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Quarta evasione da Ponte Galeria in pochi giorni: GIOIA INFINITA!
In pochi giorni è già la quarta evasione da Ponte Galeria.
Altre 21 persone sono riuscite ad evadere dal Centro di Identificazione ed Espulsione alle porte di Roma, che potete leggere sul sito Macerie (seguitelose volete info sui CIE, i migranti reclusi ma soprattutto sulle lotte che intorno a questi lager ruotano) sono prese da Repubblica.
Ma ci basta la cronaca, i dettagli non ci interessano e son pure pericolosi.
La cosa più importante è sapere che 21 persone si sono riappropriate della propria libertà: è che sono fuori, liberi.
Ci dicono che son fuggiti durante un normale trasferimento interno di detenuti: la cosa che però sembra sempre più chiara è che i CIE stanno scoppiando e tutte queste evasioni ne sono la dimostrazione.
Con l’innalzamento da sei a diciotto mesi di reclusione per i fermati senza documenti di soggiorno, l’affollamento di questi lager di stato inizia a diventare insostenibile e la rabbia dentro sta esplodendo giorno dopo giorno.
Chi è recluso già da tempo ed aspettava, contando i giorni, il momento di uscire (le mamme rinchiuse nei CIE emiliani hanno fatto una rivolta, e son poi state pestate, proprio perché sapevano che stavano tornando dai loro figli) ha visto slittare di un anno la possibilità di riabbracciare la loro famiglia e la loro libertà.
La rabbia e tanta e fortunatamente lo sono anche le fughe.
Niente di più bello di una bella!
W la libertà e chi se la conquista
Siria: l’obiettivo ora è piegare Homs
Dopo Daraa, Lattakia, ed Hama ora sembra arrivato il turno di Homs, a pochi km dalla città dove è stato compiuto il “massacro del Ramadan” appena un mese fa.
Le forze di sicurezza di Assad ora stanno concentrando la loro potenza di fuoco ad Homs, nel centro del paese, facendoci pervenire notizie ed immagini che confermano quello che da mesi abbiamo davanti agli occhi, anche se facciamo finta di notarlo a malapena.
Il regime di Assad è sempre più isolato: ieri l’Iran, oggi Erdogan hanno preso chiare le distanze dal governo siriano (a proposito di questo c’è un buon articolo di Christian Elia su Peacereporter ) e dalle metodologie repressive che da mesi ormai stanno piegando il paese facendolo precipitare in una latente guerra civile, invece che in un vero e proprio attacco al regime.
Una situazione drammatica, che allontana giorno dopo giorno le speranze che il massacro finisca presto, così come il regime.
Notizie di movimenti di mezzi e uomini che fanno pensare a preparativi di un attacco congiunto su più città contemporaneamente nel tentativo di sedare per sempre qualunque moto di rivolta.
La Lega Araba, da sempre serva di qualunque potere forte di turno e grande devota della dea vigliaccheria, ha rimandato la sua visita ufficiale che aveva il compito di chiedere la fine del bagno di sangue: è bastata una vaga comunicazione di Assad in cui chiedeva di posticipare la visita per “evidenti ragioni”, che il tutto s’è inchiodato. Poco importa, sarebbe stato inutile, come sempre.
Ad Homs gli scenari son di guerra: le comunicazioni sono spesso impossibili e le immagini che arrivano dai cellulari di chi non vuole mollare le strade alla violenza dei carri armati e dei rastrellamenti sono agghiaccianti.
Nei quartieri di Bab al-Dreib e Bab al-Hood, è difficile trovare uomini sotto i 40 anni: si son portati via centinaia di persone.
Diciotto persone sono state portate via dall’ospedale al-Barr, nel centro della città, il 7 settembre: comprese cinque persone prelevate dalla sala operatoria sotto anestesia, ed alcuni medici, come ci racconta anche il sito di Human Rights Watch. Dalle 6.30 del 7 settembre il terrore s’è appropriato delle strade di Homs, con un dispiegamento pesante di mezzi pesanti e con l’uso di artiglieria, come si vede anche in molti video, contro diverse abitazioni.
L’agenzia stampa di stato parla di “intervento contro gruppi terroristici” che a sentir loro avrebbero ucciso anche 8 membri delle forze di sicurezza: molti siti di attivisti ci raccontano altro, parlando anche di quel che è accaduto nel villaggio di Ibleen durante i rastrellamenti. Tra i soldati trovati morti ci sarebbe un ragazzo che proveniva proprio da quel villaggio, che s’era rifiutato di stare a quei maledetti ordini.
Oggi è un altro venerdì, l’ennesimo di guerra per molte delle città del paese.
Assad, nel perdere anche i suoi vecchi sostenitori, rischia di diventare molto più pericoloso di quel che è stato fino ad ora,
è il colpo di coda della bestia ormai ferita a morte, che non si rassegna a lasciare la presa.
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