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Pavlos Fissas, ammazzato dai fascisti

A pugno chiuso, Pavlos!
The world has become a big prison
and I ‘m looking for a way to break the chains.
There is a place waiting for me,
there at a high mountain peak for me to arrive.
That’s why I stretch again my two hands very high,
to steal some light from the bright stars.
I cannot take it down here and I’m about to choke from
this human misery, as much as sorrow.
I cannot stand it anymore and all these people were not from me,
so I followed another path and not the one they forced me to.
It was rough, tough and with many pitfalls,
bad love and friends like venomous vipers.
It had monsters with strange uniforms
always secretly lurking in the shadows.
Don’t stop if you decide to follow it,
tighten your teeth firmly and do not cry.
I took it myself and reached its end
and as the old wise people write in books
when the sun reaches its end,
eagles will light a fire from above.
To those who betrayed me by back stabbing me I want them to know that
I will not bother to cry.
And to all my old loves I want them to know that
I will not bother to cry.
And to those that threatened me burning chains I want them to know that
I will not bother with fear.
Let them come and find me at the mountain top, I’m waiting for them and
I will not bother with fear.
They told me not to have “crazy” dreams,
not dare to look at the stars,
but I ‘ve never took them seriously,
I took the whole world in my arms.
They want nowadays to build me a nest,
where there ‘s more fear, ugliness
and a moaning cry and a heavy chain,
carrying the curse of the gods and blasphemy.
I will not shed a tear and I will not be afraid.
I will not let them steal my dreams.
I fly free, high, very high
while they are jealous of my proud unbound wings.
And I’m waiting for other brothers to come here
in this mountain peak waiting for them all,
as long as they don’t cry and fear
living in this well thought fraud.
To those who betrayed me by back stabbing me I want them to know that
I will not bother to cry.
And to all my old loves I want them to know that
I will not bother to cry.
And to those that threatened me burning chains I want them to know that
I will not bother with fear.
Let them come and find me at the mountain top, I’m waiting for them and
I will not bother with fear.
To those who betrayed me by back stabbing me I want them to know that
I will not bother to cry.
And to all my old loves I want them to know that
I will not bother to cry.
And to those that threatened me burning chains I want them to know that
I will not bother with fear.
Let them come and find me at the mountain top, I’m waiting for them and..
Il testo di una canzone di Pavlos Fissas, conosciuto nel mondo della musica come Killah P…
ucciso dai fascisti di Alba Dorata nelle strade di Keratsini, periferia ovest ateniese.
Trentaquattro anni, rapper, era con un amico e la sua fidanzata in giro quando è sono stati attaccati da un gruppo di Alba Dorata, partito neonazista greco, finchè non è arrivata una macchina, il cui autista è sceso e l’ha colpito a morte, al cuore e allo stomaco.
E’ morto poco dopo in ospedale, mentre la sua morte è stata “vigilata” da una moto della polizia che è intervenuta solamente a coltellate date: il suo assassino, 45enne appartenente ad Alba Dorata di nome Georgios Roupakias (Γεώργιος Ρουπακιάς) e più che conosciuto nel mondo dell’estrema destra greca, è stato poi arrestato.

Ecco quei cosi schifosi de Alba Dorata
Le strade greche hanno risposto immediatamente a questo balordo assassinio: più di 26 città hanno visto ogni vicolo riempirsi di determinazione, odio antifascista e scontri con la polizia. Athens, Thessaloniki, Patras, Larisa, Chania, Rethimno, Iraklio, Kozani, Trikala, Komotini, Mytilene, Chios, Kalamata, Corinth, Preveza, Volos, Agrinio, Arta, Ptolemaida, Mesollogi, Samos, Serres, Giannena, Alexandroupolis, e Livadia: tutte queste città erano solo una piazza, solo uno slogan,
un solo urlo di rabbia che si propaga per un paese che non ne può più della repressione dello Stato e della manovalanza fascista che sempre più colpisce migranti e antifascisti.
Si contano centinaia di arresti, ma anche una determinazione che non verrà fermata con la repressione, nè con le cariche della polizia.
A PAVLOS, A PUGNO CHIUSO!
Leggi anche: Ufficiale della marina italiano punta pistola contro antifascisti a Patrasso, QUI
Una scuola per bambini non per clienti o consumatori. Mc Donald’s non ci deve entrare
In 4 giorni più di undicimila persone hanno cliccato i due post che ho pubblicato sulla pubblicità che la multinazionale Mc Donald’s è venuta a farsi il giorno della riapertura delle classi all’interno dell’asilo per l’infanzia del comune di Roma dove quest’anno ho iscritto mio figlio.
La vicenda ha assunto una tale rilevanza che dopo l’iniziale risposta del sindaco, anche l’assessore alla Scuola, Giovani e Pari Opportunità del comune, Alessandra Cattoi, è intervenuta stamani con una intervista rilasciata a metronews.it, che potete leggere in integrale nel box qui sotto.
Dalle risposte dell’assessore veniamo a sapere che l’ingresso di Mc Donald’s all’interno dell’istituto scolastico sarebbe dovuto all’improvvida iniziativa di una educatrice su consiglio di un genitore: «È stato uno scivolone di una delle educatrici della scuola, su suggerimento di un papà. Non ne era al corrente nemmeno la coordinatrice dell’asilo».
La coordinatrice per l’infanzia di un municipio romano ha ricordato, in uno dei tanti commenti (più di 60) apparsi sotto i due post sulla vicenda, che secondo quanto previsto dai regolamenti amministrativi del comune di Roma, «nella scuola pubblica non si possono vendere, ne comprare e/o promuovere beni e servizi se non secondo procedure rispondenti al progetto educativo e disposte per delibera degli organismi di partecipazione».
Una norma che ai miei occhi appare fin troppo permissiva poiché non preclude affatto la vendità, l’acquisto o la sponsorizzazione di beni e servizi ma la lega alla presenza di un progetto educativo a cui dovrebbero essere finalizzati e al rispetto delle procedure di deliberazione degli organismi di partecipazione, nei quali sono presenti tutti i soggetti che fanno parte della comunità scolastica.
Capite che in questo modo si potrebbe consentire, sia pur nel rispetto delle procedure, la vendita da parte di privati di offerte educative, dall’attività sportiva, ai corsi di recupero o corsi specialistici eccetera. Questa norma apre molto subdolamente all’ingresso del mercato nella scuola pubblica. Le avvisaglie ci sono da tempo, dalla pubblicità sui libri, agli sponsor. Sarebbe la definitiva morte dell’insegnamento pubblico, della scuola per tutti anche nell’età dell’obbligo. In questo modo andranno a scuola solo i figli delle famiglie che potranno permetterselo, che hanno un reddito tale da poter pagare le offerte educative. Mentre gli altri andranno per strada, al massimo verranno ammassati in cameroni, per loro vedrete ci sarà chi comincerà a predicare la necessità di reintrodurre principi correttivi rigidi, la responsabilità penale a 13 anni, come è accaduto in Gran Bretagna, e al posto della scuola avranno una bella casa di correzione.
Ma a parte queste mie considerazioni, quel che è accaduto il primo giorno di scuola alla Cittadini del mondo non rientra in nessuna delle caratteristiche legali previste dalla norma indicata: la presenza di Mc Donald’s non rientrava in nessun progetto educativo e nessun organismo partecipativo d’istituto aveva deliberato una decisone del genere, sconosciuta persino alla coordinatrice scolastica. Insomma un’abuso totale.
Ora che un genitore (ovviamente diamo per acquisita la buona fede) non possa aver mai saputo che una scuola pubblica non è un mercato (per giunta anche quelli sono regolati eccome!) dove si può vendere, comprare, fare pubblicità, ci può anche stare. Certo bisogna riconoscere che è un segno dei tempi degradati che corrono. Siamo nell’era della servitù volontaria dove anche chi ha tutto da perderci è convinto che privato sia bello, che il suo padrone sia un benefattore non uno che ricava dalla sua prestazione profitto tanto che il giorno in cui non gli conviene più lo lascerà per strada con un bel calcio nel sedere, in una società dove chi ha contratti precari può scordarsi ammortizzatori e indennità di dicoccupazione e chi ha meno di 40 anni non avrà mai una pensione.
Ma che un’educatrice non sapesse che una multinazionale non può entrare impunemente in una scuola a spacciare e fare pubblicità per i suoi prodotti lascia di stucco. Certo che lo sà, altrimenti dovremmo pensare che i nostri figli sono in mano a delle incapaci!
Voglio aggiungere solo un’altra cosa, l’assessore Cattoi dice: «Da quando sono assessore a Roma ho scoperto che i genitori sono attentissimi a quel che mangiano i figli in mensa, il cibo a volte viene prima dell’insegnamento».
Si potrebbe facilmente rispondere che nell’insegnamento rientra anche l’educazione alimentare. Lo sanno bene gli organismi centrali della sanità che devono affrontare le conseguenze su scala nazionale della cattiva alimentazione che ha costi tali da ripercuotersi sulla collettività.
Invece bisogna capire che questa vicenda ha una significato centrale proprio per l’insegnamento: la scuola non è un mercato, ciò vuole dire che esistono spazi che non rispondono alla legge della domanda e dell’offerta o ad altre variabili del genere. La scuola deve restare uno spazio comune, libero, autonomo dove far crescere bimbi che dovranno essere persone consapevoli, dotate di strumenti che gli consentano di saper e poter scegliere, di avere uno sguardo critico e autonomo, persone appunto, non clienti, non consumatori. PERSONE LIBERE!
da http://www.metronews.it/master.php?pagina=notizia.php&id_notizia=15886
Metronews
Se il Mc Donald va all’asilo, parla l’assessore alla scuola del comune di Roma
di Paolo Chiriatti
Mi Consenta ad Alessandra Cattoi, assessore alla Scuola, Giovani e Pari Opportunità
La scorsa settimana in un asilo comunale alla periferia di Roma personale del Mac Donald ha accolto i bambini all’interno della struttura con palloncini, thermos di tè, e soprattutto tanti buoni pasto da consumare nei suoi fast food. Come è stato possibile?
“È stato uno scivolone di una delle educatrici della scuola, su suggerimento di un papà. Non ne era al corrente nemmeno la coordinatrice dell’asilo”.Non c’è un controllo sulle iniziative che vengono fatte nelle scuole?
Certo, alcune sono verificate direttamente dal Comune, altre dai vari municipi.
Diciamo che questa volta un’importante catena di ristorazione è riuscita a farsi pubblicità…
Beh, diciamo anche che per fortuna un gruppo di mamme che accompagnava i figli all’asilo si è subito accorta di quest’anomalia e ha segnalato il caso. Da quando sono assessore a Roma ho scoperto che i genitori sono attentissimi a quel che mangiano i figli in mensa, il cibo a volte viene prima dell’insegnamento.E lei cosa pensa di questa vicenda?
Che i fast food non siano campioni della buona alimentazione lo sanno in primo luogo le mamme e i papà, e non credo che un episodio simile si possa ripetere.
Gli altri post su Mc Donald’s in un asilo romano
Mc Donald ci da il benvenuto alla scuola materna!
Anche in Francia si parla del Mc Donald’s nella materna del comune di Roma
Turchia: vittime collaterali
Un post da @workingclasshero che ci racconta le ultime ore ad Istanbul,
Grazie caro!
Serdar Kadakal è morto stamattina. È morto per un attacco cardiaco dovuto a inalazione di gas. È morto perché da tre giorni a Kadikoy, quartiere in parte asiatica di Istanbul, va in onda uno spettacolo pirotecnico di fuochi d’artificio offerto dalle forze dell’ordine. Non è dunque il gas delle mura domestiche che ha stroncato Serdar, ma quello nostrano delle forze del disordine. Omicidio? Suvvia non scherziamo. Chiamiamola tragica fatalità.
Una fatalità che aveva già preso tra le sue braccia il destino di Metin Lokumcu, Irfan Tuna e Selim Onder. Non c’è due senza tre. Ora siamo arrivati a quattro. Quattro vittime – morti non basta – collaterali agli eventi di occupygezi. Difatti nessuna di queste quattro persone è morta negli scontri, anche se le famiglie spingono su questo fatto, anche se la loro scomparsa è legata a questi. Una morte indiretta, se vogliamo, ma scordatevi la casualità. Non si muore per caso.
Ma perché da tre giorni si protesta a Kadikoy? A questa domanda vorrei rispondere non in maniera sintetica, preparatevi a sorbirvi un mezzo pippone. Anzi, no. Prima rispondo, non sia mai si vada a cercare la ragione tra le pagine di qualche infausto quotidiano. A Kadikoy – e a Istanbul, Ankara, Izmir e altre città – si protesta perché pochi giorni fa è morto (ammazzato?) un manifestante. Ahmet Atakan, 22 anni, secondo la polizia si è buttato di sua volontà da un muretto, mentre per i ribelli è stato centrato in pieno da un candelotto lacrimogeno sparatogli da cinque metri. Dov’è la verità? In un video, in effetti, si vede cadere Ahmet da un muretto. Ma cade a peso morto, come un pupazzo, senza muovere un arto; per gli sviluppi si aspettano il RIS di Parma o il CSI. Domanda tecnica per gli esperti di balistica: i candelotti non si sparavano a 45 gradi dal terreno?
Pippone. In Turchia non si manifesta da tre giorni. La protesta non si è mai fermata. Continua dalla fine di maggio e, come tutte le cose, si è evoluta (o involuta, dipende). C’è meno gente che a giugno/luglio, ma più che ad agosto. Niente bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto. E nemmeno occupygezi due, che fa molto vendemmia. No. È la natura che è cambiata, meno di pancia e più con il cervello – anche se i morti sembrano smentirmi. Ci sono più partiti adesso che aprono le bandiere dentro le manifestazioni, tipo il BDP e il CHP, e non è necessariamente un male; peccato che questo nuovo partito non ce l’ha fatta a formarsi e non ci sia segno di una grosse koalition. I forum, comunque, stanno dando una spinta eccezionale alla protesta e continuano e continuano, non si sono mai fermati.
Il motivo vero per il quale si è perso di vista la protesta in Turchia, in Italia come altrove, è che non interessa. Diciamocelo. Non fa audience. I morti assordanti dell’Egitto hanno rubato giustamente la scena per poi essere rimpiazzati da quelli silenziosi della Siria. Per un giorno eh, non di più. Poi, pure per loro, dura minga. Dicono che un premio per la pace si prepara a combattere l’ennesima guerra, io non lo so, non so più chi è il buono e chi è il cattivo. Il brutto è che girarsi è troppo facile, ignorare è troppo facile, fare finta di niente è troppo facile. La Turchia è finita sui giornali pochi giorni fa quando Istanbul ha perso la possibilità di tenere le olimpiadi del 2020, ancora ho letto di gente che in Italia pensava a un’opportunità persa per la “democrazia” quando qui i capulcu erano per le strade a festeggiare. A festeggiare una sconfitta. Ossimori, eh?
E così mi sento un po’ io. Sconfitto. Ma non ancora vinto. E fino a quando avrò fiato scriverò le mie parole su un pezzo di carta e che buon pro vi faccia.
Diana uccide gli stupratori: W DIANA!
Iniziamo direttamente dalle sue parole, le parole di Diana La Cazadora de Choferes ( Diana, la vendicatrice di autisti) giunte come rivendicazione delle sue gesta al giornale messicano La Polaka.
“Pensano che poiché siamo donne siamo deboli e abbiamo bisogno di lavorare fino a tarda notte per mantenere le nostre famiglie non possiamo far altro che tacere questi atti che ci riempiono di rabbia; le mie compagne hanno sofferto in silenzio, ma non possiamo tacere di più, siamo state vittime di violenze sessuali da parte dei conducenti che coprono il turno di notte qui a Juárez e nessuno difende o fa nulla per proteggerci, quindi io sono uno strumento per vendicare diverse donne che apparentemente siamo deboli per la società, ma non lo siamo veramente, noi siamo coraggiose e noi ci faremo rispettare per mano nostra. Le donne di Juarez sono forti”.
Diana, questo il nome che si è scelta per firmare le sue azioni , è una donna dai lunghi capelli biondi e dalla gonna scura, questo è quello che sappiamo. E sappiamo che è già definita una “serial killer”, e che si aggira nella città che ha il più alto tasso di stupri e assassinii di donne al mondo (proprio un bel primato): Ciudad Juarez, centro operaio messicano a pochi kilometri dal confine statunitense.
Una cittadina dove appunto le donne sono preda di stupri continui soprattutto durante gli spostamenti per recarsi nei centri industriali, fuori dalla città, e son quindi i camionisti e autisti delle corriere le categorie più accusate delle continue violenze sessuali.
Per ora i morti son due: Roberto Flores Carrera, autista di corriera di 45, morto con un colpo alla testa e
Freddy Zarate, stessa età, stesso mestiere e stesso colpo in testa.
Le poche e chiare righe di Diana ci raccontano le motivazioni di queste due morti,
e ci fanno pensare/sperare che proseguirà nel suo lavoro,
alla faccia del “se non ora quando”.
10, 100, 1000 DIANA!
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