Archivio
Aggiornamenti dopo la rivolta di Ponte Galeria
Ieri(13 marzo), alle ore 22.30, sono rientrati in cella i ragazzi che durante il presidio erano saliti sui tetti del lager di Ponte Galeria.
Dopo la protesta sono stati picchiati brutalmente dalla polizia.
Uno di loro non riesce più a muovere la mascella e sembra che un altro si sia tagliato un braccio come atto per scongiurare ulteriori pestaggi da parte dei burattini in divisa.
Successivamente la violenza è proseguita con la perquisizione nelle celle riservate agli uomini, ancora da accertare in quante sezioni sia avvenuta. Il giorno seguente (14 marzo) i/le reclus* riferiscono di essere in sciopero della fame.
Seguiranno aggiornamenti riguardo la protesta e l’adesione a questa.
Nella tua città c’è un lager, chiudiamo il C.I.E di Ponte Galeria!
Solidarietà a tutt* i/le reclus* in lotta!
Chiudere tutti i C.I.E!
Fuoco a tutte le gabbie!
Ponte Galeria in rivolta, una “bella” a Torino e la riacquistata libertà per i compagni torinesi! Che giornate!!
Mentre c’era chi sceglieva di scendere in piazza con una sciarpa viola, mentre c’era chi ascoltava Di Pietro, chi si sbrodolava per Travaglio,
mentre c’era chi ha preso pulmann per far da pubblico pagante al peggio che la storia della “sinistra” è riuscito a tirar fuori, 
mentre gli ex girotondi, aspiranti “secondini” e carcerieri del paese intero, riempivano la vuota (di contenuti totalmente) piazza romana,
i compagni autorganizzati, le realtà di movimento e tutt@ coloro che portano solidarietà ai migranti reclusi nei Centri di Identificazione ed Espulsione, erano sotto i cancelli di Ponte Galeria ad urlare con tutto il fiato in gola la loro rabbia e il loro sostegno alla lotta dei migranti in stato di detenzione senza aver commesso alcun reato, in uno sciopero collettivo della fame terminato pochi giorni fa.
Dopo il tam tam telefonico l’iniziativa fuori dal CIE è stata seguita da una rivolta all’interno del centro di detenzione…alcune decine di migranti sono salite sui tetti e lì sono avvenute diverse cariche di polizia e carabinieri.
Senza troppe parole sprecate, è meglio ascoltare direttamente le corrispondenze effettuate da Radio Onda Rossa
1- I Detenuti salgono sui tetti ASCOLTA
2- La celere carica i migranti sui tetti ASCOLTA
3- Ancora cariche sui tetti di Ponte Galeria ASCOLTA
Dopo le molte ore passate sotto il CIE di Ponte Galeria i/le compagn@ hanno ripreso il treno per Roma. Arrivati alla Stazione Trastevere è partito un corteo spontaneo che ha attraversato tutta Viale Trastevere fino al Lungotevere, con un ingente dispiegamento delle forze dell’ordine in assetto anti-sommossa.
SOLIDARIETA’ CON TUTT@ I/LE RECLUSE NEI CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE PER MIGRANTI
LIBERTA’ PER TUTT@
Da Torino invece due BELLE NOTIZIE
Tutti liberi gli arrestati nell’operazione del 23 febbraio scorso: nessuno dovrà più stare in galera o ai domiciliari, anche se qualcuno avrà l’obbligo di firma. Dopo due settimane, si iniziano a vedere le prime crepe nel castello di accuse malamente costruito dal PM Padalino (in un ritratto) e dal capo della Digos Petronzi (nella foto).
Ma la storia senza dubbio più emozionante è l’evasione di un gruppo di reclusi dal Cie di Torino. Avremmo voluto raccontarvela in anteprima, ma qualche agenzia di stampa ha già battuto la notizia: nella notte tra giovedì e venerdì sono riusciti a scappare almeno in otto, sembra attraverso dei buchi scavati da tempo, e fino ad ora sono ancora tutti liberi.
In culo alla Polizia, agli alpini, alla Croce Rossa e a tutti i magistrati, politici e giornalisti razzisti. Viva la libertà e chi se la conquista!
macerie @ Marzo 13, 2010
13 Marzo 2010: sotto al C.I.E. di Ponte Galeria
NOI NON SIAMO COMPLICI
Nei CIE (centri di identificazione ed espulsione) vengono rinchiuse donne e uomini che non hanno commesso reati, ma che sono considerate/i pericolose/i per la società perché sono senza documenti, per la loro nazionalità o etnia.
Domani potrà toccare a qualcun’altra/o.
Solo la società nazista era arrivata a tanto.
Politici di varia estrazione e collocazione hanno prodotto questa aberrazione giuridico sociale.
Efficienti tutori dell’ordine rastrellano le donne e gli uomini migranti e li rinchiudono nei CIE.
Operatori sociali scrupolosi le/ li tengono per mesi rinchiusi in condizioni disumane e le/li rispediscono con ponti aerei nei paesi di provenienza dove spesso sono vittime di regimi filo-occidentali messi apposta al potere per reprimere la popolazione e permettere a noi di portar via le loro ricchezze.
NOI NON SIAMO COMPLICI
Nessuno/a è autorizzato a dire non sapevo.
Nessuno/a si può difendere dicendo obbedivo agli ordini.
Nessuno/a si può nascondere dietro la legalità perché le leggi sono opera degli uomini e quando sono strumento di oppressione vanno abolite.
Queste politiche migratorie e legislazioni securitarie hanno senso solo in una società di sfruttamento come la nostra. Per chi non si adegua c’è reclusione, isolamento, persecuzione, violenza.
E alla lunga scia di morti sospette e di suicidi nei CIE, per le donne si aggiungono le violenze sessuali.
Joy e Hellen ci hanno insegnato che ribellarsi è giusto.
Noi non siamo indifferenti, non siamo complici siamo dalla parte delle recluse/i nei CIE
Saremo anche noi
SABATO 13 MARZO 2010
al presidio sotto il CIE di Ponte Galeria
–appuntamento alle 10.00 alla Stazione Ostiense
–oppure alle 11.00 alla fermata Fiera di Roma del treno per Fiumicino-Aereoporto
donne, femministe, lesbiche contro i CIE
http://noinonsiamocomplici.noblogs.org/
Aggiornamenti sugli scioperi della fame nei C.I.E.
A Milano, nel Cie di via Corelli, i detenuti e le detenute in sciopero della fame cominciano ad essere debilitati ed indeboliti. Ad alcune ragazze del reparto trans sono state fatte flebo di liquidi e una è stata portata in ospedale. I reclusi hanno chiesto invano di essere pesati e controllati costantemente da personale medico, come è prassi durante ogni sciopero della fame, ma questo. Tuttavia, nonostante le difficoltà, lo sciopero continua con determinazione, anche grazie alla solidarietà degli antirazzisti che continuamente portano acqua e succhi al centro e mantengono ininterrottamente i contatti.
A Roma, nel Cie di Ponte Galeria, una ventina di reclusi continua lo sciopero: i gestori portano il cibo e loro lo rimandano indietro. Alcuni che avevano iniziato autonomamente lo sciopero qualche giorno prima degli altri sono molto provati, perché oramai sono dieci giorni che non mangiano. A differenza di quanto accade a Milano, a Roma i reclusi sono pesati e monitorati regolarmente, ma la cooperativa Auxilium (subentrata alla Croce Rossa nella gestione del centro da una settimana) non permette che i solidali portino i succhi e le bevande dall’esterno. La dotazione giornaliera di liquidi per ciascun recluso è di un litro d’acqua, ma lo sciopero non si ferma.
A Torino, nel Cie di corso Brunelleschi, lo sciopero nell’area gialla prosegue a staffetta e oggi un recluso in sciopero della fame da parecchi giorni si è sentito male. I suoi compagni di gabbia hanno chiamato la Croce Rossa, il 118 e i solidali fuori. Dopo un’ora di pressioni – dall’interno e dall’esterno del centro – il ragazzo è stato portato all’ospedale per accertamenti.
Bologna invece è un caso a parte. Nel Cie di via Mattei lo sciopero si è interrotto dopo il primo giorno, e soltanto un recluso continua il suo sciopero della fame solitario, anche per motivi personali. La situazione nel centro è molto difficile, perché sembra che l’uso di tranquillanti in questo Cie sia più diffuso che in altri. Ogni volta che i solidali riescono a contattare i reclusi, questi rispondono del tutto intontiti ed addormentati, a qualunque ora del giorno e della notte.
Infine, ecco alcune testimonianze raccolte dal Comitato Antirazzista di Milano e pubblicate sul sito noinonsiamocomplici.noblogs.org
Dalla sezione Trans del Cie di via Corelli, Milano:
“Siamo in 20 persone che stiamo facendo lo sciopero della fame. In ogni stanza siamo in 4 persone. I muri son pieni di muffa, le lenzuola vengono cambiate una volta alla settimana mentre le coperte non vengono mai cambiate. Ogni quindici giorni ci danno un bagnoschiuma. Alla sera dobbiamo pulire noi la stanza con la scopa e il secchio. Le finestre sono senza tende così la mattina presto entra la luce. Noi siamo obbligate a mettere le coperte sulla finestra per dormire. Il bagno è uno schifo, è molto sporco. Gli scarichi son tutti intasati, dobbiamo fare per forza i nostri bisogni in piedi. Alle 8 e mezza di mattina ci portano un bicchiere di latte e una brioche. Non possiamo bere le cose calde se non con la macchinetta a pagamento. Il cibo è molto scadente, ci portano spesso il tacchino. Noi che abbiamo il silicone non possiamo mangiare il tacchino. Per questo a molte di noi sono venute infiammazioni alle protesi, ai fianchi, al seno, nei glutei. Quando andiamo alla Croce Rossa per i nostri problemi di salute ci danno dei tranquillanti per togliere il dolore, ma queste gocce ci fanno addormentare. Quando abbiamo troppo dolore ci danno la tachipirina”.
“Sono qua da una settimana. Ho subito iniziato lo sciopero della fame perché non possiamo stare qua sei mesi. Inoltre sono sieropositiva, avevo da fare gli esami del sangue per valutare quali medicamenti prendere invece son stata portata qui e mi hanno fatto saltare la visita. Ho avuto tre giorni la febbre molto alta. Stavo così male che mi hanno portato in ospedale, al Policlinico, per un blocco intestinale. Dopo di che mi hanno riportato in Corelli sempre senza le medicine per l’HIV. Io sono in Italia da nove anni, mi sono ammalata in Italia e non posso stare qua dentro. Abbiamo bisogno di mantenerci e di mantenere la nostra famiglia al paese. Noi vogliamo la nostra libertà perché non abbiamo fatto nulla e ci obbligano a stare qua dentro senza potere fare nulla. C’è una psicologa che viene dentro una volta alla settimana, ma tanto alla fine ci danno sempre 30 gocce di Valium per dormire e via… poi diventiamo tutte dipendenti”.
“Io ho avuto un incidente molto grave fuori da qua. Ero ancora in cura con la fisioterapia e invece mi hanno presa e portata al Cie. Mi ero fratturata la scapola sinistra, il femore e il ginocchio. Qui spesso la ferita alla gamba mi si infiamma: vado in infermeria, mi danno una crema idratante e basta. Molte di noi sono state prese a Pisa, chi ci viene a trovare ha diritto a sette minuti di colloquio dopo 5 ore di viaggio… È pieno ovunque di scarafaggi e vermi nei water e nella doccia. La polizia ci maltratta, ci trattano come cani, ci insultano dicendo che siamo tutti gay, fanno battute sessiste nei nostri confronti. Quando diciamo cose che non gli vanno bene ci danno schiaffoni in faccia, per qualunque cosa ci aggrediscono e ci trattano come se non fossimo come esseri umani, con totale disprezzo. Sappiamo che una trans a Natale s’è suicidata qua dentro… c’è una ragazza dentro da quattro mesi che ha visto quello che è successo quando la ragazza si è suicidata e ora è del tutto fuori di testa, perché una persona normale non può sopravvivere qua dentro e molti vedono come unica uscita la morte. Ci sono persone con casi psichiatrici e dobbiamo vivere tutti assieme in una situazione di conflitto, con diverse patologie tutti assieme e qua entro siamo costretti a convivere con malattie diverse, neppure in carcere è così”.
Dalla sezione femminile del Cie di via Corelli, Milano:
“Vi racconterò la mia storia. Sono arrivata in Italia come turista perché mi piaceva molto questo paese. L’ultima volta mi ha fermato la polizia, mi hanno chiesto il permesso di soggiorno. Io avevo solo il visto come turista, ma mi hanno portato in questura dove son stata tre giorni e poi in Corelli. Mi hanno presa il 26 gennaio e avevo in tasca il biglietto dell’aereo per tornare in Brasile il 16 febbraio… beh son ancora qui! Ora dovrò uscire da questo paese come una criminale, scortata dai poliziotti. Non immaginavo che in Italia potesse esistere un posto come questo. Mi sento inutile, sto molto male. Ci trattano come animali, e questo è solo l’inizio… dovremo fare sei mesi in questo inferno per poi uscire di qua con un’espulsione per dieci anni. Chiediamo a tutti che ci ascoltino, che anche se ci dicono clandestini siamo gente di buon cuore. Siamo venuti in cerca di una vita migliore. Stiamo facendo lo sciopero per fare capire alla gente che siamo esseri umani e abbiamo il diritto di vivere qua come tutti gli altri e che non ci possono togliere la libertà. Ci dovrebbero esser altri modi per ottenere questo pezzo di carta senza passare da questo inferno. È veramente una legge ingiusta, non so chi l’ha inventata e non vogliamo rispettarla. Per noi l’unica opzione che abbiamo è lottare”.
macerie @ Marzo 7, 2010
Da Parigi: BRUCIAMO LE FRONTIERE!
Un appello da Parigi
Il 25, 26 e 27 gennaio prossimi si aprirà al Tribunale di Parigi (Aula 16, Fermata “Cité” della metropolitana) il processo per l’incendio di Vincennes. Ve ne abbiamo già parlato a lungo, di quella rivolta, vi abbiamo parlato dell’apertura del processo in dicembre, e recentemente vi abbiamo anche tracciato una stimolante cronologia di questi ultimi mesi di lotta contro i Centri e contro le galere in Francia ed in Belgio.
Ora ci giunge un appello dalla Francia perché la settimana che precede le udienze – quella che va dal 16 al 24 di gennaio – si trasformi in una settimana di solidarietà con gli accusati, in una settimana di lotta contro i Centri e contro le frontiere. Eccovelo.
BRUCIAMO LE FRONTIERE!
La rivolta che ha portato all’incendio della più grande prigione per stranieri in Francia è una risposta concreta e storica all’esistenza dei centri di trattenimento e all’insieme della politica di controllo dei flussi migratori. Nei giorni 25, 26 e 27 gennaio, dieci persone saranno giudicate per questa rivolta nel Tribunale di Parigi (Metropolitana Cité). La nostra solidarietà deve essere all’altezza della posta in gioco: rilascio degli accusati e, inoltre, libertà di movimento e di insediamento.
Il 22 giugno 2008, il più grande CPT di Francia è bruciato. Tra giugno 2008 e giugno 2009, una decina di ex- trattenuti sono stati arrestati e collocati in detenzione preventiva – per la maggior parte da quasi un anno -. Sono accusati di danneggiamento, distruzione di edifici del centro di trattenimento amministrativo di Vincennes e/o violenza contro le forze dell’ordine.
Durante i sei mesi precedenti all’incendio, il centro di Vincennes è luogo di continui movimenti di protesta di coloro lì rinchiusi perché sprovvisti di documenti. Scioperi della fame, piccoli incendi, rifiuto all’appello, diverbi con la polizia, forme di opposizione individuali o collettive, si sono succeduti all’interno del centro per tutto questo periodo. All’esterno, manifestazioni e iniziative denunciano l’esistenza stessa di questi centri e sostengono gli atti di rivolta.
Il 21 giugno 2008, Salem Souli muore nella sua stanza dopo aver invano chiesto di essere curato. Il giorno dopo, una marcia organizzata dai detenuti in ricordo di quest’uomo, è repressa con violenza. Scoppia allora una rivolta collettiva e il centro di trattenimento brucia.
Un processo esemplare
Per impedire che questo tipo di rivolta si diffonda, lo Stato deve colpire duramente, trovare dei responsabili. Queste dieci persone sono state arrestate per servire come esempio. Non importa che siano “innocenti” o “colpevoli”. Lo Stato, punendoli, desidera veder scomparire la contestazione, la ribellione, gli atti di resistenza di quelli che si trovano, o si troveranno un giorno, rinchiusi fra le mura di questi centri. La rivolta di Vincennes non è isolata. Ovunque esistano questi centri di reclusione, scoppiano rivolte, avvengono incendi, evasioni, scioperi della fame, ammutinamenti, devastazioni. È successo in Francia (Nantes, Bordeaux, Toulouse dove sono bruciati dei centri) e in numerosi paesi europei (Italia, Belgio, Olanda, Germania) o nei paesi dove i controlli delle frontiere avvengono alla partenza, come in Libia e in Turchia. L’incendio del centro di Vincennes non è solo simbolico: la scomparsa di 280 posti all’interno del centro ha avuto come conseguenza immediata una importante diminuzione delle retate e delle espulsioni nei dintorni di Parigi, durante il periodo successivo. In concreto, migliaia di arresti sono stati evitati. Con il loro agire, i detenuti hanno bloccato per un lasso di tempo il funzionamento del meccanismo di espulsione.
Prigione per stranieri: rinchiudere, espellere, dissuadere l’immigrazione
I centri di trattenimento sono una delle tappe tra l’arresto e l’espulsione. Servono a tenere rinchiusi gli stranieri per il tempo necessario a preparare le condizioni necessarie alle espulsioni, che si tratti di un passaporto o di un lasciapassare rilasciato da un consolato e un posto in aereo o in nave. Più uno Stato vuole espellere, più sono i centri di reclusione che costruisce. Ovunque, il loro numero continua ad aumentare. In Europa, c’è la tendenza ad allungare i tempi di trattenimento, il che permette di aumentare le espulsione, ma anche di dissuadere l’immigrazione. Di fatto, questi luoghi di trattenimento sono strutture punitive. Vengono sempre più costruiti come fossero carceri: video-sorveglianza, unità ridotte, celle d’isolamento… In Francia, ad esempio, il più grande centro in costruzione a Mesnil-Amelot (240 posti), che aprirà tra qualche settimana, ha adottato questo modello. In Olanda, dove i suicidi e i decessi ‘inspiegabili’ sono frequenti nei centri, la detenzione dura 18 mesi e può essere riconfermata una volta tornati in libertà, le persone sono rinchiuse singolarmente in cellule molto piccole, oppure su battelli- prigione, con scarse possibilità di accedere all’esterno.
Clandestini: mano d’opera fatta su misura…
I centri di reclusione sono parte della politica di “gestione dei flussi migratori”, elaborata secondo i criteri della “immigrazione scelta” ossia in funzione dei bisogni di mano d’opera dei paesi europei. Non è da oggi che il padronato dei paesi ricchi fa ricorso ai lavoratori immigrati per accrescere i profitti. In modo legale come nel caso del lavoro a termine, di quello che era il contratto OMI (che permette di adeguare il diritto di presenza sul territorio al tempo dei lavori stagionali) oppure con il lavoro nero, dove gli stranieri sono impiegati molto spesso nei settori più difficili (BTP, lavori nei ristoranti, pulizie, lavori stagionali, …). Questi settori richiedono una mano d’opera flessibile, da adattare ai bisogni immediati della produzione. Oltre all’assenza di diritti legati al loro statuto, per esempio in caso di infortunio, la costante minaccia di arresto e di espulsione che pesa sui clandestini, permette ovviamente ai padroni di pagarli di meno, se non addirittura di non pagarli per niente (non è poi così raro). Questo abbassamento dei salari e delle condizioni di lavoro permette al padronato di rafforzare lo sfruttamento di tutti. Gli innumerevoli scioperi dei lavoratori privi di documenti mostrano a che punto padroni e Stato hanno bisogno di questa mano d’opera, ma anche che organizzandosi insieme, i clandestini possono talvolta tenere loro testa ed ottenere di essere messi in regola.
… e capro espiatorio ideale
La politica migratoria, e i centri di reclusione che fanno parte dell’ingranaggio, serve soprattutto a stigmatizzare chi non ha documenti. Lo Stato ne fa il capro espiatorio delle difficoltà che incontra oggi il popolo francese. L’utilizzo spettacolare delle espulsioni di Stato contribuisce a dimostrare da una parte l’ampiezza del “pericolo” che l’immigrazione irregolare rappresenta per la Francia e dall’altra l’efficacia di uno Stato che protegge i propri concittadini contro questo pericolo.
Lo Stato utilizza artifici come le cosiddette “minacce dell’immigrazione clandestina”, la “feccia delle periferie”, le “donne che portano il velo”, o la campagna sull’identità nazionale, per suscitare i peggio rigurgiti xenofobi e razzisti e tentare di creare consenso intorno al potere e al mondo che produce.
Frontiere ovunque
I centri di reclusione costituiscono un elemento indispensabile per applicare una politica europea di controllo dei flussi migratori che, mentre pretende abolire le frontiere all’interno dello spazio di Schengen, all’esterno le rafforza, in particolare con il dispositivo Frontex. Così il controllo inizia aldilà delle porte dell’Europa in accordo con paesi come la Libia, la Mauritania, la Turchia o l’Ucraina, dove vengono finanziati campi di detenzione per stranieri decretati indesiderabili, prima ancora che abbiano avuto la possibilità di mettere piede in Europa.
Allo stesso tempo dentro questo spazio territoriale le frontiere si moltiplicano, si spostano e quindi sono ovunque: ogni controllo di identità può portare all’espulsione. Perché la frontiera non è solo una linea che demarca un paese, ma soprattutto un posto di controllo, di pressione, di scelta. Così la strada, i trasporti, le amministrazioni, le banche, le agenzie di lavoro a termine, di fatto funzionano come frontiere.
I centri di reclusione, come tutti i campi per migranti, sono particole di frontiere assassine dell’Europa di Schengen. Sono luoghi dove si aspetta, rinchiusi, a volte senza scadenza e senza sentenza, dove si muore per mancanza di cure, dove ci si suicida piuttosto che essere espulsi. Bisogna farla finita con le frontiere!
Per tutte queste ragioni e perché la gestione dei flussi migratori non è “giusta”. Perché ciascuno deve poter decidere di vivere dove gli pare. Noi siamo solidali con gli accusati della rivolta e dell’incendio del centro di reclusione di Vincennes.
LIBERTÀ PER TUTTI GLI ACCUSATI!
LIBERTÀ DI CIRCOLAZIONE E DI INSEDIAMENTO!
CHIUSURA DEI CENTRI DI RECLUSIONE!
BASTA COI DOCUMENTI!
SETTIMANA DI SOLIDARIETÀ DAL 16 AL 24 GENNAIO 2010
Primo appuntamento il 16 gennaio 2010: Documentari, Dibattito,
Informazioni alle 19.00 al CICP (21 ter, rue Voltaire, 75011 Paris)
macerie @ Gennaio 4, 2010
Approfondimenti sulla Grecia
Questa mattina è andato in onda su Radio Onda Rossa un primo spazio redazionale sulla situazione greca dopo la rivolta dello scorso dicembre e il cambio di governo di pochi mesi fa. Tra la scadenza del 17 Novembre, anniversario della rivolta studentesca del 1973 scoppiata dal Politecnico d’Atene e “spenta” con carri armati e diverso piombo dai colonnelli, e il primo anniversario della morte di Alexis Gregoropoulous che sarà il 6 dicembre, per 3 mercoledì apriremo i microfoni con una serie di approfondimenti sulle mutazioni del movimento studentesco e anarchico avvenute in questo anno, sulle lotte sociali, sulla situazione dei migranti e dei detenuti (che come lo scorso anno hanno ripreso la mobilitazione contro le loro condizioni di detenzione) e sulle notizie che in queste “calde” settimane arriveranno da Atene e dalle altre città greche.
Questo il LINK per ascoltare il primo spazio andato in onda questa mattina.
Intanto un’Ansa di questa mattina, a proposito di Pasok: “Un ordigno esplosivo è scoppiato, ad Atene, davanti all’ufficio del deputato del Pasok e attore Yiannis Vouros, che si trova al quarto piano di un palazzo del centro della capitale greca. L’esplosione e l’incendio che ne è seguito hanno provocato lievi danni.”
Nell’anniversario della rivolta studentesca sedata dai carri armati dei Colonnelli greci
Atene è un grande carcere a cielo aperto oggi.
Totalmente blindata, con il meglio dei suoi reparti speciali schierati nelle strade della capitale: il nuovo governo socialista ne ha mobilitati 6500 solo dei normali agenti, poi ci sono tutti i reparti antiterrorismo. E’ il modo con cui l’amministrazione del paese (dei boia del Pasok) ha deciso di festeggiare l’anniversario della rivolta studentesca (degli studenti del Politecnico) “sedata” con i carri armati dei Colonnelli proprio il 17 novembre del 1973.
Tutto ciò che minaccerà l’ordine pubblico, sarà trattato con “tolleranza zero”, questo ha tenuto a dichiarare Michalis Chrisochoidis, ministro per la Protezione del Cittadino (ministro degli Interni): lui porterà una corona di fiori davanti al monumento dedicato alle vittime del Politecnico.
Perchè anche lì i carri armati camminarono sugli studenti: buttarono giù il cancello barricato del politecnico, travolgendo gli studenti che vi erano sopra ed intorno. Fortunatamente, malgrado molti feriti, tra cui ragazz@ che rimasero invalidi a vita, non ci furono morti… ma negli scontri che ne seguirono ci furono 24 morti. Ventiquattro civili caduti sotto i colpi delle divise greche..alcuni giustiziati a freddo.
Così, mentre la città si prepara ad una giornata di memoria e di lotta, ad una giornata che riporti la rabbia di allora a quella di oggi: che commemora i morti di allora e inizia un percorso di iniziative per ricordare Alexandros Grigouropoulous, ucciso a 15 anni da un agente dei M.A.T. (reparti speciali), lo scorso 6 dicembre. I compagni, gli studenti, i lavoratori in sciopero scenderanno in piazza come allora… come allora troveranno davanti a loro l’esercito e le loro nuove tecnologie. Meno cingoli, stessi metodi.
Gli studenti e gli organizzatori delle manifestazioni hanno detto di aver fatto proprie le rivendicazioni dei detenuti in lotta nelle 20 prigioni del paese che hanno aderito allo sciopero della fame di massa contro le condizioni di internamento. Lo sciopero è momentaneamente parziale ( c’è il rifiuto della casanza, il cibo che passa l’amministrazione penitenziaria ) ma i reclusi hanno minacciato di renderlo totale se le richieste non verranno accolte. Lo scorso anno, per un’analoga protesta, morì un detenuto.
Per Alexis, per la libertà dei prigionieri e di tutt@ ma anche per la giovane Antigone oggi si riempiranno le strade di Atene.
Antigone ha 22 anni ed è stata arrestata 4 giorni fa, durante gli scontri nel quartiere di Exarksia: la stanno accusando di far parte del gruppo clandestino d’azione Cospirazione dei nuclei di fuoco, malgrado la smentita ufficiale recapitata ieri dalla stessa organizzazione. Lei per ora rimane in carcere: le piazze urleranno anche il suo nome!
Con un occhio puntato sull’Ellade, proverò ad aggiornare costantemente.
Cresce la protesta nelle carceri greche
Piccolo aggiornamento dalle carceri greche in sciopero della fame di massa. Uno sciopero che sta crescendo a vista d’occhio..
Piccolo aggiornamento causato da profonda pigrizia: per questo procedo con il copia-incolla dell’ansa
Migliaia di detenuti greci che da giorni protestano contro le condizioni di vita nelle prigioni, hanno respinto un piano del governo per far fronte alla emergenza e continuano la loro protesta che si va estendendo. «Oggi sono già una ventina le prigioni dove oltre 5000 detenuti rifiutano il cibo delle mense» hanno detto all’Ansa fonti della ‘Iniziativa per i diritti dei prigionierì. Secondo le fonti i detenuti «sono insoddisfatti» delle misure annunciate ieri dal ministro della giustizia. Anche se hanno accolto positivamente la decisione di istituire due commissioni per la riduzione dell’affollamento delle carceri, denunciano la mancanza o l’insufficienza di provvedimenti relativi alle condizioni sanitarie, alimentari e ai permessi, nonchè alle modifiche del codice penale. E chiedono in particolare l’annullamento immediato delle pene disciplinari all’interno delle carceri. I detenuti hanno così deciso di continuare ed estendere la protesta che «nei prossimi giorni riguarderà tutte e 35 le prigioni del paese», spiegano all’Iniziativa. La protesta, che include penitenziari ad Atene, Salonicco e Patrasso, consiste attualmente nel rifiutare il vitto del carcere mantenendo ancora una parziale alimentazione individuale. Ma i detenuti minacciano di passare allo «sciopero integrale della fame» se il governo non accetterà tutte le loro richieste. Le vetuste carceri greche sono tra le peggiori d’Europa, con 13.000 detenuti in istituti che potrebbero ospitarne 8000, secondo l’Iniziativa. Lo scorso anno la stragrande maggioranza dei prigionieri aveva portato avanti per 17 giorni uno sciopero della fame ottenendo promesse che non sono state mantenute.
Carceri, scioperi e studenti…sempre dalla mia amata Grecia
Proviamo a fare un piccolo sunto delle notizie che da ieri girano in rete provenienti dalla cara Grecia.
Iniziamo dai detenuti: da ieri sera è iniziato uno sciopero della fame di massa nel carcere di Patrasso per chiedere migliori condizioni di detenzione. I prigionieri che hanno sottoscritto la protesta sono già 650 e sembrerebbe che una protesta simile, e di massa, stia per partire anche nel carcere di Larissa e in quello di Korydallos della capitale.
Poi, incredibile ma vero, il Partito Comunista Greco -KKE- (che non smuove molto le mie simpatie come potete immaginare) ha accusato il nuovo governo, quindi il partito socialista Pasok di voler “schiacciare il movimento operaio”. E’ un comunicato che si riferisce ai lavoratori del porto del Pireo (principale porto del Mediterraneo orientale) , in sciopero permanente contro la cessione della gestione dei terminal cargo ad un’impresa cinese. Lo scorso mese un precedente sciopero aveva bloccato il porto per quasi 3 settimane, causando pesantissime ripercussione sull’economia del paese. Aleka Papariga, segretaria del KKE scrive che il principale obiettivo del Pasok è quello di schiacciare letteralmente il movimento operaio e popolare con la manipolazione e l’uso strumentale del bastone e della carota, ovvero della paura e della speranza». Insomma, anche il KKE sembra essersi accorto del pesante livello di repressione che sta scatenando il nuovo governo, anche se non si preoccupa di dire una parola sul movimento studentesco.
Movimento studentesco che preoccupa sempre di più i nuovi padroni del paese. Proprio in questi giorni è stato lanciato un appello alla mobilitazione generale in una «lotta per una scuola pubblica e libera per tutti» e contro «la repressione poliziesca e il razzismo». Quindi, alla richiesta di 5 anni di carcere per chi occupa scuole ed atenei, la risposta del movimento è stata chiara. Ha rilanciato ad estendere le mobilitazioni, ad unirsi alla protesta sociale ed operaia e all’insurrezionalismo anarchico.
La richiesta alle 150 occupazioni già in atto è di resistere e contagiare gli istituti che non hanno ancora bloccato la didattica: intanto il 36° anniversario della rivolta studentesca del ’73 è sempre più vicino, così come il primo anniversario della morte di Alexis.
«Nel paese c’è un’atmosfera esplosiva, viviamo un momento di esplosione della violenza di cui possono approfittare l’anarchia e la criminalità organizzata» , ha avvertito Michalis Chrisochoidis, nuovo ministro dell’ordine pubblico; dopo il cambio dei giorni scorsi ai vertici di polizia e servizi segreti, ha anche annunciato la creazione di una nuova superpolizia impegnata solo contro terrorismo e crimine organizzato.
Alla polizia, ai reparti speciali M.A.T., pare si aggiungeranno nuovi burattini in divisa. Contemporaneamente, il nuovo ministro ha deciso di ridurre la presenza di divise nella zona del Politecnico e nel quartiere di Exarchia in vista di queste calde settimane.
La vendetta di Via Corelli ora passa per Gradisca.
Dopo le espulsioni e i massicci trasferimenti di Roma, il vento della vendetta ministeriale arriva anche a Gradisca dove, lunedì scorso, è stato arrestato uno dei presunti protagonisti della tentata fuga del 21 di settembre. È un ragazzo di 21 anni ed è accusato di aver fatto cadere giù dalle scale d’emergenza un carabiniere che stava cercando di tirarlo giù dal tetto. Il carabiniere ruzzolato è finito subito al pronto soccorso ed ha avuto i soliti dieci giorni di prognosi: quello che è successo dopo ai reclusi potete vederlo invece sul video che sta circolando in rete da tre settimane. L’arresto è avvenuto a due settimane dai fatti, giusto il tempo che si calmassero un po’ le acque, ed è stato richiesto – a detta del capitano Sutto del comando dei Carabinieri di Gradisca – a causa dell’«atteggiamento particolarmente sfrontato dell’immigrato». Sembra quasi, insomma, che quello che pesa non siano tanto i fatti specifici dei quali è accusato l’arrestato ma la sua presunta mancanza di rispetto verso i proprio carcerieri: fatto indicativo di un clima, senza dubbio. È indicativo anche che, dall’arresto in poi, le autorità parlino dei fatti del 21 come di una «doverosa e regolare reazione alla resistenza a pubblico ufficiale». Se per una settimana intera hanno fatto finta di niente e se tutta la settimana successiva hanno messo in dubbio l’autenticità delle foto e del video, ora invece rivendicano l’accaduto e lo giustificano. Finalmente si parla chiaro.
Quelli che stanno ancora zitti, invece, sono i consiglieri d’amministrazione della “Connecting Peolple” che in altri tempi erano tanto loquaci. Del resto il consorzio che gestisce il Centro di Gradisca è in corsa per aggiudicarsi anche quello di Ponte Galeria e deve dare prova di fedeltà complice e silenziosa per rimanere nelle grazie del ministro Maroni
Macerie, 13 ottobre 2009
QUESTA MATTINA INVECE CI SARA’ L’ENNESIMA UDIENZA DEL PROCESSO CONTRO I 14 RIVOLTOSI DEL CIE DI VIA CORELLI: oggi è il turno degli avvocati della difesa e potrebbe anche arrivare la sentenza.
I compagni di Milano stanno raggiungendo il Tribunale per portare una rumorosa solidarietà ai processati: i reclusi di Gradisca e di Via Corelli stanno iniziando uno sciopero della fame per dar maggior voce alla loro solidarietà con i loro compagni di prigionia e rivolte.
Proverò a dare aggiornamenti in maniera costante.
La nuova trasmissione “Silenzio assordante” di Radio Onda Rossa, in onda tutti i venerdì pomeriggio sugli 87.900 FM a Roma e ascoltabile anche in streaming dal sito della Radio, nell’ultima puntata ha fatto un resoconto dell’ultima udienza del processo di Milano
Milano: 14 arresti tra i migranti in rivolta
La rivolta è per ora terminata con 14 arresti: scoppiata subito dopo che 15 migranti costretti in cattività senza aver compiuto alcun reato, hanno ricevuto la notifica del proungamento del trattenimento in base alle nuove norme del pacchetto sicurezza. Dopo due giorni di proteste all’interno del Centro di Identificazione ed Espulsione di Via Corelli a Milano, la protesta s’è protratta per tutta una lunga notte con l’ingresso dei reparti antisommossa, da dove gli uomini da caschi e manganelli hanno dichiarato di essere usciti feriti.
La rivolta è partita dai reparti femminili (5 arresti sono tra le donne) per poi dilagare rapidamente in tutto il centro, fino all’arrivo sui tetti da dove sono stati lanciati oggetti (termosifoni staccati e suppellettili), mentre la polizia tentava di entrare nelle gabbie con l’uso di idranti e il massiccio lancio di lacrimogeni.
Nel corso della notte, intorno alle 24 un presidio di solidarietà con i rivoltosi organizzato dai centri sociali e dalle associazioni milanesi, si è svolto sotto i cancelli, senza alcun momento di tensione con la Polizia. Arrivano notizie di diversi feriti, soprattutto tra le donne, ma sono stati tutti divisi nei diversi reparti e non si riescono ad avere numeri e dati specifici sulla situazione. Nel frattempo prosegue lo sciopero della fame.
Aggiornamenti continui, anche audio, sul sito MACERIE
Dai detenuti della Dozza
I detenuti dei reparti giudiziari hanno deciso di attuare una protesta pacifica, lo sciopero della fame, a partire dal giorno 17 giugno c.a. e della durata di giorni *7*, con lo scopo di sensibilizzare le autorità e l´opinione pubblica delle condizioni in cui si è costretti a vivere in codesto istituto:
1. *Sovraffollamento celle:* costruite per ospitare un detenuto, ce ne vivono tre;
2. *Educatori:* ci sono detenuti, con posizione giuridica definitiva da diversi anni e non hanno mai interloquito con il proprio educatore;
3. *Sanità:* mancanza di specialisti, pazienti con patologie gravi, sono costretti a comprarsi i farmaci, mentre chi si trova in precarie condizioni economiche non può acquistare i medicinali, con il conseguente aggravio delle proprie patologie;
4. *Locale Docce:* sporche e costretti a lavarci spesso con acqua fredda anche durante il periodo invernale;
5. *Telefono:* l´apparato telefonico è ubicato al centro del corridoio, e si è continuamente disturbati, durante il colloquio con i familiari, dal rumore;
6. *Montaggio di grate alle finestre:* premesso che avevamo richiesto di renderci partecipi affinchè fosse fatto un ultimo tentativo nel sensibilizzare, attraverso una commissione composta anche da detenuti, una minima percentuale di detenuti che ancora non riesce a comprendere il danno, gettando i rifiuti dalla finestra, che provocherà il montaggio definitivo delle grate alle stesse. Infatti,la maggioranza dei detenuti non ritiene corretto subire una restrizione così drastica a causa di una esigua minoranza; soprattutto in questo periodo in cui stiamo collaborando con itecnici dell´Hera per poter contribuire ad effettuare la raccolta differenziata dei rifiuti. Il montaggio delle grate riduce notevolmente l´areazione e l´ingresso della luce che porterà sicuramente ad un deterioramento della vista, a scompensi fisici, a forme depressive e tutto ciò porterà ad un aggravio dell´Amministrazione Sanitaria, e quindi del contribuente, che sarà costretta a prescrivere psicofarmaci;
7. *Cambio Lenzuola:* fornite dall´Amministrazione, vengono sostituite in media ogni 40 giorni, aumentando in tal modo il rischio di malattie infettive.
Si auspica un doveroso intervento delle persone e autorità sensibilizzate attraverso questo documento.
I Detenuti della Dozza
Dai detenuti della casa di reclusione di Padova
Ristretti Orizzonti, 12 maggio 2009
Il sovraffollamento delle carceri si fa sentire pesantemente anche alla Casa di Reclusione di Padova: creata per condannati a pene lunghissime ed ergastolani, ha solamente celle “singole” (8 metri quadri), che avrebbero dovuto consentire una detenzione meno gravosa per questa tipologia di detenuti e una gestione migliore della sicurezza da parte degli agenti. In realtà le celle “pensate” per una sola persona sono state subito occupate da 2 “inquilini” ed oggi ci è arrivata la notizia dell’aggiunta di una “terza branda”. Una situazione per la quale i detenuti hanno deciso una serie di “azioni dimostrative”, a partire da venerdì prossimo: rifiuto del vitto dell’amministrazione, sciopero della fame e “battitura” delle porte blindate.
Lo rendono noto in una lettera indirizzata a Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria e Direzione del carcere, nella quale denunciano la “sopraffazione psico-fisica subita con l’istallazione della terza branda, in celle singole che mal si adattavano a due persone”.
Protesta avvalorata anche dal parere del Dirigente Sanitario del carcere, che riterrebbe le celle di 8 mq inadatte “per una normale convivenza di tre persone, specialmente in prossimità di temperature che in estate raggiungeranno facilmente i 40 gradi”.
I detenuti concludono appellandosi alle autorità competenti perché “vogliano prendere coscienza della situazione a dir poco drammatica di chi vive sulla propria pelle, quotidianamente, l’insufficienza d’aria, di igiene e di spazio”.
La Casa di Reclusione di Padova, costruita per 350 detenuti, ne “ospita” stabilmente oltre 700 e l’aggiunta della terza branda nelle celle lascia presagire che il numero è destinato molto presto ad aumentare, probabilmente nel tentativo di decongestionare le sovraffollate Case Circondariali della Regione: nel Veneto i carcerati sono oltre 3.100, mentre i posti-branda sono appena 1.900… in altre parole ogni 100 posti ci sono 162 detenuti.
NON DIMENTICARE MAI
Nemesi
Non dimenticare
Non dimenticare mai
Non devi dimenticare
Alekos Panagulis
Carcere di Boiati, isolamento, marzo 1972
Scritta dopo una bastonatura particolarmente selvaggia durante uno sciopero della fame
Ultima settimana dello sciopero della fame contro l’ergastolo
Giustizia: uno sciopero della fame per l’abolizione dell’ergastolo
di Sandro Padula Liberazione, 7 marzo 2009
Il 16 marzo sciopero della fame in tutta Italia, di ergastolani, detenuti, parenti, amici, volontari. L’ergastolo, residuo monarchico delle pene detentive italiane, fa discutere e lottare dentro e fuori le mura delle carceri della penisola. Continua infatti lo sciopero della fame degli ergastolani iniziato il primo dicembre, a staffetta e per gruppi di regioni, e proseguono le iniziative dei solidali, all’esterno delle carceri,
nell’ambito della campagna per l’abolizione del “fine pena mai”. Il bollettino “Mai dire mai” del mese di febbraio, pubblicato dall’Associazione Liberarsi, e numerosi siti Internet fanno capire che la lotta è proseguita a gennaio e febbraio, trovando anche la solidarietà dentro e fuori dalle mura delle galere in Germania, Spagna, Grecia, Svizzera, Francia e Cile. In diverse città italiane si sono svolti presidi nelle vicinanze delle carceri: il 14 gennaio a Montorio (Verona), il 18 gennaio a Biella; il 24 gennaio ad Alessandria; il 29 gennaio nel borgo S. Nicola di Lecce; il 31 gennaio in via Speziale a Taranto, al quale è seguito un concerto con tre gruppi musicali (SFC, Sick Boy e No Thanx); il 14 febbraio vicino al carcere Dozza di Bologna; il 15 febbraio in via Burla 59 a Parma. Si sono altresì avuti diversi incontri e dibatti: ad esempio, il 17 gennaio presso il laboratorio sociale “La città di sotto” di Biella e il 27 gennaio nella sede di un circolo anarchico di Lecce, dove è stato proiettato il film Filaki – Una rivolta nelle carceri greche, aprile 2007. Alcuni consiglieri regionali hanno espresso la propria solidarietà alla lotta per l’abolizione dell’ergastolo anche nei mesi di gennaio e febbraio: a metà gennaio i consiglieri regionali del Frilui Venezia Giulia Stefano Pustetto e Roberto Antonaz hanno fatto visita al carcere di Tolmezzo, accompagnati da Christian De Vito e da Giuliano Capecchi dell’associazione Liberarsi, per incontrare i detenuti delle sezioni a 41 bis e i detenuti ergastolani della sezione A.S. (Alta Sorveglianza); il 3 febbraio inoltre il Consigliere regionale del Molise Michelangelo Bonomolo, accompagnato da Giuliano Capecchi, ha incontrato i detenuti ergastolani del carcere di Larino. I grandi organi di informazione, complici come sono della produzione dell’”emergenza criminalità” e della caccia al Girolimoni di turno, hanno continuato per lo più a disinteressarsi del fatto che da oltre 60 anni, come dimostra l’esistenza dell’ergastolo, l’articolo 27 della Costituzione repubblicana non è applicato in maniera effettiva. Solo da parte di alcuni giornali locali si è avuto il coraggio di fornire qualche indiretto riferimento alla lotta per l’abolizione dell’ergastolo. Domenica 25 gennaio, ad esempio, il quotidiano “Gazzetta del Sud” ha pubblicato un articolo, riguardante il carcere calabrese di Rossano, che terminava in questo modo: “in vista della protesta di carattere nazionale degli ergastolani che partirà domani e che consisterà proprio nel rifiuto del vitto… tutto il cibo cotto e pronto per la consumazione, anziché essere buttato nella spazzatura, sarà consegnato gratuitamente alla mensa della Caritas”. Qui ovviamente riportiamo fatti che ognuno è libero di considerare come meglio ritiene. Il dramma è che spesso i fatti connessi alla lotta contro l’ergastolo neanche si conoscono. Per questo non solo è utile riportarli nudi e crudi ma anche comunicare subito le scadenze previste per l’immediato futuro. Prima di tutto bisogna ricordare che, dopo il turno della Sicilia (2-8 marzo), lo sciopero della fame riguarderà gli ergastolani e i detenuti del Lazio (9-15 marzo). Il 15 marzo, contemporaneamente all’ultimo giorno di lotta nel Lazio, alle ore 11 avrà inizio un incontro nazionale con all’ordine del giorno due punti: un primo bilancio generale dello sciopero della fame iniziato il 1° dicembre 2008 e le iniziative future per giungere all’abolizione dell’ergastolo e all’attuazione dell’art. 27 della Costituzione. L’Associazione Liberarsi ha chiesto al csoa Forte Prenestino (via Federico Delpino – Centocelle – Roma tel. 0621807855 mail: forte@ecn.org) di poter organizzare al suo interno questo momento di scambio e discussione anche perché già da tempo segue le tematiche del carcere. È prevista la chiusura alle ore 18.00. Last but not least, lunedì 16 marzo ci sarà, a livello nazionale, lo sciopero della fame per l’abolizione dell’ergastolo e per l’attuazione dell’art. 27 della Costituzione italiana. Si mobiliteranno ergastolani, detenuti, parenti, amici, volontari e persone che ritengono giusta la lotta per l’abolizione del “fine pena mai”!
QUESTA SERA AL VOLTURNO OCCUPATO DALLE ORE 18.30
INIZIATIVA SULLA DETENZIONE FEMMINILE, CON PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI ANGELA DAVIS,
CENA CON LE RICETTE EVASIVE TRATTE DI SCARCERANDA.
Inizia lo sciopero della fame contro l’ergastolo!
PER DIRE BASTA PARTE LO SCIOPERO DELLA FAME
*di Paolo Persichetti, Queer 30 novembre 2008
Al 30 giugno 2008, secondo i dati presenti sul sito del ministero della Giustizia, le persone condannate all’ergastolo in via definitiva erano 1415 (1390 uomini e 25 donne). 
La stragrande maggioranza di loro, oltre 500, sono sottoposte al regime del 41 bis, il cosiddetto “carcere duro”, recentemente oggetto di ulteriori misure restrittive. Circa il 4,5% dell’intera popolazione reclusa. Una percentuale diluitasi negli ultimi tempi a causa dell’esplosione degli ingressi carcerari che hanno portato il numero delle persone detenute a 58.462. Con un impressionante entra-esci di 170 mila persone che non restano più di 10 giorni (rilevamento del 25 novembre), perché le infrazioni contestate non giustificano la custodia in carcere senza una condanna definitiva o non hanno retto al vaglio della magistratura. Cifre ormai prossime alla soglia d’implosione (quota 63 mila) che verrà raggiunta, secondo le proiezioni avanzate dagli stessi uffici statistici del ministero, nel prossimo mese di marzo.
I detenuti rinchiusi da oltre 20 anni sono 1648, tra questi 56 hanno superato i 26 anni e 37 sono andati oltre i 30. Il record riguarda un detenuto rinchiuso nel carcere di Frosinone con ben 39 anni di reclusione sulle spalle. Quelli che hanno già superato i 10 anni arrivano a 3446. Oltre 23 mila sono i reclusi che scontano pene che vanno da pochi mesi ad un tetto di 10 anni. 1 detenuto su 5 subisce una sanzione superiore a 10 anni, quelle che normalmente vengono definite “lunghe pene”. L’unica industria che non risente della crisi, che non rischia licenziamenti, cassintegrazioni o mancati rinnovi di contratti a termine, è quella del carcere. La fabbrica della penalità va a gonfie vele. E già gli avvoltoi della speculazione edilizia si sfregano le mani all’idea che verranno costruite nuove carceri e dismesse quelle in centro città. La riqualificazione di aree centro-urbane, ottenute in cambio della costruzione di scadenti penitenziari costruiti nello sprofondo di periferie dimenticate anche da dio, poi rivendute sul mercato a prezzi stellari al metro quadro, è lo scambio indecente promesso dal governo alle grandi imprese private che si occupano di lavori pubblici.
Fatta eccezione per l’immediato dopoguerra, nella storia dell’Italia repubblicana non c’è mai stato un numero così alto di “fine pena mai” come quello attuale. Nel 1952 il loro numero si attesta a 1127 per scendere progressivamente fino a toccare i minimi storici nel corso degli anni 70, dove anche il numero dei reclusi in termini assoluti precipita a circa 35 mila. La stagione delle lotte carcerarie, i progressi civili e sociali del decennio che ha più dato libertà, fanno precipitare i tassi d’incarcerazione senza che il paese fosse afflitto da sindromi ansiogene. Le lotte sono sempre state il migliore viatico per curare le isterie sociali e impedire al potere di fare uso della demagogia della paura. Nel 1982 si tocca la cifra più bassa dal dopoguerra, appena 207. Ma durerà poco, molto poco. In quegli anni la giustizia d’eccezione gira a pieno regime e di lì a poco tempo cominceranno a fioccare centinaia di ergastoli sfornati nel corso dei maxi processi dell’emergenza antiterrorista. 336 sono quelli erogati fino al 1989 nei processi per fatti di lotta armata di sinistra. A partire dal 1983 la curva torna ad inalzarsi. Siamo negli anni della svolta reganiana, quelli della “rivoluzione passiva” del neoliberismo, della deregolazione economica che prevede come suo corollario l’intruppamento e l’ingabbiamento dei corpi, elaborato con la disciplina della tolleranza zero. Il tasso d’incarcerazione comincia a salire per esplodere a partire dal decennio 90, con tangentopoli che apre il varco al populismo penale. Nel corso degli ultimi 25 anni il numero degli ergastolani è passato da 226 agli oltre 1400 attuali.
In molti paesi europei l’ergastolo è stato abolito: è il caso di Spagna, Portogallo, Slovenia, Croazia, Bosnia, Serbia, Albania, Polonia e Ungheria. Nei paesi dove invece è ancora formalmente presente, di fatto è disapplicato da normative che introducono tetti massimi di detenzione e la possibilità di modulare la pena accedendo in tempi ragionevoli alla liberazione condizionale.
In Grecia è ammessa la liberazione condizionale dopo 20 anni; in Austria, Germania, Svizzera e Francia dopo 15 anni, salvo che in sede di condanna il tribunale non stabilisca per ragioni di gravità del reato contestato un periodo incomprimibile superiore. In Olanda è possibile avanzare richiesta dopo 14 anni; in Norvegia 12; in Belgio dopo 1/3 della pena e in Danimarca dopo 12 anni. A Cipro dopo 10 anni, in Irlanda dopo 7 anni. L’Italia prevede la possibilità di avanzare richiesta di liberazione condizionale solo una volta maturati 26 anni di reclusione. Uno dei tetti più alti d’Europa ed anche una delle soglie più difficili da superare. In realtà le nuove normative in vigore hanno reso l’ipotesi di una scarcerazione sotto condizione puramente virtuale. Con la pena dell’ergastolo vengono puniti una serie di reati contro la persona fisica e la personalità dello Stato, in sostanza omicidi, reati di natura politica o a legati all’attività della criminalità organizzata, sottoposti al regime del 4 bis e 41 bis della legge penitenziaria. Normative che introducono come requisito per l’accesso ai benefici l’obbligo della “collaborazione”, rendendo lettera morta il dettato costituzionale e tutta la retorica riabilitativa e risocializzante prevista nell’ordinamento. L’ergastolo è dunque più che mai una pena eliminativa.
Il primo dicembre i detenuti delle carceri italiane torneranno a far sentire la loro voce sul modello di quanto è accaduto poche settimane fa nelle carceri greche, quando un massiccio movimento ha costretto il governo a negoziare. Uno sciopero della fame nazionale darà l’avvio ad una staffetta che si suddividerà nelle settimane successive regione per regione fino al 16 marzo 2009. Convegni, assemblee e attività di sostegno alla lotta degli ergastolani si terranno nelle città coinvolte dallo sciopero. Una battaglia difficile di questi tempi, ma necessaria. Chi si ferma è perduto.
Il calendario della campagna si trova sul sito: http://www.informacarcere.it/campagna_ergastolo.php
PER DIRE BASTA ALLA BARBARIE DEL CARCERE A VITA.































































Commenti recenti