memoria su quanto accaduto in Italia ai militanti politici tra il ’78 e l’82, dall’altro spiraglio per aprire un dibattito storicizzante sulle lotte degli anni’70, senza tabù e rischi di astrazioni decontestualizzanti volte a perimetrarne la portata e screditare con sommario arbitrio le esperienze rivoluzionarie che ne furono avanguardie.
condanne per la giornata di piazza a Roma lo scorso 15 ottobre 2011, così come crediamo siano legate alla stessa logica di repressione preventiva le numerose carte che giacciono sui tribunali chiamati a criminalizzare le lotte per il diritto all’abitare come le lotte contro l’alta velocità, le battaglie sui luoghi di lavoro e quelle per la difesa dell’istruzione pubblica. Liberare gli anni ’70, favorirne un dibattito squisitamente politico, storicizzare il ciclo di lotte per cui oggi ancora qualcuno paga nella solitudine di una cella, crediamo siano i risultati cui mirare insieme. Contestualizzare all’oggi queste rotte di riflessione e legarle alle lotte contro il 41bis e l’ergastolo che molti detenuti politici hanno lanciato nel corso degli anni sono gli obiettivi che si pone questa specifica campagna, nella convinzione che senza una presa di coscienza collettiva su ciò che sono state la repressione e la tortura di Stato nei decenni passati non si può immaginare di affrontare con determinazione e forza d’animo le lotte che vogliamo costruire domani.





































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