Archivio

Archive for 9 aprile 2009

40 anni dalla rivolta di Battipaglia

9 aprile 2009 Lascia un commento

Il 9 aprile del 1969 si ebbero gravi incidenti a Battipaglia, al diffondersi della notizia della decisione di chiudere due aziende storiche come la moti_stazionemanifattura dei tabacchi e lo zuccherificio. Per la città è una tragedia, dal momento che metà della popolazione vive su queste due fabbriche, sulle coltivazioni e sull’indotto. La chiusura di queste aziende significherebbe quindi disoccupazione e miseria. Vengono indette manifestazioni di protesta e cortei, e lo scontro con le forze dell’ordine è drammatico. L’assedio dei dimostranti diventa un attacco, e la polizia perde la testa e spara sulla folla uccidendo due persone: Carmine Citro, operaio tipografo di 19 anni, e Teresa Ricciardi, insegnante in una scuola media di Eboli, che viene raggiunta al petto da una pallottola mentre è affacciata alla finestra di casa sua. Le cariche della polizia si susseguono per tutto il pomeriggio, ed in tutto si contano 200 feriti (di cui 100 da arma da fuoco) fra i dimostranti, e 100 tra i membri delle forze dell’ordine.

Il giorno seguente la gente scende in piazza inferocita, blocca ferrovie, strade e autostrade, dalle 17 mattino_1969alle 22 la città è in mano a tremila dimostranti, che devastano la stazione, incendiano il municipio, danno fuoco a duecento auto e poi assediano il commissariato di polizia e la caserma dei carabinieri. A Roma arriva invece la notizia che ci sono stati cinquanta morti e, temendo una insurrezione generale, viene subito trovato un accordo per la riapertura delle due aziende.

Battipaglia nove aprile

tutti in piazza sono scesi

rossi, bianchi, d’ogni colore
per difendere il lavoro.



Come sempre li padroni

la sbirraglia hanno mandato
con i mitra caricati

come ad Avola e Viareggio.


Chista è storia di oggi

storia di povera gente

ammazzata come cani

per difendere lu pani.

Nella terra di Campania

dove Cristo s’è fermato

scorre il sangue nella strada

della gente più sfruttata.

Carmine si chiamava

lu guaglione assassinata

e Teresa la maestra

che lu core ci hanno squarciatu.



E la storia si ripete

come sempre c’è l’inchiesta
gli assassini restan fuori
e i poveri in galera.

Nasce l’Epicentro Solidale a Fossa

9 aprile 2009 1 commento

COMUNICATO STAMPA
Le realtà e i movimenti di lotta di Roma a sostegno delle popolazioni abruzzesi colpite dal sisma: Epicentro Solidale a Fossa da oggi 8 aprile

Le realtà e i movimenti di lotta di Roma, composti da precari, migranti, studenti, occupanti di case e di spazi sociali, procedono da lunedì nella raccolta indipendente di aiuti – a sostegno delle popolazioni abruzzesi colpite dal sisma. Da oggi mercoledì 8 aprile, è stato stabilito nella località di Fossa (L’Aquila) l’Epicentro Solidale: un punto di convergenza per l’afflusso continuo degli aiuti e la loro distribuzione a Fossa come in tutti centri vicini che ne necessitano. Vogliamo già rendere noto, ringraziando tutti coloro che si sono attivati, che nei punti di raccolta dislocati nella città, già in 2 giorni è stato raccolto e distribuito un enorme quantitativo di beni di prima necessità e che le raccolte andranno avanti sino a venerdì 10 aprile, per riprendere nella prossima settimana con modalità che comunicheremo. Il trasporto dalla capitale e la distribuzione presso le comunità abruzzesi degli aiuti raccolti sarà in carico alle attiviste e agli attivisti che da oggi si turneranno in squadre, con furgoni-navetta che faranno la spola tra Roma e Fossa.
L’Epicentro Solidale nasce e si disloca a Fossa grazie all’iniziativa autonoma e dal basso delle realtà e delle reti di movimento romane che hanno attivato un contatto diretto con realtà locali dell’Aquilano. L’Epicentro Solidale lavorerà in cooperazione con le comunità locali e con le strutture di primo soccorso già stabilite in loco. Sino a quando continueranno le operazioni di ricerca dei dispersi e fino alla fine dello sciame sismico l’Epicentro Solidale continuerà a funzionare come punto di snodo di tutto il materiale raccolto in forma indipendente dal movimento romano in questi giorni. Nella fase successiva invece l’Epicentro Solidale si trasformerà in campo permanente di sostegno alle comunità sfollate quando la fine dello sciame sismico consentirà di stabilire delle strutture volontarie.
Proprio a questo scopo si raccolgono già da ora le disponibilità di volontari per l’attivazione di queste strutture e soprattutto di insegnanti disposti a sostenere una delle esigenze già manifestata dai giovani e dalle famiglie del luogo, quella di poter terminare l’anno scolastico.
Infine informiamo che da oggi è anche disponibile una infoline direttamente presso l’Epicentro Solidale di Fossa, i cui numeri sono: 3473237703 e 3664137433
I compagni e le compagne di Roma

I punti di raccolta sono:
Loa Acrobax, via della vasca navale 6 giovedì e venerdì tutto il giorno
Csoa Forte Prenestino
, via federico delpino giovedì e venerdì dalle 12 in poi
Ex Snia Viscosa, via prenestina giovedì sera a partire dalle 19
Area 51, via bacciarini 12 giovedì e venerdì dalle 15 alle 20
Porto Fluviale, via del porto fluviale 12 giovedì e venerdì dalle 17 alle 21
Regina Elena, via del Castro Laurenziano giovedì e venerdì dalle 17 alle 21
Ex Cinema Volturno, via Volturno 37 giovedì e venerdì dalle 17 alle 21
Per info su Roma 3394611835 e 3295638652

Continuano i sequestri di manager…non qui, in Francia

9 aprile 2009 2 commenti

I lavoratori francesi sfidano l’ira di Sarkozy
Sondaggio: per metà dei francesi sono forme di lotta legittime

Paolo Persichetti, Liberazione 9 aprile 2009

Tre dirigenti britannici del gruppo di adesivi industriali Scapa, con sede a Manchester in Gran Bretagna, e un manager locale, trattenuti da martedì sera all’interno della filiale francese di Bellegarde sur Valserine sono stati rilasciati dai dipendenti nel pomeriggio di ieri.
Gli operai protestavano contro il piano di crisi che prevede la chiusura completa dell’impianto. Lo si è appreso ieri da fonti sindacali e dell’azienda. Il direttore delle operazioni europee, il direttore finanziario e la direttrice del personale di Scapa France, tutti e tre britannici, così come il direttore generale, questa volta di nazionalità francese, sono stati trattenuti all’interno della fabbrica. Erano «liberi di muoversi, ma non di uscire», aveva precisato una fonte sindacale. I dirigenti che lavorano a Valence, dove si trova il principale stabilimento del gruppo in Francia, erano stati invitati a non lasciare i locali al termine di una seduta di negoziati con il personale. La trattativa riguardava le indennità di licenziamento di 60 dipendenti coinvolti nel piano di crisi, praticamente le intere maestranze dello stabilimento. La direzione di Scapa, che impiega 1500 persone nei diversi

Segolène Royal

stabilimenti ripartiti in vari paesi del mondo, intende chiudere la fabbrica di Bellegarde-sur-Valserine specializzata negli adesivi per automobili a causa del crollo di vendite del 50% riscontrato nel 2008.
La situazione si è sbloccata solo dopo la mediazione della prefettura, cioè del governo. Appena ottenuto il “permesso di uscita”, i quattro manager hanno raggiunto i locali del comune dove sono stati trasferiti i negoziati tra sindacati e direzione dell’azienda sotto la supervisione del viceprefetto.
Nel corso delle ultime settimane in Francia si sono ripetuti i sequestri di manager delle aziende in crisi che hanno annunciato licenziamenti e chiusure degli stabilimenti. Gli operai di Caterpillar, Sony France, 3M, hanno fatto parlare di loro inasprendo le forme di lotta. Oltre allo sciopero, si è diffusa come forma di azione legittima il sequestro dei dirigenti d’impresa quando i negoziati sindacali si rivelano infruttuosi.
Queste azioni, oltre ad illustrare una tensione sociale crescente, lasciano trapelare una strategia di lotta tornata patrimonio comune.
Di fronte al continuo ripetersi di questi episodi Nicolas Sarkozy ha alzato i toni martedì scorso annunciando che «non verranno più tollerati». Alle parole del capo dello Stato ha subito risposto Martine Aubry, segretaria del partito socialista, affermando che «la violenza sociale spiega perché si possa arrivare a tanto». La polemica si era scatenata dopo che l’ex candidata socialista alla presidenza della repubblica, Segolène Royal, aveva in qualche modo giustificato queste iniziative, affermando che dei salariati «resi sempre più fragili, calpestati e disprezzati» potessero fare ricorso anche a pratiche al limite della legalità.
Dichiarazioni che hanno subito scatenato gli esponenti della destra, convinti che i moderatissimi socialisti francesi e gli algidi centristi del MoDem stiano strumentalizzando «le angosce dei francesi, incitando mattina, giorno e sera alla violenza».
Eppure, secondo alcuni sondaggi, solo il 7% della popolazione condanna esplicitamente queste azioni; il 45% le trova accettabili; il 30% le approva, il 63% le comprende. Insomma i francesi non sono per nulla ostili.
Vista dall’Italia, la Francia è davvero lontana.

Il nuovo governo israeliano

9 aprile 2009 3 commenti

Il nuovo governo israeliano di Benjamin Netanyahu è pronto. La cerimonia di insediamento del suo esecutivo avverrà martedì pomeriggio, alle 17 ora locale (le 16 in Italia). La compagine è composta dal partito della destra radicale laica Israel Beitenu di Avigdor Lieberman, dal partito religioso ultraortodosso dello Shas e dai coloni duri e puri del Focolare nazionale ebraico. Ma anche i laburisti, seppur divisi, del ministro della Difesa uscente Ehud Barak che manterrà la poltrona. Per accontentare questa pletora difforme di forze politiche Netanyahu ha dovuto effettuare una sorta di moltiplicazione di posti, 30 ministri, una scelta obbligata ma che non rappresenta certo una garanzia di stabilità.
I ministeri
Netanyahu terrà probabilmente per sé il dicastero delle Finanze e nominerà come suo vice Yuval Steinitz. Altri esponenti del Likud che entreranno nel governo come ministri sono: Yaakov Neeman (Giustizia), Gideon Saar(Istruzione), Yisrael Katz (Trasporti), Moshe Yaalon (Affari Strategici), Gilad Erdan (Protezione ambientale), Limor Livnat (Sport e Cultura) e Yuli Edelstein (probabile futuro ministro dei Media e delle Telecomunicazioni). Il leader del partito nazionalista Yisrael Beiteinu, Avigdor Lieberman, sarà invece il nuovo ministro degli Esteri.

Lieberman e il suo migliore amico

Lieberman e il suo migliore amico

Yisrael Beiteinu, terza forza alla Knesset con 15 seggi, avrà altri quattro ministri: Yitzhak Aharonovitch (Pubblica sicurezza), Uzi Landau (Infrastrutture), Stav Miznikov (Turismo) e Sofa Landover (Immigrazione). Cinque ministri anche per il Partito laburista. Il leader Ehud Barak, ministro della Difesa uscente, manterrà l’incarico; Benjamin Ben-Eliezer sarà ministro del Commercio, Lavoro e Industria; Isaac Herzog avrà il ministero del Welfare; Shalom Simhon il ministero per l’Agricoltura, mentre Avishay Braverman sarà ministro senza portafoglio con la responsabilità per le minoranze. All’opposizione resta il partito centrista Kadima di Tzipi Livni, che ha vinto le elezioni del 10 febbraio scorso di stretta misura, ottenendo un seggio in più del Likud. La Livni ha respinto i ripetuti inviti di Netanyahu per entrare in un ampio governo di unità nazionale, nonostante una parte di Kadima fosse disponibile.

 

I numeri in Parlamento
Ma passiamo ai numeri: Con il sostegno del Labour, Netanyahu arriverà ad avere una maggioranza di 66 seggi sui 120 della Knesset. Ma 7 degli 11 deputati del Partito Laburista hanno espresso la loro ostilità all’ingresso nella coalizione di destra. Se questi votassero contro, la coalizione non andrebbe oltre i 59 voti, e dunque sarebbe in minoranza. Ma non lo faranno, assicurano tutti i commentatori. Non lo faranno nel momento dell’insediamento del governo, ma dopo? Sarà questa una spada di Damocle su ogni decisione del governo. Un’instabilità caratteristica della attuale situazione in Israele, finché non si chiariranno le indicazioni provenienti da oltre oceano sul medio oriente.
Il governo è fatto ma alcune domande restano.

La "democrazia israeliana"

La "democrazia israeliana"

La prima: come mai Ehud Barak ha spinto il suo partito, il Labur Party, ad entrare nella coalizione guidata da Benyamin Netanyahu anche a costo di spaccarlo? E in realtà lo ha spaccato seppur non formalmente. Barak “sotterra una volta per sempre il laburismo israeliano”. “Nel nuovo governo a dare il tono saranno Bibi (Netanyahu), Avigdor Lieberman e gli ortodossi di Shas”, ha esclamato indignata l’esponente della sinistra laburista Shelly Yehimovic. Una possibile risposta si trova nelle parole del segretario della centrale sindacale Histadrut Ofer Eini che nell’assemblea laburista ha prospettato l’altro volto della medaglia con un discorso che ha commosso la platea. “Nei prossimi mesi – ha esordito – 100 mila lavoratori rischiano di perdere il loro posto di lavoro. Già 20 mila saranno licenziati a fine aprile, appena conclusa la Pasqua ebraica”. Eini ha dunque sollecitato i delegati ad essere pratici, ad impegnarsi con il governo, con il sindacato e con gli industriali, per sventare una crisi sociale senza precedenti nella storia di Israele. “I lavoratori hanno bisogno di noi adesso, non in un lontano futuro” ha esclamato. Difatti l’accordo di governo, a sentire Eini, prevede una serie di provvedimenti economici concordati proprio con l’ Histadrut che dovrebbero, nelle speranze dei firmatari, mettere al riparo la classe lavoratrice israeliana dalle ripercussioni della crisi economica mondiale. Ma molti dirigenti laburisti – tra cui il segretario organizzativo Eitan Cabel – affermano che l’ingresso del partito in forma gregaria in un governo con altri sei partiti confessionali e nazionalisti rappresenta “la sua sepoltura definitiva”. Una crisi economica, come quella attuale, con le sue ricadute sul mondo del lavoro può giustificare tante scelte, ma perché Barak ha voluto per sé il ministero della Difesa? Che c’entra questo dicastero con l’attuazione di provvedimenti a favore dei lavoratori? Altra risposta è quella che Barak abbia pensato di dare al nuovo governo, che presenta un ministro degli Esteri che porta il nome di Avigdor Lieberman e che inquieta parte della diplomazia internazionale, una verniciata accettabile, attento allo stile del nuovo inquilino della Casa Bianca. C’è infine un’altra interpretazione, ed è quella che utilizza delle fonti, ovviamente anonime, dei servizi segreti israeliani. Alcuni siti israeliani, ben informati, riferiscono che tra gli alti comandi militari si parla con insistenza di una prossima guerra. Preparazioni in tal senso sembra siano visibili ai più attenti osservatori. La guerra sarebbe quella contro l’Iran o direttamente o per interposto contro Hezbollah. Sempre che vi sia il consenso di Washington. Questo spiegherebbe la pervicacia di Barak di mantenere il ministero della Difesa, decisivo in quel prevedibile e terribile evento.

 

La ‘strana coppia’
Quale che sia la motivazione politica che ha spinto Barak a fare il grande balzo a costo di spaccare il Partito Laburista condannandolo a un probabile permanente ruolo secondario nella politica di Israele, ve ne è una, diciamo così, che parte da lontano. Andiamo a leggere dai diari del “come eravamo” per capire alcune particolarità della politica israeliana, che forse spiega più di tante altre valutazioni questi cambi di direzione politica. I due leader politici israeliani Benyamin Netanyahu e Ehud Barak si conoscono da anni, sono avversari politici ma “fratelli in armi”. Entrambi hanno militato nella più famosa delle unità speciali dell’esercito israeliano ‘Sayeret Matkal’. boycott-israel-free-palestineAllora però i ruoli di comando erano ribaltati: Barak era il comandante del corpo d’èlite e Netanyahu era un suo sottoposto, mentre ora Netanyahu sarà premier e Barak ministro della Difesa. Quell’unità d’assalto con i due attuali uomini politici, fu impiegata nel luglio del 1976, ad Entebbe, in Uganda, durante un dirottamento di un aereo dell’Air France compiuto dalla resistenza palestinese. La famosa ‘Operation Thunderbolt’ che ebbe luogo nella notte tra il 3 luglio ed il 4 luglio 1976, nell’aeroporto di Entebbe. L’operazione costò numerosi morti tra cui il fratello di Netanyahu, il colonello Yonatan. Sarà per questa “compagneria d’armi” che nel corso della campagna elettorale, il politico di destra Netanyahu, non ha risparmiato le lodi nei confronti del politico di sinistra Barak, definendolo suo ministro della Difesa ideale. Ogni paese è il prodotto dalla sua storia, in Israele pare che conti molto di più dell’identità religiosa o etnica quella maturata nei gruppi combattenti israeliani quando il tritolo e il mitra avevano il posto dell’attuale scranno ministeriale.
di Spartaco Salvo   😉

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: