Archivio
Palestina: mobilitazioni per i prigionieri. Nuova intifada?
L’aria che da laggiù arriva ha un odore intensissimo.
Che non è solo quello dei lacrimogeni israeliani, che piovon come riso a fine nozze, ma quello della rivolta.
Dell’Intifada.
Quella capace di scoppiare in ogni vicolo sbilenco di campi profughi, villaggi, città palestinesi,

Foto di Valentina Perniciaro _Il funerale di Ayyat, Dheishe, Palestina 2002_
sotto occupazione israeliana da tanti di quei decenni che in qualunque altro posto al mondo i ricordi della Nakba sarebbero sbiaditi.
Non in Palestina: lì non c’è storia che non è carne, lì non c’è profugo che non chiede ritorno,
lì non c’è ingiustizia alla quale non si resiste, con ogni mezzo a disposizione.
A partire dai propri corpi.
A partire anche dai corpi che più degli altri son prigionieri: rinchiusi nelle carceri israeliane.
La lotta dei prigionieri, il loro sciopero della fame senza possibilità di collaborazione,
la morte di Arafat Jaradat, oggi seppellito a Sair, vicino Hebron, ma morto in una cella del carcere israeliano di Megiddo:
tutto ciò ha riportato una solidarietà e una rabbia nelle strade, ad affrontare la polizia militare e l’esercito,
che non si vedeva da molto tempo, con queste dinamiche e prospettive.
Sembra di respirare veramente aria di una nuova Intifada.
Dal campo profughi di Aida poi, a pochi passi da Betlemme e incastonato nei miei ricordi, la notizia del gravissimo ferimento di un ragazzo di soli 13 anni, Muhammad Khalid al–Kirdi, colpito al torace da una pallottola che l’esercito nega di aver usato. (leggi qui il racconto della giornata ad Aida)
La solita storia, sui soliti giovanissimi corpi resistenti di Palestina.
[sempre sperando che chi prova empatia verso tutto ciò, senta muoversi dentro qualcosa anche per i 1076 morti che ci son stati solo in quest’ultima settimana di mattanza siriana, o per i 100.000 e passa profughi che stanno solo a Zaatari, uno tra i tanti campi ormai esistenti tra Giordania, Libano e Turchia]
Dalla Palestina: La strada verso la liberazione
Pubblico volentieri questo comunicato del movimento dei giovani palestinesi, di cui vi consiglio di seguire il sito (QUI), di commento al riconoscimento della Palestina come stato osservatore, non membro.
Ieri, a caldo, il mio solo commento è stata la pubblicazione di una foto, che trovo geniale, su quello che è la Palestina, anche secondo le Nazioni Unite.
Un arcipelago.
Un arcipelago in mezzo alla terra.
Un ammasso di piccole isolette prive anche solo della speranza di una continuità territoriale, di autodeterminazione, di libertà di movimento e di poter far rientrare A CASA 7 milioni di profughi,
che non attendono altro dal 1948 o ’67.
Solo quella sarà la Palestina:
quella dove potranno tutti far ritorno,
quella senza muri e colonie,
quella liberata dalla farsa della diplomazia.
Ieri la Palestina è stata riconosciuta dalle Nazioni Unite come Stato osservatore, non membro, alcune voci palestinesi ci ricordano che questa “vittoria” ha più che altro il sapore amaro della sconfitta.
L’iniziativa per la richiesta di riconoscimento dello “stato di Palestina” è stata una imposizione che ha deliberatamente ignorato tutte le critiche interne che ha ricevuto. E’ stata accolta come un nuovo passo nella lunga marcia del nostro popolo verso la realizzazione delle nostre ambizioni politiche. Tuttavia, dobbiamo fermarci e chiederci, quali sono queste ambizioni?
E in che modo questo passo servirà il nostro progetto nazionale?
In un clima politico in cui vi è una mancanza di obiettivi chiaramente definiti, e che è caratterizzato da forte divisione politica, diventa possibile per chiunque autoproclamarsi sedicente portavoce della nostra causa.
Questi autoproclamatisi portavoce hanno approfittato di questo clima politico per screditare tutte le voci di dissenso, arrivando anche ad etichettarli come traditori. In una tale situazione, chi può richiamare questa gente alle proprie responsabilità?
E’ evidente che queste voci di dissenso, che sono estremamente critiche rispetto all’iniziativa di riconoscimento dello stato, sono state ignorate, scompaginate e frammentate. Ma questo non è dovuto all’irrilevanza delle opposizioni che sono state mosse, piuttosto, è dovuto alla mancanza di opzioni alternative che siano degne degli sforzi di coloro che si sono sacrificati con il loro sangue per la lotta. Ogni battaglia che il nostro popolo ha combattuto è costata un prezzo molto alto, e per questo, la responsabilità ricade su di noi per assicurare che la nostra lotta non sia stata mandata avanti invano e certamente non in favore di una leadership debole e corrotta
La nostra liberazione non sarà mai ottenuta sulla base di normalizzazione con il regime coloniale sionista, piuttosto sarà conquistata con il percorso che è stato scritto con il sangue dei nostri martiri. Riaffermiamo che l’unica strada che ci interessa è il percorso che si dirige in modo esplicito verso la liberazione della nostra terra e il ritorno del nostro popolo in Palestina … Tutta la Palestina.
FINO AL RITORNO E ALLA LIBERAZIONE
Palestinian Youth Movement
Leggi:
– Ma di che stato parlate?
– Comunicato dei giovani palestinesi contro la creazione dello Stato di Palestina
–Stato osservatore non membro, o arcipelago?
Da Nena News: Niente da festeggiare
La Palestina è con voi! Messaggio agli studenti e alle studentesse in lotta
Dal sito FreePalestineRoma, che vi consiglio di aggiungere ai vostri preferiti…
In nome di tutte/i le studentesse e gli studenti palestinesi, in particolare gli studenti di Gaza, salutiamo profondamente la vostra lotta in difesa dei legittimi diritti vi informiamo che siamo con voi e le vostre giuste richieste. Siamo certi che riuscirete a raggiungere i vostri nobili obiettivi.
Care compagne e cari compagni,
Crediamo che ogni lotta/mobilitazione studentesca ovunque sia giovi a favore degli studenti nel mondo e riteniamo che gli studenti siano una forza principale per il cambiamento delle nostre società. Per questo motivo i cacciabombardieri sionisti colpiscono in ogni aggressione le scuole e le università delle città palestinesi come sta succedendo in questi giorni a Gaza.
I sionisti pensano che colpire i giovani ed i ragazzi delle scuole e università possa intimorire le generazioni del futuro. Però, noi abbiamo giurato per noi stessi e per gli studenti caduti rinnovando anche a voi in lotta la nostra promessa di non arrenderci o piegarci di fronte alla micidiale macchina repressiva dell’occupante.
Noi, dalla terra della resistenza Palestina, vi chiediamo di resistere e continuare la vostra lotta per:
* boicottare la cooperazione accademica tra le vostre università e quelle dello stato d’apartheid israeliano.
* esigere dal vostro governo di fermare lo spreco di danaro pubblico della cooperazione scientifico militare con lo stato d’apartheid israeliano; tali soldi devono andare a favore della scuola pubblica, dell’università e della ricerca.
* creare mezzi d’informazione alternativa nelle scuole e università capaci di informare correttamente sui diritti del movimento studentesco internazionale incluso quel palestinese per smascherare le informazioni mediatiche del potere costituito.
Le vostre ed i vostri compagne/i studenti palestinesi.
23.11.2012
Il fronte d’azione studentesco progressista
Da Gaza e Betlemme… aggiornamenti
Al settimo giorno di guerra sulla popolazione palestinese,
quando l’elenco dei nomi degli uccisi inizia ad essere insostenibile all’occhio umano e a qualunque stomaco non assassino, vi metto il link della corrispondenza che ho fatto stamattina dai microfoni di Radio Onda Rossa con Gaza.
Sul sito della radio potete trovare anche tutte le altre corrispondenze effettuate nei giorni precedenti con gli altri attivisti, poi costretti ad uscire daalla Striscia di Gaza.
Una breve chiacchierata, che ci racconta l’ultima pesante notte,
dove dal cielo e dal mare Israele ha rovesciato i suoi armamenti.
ASCOLTA
Poi, perché è una cronaca necessaria,
facciamo una zoomata anche sul resto della Palestina, sui Territori Occupati che da giorni sono per le strade a lottare contro l’occupazione militare in solidarietà con le sorelle e i fratelli gazawi: ieri sera erano già tre gli uccisi tra Tulkarem, Nabi Saleh e la zona di Betlemme. Decine e decine gli arresti.
Vi copio il dettagliato resoconto arrivato all’alba da Khaled, un caro compagno di Betlemme
[Leggi anche: Dizionario degli armamenti]
Questa è stata una notte da ‘corri e fuggi’ molto intensa, quindi ecco a voi gli aggiornamenti delle ultime 16 ore di Betlemme:
11:32
Iniziano duri scontri alla Tomba di Rachele tra ragazzi dei campi profughi di Betlemme e forze militari sioniste.
12:17
Gli scontri nella zona della Tomba di Rachele aumentano e le scuole mandano a casa gli studenti.
12:51
Un gruppo di forze speciali sioniste in borghese vestiti con Kefieh rosse provano ad infiltrarsi tra i ragazzi che fronteggiano i soldati sionisti vicino al campo profughi Aida senza successo.
13:13
Un gruppo di forze speciali sioniste in borghese prova ad infiltrarsi tra i ragazzi che si scontrano con l’esercito sionista nella zona del cimitero vicino alla Tomba di Rachele.
14:08
Gli scontri alla Tomba di Rachele aumentano di violenza e l’esercito israeliano ricorre all’uso di pallottole rivestite di gomma contro i ragazzi che li fronteggiano.
14:16
La resistenza palestinese colpisce con un razzo la base militare della colonia di Etzion a sud di Betlemme.
14:20
La resistenza palestinese colpisce con un razzo la colonia di Gilo a nord di Betlemme.
16:09
Le forze sioniste arrestano Ahmad Zawahre dalla zona della Tomba di Rachele.
17:36
Le forze sioniste arrestano 3 ragazzi durante gli scontri alla Tomba di Rachele.
19:49
Gli scontri alla Tomba di Rachele aumentano di intensità dopo la notizia dell’uccisione di un sionista da un razzo della resistenza palestinese caduto nell’insediamento di Ashkol.
20:24
Le forze sioniste arrestano Hamze Shoke durante gli scontri alla Tomba di Rachele.
20:29
Gli scontri alla Tomba di Rachele aumentano di intensità dopo la notizia dell’uccisione di altro sionista da un razzo della resistenza palestinese caduto nell’insediamento di Ashkol.
20:36
La resistenza palestinese apre il fuoco contro un veicolo sionista nella zona di Husan a sud di Betlemme ferendo un colono.
20:38
La resistenza palestinese apre il fuoco contro un veicolo sionista nella zona della colonia di Etzion a sud di Betlemme ferendo dei coloni.
20:48
Le Brigate dei Martiri Al-Aqsa e le Brigate Ahmad Abu El-Rish di Betlemme rivendicano l’operazione contro i veicoli sionisti nelle zone di Husan e Etzion.
20:51
Le forze militari sioniste setacciano la strada 60 a sud di Betlemme.
21:00
Avvistate nella zona di Husan 4 ambulanze, il nemico sionista ammette l’uccisione di una colona, testimoni oculari invece affermano che il numero di morti é superiore.
21:03
Scontri tra ragazzi palestinesi ed un gruppo di soldati sionisti nella zona di Beit Sahour.
21:05
Ferita una colona sionista vicino alla zona di Husan.
21:37
Avvistato un grande numero di pattuglie sioniste ai confini della zona di Husan.
23:00
Le prime notizia di movimenti dell’esercito israeliano nella zona di Betlemme.
23:15
Avvistate 6 pattuglie del nemico sionista davanti al Checkpoint risiedente nella zona di Al-Nashah vicino al campo profughi Dheisheh e al villaggio Al-Khader.
23:16
Avvistate 7 pattuglie del nemico sionista vicino alla zona di Al-E’ebedieh.
23:51
Avvistate 15 pattuglie dell’esercito sionista nella zona di Al-Radi dirette verso il campo profughi Dheisheh.
23:52
La resistenza palestinese a Betlemme rivendica il ferimento di 4 coloni.
24:05
Avvistato un veicolo della polizia israeliana accompagnato da una camionetta militare sionista vicino alla moschea della zona di Al-Khader.
24:58
Avvistato un grande numero di soldati sionisti nella zona di Al-Balua’a e lancio di bombe illuminanti.
00:00
Avvistato l’esercito israeliano nella zona di Al-Doha.
00:01
Avvistate delle pattuglie sioniste che entravano nella zona di Betlemme dalla zona della Tomba di Rachele.
00:02
Notizie sull’apertura di fuoco da parte della resistenza palestinese verso la colonia sionista Gilo dalla zona di Beit Jala.
00:14
Avvistate forze sioniste nel campo profughi Aida.
01:00
La resistenza palestinese apre il fuoco contro un gruppo di sionisti nella zona Al-Doha.
01:07
L’esercito israeliano setaccia la zona Al-Doha con bombe illuminanti in cerca dei combattenti della resistenza palestinese.
01:32
Rumori di esplosioni nella zona ovest di Betlemme.
02:01
Arresti e colpi di arma da fuoco nella zona di Beit Jala.
02:27
Rumori di bombe assordanti nella zona di Al-Radi.
03:00
L’esercito sionista arresta Murad Al-Khatib dal campo profughi Aida.
03:13
Avvistate delle forze sioniste al campo profughi Dheisheh nella zona del centro Ibdaa e nel vicinato Al-Walajieh.
03:18
Le forze sioniste lanciano bombe stordenti al campo profughi Dheisheh nella zona della moschea grande.
03:19
Un grande numero di forze speciali sioniste fanno irruzione nel campo profughi Aida.
03:22
Le forze sioniste fanno irruzione nella casa dell’ex prigioniero Mohannad Al-Khmour.
03:24
L’esercito sionista fa irruzione nel campo profughi Dheisheh.
03:26
Le forze sioniste si diffondono al campo profughi Dheisheh nel vicinato di Al-Walajieh.
03:28
Scoppiano violenti scontri tra ragazzi del campo profughi Dheisheh e forze militari sioniste.
03:33
Le forze sioniste arrestano Ahmad Al-Shobban nel campo profughi Dheisheh e arrivano rinforzi all’esercito.
03:36
Le forze sioniste arrestano Imad Abedrabbo nel campo profughi Dheisheh nel vicinato di Al-Muntazah.
03:40
Forze sioniste fanno irruzione in una casa nel Doha vicino alla moschea.
03:44
Le forze sioniste arrestano Fadi Ayyad nel campo profughi Dheisheh.
03:48
L’esercito israeliano fa irruzione nella casa di Saleh Abu Aker nel campo profughi Aida.
03:52
Avvistate forze sioniste nella zona di Al-Doha.
03:53
Le forze sioniste arrestano Karam Nasri nel campo profughi Dheisheh.
03:59
Avvistato un gruppo di forze speciali sioniste nella zona di Al-Doha.
04:00
Le forze sioniste arrestano Khalil Abu Aker dal campo profughi Aida.
04:01
L’esercito sionista si ritira dalla zona della moschea di Al-Doha.
04:16
Avvistate forze sioniste al campo profughi Aida.
04:20
Avvistate forze sioniste vicino al cimitero dei bambini di fronte al campo profughi Azzeh e vicino alla zona del palazzo Murra.
04:21
Le forze sioniste arrestano Ahmad Ewes dal campo profughi Aida.
04:26
Le forze sioniste arrestano Fadi Abu Wasfi dal campo profughi Aida.
04:49
Le forze sioniste arrestano Yahya Sa’adah dalla zona di Jabal Al-Mawaleh.
Ad Aqil Srour, morto per difendere la sua terra e il diritto ad esistere
GRAZIE AL SITO FREEPALESTINE.NOBLOGS.ORG
Dal sito del villaggio di Ni’lin
In memoria di un eroe: 5.06.2012 il terzo anniversario dall’assassinio di Aqil Srour
Aqil Srour, un eroe uguale a migliaia di altri, nasce il 24 aprile 1972 e cresce in West Bank nel villaggio di Ni’lin. Sua madre muore quando lui ha solo un anno e sia lui che i suoi 3 fratelli e le sue 2 sorelle crescono con il padre. Durante la prima Intifada, nel 1994, Aqil viene arrestato e condotto in una prigione militare sionista. Il padre morì senza poterlo mai più rincontrare.
Aqil, l’eroe, ha dedicato l’intera vita alla lotta per liberare la Palestina dall’occupazione israeliana, alla sua gente, venendo arrestato in 5 occasioni dalle forze d’occupazione israeliane. La prima volta viene arrestato durante la Prima Intifada e questo arresto l’ha costretto a passare 4 anni in una prigione militare israeliana. Il suo ultimo arresto è stato durante la lotta contro la costruzione della barriera di segregazione a Ni’lin, iniziata nel 2008, e questa volta ha passato 4 mesi e mezzo in prigione ed stato costretto a pagare una sanzione di 2000 $, una somma enorme per qualsiasi palestinese. Nella sua vita ha trascorso più di 6 anni in prigioni militari come Majeddo, Jalbou, Negeve e Ofer dove è stato soggetto di molteplici brutalità durante gli interrogatori. E’ stato inoltre internato in cella d’isolamento sotto terra nella prigione di Almasqubya, vicino Gerusalemme.
Dopo la Seconda Intifada si è sposato e ha avuto 4 bambin*, la più piccola di loro ha 3 anni e si chiama Ramees.
Mentre il muro di segregazione era in costruzione sulle terre del suo villaggio, la casa di Aqil ha subito diverse brutali incursioni da parte delle forze d’occupazione israeliane. Suo fratello maggiore con problemi mentali è stato colpito nell’occhio sinistro con un proiettile rivestito di gomma sa non più di 15 metri di distanza il 30 ottobre 2008, mentre i soldati israeliani invadevano il villaggio di Ni’lin. Il comandante dell’esercito israeliano ha ordinato di sparare al fratello di Aqil a distanza ravvicinata mentre lui stava gridando ai soldati chiedendo le motivazioni dell’arresto di Aqil.
Aqil Srour è stato costantemente preso di mira dalle forze occupanti dal primo momento in cui è iniziata la lotta contro la costruzione della barriera a Ni’lin. Gli hanno più volte sparato addosso durante le manifestazioni pacifiche. Solo due settimane prima di essere assassinato aveva riportato ferite dopo essere stato colpito in faccia da un candelotto di lacrimogeno.
Il 5 giugno 2009, Aqil è stato colpito al cuore con un proiettile calibro 0.22, un tipo di munizione considerata illegale dal diritto internazionale, mentre stava soccorrendo un ragazzo di 16 anni di nome Muhammed Mousa. Muhammed era stato colpito nello stomaco dallo stesso tipo di munizione e quando Aqil ha raggiunto il ragazzo è stato colpito da un cecchino della polizia di frontiera israeliana (Israeli border police). Aqil è morto prima di raggiungere l’ospedale, poco più di due mesi dopo il suo rilascio dalla prigione militare di Ofer. La sua figlia più piccola, Ramees, doveva ancora venire alla luce e lui non l’ha mai potuta conoscere.
Il martire Aqil Srour non ha mai accettato l’umiliazione di vivere sotto la costante occupazione, non è il futuro che voleva per i suoi figli. Uccidendo Aqil le forze di occupazione israeliane hanno anche lasciato crescere dei bambini senza l’amore del padre.
Aqil è sempre stato amato dalla popolazione di Ni’lin ed è sempre stato disposto ad aiutare chi ne aveva bisogno. Vive nella mente e nel cuore dei suoi amici e nella memoria collettiva dell’intero villaggio di Ni’lin. Aqil non verrà mai dimenticato e la sua memoria vivrà a lungo dopo la caduta dell’occupazione.
L’occupazione israeliana pagherà per l’uccisione di innocenti e pacifici manifestanti come Ahmad Mousa, Yousef Amireh, Muhammed Khawaja e Arafat Kawaja che sono stati brutalmente uccisi durante manifestazioni pacifiche a Ni’lin in poco più di un anno. Questi omicidi rafforzeranno la determinazione della popolazione di Ni’lin. La lotta continuerà finchè il muro di segregazione non cadrà e l’occupazione non terminerà.
La quotidianità della nakba … e la vittoria dei prigionieri palestinesi
Odio ogni anno fare il calcolo di quanti sono: quanti sono gli anni che ci separano dalla Nakba, il “dramma” palestinese, l’inizio della sistematica pulizia etnica in terra di Palestina, che da queste pagine abbiamo ricordato più volte. 64. Sessantaquattro.
La Nakba non è solo il 1948, la Nakba non è solo oggi, data scelta perché coincide con la nascita dello stato ebraico d’Israele:
era iniziata molto prima e non è mai terminata.
Anzi, forse è peggiorata in tutte queste decine di anni, giorno dopo giorno, con la costruzione scientifica di un’architettura dell’occupazione fatta di muri di separazione, di barriere, di checkpoint , “aree sterili”, “zone di sicurezza speciale” come “aree precluse ai civili” e così via…
i Territori Occupati sono il disegno perverso di un carceriere impazzito,
di tanti carcerieri impazziti che si sono susseguiti nella storia di Israele.
In questo post, che a me fa venire i brividi ogni volta che lo leggo, una piccola carrellata di citazioni del 1947 mettono chiaramente in evidenza i punti centrali si cui si fonda lo stato di Israele e quindi l’inizio del dramma palestinese: sulla pulizia etnica, nient’altro che l’espulsione del popolo presente, per insediarsi manu militari su una tabula rasa.
Ben Gurion, eroe e fondatore dello stato di Israele, è la mente della strategia genocitaria che segna i primi anni di vita d’Israele e basta leggere le sue parole per capirlo:
– “OGNI ATTACCO DOVRA’ TERMINARE CON L’OCCUPAZIONE, LA DISTRUZIONE E L’ESPULSIONE”
– “Durante l’operazione non c’è alcun bisogno di distinguere tra chi è colpevole e chi non lo è”
Ma non è mai finita.
Di allievi eccellenti Ben Gurion ne ha avuti tanti, ed ognuno ha aggiunto del sadico nell’occupazione militare,
fino ad Ariel Sharon, il generale che crea l’ossatura della colonizzazione dei Territori Occupati ( e non solo ), a partire dall’istituzione del commando speciale Unità 101, che aveva come attività principale il massacro di civili nei villaggi e nei campi profughi e che faceva scempio del concetto di frontiera, al suo primo piano di difesa post 1967 che tra avamposti, costruzione della rete stradale, e installazioni militari non fu altro che una prima fase di addomesticamento dei Territori, appunto l’ossatura per la colonizzazione che ormai conosciamo benissimo.
Fino al muro, monumento atroce all’apartheid mediterraneo.
“Gli arabi dovrebbero essere in grado di vedere ogni notte luci ebraiche a 500 metri di distanza”
Ariel Sharon
Da Infoaut però vi allego le righe che ci parlano della più bella delle vittorie, quella dei prigionieri palestinesi che a centinaia erano in sciopero della fame nelle carceri israeliane, alcuni da 77 giorni. La loro protesta, la forza incredibile del loro sciopero e la solidarietà fuori le mura delle prigioni ha portato una grande vittoria, finalmente.
E’ stato raggiunto un accordo con i prigionieri palestinesi in sciopero della fame da settimane per porre fine alla loro protesta. L’accordo accoglie tutte le loro richiesta – tutte! In più le autorità sioniste e carcerarie hanno accettato di liberare 5 detenuti amministrativi tra i più gravi.
La determinazione dei detenuti ha piegato l’arroganza e la prepotenza dei sionisti. Ciò è stato possibile anche grazie alla grandissima mobilitazione che ha invaso la Palestina. Manifestazioni, presidi, dibattiti e tende di solidarietà sono comparse ovunque.
Certo, questa grande mobilitazione ha sconvolto piani e calcoli del carcerieri sionista perché si è fatta un’eventualità reale una terza intifada in Palestina e nei paesi limitrofi. Di fronte a quest’eventualità e per la grande pressione esercitata dall’opinione publica mondiale, le cancellerie ocidentali hanno pressato a loro volta l’entità sionista e per accoglier le istanze dei sequestrati palestinesi nei campi di prigionia sionisti.
L’accordo, raggiunto ieri in extremis, mette fine allo sciopero della fame di oltre 1600 detenuti palestinesi. Lo hanno reso noto i mediatori Egitto e Anp) secondo cui l’intesa – raggiunta alla vigilia del giorno della ‘Nakba’ in cui il popolo palestinese ricorda la ‘catastrofe’ della nascita di Israele, il 15 maggio 1948 – consentirà di sospendere la manifestazione non-violenta di migliaia di palestinesi, alcuni dei quali in sciopero da 77 giorni.
Pur nell’indifferenza della grande stampa internazionale – poche notizie sullo sciopero delle migliaia di detenuti sono apparse sui quotidiani italiani ed esteri – l’iniziativa aveva assunto dimensioni imponenti, al punto da far temere un’ondata di violenze nei Territori palestinesi se qualcuno dei detenuti in condizioni di salute precarie fosse deceduto.
Israele e le maschere grossolane
Nuove divise della polizia militare israeliana? Questo è il campo profughi di Shuafat, nei Territori Occupati
Israele e la vendetta del cemento dopo la strage di Itamar
Lo stato di Israele, se volesse bene al suo popolo prenderebbe altre misure, e invece…
ieri nell’insediamento israeliano di Itamar, situato nei territori occupati vicino Nablus, cinque persone sono state uccise, di cui tre bambini, da un uomo (ora si parla di due) che è riuscito ad infiltrarsi nella colonia e poi nella loro abitazione, per dileguarsi dopo aver pugnalato a morte cinque degli otto membri della famiglia Fogel. Un gesto efferato, che ha lanciato nel panico i coloni: i peggiori elementi presenti sul pianeta terra, assassini matricolati, integralisti dell’occupazione militare e del genocidio del diverso, l’arabo palestinese in questo caso.
Davanti ad una simile strage, dove la vittima più piccola ha appena tre mesi di vita, anch’essa pugnalata nel sonno in piena notte, si dovrebbe parlare di smantellamento delle colonie illegali, di fine dell’occupazione della Cisgiordania… di tanto dovrebbe parlare il governo israeliano e invece: stamattina alle 7 è partita l’autorizzazione per la costruzione di 500 nuove unità abitative.Un’intera notte in riunione straordinaria per i vertici politici e militari d’Israele della Commissione interministeriale per la politica di iinsediamento: «Il consiglio ministeriale con delega per gli insediamenti ha deciso ieri di autorizzare la costruzione di alcune centinaia di unità abitative a Gush Etzion, Maale Adumin, Ariel e Kyriat Sefer», è stato il verdetto finale. La vendetta è stuprare ancora quel territorio, riempirlo di case spesso sfitte per secoli o abitate da maledetti coloni armati fino ai denti, spesso milizie organizzati delle tante organizzazioni xenofobe che teorizzano l’eliminazione del popolo palestinese.
Palestine: diario per immagini da Freepalestine
Per capodanno una delegazione di Freepalestine si è recata nei Territori occupati dall’esercito israeliano.
Questo un racconto-diario.

Siamo partit* in quattro di Free Palestine Roma ma all’aereoporto di Tel Aviv due di noi sono stati fermati e successivamente rimpatriati con un’espulsione per 5 anni. L’arbitrarietà e l’arroganza con cui questo è avvenuto sono tipici di Israele. La motivazione è stata che una dei due era stata già stata espulsa in aprile (cosa non vera perchè era stata fermata a casa di una signora sotto sgombero, ma aveva ricevuto solo un’ammonizione a stare fuori da quella zona per una settimana ma non un’espulsione) e per lui perchè viaggiavano insieme.

Con una buona dose di incazzatura siamo arrivate nella casa rimasta tagliata fuori dal muro che in quel punto separa la zona di Betlemme da quella di Gerusalemme, tutta la vita degli abitanto di questa casa la famiglia, il lavoro, sono al di là del check point. Questo chech point in 10 gg l’abbiamo passato tantissime volte, mettendoci ore o minuti a discrezione del soldato di guardia. Da una parte si esce a piedi e da una parte in macchina.

Dopo le 10 di sera, dalla parte pedonale, quasi sempre la guardia fa finta di non esserci, così aspetti un’ora chiamando inutilmente prima che qualcuno decida di premere il pulsante che apre il primo tornello e da’ accesso alla zona del metal detector, dove perdi almeno altri 10 minuti perchè continua a suonare e tu non sai più che cazzo devi toglierti .. I palestinesi devono infilare la mano in una gabietta e compare la loro faccia sul monitor della guardia, a noi basta mostrare il passaporto, ci rivestiamo bestemmiando e usciamo dall’altra parte.

Il centro Amal al Mustakbal di Aida Camp funziona bene, la mattina c’è la scuola per i bambini fino a tre anni, il pomeriggio i corsi di dabka (la danza tradizionale che si balla a tutte le età) e inglese per quelli più grandi. Con i soldi raccolti in italia si stanno facendo molti lavori di ristrutturazione e messa a norma, si pagano le bollette, si cerca di dare un rimborso alle volontarie che ci lavorano. Insieme ai bambini facciamo 2 murales

Radio Voce Unita è nata da pochi mesi a Deisheh Camp. Ci lavorano compagni con tanti anni di prigione alle spalle. La loro idea è fare una radio di tutti, lontana dalle influenze dei partiti, ma vicina ai bisogni dei palestinesi. E che dia un apporto culturale alla Palestina di oggi che invece vede sempre più nella religione le uniche risposte alle tante domande disattese. Tutti i venerdì in molti villaggi della Palestina i comitati di resistenza non violenta organizzano manifestazioni e azioni contro il muro che li isola e frammenta. Bil’in, 800 persone, un pezzo di terra rossa e ulivi, pietre, una rete lunga come l’orizzonte, dietro a questa una strada sterrata su cui passano solo mezzi militari, qualche altro centinaio di metri e il muro vero e proprio. Poi dietro ancora, in cima a una cava la colonia di Kiryat Sefer.

Venerdì 31 dicembre è anche il 6° anniversario del comitato del villaggio di Bil’in, la manifestazione si prevede più partecipata, i compagni sono organizzati per tagliare la rete con delle tronchesi. Sulla strada che congiunge Ramallah a Bil’in e altri villaggi, spunta un posto di blocco, un check point volante con tanto di spunzoni in mezzo alla strada per impedire il passaggio. Il nostro taxi viene fermato. Siamo 3 italiane un basco e un palestinese col documento verde (cioè che si può muovere abbastanza liberamente nei territori). Un ventenne con mitra molto più grosso di lui dice che la zona è chiusa per 2 o 3 ore. Non da spiegazioni e non sente ragioni. Proviamo l’altra strada, stessa scena. Niente corteo per noi. .

La manifestazione si è fatta però, con 800 persone, la rete è stata tagliata in alcuni punti. L’esercito ha reagito con lacrimogeni, bombe sonore e gas. A causa delle inalazioni due giorni dopo morirà Jawaher Abu Rahmah, sorella di Bassem, diventato un po’ il simbolo della resistenza di Bil’in, ucciso 2 anni fa da un lacrimogeno ad altà velocità. Siamo state a Bil’in qualche giorno dopo a portare la nostra solidarietà e abbiamo deciso di tornarci per il corteo del venerdì successivo

Il campo profughi di Balata è sempre particolarmente sofferente e segnato dalle numerose incursioni militari che ci sono state negli anni, ha un gran numero di morti ammazzati per mano israeliana di cui molti bambini. Abbiamo incontrato i volontari dell’Happy child wood club e con loro abbiamo immaginato la possibilità di tornare. Nablus rimane una delle città più belle e più accoglienti della Palestina. Consigliamo sempre una visita in questa città resistente circondata dall’alto da sempre più colonie. Sulla strada tra Balata e Nablus l’Autorità Palestinese sta costruendo uno dei più grossi carceri che la storia della Palestina ricorsi. Questo per rendervi l’idea di cosa si respira oggi in quella terra repressa anche da questo. Silwan è un quartiere palestinese di Gerusalemme Est dove ogni giorno ci sono sgomberi e demolizioni per insediare nuove famiglie di israeliani, poi costrette a vivere sotto scorta sotto lo sguardo giustamente ostile dei residenti. Abbiamo incontrato il comitato, che tra i molti problemi ha denunciato una fortissima repressione soprattutto verso i ragazzini che cercano di contrastare l’occupazione.

Abbiamo deciso di tornare a Bil’in il primo venerdi del nuovo anno. La comunità è molto piccola e ruota intorno a due famiglie. Sono tutti molto ospitali e gentili. E sorridono e scherzano nonostante la brutalità esistenziale a cui sono costretti. Cantiamo bella ciao, balliamo, mangiamo i felafel più buoni di tutto il viaggio. Al corteo c’è un sacco di gente, ci sono i comitati delle donne di diversi vilaggi e città. Si arriva come sempre fino alla rete che viene tagliata in alcuni punti. Poi i lacrimogeni, le bombe assordanti, delle palle di ferro che piovono dal cielo cambiando direzione grosse come un pugno che sprigionano gas, e un idrante tutto bianco che spara per centinaia di metri un liquido nauseabondo che fa immediatamente vomitare, liquido che poi si è rivelato essere acqua di fogna addizionato con agenti chimici. Un venerdì come tutti gli altri negli ultimi 6 anni a Bil’in.
Palestina: ancora un’intervista che si trasforma in testamento dopo 5 minuti.
Da Vittorio Arrigoni ci arriva questo testamento.
Doveva essere un’intervista, ma in pochi minuti è diventata un testamento. Accade spesso in terra di Palestina
Il mio nome è Mohammed Shaban Shaker Karmoot. Sono nato nel 1964.
Ho iniziato a lavorare come agricoltore quando ero giovane, prima di sposarmi, più di 35 anni fa.
Quanti figli hai?
Ho sei figli maschi, questo è qui Kamal (indica il ragazzo), nato dalla seconda moglie. Ho quattro figli e tre figlie dalla mia prima moglie, e tre figlie e due figli dalla mia seconda moglie.
Ho comprato due dunam (un dunam equivale ad un chilometro quadrato)accanto alla via comunale più vicina alla buffer zone nei pressi Al Basayna. Qui ho desiderato e costruito una casa nella quale vivere con la mia famiglia.
Accanto a questo muro?
A 22 metri di distanza da quel muro. Queste due dunam sono mie, le ho comprate.
Quanto ti sono costate?
Le ho comprate per 7500 dinari giordani (circa 8 200 euro)
E dimmi, può raggiungere quei due ettari della tua terra?
Sì, certo, ma è molto rischioso, perché i soldati sparano.
Quindi non la puoi coltivare e neanche costruirci sopra?
Esatto, non posso fare nulla nella mia terra.
E’ stato così fin dall’inizio?
Una volta non era così. La mia terra era piena di alberi: palme, limoni, arance, clementine e altri frutti. Era piena di tutti i tipi di frutta possibili e immaginabili la mia terra. L’albero di mandorle che mi permetteva di riempire sacchi e sacchi di mandorle quando c’erano frutti, (i soldati israeliani) me l’hanno sradicato proprio nel momento in cui ero pronto a raccogliere. Sono venuti di notte con i bulldozer e lo hanno sradicato.
Come è stata la tua vita? Come hai fatto per mantenere la tua famiglia?
Eravamo abituati a vivere una vita felice, lavorando su queste terre riusciamo a fare 650 NIS ogni mese (circa 150 euri), più il lavoro nei campi altrui, riuscivamo a cavarcela bene.
Questo in che anno è accadeva?
Prima che mi distruggessero le terre, credo nel 2003, all’inizio dell’ultima intifada.
Come ti sei sentito in quel momento?
Beh, come pensi che mi sia sentito? Mi sentivo come qualcuno a cui stavano strappando via il mio cuore, mentre coi bulldozer gli israeliani distruggevano le mie terre. Ho assistito alla distruzione tutta una notte. Là c’era un grande albero di sicomoro, quando è arrivato il bulldozer e ha distrutto e sradicati tutto sono uscito con una torcia e ho visto che almeno mi avevano lasciato quell’albero dopo essersi ritirati. Era una notte di Ramadan, quando è successo, e poi le ruspe sono tornate di nuovo all’alba e hanno distrutto ciò che era rimasto dell’albero. Hanno impiegato solo tre ore per distruggere tutto la zona, utilizzando 8 bulldozer per distruggere tutta la zona.
E oggi continui a vivere in questa zona?
Quello che faccio qui o che si suppone io faccia, lo si può capire guardando questi alberi verdi qui. Sono io che lo ho coltivati, come ho coltivato il grano e l’orzo che al momento del raccolto è stato bruciato dall’esercito israeliano. Quest’anno quando siamo venuti a semonare i campi i soldati ci hanno sparato addosso.
5 MINUTI DOPO AVER RILASCIATO QUESTA INTERVISTA ALL’ONG ITALIANA GVC, UN CECCHINO ISRAELIANO A SPARATO E UCCISO MOHAMMED SHABAN SHAKER KARMOOT. Quest’ultimo assassinio è una sorta di avvertimento mafioso per quanti solidarizzano con i lavoratori palestinesi che resistono, gli ultimi veri uomini in questi tempi anonimi.
EMILY, COLPITA AL VOLTO DALLA POLIZIA ISRAELIANA HA PERSO UN OCCHIO
EMILY, COLPITA AL VOLTO HA PERSO UN OCCHIO
Il dramma di una giovane americana ferita da un candelotto lacrimogeno sparato dai poliziotti israeliani a Qalandiya.
DI BARBARA ANTONELLI
Ramallah, 07 giugno 2010, (foto dal sito http://www.stopthewall.org), Nena News –
Il 31 maggio Emily Henochowicz, una artista americana 21enne, era scesa in strada come tanti altri, palestinesi e stranieri, per partecipare a una delle manifestazioni spontanee organizzate nelle ore successive all’uccisione di 9 attivisti turchi della «Freedom Flottiglia» da parte dei soldati israeliani. A Qalandyia, il grande posto di blocco che divide Ramallah da Gerusalemme, erano più o meno le 12 quando un candelotto di gas lacrimogeno sparato dalla polizia israeliana, l’ha colpita in pieno volto, distruggendole letteralmente l’occhio sinistro e provocandole diverse altre fratture al viso. Ricoverata all’ospedale di Hadassah, di Gerusalemme, Emily ha subito l’asportazione del bulbo oculare il giorno dopo. Ora l’ambasciata Usa a Tel Aviv ha chiesto alle autorità israeliane di aprire subito un’indagine che chiarisca come sia avvenuto il ferimento grave di Emily.
Secondo diversi testimoni la guardia di frontiera israeliana (un corpo paramilitare della polizia) avrebbe sparato in successione tre candelotti di alluminio ad alta velocità mirando direttamente ai manifestanti. Come sempre accade in questi casi, la versione della polizia è diversa: secondo una nota diffusa dalle autorità israeliane oggi, una indagine interna avrebbe accertato che il candelotto avrebbe colpito prima il muro e poi Emily.
Jonathan Pollack, un attivista israeliano contro l’occupazione, che era presente alla manifestazione, al contrario sostiene, insieme ad altri manifestanti, che «Emily era a soli 10 o 15 metri di distanza dalla polizia, il che indica che l’impatto è stato fortissimo e che il candelotto sparato da così breve distanza ha colpito la giovane americana ad alta velocità». Il codice di condotta militare israeliano – ha aggiunge Pollack – prevede in questi casi che il gas lacrimogeno deve essere lanciato con una traiettoria di 60 gradi, ma in molti casi questo non avviene e l’esercito spara direttamente sui dimostranti e a distanza molto ravvicinata».
Altre testimonianze sono state raccolte dallo studio legale dell’avvocato Michael Sfard. L’avvocato, che rappresenterà Emily, ha chiesto che il distretto di polizia competente per la Cisgiordania, apra subito un’indagine. Nipote del famoso sociologo Bauman, Sfard assiste legalmente da anni diverse associazioni pacifiste israeliane e ha rappresentato presso le corti israeliane molti casi di violazioni di diritti umani a danno di palestinesi. In passato ha curato gli interessi legali delle famiglie di tre cittadini stranieri uccisi dall’esercito israeliano: la famiglia di James Miller, il fotografo inglese ucciso a Gaza, e quelle di due attivisti dell’ «International Solidarity Movement» entrambi uccisi dall’esercito israeliano a Gaza, Tom Hurndall e Rachel Corrie.
«I testimoni che si trovavano a Qalandyia – riferisce Sfard – hanno detto tutti che il lancio del gas lacrimogeno è avvenuto a distanza molto ravvicinata». Il caso di Emily Henochowicz si aggiunge a una lunga lista di altri attivisti, che hanno subito ferite, in alcuni casi gravissime e con conseguenze irreversibili, durante manifestazioni pacifiche. A maggio, Hasen Brejieyah del villaggio di Al Masara, vicino Betlemme, è stato colpito da un candelotto in testa. Lo stesso per Imad Rizka palestinese con cittadinaza israeliana, di Jaffa, ferito al viso nella manifestazione conclusiva dei tre giorni della Conferenza sulla resistenza popolare non violenta a Bi’lin. Bassem Abu Rahma, sempre di Bi’lin,è morto nel 2009, ucciso da un candelotto di gas che gli ha perforato il torace.
Tristan Anderson è ancora in coma con danni irreversibili al cervello e impossibilitato ad essere rimpatriato negli Stati Uniti, dopo che l’esercito gli ha sparato un candelotto di gas lacrimogeno in testa.
Emily era arrivata da New York a Gerusalemme 6 settimane fa, per studiare arti visuali alla Bezalel Accademy, un istituto di arte e design a Gerusalemme. Il suo lavoro più recente trova proprio ispirazione dall’esperienza di vita vissuta nei Territori occupati palestinesi.
Beit Jala, ancora una volta
22 Aprile 2010
Oggi a Beit Jalla vicino a Betlemme, cittadini palestinesi con alcuni internazionali hanno dato vita ad una manifestazione di protesta contro il muro dell’apartheid in costruzione in quella zona. Per diverse ore l’esercito ha sdradicato decine di ulivi centenari e buttato giù il portico di una cosa perchè proprio li soergerà la continuazione del muro dell’apartheid. I manifestanti hanno tentato di avvicinarsi alle case ma i militari li hanno respinti sparando lacrimogeni e proiettili di gomma. Sono state fermate 6 persone, tra cui 2 italiani, che ora sono nelle mani dell’esercito israeliano. Le accuse sono di violazione di una zona militare chiusa perchè, in maniera simbolica, hanno piantato una bandiera palestinese sul perimetro del futuro muro, dove era appena stata distrutta una parte di una casa di palestinesi.
Ascolta la corrispondenza di Radiondarossa e gli aggiornamenti
Il secondo giorno della V Conferenza Internazionale di Bil’in sulla Resistenza Popolare Palestinese comincia con la brutta notizia del riavvio dei cantieri per la costruzione del muro attorno a Betlemme. Numerosi bulldozer e circa dieci jeep dell’IDF sono entrati a Beit Jalla e Al Walaja per sradicare gli ulivi lungo il tracciato del muro e demolire il cortile di una casa palestinese.
Diversi attivist* internazionali (tra cui alcun* del nostro gruppo) e israeliani sono andati sul posto per portare la solidarieta’ attiva alla famiglia di Beit Jalla e, eludendo la sorveglianza, sono riusciti a rimanere al fianco dei palestinesi mentre procedeva inesorabile la demolizione. I militari israeliani sono intervenuti trascinando brutalmente gli/le attivist* per centinaia di metri, picchiandone e ferendone tre. Due attivisti israeliani sono stati arrestati.
Questa casa e’ stata al centro di un processo completamente falsato dalla giustizia israeliana: il terrazzamento del cortile era stato demolito qualche mese fa e poi ricostruito in seguito alla sospensione del processo stesso. Due giorni fa, il 20 Aprile, il tribunale ha definitivamente autorizzato il governo israeliano a dare inizio ai lavori di costruzione del muro che passera’ a pochi metri dalla casa stessa, isolandola e usurpandone la terra.
Nel frattempo, a pochissimi chilometri da li’ e a pochi metri dalla terra di Abed, nel villaggio palestinese di Al Walaja,altri bulldozer hanno sradicato almeno 50 ulivi e 50 alberi da frutta. Gia’ la settimana scorsa nello stesso villaggio ci sono stati 3 arresti e varie minacce e pestaggi intimidatori da parte dell’esercito; anche stavolta hanno minacciato di arrestare i membri del comitato popolare locale se avessero continuato a protestare contro il muro e la demolizione delle case.
Nel primo pomeriggio, terminati i lavori della conferenza internazionale, altr* attivist* internazionali sono tornat* a Beit Jalla per cercare di raggiungere la famiglia rimasta isolata dalla mattina, rompendo la zona militare chiusa.
Quando siamo giunti sulla strada che conduce alla casa i militari hanno messo di traverso i loro mezzi e steso il filo spinato per impedirci il passo. Abbiamo provato a forzare il blocco in maniera pacifica ma i soldati hanno reagito nervosamente puntando i mitra e minacciandoci con le granate in mano. Ne e’ seguito un tafferuglio e dopo 2 ore di blocco stradale, durante le quali i militari hanno impedito il passaggio di qualsiasi veicolo – compresa un’ambulanza -, un piccolo gruppo e’ riuscito ad aggirare lo schieramento e a raggiungere la famiglia portandogli da mangiare e piantando simbolicamente una bandiera della Palestina. Perche’ questa terra non appartiene alla prepotenza sionista.
Sei persone sono state fermate, ammanettate e portate alla stazione di polizia di Gush Ezion (una delle tante colonie israeliane in Cisgiordania) e stiamo attualmente in attesa della loro liberazione. Nel gruppo ci sono quattro ragazze e due ragazzi, tra questi un compagno e una compagna del nostro gruppo.
In seguito agli arresti i soldati hanno sparato lacrimogeni sul resto dei manifestanti, disperdendoli. Alcuni ragazzi palestinesi hanno iniziato a lanciare pietre, rovesciando cassonetti, e l’esercito ha sparato alcuni colpi.
WITHOUT YOUR FREEDOM WE’LL NEVER BE FREE
PALESTINA LIBERA
Per gli aggiornamenti seguire Freepalestine ed ascoltare Radio Onda Rossa
Sono passati 8 anni da quando ero per i vicoli di Beit Jala, caricati dall’esercito! Quella terra è dentro di me…
sono stretta ai compagni presenti nei Territori Occupati, stretta stretta a quella terra resistente
Sosteniamo il centro Amal Al-Mustakbal nel campo di Aida, in West Bank
Il centro Amal Al Mustakbal è nato nel 1987 nel campo profughi di Aida, nella zona di Betlemme (Palestina). L’idea di un asilo nasce dal desiderio di attivare progetti per strappare i bambini e le bambine dalle strade e fornire una preparazione prescolastica attraverso attività di gioco, danza, studio, sport e arte.
Nel 2002, con la costruzione del muro di separazione, l’economia interna al campo profughi è precipitata. La totale disoccupazione, l’espropriazione di terre coltivabili e la continua occupazione militare, sono le ragioni per cui la struttura oggi si trova senza alcun sostegno economico, contando unicamente sul lavoro volontario di donne e uomini del campo profughi.
Nonostante l’obiettivo sia di garantire a tutti e tutte la possibilità di studiare, sono solo 40 i bambini e le bambine che possono utilizzare gratuitamente gli spazi del centro e, attraverso la guida dei volontari, partecipano alle attività culturali e di apprendimento. Ogni giorno, dalle 8.00 alle 12.00, bambine e bambini partecipano ad attività e giochi con lo scopo di imparare a leggere, scrive e contare mentre nel pomeriggio il centro resta aperto per dare vita a laboratori di danza, arte e sport. Durante la pausa estiva le attività proseguono con i campi estivi. Il motivo per il quale scegliamo di parlarvi di questa realtà è perchè abbiamo attivato una cassa di sostegno alla vita del centro, considerando fondamentale il ruolo che svolge all’interno dell’esistenza drammatica delle persone che vivono nel campo profughi di Aida.
Da Marzo 2009 non esiste alcun finanziamento che possa garantire il regolare svolgimento delle attività. Le persone che s’impegnano a tenere in vita questo progetto, non percepiscono alcuna forma di reddito e non possono garantire la sopravvivenza del centro. I materiali non sono minimamente sufficienti per consentire un dignitoso svolgimento delle attività. L’edificio che ospita questo grande sogno richiede l’impegno costante nel pagamento dell’affitto.
Per queste ragioni il centro Amal Al Mustakbal ha dovuto sospendere le attività ma la forza dei volontari ha portato ad una riapertura provvisoria. Come gruppo che fa riferimento al blog freepalestine.noblogs.org abbiamo attivato da diversi mesi una campagna di sostegno al centro Amal Al Mustakbal che ha portato a coinvolgere diverse scuole della capitale. Si può aiutare il centro in diversi modi: economicamente, alcune scuole hanno devoluto i ricavati volontari delle recite scolastiche, con uno scambio di disegni tra bambini o mandando in Palestina tutto lʼoccorrente didattico per continuare lʼapprendimento o la ricreazione. Tutte queste forme aiutano una popolazione a non sentirsi sola, soprattutto
nei confronti di bambine e bambini le maggiori vittime di muri e separazioni.
Per info: carovanapalestina@autistici.org
VIDEO DAL CAMPO DI AIDA
Netanyahu a Roma…nel silenzio di tutt@
OGGI ALLE 14 SILVIO BERLUSCONI INCONTRERA’ IL PRIMO MINISTRO ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU, A PALAZZO CHIGI.
DOV’E’ L’ONDA? E TUTTI QUELLI CHE MANIFESTAVANO CONTRO GHEDDAFI DOVE SONO?
NESSUNO SENTE L’ESIGENZA DI MANIFESTARE CONTRO LE POLITICHE D’OCCUPAZIONE DELLO STATO D’ISRAELE, NESSUNO SEMBRA SENTIRE L’ESIGENZA DI MANIFESTARE CONTRO IL MURO DELL’APARTHEID, A NESSUNO BRUCIA PIU’ IL SANGUE PER QUELLO CHE SOLI 6 MESI FA E’ STATO FATTO ALLA POPOLAZIONE DELLA STRISCIA DI GAZA, NESSUNO SEMBRA INDIGNARSI PER I NUOVI PERSONAGGI SALITI ALLA KNESSET DOPO LE ULTIME ELEZIONI DI CUI NETANYAHU E’ IL LEADER…
Aqel Srour, l’esercito israeliano e i proiettili nel cuore…
Oggi a Nilin, villaggio palestinese situato in Cisgiordania (vicino Ramallah) si stava svolgendo una manifestazione contro il muro della vergogna, il Muro dell’Apartheid come avviene ogni venerdì da diverso tempo, ormai. E’ un appuntamento per chi subisce la segregazione e l’occupazione militare e per tutti gli internazionali che sostengono la popolazione palestinse.
Aqel Srour, era questo il suo nome, aveva 35 anni e durante la manifestazione è stato colpito a morte dall’esercito israeliano con un colpo al cuore. Un ragazzo, un palestinese armato solo di desiderio di libertà e forse di qualche sasso.
Accanto a lui è rimasto ferito anche un ragazzo di 15 anni, anche lui del villaggio.
Lo scorso 17 aprile un altro trentenne è stato freddato in questo modo nel villaggio diventato simbolo delle mobilitazioni contro il muro, Bilin: la mano di chi ha sparato è la stessa dal 1948.
THE WALL MUST FALL! FREE PALESTINE!
Commenti recenti