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Sulla morte di Videla da Hebe de Bonafini, madre de Plaza de Mayo
Righe da brividi.
In nome di tutti coloro che son morti contro le dittature e il potere, in nome del sangue dei torturati,
in nome delle loro madri che non hanno mai smesso di combattere e ricordare.
È morto Videla. La notizia mi ha paralizzata. Ho pensato subito ai miei figli. Come facevo a pensare ad altro? La testa mi girava, volevo pensare a qualcosa ma niente. Pensavo a loro e alle torture che hanno subito. Vedevo i loro visi che gridavano, mentre mi chiedevano e chiamavano tutti, come hanno fatto tutti nei momenti terribili, quando erano soli, nei momenti di peggior tortura. I media hanno iniziato a chiamarmi ma non avevo niente da dire.
Ho sentito un’angoscia grande, un profondo dolore che mi prendeva tutto il corpo. Non potevo pensare ad altro. Non ero contenta che fosse morto. Non potevo esserne contenta se pensavo a tutto quello che ci aveva fatto. Ho pensato a tutte le «Madres», a tutto il dolore, a tutte le famiglie distrutte. Mi è crollato il mondo e ogni volta che qualcuno chiamava sentivo sempre più l’angoscia perché la maggior parte di quelli che hanno appoggiato la dittatura, i giornali, soprattutto il «Clarín», adesso lo chiamano dittatore, lo denominano genocida, che vergogna! Ma io pensavo ancora a loro, ai nostri figli. Hanno tanto amato questo paese, hanno dato tanto per esso, ed io dovevo ascoltare questi che hanno appoggiato la dittatura, che oggi parlano di genocida? Quanta ipocrisia! Il nostro popolo deve capire che tutta quella ipocrisia ha fatto sì che i nostri figli fossero segnalati come terroristi quando tutti questi, che oggi si levano gli abiti sporchi di dosso, hanno guardato da un’altra parte. Alcuni si sono arricchiti e altri si sono riempiti di obbrobri. Volevo parlare ma non riuscivo. Oggi ho deciso di scrivere qualcosa affinché tutti quelli che erano in attesa della mia voce potessero sapere quello che penso. Sono stata soffocata dal dolore, dall’angoscia, dalla rabbia e dalla tristezza ma di colpo mi è scoppiato il cuore e ho detto: che fortuna aver avuto figli così valorosi! Questa è l’unica felicità che ho provato alla fine: il coraggio dei nostri figli nel dare le loro vite per far vivere altri.Hebe de Bonafini
presidenta Asociación Madres de Plaza de Mayo
Grazie ad Infoaut che l’ha pubblicata.
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Papi nuovi, torture e dittature antiche
Un articolo di molti anni fa: tra i tanti che stanno ricircolando in rete da ieri sera,
quando il nuovo Papa Francesco I si è affacciato sorridente davanti ai suoi fedeli, in Piazza San Pietro.
C’hanno messo 24 ore a scegliere il nuovo Papa, un conclave rapido, che fa immaginare una volontà comune nel scegliere quel nome, senza eccessivi scontri di potere.
Si vede che esser collusi coi colonnelli argentini da punti, che aver presidiato ad interrogatori e torture, aver avallato una delle più sanguinose dittature del sud america rende infinitamente vicini alla gerarchia ecclesiastica dei livelli più elevati.
ma è stato già scritto e detto molto Jorge Maria Bergoglio, quando era ad un passo dalla poltrona più ambita del Vaticano, al precedente Conclave che incoronò Papa Benedetto XVI, quello dalle foto di gioventù a mano tesa.
Insomma, tutto rimane nella tradizione:
Giovanni Paolo II sottobraccio a Pinochet ce lo ricordiamo tutti,
le foto dell’album di famiglia di Ratzinger son complicatissime da dimenticare,
ed ora lui,
decisamente più “attivo” dei suoi predecessori.
Il commento di una delle donne di Plaza De Mayo è chiaro, nel momento in cui le chiedono un commento a riguardo: “Amèn”.
“Le donne sono per natura inette ad esercitare incarichi politici. L’ordine naturale e i fatti ci insegnano che l’uomo é l’essere politico per eccellenza; le scritture ci dimostrano che la donna è sempre l’appoggio dell’uomo che pensa e agisce, ma null’altro che questo”. PAPA FRANCESCO I
FUORI PRETI, PAPI, STATI e TORTURATORI DAI NOSTRI CORPI, DALLE NOSTRE MUTANDE, DALLE NOSTRE VITE!
In un libro le collusioni dell’arcivescovo di Buenos Aires con la dittatura militare





Stella Spinelli
Aggiornamenti dalle carceri israeliane: DIFFONDIAMOLI
Il 27 settembre è iniziato uno sciopero della fame dei detenuti palestinesi nelle carceri israeliane, per chiedere la fine delle condizioni di detenzione che in migliaia vivono, per chiedere la fine dell’isolamento per Ahmad Sa’adat e la fine delle politiche repressive nei confronti dei familiari e dei visitatori dei prigionieri, costretti a subire costanti vessazioni che spesso rendono impossibile anche solo un’ora di colloquio al mese con i propri cari in regime di detenzione, nelle carceri di un paese occupante.
Chiedono la fine degli abusi durante le traduzioni da un carcere all’altro e molto altro, oltre che la solidarietà internazionale e la diffusione delle notizie sulla lotta che stanno portando avanti, sul proprio corpo, l’unica cosa a loro disposizione.
Ovviamente le autorità israeliane e i funzionari del dipartimento che gestisce le carceri nel paese dell’Apartheid hanno risposto aumentando la violenza psicologica e le condizioni dei detenuti: dal carcere di Nafha i detenuti politici palestinesi raccontano delle minaccie subite sulla negazione dei colloqui con i familiari. Per ogni giorno di partecipazione allo sciopero della fame ci sarà un mese di divieto di incontro con i propri cari. In molti sono stati trasferiti in altri carceri, di cui ancora non si riesce a conoscere il nome.
I membri del F.P.L.P hanno subito tutti il trasferimento in celle di isolamento e la confisca di tutti i loro beni personali, compresi i propri vestiti.
Durante una visita con le famiglia le autorità delle prigioni dell’occupante israeliano hanno sequestrato i documenti di identità di tutti i loro familiari dando come motivazione proprio la partecipazione allo sciopero della fame, che li precluderà per mesi a qualunque incontro, compreso quello con il proprio avvocato.
Nella prigione di Asqelan infatti è stato vietato l’accesso ad un’avvocato che doveva visitare i prigionieri Ahed Abu Ghoulmeh, Allam Al-Kaabi e Shadi Sharafa: gli è stato comunicato che in quanto partecipanti all aprotesta, non potranno incontrare i loro avvocati, non si sa fino a quando.
Oltre ai prigionieri militanti del Fronte Popolare di Liberazione della Palestina, che hanno iniziato questa mobilitazione in nome del loro rappresentante Ahmad Sa’adat (detenuto a Gerico) si stanno unendo molti altri prigionieri, come alcuni componenti di Fatah, tra cui quelli che hanno il triste primato di essere da più tempo in regime di detenzione: Fakhri Barghouti entrato nelle carceri israeliane 34 anni fa, ed Akram Mansour,malato di cancro, detenuto da 33 anni.
Anche molte donne prigioniere stanno partecipando alla lotta: Sumoud Kharajeh, Linan Abu Ghoulmeh, Duaa Jayyousi e Wuroud Kassem sono state trasferite in isolamento totale mentre Linan Abu Ghoulmeh è stata messa in regime di detenzione amministrativa in modo totalmente arbitrario.
PER SEGUIRE GLI AGGIORNAMENTI: The Campaign to Free Ahmad Sa’adat
DIFFONDIAMO QUESTA NOTIZIA, CREIAMO SOLIDARIETA’ ANCHE PER I PRIGIONIERI PALESTINESI, PROPRIO ALLA LUCE DELLE DISCUSSIONI SULLO STATO PALESTINESE.
NON PUO’ ESSERCI STATO SENZA LA LIBERAZIONE DI TUTTI I PRIGIONERI,
SENZA IL DIRITTO AL RITORNO DI TUTTI I PROFUGHI,
SENZA LA FINE TOTALE E DEFINITIVA DEL REGIME DI APARTHEID,
SENZA LA CANCELLAZIONE DELL’OCCUPAZIONE MILITARE E L’ABBATTIMENTO DEL MURO DI SEPARAZIONE E DEGLI INSEDIAMENTI.
PALESTINA LIBERA.
E’ morta Mercedes Sosa, grande compagna, grande voce
Un saluto a Mercedes Sosa, che oggi c’ha lasciato.
Lei che con la sua voce c’ha permesso di omaggiare Violetta Para, grande musicista chilena … che con cantautori come Victor Jara permisero alla cultura popolare chilena di riscoprirsi e venire alla luce.
Lei si suicidò prima che i torturatori di Pinochet potessero prenderla, stessa cosa non riuscì al suo amico Victor Jara.
L’argentina Mercedes Sosa, icona di libertà, non ha mai smesso di omaggiarli nei suoi lunghi anni argentini e nei faticosi anni del carcere e poi dell’esilio.
Un fiore rosso a Mercedes….
hasta la victoria
Alle donne argentine, e ai loro bimbi nati in cattività…
“Arrivarono alle 3 del mattino. Aprii la porta, tentai di accendere la luce. Mi colpirono. Erano incappucciati. Mi caricarono su un’auto, scalza e bendata. Mi portarono al “Famaillà”, un centro di detenzione clandestino. Mi legarono le mani dietro la schiena e mi buttarono per terra. Ero incinta di quattro mesi. Poi vennero a prendermi per interrogarmi. Mi torturarono. Impazzivo all’idea di perdere il bambino. Provavo odio e un senso di impotenza, avrei voluto urlargli lo schifo che sentivo per loro, ma non potevo. Dopo una settimana mi trasferirono in un altro campo di concentramento, il “Fronteirita”. Lì continuarono a torturarmi. Mi picchiavano soprattutto sul ventre, volevano a tutti i costi farmi perdere il bambino. Stavo malissimo, non facevano che minacciare di uccidermi, mi umiliavano. Giorno e notte sentivo i lamenti di altre persone sotto tortura. Al sesto mese di gravidanza fui trasferita al carcere di Villa Urquiza. Quando venne il momento del parto, non mi portarono in maternità: mio figlio nacque in cella grazie all’aiuto di alcune compagne. Inés recise il cordone ombelicale con un paio di forbici arrugginite. Appena iniziarono le doglie, implorai che per favore mi portassero in maternità. Ma niente. Venne la levatrice e mi fece un’iniezione per addormentarmi. Se non fosse stato per le compagne che lo estrassero a forza, mio figlio sarebbe morto soffocato. Questione di qualche minuto.” HORTENSIA
QUESTE RIGHE agghiaccianti sono tratte da un libro MEMORIA DEL BUIO estremamente interessante, malgrado la sua lettura sia difficile per il dolore e la rabbia che si prova, riga dopo riga. E’ un libro documento, un racconto corale di 112 donne argentine che hanno vissuto insieme l’esperienza della prigionia nelle carceri argentine durante la dittatura, fra il 1974 e il 1983.
Comunicato Stampa di H.I.J.O.S. che ripudia le dichiarazioni di Berlusconi
Noi di H.I.J.O.S: (Figli e Figlie per l’dentità e la Giustizia contro l’Oblio e il Silenzio) ripudiamo le parole del Primo Ministro italiano Silvio Berlusconi sui “voli della morte”, che in piena campagna elettorale ha sostenuto: “Non farò come quel dittatore argentino che faceva fuori i suoi oppositori portandoli in aereo con un pallone poi apriva lo sportello e diceva: c’è una bella giornata fuori andate un po’ a giocare…” , aggiungendo, poi, di fronte alle risate degli astanti: “Fa ridere, però è drammatico”(1)
Che sia a chiaro a Berlusconi ciò che è chiaro al mondo intero da tempo: i voli della morte fecero parte di un piano sistematico di sterminio e costituirono una pratica dello Stato terrorista argentino. I detenuti-desaparecidos, dopo essere stati torturati ed addormentati con un’iniezione di Pentotal, erano caricati sugli aerei e, una volta a bordo, venivano svestiti e gettati nudi in mare. Non andavano a “giocare”: erano gettati vivi in mare dai militari. Questo non può far ridere in nessun modo, perché si tratta di crimini contro l’umanità. A meno che per Berlusconi uno Stato terrorista non sia qualcosa di spiritoso.
Non possiamo tollerare che Berlusconi affermi che i nosti padri e le nostre madri erano andati a giocare quando li assassinarono, con l’intento di sbarazzarsi dei loro corpi e di occultare i crimini compiuti. Ai voli parteciparono le Forze Aeree Uruguaiane (Plan Cóndor) e le Forze Armate Argentine. Alcuni di quei corpi gettati in mare tornarono a riva e fu possibile riconoscerli e dare loro sepoltura. Ma molti altri, la maggioranza, non sono ancora stati ritrovati.
Esigiamo che il Primo Ministro Italiano Silvio Berlusconi ritratti quanto ha affermato e porga pubbliche scuse per le sue gravi dichiarazioni, che offendono e feriscono la sensibilità del popolo argentino e del mondo che ha solidarizzato con la lotta per il giudizio e il castigo per i genocidi. Berlusconi, inoltre, offende profondamente i sopravvissuti e noi familiari delle vittime, che continuiamo ad esigere di sapere cosa n’è stato nei nostri figli, delle nostre figlie, dei padri, delle madri e dei nipoti.
Per nessuno di noi, i cui familiari possono essere stati gettati in mare, i voli della morte possono essere valutati come qualcosa che “fa ridere”. Berlusconi ferisce particolarmente anche il popolo italiano, perché tra i 30.000 detenuti-desaparecidos c’erano cittadini di questo Paese, motivo per cui anche la comunità italiana sa che i voli fecero parte dell’apparato repressivo dei genocidi. La Giustizia italiana ha, infatti, giudicato e condannato genocidi argentini e continuerà a farlo.
Berlusconi non solo ha affermato quanto qui citato sui voli della morte, ma difende anche la sua dichiarazione, facendo sapere che il ripudio delle sue nefaste parole è “un attacco calunnioso e assolutamente ingiustificato, che provoca indignazione. È questa la reazione di Palazzo Chigi alle polemiche gonfiate su un finto “caso Argentina”. Le parole del Presidente del Consiglio sono state, infatti, completamente stravolte e addirittura rovesciate, quando era chiarissimo che egli stava sottolineando la brutalità dei ‘voli della morte’ messi in opera dalla dittatura argentina di quel tempo.”(2)
L’ultima dichiarazione di Berlusconi è altamente aggravante e siamo noi a sentirci attaccati nel nostro dolore e nella nostra lotta per la memoria, la verità e la giustizia. Esigiamo la sua ritrattazione pubblica e che si informi correttamente sul tema, perché la gravità delle sue affermazioni può dimostrare solo due cose: o che non conosce l’argomento o che rivendica i “voli della morte”, cioè il fatto che dallo Stato si gettino persone in mare.
RICOMPARSA IN VITA DI JORGE JULIO LÓPEZ
CARCERE COMUNE PERPETUO ED EFFETTIVO PER I GENOCIDI, I COMPLICI E GLI IDEOLOGI
RESTITUZIONE DELL’IDENTITÀ DEI NOSTRI FRATELLI “APPROPRIATI”
H.I.J.O.S.
Hijos e Hijas por la Identidad y la Justicia contra el Olvido y el Silencio
Regional Capital en la Red Nacional argentina
www.hijos-capital.org.ar
hijos@hijos-capital.org.ar
“Erano belle giornate”: i voli della morte spiegati da Silvio Berlusconi
DUE VOLI A SETTIMANA, PER CIRCA DUE ANNI, CHE COME UNICA DIREZIONE AVEVANO L’OCEANO.
OCEANO DOVE SONO STATI LANCIATI 30.000 CORPI VIVI, DI PERSONE, DI OPPOSITORI CHE PRIMA DEL VOLO ERANO STATE TORTURATE E SEVIZIATE DALLO STATO ARGENTINO. ARGENTINA, fino al 1983.
SILVIO BERLUSCONI E’ STATO IN GRADO DI DIRE: “Non farò come quel dittatore argentino che faceva fuori i suoi oppositori portandoli in aereo con un pallone, poi aprivano lo sportello. Erano belle giornate, li facevano scendere dall’aereo . Andate un po’ fuori a giocare. Il che fa ridere, ma è drammatico ”
Oggi era in prima pagina del principale giornale argentino, il quotidiano di Buenos Aires Clarin.
L’articolo, mezza pagina, precisa che »non è chiara la ragione« per la quale Berlusconi avrebbe parlato cosi dei desaparecidos. L’articolo del quotidiano è stato ripreso dall’agenzia locale Telam ed ha subito avuto ampia eco nelle tv e gli on-line a Buenos Aires
Se ve lo volete sentire/ascoltare: “trarre il bene da ogni male”, non ci sono parole.
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