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i quasi 40.000 cadaveri abbandonati, a pochi km dalla Palestina
Foto di Mechal Al-adawi…la quotidianità smarrita di Bosra
Un video agghiacciante ha fatto da buongiorno.
Un video dove c’è solo un accumularsi di corpi di bimbi, un accatastarsi di urla di madri private del più grande amore,
strappato via nel sangue e nell’incomprensibilità di un conflitto che ormai è trasceso nella mattanza,
semplice, chiara, palese,
mattanza.
I bimbi di questo video si chiamavano, e per le loro madri continueranno a chiamarsi, Shahd, Muhammed, Adnan Fateba, Zainab, Iman, Ounoud e Mamdouh.
Un paese che era gelsomino e pane caldo, ora è un mattatoio, una tonnara,
un qualcosa di indescrivibile.
Ed ora non voglio parlare di quest’abominio,
non voglio dirvi quel che penso dei missili, dei coltelli che sgozzano, dell’areonautica che lavora bombardando senza sosta dell’esercito di Assad,
non voglio dirvi quel che penso delle truppe mercenarie che si son appropriate di una rivolta reale che finalmente muoveva mani piedi e voci contro anni di silenzio forzato, di tortura e carcere.
Ora come ora parlare di Siria vuol dire vomitare un odio e un disprezzo infinito per buona parte delle forze in campo: anche se consapevole di quanta mia Siria è lì a resistere alle truppe di Assad come ai proclami islamici dei ribelli arrivati da chissà dove,
consapevole di quanto popolo siriano ci sia e ci sia stato nelle strade che urlavano IRHAL, via via da qui, al regime del partito Baath.
Insomma nessun articolo di racconti di guerra, nessun articolo di sterile geopolitica incapace di parlare del dramma umano.
Quel che voglio chiedermi in queste righe è PERCHE’,
perché a meno di 400 km dalla Palestina si accumulano nei furgoncini corpi di bimbi come fossero sacchi di farina,
perché le urla di quelle mamme non arrivano alle vostre orecchie,
non vengono pubblicate sulle vostre bacheche facebook che fino a pochi giorni fa erano invase solo da Gaza.
Giuro, non riesco a capirlo,
Sarà che ho giocato con i bimbi di Palestina nelle stradine dei loro campi profughi,
ma che per anni ho diviso giochi e pasti con le famiglie siriane,
nella loro terra fertile e profumata,
ho amato le loro case, i loro vassoi sempre pieni, la loro dolce solidarietà costante ai fratelli palestinesi.
Sarà che per me la Siria rimane casa, ma non riesco a capire questo silenzio,
non riesco a capire come fino a ieri urlavate e vi strappavate i capelli cercando di bloccare la bastarda guerra sionista su Gaza,
e davanti a questo invece,
semplicemente,
vi girate dall’altra parte.
Non riesco a capire, ma credo sia meglio così.
e vi lascio le dolci e dolorose righe di quel che era il mio fratello siriano, e che ora è diventato il mio poeta esule fratello siriano.
Rimango a distanza,
osservando la mia tristezza,
abbracciato alla nebbia
di questa triste mattina,
di quest’esilio forzato,
guardando lacrime di dolore
lavare il volto del mattino
…..
Ogni giorno mi alzo prima del sole
lo guardo
oggi ci porterai della speranza?
Ma il sole rimane nel suo letto,
sbadiglia,
forse si vergogna di sorgere,
se il sole
non sorgerà nella terra che ho dentro di me
sorgerà mai sulla mia terra, laggiù?
………
In esilio il dolore è più pesante,
la tristezza più profonda
l’esilio è un surgelatore,
portiamo con forza
tutta la nostra memoria
vicina e lontana,
alla ricerca di un po’ di calore
ma è tutto futile quel che cerchiamo
…….
Cerchiamo tra le macerie,
rimasugli di una terra natale,
per la speranza, comunque misera,
di attendere un nulla,
che ci dia speranza,
che ci lasci vivere
almeno per una notte,
ma è tutto futile quel che cerchiamo
………..
Rimango a distanza,
assediato dal mio dolore
stringendo forte al petto il mio dolore
è un dolore che annega in ogni direzione,
cerco la mia terra,
ma brucia come una candela,
evapora come acqua
la mia terra è cambiata,
un cimitero di fratelli seppelliti sui fratelli.
………
Nonostante tutti i miei vestiti invernali
mi sembra di camminare nudo
per le strade di Roma,
mi vergogno
della compassione negli sguardi della gente,
un povero vagabondo senza patria,
E così anche l’abbraccio di mia figlia Benedetta,
di mia sorella Valentina,
la calda accoglienza degli amici
Leonardo e Riccardo,
La vispa Claudia,
così come la gentilezza di Giulia e Margherita,
tutti loro mi han donato del calore,
ma è stato come un anestetico locale,
perché il mio gelo è così profondo
e i duri colpi del freddo hanno attraversato il mio corpo
tutti i vestiti del mondo
non daranno calore alla mia anima lacerata.
……..
Le lacrime di dolore
non mi scaldano nel freddo dell’esilio,
non splende sole sulla mia terra,
non brilla la patria che ho dentro di me.
Alla terra più amata
Ode a dolore, alla nostalgia, a Bosra
Un urlo da Bosra: la storia di Abdul Hadi
A Tamer
Sobborghi e campi palestinesi
Le bombe in casa NOSTRA
La rivoluzione in Tunisia vuole ricominciare: “Via la nuova dittatura, ci vuole una nuova rivoluzione”
A tutti coloro che evitano di parlare delle “primavere arabe”,
a tutti coloro che lo fanno strumentalmente parlando solo di Libia e Siria per cercare di convincerci che ci sia per forza la mano occulta imperialista dietro a chi alza la testa,
a tutti coloro che si sentono proprietari della rivoluzione, intrisi di occidente becero, pronti a dare dei salafiti, come dei sionisti, a chiunque ci metta la faccia e il cuore per cercare di capire i cambiamenti del Nord Africa e del Medioriente,
a tutti coloro che si schierano con gli Hezbollah per difendere Assad, parlando di “asse del bene” usando gli stessi linguaggi e criteri geopolitici del dipartimento di stato americano,
a tutti coloro che attaccano chi scende in piazza dandogli dei pericolosissimi Fratelli Musulmani sunniti,
prendendo le loro parole dalle componenti sciite ( mamma mia si arriva anche a questo in Italia) senza nemmeno conoscere le varie componenti che da mesi e mesi riempiono le piazze arabe, da Tunisi a Manama…
leggete quel che accade nelle strade di Tunisi,
leggete come siamo solo all’inizio.
Leggete e capite quanto c’è da imparare ed amare nei giovani maghrebini e mashreqini che scendono in piazza
sfidando qualunque tipo di repressione.
LUNGA VITA ALLE RIVOLUZIONI CHE SI AFFACCIANO PER LE STRADE DEL MONDO,
E CHE COMBATTONO CONTRO TUTTO E TUTTI, PER LA LIBERTA’…quella vera.
Ringrazio Infoaut per l’articolo e per gli aggiornamenti che seguiranno:
Duri scontri nel centro di Tunisi tra manifestanti e polizia che sta facendo ampio uso di lacrimogeni caricando un partecipatissimo corteo. Sembra che alcuni militanti del sindacato UGTT ed esponenti della società civile e dei partiti della sinistra radicale (come Hamma Hammami del Partito dei lavoratori tunisini) siano stati selvaggiamente pestati e poi arrestati. Alle 10am l’appuntamento era sull’Avenue Mohamed V con l’obiettivo di dirigersi verso l’Avenue Bourguiba interdetta alle manifestazioni da un provvedimento imposto dal Ministero degli Interni. Quest’ultimo approfittando dello show architettato lo scorso 28 marzo dalle fazioni salafite nel centro della città aveva promulgato il divieto a manifestare sull’Avenue Bourguiba, decisione contestata dai movimenti di lotta che fin da subito hanno tentato di respingere la provocazione congiunta di salafiti e polizia.
Sabato 7 aprile un grande presidio organizzato dal Coordinamento dei Diplomati Disoccupati era stato attaccato dalle forze dell’ordine che a suon di manganellate e lacrimogeni erano riusciti a scacciare dal centro (dopo una lunga resistenza) i disoccupati in lotta. E da settimane andava avanti la repressione contro l’associazione dei martiri e dei feriti della rivoluzione che più volte hanno tentato di avvicinarsi al Ministero dei Diritti dell’Uomo per far sentire le proprie ragioni contro un ministro che da quando si è insediato, al di là di qualche futile sortita mediatica, ha risposto ordinando pestaggi e provocazioni poliziesche contro l’associazione.
Insomma la misura era colma per la piazza di Tunisi che in queste ore è tornata a battersi gridando “ il popolo vuole la caduta del regime!”, “viva la Tunisia, viva i Martiri”, “no alla nuova dittatura, ci vuole una nuova rivoluzione”. Ma lo slogan che oggi assume un valore davvero importante per la Tunisia post Ben Ali è quello che recita: “il popolo tunisino è un popolo indipendente, noi non vogliamo né il Qatar né gli USA!”, il 9 aprile è infatti la data che ricorda i martiri tunisini della lotta anti-coloniale contro i francesi, una data dai fortissimi lineamenti politici che oggi viene intelligentemente curvata dal movimento tunisino contro quei paesi che tramite politiche di debito e investimento (orientato verso le lobby affaristiche delle fazioni islamiste più o meno moderate) stanno tentando di scippare la rivoluzione alla Tunisia alle prese con un fragile termidoro islamista.
In questi minuti apprendiamo che gli scontri si stanno allargando anche ai quartieri limitrofi del centro di Tunisi con il proletariato giovanile della zona impegnato a dare manforte come sempre al movimento rivoluzionario. E’ la stessa piazza che solo un anno fa ha imposto il “game over” al rais Ben Ali e che ora torna a muoversi per staccare direttamente la spina a quella macchina perversa di un regime che tramite elezioni farsa e vesti moderate islamiste credeva di poter ricominciare a rapinare impunemente il popolo tunisino. Il 9 aprile in Tunisia non è più da oggi una ricorrenza retorica ma sta divenendo barricata su barricata, pietra su pietra, slogan dopo slogan una giornata della rivoluzione, della nostra rivoluzione globale contro l’1% del vecchio regime…
Seguiranno aggiornamenti… intanto ci uniamo allo slogan “Tahya Tunes”, “Forza Tunisia” con l’augurio che sia l’inizio della fine di questo breve termidoro!
La Siria e lo sciopero della dignità
Idrab al-Karamah
Lo sciopero della dignità: hanno deciso di dargli questo nome.
Ieri è stata una giornata importantissima per chi si ribella in Siria: importante perché per la prima volta sono riusciti a convocare un qualcosa che a livello nazionale è riuscito a bloccare tutto.
Per la prima volta si è lasciato da parte lo spontaneismo che fa uscire per le strade con le teste esposte senza alcuna difesa al mirino dei cecchini, con i propri corpi, spesso svegliati nel sonno da retate e quindi da arresti, torture e spesso sparizioni.
Questa ultimamente è stata la fine di molti giovani uomini e donne, uomini con nomi che alle nostre orecchie sembrano tutti uguali: ma che son contadini, pastori, nomadi, mercanti, ma anche professori, docenti, intellettuali e quant’altro.
Ma parliamo di ieri.
Il primo sciopero generale in questi mesi di rivolta, quotidianamente sedata in un bagno di sangue, ma che ogni giorno ricomincia, senza sbocchi che sembran decenti, senza minime vie d’uscita positive, come è stato per Egitto e Tunisia. La sorte peggiore tocca a chi esce a manifestare in Siria, oltretutto abbandonati dalla solidarietà internazionale, perché accusati di esser strumenti dell’imperialismo.
Quante stronzate si leggono e si scrivono: ci si lava le mani parlando di ingerenze, senza pensare a quanto (se pure fossero vere) è la gente comune che sta morendo per le strade e nelle celle..è chi non sostiene più il regime che da decenni priva di ogni forma di libertà.
Ma noi siamo tutti impegnati a fare i grandi esperti di geopolitica mediorientale: sparando stronzate, e abbandonando qualche milione di persone esasperate al punto di non badare nemmeno più a morte e tortura.
Ieri lo sciopero è andato benissimo: ieri lo sciopero ha visto intere città senza alcuna vetrina aperta, senza un solo carretto che vendeva pomodori o melograni: niente.
Tutto chiuso, tutto in silenzio, tutto deserto: lo sciopero della dignità è riuscito.
Tanto che questa è stata la reazione degli scagnozzi del regime: in questo video si vede una strada di Dara’a, città capoluogo dell’Hawran, dove partì la rivolta a marzo…guardate con i vostri occhi quel che fanno ai negozi chiusi…
Se conoscete un po’ di inglese invece, vi consiglio questa pagina, dove è riportata una lettera di una persona che conosco bene e che conosce meglio di me quella dolce terra… Apples and oranges?
Siria: l’obiettivo ora è piegare Homs
Dopo Daraa, Lattakia, ed Hama ora sembra arrivato il turno di Homs, a pochi km dalla città dove è stato compiuto il “massacro del Ramadan” appena un mese fa.
Le forze di sicurezza di Assad ora stanno concentrando la loro potenza di fuoco ad Homs, nel centro del paese, facendoci pervenire notizie ed immagini che confermano quello che da mesi abbiamo davanti agli occhi, anche se facciamo finta di notarlo a malapena.
Il regime di Assad è sempre più isolato: ieri l’Iran, oggi Erdogan hanno preso chiare le distanze dal governo siriano (a proposito di questo c’è un buon articolo di Christian Elia su Peacereporter ) e dalle metodologie repressive che da mesi ormai stanno piegando il paese facendolo precipitare in una latente guerra civile, invece che in un vero e proprio attacco al regime.
Una situazione drammatica, che allontana giorno dopo giorno le speranze che il massacro finisca presto, così come il regime.
Notizie di movimenti di mezzi e uomini che fanno pensare a preparativi di un attacco congiunto su più città contemporaneamente nel tentativo di sedare per sempre qualunque moto di rivolta.
La Lega Araba, da sempre serva di qualunque potere forte di turno e grande devota della dea vigliaccheria, ha rimandato la sua visita ufficiale che aveva il compito di chiedere la fine del bagno di sangue: è bastata una vaga comunicazione di Assad in cui chiedeva di posticipare la visita per “evidenti ragioni”, che il tutto s’è inchiodato. Poco importa, sarebbe stato inutile, come sempre.
Ad Homs gli scenari son di guerra: le comunicazioni sono spesso impossibili e le immagini che arrivano dai cellulari di chi non vuole mollare le strade alla violenza dei carri armati e dei rastrellamenti sono agghiaccianti.
Nei quartieri di Bab al-Dreib e Bab al-Hood, è difficile trovare uomini sotto i 40 anni: si son portati via centinaia di persone.
Diciotto persone sono state portate via dall’ospedale al-Barr, nel centro della città, il 7 settembre: comprese cinque persone prelevate dalla sala operatoria sotto anestesia, ed alcuni medici, come ci racconta anche il sito di Human Rights Watch. Dalle 6.30 del 7 settembre il terrore s’è appropriato delle strade di Homs, con un dispiegamento pesante di mezzi pesanti e con l’uso di artiglieria, come si vede anche in molti video, contro diverse abitazioni.
L’agenzia stampa di stato parla di “intervento contro gruppi terroristici” che a sentir loro avrebbero ucciso anche 8 membri delle forze di sicurezza: molti siti di attivisti ci raccontano altro, parlando anche di quel che è accaduto nel villaggio di Ibleen durante i rastrellamenti. Tra i soldati trovati morti ci sarebbe un ragazzo che proveniva proprio da quel villaggio, che s’era rifiutato di stare a quei maledetti ordini.
Oggi è un altro venerdì, l’ennesimo di guerra per molte delle città del paese.
Assad, nel perdere anche i suoi vecchi sostenitori, rischia di diventare molto più pericoloso di quel che è stato fino ad ora,
è il colpo di coda della bestia ormai ferita a morte, che non si rassegna a lasciare la presa.
Un post rabbioso, alla terra più amata!
Non riesco a fare una vita normale con i carrarmati che cannoneggiano la terra più amata.
Non riesco, malgrado non posso evitare di provarci, a concentrarmi nè a distrarmi.
Non riesco.
Non riesco ad accettare questo silenzio: e quando parlo di silenzio, io, non parlo di Nazioni Unite, non parlo di organismi internazionali né di bombardatori per diletto e professione.
Parlo di noi, dei compagni, di quelli sangue del sangue … di quelli con cui ho sempre pensato che sarebbe stato facile condividere le gioie e le sconfitte,
condividere la rabbia e l’indignazione, condividere la conoscenza e quindi la solidarietà, l’azione collettiva, la coscienza di essere parte di un qualcosa di grande, di enorme, un qualcosa che non abbia frontiere, barriere, etnie o padroni.
E invece?
Invece io mi sento sola, da quando i carri armati del macellaio Bashar al-Assad e di quel boia di suo fratello stanno calpestando una popolazione che conosco più di tante altre, che amo più di tante altre, che rispetto nella sua complessità e che provo con molta umiltà a capire e conoscere.
E invece?
E invece son circondata dallo stesso “sangue del mio sangue” che mistifica una verità che pensavo chiara da decenni, per tutti.
C’è la continua difesa del regime; un continuo domandarsi ” ma questi chi li muove, a chi fa comodo” e bla bla bla bla.
Un po’ quello che il Partito Comunista Italiano faceva nei confronti di tutte le organizzazioni armate che si son mosse su suolo italiano.
Parlavano di Cia, di infiltrazioni, di mani lunghe e straniere che muovevano le fila del tutto.
55.000 anni di carcere alla generazione che ha vissuto gli anni ’70, eppure a sentire il PCI erano tutti infiltrati, tutti dei servizi, tutti venduti “all’ammmericani”…tanto che molti stanno ancora in galera (si sa che gli agenti CIA scontano 30, 32, 35 anni di carcere)
Qui ci sono stati decine di migliaia di arresti, non c’è famiglia siriana che non ha un caro detenuto, o ferito, o sottoterra.
Eppure noi pensiamo solo a blaterare sul “ma perché scendono in piazza? A chi fa comodo?”
Sono sconcertata.
Sconcertata da chi mi aggredisce urlandomi contro che sono una stupida imbambolata davanti a “tagliagole della fratellanza musulmana mossi dalla CIA” e come prova di questo mi parla di Hassan Nasrallah e degli Hezbollah, che l’altra settimana hanno avuto una rivolta popolare contro in un villaggio libanese perché hanno assaltato e incendiato un negozio di alcolici.
Gente che si definisce contro i preti però se parlano Hamas ed Hezbollah è oro colato, mentre migliaia di uccisi e arrestati so’ tutti “servi degli americani e del Mossad”.
Ancora?? Ma perché non apriamo un po’ gli occhi?
Smettiamola di parlare di Libia e Siria perché son due MONDI diversi, son due fronti internazionali completamenti diversi e gli interessi in gioco non si assomigliano lontanamente: smettiamola di buttare tutto in un calderone e giudicare tutte quelle persone delle stupide marionette in mano degli americani ( ma quindi, fateme capì, anche noi eravamo marionette stupide e asservite nel ’43? bha).
Smettiamola di non mettere in conto la rabbia e la frustrazione di chi vive in quel territorio, di chi c’è nato, di chi vorrebbe tutt’altro tipo di accesso alla libertà, ad ogni tipo di libertà.
meglio che non scrivo, meglio che chiudo questa pagina.
Vorrei solo sapere di avere la mia “famiglia”, la mia gente, il mio sangue, schierato A PRIORI contro i tank di un regime,
schierato a priori contro la galera, la tortura, l’assedio e i soprusi del partito Baath.
Vorrei che la si smettesse di pensare che difendere Assad vuol dire esser antimperialisti: perché è la più grande idiozia immaginabile.
Mai la Siria ha usato nemmeno un decimo della violenza di questi giorni contro Israele: è stata in grado di farlo, nella sua storia, solo contro i palestinesi in Libano e contro i siriani, a casa loro…ma a quanto pare in troppi se lo dimenticano costantemente e preferiscono credere ai sermoni di Stato, alla propaganda di un regime che sta lì da decenni, sul sangue dei palestinesi, dei comunisti, dei dissidenti…. e così via…
amo quella terra come non ho mai amato nessun luogo al mondo.
e amo il suo popolo, che tanto m’ha insegnato e che non sta smettendo di farlo
In Siria prosegue il massacro…oggi 15 morti
Insomma…il bilancio di oggi è drammatico. Sono almeno 15 le persone rimaste uccise oggi a Daraa, città siriana della provincia meridionale dell’Hauran, tra cui una bambina. Le forze di sicurezza siriane da dopo la mezzanotte di ieri hanno iniziato l’assalto alla moschea di Omari, punto di incontro da giorni dei manifestanti, nonchè dei feriti e dei corpi degli uccisi. Manifestazioni che stanno infiammando la provincia da un po’ di giorni, dopo settimane in cui le proteste erano rimaste calme e poco partecipate. Al Jazeera racconta che violenti scontri si sono verificati anche alle porte della città e nei dintorni perchè molte persone tentavano di unirsi ai rivoltosi ma venivano fermate ai numerosi posti di blocco.
Per dopodomani, solito venerdì, la chiamata è generale e circola su tutti i canali di comunicazione possibile: tutto il paese deve scendere in piazza il venerdì della gloria, questo chiedono i numerosi appelli, per la rivoluzione e la libertà, contro un regime corrotto e bugiardo.
Il governo siriano oltre che sull’offensiva militare contro le ribellioni scoppiate, si muove con mano pesante anche sul piano mediatico: la tv di Stato e la principale agenzia di notizie bombardano da questa mattina la popolazione e il mondo parlando di “bande armate, forestieri e stranieri impegnati a diffondere menzogne e fomentare il popolo contro lo Stato”. Hanno parlato di bambini usati come scudi umani per difendere la moschea dove i manifestanti si sono asserragliati: insomma, la solita vergogna di stato in un paese che in questi due mesi ha tentato in tutti i modi di scongiurare lo spettro di una rivoluzione anche all’interno dei propri confini.

Syrian policemen stand in front the burned court building that was set on fire by Syrian anti-government protesters, in the southern city of Daraa, Syria, Monday March 21, 2011. Mourners chanting "No more fear!" have marched through a Syrian city where anti-government protesters had deadly confrontations with security forces in recent days. The violence in Daraa, a city of about 300,000 near the border with Jordan, was fast becoming a major challenge for President Bashar Assad, who tried to contain the situation by freeing detainees and promising to fire officials responsible for the violence. (AP Photo/Hussein Malla)
Questo pomeriggio, mentre i manifestanti continuavano a venir uccisi, il presidente Bashar al-Assad ha silurato Faysal Kulthum, governatore della città.Tra le rivendicazioni dei cittadini di Daraa, oltre che condizioni di vita migliori e aiuti economici ai contadini duramente colpiti da sei lunghi anni di siccità, oltre alla cancellazione delle leggi speciali (in vigore SOLO dal 1963) c’è una lunga battaglia contro la Syriatel, compagnia di telefonia mobile contro l’istallazione di alcuni ripetitori, troppo vicini alle abitazioni e alle cisterne d’acqua potabile. La lotta contro l’elettromagnetismo è arrivata anche nel mio dolce Hauran, questa sì che è una bella scoperta.
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