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Alla sagra della guerra
Incredibile quello che hanno visto i miei occhi oggi.
Il Circo Massimo è completamente invaso da pagliacci, con i loro carri e i loro elicotteri, con i blindati e le divise lustrate, con i gradi e le truppe entrambi indecenti nel rapportarsi con due fanciulle.
Sconcertante osservare come questo governo sta provando a farci sembrare normale vedere il fango (per ora solo quello, plateale, del circo massimo) alzato dai cingoli, vedere divise su divise che ci spiegano come si addestrano, come spiano, come arrestano, come bombardano, come sminano, come come come.
Mai qualcuno che ti spiega perchè.
Ma perchè devo avere il Circo Massimo invaso di simulazioni di arresti, di sminatori che ti spiegano come funzionano i loro robot, che hanno imparato ad usarli dagli inglesi (“sa, con quegl’irlandesi,
loro!”)… il Palatino che osserva tank su tank, con le loro retine mimetiche, mentre fanno vedere ai bambini come si infila il colpo che viene sparato dal cannone, che ti fanno vedere al microscopio i bossoli o le tracce di sangue. “Lei ha lo sguardo coraggioso, perchè non si arruola, entri nei Carabinieri”…si passava da questo a facce poco raccomandabili che ti chiedevano “vuole venire a vedere il mio sommergibile?”. BHE, NO!
“Vuole che le prendiamo le impronti digitali?”
“Vuole vedere come osserviamo gli spostamenti tra Kabul ed Herat?”
“E’ sicura che non vuole farmi domande?”
Sono proprio gentili le nostre forze armate mentre ti illustrano i lanciarazzi, mentre ti fanno vedere quanti missili può caricare un aereo da combattimento “si signora, proprio quelli che usiamo in Afghanistan”.
Sale operatorie trasportabili, motociclette aviolanciabili… poi entri nel quartier generale da campo e gli chiedi… “siamo al sicuro qui? Se ci attaccassero con dei Qassam o degli Rpg saremmo al sicuro? Non riescono a bucare una cosa del genere vero?” … Non è che ha fatto un’espressione convinta, “sicuramente blocca un attacco con dei kalashnikov, ma già degli Rpg, forse…potrebbero…”
Curiosi gli artificieri: hanno una specie di tenda con esposti vari tipi di bombe, esplosivi, mine. La maggior parte sono ordigni militari, poi c’è un reparto di ordigni improvvisati, diciamo “fatti in casa”.
E compare un orsacchiotto, una radiolina, una busta da lettere e un libro, con una targhetta più che chiara e quasi ridicola che dice libro bomba … il titolo del libro?? Guadalajara!
Ad un certo punto abbiamo avuto l’onore di essere presenti anche all’arrivo di quella faccia intelligente di Gasparri: mentre il suo personale corteo di divise e pennacchi gli spiegava e parlava fittamente di chissà quale nuova
tecnologia, lui scriveva sms, con la sua nota espressione reattiva.
Insomma… non ho molte parole per raccontare quello che è una piccola parte dei festeggiamenti per il 4 novembre che ci stanno propinando. Uno scempio.
Uno scempio umano, storico, politico. Uno scempio, una vergogna.
L’immagine più che chiarificatrice di quello che stiamo diventando, giorno dopo giorno.
La parata della guerra, che devo dire nemmeno si sforza tanto in questa manifestazione ad apparire come forza di pace. Non hanno fatto nemmeno lo sforzo, è palesemente la festa della guerra, degli armamenti, della loro boria militarista e nazionalista.Come siamo ridotti male.
CONTRO LE VOSTRE GUERRE, CONTRO I VOSTRI ARMAMENTI.
Il corpo di Manuel Eliantonio
“Mi picchiano ma uscirò”. Invece Manuel muore in cella.
di Valentina Perniciaro, Liberazione, 22 ottobre 2008
Manuel Eliantonio aveva appena compiuto 22 anni il giorno che è stato dichiarato morto, nel carcere di Marassi a Genova,per «dinamica non definita e patologia non identificata» dal medico del carcere. Dal giorno dopo la stampa nazionale racconta di un tossicodipendente deceduto in carcere dopo un’intossicazione da gas butano, sostanza spesso usata dai detenuti per stordirsi, in assenza di altre droghe.
La sera del 23 dicembre dello scorso anno una macchina con a bordo 5 ragazzi, di ritorno da una nottata in una discoteca di provincia, viene fermata dalla polizia stradale in un autogrill della A6 Torino-Savona. I fermati vengono obbligati alle analisi, che risultano positive: hanno assunto cannabis, cocaina e anfetamina. Manuel è l’unico dei cinque a reagire al fermo, fino al momento in cui tenta di fuggire dalla presa della polizia con la scusa di dover andare al bagno. Secondo la versione ufficiale è qui che compie l’ingenuità che lo porterà alla morte: Manuel si illude di poter fuggire, scavalca una rete metallica e si mette a correre tra i rovi che si trovano lungo l’autostrada. Viene ripreso immediatamente e a causa di quel tentativo di fuga è l’unico dei 5 a finire nella caserma di Savona.
Da lì l’immediata traduzione in carcere, con una denuncia per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale.
Il 16 gennaio riesce ad ottenere la scarcerazione e gli arresti domiciliari in attesa di giudizio. L’istanza di scarcerazione si è mossa a rilento per una serie di piccoli precedenti penali: il ragazzo era stato precedentemente condannato per qualche piccolo furto e per ricettazione, reati connessi alla sua dipendenza dalla cocaina.
Dipendenza che stava cercando di combattere con tutte le sue forze, tanto che da qualche mese era in cura al SERT, una cura che lo rendeva nervoso, depresso e spesso fiacco, ma che continuava per poter tornare ad una vita normale.
Rimane in carcere fino al 16 gennaio, quando gli vengono finalmente concessi gli arresti domiciliari in attesa di giudizio.
Il 25 marzo è nuovamente arrestato per non aver rispettato gli obblighi di dimora e a quel punto inizia il suo calvario. Nei 4 mesi di carcerazione che passano dal secondo arresto alla sua morte viene trasferito 4 volte. Dal carcere di Savona viene tradotto a Chiavari, poi a Torino per un’udienza (dove riesce a vedere i suoi familiari), poi di nuovo di passaggio a Savona, per finire , i primi di giugno, nelle celle del carcere genovese di Marassi dove morirà.
La condanna arriva il 4 giugno, durante la sua detenzione: 5 mesi e 10 giorni per resistenza a pubblico ufficiale. Si inizia a fare i conti dei giorni, programma una vacanza di una settimana con la sua fidanzata per la metà d’agosto, quando sarebbe dovuto uscire.
Il 20 luglio però, telefona dal carcere alla nonna: durante la telefonata denuncia di essere stato violentemente picchiato, di avere un occhio gonfio e totalmente nero e segni di botte su tutto il corpo. A quel punto la telefonata viene bruscamente interrotta dal centralino del carcere e la sua famiglia inizia a cercare l’avvocato per presentare un’immediata istanza di scarcerazione.
Appena 4 giorni dopo la mamma riceve una lettera con un timbro postale di due settimane prima, le parole di Manuel sono strozzate e sofferenti, quello che scrive è più che chiaro: «Carissime bamboline mie, mi dispiace che non vi ho fatto avere più mie notizie, ma anche io ho i miei problemi: mi ammazzano di botte almeno una volta alla settimana. Ora ho solo un occhio nero, mi riempiono di psicofarmaci, quelli che riesco li risputo ma se non li prendo mi ricattano. Sono in isolamento almeno 4 giorni alla settimana, è già tanto che ricevo le lettere. Sto mangiando poco.Ho fatto il processo il 4 giugno, mi hanno condannato a 5 mesi e 10 giorni. Facendo i calcoli, con la galera che ho già fatto da dicembre, dovrei essere fuori i primi d’agosto, se Dio vuole.» La mamma, Maria gli scrive subite un telegramma «Resisti, manca poco. Ti aspettiamo» ma Manuel non lo leggerà mai.
«Avevo un brutto presentimento» racconta Maria, «avevo qualcosa dentro che non andava e la sua lettera confermava le mie sensazioni.
Ho provato a chiedere un colloquio straordinario per vederlo prima della fine della settimana ma non me l’hanno concesso.Comunque non avrei fatto in tempo: moriva la mattina dopo.Infatti, il 25 luglio alle 9.25 mi arriva quella maledetta telefonata da Marassi “abbiamo una brutta notizia da darle, suo figlio è deceduto ma lei inutile che viene qui che non c’è più”.
Ho chiuso la comunicazione e sono partita subito per Genova, diretta verso l’obitorio del San Martino. Nel mio cuore speravo in uno sbaglio di persona, pregavo non fosse lui. Non me l’hanno fatto vedere subito, poi sono riuscita ad entrare. Ho trovato mio figlio con una maglietta non sua, che gli stava molto piccola, completamente coperto di lividi su tutto il corpo, con delle chiare tracce di sangue che dal naso salivano verso la fronte e i capelli.
Ho riscontrato diversi segni di percosse sul suo corpo e non mi sono mai stati restituiti i vestiti che indossava mentre moriva.
La pecca di mio figlio era la cannabis e la cocaina, ma era un buono, non faceva male a nessuno. Doveva essere curato e invece me l’hanno ammazzato. I giornali hanno scritto che si è ammazzato da solo col butano, ma lui aveva il terrore del gas da quando aveva 6 anni. E’ l’unica cosa che lo terrorizzava»
Ma forse non serve questo a capire che il butano è stata una scusa di comodo usata per la stampa: perché il butano non uccide lasciando il corpo martoriato, il butano non fa venire emorragie interne, il butano non sfigura il corpo pieno di vita di un ragazzo di appena 22 anni.
Leggi anche:
Manuel Eliantonio, 22 anni, ucciso in carcere
MARINA PETRELLA E’ LIBERA!
LA NOTIZIA E’ APPENA ARRIVATA ED E’ TRA LE PIU BELLE POSSIBILI!
RITIRATO IL DECRETO D’ESTRADIZIONE A MARINA PETRELLA, CHE DA PIU DI UN ANNO MANGIAVA LA SUA ESISTENZA. ORA POTRA’ RICOMINCIARE A RECUPERARE ENERGIE, A MANGIARE, A COCCOLARE LE SUE FIGLIE.
CHE BELLA NOTIZIA.
UN ABBRACCIO FORTE FORTE AD ELISA ED EMMA!
(ANSA-AFP) – PARIGI, 12 OTT Secondo ‘Le Journal du Dimanchè, il presidente francese Nicolas Sarkozy ha rinunciato a fare applicare l’estradizione verso l’Italia per l’ex membro delle Brigate Rosse, Marina Petrella. La decisione, si spiega nell’ultima edizione del giornale, sarebbe giustificata da «ragioni umanitarie».
Un decreto del governo francese dello scorso 3 giugno, autorizzava l’estradizione di Marina Petrella verso l’Italia, dove una sentenza del 1992 la condanna all’ergastolo per omicidio. Un comitato di sostenitori dell’ex brigatista di 54 anni aveva domandato al presidente francese Sarkozy l’applicazione della «clausola umanitaria» prevista dalla convenzione sull’estradizione franco-italiana del 1957. Marina Petrella aveva depositato un ricorso al Consiglio di Stato contro il decreto che autorizza la sua estradizione. Il ricorso sarà esaminato mercoledì alle 14:00 dalla seconda e settima sotto-sezione riunite. Ex dirigente della ‘colonna romana’ delle Br, rifugiatasi in Francia dal 1993, Marina Petrella è stata arrestata nell’agosto del 2007 a Val-d’Oise, dove lavorava come assistente sociale. Il suo stato fisico e mentale non ha cessato di peggiorare per un anno e l’ex brigatista è restata in carcere fino a quando la Corte d’appello di Versailles ha autorizzato da agosto la libertà sotto controllo giudiziario per permetterle di ricevere delle cure senza essere detenuta. Marina Petrella è ricoverata presso l’ospedale parigino Sainte-Anne, dove è nutrita attraverso un sondino che consente «la sua sopravvivenza con un’alimentazione minima», secondo la Lega dei Diritti dell’Uomo.
Dell’impasto e della fettuccina…
Ingredienti:
@1 grosso uovo per ogni 100 g di farina bianca di granotenero e poca acqua.
@per rendere più gustoso l’impasto, potete aggiungere 1 o 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva.
Preparazione:
Fare la pasta in casa offre sostanzialmente due vantaggi: permette di poter essere certi della freschezza degli ingredienti e consente di ottenerla secondo i propri gusti. Per quanto riguarda gli ingredienti, la ricetta canonicaprevede 1 grosso uovo per ogni 100 g di farina bianca di grano tenero. Se però l’impasto fosse duro, potrete ammorbidirlo con poca acqua. Una volta si calcolava 1 uovo per persona, ma attualmente con 3 uova si preparano 4-5 porzioni.Inoltre, per rendere più gustoso l’impasto, poteteaggiungere 1 o 2 cucchiai di olio extravergine d’oliva.Come procedere. Innanzitutto disponete la farina a fontana, ossia versandola in modo da ottenere un mucchietto e formando un incavo proprio nel mezzo, cos che possa ricordare il cratere di un vulcano. Rompete quindi le uova e versatele nel centro dell’incavo.Mescolatele, con una forchetta, incorporando gradualmente la farina.Dopo pochi minuti le uova avranno formato con la farina assorbita un impasto giallo che, integrato con la rimanente farina, diventerà sempre più consistente. A questo punto proseguite lavorando il composto direttamente con le mani. Occorre premerlo con vigore, tirarlo leggermente e riavvolgerlo. Quando sarà liscio e omogeneo, stendetelo con il matterello in modo da ottenere una sottile lamina. Per avere una sfoglia rotonda ruotate la pasta manmano che la tirate, in modo da formare un ampio disco.Lasciatela allora asciugare, per evitare che, avvolgendola per poterla tagliare, si incolli. Se invece la pasta è destinata a essere farcita, nondovete farla asciugare, ma procedere celermente, proprio perché essa deve conservare la necessaria umidità per potersi incollare al momento della confezione del tipo di pasta ripiena desiderato (ravioli, tortellini, agnolotti, ecc.). Anche per le tagliatelle non lasciate seccare la pasta più del dovuto, perché perderebbe elasticità e siromperebbe al momento di arrotolarla. Cospargetela con poca farina, arrotolatela e, senzapremere, tagliatela con il coltello a strisce strette o larghe ma tra loro uguali). Prendete quindi i rotolini ottenuti, apriteli, infarinateli e adagiateli sul pianodi lavoro evitando di sovrapporli. Se utilizzate l’apposita macchina a rulli, dovete tagliare l’impasto in pezzi più piccoli, che passerete prima attraverso i rulli per ottenere altrettante strisce sottili. Taglierete queste nella lunghezza desiderata e le passerete negli appositi rulli forniti di dischi taglienti.
Il nostro seme
Dalle parole di Alcide Cervi, il padre dei 7 fratelli Cervi:
“Mi hanno sempre detto…tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta.
La figura è bella e qualche volta piango… ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l’ideale nella testa dell’uomo”.
Manuel Eliantonio, 22 anni, morto in cella
Aveva 22 anni Manuel.
Aveva una condanna di soli 5 mesi per resistenza a pubblico ufficiale.
Ma non uscirà mai dalla cella dove l’avevano chiuso, nel carcere genovese di Marassi.
Cella dove lo massacravano di botte almeno una volta alla settimana, cella da dove veniva tolto per esser messo in isolamento ogni volta che le loro manganellate lo rendevano impresentabile.
Non tornerà da sua madre alla quale aveva spedito un’ultima lettera pochi giorni prima di morire: lettera agghiacciante, che ora la madre rilegge urlando il suo dolore e il suo odio.
«Cara mamma, qui mi ammazzano di botte almeno una volta alla settimana. Adesso ho soltanto un occhio nero, ma di solito…». E ancora: «Mi riempiono di psicofarmaci. Quelli che riesco non li ingoio e appena posso li sputo. Ma se non li prendo mi ricattano con le lettere che devo fare». E ancora: «Sai, mi tengono in isolamento quattro giorni alla settimana, mangio poco e niente, sto male».
Non solo è morto a 22 anni, ma i giornali si sono anche accaniti a manipolare la situazione facendolo passare per un tossico che si “sballava” con il butano del fornelletto da campeggio che aveva in cella.
Operazione schifosa portata avanti soprattutto da “Repubblica”.
«Mio figlio lo hanno ammazzato. Lo hanno pestato a sangue e lo hanno stordito con psicofarmaci. Lo hanno ucciso, e stanno cercando di coprire tutto. Voglio andare fino in fondo a questa storia. Mio figlio era malato. Non avrebbe dovuto assumere psicofarmaci. Doveva essere curato, non sedato. Avrebbero dovuto portarlo in ospedale se stava male, non abbandonarlo in una cella, solo».
«Doveva essere scarcerato il 5 agosto», racconta. «Quando la lettera è arrivata gli ho subito risposto con un telegramma: “Resisti, figlio mio. Resisti, è quasi finita”. Speravo di rivederlo tra qualche giorno, invece è arrivata soltanto quella maledetta telefonata da Marassi».
Il mio articolo su Liberazione: QUI
ODIO IL CARCERE
SANGUE DEL NOSTRO SANGUE
7 luglio 1960 – 7 luglio 2008
A 48 anni dalla strage di REGGIO EMILIA.
“COMPAGNO SIA BEN CHIARO, CHE QUESTO SANGUE AMARE VERSATO A REGGIO EMILIA E’ SANGUE DEL NOSTRO SANGUE, NERVI DEI NOSTRI NERVI, COME FU QUELLO DEI FRATELLI CERVI”
“Mio babbo aveva 41 anni. E’ morto sui gradini della chiesa di San Francesco, dove cercava riparo. Molto cristianamente il parroco aveva sbarrato le porte” _Oldano Serri, figlio di Marino_
“A mio fratello il proiettile si è fermato sulla spina dorsale, causando una paralisi, ma non era questa la preoccupazione. La preoccupazione era il fatto che si era recisa un’arteria, e con le trasfusioni l’han tenuto vivo fino all’una dopo mezzanotte, cosciente, e noi eravamo lì, io e mio fratello, a darci il cambio al suo capezzale. Io non sono riuscito a dirgli niente. Lui mi ha detto Gianni, mi han mirato come a un uccellino, mi han voluto uccidere.
Ma se muoio, vendicatemi.” _Gianni Tondelli_
1) TONDELLI AFRO, anni 36, ferita da arma da fuoco alla base dell’emitorace sinistro, regione inferiore, deceduto nelle prime ore della notte.
2) FRANCHI OVIDIO, anni 19, ferita d’arma da fuoco penetrante nel cavo addominale, deceduto alle ore 18
3) FARIOLI LAURO, anni 22, due ferite d’arma da fuoco, una in regione ascellare sinistra, mortale, e la seconda nella coscia destra. Giunto cadavere in ospedale
4) SERRI MARINO, anni 40, ferita d’arma da fuoco in regione toracica, deceduto alle ore 18
5) REVERBERI EMILIO, anni 38, ferita penetrante d’arma da fuoco in regione medio frontale e in regione sopraccigliare destra con frattura esposta della volta cranica, deceduto alle ore 21.
Un nastro, registrato durante la sparatoria, raccoglie attimo per attimo le fasi più drammatiche della strage. Dura ventisette minuti, dalle diciassette meno un quarto, alle diciassette e dodici. Si sente distintamente una voce di comando ordinare: SPARATE NEL MEZZO! L’ordine è seguito da una fucileria intensissima. Tra le violente raffiche affiorano grida di aiuto e si odono voci continue gridare: VIGLIACCHI! ASSASSINI! , un’accusa ripetuta instancabilmente mentre gli uomini cadono.
Una lunga assordante sparatoria chiude la drammatica registrazione.
CON QUESTE MAN DA CALLI, NOI LA FAREM VENDETTA!
Lo avrai, lo avrai
Lo avrai,
camerata Kesselring,
il monumento che pretendi da noi italiani,
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio;
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità;
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono;
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire,
ma soltanto col silenzio del torturati,
più duro d’ogni macigno.
Soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi,
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio,
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade, se vorrai tornare,
ai nostri posti ci ritroverai:
morti e vivi collo stesso impegno,
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama,
ora e sempre,
RESISTENZA
La strage quotidiana
Nella giornata di ieri ci sono stati 9 morti sul lavoro.
Questa mattina un’altra donna s’è aggiunta al lungo elenco.
Il genocidio perpetrato dai padroni non si ferma.
E noi si continua a morire sul posto di lavoro, a rimaner schiacciati,
asfissiati, incastrati, sommersi,
a volar giù dai ponteggi, a morire nelle stive, nelle cisterne,
nelle acciaierie, sotto le ruspe.
FERMIAMO QUESTO GENOCIDIO.
E lo si può fermare solo prendendo coscienza, ricominciando a lottare
su tutti i posti di lavoro, ricominciando ad avere potere nelle mani,
a sovvertire i rapporti di forza.
FIRMATA ESTRADIZIONE PER MARINA PETRELLA
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Exigeons l’abrogation du décret d’extradition de Marina Petrella !Paris, le 9 juin 2008.Ce 9 juin 2008, le décret d’extradition a été notifié à Marina Petrella.Cette décision inique engage la responsabilité personnelle du chef duGouvernement et du chef de l’Etat français. Un recours en Conseil d’Etat aété enregistré.Après neuf mois d’incarcération à la prison de Fresnes, le gouvernementfrançais a décidé que la seule perspective de Marina Petrella devait êtrela mort lente puisqu’elle purgera en Italie une peine à perpétuité :- pour des faits remontant à plus de 25 ans, en exécution d’une sentenceprononcée en Italie voici 15 ans dans le cadre d’une législation d’exception,- en déni de l’asile de fait accordé par la France aux réfugiés italiensdès 1981 et en violation des engagements de la France de n’extrader aucunde ces réfugiés.Le décret d’extradition intervient alors que Marina est au plus mal. Laperspective de la prison à vie et la séparation d’avec sa jeune enfant de10 ans la détruisent. Après huit semaines d’hospitalisation en raisond’une très grave dégradation physique et psychique, épuisée et nes’alimentant plus depuis deux semaines, Marina Petrella a été réincarcéréeà la prison de Fresnes… pour se voir signifier le décret de sonextradition. Pourtant, son état de santé justifie pleinement l’applicationde la clause humanitaire prévue par les textes régissant l’extradition.Mais nous pouvons encore AGIR …-
Rassemblement mercredi 11 juin 2008 à 11h30 place Sèvres Babylone, 75007Paris (devant le square)
Nous demandons à toutes celles et tous ceux qui ont signé la pétition ou/ et l’Appel des femmes, à toutes celles et tous ceux qui ont soutenuMarina, d’envoyer un mail signé et daté (ou un courrier sur cartedécouverte) au Premier ministre français François Fillon et au PrésidentNicolas Sarkozy leur demandant l’abrogation du décret d’extradition deMarina Petrella. Ci-dessous, adresses et proposition de mail ou lettre-type (libre àchacun-e- d’en modifier la forme à sa façon) :
M. Nicolas Sarkozy, Palais de l’Elysée, 55 rue du Faubourg Saint-Honoré,75008 Paris – email : sur le site http://www.elysee.fr/accueil/, onglet «écrire au président »-
M. François Fillon, Hôtel Matignon, 57 rue de Varenne, 75700 Paris -email : sur le sitehttp://www.premier-ministre.gouv.fr/acteurs/premier_ministre/ecrire,onglet « écrire au Premier ministre » et service.presse@pm.gouv.frProposition de lettre :« Monsieur le Premier ministre (ou Monsieur le Président),
Le décret d’extradition de Marina Petrella vient de lui être signifié parvos services. Nous savons qu’il est en votre pouvoir d’abroger le décretque vous venez de signer. Au regard d’une décision d’extradition relativeà des faits remontant à plus de 25 ans, au regard de l’engagement de laFrance de n’extrader aucun réfugié italien, au regard de la dégradationeffroyable de l’état de santé de Marina Petrella, je vous demande de fairepreuve d’humanité et de ne pas renvoyer Marina finir sa vie dans lesprisons italiennes ».
Per Roma e Provincia: 87.900 FM
RIFUGIATA IN FRANCIA DA QUASI 20 ANNI,
DALLO SCORSO AGOSTO E’ IN STATO DI ARRESTO IN UN CARCERE PARIGINO.
POI TRASFERITA IN UN OSPEDALE PSICHIATRICO E’ IN ATTESA DELL’ESTRADIZIONE.
BLOCCHIAMO QUEST’ESTRADIZIONE E TUTTE LE ALTRE!
SPRIGIONIAMO GLI ANNI ’70!
mutammo in caserme le vecchie cascine
Dalle belle citta` date al nemico
fuggimmo un di’ su per l’aride montagne
cercando liberta` fra rupe e rupe
contro la schiavitu’ del suol tradito.
Siamo i ribelli della montagna
viviam di stenti e di patimenti
ma quella fede che ci accompagna
sara` la legge dell’avvenir.
Lasciammo case, scuole ed officine
mutammo in caserme le vecchie cascine
armammo le mani di bombe e mitraglia
temprammo il cuore e i muscoli in battaglia.
Siamo i ribelli della montagna …
E` giustizia la nostra disciplina
liberta` e` l’ideal che ci avvicina
rosso sangue il color della bandiera
d’Italia siam l’armata forte e fiera.
Siamo i ribelli della montagna …
Sulle strade dal nemico assediate
lasciammo talvolta le carni straziate
provammo l’amor per la patria nostra
sentimmo in cuor l’ardor della riscossa.
A te, quel fiore rosso sbocciato!
“ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli”
Quivi sospiri, pianti e alti guai
risonavan per l’aere sanza stelle,
per ch’io al cominciar ne lagrimai.
Diverse lingue, orribili favelle,
parole di dolore, accenti d’ira,
voci alte e fioche, e suon di man con elle
facevano un tumulto, il qual s’aggira
sempre in quell’aura sanza tempo tinta,
come la rena quando turbo spira.
E io ch’avea d’error la testa cinta,
dissi: “Maestro, che è quel ch’i’ odo?
e che gent’è che par nel duol sì vinta?”.
Ed elli a me: “Questo misero modo
tegnon l’anime triste di coloro
che visser sanza ’nfamia e sanza lodo.
Mischiate sono a quel cattivo coro
de li angeli che non furon ribelli
né fur fedeli a Dio, ma per sé fuoro.
Caccianli i ciel per non esser men belli,
né lo profondo inferno li riceve,
ch’alcuna gloria i rei avrebber d’elli”.
E io: “Maestro, che è tanto greve
a lor che lamentar li fa sì forte?”.
Rispuose: “Dicerolti molto breve.
Questi non hanno speranza di morte,
e la lor cieca vita è tanto bassa,
che ’nvidïosi son d’ogne altra sorte.
Fama di loro il mondo esser non lassa;
misericordia e giustizia li sdegna:
non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.
DANTE ALIGHIERI -III CANTO INFERNO- “Gli ignavi”
Dante tornerà spesso tra le righe di questo blog perché è una passione irrinunciabile,
é la perfezione che da secoli scalda la nostra terra… quando lo leggo mi vergogno un po’ meno
di essere italiana, quando lo leggo mi sento meno sola.
Quando leggo gli Ignavi, tratti dal terzo canto dell’Inferno, sento di non aver sbagliato.
L’ordine Regna!
Doppia apertura, per due giorni di fila. Ho un sonno arretrato che mi lascia un po’ sconcertata.
Poi non è mica facile parlare due ore ai microfoni e leggere solo di Giorgio Almirante, di dichiarazioni agghiaccianti del nostro attuale sindaco…
Dell’assalitore del Pigneto che ha il Che tatuato e rilascia interviste indescrivibili, dai toni nemmeno fascisti ma insopportabili, gretti, da melma fascista di inizio ventennio. E poi la Sapienza, la direttissima di ieri che tiene un compagno ai domiciliari fino al 2 Luglio
Di parole non ne trovo..e trovarne per due ore mi ha fatto sudare non poco.
Ora mi vado a godere l’ennesimo diliuvio, insieme al mio motorino senza parabrezza
Mi raccomando, come dice Aldo Fabrizi….”agggitala quaa manina quanno saluti!”
PREFETTURA DI GROSSETO
UFFICIO DI P. S. IN PAGANICO
COMUNICATO
GIORGIO ALMIRANTE
Dalla Prefettura 17 Maggio 1944 – XXII
30 ANNI: Peppino Impastato

Peppinu Impastatu fu ammazzatu ri la mafia p’aviri dinunziatu li dilitti di contrabbannu,
di droga e di armi di Tanu Badalamenti, mafiusu
putenti e protettu di lu statu, patruni d’ammazzari,
mfami prigiuricatu, Don Tano ricunusciutu, ri tutti rispettatu e cchiù chi mai timutu pi lu crimini pirpitratu,
p’aviri fattu satari nall’aria Pippinu nostru,
bannera ri Democrazia Proletaria.
Fu na pugnalata nna lu pettu a li piciotti digni di rispettu, a li picciotti ca vonnu grirari la rabbia
pi un putiri travagghiari.
Pippinu, vucca di verità, vucca d’innucenza, rapprisienta a simienza ri sta terra senza spiranza.
Grirava a tutti ri pigghiari cuscienza a la radiu,
a la chiazza, nta li strati, pi li piciotti era comu un frati.
Vuleva fari la rivoluzioni pi dimustrari a la pupulazioni nca nun s’accansa nenti cu li scanti.
Quarcunu lu capiu, tanti autri no.
Nna lu silenziu fattu ri duluri chiovino garofani rossi
comu li lacrimi di chiddu chi arristamu, ncapu li resti di
Pippinu massacratu. Picchì…sti delitti?


































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