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Un altro ferroviere ammazzato dal lavoro
ROMA: ANCORA UN FERROVIERE SCHIACCIATO DA UN CARRELLO. MORTO DOPO UN MESE DI AGONIA
ancora IN MARCIA !GIORNALE DI CULTURA, TECNICA E INFORMAZIONE POLITICO SINDACALE, DAL 1908
DAI COLLEGHI DI ROMA RICEVIAMO LA NOTIZIA
DI UN’ALTRA TRAGEDIA SUL LAVORO
ANCORA SANGUE SUI BINARI
DOPO LA MORTE DI DOMENICO RICCO, 27 ANNI,
AVVENUTA IL 5 OTTOBRE SCORSO, A FIRENZE RIFREDI,
UN ALTRO FERROVIERE HA LASCIATO LA VITA SUL LAVORO
DURANTE LAVORI DI MANUTENZIONE
LA NOTTE SCORSA E’ MORTO IL NOSTRO COMPAGNO DI LAVORO, BRUNO PASQUALUCCI, OPERAIO RFI ADDETTTO ALLA MANUTENZIONE DEL COMPARTIMENTO DI ROMA, A SEGUITO DELLE GRAVISSIME FERITE RIPORTATE NELL’INFORTUNIO SUL LAVORO AVVENUTO IL 23 OTTOBRE SCORSO NELLA STAZIONE DI MACCARESE (RM), SULLA LINEA ROMA CIVITAVECCHIA.
BRUNO, 63 ANNI, AD UN PASSO DALLA PENSIONE, SAREBBE RIMASTO VITTIMA DI UNA CADUTA DAL CARRELLO LAVORI IN MOVIMENTO CHE LO AVREBBE SCHIACCIATO CONTRO IL MARCIAPIEDE. LA SUA AGONIA SI E’ PROTRATTA PER UN MESE, DURANTE IL QUALE HA SUBITO NUMEROSI INTERVENTI CHIRURGICI. LA NOTIZIA DELL’INFORTUNIO SUL LAVORO NON ERA STATA DIVULGATA ALL’OPINIONE PUBBLICA NE’ ALL’INTERNO DELL’AZIENDA, NONOSTANTE L’ ESTREMA GRAVITA’ DEL FATTO E L’ASSURDA RIPETITIVITA’ DELLE MORTI SUI BINARI. AZIENDA, ANSF, MINISTERO DEI TRASPORTI, ASL, MAGISTRATURA E SINDACATI SONO CHIAMATI A DARE RISPOSTE CONCRETE E NON DI CIRCOSTANZA A QUESTE TRAGEDIE PER RICERCARNE LE REALI CAUSE ED EVITARNE ALTRE.
A NOI IL COMPITO DI ORGANIZZARCI E LOTTARE PER DIFENDERE LA NOSTRA SALUTE E LA NOSTRA DIGNITA’. NESSUNO LO FARA’ AL POSTO NOSTRO.
Roma, 23 novembre 2009
Denuncia mancanza di misure di sicurezza dopo la morte del collega: LICENZIATO!
Dal sito NOMORTILAVORO
Luigi Pirino, operario precario della forestale siciliana che viene impiegato per 101 giorni all’anno rimanendo in cassa integrazione per il resto del periodo dell’anno, è stato licenziato dal Dipartimento Foreste della Regione Siciliana per “infedeltà all’azienda” e per “denigrazione”. Il tutto nasce l’8 agosto di quest’anno quando il Pirino assiste alla morte di un collega, travolto da un mezzo, mentre cercavano di spegnere un incendio a Niscemi (CL). L’operaio dopo l’incidente denunciò alla stampa il fatto che non si disponeva di dispositivi e procedure di sicurezza. Licenziato in tronco ricorre al giudice del lavoro.E’ stato licenziato perchè ha avuto il coraggio di dire che nella forestale siciliana non c’è sicurezza per i lavoratori. I sindacati non avrebbero affrontato la questione in maniera giusta e l’operaio si è rivolto ad un avvocato che ora presenterà ricorso al Giudice del Lavoro. A dare la notizia è un servizio video trasmesso dall’emittente televisiva TG10 di Gela in provincia di Caltanisetta.
Tenerife: infarto sul lavoro, il “sin papel” viene lasciato morire
I fatti risalgono al 25 luglio scorso ma la notizia è uscita solamente due giorni fa sulla carta stampata spagnola, per fare poi rapidamente il giro della rete. Una notizia che viene dall’arcipelago spagnolo delle Canarie, in una località turistica nella zona settentrionale di Tenerife, ma che abbiamo sentito tante volte nel nostro paese e grazie alle nuovi leggi sull’immigrazione e all’introduzione del reato di clandestinità sentiremo con frequenza quotidiana.
Un malore sul posto di lavoro: Luis Beltràn Larrosa, 56enne uruguaiano “sin papel”, che lavorava in nero in un bar sulla spiaggia dell’isola si sente male durante il suo turno. Il titolare del bar, ex funzionario di polizia, pensa bene di prenderlo di peso, portarlo fuori, spogliarlo della sua tuta di lavoro e abbandonarlo lì, in mezzo alla strada. E’ stato un vicino a chiamare l’ambulanza, arrivata ormai quando il lavoratore irregolare era ormai spirato. Lo stesso che ha poi raccontato di aver visto il titolare del locale svestirlo dei suoi abiti di lavoro e abbandonarlo lì senza chiamare i soccorsi. All’arrivo della Guardia Civil l’uomo ha dichiarato di aver portato Larrosa fuori solo per farlo respirare meglio, e di aver aspettato con lui i soccorsi. Intanto, su denuncia del figlio, la notizia è venuta alla luce, in attesa dell’autopsia dell’ennesimo lavoratore fantasma, morto invisibile.
(Valentina Perniciaro, altronline)
Due operai morti soli e lasciati appesi per due ore…nel bel paese
Sono stati due ore appesi sopra la piattaforma mobile sulla quale stavano lavorando. 
I corpi erano riversi nel cestello elevatore a 6 metri d’altezza e a dare l’allarme è stato un contadino alla guida di un trattore, che li ha visti.
La dinamica dell’incidente mortale è tremenda.
Dopo la pausa pranzo i due trentenni, entrambi romeni e residenti a Broni (PV), sono saliti nuovamente sul cestello elevatore manovrato da una piattaforma: erano impegnati nella ristrutturazione di un tetto di una cascina.
La piattaforma deve aver urtato i cavi dell’alta tensione e la violentissima scarica ha ucciso entrambi gli operai, probabilmente sul colpo. L’ora dell’incidente è stata ricostruita proprio in base alla corrente elettrica che proprio alle 13,30 è saltata in tutta la zona: la corrente viene ripristinata immediatamente, senza che scatti alcun allarme, probabilmente perchè il peso dei due corpi e la scarica aveva spostato il cestello dai cavi.
Altri due operai uccisi.
Possibile lavorare a 6 metri d’altezza, in piena estate, alle 13,30 senza che nessuno sia a terra?
Possibile morire così soli?
Poi nel frattempo un operaio di 46 anni è morto nel pomeriggio ad Anagni, in provincia di Frosinone, in seguito a un incidente sul lavoro avvenuto alla Siderpali, una fabbrica che produce pali di vari materiali. La dinamica dell’incidente è ancora al vaglio dei carabinieri. Non si sa se l’operaio deceduto, Nazzareno Monti, sia stato colpito da un palo o da altro. Quando sono arrivati gli operatori del 118 l’operaio era già morto. Nazzareno Monti, originario di Anagni, viveva a Valmontone, in provincia di Roma.
Lavoro assassino e menzogne di stato
QUESTE LE AGENZIE DI OGGI.
IL BOLLETTINO DI GUERRA DELLA GIORNATA SCELTA DALL’INAIL PER COMUNICARCI CHE LE MORTI CHE LORO CONTINUANO A CHIAMARE ‘BIANCHE’ ( E CHE INVECE SAPPIAMO ESSERE DEI VERI E PROPRI ASSASSINII ) IN ITALIA SONO SCESE AL LORO MINIMO STORICO DAL DOPOGUERRA.
POTEVANO RISPARMIARCELO
@ Un macchinario è esploso questa mattina nello stabilimento Comital di Spinetta Marengo (Alessandria) che ha una 70ina di dipendenti. Diversi lavoratori sono feriti, due (entrambi maghrebini) molto gravi, uno dei quali è stato trasferito al centro grandi ustionati di Torino.Si chiama Idrissi Aatouf Moulay Merouane ed è in fin di vita con ustioni di 3° grado sul 90% del corpo e poche speranze di sopravvivere. L’azienda, controllata dal fondo Management e Capitali, con sede centrale a Volpiano (Torino), controlla i marchi Cuki, Domopak e
@ Un operaio di 34 anni, residente a Pietrasanta, in provincia di Lucca, Emiliano Gasparri, e’ morto oggi nel tardo pomeriggio mentre stava lavorando alla realizzazione di un manufatto edile per un privato, in localita’ Trumpedo di Brugnato (La Spezia). Da una prima ricostruzione l’uomo che e’ il titolare di una ditta edile e’ rimasto folgorato da una scarica elettrica, immediatamente gli altri colleghi di lavoro hanno staccato la corrente elettrica ma per il giovane non c’era piu’ nulla da fare. Gasparri lascia la compagna e un bimbo di 15 mesi.
@ Per un colpo di sonno un tir si è rovesciato sull’autostrada A5 all’altezza di Arnad, investendo in pieno un gruppo di operai addetto allo sfalcio delle erbacce. Oltre a cinque feriti – quattro operai (due lievi) e l’autista – c’era anche un disperso : i vigili del fuoco l’hanno trovato schiacciato dalla cabina del tir, dopo averlo sollevato. Si tratta di un operaio magrebino di 54 anni. Due feriti sono giunti all’ospedale di Aosta e le loro condizioni non sono critiche. Anche l’autista del tir è rimasto ferito ma in maniera non grave ed è stato sottoposto ad un intervento.
@ Doppio infortunio sul lavoro questa mattina a Massa Finalese, nel Modenese. Due operai romeni di 32 e 37 anni, impegnati nell’installazione di protezioni alla copertura dell’ex zuccherificio di via Ceresa, sono stati trascinati violentemente a terra da un’altezza di 20 metri, riportando lesioni di media gravità. I due erano all’interno di un cestello sorretto da una gru. Dalle prime ricostruzioni risulta che attorno alle 10.30 il camion su cui era installato il braccio di sostegno della piattaforma si sia ribaltato su un lato, probabilmente a causa del cedimento del terreno su cui poggiava il mezzo. La gru con il cestello all’estremità si è così inclinata fino a urtare il suolo. I due operai, correttamente imbragati e legati, durante la caduta sono rimasti vincolati al cestello, riportando lesioni di media gravità nell’impatto a terra. Sono stati soccorsi dai sanitari del 118 e ricoverati all’ospedale di Baggiovara con l’Elisoccorso di Bologna. Sul posto anche i carabinieri, i vigili del fuoco e la Medicina del Lavoro. L’ex zuccherificio di Massa Finalese è attualmente oggetto di una riconversione per ricavarne una centrale elettrica
altri 3 morti per cui lottare
“VEDO LA LORO DIVINA PAZIENZA.
MA LA LORO DIVINA FURIA, DOV’E’?” _B. Brecht_
PIERLUIGI SOLINAS, 27 anni
DANIELE MELIS 52 anni
BRUNO MONTONI 26 anni
TUTTI E 3 DI VILLA SAN PIETRO (POCHI KM DA CAGLIARI) AMMAZZATI DAL LAVORO DENTRO UNA CISTERNA DELLA RAFFINERIA SARAS DI SARROCH, IN SARDEGNA, DI PROPRIETA’ DELLA FAMIGLIA MORATTI. LORO, TUTTI E 3, ERANO DIPENDENTI DI UNA DITTA ESTERNA ALL’IMPIANTO: LA COMES SRL.
ALTRI 3 MORTI UCCISI DALLE ESALAZIONI DI GAS E AZOTO DENTRO UNA CISTERNA, ALTRI 3 MORTI ESTERNALIZZATI, SUBAPPALTATI, 3 MORTI DI LAVORO E DI SOLIDARIETA’… UNO DOPO L’ALTRO, PER CERCARE DI SALVARE I PROPRI COMPAGNI DALLA MORTE CERTA.
E I PADRONI ORA PARLANO DI CORDOGLIO, DI TRAGICA FATALITA’, DI BRUTTO INCIDENTE: TRA QUALCHE MESE CI DIRANNO CHE IN REALTA’ CI SONO DELLE PRECISE RESPONSABILITA’: CHE IL VIDEO INIZIATO A FAR CIRCOLARE A GENNAIO PROPRIO SULLE MISURE DI SICUREZZA ALL’INTERNO DI QUELLA RAFFINERIA DICEVA SEMPLICEMENTE LA VERITA’ E CHE QUELLA VERITA’ ANDAVA ASCOLTATA PRIMA DI QUESTI 3 ASSASSINII.
3 MORTI CHE NON SONO BIANCHE: 3 MORTI CHE SONO OMICIDI.
OMICIDI COMMESSI DAI PADRONI, DAL PROFITTO, DALLE ESTERNALIZZAZIONI, DALLO STATO, DAL CAPITALE
IL LAVORO NON SI FESTEGGIA SI ABOLISCE
L’unica cosa che festeggeremo sarà la fine dello sfruttamento,
Sarà la distruzione del capitalismo e del lavoro salariato.
Il lavoro e la sua alienazione vanno aboliti, distrutti.
Solo allora avremo veramente qualcosa da festeggiare: per ora usiamolo come giorno di memoria,
come giorno di lotta per chi di lavoro è morto e muore tutti i giorni.
RIPRENDIAMOCI LA VITA, STRAPPIAMO IL NOSTRO TEMPO DALLE MANI DEL CAPITALE.
LIBERIAMOCI DAL LAVORO, PER UN 1° MAGGIO PERMANENTE e QUOTIDIANO.
NIENTE DA FESTEGGIARE: TROPPO DA ABBATTERE.
La pagheranno mai? @Corteo Nazionale in occasione del G-14@
LA CRISI LA PAGHINO BANCHIERI e PADRONI, EVASORI e CORRUTTORI
GIU’ LE MANI DAL DIRITTO ALLO SCIOPERO
GIU’ LE MANI DAI NOSTRI DIRITTI
FERMIAMO LA QUOTIDIANA STRAGE SUL LAVORO
A DOMANI.
una giornata di guerra tra tante
12.48: INCIDENTI LAVORO: OPERAIO PRECIPITA DA TETTO A PERUGIA (ANSA) – PERUGIA, 28 GEN – Un operaio è precipitato da un tetto a Ponte Valleceppi ed è stato ricoverato in ospedale con varie ferite. L’ incidente, secondo le prime informazioni, è avvenuto intorno alle dieci in via Barcaccia. Sul tetto di un edificio erano in corso lavori di bonifica dell’ amianto. L’ operaio è caduto dall’ altezza di circa cinque metri. Sul luogo sono intervenuti 118 e pompieri.
15.11: Una parte di montagna è franata a Caltanissetta travolgendo due operai che stavano eseguendo lavori di canalizzazione in via Mario Gori, nel quartiere Redentore. I soccorritori hanno estratto i corpi sepolti dalla terra e dal fango. Il terzo operaio che lavorava con i due compagni si è invece salvato perché si era allontanato poco prima del crollo. Le vittime della frana nel nisseno sono Santo Notarrigo, 37 anni, titolare della ditta che stava svolgendo i lavori, di Caltanissetta, e Felice Baldi, 19 anni, originario di un centro della provincia. Il corpo di Notarrigo è stato estratto subito dal fango, mentre quello di Baldi è stato individuato dai soccorritori dopo quasi un’ora di scavi.
17.52: BERGAMO, 28 GEN – Un ingegnere di 28 anni è rimasto ferito oggi pomeriggio in un incidente sul lavoro all’azienda Tenaris di Dalmine (Bergamo). L’uomo si trovava nei pressi di una gru in movimento, quando una traversa si è staccata dal macchinario ed Š precipitata, colpendo la vittima alle gambe. È successo poco prima delle 16 nel reparto Fas, lo stesso in cui a dicembre morì sul lavoro un operaio di 20 anni. L’ingegnere Š stato soccorso dai colleghi, poi dai sanitari del 118, che lo hanno portato in ospedale, con gli arti inferiori fratturati. Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri e i tecnici dell’Asl che dovranno ora accertare l’esatta dinamica dell’incidente e verificare eventuali responsaibilità

Foto di Valentina Perniciaro _Totem contro le morti sul lavoro_
18.09: PERUGIA, 28 GEN – È rimasto ferito alle gambe, ma le sue condizioni non sono gravi, l’operaio precipitato dal tetto di uno stabile, a Ponte Valleceppi, dove erano in corso lavori di bonifica dell’ amianto. Si tratta di un marocchino di 27 anni in regola con il permesso di soggiorno. Sull’incidente sono in corso accertamenti dei carabinieri. L’ operaio è caduto dall’ altezza di circa cinque metri. Sul luogo sono intervenuti 118 e vigili del fuoco.
23.10: Un operaio di 34 anni, Salvatore Vittorioso, è morto al Petrolchimico di Gela per l’esplosione di un’apparecchiatura sotto pressione. L’uomo lavorava per la Ecorigen, azienda che opera nel settore della rigenerazione dei catalizzatori e degli olii esausti. L’incidente è avvenuto poco dopo le 21.30, per cause non ancora accertate. La porta di un forno si sarebbe staccata dall’apparecchiatura, investendo l’operaio, che in quel momento si trovava nell’area, raggiunto anche dalle fiamme fuoruscite dalla stessa macchina. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e i vigili del fuoco che operano per conto dell’Eni. Le indagini sono coordinate dal pm di Gela, Monia Di Marco, che ha sequestrato l’intero impianto della Ecorigen, che si trova nell’Isola 13 del Petrolchimico.
verso lo sciopero: BASTA CREPARE DI LAVORO!
6 DICEMBRE , 1° ANNIVERSARIO DELLA STRAGE ALLA TYSSEN-KRUPP
B A S T A , CREPARE DI LAVORO !
Il 6 dicembre 2007 un incendio sviluppatosi alle acciaierie Tyssen-Krupp di Torino uccideva 7 operai : 7 vite spezzate ed altrettante famiglie distrutte !
Dopo la rabbia, la commozione generale, le tante parole al vento spese dalle massime istituzioni , quei martiri del lavoro sono usciti di scena .
La sporca politica ha ripreso il sopravvento inscenando “ l’emergenza securitaria”, scatenando la caccia al rom e all’immigrato , militarizzando il paese e la sceneggiata dell’esercito nelle strade.
Eppure si continua a morire di lavoro peggio che in Iraq ed Afganistan!
La strage alla Tyssen-Krupp non è stata la prima , purtroppo non sarà l’ultima : i 4 morti al giorno per causa del lavoro e delle malattie professionali , sono lì a testimoniarlo!
Solo l’operato del giudice Guariniello e del GUP di Torino, che hanno fatto rinviare a giudizio l’Ammistratore Delegato della Tyssen per “ omicidio volontario”, nonché aver disposto l’ammissione degli operai e delle loro associazioni come parti civili, ci rende meno amara questa tragedia e ci sprona a non lasciare niente di intentato ovunque !
Nel frattempo, la sporca politica rende sempre più inefficaci i provvedimenti di contrasto e sanzione nei confronti delle aziende , vedi :
ulteriore limitazione dei poteri di intervento di RLS ed Ispettori del lavoro ( testo unico L.81/08 e Direttiva Ministero Lavoro/sett.08);
deregolamentazione mercato del lavoro ( L. 133/08) ;
detassazione degli straordinari ( L. 126/08) ;
sterilizzazione dell’azione legale e dei processi, intesa a frenare l’attività sanzionatoria dei giudici del lavoro e penali ( DDL 1441-quater,in discussione alla Camera).
Il segnale è evidente e tremendo. I padroni sono sollecitati ad utilizzare la crisi per stravolgerla a loro esclusivo favore, attivando : licenziamenti, cassa integrazione, precarietà, ritmi-orari massacranti, meno spese e controlli sulla salute e sicurezza dei lavoratori .
BASTA CON LA SPORCA POLITICA E LA CRIMINALITA’ DATORIALE .
BASTA CON LE STRAGI DEL LAVORO, CON IL PREVENTIVATO GENOCIDIO.
NON FACCIAMO MORIRE UNA SECONDA VOLTA CHI SI E’ GIA’ IMMOLATO PER IL LAVORO SALARIATO !!
PRENDIAMO IMPEGNO A NON SMETTERE DI LOTTARE FIN QUANDO NON SIA CESSATO LO STILLICIDIO DEI MORTI DEL LAVORO, FIN QUANDO NON SIA STATO CONQUISTATO IL LAVORO STABILE E SICURO .
NELLA SETTIMANA CHE PRECEDE LO SCIOPERO GENERALE DEL 12 DICEMBRE – in cui cade
il 1° anniversario della strage alla TyssenKrupp – E NELLE MANIFESTAZIONI CHE
SI TERRANNO IN TUTTA ITALIA , FACCIAMO SENTIRE OVUNQUE LA VOCE DELLA PROTESTA CONTRO IL LAVORO CHE UCCIDE .
Roma 4 dicembre
2008 CONFEDERAZIONE COBAS
una vecchia intervista a Franca Salerno
“Sono stata arrestata ed ero incinta, ma mi hanno picchiata”
Franca Salerno, Arrestata il 9 luglio 1975, condannata a quattro anni e mezzo per appartenenza ai Nap, Nuclei armati proletari, evasa insieme a Maria Pia Vianale dal carcere di Pozzuoli e riarrestata il primo luglio 1977 in piazza San Pietro in Vincoli a Roma…“In un conflitto a fuoco dove Antonio Lo Muscio è morto ammazzato”.
Ricordo le foto sui giornali, la tua all’ospedale… “Sì, loro ti cercano, ti pedinano e quando ti catturano ti massacrano di botte. Per quei tempi era normale. Gridavano: “Ammazziamole, facciamole fuori”. Se non ci fosse stata la gente a guardare dalle finestre sarebbe stata un’esecuzione. A Pia hanno sparato perché si era mossa. Ricordo i loro occhi, dentro c’era rabbia e eccitazione; erano fuori di sè perché eravamo donne. Averci prese, per loro, era una vittoria anche dal punto di vista maschile“.
Al processo, a quanti anni ti hanno condannata? “A 18, per banda armata”.
Sapevi di essere incinta al momento dell’arresto? “Sì, avevo questo bambino in pancia e volevo salvaguardare la sua vita. Antonio era morto, Pia era stata portata via con l’autoambulanza ferita, io ero sul selciato e gridavo: “Sono incinta”, ma da ogni autocivetta uscivano uomini e picchiavano. Sino a quando è arrivato anche per me il momento di andare in ospedale”.
Cosa vuol dire fare un figlio in carcere? “Guarda che io il figlio l’ho fatto fuori, in carcere l’ho partorito.
Ma non mi sono sentita mamma da subito, all’inizio mi vergognavo. Quasi che il mio essere gravida fosse un tradimento alla rivoluzione”.
Ed è rimasto con te in carcere? “Sino ai tre anni andava e veniva, perché in carcere i bambini non stanno bene. E poi ho fatto molto carcere da sola, come a Nuoro, dove in sezione c’eravamo solo io e lui. Forse dalle lettere avevano capito che vivevo la maternità in modo confittuale e mi hanno messo alla prova”.
Come si chiama? “Antonio”.
Poi cosa è successo? “Compiuti i tre anni, i bambini in carcere non ci possono più stare. È stato un grosso dolore, ma esistevano i compagni e le compagne. E lui esisteva, esisteva come cosa viva, non solo come perdita. Poi ci sono stati le carceri speciali, i vetri divisori nella sala colloquio che per anni ci hanno impedito di toccarci, e tutte le altre difficoltà che “loro” mettevano in mezzo. Ma a me non fregava niente. Mio figlio esiste, mi dicevo, e anche se va via troverò un modo per costruirci qualcosa assieme, per crescerci assieme”.
Chi lo ha tenuto? “Mia madre, mia sorella, l’altra nonna”.
Lui ti ha mai chiesto perché stavi in carcere? “Si, aveva cinque anni e voleva dare risposte alla sua vita di bambino nato dietro le sbarre. Potevo spiegargli la rivoluzione? E poi non mi piace la retorica gloriosa. Così gli ho detto: la mamma ha rubato. Poi, piano piano, ho cercato di spiegare. Ma il racconto vero dei percorsi che mi avevano portato in carcere c’è stato quando sono uscita e lui aveva 16 anni”.
E dopo sedici anni di galera come si riprende a vivere fuori? “Per un anno avevo i piedi fuori e la testa da detenuta. Cercavo emozioni passate, fili, ed ero comunque e sempre sulla difensiva. Poi, un po’ alla volta, ho iniziato a misurarmi con la realtà. Col lavoro necessario, con mio figlio. Era una presenza intensa, ma io da sedici anni non ero abituata alle presenze, ad avere persone attorno, all’interesse di qualcuno su di me. Ero disabituata alla materialità degli affetti, ai corpi da toccare. Ho dovuto imparare a non vivere di continue elaborazioni del cervello, a mettere in comunicazione corpo e mente”.
E il carcere, lo hai dimenticato? “Lo sogno continuamente. E per me sognare non è una seconda vita. Per me il carcere è presente, come sono presenti i compagni e le compagne che sono ancora dentro, a scontare una pena che non ha fine. In nessun modo disposti però a barattare dignità e rispetto di se stessi in cambio di libertà. Abbiamo rincorso l’utopia di un mondo migliore e mai l’interesse personale. Non lo faremo adesso”.
È stato facile trovare lavoro? “È stato necessario. Ma tutt’altro che facile. Mi sono state fatte offerte di lavoro da qualche parlamentare in cambio di un mio intervento sul dibattito della dissociazione. Ho rifiutato e mi sono affidata alla gente del quartiere e ho trovato lavoro in un’impresa di pulizie”.
Dell’esperienza del carcere cosa rimane addosso? “Dei vizi. Dentro la borsetta metto di tutto: spazzolino, penna, fogli bianchi, insomma quello che può servire per i cambiamenti improvvisi. Le cose che una detenuta inserisce nello zaino quando c’è aria di trasferimento e sa che, quando avverrà, non le sarà concesso nemmeno il tempo di prepararsi la borsa. E quando mangio lascio sempre qualcosa nel piatto, per dopo, perché non si sa mai”.
Lascia l’amaro in bocca quest’intervista, più di quanto le parole di Franca non lo lascino già.
Perchè quel bimbo di cui si parla, Antonio, non smette di mancare ad ognuno di noi.
Perchè la storia di quella vita nata tra le sbarre di un carcere di massima sicurezza non doveva finire spezzata sul lavoro, come troppe persone ogni giorno.
Solo oggi tra la lista dei morti spunta un ragazzo di 20 anni, morto accanto al fratello, rimasto gravemente ferito….non se ne può più. QUESTA PAGINA E’ QUINDI CONTRO IL CARCERE, CONTRO LA PRESENZA DI BAMBINI DA 0 A 3 ANNI, MA
ANCHE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO, PER FERMARE LA QUOTIDIANA SEQUELA DI ASSASSINII
Il giorno in cui è morto quel 17 Gennaio del 2006, Antonio Salerno Piccinino stava lavorando e faceva una consegna straordinaria, un favore personale ad uno dei suoi dirigenti, un viaggio fino ad Ostia improvvisato probabilmente per la voglia di dimostrare affidabilità.
Antonio è morto perchè andava troppo veloce a causa dei ritmi inarrestabili e delle pressioni emotive costanti che ci vogliono disponibili, sorridenti e veloci, sempre.
Antonio era un pony express, il contratto di lavoro era scaduto a fine dicembre e formalmente, quando è morto sulla Cristoforo Colombo non gli era ancora stato rinnovato.
Antonio era in nero. Il suo lavoro era quello di corriere addetto ai ritiri presso gli ambulatori veterinari, percorreva sulle strade di Roma 130Km al giorno. 14 ritiri al giorno, 3 euro per ogni ritiro in città, 5 euro per ogni ritiro oltre il Grande Raccordo Anulare e 6 euro per ogni ritiro nella zona mare comprendente Ostia, Torvajanica e Fiumicino.
E’ Indispensabile andare veloce perché l’equazione è semplice: aumentare il numero di ritiri per aumentare la propria busta paga.
E’ così che è morto Antonio. Ma Antonio non era affatto il suo lavoro, anzi. Era un ragazzo pieno di vita e di sogni. Antonio era un ragazzo di ventinove anni consapevole dei meccanismi di sfruttamento che era costretto a subire, era un precario che lottava quotidianemente contro la precarietà del lavoro e della vita.
Nessuno o tutti – O tutto o niente
Una selezione di poesie di Bertold Brecht…così, a mia scelta.
Girovagando tra una libreria nuova, ogni giorno più familiare.
Fuggito sotto il tetto di paglia danese, amici,
seguo la vostra lotta. Di qui vi mando,
come già ogni tanto, i miei versi, incalzati
da sanguinose visioni oltre il Sund e il fogliame.
Fate uso, di quel che ve ne giunga, con prudenza!
Libri ingialliti, consunti rapporti
mi sono scrittoio. Se ci vedremo ancora,
volentieri ancora ritornerò apprendista.
Svendborg, 1939
I LAVORATORI GRIDANO PER IL PANE
I COMMERCIANTI GRIDANO PER I MERCATI.
IL DISOCCUPATO HA FATTO LA FAME. ORA
FA LA FAME CHI LAVORA.
LE MANI CHE ERANO FERME TORNANO A MUOVERSI:
TORNISCONO GRANATE.
Schiavo, chi ti libererà?
Chi sotto a tutti, in fondo a tutto sta.
Compagno, ti vedranno
e udranno le tue grida:
schiavi ti libereranno.
Nessuno o tutti – o tutto o niente.
Non si può salvarsi da sè.
O i fucili – o le catene.
Nessuno o tutti – o tutto o niente.
Affamato, chi ti sfamerà?
Se vuoi pane, te ne darà
chi non ne ha per sé. Vieni con noi,
il cammino ti mostreremo,
affamati ti sfameremo.
Nessuno o tutti – o tutto o niente.
Non si può salvarsi da sè.
O i fucili – o le catene.
Nessuno o tutti – o tutto o niente.
Vinto, chi ti vendicherà?
Tu, se ti hanno colpito,
cammina con chi è ferito.
C’è in noi deboli, compagno,
quel che ti vendicherà.
Nessuno o tutti – o tutto o niente.
Non si può salvarsi da sè.
O i fucili – o le catene.
Nessuno o tutti – o tutto o niente.
Perduto, chi oserà?
Chi la miseria non sa
più sopportare stia
con chi vuole che questo il giorno sia,
non quello che verrà
Nessuno o tutti – o tutto o niente.
Non si può salvarsi da sè.
O i fucili – o le catene.
Nessuno o tutti – o tutto o niente.
E QUESTO E’ TUTTO, E NON E’ GIA’ CHE BASTI,
MA FORSE VI DIRA’: ESISTO ANCORA.
SON COME QUELLO CHE CON SE PORTAVA
SEMPRE UN MATTONE PER MOSTRARE AL MONDO
COM’ERA STATA UN GIORNO LA SUA CASA.
La strage quotidiana
Nella giornata di ieri ci sono stati 9 morti sul lavoro.
Questa mattina un’altra donna s’è aggiunta al lungo elenco.
Il genocidio perpetrato dai padroni non si ferma.
E noi si continua a morire sul posto di lavoro, a rimaner schiacciati,
asfissiati, incastrati, sommersi,
a volar giù dai ponteggi, a morire nelle stive, nelle cisterne,
nelle acciaierie, sotto le ruspe.
FERMIAMO QUESTO GENOCIDIO.
E lo si può fermare solo prendendo coscienza, ricominciando a lottare
su tutti i posti di lavoro, ricominciando ad avere potere nelle mani,
a sovvertire i rapporti di forza.



















Foto di Valentina Perniciaro. Luglio 2007
Scalo San Lorenzo, Reparto Manutenzione Locomotori.
Ferrovie dello Stato, Roma.






























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