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Posts Tagged ‘via Mohammed Mahmoud’

Egitto: “revolution till infinity”

20 novembre 2013 Lascia un commento

The martyr (by Ammar Abu Bakr) and the killer (by El Zeft)

I rivoluzionari in Egitto ci sono e sono ben determinati, malgrado le mazzate prese in questi tre anni ormai.
In Egitto, anche visitando con i miei occhi la gioia di Tahrir, ho avuto immediata la sensazione che a casa non si sarebbe tornati.
Non è durata tanto l’illusione di Tahrir, ma a casa non si è tornati lo stesso: questo è quel che c’hanno dimostrato le lunghe giornate di Mohammad Mahmoud due anni fa… e quel che i rivoluzionari d’Egitto non smettono di dimostrare, malgrado il livello di repressione, arrivato alle stelle.
Nonostante i passaggi di potere di questi anni, nonostante le barbe e la loro pretesa di mutar la terra in sharia,
nonostante i cingoli che avanzano e che ieri si son presi la piazza con non molta difficoltà.

“Non vogliamo i fratelli musulmani, non vogliamo lo SCAF, non vogliamo i resti del regime di Mubarak!”, chi è impegnato ad abbattere il potere, è consapevole di quante forme possa avere, e le vuole abbattere tutto: dalla radice.

Le pagine sulle lotte rivoluzionarie in Egitto: QUI
Vi lascio l’articolo di Infoaut per il verso racconto delle ultime ore in piazza:

Una giornata, quella di ieri, molto importante per un Egitto diviso tra i due poteri – militari e Fratelli Musulmani – che, con la loro guerra, sembravano aver relegato ai margini della scena politica tutti coloro che continuano a sperare in un Egitto veramente libero.

Oggi cade il secondo anniversario degli scontri di Mohamed Mahmoud. Dal 19 novembre 2011 nei pressi del ministero degli interni 47 manifestanti vennero uccisi. Da quella battaglia sorse nuova coscienza popolare: il nemico non era solo il regime di un Mubarak allora

Caino e Abele… contro gli scontri interreligiosi _Via Mohammad Mahmoud_

appena imprigionato, ma anche lo SCAF, che con il suo Capo Supremo allora governava il paese da pochi mesi. Cinque giorni di scontri, di barricate, 47 morti, 3000 feriti. Con la successiva presa del potere da parte dei Fratelli Musulmani, e poi la loro spettacolare uscita di scena grazie ad un colpo di mano militare in gran stile populista, l’eredità di Mohamed Mahmoud si trova sballottata tra i palazzi del potere militare e la vittimizzazione dei Fratelli Musulmani di Rabaa e Nasser City.

Nei giorni scorsi si è assistito ad un immorale gioco mediatico. La propaganda di tutti i poteri forti che hanno cercato di rivendicare la paternità di quei morti, di volerne celebrare le gesta. I Fratelli Musulmani in questi giorni utilizzano la violenza della polizia per riabilitare la figura del “presidente di tutti” Morsi, spodestato dall’intervento dei militari. Allo stesso modo il regime militare dichiara martiri le 47 vittime e le 3 vittime registrate lo scorso anno, durante il primo anniversario. Lo stesso potere militare che prima uccide, poi onora la memoria delle vittime. Ma, mentre da giorni ormai il regime promuove, in TV e con immense gigantografie nelle strade, il raduno per questa mattina in Piazza Tahrir, tutt’altra è stata la direzione intrapresa dai giovani egiziani, scesi in piazza già da ieri pomeriggio.

Le giornate di Mohammad Mahmoud, oltre a decine di morti a terra, son passate alla memoria rivoluzionaria per “gli occhi”… tanti occhi quel giorno hanno perso la loro casa ma non la loro capacità di guardare il futuro

Ieri nelle strade c’erano i familiari delle vittime, gli amici, chi era insieme a loro sulle barricate. Ieri in piazza c’era chi non ha accettato di vivere in un paese regolato dalla Sharia o dall’Islam corrotto, ma anche chi non accetta il potere dei militari. Non l’accettavano 2 anni fa durante i 5 giorni di scontri in Mohamed Mahmoud, e non l’accettano adesso.In molti hanno marciato da piazza Abdeen, per poi dirigersi in Piazza Tahrir, dove hanno preso d’assalto un monumento, inaugurato la stessa mattina dal primo ministro Hazem El-Beblawi, su cui una grande scritta ricordava, con tutta l’ipocrisia dello stato militare, l’onore “dei martiri del 25 gennaio alla rivoluzione del 30 giugno”. L’ipocrisia di un regime che prima uccide e poi cerca di associare i valori della Piazza Tahrir del gennaio 2011 con gli eventi del 30 giugno 2013, da loro considerati una rivoluzione, ma da tanti altri visto, con senno di poi, nient’altro che come un colpo di stato.

In molti ieri sono scesi per le strade, per una giornata ribattezzata “Non dimenticare, ricorda sempre” che, riempiendo le mura del Cairo di scritte anti-militari e scandendo slogan contro i Fratelli Musulmani, si è infine diretta in Piazza Tahrir, riportandovi finalmente i contenuti rivoluzionari, e riversando la propria rabbia su quel monumento che rappresenta, ora più che mai, l’ipocrisia del regime militare. Ieri si è chiesto a gran voce giustizia per le vittime, processi per i crimini del regime e della sua polizia e fine dei processi militari ai civili. Si legge nell’appello della manifestazione: “La brutalità della polizia è rimasta la stessa… la polizia continua a torturare detenuti e arrestare arbitrariamente.. la repressione e l’impunità non sono cambiate. Mubarak, lo SCAF e i Fratelli Musulmani, sono tutte facce dello stesso regime”.

Non è stato facile, ma sembra che la coscienza popolare nata 2 anni fa negli scontri di Mohamed Mahmoud rinasca quest’oggi, guidata da tutti coloro che hanno perso un amico o un compagno in questi lunghi anni di lotta.

In queste ore manifestazioni contrapposte stanno nascendo nelle vicinanze di Piazza Tahrir. Le opposte fazioni si avvicinano e iniziano a scontrarsi. Seguiremo gli sviluppi da Infoaut. In serata aggiornamenti

Aggiornamenti: 

In un clima di estrema tensione, con uccisioni e instabilità in tutta l’area desertica del Sinai, fin da ieri molta era la paura di nuovi morti e di una nuova, ennesima, repressione. Fino a questa mattina non si erano registrati grandi scontri, con l’esercito che ha preferito dispiegare le proprie forze a difesa delle istituzioni e dei palazzi del potere, non attaccando i manifestanti.

Diversa è stata invece la giornata di oggi, con l’apparato militare presente in forze nelle strade egiziane. Scontri si sono registrati al Cairo, a Alessandria e a Mansoura, (tra manifestanti e forze dell’ordine, tra sostenitori dei Fratelli Musulmani e polizia, tra pro-Morsi e familiari delle vittime), con un bilancio di una ventina di feriti.

Una nuova giornata di lotta, ma soprattutto una ritrovata contrapposizione di piazza tra i diversi schieramenti. Del regime e della sua propaganda, dei giovani Fratelli Musulmani – concentrati soprattutto nelle università – e dei giovani rivoluzionari, nelle strade della capitale. Tutti a commemorare un massacro i cui colpevoli sono da ricercare all’interno del regime, in tutte le forme che ha assunto dalla caduta di Mubarak.

Idea racchiusa in semplici parole, scritte a caratteri cubitali su un grande striscione all’entrata di piazza Mohamed Mahmoud [luogo simbolo dove in decine sono periti, 2 anni fa, sotto i colpi dello SCAF] “vietato l’ingresso ai Fratelli Musulmani, ai militari e ai resti del regime di Mubarak”.

Alaa è libero! Ora tutti gli altri e poi l’Egitto

25 dicembre 2011 2 commenti

Alaa è libero…sono ore che voglio aggiornare questa pagina ma non era mica facile, nell’orgia di questo natale squattrinato …

L'aereoporto del Cairo, ora

Alaa Abd El Fattah è finalmente uscito dal carcere militare dove era rinchiuso da più di otto settimane con accuse deliranti riguardanti la notte di scontri al Maspero, in cui lo SCAF sparò e uccise decine di persone, riaprendo definitivamente il percorso rivoluzionario che sembrava sospeso in attesa dell’apertura delle urne elettorali.
Alaa ha un percorso politico che non nasce il 25 gennaio con la rivoluzione, ma vien da molto lontano…
è diventato papà durante la detenzione, con un bambino dolcissimo, partorito da una donna di una forza rara e meravigliosa.
Quindi è impossibile aggiungere parole: solo un grande augurio per Alaa, Manal e il piccolo Khaled,
che finalmente potrà sentire la barba del suo papà sulla sua pelle, e imparare da lui il sorriso.

Ora, vogliamo tutti gli altri liberi,

a partire da Maikel Nabil: TUTTI LIBERI! EGITTO LIBERO!
NO ALLO SCAF, NO ALL’ESERCITO EGIZIANO!

In questo momento invece centinaia di persone sono fuori l’aereoporto del Cairo, in attesa del loro Ahmed Harara, di ritorno da uno dei primi viaggi per capire se potrà far qualcosa per i suoi occhi, persi a distanza di nove mesi l’uno dall’altro, per mano dei cecchini dell’esercito israeliano.
In centinaia ad aspettarlo, urlando l’abbattimento della giunta militare!
Con voi!

Ecco Alaa e il suo Khaled!

Alaa scrive alla sua compagna e a suo figlio appena nato: da una cella

15 dicembre 2011 5 commenti

Questa lettera è stata scritta in una cella,
luogo capace di creare delle lettere d’amore uniche, piene di carne, di baci, di tatto, di strazio: le lettere d’amore da o per il carcere, sono la cosa che più lacera il mio cuore, son quello che ha cambiato la mia vita…
Quando conosci quella sensazione di privazione forzata non te ne liberi più, perché hai scoperto che la carta è carne, che lo diventa facilmente…immagino quante lacrime siano scese sul volto di Manal quando ha letto queste righe, immagino il modo in cui ha stretto suo figlio, in cui ha tenuto le sue manine nella sua, apparentemente enorme.
E allora il mio pensiero va a loro due, ad una madre privata della gioia di dividere l’emozione più bella con l’uomo che ama,
ad un padre…che non ha ancora sentito l’odore della pelle di suo figlio.
NO AI TRIBUNALI MILITARI
NO AL CONSIGLIO SUPREMO DELLE FORZE ARMATE
EGITTO LIBERO, ALAA LIBERO!

Om Khaled,

Mia partner, mia amica, mia metà, mio amore, madre dei miei figli, mio supporto in vita. MI MANCHI, TI AMO.

L’unica ragione per cui tollero di stare separato da te viene dal tuo supporto.
Ho le fotografie, sono confuso in merito a ciò che provo ora ma anche felice. Non è corretto che io non possa stare con te per confortarti, non è giusto che io debba aspettare te per stare bene e che sia tu a dover confortare me. E’ oltremodo scorretto che non posso tenere in braccio Khaled per ore come potei a suo tempo tenere in braccio innumerevoli neonati, dando amore e attenzioni a figli e figlie di amici e parenti. Ancora non posso fare lo stesso con mio figlio.

Vorrei sapere quanti anni potrà avere Khaled quando finalmente riuscirò ad uscire da qui, mi piacerebbe sapere.. cos’altro mi perderò? Le sue manine? La prima volta che stringerà le sue piccole dita? La prima volta in cui realizzi che i suoi occhi si stanno focalizzando su di te? O andrà ancora peggio ed io non potrò vedere il suo primo sorriso?

Che cosa si prova a tenerlo tra le braccia? Qual’è il suo odore? Com’è il suono del suo pianto?

Mio figlio, nostro figlio, il nostro piccolo Khaled.
Ho mostrato le fotografie a tutti nella cella, sono davvero felici per me ma come tutto per me in questa prigione, mi rende ancora più solo e mi fa sentire la solitudine.
Ho pensato molto alla nostra vita in Sud Africa al semplice piacere di stare insieme vivendo una vita semplice e piacevole, sempre continuando a fare un buon lavoro. Commentavamo spesso quanto la gioventù Egiziana aspiri solamente ad avere una casa ed una famiglia ed un lavoro per potersi sostentare. Succederà quando la popolazione avrà i suoi diritti, il giorno in cui potremo godere di poter essere una famiglia in Egitto con certezze per il futuro, felici nella nostra tranquillità e realizzati nei nostri lavori, sarà il giorno in cui la rivoluzione sarà finita.

Fino a quel momento per ottenere ciò dobbiamo restare uniti affrontando qualsiasi cosa la vita ci faccia capitare, sapendo che fin quando tutti saremo uniti, tutto sarà perfetto.
Mi manchi da morire, immagino che tu conosca questa sensazione, sono sopraffatto da quanto ciò è diventato scorretto e senza senso a questo punto, ma sò che siamo entrambi in buone mani, Khaled è protetto dall’amore incondizionato non solo dei suoi genitori ma di moltissime famiglie e centinaia di zie e zii, crescendo spero possa apprezzare tutto questo.

Alaa,
6-12-2011
cell 6/1 ward 4
Tora prison

Fermati alcuni compagni italiani a Tahrir, più alcune immagini

26 novembre 2011 1 commento

Comunicato di “Indipendenti” sui fermi dei compagni italiani al Cairo!

Il Cairo, Egitto, 26 novembre 2011

La scorsa notte, al termine di una nuova intensa giornata di mobilitazione di massa intorno a piazza Tahrir, 4 mediattivisti, tre italiani e una giovane blogger palestinese di Gaza, sono stati tratti in arresto dalla polizia egiziana e sono tuttora trattenuti con la grave e ingiustificata accusa di sabotaggio.
I quattro raccontano di essersi trovati nei pressi di un incendio che aveva colpito le piante all’ingresso di un noto albergo del centro e, mentre stavano documentando quanto accadeva con macchina fotografica e telecamera, sono stati avvicinati da due uomini in borghese e non identificati che inveivano in arabo contro di loro.

Nella situazione concitata hanno preso un taxi per farsi portare a casa ma la vettura con i 4 a bordo é stata poco dopo fermata dalle stesse persone che, ancora una volta senza qualificarsi, hanno imposto al conducente di condurli al commissariato dove li hanno appunto trattenuti con la fantasiosa accusa di essere i responsabili dell’incendio.
Da ieri sera sono dunque in stato di fermo e da qualche ora sono stati tolti loro i telefoni cellulari attraverso cui eravamo in contatto con loro.
Sicuri che al più presto la situazione si risolverà nel migliore dei modi, non possiamo fare a meno di segnalare la preoccupazione per il trattamento riservato in questi contesti a chi si mobilita per garantire quello scambio di informazioni attraverso la rete, i twitter e i blog che tanto hanno aiutato le popolazioni di tutto il mondo a liberarsi dai regimi e a rivendicare una società più giusta e libera.

Tutte e tutti Liberi!
Roma, 26 novembre 2011

Queste foto e queste brevi righe le rubo da InvisibleArabs, perché raccontano tanto,
raccontano quel che spero di poter viver presto, di respirare con i miei polmoni.

La vecchia via Mohmmed Mahmoud è stata ribattezzata da chi sta a Tahrir.

La ribattezzata VIA DEI MARTIRI

Cuore della battaglia che ha opposto i  ragazzi di Tahrir alle forze della Sicurezza centrale (la polizia egiziana), via Mohammed Mahmoud è stata ribattezzata shara Shuhada, via dei Martiri, come si legge nella foto scattata da uno dei blogger/attivisti più conosciuti, Wael Abbas. E’ un dettaglio, nella storia complicata di questo capitolo della rivoluzione egiziana, ma serve anche a ricordare che in gioco, in questi giorni, c’è stata la vita e la morte di molti ragazzi. Oltre quaranta le vittime, migliaia i feriti. Ignoto il numero di chi ha perso un occhio.

L’immagine di questo capitolo è quella che ritrae Ahmed Harara, il giovane dentista che ha perso un occhio il 28 gennaio, e l’altro il 19 novembre. Un occhio per ognuno dei capi di questo filo che congiunge le fiammate della thawra, della rivoluzione. Tanto è stata simbolo, la perdita della vista, che la benda su di un occhio è stata usata sia dagli attivisti (come Wael Ghonim, il manager di Google che era stato in predicato di vincere il Nobel per la Pace) sia da uno dei Leoni che immettono sul ponte di Qasr el Nil. Ponte che, nei 18 giorni epici tra gennaio e febbraio, è stato al centro degli scontri. Anche il Leone di Qasr el Nil ha ora la benda, come mostra la foto di un altro attivista, Mosa’aberizing.

Il leone bendato di Qasr al Nil

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