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Posts Tagged ‘sicurezza sul lavoro’

il 25 aprile e la Italstage

21 aprile 2015 Lascia un commento

È direttamente Paola, mamma di Matteo Armellini, a prendere parola e mettere nero su bianco il malessere per questa notizia, che per molti apparirà una non notizia.

Matteo ha perso la vita lavorando per questa società che gli si è accartocciata addosso, uccidendolo, società che ora in pompa magna sta allestendo il palco per le celebrazioni ufficiali del 70* esimo anniversario della Liberazione.  Liberazione difficile da festeggiare, soprattutto quest’anno che abbiamo visto affogare nei nostri mari decine e decine di Fosse Ardeatine.

Vi lascio con le righe di Paola Armellini… 


Cari firmatari, 

matteo armellini…

la Società Italstage sta contribuendo all’allestimento in Piazza del Quirinale di una struttura per il palco che servirà per la commemorazione del 70° anniversario della Liberazione. L’Italstage è la stessa società che allestì il palco al PalaCalafiore di Reggio Calabria per il concerto di Laura Pausini, quando perse la vita mio figlio Matteo Armellini.


Per quanto accaduto questa società ha patteggiato una penale di 70 mila euro, ma il suo rappresentante legale, Aumenta Pasquale, è stato rinviato a giudizio insieme ad altri sei.

Mi permetto d’indignarmi per la tanta disattenzione, che mostra una sconcertante mancanza di quella moralità che sarebbe invece necessaria per un evento come quello del 25 aprile, previsto nella Piazza del Quirinale: una cerimonia alla quale partecipano il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e numerose autorità dello Stato.

Questo episodio mette in luce la superficialità e la leggerezza di comportamento che purtroppo si riscontra anche in campo lavorativo e che a volte causa danni irreparabili ai lavoratori e alle loro famiglie.

Spero di non essere considerata con tanta leggerezza e, come già fatto, esprimo ancora una volta l’auspicio che la giustizia possa fare il proprio corso. Vorrei che alle vittime venisse restituita la dignità e che ne fosse onorata la memoria con atti responsabili e degni di professionalità.

Klodian Elezi, morto di Expo.

13 aprile 2015 6 commenti

Solo sul giornle Brescia Today son riuscita a trovare il nome di quest’uomo.
Che poi uomo, quale uomo, aveva 21 anni, un ragazzetto.

Nessuno lo nomina, probabilmente perché albanese.
Però l’11 aprile ha fatto un volo di 5 metri, all’interno del cantiere della Teem, sbattendo la testa e morendo sul colpo, da un ponteggio dove lavorava senza alcuna imbracatura.

Klodian Elezi, questo era il nome di questo giovane ragazzo da anni residente con tutta la famiglia nel bresciano,
che è morto per garantire l’inaugurazione di una una galleria nei pressi del futuro casello di Pessano con Bornago, che va inaugurata per l’Expo, perché sarà la prossima futura tangenziale esterna milanese.
Un morto di Expo, volato giù come una mela senza diritto nemmeno ad avere un nome a quanto pare,
impiegato in un cantiere ora posto sotto sequestro e da cui son subito sbucate molte irregolarità, tra cui in primis l’assenza dell’imbracatura di sicurezza, che avrebbe permesso a Klodian di assaporare questa primavera e tante altre.

Esplode fabbrica di fuochi d’artificio: 4 i morti

25 luglio 2013 Lascia un commento

Il cielo del pescarese, oggi

I detriti dell’esplosione sono arrivati a più di un km di distanza: anzi, delle tre eplosioni che hanno fatto saltare in aria una fabbrica di fuochi d’artificio Pirotecnica Abruzzese di Mauro Di Giacomo, di Città Sant’Angelo, in provincia di Pescara. Un boato che si è avvertito in un raggio di 20 km con i primi racconti che descrivono “mezza collina rasa al suolo”.

13.50:
SI RIAGGIORNA IL BILANCIO dell’incidente.
Il solo morto accertato è il figlio del proprietario della fabbrica, di soli 22 anni mentre risultano disperse ancora 4 persone facenti parte dello stesso nucleo familiare e dipendenti della fabbrica.
Il vigile del fuoco che le prime agenzie davano per morto in una successiva esplosione è in gravi condizioni ma in vita, così come son state ritrovate alcune delle persone considerate disperse…

L’ennesima strage sul lavoro, l’ennesima morte annunciata come tutte quelle che avvengono nei luoghi di produzione e sfruttamento. La media è di tre morti al giorno, che escono di casa al mattino per un salario di merda e si ritrovano in una bara: la guerra quotidiana in cui non son compresi tutti quelli che di lavoro muoiono lentamente, intossicati dai veleni usati quotidianamente.

Da Il Centro: “L’azienda è collocata su uno spazio di 25 mila metri quadrati con un totale di 18 ambienti lavorativi.Ecco gli spettacoli realizzati: fuochi aerei; acquatici; piromusicali; pirotecnica di piazza; scritte e disegni. Sul sito dell’azienda l’attenzione alla sicurezza viene sottolineata in più occasioni: «Il nostro primo ingrediente è la sicurezza della nostra azienda e del cliente finale».

Seguiranno aggiornamenti.

Articoli nella categoria Lavoro e assassinii: QUI

Le responsabilità delle briciole di Dacca

30 aprile 2013 1 commento

Tra le macerie di Dacca, il marchio Benetton

“Il Gruppo Benetton intende chiarire che nessuna delle società coinvolte è fornitrice di Benetton Group o uno qualsiasi dei suoi marchi. Oltre a ciò, un ordine è stato completato e spedito da uno dei produttori coinvolti diverse settimane prima dell’incidente. Da allora, questo subappaltatore è stato rimosso dalla nostra lista dei fornitori“.

“Il Gruppo Benetton intende chiarire che nessuna delle società coinvolte è fornitrice di Benetton Group o uno qualsiasi dei suoi marchi. Oltre a ciò, un ordine è stato completato e spedito da uno dei produttori coinvolti diverse settimane prima dell’incidente. Da allora, questo subappaltatore è stato rimosso dalla nostra lista dei fornitori“: una prima mezza ammissione.

Stiamo solo parlando della morte di “almeno” 381 operai: nell’articolo di Marco Quarantelli, uscito sul Fatto Quotidiano (e che potete leggere qui) c’è una lunga lista di aziende italiane che hanno molto a che fare con lo sbriciolamento di un palazzo di otto piano, in Bangladesh, posto di lavoro di centinaia di persone.
Ovviamente c’è la gara di smentite e mani di padroni che provano a lavarsi il sangue da dosso:
“Riguardo alle tragiche notizie che provengono dal Bangladesh Benetton Group si trova costretta a precisare che (…) i laboratori coinvolti nel crollo del palazzo di Dacca non collaborano in alcun modo con i marchi del gruppo Benetton”. (24 aprile 2013)

Un convegno che parla dei quotidiani assassinii sul lavoro

30 marzo 2012 1 commento

Proprio ora che di lavoro non voglio sentir parlare per una manciata di giorni,
vi segnalo quest’iniziativa che alcuni lavoratori mi hanno chiesto di pubblicizzare.
Non potrò esserci per ovvi motivi geografici, ma non c’è iniziativa che parla dei quotidiani assassinii sul lavoro
che non ha il mio sostegno, totale.
E gli assassinii sul lavoro hanno diverse forme.
Perché c’è chi esce la mattina di casa e non torna più, morendo come una mosca schiacciata, come se ne sono andati Antonio e Matteo

C’è chi invece a casa torna tutte le sere, convinto che quella tosse sia solo colpa del freddo…e poi vola via, ucciso da una malattia che poteva tranquillamente non prendere, ucciso da ciò che per anni ha respirato, lavorato, imballato, trasportato.
Nessuna di queste morti è bianca, proprio nessuna.
Perché chi muore sul lavoro muore assassinato: assassinato dal profitto, dallo sfruttamento, dai meccanismi del capitale.
Perché chi muore sul lavoro non sembra aver diritto nemmeno alla memoria, a meno che non abbia una divisa addosso.
E allora, proprio nel giorno in cui me ne vado un po’ in ferie, a staccare da questa merda di vita che si fa per 1000 euro al mese,
vi lascio con questo invito a partecipare ad un dibattito con lavoratori, tra lavoratori.
Che dovrebbero uscir di casa per un salario, e spesso lo fanno rischiando la loro vita e perdendola.

CONVEGNO MORTI SUL LAVORO!
SABATO 7 APRILE 2012 ORE 15.00
(SCHIO – Cinema Pasubio- via Maraschin, 77)

SARANO PRESENTI I LAVORATORI:

GRETA ALTO VICENTINO AMBIENTE (SCHIO), TRICOM GALVANICA PM (TEZZE SUL BRENTA), ETRA (BASSANO), ARSENALE F.S (VICENZA), BREDA (SESTO SAN GIOVANI), MARLANE MARZOTTO (PRAIA A MARE), THYSSEN KRUPP (TORINO), MEDICINA DEMOCRATICA

°ASSEMBLEA DEI LAVORATORI PER RICORDARE NOSTRI CADUTI SUL LAVORO, MA ANCHE PER IMPEDIRE CHE TALE IGNOMINIE SI RIPETANO, PARTECIPIAMO TUTTI-E PER CONTRASTARE LE MORTI SUL LAVORO.

°INIZIAMO UNA CAMPAGNA PERMANENTE CONTRO LE MORTI SUL LAVORO E… DA LAVORO, GLI INFORTUNI SUI LUOGHI DI LAVORO, LE MALATTIE PROFESSIONALI E INVALIDANTI, I DISASTRI AMBIENTALI E LE LAVORAZIONI NOCIVE E PERICOLOSE, SIA PER CHI LAVORA SIA PER LA SALUTE DELLA CITTADINANZA.

°MAI PIU’ MORTI SUL LAVORO IN NOME DEL PROFITTO A OGNI COSTO
°PERCHE’ SI MUORE ANCORA DI INDIFFERENZA, DI NOCIVITÀ’ E DI PRECARIETÀ’.

°IMPARIAMO A DIRE “NO” AL RICATTO DEI PADRONI CHE CI FANNO LAVORARE IN CONDIZIONI DI GRAVE INSICUREZZA, FORTI DELLA DILAGANTE DISOCCUPAZIONE.

Unione Sindacale di Base

 

Franca Salerno e la copertina con la stella

14 ottobre 2011 7 commenti

Mi son venuti i brividi quando ho letto queste righe.
Perché ho nostalgia degli occhi di Franca Salerno, non sapete quanta.

Franca e Antonio

Ed è indescrivibile quella per Antonio, suo figlio, di cui si parla in questo racconto dalle celle del carcere speciale di Badu’ e Carros, nel non così lontano 1977. La loro storia l’ho raccontata tante volte sulle pagine di questo blog.

“(…) L’estate mi portò a conoscere tante persone coinvolte nella politica rivoluzionaria allora in piena attività. Al femminile c’era F.S. (*), appartenente ai Nuclei Armati Proletari. Con lei, dopo qualche giorno dal suo arrivo a Nuoro ho avuto modo di sviluppare un buon rapporto amichevole. I colloqui avvenivano via finestra, ma riuscivamo ugualmente a dirci molte cose. Il direttore aveva consentito che ci scrivessimo usufruendo della posta interna. L’intensità del nostro rapporto ci portò a vivere quasi una specie di innamoramoento anche se nessuno dei due manifestò il sentimento che ci aveva presi.
All’arrivo a Nuoro non stava bene perché era stata ferita al momento della cattura. Mi raccontò come andarono i fatti e certe sue affermazioni mi sbalordirono, perché da noi nessun carabiniere si permetteva di mettere le mani addosso ad una donna.
Nello scontro a fuoco cadde ucciso un suo compagno, lei ferita e immobilizzata, venne malmenata con calci allo stomaco e alla pancia.
“Vedi”, mi disse “ora sono preoccupata perché dopo queste botte perderò mio figlio. Ho delle fitte tutti i giorni e altro non possono essere che un principio d’aborto.”
Fortuna che la sua fibra forte le fece superare ogni difficoltà.
Le mie attenzioni per lei si fecero ogni giorno più intense. Il suo pancione aumentava regolarmente, pure lei si era ripresa in salute.
Pensai al regalo che potevo farle in vista della nasacita del figlio. Scelsi un passeggino adatto anche in caso di trasferimento da un carcere all’altro, e chiesi di poter inserire tutto quello che occorreva per un neonato. Una mia sorella, abile in lavori a maglia, preparò una copertina dove spiccava una grossa stella a cinque punte.
Quando tutto fu pronto, i miei familiari portarono il dono al colloquio ma venne respinto immediatamente dalle guardie e ci vollero diverse udienze col direttore per convincerlo ad autorizzare questo mio regalo. Dopo qualche settimana venne finalmente il permesso.
La felicità di F. era tale che dalla sua cella ogni tanto faceva sventolare la copertina per far notare con orgoglio la stella a cinque punte.”
[Annino Mele, Il passo del disprezzo]

LINK:
Una vecchia intervista con Franca Salerno
Ciao Anto’
L’evasione di Franca Salerno e Maria Pia Vianale
Ciao Franca, cuore nostro
I funerali di Franca Salerno

per Mohammed Bannour, morto sul lavoro, dentro l’università

28 dicembre 2010 Lascia un commento

IL 28 DICEMBRE DALLE 17 ALL’UNIVERSITA’ DI ROMA LA SAPIENZA PRESSO il CANTIERE nella FACOLTA’ DI SCIENZE POLITICHE
ci sarà un’ INIZIATIVA DEL COMITATO 5 APRILE PER RICORDARE L’ENNESIMO MORTO SUL LAVORO, IN UN CANTIERE DELL’UNIVERSITA’ PIU’ GRANDE D’ITALIA…IN FASE DI RISTRUTTURAZIONE.

MOHAMMED BANNOUR, 35 ANNI TUNISINO, E’ MORTO SUL COLPO A CAUSA DEL RIBALTAMENTO DI UN MACCHINARIO CHE
LO HA SCHIACCIATO CONTRO UN MURO. LASCIA LA MOGLIE E TRE FIGLI, UCCISO SUL LAVORO IL 22 DICEMBRE 2010, MENTRE
NELLA CITTA’ DI ROMA SI ESPRIMEVA IL DISSENSO DI STUDENTI E STUDENTESSE ALLA RIFORMA GELMINI.
SI INVITANO COLORO CHE HANNO INTERESSE A MANTENERE VIVA L’ATTENZIONE SUL CASO SPECIFICO E SULLE STRAGI SUL
LAVORO, A PARTECIPARE A QUESTO APPUNTAMENTO.
SI STA ORGANIZZANDO UNA INIZIATIVA CON IL MOVIMENTO STUDENTESCO PER IL 22 GENNAIO 2011, A UN MESE DALLA MORTE
DEL LAVORATORE, ANCHE PER AVERE RISCONTRI SUGLI ESITI DELL’INDAGINE E PER SAPERE SE IN QUEL CANTIERE SONO STATE RISPETTATE TUTTE LE NORME DI SICUREZZA E SALUTE NEI LUOGHI DI LAVORO.

COMITATO 5 APRILE – snodo romano della RETE NAZIONALE SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO
bastamortesullavoro@gmail.com

 

FERROVIE: SOSPESO DANTE DE ANGELIS PER 10 GIORNI

15 ottobre 2010 2 commenti

ASSURDO: UNA PERSECUZIONE, L’ENNESIMA CONTRO DANTE DE ANGELIS, FERROVIERE ORMAI PIU’ CHE NOTO PER IL SUO ASSURDO LICENZIAMENTO E PER LA BATTAGLIA PER IL SUO REINTEGRO. ORA ANCORA UN COLPO DAI PADRONI, SOLO PER AVER ESPRESSO SOLIDARIETA’ AI TRE OPERAI DI MELFI LICENZIATI.

10 GIORNI DI SOSPENSIONE A DANTE DE ANGELIS PER SOLIDARIETA’ AI TRE OPERAI LICENZIATI A MELFI
AVEVA ACCOSTATO VOLONTA’ FIAT E FS DI TENERE FUORI LAVORATORI CON STIPENDIO

LE FS SI SONO ACCANITE ANCORA UNA VOLTA CONTRO IL MACCHINISTA
DANTE DE ANGELIS, COLPENDOLO, IERI, CON DIECI GIORNI DI SOSPENSIONE
DAL LAVORO E DALLO STIPENDIO, PER AVER ESPRESSO, IL 23 AGOSTO
SCORSO, LA SUA SOLIDARIETÀ AI LAVORATORI DELLA FIOM LICENZIATI
A MELFI E NON RIAMMESSI IN FABBRICA DOPO IL REINTEGRO

EGLI IN UNA MAIL AVEVA ACCOSTATO IL COMPORTAMENTO DELLE
DUE AZIENDE NELLA VOLONTÀ COMUNE DI PAGARE LO STIPENDIO
PUR DI MANTENERLI “FUORI” DALL’AZIENDA

LO RITENIAMO UN VERO E PROPRIO ATTO INTIMIDATORIO  UN TENTATIVO
DI OSTACOLARE NON SOLTANTO L’ATTIVITÀ SINDACALE, SOFFOCARE IL LIBERO
PENSIERO E LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE MA ANCHE LA SOLIDARIETÀ TRA I LAVORATORI.

DOMANI COME FERROVIERI SAREMO IN PIAZZA A FIANCO DELLA FIOM CONTRO L’ODIOSO
RICATTO, DIRITTI O LAVORO E DE ANGELIS SARÀ CON NOI PER INCONTRARE ED ABBRACCIARE
MARCO PIGNATELLI, ANTONIO LAMORTE E GIOVANNI BAROZZINO

REGISTRIAMO CON PREOCCUPAZIONE   CHE LA STESSA PESANTISSIMA
PUNIZIONE DI DIECI GIORNI DI SOSPENSIONE È STATA INFLITTA TRE GIORNI
FA ANCHE AD UN ALTRO MACCHINISTA E RAPPRESENTANTE PER LA SICUREZZA,
PER UNA DICHIARAZIONE SUI RISCHI DELLE GALLERIE FERROVIARIE IN PUGLIA”
ancora IN MARCIA !

GIORNALE DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908

Campagna per la sicurezza sul lavoro del ministero: la colpa è di chi “non si vuole bene”

9 ottobre 2010 1 commento

dal sito Nomortilavoro.noblogs.org
La Campagna per la sicurezza sul lavoro, promossa dal Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali recita “Sicurezza sul lavoro. La pretende chi si vuole bene”. Un messaggio e due spot rivolti solo al lavoratore e non a tutti gli  “attori” coinvolti. Dopo aver frantumato il Dlgs 81 del 2008 del Governo Prodi,hanno ben pensato di correggerlo con il decreto correttivo Dlgs 106/09 (sanzioni dimezzate ai datori di lavoro, dirigenti, preposti, arresto in alcuni casi sostituito con l’ammenda, salvamanager, ecc.). Ora il governo cerca di rifarsi la “verginità” con spot inutili che costano alle nostre tasche ben 9 milioni di euro. Questi spot sono inutili, anzi dannosi, per l’immagine di chi ogni giorno rischia la vita, non perché gli piaccia esercitarsi in sport estremi, ma colpevolizzando sottilmente il lavoratore stesso, nascondendo una realtà drammatica: l’attuale organizzazione del lavoro offre ben poche possibilità al lavoratore di ribellarsi a condizioni di lavoro sempre più precarie in tema di sicurezza. E’ una campagna vergognosa perché oggi il lavoratore ha ben poche possibilità di rispettare lo slogan “SICUREZZA SUL LAVORO. LA PRETENDE CHI SI VUOLE BENE “, quasi che se non c’è sicurezza la colpa è imputabile al fatto che il lavoratore non vuole bene a se stesso ed ai suoi familiari. Non dice nulla di chi deve garantire la sicurezza per legge, ovvero i datori di lavoro, sottovaluta i rapporti di forza nei luoghi di lavoro, non accenna minimamente al fatto che i lavoratori, specialmente di questi tempi, sono sempre più ricattabili e non hanno possibilità di scegliere di fronte ad un lavoro in nero, un lavoro precario, un lavoro a tempo determinato. I lavoratori devono sottostare a ritmi da Medio Evo. La campagna deve avviare un processo di comunicazione diffusa, in modo da rendere nota a tutti la necessità di un impegno costante da parte di tutti gli “attori” coinvolti, soprattutto di chi deve garantire la sicurezza. Questi spot devono essere sostituiti da una campagna di comunicazione che dovrà puntare sulla responsabilità civile, penale e non ultima anche etico-morale che l’imprenditore deve assumere per tutelare l’integrità delle persone che lavorano per lui. Via questi spot vergognosi, pretendiamo più ispettori ASL e più risorse, affinchè la mattanza quotidiana di lavoratori abbia finalmente fine, per l’obiettivo irrinunciabile che non si raggiunga il profitto a tutti i costi e soprattutto non con il sacrificio di vite umane innocenti.

Marco Bazzoni – Operaio metalmeccanico e rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza – Firenze; Andrea Bagaglio – Medico del Lavoro – Varese;Leopoldo Pileggi – Rappresentante dei lavoratori per La Sicurezza – Correggio; Daniela Cortese – RSU/RLS Telecom Italia Sparkle – Roma.

N.B. Chi vuole aderire all’appello, invii il proprio nominativo, azienda, qualificà e città al seguente indirizzo email: bazzoni_m@tin.it

Diego Bianchina, 31 anni, operaio: ucciso sul lavoro

2 dicembre 2009 Lascia un commento

 

TERNI 2 DICEMBRE ’09, ORE 16,30 DA VIALE BRIN
MANIFESTAZIONE CITTADINA CONTRO LE MORTI DI LAVORO
 

Un altro morto alla Thyssenkrupp: Diego Bianchina, 31 anni, operaio.

Ieri 1° dicembre a quasi due anni dal tragico anniversario della strage alla Thyssenkrupp di Torino è morto a Terni un giovane operaio di 31 anni, intossicato dalle esalazioni di acido cloridrico.
Diego Bianchina non doveva essere solo ad effettuare quelle operazioni pericolose che lo hanno portato alla morte. Le morti di lavoro nel nostro paese sono una strage, 4 caduti al giorno, 1.450 l’anno circa. UNA GUERRA.
La settimana che è appena conclusa ha visto un grave incidente al Tubificio, ad Aprile un lavoratore delle ditte in appalto è morto, sempre alla Thyssenkrupp. Non si può parlare di tragica fatalità, per quanto ci riguarda le responsabilità sono chiarei ritmi accelerati di produzione, l’inosservanza delle regole di base per tutelare la salute e la vita dei lavoratori producono un contesto in cui chi la mattina timbra per andare a lavorare rischia di non uscire la sera.
La logica del profitto ha portato a monetizzare la salute dei lavoratori, le leggi attuali hanno anche depenalizzato la responsabilità dei vertici aziendali, ma per noi una cosa è certa: la responsabilità degli incidenti e delle morti di lavoro è dei padroni e degli Amministratori Delegati, cioè di chi fa profitti col lavoro di operai e impiegati. A Torino i vertici della Thyssenkrupp sono stati inquisiti per omicidio volontario. Per noi anche questo di Diego è un omicidio volontario. Per questo, quando si è diffusa la notizia della sua morte gli operai spontaneamente sono usciti dalla fabbrica e hanno bloccato la produzione e viale Brin. Il blocco è continuato con lo sciopero del turno di notte e con quello di tutta la giornata del 2 dicembre. Ma questa morte non riguarda solo gli operai e la fabbrica, riguarda tutta la città di Terni. Perché la città deve molto, a livello economico, produttivo, occupazionale e storico all’acciaieria.

Per questo l’assemblea spontanea e autorganizzata degli operai propone un corteo che parta nel pomeriggio di oggi, alle ore 16:30, dai cancelli della fabbrica in viale Brin ed attraversi il centro cittadino.

Ø     Chiediamo ai lavoratori, ai cittadini, agli studenti, alle forze sociali, politiche e sindacali, alle associazioni di partecipare attivamente alla riuscita della manifestazione.
Ø     Chiediamo ai commercianti di abbassare le saracinesche in solidarietà con gli operai ed in lutto con la morte di Diego.
Ø     Chiediamo che l’amministrazione comunale proclami un giorno di lutto cittadino.
Ø     Chiediamo che la Terni generosa, la città solidale con gli operai per un giorno risponda con fermezza a questo omicidio di lavoro.

   INVITIAMO TUTTI A TROVARSI DAVANTI ALLA FABBRICA ALLE 16:30 PERCHE’ NON AVVENGA ANCORA

L’Assemblea spontanea ed autorganizzata degli operai della TK-AST

Un altro ferroviere ammazzato dal lavoro

23 novembre 2009 1 commento

ROMA: ANCORA UN FERROVIERE SCHIACCIATO DA UN CARRELLO. MORTO DOPO UN MESE DI AGONIA

ancora IN MARCIA !GIORNALE DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908

DAI COLLEGHI DI ROMA RICEVIAMO LA NOTIZIA 
DI UN’ALTRA TRAGEDIA SUL LAVORO
ANCORA SANGUE SUI BINARI
DOPO LA MORTE DI DOMENICO RICCO, 27 ANNI, 
AVVENUTA IL 5 OTTOBRE SCORSO, A FIRENZE RIFREDI,  
UN ALTRO FERROVIERE HA LASCIATO LA VITA SUL LAVORO
DURANTE LAVORI DI MANUTENZIONE

LA NOTTE SCORSA E’ MORTO IL NOSTRO COMPAGNO DI LAVORO, BRUNO PASQUALUCCI, OPERAIO RFI ADDETTTO ALLA MANUTENZIONE DEL COMPARTIMENTO DI ROMA, A SEGUITO DELLE GRAVISSIME FERITE RIPORTATE NELL’INFORTUNIO SUL LAVORO AVVENUTO IL 23 OTTOBRE SCORSO NELLA STAZIONE DI MACCARESE (RM), SULLA LINEA ROMA CIVITAVECCHIA. 

BRUNO, 63 ANNI, AD UN PASSO DALLA PENSIONE, SAREBBE RIMASTO VITTIMA  DI UNA CADUTA DAL CARRELLO LAVORI IN MOVIMENTO CHE LO AVREBBE SCHIACCIATO CONTRO IL MARCIAPIEDE. LA SUA AGONIA SI E’ PROTRATTA PER UN MESE, DURANTE IL QUALE HA SUBITO NUMEROSI INTERVENTI CHIRURGICI. LA NOTIZIA DELL’INFORTUNIO SUL LAVORO NON ERA STATA DIVULGATA ALL’OPINIONE PUBBLICA NE’ ALL’INTERNO DELL’AZIENDA, NONOSTANTE L’ ESTREMA GRAVITA’ DEL FATTO E L’ASSURDA RIPETITIVITA’ DELLE MORTI SUI BINARI. AZIENDA, ANSF, MINISTERO DEI TRASPORTI, ASL, MAGISTRATURA E SINDACATI SONO CHIAMATI A DARE RISPOSTE CONCRETE E NON DI CIRCOSTANZA A QUESTE TRAGEDIE PER RICERCARNE LE REALI CAUSE ED EVITARNE ALTRE. 
A NOI IL COMPITO DI ORGANIZZARCI E LOTTARE PER DIFENDERE LA NOSTRA SALUTE E LA NOSTRA DIGNITA’. NESSUNO LO FARA’ AL POSTO NOSTRO.

Roma, 23 novembre 2009

Denuncia mancanza di misure di sicurezza dopo la morte del collega: LICENZIATO!

20 settembre 2009 Lascia un commento

Dal sito NOMORTILAVORO
Luigi Pirino, operario precario della forestale siciliana che viene impiegato per 101 giorni all’anno rimanendo in cassa integrazione per il resto del periodo dell’anno, è stato licenziato dal Dipartimento Foreste della Regione Siciliana per “infedeltà all’azienda” e per “denigrazione”. Il tutto nasce l’8 agosto di quest’anno quando il Pirino assiste alla morte di un collega, travolto da un mezzo, mentre cercavano di spegnere un incendio a Niscemi (CL). L’operaio dopo l’incidente denunciò alla stampa il fatto che non si disponeva di dispositivi e procedure di sicurezza. Licenziato in tronco ricorre al giudice del lavoro.E’ stato licenziato perchè ha avuto il coraggio di dire che nella forestale siciliana non c’è sicurezza per i lavoratori. I sindacati non avrebbero affrontato la questione in maniera giusta e l’operaio si è rivolto ad un avvocato che ora presenterà ricorso al Giudice del Lavoro. A dare la notizia è un servizio video trasmesso dall’emittente televisiva TG10 di Gela in provincia di Caltanisetta.

altri 3 morti per cui lottare

27 Maggio 2009 Lascia un commento

818

“VEDO LA LORO DIVINA PAZIENZA. 
MA LA LORO DIVINA FURIA, DOV’E’?” _B. Brecht_ 

PIERLUIGI SOLINAS, 27 anni
DANIELE MELIS 52 anni
BRUNO MONTONI 26 anni
TUTTI E 3 DI VILLA SAN PIETRO (POCHI KM DA CAGLIARI) AMMAZZATI DAL LAVORO DENTRO UNA CISTERNA DELLA RAFFINERIA SARAS DI SARROCH, IN SARDEGNA, DI PROPRIETA’ DELLA FAMIGLIA MORATTI. LORO, TUTTI E 3, ERANO DIPENDENTI DI UNA DITTA ESTERNA ALL’IMPIANTO: LA COMES SRL.
ALTRI 3 MORTI UCCISI DALLE ESALAZIONI DI GAS E AZOTO DENTRO UNA CISTERNA, ALTRI 3 MORTI ESTERNALIZZATI, SUBAPPALTATI, 3 MORTI DI LAVORO E DI SOLIDARIETA’… UNO DOPO L’ALTRO, PER CERCARE DI SALVARE I PROPRI COMPAGNI DALLA MORTE CERTA.
E I PADRONI ORA PARLANO DI CORDOGLIO, DI TRAGICA FATALITA’, DI BRUTTO INCIDENTE: TRA QUALCHE MESE CI DIRANNO CHE IN REALTA’ CI SONO DELLE PRECISE RESPONSABILITA’: CHE IL VIDEO INIZIATO A FAR CIRCOLARE A GENNAIO PROPRIO SULLE MISURE DI SICUREZZA ALL’INTERNO DI QUELLA RAFFINERIA  DICEVA SEMPLICEMENTE LA VERITA’ E CHE QUELLA VERITA’ ANDAVA ASCOLTATA PRIMA DI QUESTI 3 ASSASSINII.

3 MORTI CHE NON SONO BIANCHE: 3 MORTI CHE SONO OMICIDI. 
OMICIDI COMMESSI DAI PADRONI, DAL PROFITTO, DALLE ESTERNALIZZAZIONI, DALLO STATO, DAL CAPITALE

Lettera a Trenitalia per Dante De Angelis

24 Maggio 2009 4 commenti

DAL BLOG DI ANNALISA MELANDRI

Il licenziamento di Dante De Angelis non può essere un problema esclusivamente di chi sta scioperando per farlo riassumere, i ferrovieri e il sindacato di

Foto di Valentina Perniciaro _Reparto manutenzione locomotori, Scalo San Lorenzo_

Foto di Valentina Perniciaro _Reparto manutenzione locomotori, Scalo San Lorenzo_

 

base, ma deve interessare tutti coloro che del treno ne fanno un mezzo di trasporto importante. Vi chiediamo pertanto di partecipare  a questa protesta per la giustizia e la sicurezza di tutti i viaggiatori,  diffondendo quanto più possibile questo volantino e inviandolo agli indirizzi indicati.  La richiesta è rivolta soprattutto ai pendolari che possono riprodurlo  e lasciarlo in giro sulle panchine delle stazioni, nei bar e “casualmente” dimenticarne qualcuno sui sedili dei treni.(A.M) Scarica qui il volantino formato word

Spett.le Direzione
Trenitalia Spa 
Ferrovie dello Stato S.p.a.
Piazza della Croce Rossa, 1 – 00161 Roma
rapporticlienti@trenitalia.it

Roma, maggio 2009

Siamo donne e uomini che utilizzano con convinzione il treno per gli spostamenti interurbani.

Il treno da sempre è considerato, a ragione, un mezzo di trasporto poco inquinante, compatibile con l’ambiente e sicuro. Più sicuro degli altri mezzi di trasporto; ciò è quanto emerge infatti dalla storia del trasporto su rotaia.

Noi, viaggiatori e cittadini di questo paese, desideriamo  che il treno continui a mantenere queste  sue caratteristiche.

 I lavoratori delle ferrovie, sappiamo, stanno facendo di tutto perché il treno mantenga e migliori queste sue prerogative, soprattutto, per quanto attiene alla loro attività, la SICUREZZA.

Foto di Valentina Perniciaro _La rotonda, Scalo San Lorenzo

Foto di Valentina Perniciaro _La rotonda, Scalo San Lorenzo

 Sappiamo che, grazie alle loro lotte sindacali, i ferrovieri hanno raggiunto importanti innovazioni a vantaggio della sicurezza, una delle più significative è stata l’aver conquistato il “Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” (Rls), come espressione della sorveglianza e verifica degli stessi lavoratori al buon funzionamento delle macchine e delle procedure.

Noi viaggiatori ci sentiamo sicuri, in un certo senso protetti, sapendo che chi produce il trasporto ferroviario, allo stesso tempo vigila con attenzione per tutelare la salute e l’incolumità di chi lavora e chi viaggia.

 Ci è sembrata questa conquista un gran passo avanti di civiltà, purché il “Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza” (Rls), operi nel rispetto della verità.

 Invece… un giorno veniamo a sapere che uno di questi “Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza”, uno dei più attivi e attenti, svolgendo il proprio lavoro di macchinista (quello che conduce il treno) e discutendo con i suoi compagni di lavoro, si era accorto di alcune anomalie che potevano compromettere la sicurezza di chi lavora e di chi viaggia e -giustamente- l’ha prontamente segnalato all’Azienda Trenitalia.

 Si poteva pensare che questo macchinista fosse stato proposto per un premio, così sarebbe successo in un paese civile, così doveva accadere  in un paese democratico… invece… è stato licenziato! Si chiama Dante De Angelis.

 Sembra un racconto dell’orrore, o forse del terrore. Terrore e intimidazione con cui i dirigenti di Trenitalia cercano di ridurre al silenzio i ferrovieri, con la minaccia di licenziamento, mettendo a repentaglio la loro e la nostra sicurezza.

 Ma ancor più preoccupante ci sembra la motivazione del licenziamento: “è venuto definitivamente meno il rapporto di fiducia”. Con queste parole Trenitalia ha licenziato Dante De Angelis.

Foto di Valentina Perniciaro _Scalo San Lorenzo, alla ricerca del binario giusto_

Foto di Valentina Perniciaro _Scalo San Lorenzo, alla ricerca del binario giusto_

Noi viaggiatori vorremmo, anzi,  esigiamo,  di poter avere fiducia nella correttezza dei dirigenti di Trenitalia quando è in gioco la salvaguardia dell’incolumità di chi lavora e chi viaggia. Non riusciamo a comprendere quale altra fiducia la dirigenza di Trenitalia pretenda dai ferrovieri. O forse confonde fiducia con omertà?

 Da quel 15 agosto del 2008, giorno in cui il ferroviere macchinista e Rls Dante De Angelis è stato licenziato per aver detto la verità su alcuni pericoli incombenti, (poi puntualmente verificatisi), noi viaggiatori sui treni italiani NON CI SENTIAMO PIU’ SICURI.

 E non ci sentiremo sicuri,  né cittadini di un paese civile,  fino a quando  Dante De Angelis non verrà reintegrato in servizio e finché non venga sanzionata l’attività antisindacale di Trenitalia lesiva dell’incolumità di chi lavora e di chi viaggia.

 Il nostro auspicio, che è anche una precisa richiesta, è che l’Amministratore delegato di Trenitalia Spa Mauro Moretti e tutta la dirigenza facciano un sostanziale passo indietro e riconoscano il proprio errore.

 

Annalisa Melandri

per un gruppo di viaggiatori delle Ferrovie di Roma Trastevere
http://www.annalisamelandri.it 
 

 

una vecchia intervista a Franca Salerno

4 dicembre 2008 32 commenti

“Sono stata arrestata ed ero incinta, ma mi hanno picchiata
Franca Salerno, Arrestata il 9 luglio 1975, condannata a quattro anni e mezzo per appartenenza ai Nap, Nuclei armati proletari, evasa insieme a Maria Pia Vianale dal carcere di Pozzuoli e riarrestata il primo luglio 1977 in piazza San Pietro in Vincoli a Roma…“In un conflitto a fuoco dove Antonio Lo Muscio è morto ammazzato”.

Antonio Lo Muscio appena giustiziato

Antonio Lo Muscio appena giustiziato

Ricordo le foto sui giornali, la tua all’ospedale… “Sì, loro ti cercano, ti pedinano e quando ti catturano ti massacrano di botte. Per quei tempi era normale. Gridavano: “Ammazziamole, facciamole fuori”. Se non ci fosse stata la gente a guardare dalle finestre sarebbe stata un’esecuzione. A Pia hanno sparato perché si era mossa. Ricordo i loro occhi, dentro c’era rabbia e eccitazione; erano fuori di sè perché eravamo donne. Averci prese, per loro, era una vittoria anche dal punto di vista maschile“.

Al processo, a quanti anni ti hanno condannata?A 18, per banda armata”.
Sapevi di essere incinta al momento dell’arresto? “Sì, avevo questo bambino in pancia e volevo salvaguardare la sua vita. Antonio era morto, Pia era stata portata via con l’autoambulanza ferita, io ero sul selciato e gridavo: “Sono incinta”, ma da ogni autocivetta uscivano uomini e picchiavano. Sino a quando è arrivato anche per me il momento di andare in ospedale”.

Cosa vuol dire fare un figlio in carcere? “Guarda che io il figlio l’ho fatto fuori, in carcere l’ho partorito.

Franca incinta al processo

Franca incinta al processo

Ma non mi sono sentita mamma da subito, all’inizio mi vergognavo. Quasi che il mio essere gravida fosse un tradimento alla rivoluzione”.

Ed è rimasto con te in carcere? “Sino ai tre anni andava e veniva, perché in carcere i bambini non stanno bene. E poi ho fatto molto carcere da sola, come a Nuoro, dove in sezione c’eravamo solo io e lui. Forse dalle lettere avevano capito che vivevo la maternità in modo confittuale e mi hanno messo alla prova”.

Come si chiama? “Antonio”.

Poi cosa è successo? “Compiuti i tre anni, i bambini in carcere non ci possono più stare. È stato un grosso dolore, ma esistevano i compagni e le compagne. E lui esisteva, esisteva come cosa viva, non solo come perdita. Poi ci sono stati le carceri speciali, i vetri divisori nella sala colloquio che per anni ci hanno impedito di toccarci, e tutte le altre difficoltà che “loro” mettevano in mezzo. Ma a me non fregava niente. Mio figlio esiste, mi dicevo, e anche se va via troverò un modo per costruirci qualcosa assieme, per crescerci assieme”.

Chi lo ha tenuto? “Mia madre, mia sorella, l’altra nonna”.

Lui ti ha mai chiesto perché stavi in carcere? “Si, aveva cinque anni e voleva dare risposte alla sua vita di bambino nato dietro le sbarre. Potevo spiegargli la rivoluzione? E poi non mi piace la retorica gloriosa. Così gli ho detto: la mamma ha rubato. Poi, piano piano, ho cercato di spiegare. Ma il racconto vero dei percorsi che mi avevano portato in carcere c’è stato quando sono uscita e lui aveva 16 anni”.

Antonio

Foto di Valentina Perniciaro _Antonio_

E dopo sedici anni di galera come si riprende a vivere fuori? “Per un anno avevo i piedi fuori e la testa da detenuta. Cercavo emozioni passate, fili, ed ero comunque e sempre sulla difensiva. Poi, un po’ alla volta, ho iniziato a misurarmi con la realtà. Col lavoro necessario, con mio figlio. Era una presenza intensa, ma io da sedici anni non ero abituata alle presenze, ad avere persone attorno, all’interesse di qualcuno su di me. Ero disabituata alla materialità degli affetti, ai corpi da toccare. Ho dovuto imparare a non vivere di continue elaborazioni del cervello, a mettere in comunicazione corpo e mente”.

E il carcere, lo hai dimenticato? “Lo sogno continuamente. E per me sognare non è una seconda vita. Per me il carcere è presente, come sono presenti i compagni e le compagne che sono ancora dentro, a scontare una pena che non ha fine. In nessun modo disposti però a barattare dignità e rispetto di se stessi in cambio di libertà. Abbiamo rincorso l’utopia di un mondo migliore e mai l’interesse personale. Non lo faremo adesso”.

È stato facile trovare lavoro? “È stato necessario. Ma tutt’altro che facile. Mi sono state fatte offerte di lavoro da qualche parlamentare in cambio di un mio intervento sul dibattito della dissociazione. Ho rifiutato e mi sono affidata alla gente del quartiere e ho trovato lavoro in un’impresa di pulizie”.

Dell’esperienza del carcere cosa rimane addosso? “Dei vizi. Dentro la borsetta metto di tutto: spazzolino, penna, fogli bianchi, insomma quello che può servire per i cambiamenti improvvisi. Le cose che una detenuta inserisce nello zaino quando c’è aria di trasferimento e sa che, quando avverrà, non le sarà concesso nemmeno il tempo di prepararsi la borsa. E quando mangio lascio sempre qualcosa nel piatto, per dopo, perché non si sa mai”.

Lascia l’amaro in bocca quest’intervista, più di quanto le parole di Franca non lo lascino già.

Perchè quel bimbo di cui si parla, Antonio, non smette di mancare ad ognuno di noi.
Perchè la storia di quella vita nata tra le sbarre di un carcere di massima sicurezza non doveva finire spezzata sul lavoro, come troppe persone ogni giorno.
Solo oggi tra la lista dei morti spunta un ragazzo di 20 anni, morto accanto al fratello, rimasto gravemente ferito….non se ne può più. QUESTA PAGINA E’ QUINDI CONTRO IL CARCERE, CONTRO LA PRESENZA DI BAMBINI DA 0 A 3 ANNI,
MA

Antonio

Foto di Valentina Perniciaro _Antonio_

ANCHE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO, PER FERMARE LA QUOTIDIANA SEQUELA DI ASSASSINII

Il giorno in cui è morto quel 17 Gennaio del 2006, Antonio Salerno Piccinino stava lavorando e faceva una consegna straordinaria, un favore personale ad uno dei suoi dirigenti, un viaggio fino ad Ostia improvvisato probabilmente per la voglia di dimostrare affidabilità.

Antonio è morto perchè andava troppo veloce a causa dei ritmi inarrestabili e delle pressioni emotive costanti che ci vogliono disponibili, sorridenti e veloci, sempre.
Antonio era un pony express, il contratto di lavoro era scaduto a fine dicembre e formalmente, quando è morto sulla Cristoforo Colombo non gli era ancora stato rinnovato.
Antonio era in nero. Il suo lavoro era quello di corriere addetto ai ritiri presso gli ambulatori veterinari, percorreva sulle strade di Roma 130Km al giorno. 14 ritiri al giorno, 3 euro per ogni ritiro in città, 5 euro per ogni ritiro oltre il Grande Raccordo Anulare e 6 euro per ogni ritiro nella zona mare comprendente Ostia, Torvajanica e Fiumicino.
E’ Indispensabile andare veloce perché l’equazione è semplice: aumentare il numero di ritiri per aumentare la propria busta paga.
E’ così che è morto Antonio. Ma Antonio non era affatto il suo lavoro, anzi. Era un ragazzo pieno di vita e di sogni. Antonio era un ragazzo di ventinove anni consapevole dei meccanismi di sfruttamento che era costretto a subire, era un precario che lottava quotidianemente contro la precarietà del lavoro e della vita.