Archivio
4 licenziati per un manichino appeso: la FIAT è quella di una volta ( e noi? )

La lettera di licenziamento
Alcune cose un conto è sentirle dire in una rassegna stampa o leggerle riassunte su un articolo di giornale,
un altro è vederle così, nero su bianco, così come 4 dei 500 cassaintegrati dello stabilimento Fiat di Mirafiori lo hanno ricevuto.
E’ una lettera di licenziamento, inviata a 4 persone già in cassaintegrazione:
licenziamento causato dalla partecipazione a due manifestazioni organizzate davanti al polo di Nola il 5 e il 10 giugno, manifestazione che chiedeva il rientro di 300 operai distaccati da 6 anni e in cassa integrazione.
La protesta non è stata gradita dal lingotto: un manichino impiccato con il volto di Marchionne e una finta bara son bastati per un licenziamento per motivi disciplinari.
Ci son suicidi e molti tentati suicidi, ci sono morti sul lavoro e in quella stessa azienda che aumentano: ma la vera violenza per la Fiat era un manichino con una fotografia incollata, “un’intollerabile (sic) incitamento alla violenza” e oltretutto “costituiscono una palese violazione dei più elementari doveri discendenti del rapporto di lavoro”.
E poi è straordinario coma la Fiat, oh la Fiat eh!, riesca a scrivere che una protesta di una manciata di operai abbia “provocato gravissimo nocumento morale all’azienda ed al suo vertice societario”: il nocumento morale poveri assassini sfruttatori balordi.
Invece la cassaintegrazione, la continua richiesta di flessibilità, l’assenza di garanzie e il blocco della trattativa per il rinnovo del contratto (bloccato proprio sull’una tantum di aumento richiesto dai lavoratori).
Oltre alle 4 lettere di licenziamento è stata inviata una lettera di contestazione anche a Mimmo Mignano, che il 17 luglio è in attesa di sentenza al tribunale di Nola per un’altra causa con la Fiat inerente ai licenziamenti di qualche anno fa.
La lettera da lui ricevuta parla chiaro: se anche il giudice dovesse riconoscergli il diritto al reintegro, l’azienda lo lascera comunque fuori dai cancelli,
a causa delle proteste di giugno e di quel manichino. (Ascolta la corrispondenza di RadioOndaD’urto con Mimmo : QUI )
Belli e cari i tempi in cui avevate paura di tornare a casa la sera,
padroni maledetti.
Oggi dalle ore 12 presidio ai cancelli di Mirafiori,
mentre dalle 13 ci saranno due ore di astensione dal lavoro.
Leggi: MIRAFIORI E LA DIALETTICA DEL SANPIETRINO
Sciopero selvaggio dei trasporti a Genova, della logistica a Bologna: odor di lotta di classe?
Quando uno sciopero selvaggio va avanti 4 giorni inizia a spaventare.
E’ proprio il concetto di “sciopero selvaggio” che già sbaraglia la realtà padronale, la fa tornare indietro trent’anni,
lascia nell’aria delle città quel profumo di secolo scorso di cui tanto si ha bisogno,
almeno nelle lotte.
I lavoratori del trasporto pubblico della città di Genova ci stanno dando una lezione incredibile nella loro lotta contro la privatizzazione,
ci stanno rispiegando la “lotta di classe”, hanno tolto strati e strati di polvere e ragnatele a parole ormai rimosse, a partire appunto da “sciopero selvaggio” …
per domani è confermato il 5° giorno di sciopero per tutte le 24 ore.
AVANTI COSI!
Da Infoaut:
Una risposta situata e dal basso all’ansia privatizzatrice: una lotta che può vincere!
IV giorno di mobilitazione: oggi verso La Regione, domani per le vie della città.
La battaglia iniziata a Genova dai dipendenti dell’Amt ha un ché di esemplare: per i nodi politici e sociali che investe, per come polarizza gli attori sociali, per la linea di demarcazione che traccia tra chi sta al di qua e al di là della barricata, per come sbugiarda la politica istituzionale e le sue politiche di cortissimo respiro, per come arriva a porre la questione di un bene comune (il diritto alla mobilità per tutti) in termini concreti e non meramente legislativo-formali. Il tutto non a partire da supposti interessi generali (che sono quelli cui si appella il sindaco in quota Sel Doria) ma dalla difesa di un interesse molto parziale qual è il diritto ad un salario (cioè alla sopravvivenza) dei lavoratori del comparto trasporti pubblici genovesi.
E’ una vicenda in cui sembrano riecheggiare temi e toni dei grandi scioperi francesi dell’autunno-inverno 1995. Come allora la lotta sembra travalicare il confine chiuso della difesa del posto di lavoro per porsi come battaglia più generale per un diritto alla città e all’uso delle sue risorse differente da quella che hanno in mente i gestori istituzionali, uguali nelle loro differenze (qui di nuovo Sel mostra la sua assoluta omologazione col PD) nel mettere sempre di fronte a tutto la necessità di “avere i conti in equilibrio”.
Oggi in piazza, con gli autisti sono scesi anche i lavoratori delle altre partecipate, Aster (azienda di manutenzioni) e Amiu, impegnata nella raccolta rifiuti e molt* cittadin* che sentono questa battaglia come propria. E’ un buon primo passo nel deserto che ci circonda, potremmo dire: una prima risposta al nuovo pacchetto di privatizzazioni messo in campo dal governo di larghe intese.Ma quello che questa lotta ci insegna è soprattutto che solo uniti e determinati si può tentare di vincere. Non diciamo “si vince!” perché troppa è ancora l’asimmetria tra le forze in campo… ma almeno questa battaglia sta avendo il merito di mostrare come solo vendendo cara la pelle si può pensare di difendere e ottenere qualcosa. I lavoratori dell’Amt non sono andati al tavolo di trattativa fino a quando questa non ha aperto uno spiraglio di possibilità reale: la trattativa l’hanno imposta con un rapporto di forza costato 4 giorni di blocco totale della mobilità cittadina. Solo allora il “benecomunista” Doria è tornato sui suoi passi..
Nelle ultime assemblee i lavoratori hanno ribadito la volontà di proseguire ad oltranza. Ieri il Sindaco Doria aveva confermato la volontà di mantenere l’azienda pubblica nel 2014, paventando però tagli agli stipendi e contratti di solidarietà, per ripianare i bilanci e svendere Amt nel 2015. Oggi si rimangia tutto e apre un tavolo di trattativa in Prefettura alle 17.30.
Vedremo come andrà a finire.
Per domani, intanto, resta per ora confermato un presidio itinerante di solidarietà coi lavoratori in lotta.
Avanti Genova!
Nel frattempo domani anche a Bologna ci sarà una manifestazione che già si percepisce imponente, così come la lotta dei facchini è stata dal primo giorno, in tutto il territorio italiano.
Domani a Bologna i facchini incroceranno le braccia; domani il movimento operaio della logistica si da un appuntamento nazionale…
Vi lascio il comunicato e buon viaggio a chi parteciperà alla manifestazione.
Nei magazzini della Logistica il padrone vuole trattarci come schiavi, vogliono che teniamo la testa bassa e la schiena curva, ma abbiamo detto no a tutto questo!
Abbiamo iniziato le lotte nei magazzini con coraggio e senza paura, per la nostra Dignità, stanchi di essere sfruttati e tante volte abbiamo vinto contro i padroni, guadagnando paghe più alte lavori meno duri e cacciato l’arroganza di capi e padroni!
Tutti insieme, stando uniti, siamo una forza che fa paura e che vince contro il sistema dello sfruttamento rappresentato dalle cooperative, dai padroni della logisitica e dalle centrali sindacali vendute che fanno gli interessi dei padroni.
Ci siamo sollevati ribellandoci a tutto questo e loro hanno avuto paura, perchè picchetto dopo picchetto, sciopero dopo sciopero, in tutta Italia siamo cresciuti come movimento e non siamo mai stati soli nella lotta, perchè la solidarietà è arrivata da molti altri che come noi sono sfruttati.
Qua a Bologna ai picchetti, alle nostre assemblee generali, all’interporto durante gli scioperi gli studenti, gli operai degli altri settori, gli universitari, i lavoratori precari e i compagni del Lab Crash! sono stati a bloccare insieme a noi, perchè tutti sentono lo sfruttamento sulla pelle: subiamo il ricatto di affitti alti, di governi che rubano i nostri soldi per regalarli alle banche o ai mafiosi che vogliono costruire la TAV, invece di darle per le scuole, gli ospedali e le case.
Tutti insieme siamo stati a Roma il #19 ottobre, in 70.000 facchini, precari, studenti ad Assediare i palazzi del potere, contro i ministeri complici della crisi e che fanno gli interessi del padrone.
Oggi vogliono toglierci quello che abbiamo conquistato, oggi i padroni vogliono tornare a schiacciarci nei magazzini con il loro tallone di ferro, per questo in molti magazzini provano a rimangiare gli accordi, per questo i lavoratori della Granarolo non sono ancora stati assunti, per questo vogliono spaventarci con denunce e ci minacciano di non dare il permesso di soggiorno.Ma noi non abbiamo paura! Le loro minacce sono parole di istituzioni corrotte lontane dalla gente e non valgono nulla per noi!
Mai ci fermeremo, mai verremo sconfitti fino a che rimaniamo uniti e solidali tra noi, fino a quando avremo vinto ottenendo per tutti gli sfruttati e le sfruttate diritti e dignità!
I padroni, le cooperative, le istituzioni vogliono attaccarci, togliendoci quello che abbiamo conquistato, non permettiamoglielo!
Scendiamo tutti in piazza per far vedere che non abbiamo paura, che non lasciamo soli i nostri compagni lottatori della Granarolo, che tutti insieme siamo una forza e vinceremo!
Il Laboratorio Crash convoca tutta la Bologna in lotta contro l’austerità e la crisi e far sentire la sua forza solidale al fianco dei facchini!
Corteo del movimento operaio della logistica, concentramento a Bologna, sabato 23 novembre, ore 15:00 Piazza Maggiore
SI-Cobas – Laboratorio occupato Crash!
Scioperi? Sospeso! Ecco cosa accade ai lavoratori della logistica a Roma
Leggo questo comunicato e non riesco che ad esprimere la mia totale solidarietà …
il padrone non ha perso un secondo: la sospensione dei lavoratori in lotta dimostra ancor di più quanto lottare è necessario.
Reintegro immediato dei lavoratori!
SOSPESI DOPO SCIOPERO 14 LAVORATORI DELLA LOGISTICA DI ROMA
Venerdì 25 Ottobre all’alba i facchini del Consorzio GESCO CENTRO dei magazzini DHL e TNT di Salone e TNT di Fiano, organizzatisi nel SICOBAS, sono scesi in sciopero per la seconda volta (la terza se si conta lo sciopero nazionale del 18 ottobre) contro il mancato rispetto degli impegni preliminari presi nel primo incontro della trattativa, trattativa aperta grazie appunto al primo sciopero.
Con questi impegni il Consorzio avrebbe dovuto garantire una ripartizione più equa e trasparente delle ore di lavoro e la sospensione di qualunque comportamento intimidatorio.
Gli obiettivi di fondo della vertenza aperta dagli operai sono quelli classici di tutto il settore: rispetto delle tariffe e maggiorazioni previste dal CCNL, pagamento di tutti gli istituti al 100% (ferie, 13ma, 14ma, ecc.), riconoscimento dei livelli e dell’anzianità, e una ripartizione equa delle ore e dei carichi di lavoro.
I lavoratori hanno attuato le forme di protesta in loro diritto per poter rallentare la produzione, riuscendo a provocare il ritardo di una gran parte delle consegne.
Per ridurre gli effetti della lotta dei lavoratori i padroni hanno chiesto l’intervento delle forze dell’ordine, cosa che per altro non ha potuto impedire gravissimi danni alla produzione (oltre 2/3 delle consegne di venerdì 25/10 hanno subito gravi ritardi o addirittura sono state rinviate al giorno dopo).
A fronte di questa determinazione dei lavoratori i padroni (TNT-DHL/Consorzio/Cooperative) hanno pensato bene di sospendere dal servizio 14 operai a via di Salone ( TNT e DHL).Questa operazione repressiva che colpisce i lavoratori per aver rivendicato l’applicazione delle norme previste dal CCNL, oltretutto già di per sé basate su logiche di sfruttamento e precarietà, è una chiara dimostrazione di quale sia il clima che regna da sempre dentro i magazzini dei grandi Corrieri e della logistica in generale.
Se le cooperative del Consorzio GESCO CENTRO insieme a TNT e a DHL pensano di aver risolto il conflitto intimorendo i lavoratori
commettono un grave errore. Al contrario queste iniziative scomposte (e peraltro prive di qualunque fondamento giuridico) non fanno che convincerci una volta di più di aver intrapreso la giusta strada.
Pertanto pretendiamo l’ IMMEDIATO REINTEGRO dei lavoratori sospesi e per realizzare questo obiettivo – che si aggiunge alle ragioni della vertenza – abbiamo già avviato varie iniziative sia di carattere legale, che informativo, che ovviamente di mobilitazione.In ultimo se TNT crede di anticipare con questi provvedimenti la campagna di esuberi nelle filiali e magazzini di tutta Italia, sappia che i lavoratori di Roma saranno sostenuti da tutti i facchini degli appalti TNT dei principali magazzini d’Italia e da tutto il movimento della logistica.
SI COBAS coordinamento di Roma
Assemblea di Supporto ai Lavoratori della Logistica – Roma
Esplode fabbrica di fuochi d’artificio: 4 i morti

Il cielo del pescarese, oggi
I detriti dell’esplosione sono arrivati a più di un km di distanza: anzi, delle tre eplosioni che hanno fatto saltare in aria una fabbrica di fuochi d’artificio Pirotecnica Abruzzese di Mauro Di Giacomo, di Città Sant’Angelo, in provincia di Pescara. Un boato che si è avvertito in un raggio di 20 km con i primi racconti che descrivono “mezza collina rasa al suolo”.
13.50:
SI RIAGGIORNA IL BILANCIO dell’incidente.
Il solo morto accertato è il figlio del proprietario della fabbrica, di soli 22 anni mentre risultano disperse ancora 4 persone facenti parte dello stesso nucleo familiare e dipendenti della fabbrica.
Il vigile del fuoco che le prime agenzie davano per morto in una successiva esplosione è in gravi condizioni ma in vita, così come son state ritrovate alcune delle persone considerate disperse…
L’ennesima strage sul lavoro, l’ennesima morte annunciata come tutte quelle che avvengono nei luoghi di produzione e sfruttamento. La media è di tre morti al giorno, che escono di casa al mattino per un salario di merda e si ritrovano in una bara: la guerra quotidiana in cui non son compresi tutti quelli che di lavoro muoiono lentamente, intossicati dai veleni usati quotidianamente.
Da Il Centro: “L’azienda è collocata su uno spazio di 25 mila metri quadrati con un totale di 18 ambienti lavorativi.Ecco gli spettacoli realizzati: fuochi aerei; acquatici; piromusicali; pirotecnica di piazza; scritte e disegni. Sul sito dell’azienda l’attenzione alla sicurezza viene sottolineata in più occasioni: «Il nostro primo ingrediente è la sicurezza della nostra azienda e del cliente finale».
Seguiranno aggiornamenti.
Articoli nella categoria Lavoro e assassinii: QUI
Operai a Basiano: dopo le botte la galera!
Tre giorni fa un presidio di operai a Basiano, in provincia di Milano, si è trasformato in una mattanza.
L’attacco di polizia e carabinieri sul presidio che difendeva 90 posti di lavoro è stato di una violenza bieca, che ho raccontato in questa pagina, e che ha portato al coma per qualche ora di uno dei feriti, allo spezzamento di femori e così via.
Avevamo parlato di 20 fermi (ovviamente tutti feriti) da parte delle forze dell’ordine, che avevano tutte le possibilità di trasformarsi in arresti: già si sono svolte 11 udienze per direttissima e stamattina ci saranno le altre 9.
Fino a questo momento è stato confermato il fermo di tutti: 6 persone verranno scarcerate ( 1 privo di misure cautelari, 3 con obbligo di firma, 2 con obbligo di dimora nel comune di residenza).
Poi ci sono 3 richieste di arresti domiciliari e 2 di carcerazione (entrambi delegati del SI.Cobas) ..
così, come se niente fosse.
Questo sabato gli operai scenderanno nuovamente in piazza, per mostrare la loro totale solidarietà con i colleghi colpiti e per mandare avanti una battaglia che hanno tentato di sedare a mano armata, e brandendo manette.
LA LOTTA DI CLASSE NON SI CHIUDE IN CELLA ,
NON VI ILLUDETE.
SOLIDARIETA’ TOTALE AGLI OPERAI COLPITI DA BOTTE E CARCERE.
LEGGI: Le manganellate a Basiano
Basiano (MI): manganellate, femori rotti e fermi sui lavoratori in lotta
Qualcuno inizia ad alzare la testa,
a non accettare di tornare a casa, di farsi licenziare senza alzare la voce, senza ribellarsi, senza fargliela almeno sudare un po’ questa sopraffazione costante, continuata, indegna.
Siamo nel milanese, a Basiano, davanti ai cancelli dei capannoni della Gartico Scarl…
e le immagini parlano chiaro, malgrado le parole delle agenzie stampa riportino come sempre quel che vogliono, con il loro lessico non più sopportabile,
con quel distacco colpevole e accusatore.
E’ diverso tempo che un centinaio di lavoratori sta lottando per difendere il proprio posto di lavoro, con un presidio permanente in opposizione alla decisione dell’azienda di cambiare cooperativa per il servizio di facchinaggio:
a cercare qua e là un po’ di notizie sull’Alma Group di Peschiera Borromeo sembra palese che questo cambiamento e quindi la decisione successiva di 89 licenziamenti sia dovuta proprio alle proteste che i lavoratori portavano avanti contro delle condizioni di lavoro insostenibile.
E quindi tutti a casa.
E se ti ribelli a questo, con un presidio permanente davanti ai cancelli del posto di lavoro che t’ha sbattuto la porta in faccia la risposta successiva, arrivata puntuale questa mattina,
sarà l’arrivo dello Stato, dei suoi plotoni, di lacrimogeni e manganelli.
26, ventisei feriti
18, diciotto lavoratori fermati.
10 ambulanze,
4 auto mediche
2 gambe spezzate, dai lacrimogeni sparati a brevissima distanza.
Anche qualche carabiniere tra i feriti e un blindato danneggiato dal lancio d’oggetti: la sola notizia consolante,
che ci lascia aperta la speranza (aaaah che brutta parola) che ci sia ancora la forza, la possibilità e magari anche la capacità di difendere il proprio diritto alla vita e al futuro,
il diritto di non esser sfruttati,
il diritto di non dover sempre chinar la testa,
il diritto di alzarla ogni tanto,
alla faccia dei manganelli, dei padroni, dei plotoni.
SOLIDARIETA’ AI LAVORATORI FERITI.
RILASCIO IMMEDIATO DI TUTTI I LAVORATORI FERMATI.
LE LOTTE NON SI ARRESTANO.
Grecia: la rivoluzione è d’acciaio e zucchero. Lo sciopero delle acciaierie e l’occupazione di una famosa pasticceria
Sarà il più martoriato dei paesi che stanno subendo la crisi economica, l’austerity imposta dai “mercati internazionali” che spezza la normale vita economica di tutti gli strati del paese,
sarà il paese che sta sfiorando il baratro in modo sempre più pericoloso,
ma ogni volta che #stavitademerda mi permette di trovare il tempo di scovare notizie dalla Grecia,
il mio cuore si riempie di gioia.
Di quella gioia fatta di collettività, di sudore e organizzazione, di costruzione di percorsi d’autonomia, fondamentalmente di lotta di classe,
quella che da quest’altra parte del mare (un mare piccolo piccolo che sembra immenso) abbiamo rimosso.
Seppellita sotto tonnellate di riformismo, di sindacalismo colluso,
di complottismo, di giustizialismo, di grettezza politica
di incapacità di canalizzare energie e trovare il coraggio di portare avanti le battaglie come si devono portare avanti:
con il coraggio di chi non ha niente da perdere, e vorrebbe TUTTO da conquistare.
Ma non è aria, qui.
No.
Ma la Grecia sta prendendo la strada giusta: sta cercando di prendersi con la forza quello che con molta più forza è stato strappato via.
E lo fa riallacciando la corrente illegalmente alle famiglie che non possono pagare la tassa di proprietà,
lo fa espropriando supermercati di grandi catene e ridistribuendo il cibo preso nei mercati rionali,
lo fa portando solidarietà ai detenuti,
lo fa portando in piazza 15.000 lavoratori delle accierie staccati da qualunque sindacato sempre e comunque colluso e parte integrante dell’indotto di stato di sfruttamento e tagli.
Il piano di Manesis, capo delle acciaierie, caratterizzato dal terrore imposto dai continui licenziamenti e dalla proposta di lavoro a turnazioni, è stato bloccato dalla
tenacia e dalla forza dei lavoratori, che hanno oltretutto trovato un vero e proprio fiume di persone pronte a portare la loro solidarietà.
I volantini dei lavoratori delle acciaierie parlano chiaro, come quelli di studenti, immigrati, disoccupati:
la chiamata è generale, è ad una lotta di classe contro potere, che sia composta, foraggiata e alimentata da tutte le componenti di sfruttati ed emarginati del paese:
chiama a raccolta studenti, precari, dipendenti pubblici, disoccupati, migranti, clandestini, cittadini e nomadi…
tutti uniti, verso un’organizzazione rivoluzionaria capace di soverchiare il sistema,
così com’è.
Mi si riempie il cuore nel leggere i loro volantini, lo ribadisco emozionata.
• Un’altra notizia “greca” ci arriva da Salonicco, battagliera città, dove i lavoratori di una famosa pasticceria (è una catena con negozi in tutto il paese) “Hatzis”, hanno deciso di occupare il negozio nel quartiere di Kalamaria, dopo che da dicembre combattevano per cercare di ottenere i 5 precedenti mesi di salario, oltre che i bonus economici previsti nella mensilità di dicembre.
Una storia che va avanti da alcuni mesi e che ha dell’irreale visti gli ultimi 5 anni di fatturato della pasticceria e il maldestro tentativo (che sicuramente riuscirà) di puntare al fallimento approfittando della crisi nel paese, per evitare di
pagare i milioni di debiti accumulati con le assicurazioni pubbliche.
Basterebbe fallire, cambiar nome alla società e tutti i debiti, per primi quelli con gli stessi lavoratori, spariranno nel nulla.
Alla luce di ciò negli ultimi mesi i licenziamenti sono stati tanti, rimpiazzati con lavoratori “fantasma”, privi di regolari contratti o con l’obbligo di una precedente firma di “dichiarazione volontaria di licenziamento” che permettono al padrone di non pagare le indennità a chi viene licenziato.
Sono 400 euro al mese per turni fino a 12 ore di lavoro: questo è.
tanto che, come ormai per tradizione in quel paese, il padrone sta iniziando a tremare.
I suoi locali sono bloccati e occupati: al secondo giorno di occupazione la polizia ha fatto irruzione arrestando otto persone, tra cui 4 lavoratori e altri 4 solidali:
la cosa non ha minimamente fermato la mobilitazione.
La lotta continua…alla faccia del padrone, di Manesis e di quelli come loro.
In Cina a colazione mangiano il padrone…
Cavolo…l’Asia è in fermento. O meglio la sua classe operaia, super sfruttata e in corsa verso una crescita economica mostruosa.
Dopo le notizie degli operai in sciopero/occupazione in Corea del Sud, ormai sotto costante minaccia di più di 6000 celerini fuori i cancelli,
ci arriva la notizia dalla Cina di un linciaggio avvenuto per mano di centinaia di operai che hanno bastonato a morte, non permettendo i soccorsi, un uomo molto importante per il capitalismo cinese.
Per ora incollo la notizia così come è apparsa sul Corriere della Sera, in attesa di aggiornamenti
PECHINO (CINA) — Migliaia di operai urlanti hanno inseguito il direttore generale di una società dell’acciaio e lo hanno massacrato a colpi di pietre e bastoni. È successo a Tonghua, nella provincia di Jilin, nel Nordest della Cina. La vittima, Chen Guojun, un quarantenne dirigente della Jianlong Steel Holding Company, azienda statale dell’acciaio, si è presentato a Tonghua, dove è attiva una società locale che opera anch’essa nel campo dell’acciaio, la Tonghua Iron and Steel group.
Il compito di Guojun era quello di operare una fusione tra la sua azienda e la Tonghua Iron and Steel group. In pratica la compagnia Jianlong avrebbe assorbito l’acciaieria di Tonghua. Gli operai si oppongono alla fusione dei due gruppi perché avrebbe come conseguenza il licenziamento di migliaia di persone. Sembra che dei 30 mila operai di Tonghua, circa 10 mila avrebbero perso il lavoro. Di qui la reazione furibonda. Quando Guojun è arrivato da Pechino ha trovato migliaia di uomini minacciosi che hanno circondato la sua auto. Il dirigente è riuscito a sgusciare fuori dalla vettura e ha cercato scampo lungo le scale dell’edificio in cui si trovano gli uffici aziendali. Non è andato lontano. Torme di operai inferociti lo hanno inseguito colpendolo alla testa con randelli e scagliandogli addosso mattoni e pietre. Nel frattempo migliaia di lavoratori facevano muro per impedire alla polizia di intervenire. Gli agenti che hanno cercato di forzare il blocco sono stati aggrediti e si sono visti incendiare tre auto.
Gli operai non si sono mossi nemmeno quando la sirena di un’ambulanza, chiamata per soccorrere il dirigente, cercava di convincerli a lasciare un varco libero. Chen Guojun, secondo il Centro informazione per i diritti umani di Hong Kong, è stato lasciato morire sulle scale. Come ha confermato un ufficiale della polizia al giornale South China Morning Post . «È vero. L’aggressione c’è stata. La gente ha impedito all’ambulanza e ai medici di portare soccorso». All’origine della rivolta pare che ci fosse anche il risentimento nei confronti del manager Guojun per i suoi alti guadagni. L’anno scorso ha incassato 3 milioni di yuan, una cifra enorme per la Cina, che corrisponde a poco più di 300 mila euro. Secondo una tv locale, dopo la violenta reazione degli operai, il governo ha deciso di «accantonare in via permanente » la fusione delle due aziende. E questo ha riportato la calma. La fusione tra aziende dell’acciaio risponde a un progetto che l’amministrazione di Hu Jintao ha varato da tempo. La Cina è il più grande produttore al mondo di acciaio, ed è anche il maggior consumatore di questo metallo. La politica di Hu Jintao, molto statalista, mira a creare, attraverso fusioni aziendali, dei colossi in grado di sfidare qualunque holding sul piano mondiale. Decine di aziende sono state accorpate e oggi nel campo dell’acciaio operano tredici grandi gruppi cinesi. Ma il piano di fusione si scontra con la reazione degli operai timorosi di perdere il lavoro. A parte l’episodio di Tonghua, si sono già verificate rivolte anche in altre località.
CON VOI! Continua lo sciopero/occupazione della Ssangyong
L’occupazione della fabbrica della compagnia automobilistica Ssangyong da parte dei suoi 800 dipendenti e’
entrata nel terzo mese.
La lotta si sta inasprendo con scontri giornalieri tra i lavoratori da una parte, dentro le aree occupate,
e polizia anti sommossa e milizie di destra dall’altra che tentano di sgombrare l’occupazione.
Una nuova tattica dalla polizia è l’uso di elicotteri che mentre sorvolano gli stabilimenti, bombardano i
lavoratori con gas lacrimogeni ed altri prodotti chimici che bruciano la pelle al contatto.
La confederazione sindacale KCTU ha chiamato per uno sciopero generale a tempo indeterminato,
chiedendo azioni di solidarietà in tutto il mondo. I cortei e le marcie di simpatizzanti
che tentano di rompere l’assedio della polizia sono oramai iniziative giornaliere.
Per fermare questi tentativi, la presenza della polizia è stata aumentata e si stima che adesso intorno alla fabbrica ci siano fino a 6.000 poliziotti anti sommossa.
Anche se la situazione dentro gli stabilimenti occupati è diventata durissima a causa della scarsità
di cibo, acqua, e il continuo aumento nel numero di feriti, i lavoratori non danno segno di voler cedere.
Questo sciopero/occupazione è diventato una prova di forza cruciale tra il governo e il padronato
contro i lavoratori.
A QUESTO LINK UN FANTASTICO REPORTAGE DI QUESTE GIORNATE!
“Il sesso lo decideranno i padroni”: piccolo elogio del film Louise Michel
Io non so scrivere di cinema, non so raccontare i film, non so fare recensioni. Ma questa volta non riesco a non farlo perchè da quando ho visto questa pellicola mi prudono le mani e vorrei che più gente possibile vedesse questo piccolo capolavoro francese, manifesto tragicomico, provocatorio e radicale del bisogno di alzare la testa in qualche modo rocambolesco della sfruttata classe operaia nell’Europa del capitalismo delle multinazionali.
Louise Michel prende il suo nome dalla comunarda anarchica francese…è un film di cui non so se raccontarvi la trama (non credo sia il caso altrimenti poi non ci andate) in cui un uomo per lavorare in una fabbrica si finge donna e una ex bambina diventa uomo per raggiungere una soddisfazione sportiva. “Avete rifiutato le 35 ore e gli aumenti di salario, ma non rifiuterete questi grembiuli nuovi” … il padrone (che poi non è che un servo tra i tanti del vero, quasi irraggiungibile, padrone) prova ad imbonirsi le operaie malgrado i loro sguardi scettici: prendono questo grembiule e il giorno dopo trovano la fabbrica vuota. Tutto era stato portato via: macchinari e lavoro, quindi il proprio sfruttamento quello che ti permette di arrivare al giorno dopo.
20.000 euro di risarcimento da dividere in venti: spiccioli inutili in questo modo. Che fare?
Bhè sono pochi per tutti: ma non per un killer che vada ad ammazzare il padrone. La votazione è unanime: questo si che è un modo per far fruttare quella miseria data da un porco padrone dopo 20 anni di sudore nella sua fabbrica.
E qui inizia il bello, l’avventura divertente di questa strana coppia che tra Francia, Belgio ed Inghilterra cercano di ammazzare il padrone giusto, quello che sia il vero responsabile della chiusura della fabbrica e quindi del licenziamento di tutte le operaie.
La decisione, ad ogni errore, è sempre la stessa, unanime: andare avanti fino ad accoppare quello giusto.
Geniale, sarcastico, girato in modo strano con la telecamera quasi sempre fissa, con le immagini sfocate e i dialoghi stretti e necessari: con un gioco di sguardi, sessualità negate e poi ritrovate, di pistole autocostruite, di killer professionisti che non sanno azzittire i cani, di piccioni spennati e cinismo, tanto cinismo.
Un film piaciuto alla critica ma che ha creato grandi deliri nei forum italiani, in cui il popolino servile e estremamente attaccato al culo del padrone (come amano leccare questi miserabili italiani) si è molto innervosito e quasi scandalizzato per una pellicola del genere.
Stiamo anni luce indietro alla Francia: tanto che lì sequestrano i manager, qui li facciamo passare sui nostri corpi mentre lecchiamo le loro suole.
Chi odia i padroni, chi è sfruttato, chi è stato costretto a modificare se stesso per arrangiare il modo di arrivare a fine mese: QUESTO E’ IL FILM PER NOI
“Ora che sappiamo che i ricchi sono dei ladri, se i nostri padri e madri non riusciranno a bonificare la terra quando saremo grandi ne faremo noi carne macinata” Louise Michel
Intervista a Benoît Nicolas, dopo il “sequestro” dei manager Caterpillar
Il magnate del lusso François Pinault assediato dai suoi lavoratoti Quattro manager della Caterpillar di Grenoble sequestrati nei loro uffici
Paolo Persichetti, Liberazione 1 aprile 2009
I padroni di Francia sono sotto assedio, braccati da operai in rivolta e manifestanti che non tollerano più il quotidiano stillicidio di licenziamenti mentre consigli d’amministrazione e dirigenti d’impresa si spartiscono super dividendi azionari e ricchi bonus. Come ai tempi dell’ancièn regime, oggi una noblesse de l’argent, composta dalle Spa, i consigli d’amministrazione, presidenti e amministratori delegati, quadri centrali d’impresa, vivono in una bolla di ricchezza alla faccia di una società che non arriva alla terza settimana del mese e vede minacciati i posti di lavoro.
Ieri sera, Francois-Henri Pinault, il “re del lusso”, proprietario del gruppo Pinault-Printemps-La Redoute che controlla anche Gucci,
Puma, Christie’s, è stato bloccato da un centinaio di manifestanti, in prevalenza dipendenti della Fnac e Conforama, all’uscita della sede sociale del suo gruppo nel quindicesimo arrondissemment di Parigi. La polizia è dovuta intervenire per sgomberare la zona. Sia la Fnac che Conforama hanno annunciato il 18 febbraio scorso licenziamenti del personale per 1.200 unità. In mattinata, invece, quattro dirigenti della Caterpillar di Grenoble sono stati “trattenuti” dagli operai che contestano il piano di riduzione dell’organico. 733 licenziamenti secchi, un quarto dell’intero personale, giustificato dalla multinazionale statunitense con il calo del 55% delle vendite per effetto della crisi. Il direttore, Nicolas Polutnick, il direttore delle risorse umane, un responsabile del personale e un responsabile dei prodotti europei, non hanno più potuto lasciare gli uffici della direzione. «Stiamo discutendo in permanenza con loro», spiega al telefono Benoît Nicolas, delegato sindacale della Cgt mentre torna da un’intervista televisiva. L’indignazione sociale sale incontenibile. È la quarta volta nel giro di appena due settimane che le maestranze di fabbriche colpite da licenziamenti trattengono in azienda i loro direttori chiedendo in cambio l’apertura di negoziati. Il 12 marzo erano stati gli operai della Sony, nelle Landes, a costringere il loro amministratore delegato a un turno di “straordinari notturni“. Lo stesso era accaduto pochi giorni dopo per il direttore del sito farmaceutico 3M di Pithiviers. Ma ormai modalità di lotta analoghe si stanno diffondendo un po’ ovunque nel Paese, come alla Fci microconnections a Mantes-la-Jolie, nel dipartimento delle Yvelines, regione parigina. «I quattro dirigenti sembrano un po’ “sbalorditi – dice sempre Benoît – perché sembra che non abbiano grandi margini di manovra per il confronto». Le decisioni più importanti appartengono a un livello superiore.
Com’è venuta la decisione di bloccare i dirigenti?
La direzione ha sempre rifiutato il negoziato. Nella nostra azienda è già in vigore la cassa integrazione parziale. Il rischio è che i lavoratori ricevano la lettera di licenziamento a casa. Caterpillar ha nel mondo circa 100 mila dipendenti. Un quarto di questi dovrà andare a casa. Così hanno fatto sapere. Lunedì abbiamo iniziato lo sciopero e poi siamo andati tutti in direzione, ma l’azienda non ha voluto negoziare.
E cosa è successo?
Niente violenza, né sequestro ma soltanto una decisa pressione affinché si riaprano i negoziati. Nel momento in cui l’azienda annuncia benefici record nel 2008 e distribuisce cospicui dividendi azionari, è nostra intenzione arrivare a un risultato favorevole per tutti i lavoratori.
Quali sono le vostre richieste?
Un piano di salvataggio. 30 mila ero a testa per i licenziati. È giusto che sia così. Va risarcito chi ha lavorato e prodotto ricchezza non i membri del consiglio d’amministrazione. I licenziamenti, poi, non devono riguardare solo le fasce più basse e dequalificate. Chiediamo anche la possibilità di prepensionamenti calcolati sull’ultimo salario per chi ha più di 55 anni e soprattutto le 32 ore settimanali con parità di retribuzione che, da sole, possono salvare 200 posti di lavoro.
Quanto durerà l’occupazione della direzione?
Abbiamo riconfermato lo sciopero. La notte passerà così. Vedremo domani (oggi per chi legge) se qualcuno verrà al tavolo delle trattative.
Nei giorni scorsi Nicolas Sarkozy aveva detto ai parlamentari della sua maggioranza che anche se nel Paese veniva criticato era lui ad avere «la banana in mano». Frase che ha suscitato subito molte polemiche. Forse sta sottovalutando un po’ troppo i lavoratori che non sembrano per nulla disposti a fare la fine dell’omino di Altan. Il presidente francese avrà pure la banana ma gli operai sono armati con l’ombrello.
I padroni? intanto “tratteniamoli”!
In Francia, gli operai della Caterpillar (Multinazionale statunitense, che in Francia impiega 2500 persone e che aveva appena annunciato il licenziamento di 733 operai) hanno
nuovamente sequestrato alcuni dirigenti dell’azienda che tenta di buttarli fuori. I quattro funzionari, trattenuti dagli operai nella sede dell’azienda di Grenoble, sono il direttore dell’azienda Nicolas Polutnick, il responsabile risorse umane, il capo del personale e un altro funzionario.
I “prigionieri” non sono i primi, nelle ultime settimane questo è il terzo caso di sequestro di manager di aziende che usano licenziamenti e cassa integrazione contro i loro lavoratori, avvenuto dopo il “rapimento” alla Sony France e alla M3 durati entrambi circa una trentina d’ore
“Li tratteniamo per discutere con loro. Chiediamo che fissino una riunione coi rappresentanti del personale per sbloccare i negoziati” ha detto Benoit Nicolas, delegato del sindacato Cgt.
Commenti recenti