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L’esercito egiziano e le donne e le violenze a sfondo sessuale
Una piccola serie di scatti e poi il video raccapricciante, che non hanno bisogno di parola alcuna.
Un articolo di Al-Arabiya che parla di queste foto: LEGGI
Il massacro è stato di una violenza inaudita…i corpi a terra sono troppi e come si vede chiaramente dal video e da molti altri, i colpi di pistola volavano come i sassi e le molotov.
QUI qualche riga sui fatti delle ultime due giornate al Cairo.
Aggiornamenti dalle carceri israeliane: DIFFONDIAMOLI
Il 27 settembre è iniziato uno sciopero della fame dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, per chiedere la fine delle condizioni di detenzione che in migliaia vivono, per chiedere la fine dell’isolamento per Ahmad Sa’adat e la fine delle politiche repressive nei confronti dei familiari e dei visitatori dei prigionieri, costretti a subire costanti vessazioni che spesso rendono impossibile anche solo un’ora di colloquio al mese con i propri cari in regime di detenzione, nelle carceri di un paese occupante.
Chiedono la fine degli abusi durante le traduzioni da un carcere all’altro e molto altro, oltre che la solidarietà internazionale e la diffusione delle notizie sulla lotta che stanno portando avanti, sul proprio corpo, l’unica cosa a loro disposizione.
Ovviamente le autorità israeliane e i funzionari del dipartimento che gestisce le carceri nel paese dell’Apartheid hanno risposto aumentando la violenza psicologica e le condizioni dei detenuti: dal carcere di Nafha i detenuti politici palestinesi raccontano delle minaccie subite sulla negazione dei colloqui con i familiari. Per ogni giorno di partecipazione allo sciopero della fame ci sarà un mese di divieto di incontro con i propri cari. In molti sono stati trasferiti in altri carceri, di cui ancora non si riesce a conoscere il nome.
I membri del F.P.L.P hanno subito tutti il trasferimento in celle di isolamento e la confisca di tutti i loro beni personali, compresi i propri vestiti.
Durante una visita con le famiglia le autorità delle prigioni dell’occupante israeliano hanno sequestrato i documenti di identità di tutti i loro familiari dando come motivazione proprio la partecipazione allo sciopero della fame, che li precluderà per mesi a qualunque incontro, compreso quello con il proprio avvocato.
Nella prigione di Asqelan infatti è stato vietato l’accesso ad un’avvocato che doveva visitare i prigionieri Ahed Abu Ghoulmeh, Allam Al-Kaabi e Shadi Sharafa: gli è stato comunicato che in quanto partecipanti all aprotesta, non potranno incontrare i loro avvocati, non si sa fino a quando.
Oltre ai prigionieri militanti del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, che hanno iniziato questa mobilitazione in nome del loro rappresentante Ahmad Sa’adat (detenuto a Gerico) si stanno unendo molti altri prigionieri, come alcuni componenti di Fatah, tra cui quelli che hanno il triste primato di essere da più tempo in regime di detenzione: Fakhri Barghouti entrato nelle carceri israeliane 34 anni fa, ed Akram Mansour,malato di cancro, detenuto da 33 anni.
Anche molte donne prigioniere stanno partecipando alla lotta: Sumoud Kharajeh, Linan Abu Ghoulmeh, Duaa Jayyousi e Wuroud Kassem sono state trasferite in isolamento totale mentre Linan Abu Ghoulmeh è stata messa in regime di detenzione amministrativa in modo totalmente arbitrario.
PER SEGUIRE GLI AGGIORNAMENTI: The Campaign to Free Ahmad Sa’adat
DIFFONDIAMO QUESTA NOTIZIA, CREIAMO SOLIDARIETA’ ANCHE PER I PRIGIONIERI PALESTINESI, PROPRIO ALLA LUCE DELLE DISCUSSIONI SULLO STATO PALESTINESE.
NON PUO’ ESSERCI STATO SENZA LA LIBERAZIONE DI TUTTI I PRIGIONERI,
SENZA IL DIRITTO AL RITORNO DI TUTTI I PROFUGHI,
SENZA LA FINE TOTALE E DEFINITIVA DEL REGIME DI APARTHEID,
SENZA LA CANCELLAZIONE DELL’OCCUPAZIONE MILITARE E L’ABBATTIMENTO DEL MURO DI SEPARAZIONE E DEGLI INSEDIAMENTI.
PALESTINA LIBERA.
I prigionieri palestinesi in sciopero della fame chiedono solidarietà
SOLIDARIETA’ AI PRIGIONIERI PALESTINESI IN SCIOPERO DELLA FAME
Domani, marted’ 27 settembre 2011 inizierà uno sciopero della fame dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, per chiedere la fine del regime di isolamento per Ahmad Sa’adat, la fine dell’isolamento per tutti i prigionieri politici palestinesi, la fine delle politiche di repressione e umiliazione nei confronti dei parenti e dei visitatori dei prigionieri, incluso la fine del blocco ai colloqui con i familiari, cercata ed impedita già ai checkpoint israeliani.
I prigionieri chiedono anche la fine degli abusi e delle umiliazioni ai prigionieri durante le traduzioni tra carceri.
La campagna per la liberazione di Ahmed Sa’adat è solidale con tutti i prigionieri palestinesi in sciopero della fame e chiede alle persone di tutto il mondo di partecipare a questa campagna per i prigionieri.
Sotto il flyer che racconta la situazione dei prigioneri e poi quella specifica di Sa’adat.
Ahmed Sa’adat, il detenuto segretario generale del Fronte popolare di liberazione della Palestina , è stato catturato dalle forze d’occupazione israeliane il 13 marzo del 2006 e dall’attacco israeliano alla Striscia di Gaza dell’inverno del 2009, quando chiamò alla resistenza popolare, vive in regime di isolamento. Ha una condanna a 30 anni.
Ma è solamente uno dei circa 10.000 prigionieri politici nelle mani di Israele, tra cui ci sono molti minorenni, donne e leader delle organizzazioni politiche.
Le soldatesse israeliane tirano fuori un po’ di cadaveri dall’armadio…
6 anni dopo l’inizio della sua attività possiamo dire che l’organizzazione israeliana “Breaking the silence” sta facendo un buon lavoro. Il giornalista israeliano Amir Shilo racconta su Y-net le ultime testimonianze uscite su un libricino di testimonianze di soldati israeliani. Queste ultime dichiarazioni hanno una particolarità comune non da poco: sono state tutte rilasciata da donne, soldati dell’IDF, impegnate nei Territori Occupati.
Ci raccontano come le donne abbiano la necessità di dimostrare ai colleghi uomini la loro forza e la loro capacità di essere macchine da guerra e quindi, spesso, questa morbosa necessità si risolve diventando peggio di loro, usando ancora più violenza, umiliando ancora di più il nemico. Che in questo caso, molto spesso, è inerme, è minorenne, è in uno stato di totale costrizione.
E così le dichiarazioni lasciano particolarmente senza parole, i metodi usati per umiliare gli arabi fanno rabbrividire e pensare che tutto ciò venga compiuto da donne alla sottoscritta fa decisamente più schifo del solito. Negli ultimi anni il numero delle donne soldato impiegate nelle operazioni di guerra e in quelle di frontiera è di molto moltiplicato: avere testimonianze da loro è ancora più difficile perchè in quanto minoranza all’interno dell’IDF si trovano in una situazione di debolezza.
Ma nel report dell’associazione sono circa 50 le donne soldato ad aver preso parola: tutte raccontano di come la violenza sia molto più brutale rispetto a quella dei loro colleghi. Si prendono i prigionieri e li si sbatte al muro, li si umilia facendoli cantare canzoncine, facendoli saltare al ritmo desiderato, deridendoli e schiaffeggiandoli anche per 6-8 ore di fila, senza alcuna ragione.
Una soldatessa impiegata nell’unità di polizia militare Sachlav racconta di un bambino palestinese che ripetutamente avrebbe provocato i soldati e lanciato anche alcune pietre. Lo stesso bambino sembrerebbe aver causato la frattura di una gamba ad un soldato, perchè spaventatosi dal lancio di una pietra, sarebbe caduto rompendosi l’arto. L’immediata ritorsione viene raccontata così: il bimbo viene preso da due soldati e caricato su una jeep per esser portato al check point, da dove esce con una mano rotta, rotta sulla sedia su cui era stato fatto sedere.
Ma nemmeno i bambini più piccoli vengono risparmiati da queste perversioni legalizzate: un’altra donna soldato racconta di un bimbo di soli 5 anni, schiaffeggiato con forza perchè piangeva. Gli urlavano di smettere di piangere, quando c’è riuscito ed ha abbozzato un sorriso gli è stato dato un forte pugno nello stomaco: “Non mi ridere in faccia!”, gli è stato urlato.
Chi ha provato a ribellarsi a simili atti di violenza gratuita è stata/o rimproverato dagli ufficiali. “Anche chi non partecipa a certe azioni sa che avvengono: tutti sanno e vedono quello che compie l’IDF”, racconta una testimone di guardia in un checkpoint nell’area di Jenin.
“Ai checkpoint ci appropriamo del cibo e di qualunque oggetto: giocattoli, batterie, sigarette. Sono sicura che qualcuno di noi prende anche i soldi durante le perquisizioni. Una volta uno di questi furti è stato ripreso da una telecamera. Pensavo scoppiasse un caso e invece nessuno è stato punito. A noi è permesso colpire e umiliare come vogliamo.”
Alcune testimonianze parlano con preoccupazione delle procedure israeliane per poter aprire il fuoco nei Territori Occupati, in particolare in situazioni di “ordine pubblico”. Ad esempio è procedura comune usare i proiettili di gomma puntando all’addome. Viene raccontato un episodio che ha portato alla morte di un bambino di 9 anni. Aveva provato a scavalcare la palizzata, è caduto e ha rinunciato fuggendo via in bicicletta: colpito all’addome (hanno dichiarato che stando in bici non lo riuscivano a colpire alle gambe). “Nessuno viene mai punito per questo. Subito viene decisa una versione ufficiale: si parla di situazioni fuori controllo, pericolo di fuga di terroristi e il caso viene chiuso.”
Le testimonianze sono tante e fastidiose che non ho la forza di raccontarvele tutte: non mi piace mettermi a tradurre le perversioni di una donna in divisa che per sentirsi “accettata” da un arabo in stato di fermo lo prende a calci nelle palle con i suoi “spettacolari anfibi militari”. Penso che non serva, sbagliandomi probabilmente, entrare per forza nel dettaglio.
Ieri invece è stato PeaceReporter ( le notizie vengono sempre dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronot ) a raccontarci come furono riscritte le regole di ingaggio per l’operazione “Piombo Fuso” a Gaza lo scorso anno. Anche questa volta le notizie ci arrivano attraverso le ammissioni di un alto ufficiale israeliano. “Non ci deve essere nessuno nell’area delle operazioni. Se ci sono segni di movimento, si spara. Sono queste, essenzialmente, le regole d’ingaggio. Sparare a cio’ che si muove”.
A Tarzan Sulic, ucciso dentro una caserma ad 11 anni.
Sarà quel pacco bomba, per strada regalato,
Lo schifo di ricordo, che schifo di ricordo, d’un braccio amputato
Per rifilare un taglio non solo alle tue mani
Ma a quelle degli zingari, di quei fottuti zingari più sporchi dei cani
Le fiabe hanno l’odore di polvere da sparo
Lo disse anche Matteo, si torturava Mira quel libro costò caro
E se Sengul da bambola sembravi troppo a Barbie
Coi chiodi e con le biglie, coi fiori e con le bolle sul viso è troppo tardi
In quell’incrocio Emran guardava da innocente
I soldi di una carità elargita ad un pezzente
Adesso solo un occhio salvato dalle schegge
Vedrà soltanto odio in un mondo senza legge
E come Tarzan Sulic volava tra le sbarre
Un angelo ribelle non può cadere a terra
Caramba sparò in testa, non vide più una stella,
Tarzan d’undicianni assassinato in cella
Assassinato in cella assassinato in cella
Assassinato in cella assassinato in cella
E Mira torturata con mala meraviglia,
Il tuono di quel colpo, il colpo di quel tuono
Di notte ora ti sveglia
La fretta di un processo e pena senza pesa
Dimenticare presto, dimenticare tutto, giustizia non è resa.
Non si trova molto in rete sulla storia di Tarzan Sulic e Mira Djuric, due bimbi rom. Una storia del settembre 1993, quindici anni fa.
Lui è morto ucciso da un proiettile sparato da un carabiniere, dentro una camera di sicurezza della caserma di Ponte di Brenta.
Dicono, rendetevi conto, che il colpo è partito per sbaglio, che l’undicenne freddato con un colpo alla testa stava provando a scappare e nella colluttazione sarebbe partito un colpo.
Colpo che ha passato la testa del giovane Tarzan e poi ha ferito sotto il seno sinistro la sua cuginetta, fermata con lui e con lui rinchiusa in quella cella.SI è salvata dopo un lungo intervento, visto che la pallottola si era fermata vicino al cuore.
Lui è morto sul colpo.
A 11 anni, dentro una caserma dei Carabinieri.
CHI SE LO RICORDA?
In questo momento dai microfoni di Radio Onda Rossa, una bella trasmissione in loro ricordo!
VIOLENZA SULLE DONNE: MA QUALI ROMENI
QUESTE SONO LE NOTIZIE DELLA SOLA GIORNATA DI OGGI.
PER FAR CAPIRE CHE LA VIOLENZA SULLE DONNE NON HA ETNIA NE’ NAZIONALITA’ E CHE SPESSO I PRIMI STUPRATORI SONO I MARITI, I FIDANZATI, I PADRI… ITALIANISSIMI.
NON CI PRENDESSERO PER IL CULO CON L’ALLARME ROMENI. NON VOGLIAMO LE STRADE PIENE DI SOLDATI, PERCHE’ NON CI TUTELANO DALLA CULTURA MASCHILISTA OMOFOBICA E XENOFOBA CHE CI CIRCONDA.
NON VOGLIAMO LA POLIZIA SUGLI AUTOBUS, LE RONDE, LE CAMPAGNE D’ODIO, IL FASCISMO SQUADRISTA RAZZISTA.
LA VIOLENZA SULLE DONNE NON HA ETNIA E DI SOLITO LO STUPRATORE HA LE CHIAVI DI CASA!

Foto di Valentina Perniciaro _manifestazione nazionale LIBERE E INDECOROSE, Roma novembre 2008_
Avellino, 27 gen. – (Adnkronos) – Un uomo di 60 anni, professore preso un istituto superiore di Avellino e’ stato arrestato dai carabinieri in quanto ritenuto responsabile di abusi, avvenuti negli ultimi tre anni nei confronti di una studentessa. Secondo quanto si e’ appreso, il docente, abusando della propria posizione, avrebbe costretto la ragazza a subire atti sessuali sia all’interno della scuola, che all’esterno. Per la studentessa il professore nutriva una vera e propria ossessione e la perseguitava anche fuori la scuola.
Torino, 27 gen. -(Adnkronos)- Ha abusato della figlia dodicenne della sua compagna e quando quest’ultima ha sporto denuncia l’ha costretta, facendola minacciare dai suoi familiari, a ritrattare. Con queste accuse gli agenti del commissariato torinese Barriera di Milano hanno arrestato per violenza sessuale un giovane di 27 anni. Secondo quanto emerso dalle indagini l’uomo, findanzato con la mamma della bambina, avrebbe approfittato della sua permanenza nella casa della vittima, per violentarla durante la notte.
Bari, 27 gen. – (Adnkronos) – E’ stato posto agli arresti domiciliari dai carabinieri della Compagnia di Triggiano, Michele D’Alba, 30 anni, con precedenti, ritenuto l’autore di una violenza sessuale ai danni di una ragazzina di 16 anni di un paese a sud est di Bari. L’episodio risale a una fredda serata d’inverno dello scorso novembre. Verso le 22.40 la giovane stava facendo rientro a casa. Ad un certo punto, si accorse che due persone la stavano seguendo. Decise cosi’ di cambiare strada, ma sfortunatamente per lei ne imbocco’ una senza uscita.
*LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE *
*NON DIPENDE DAL PASSAPORTO LA FANNO GLI UOMINI*
*Invitiamo tutte a partecipare a un presidio *
*contro la violenza maschile sulle donne,*
*giovedì 29 gennaio – dalle ore 16 in poi*
*scalinata del campidoglio, roma*
Il Comune di Roma ha indetto per giovedì 29 gennaio (dalle ore 16) una
seduta straordinaria del consiglio comunale per discutere una serie di
provvedimenti speciali per la “sicurezza” delle donne.
*Le istituzioni e i media ancora una volta non hanno alcun ritegno nell’usare le donne che già subiscono violenza per parlare di altro e per distogliere l’attenzione dal fatto che la *violenza contro le donne da sempre la compiono uomini – di qualunque nazionalità e classe sociale essi siano.*
*La politica e le istituzioni non hanno mai dedicato alcun ‘consiglio straordinario’ al fatto che le donne in Italia **nel 90% dei casi (dati Istat) **subiscono violenze o vengono uccise da familiari, ex o conoscenti*, perché vorrebbe dire ammettere che c’è un intero sistema sociale ed economico che sfrutta le donne e cerca di controllare le loro vite con la ‘cultura’ dello stupro.
*LE DONNE INSIEME *
*POSSONO SCONFIGGERE LA PAURA DELLO STUPRO,*
*POSSONO DENUNCIARE E DIFENDERSI*
*Presidio dalle ore 16 – scalinata del Campidoglio*
*giovedì 29 gennaio, roma *
L’Assemblea romana di femministe e lesbiche

Foto di Valentina Perniciaro NO E' NO!
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