Archivio
Yemen, il venerdì del “massacro”… decine di morti in tutto il paese
Si parla già di una trentina di uccisi e di un numero imprecisato di feriti (si parla già di più di 200 persone), uccisi dal fuoco aperto dalle forze dell’ordine nella piazza dell’università, al centro della capitale Sana’a.
La piazza dove son soliti radunarsi i manifestanti, soprattutto in questo periodo di mobilitazioni contro il regime di Abdullah Saleh, al potere da “soli” 32 anni.
Hanno aperto il fuoco per evitare che la folla uscisse dalla piazza: diversi testimoni dell’AFP raccontano anche di cecchinaggio fatto dai palazzi che si affacciano sulla piazza: gli uccisi sono stati tutti colpiti alla testa o al collo. I numeri salgono a vista d’occhio: il Guardian riferisce alle 15 ora italiana di 17 cadaveri portati all’interno di una moschea del centro città e di almeno “il doppio” dei corpi negli ospedali della zona)
Nessun colpo a salve: tutte le munizione usate sono vere pallottole.
Un massacro vero e proprio, l’ennesimo sotto silenzio. Altri cortei si sono registrati nelle città di Taiz, Ibb, Aden, Hodeidah, Amran: è uno dei venerdì più partecipati di questi ultimi due mesi di ribellione.
Anche a Taiz si registrano molti feriti e un fitto lancio di lacrimogeni tra gli spari registrati.
Nella città portuale di Hudayah siamo già a 120 feriti di cui alcuni in condizioni pessime.
Tunisia: sciolta la polizia politica
Era una delle richieste da sempre e subito avanzata dal Fronte 14 gennaio, quello che dal primo giorno ha guidato -autorganizzandosi- le proteste tunisine che hanno portato alla caduta del regime di Ben Ali: sciogliere la polizia politica, che per anni ha abusato del suo potere tenendo sotto scacco tutti i militanti e gli attivisti del paese. Sciolta. Non esiste più.
Il premier del governo provvisorio instaurato in attesa delle elezioni previste per il 24 luglio prossimo, Beji Caied Essebsi ha fatto pronunciare al suo ministro dell’Interno un discorso più che chiaro che annuncia alcune misure che mirano alla “rottura definitiva con ogni forma di organizzazione simile alla polizia politica, sia a livello di struttura che di mandati e prassi.” Allo stesso modo è stato eliminata la direzione della sicurezza di Stato (!) e l’impegno del nuovo ministero è di rispettare la libertà e i diritti civili. «Queste misure – continua il comunicato del ministero dell’interno tunisino – sono in simbiosi con i valori della rivoluzione, nella preoccupazione di rispettare la legge, nel testo e nella pratica, e in ossequio al clima di fiducia e di trasparenza nei rapporti fra i servizi di sicurezza e il cittadino». Le misure – conclude la nota – «si iscrivono nella volontà di proseguire nell’azione già imbastita per contribuire alla realizzazione dei valori della democrazia, della dignità e della libertà».
Albania: la morte va in diretta
Orribile il video che sta girando attraverso da poche ore su internet. Ripreso da un cameraman della televisione albanese News24, il luogo e le modalità in cui sono morti uno due dei tre manifestanti già uccisi dalla rivolta esplosa ieri a Tirana s’è fatto più comprensibile a tutti. I primi video che giravano a riguardo focalizzavano l’immagine sui manifestanti, ma queste nuove immagini, allargando la visuale, permettono a tutti di vedere come andavano le cose qualche secondo prima dello sparo, da dove è stato sparata e cosa stava facendo l’uomo che è rimasto ucciso da quel colpo di fucile. A sparare è inequivocabilmente un membro della Guardia Repubblicana, appostato e accovacciato in una nicchia all’interno della sede del governo.
Le immagini parlano chiaro e vi invito a guardarle: lo si vede inginocchiato, perfettamente al riparo dal lancio di oggetti rivoltogli contro. Si vede bene la fiammata dello sparo e immediatamente dopo il corpo di un dimostrante cadere a terra esanime: non stava facendo nulla, con le mani lungo il suo corpo, osservava gli accadimenti rivolto con lo sguardo verso il suo assassino. Nelle stesse immagini si vede anche un secondo cadavere a terra, ucciso negli stessi istanti di quelli di cui abbiamo le immagini in diretta del suo assassinio: non si sa se a sparare sia stato lo stesso agente perchè non esistono immagini che lo dimostrino, ma non serve molto altro per capire com’è andata.
Altri 5 manifestanti hanno raggiunto gli ospedali feriti da armi da fuoco, mentre per i 6 poliziotti ricoverati le ferite sarebbero state causate solamente dal lancio dei sassi. Rama, sindaco di Tirana e capo dell’opposizione socialista, ha definito queste immagini la “pistola fumante” che inchioda Berisha e il ministro dell’interno Basha alle loro dirette responsabilità. Questa notte, proprio nella capitale, ci sono state molte retate e perquisizioni ed alcuni arresti su disposizione della procura e il numero dei fermi sembra si aggiri intorno ai 110 “manifestanti coinvolti in atti di violenza, accusati di aver colpito gli agenti e di aver dato alle fiamme alcune auto della polizia”, ci riferisce una portavoce della polizia di stato.
Un altro paese del nostro Mediterraneo che alza la testa, con manifestazioni di piazza e rabbia a non finire: la rivolta ci sfiora e si avvicina… noi per ora stiamo a guardare, tanto per cambiare: l’Algeria e la Tunisia ora stanno riempiendo ancora le loro strade di rabbia…
Tunisia (6): ancora tumulti in strada. Un saluto al reporter francese ucciso.
Ahmed Fria, nuovo ministro dell’Interno tunisino ieri ha dato i numeri della rivolta, quelli ufficiali e dichiarabili: ben 46 posti della Guardia Nazionale dati alle fiamme, 85 posti di polizia, 43 banche e 66 negozi. I morti sarebbero 78, i feriti altri 94.
Mentre avevo iniziato a scrivere questa mezza riga, stavo appunto per battere quello che i media principali riferivano dal risveglio, cioè di una Tunisi tornata alla calma e solamente presidiata in alcuni punti chiave…ma, come si poteva immaginare, erano chiacchiere, facilmente smentite pochi secondi dopo. Ad Avenue Bourghiba stavano marciando centinaia di persone in un corteo e pochi minuti fa sono stati dispersi da una carica della polizia, arrivata massicciamente, e dal lancio di numerosi e potenti lacrimogeni. Gli slogan sono sempre gli stessi, oltre a manifestare contro il partito dell’ex presidente Ben Ali, tenevano nelle mani molti filoni di pane! Insomma, la calma totale di cui parla la Bbc da ore è una barzelletta.
Anche Biserta è in piazza con centinaia di persone che chiedono senza mezzi termini le dimissioni di Mohammed Ghannouchi, attuale primo ministro e lo scioglimento del Rassemblement Constitutionnel Democratic (Rdc), partito dell’ex presidente e dell’attuale premier. Elicotteri sorvolano minacciosi il centro città.
Nel frattempo nei dintorni l’aria si surriscalda…in Algeria ieri 4 disoccupati si sono dati fuoco e uno, Maamir Lofti, è morto poco dopo, in Mauritania stessa cosa…in Libano in questa settimana ci sono state molte manifestazioni contro il carovita e qualche ora di coprifuoco notturno nei quartieri meridionali di Beirut; in Giordania c’è stato un grosso corteo davanti la sede del parlamento con gli stessi slogan che rimbombano nel Maghreb ed il re Abdallah II ha ordinato la riduzione immediata del 10% dei prezzi degli alimenti e della benzina. Cosa che non ha molto cambiato la situazione.
Un lancio d’agenzia “simpatico” viene da quel miracolo della natura che è l’isola di Lampedusa, attuale sede di una prigione per migranti. E’ sbarcato un lussuosissimo yacht, venerdì sera, dopo una richiesta di soccorso per un’avaria ai motori. Una volta attraccato i due componenti dell’equipaggio hanno detto che la proprietà era del nipote di Ben Ali e che loro avevano il compito di “portarlo in salvo”. Hanno poi presentato domanda di asilo politico, ora al vaglio della Questura di Agrigento.
E’ morto invece Lucas Mebrouk Dolega, fotografo dell’Epa che venerdì scorso era stato colpito da un lacrimogeno: è stata dichiarata la sua morte celebrale a causa dell’encefalogramma piatto. Trentadue anni, fotografo con una grande esperienza di tumulti e di Maghreb, è morto sul lavoro, sulle strade dove amava scattare. Lo salutiamo con i suoi ultimi scatti.
Qui le pagine precedenti dedicate alla rivolta del carovita tunisina: LINK!
Tunisia (5): Carceri in rivolta ed evasioni di massa
Queste sono le notizie che vorrei dare quotidianamente, quelle che emozionano parola dopo parola e rendono difficile la scrittura.
Un paese che sta provando a liberarsi, la Tunisia, e passo passo sta tentando di mettere su strada quelli che sono i percorsi normali di un processo non dico rivoluzionario ma sovversivo e “liberatorio”.
E allora non si può passare che da lì…la liberazione di un popolo non può che passare per le celle delle proprie galere, non può che tranciare sbarre e abbatter blindati, non può che liberare i corpi reclusi e donare a loro nuova vita. E così la lista di nomi è lunga: sono circa mille i detenuti evasi solo dal carcere del Kasserine (una delle zone più calde della rivolta). Al-Jazira racconta che il direttore del centro ha deciso di aprire le celle, dopo una rivolta così violenta da non poter essre fronteggiata. Ma si è scappati ovunque nel paese e ovviamente qualche detenuto c’ha pure lasciato la pelle.
Nelle fiamme a Monastir, tra le pallottole della polizia a Madhia, a Sfax e Kairouan, a Biserta e Kram, a Cartagine e a Tunisi, nel carcere del centro città. Si parla di un centinaio morti tra i detenuti in rivolta di tutte le carceri tunisine e di migliaia di detenuti, ma poi arrivano conferme che sessanta morti sarebbero solo quelli contati nel carcere di Monastir, dove la tragedia è stata pesante. La rivolta ha portato i detenuti ad incendiare i propri materassi all’interno di uno dei bracci della prigione, dopo che dall’esterno si era provato ad abbattere i muri di recinzione con dei trattori, ed ora gli ospedali sono pieni di corpi devastati dalle fiamme.
Nel frattempo scende la sera e le strade, soprattutto dei sobborghi di Tunisi, si svuotano della popolazione a causa del coprifuoco; la voce diffusa è che le bande di cui si parla che starebbero saccheggiando e terrorizzando un po’ tutti sono uomini fedeli all’ex presidente Ben Ali, tanto che in molti quartieri la popolazione si sta autorganizzando e creando barricate per rendere più difficile la circolazione ai “razziatori”.
Ben Ali in fuga …
23 anni al potere, e se l’è data a gambe senza nemmeno annunciare la rinuncia al potere. Ha assunto quella carica il 7 novembre 1987, dopo una carriera militare che l’aveva portato ad essere direttore generale della Sicurezza Nazionale per il ministero dell’Interno e poi ambasciatore in Polonia. A Parigi? A Malta sotto protezione libica? Nemmeno il buon gusto di far ancora sapere dove si trova. Rieletto nel 1999 con il 99,66% dei voti e nel 2004 con il 94,5% dei consensi, aveva imposto una riforma costituzionale nel 2002 che aboliva ogni limite di durata alla carica presidenziale.
Oggi non ci fa sapere nemmeno dove si è rifugiato. Non ha rilasciato una parola al suo paese, alla popolazione che da anni controlla e reprime e che da settimane teme. Portavoci presidenziali francesi fanno sapere di non essere assolutamente al corrente dell’arrivo in Francia dell’ormai ex presidente tunisino, mentre da Malta ancora non arriva nessuna smentita né conferma.
Dalle 19 è un continuo batter d’agenzie, tutte estremamente vaghe: da pochi minuti sappiamo però ufficialmente che Mohammed Ghannouchi è presidente ad interim (è stato prima ministro per la Cooperazione internazione e gli investimenti esteri e dal 1999 ricopre la carica di primo ministro) . Durante il suo primo annuncio si è rivolto alla popolazione e alle “sensibilità politiche e sociali del paese” chiedendo di unirsi attorno allo spirito della patria..
Commenti recenti