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Posts Tagged ‘diaz’

Gilberto Caldarozzi denuncia baruda.net per diffamazione

16 aprile 2015 8 commenti

Nell’aprile del 2013 fui convocata in via Genova, negli uffici Digos, images
dove ebbi un colloquio volto a stabilire se questo sito, dal nome Polvere da sparo, era riconducibile alla mia persona in quanto era stata presentata una denuncia per un post pubblicato. Certamente. E’ registrato con il mio nome e cognome, così come è presente il link alla mia pagina personale di diversi social network, dove è ben visibile e chiara la mia identità.

Da alcuni accenni si poteva capire che il denunciante era qualcuno di importante, nei vertici della Polizia, “offeso” per quel che era stato scritto sulla mia pagina e che c’era Genova di mezzo. Ma poi fu solo silenzio, fino a poco fa …

CONTESTAZIONE DL FATTO DI REATO

PERNICIARO
del delitto p. e p. degli art. 595 c.p. comma 3, perché in qualità di registrataria del dominio “baruda.net” consentiva la pubblicazione di scritti offendendo la reputazione del denunciante Gilberto Caldarozzi, con messaggi del seguente tenore: “Gilberto Caldarozzi, “illustre” assistito del neo ministro della giustizia, noto torturatore (ah NO! scusate: non è un torturatore eh! Solamente uno che ha assistito a tutto il pestaggio della Diaz, ai denti saltati, alle ossa spaccate a bastonate e calci e poi ha pensato bene di far tutto quel che era in suo potere per occultare i fatti. Non un torturatore quindi, fate voi)”
Commesso in data antecedente e prossima al 19/07/2012

PARTI OFFESE

CALDAROZZI Gilberto, nato a Roma il 20/03/1957

Vi lascio intanto il link dell articoli presenti all’interno della denuncia: QUI

Seguiranno aggiornamenti …

Genova 2001: contribuiamo alle spese

15 ottobre 2012 2 commenti

Alla fine di luglio scorso avevamo dichiarato di voler continuare la campagna 10×100.

FAGIOLINO LIBERO!
MARINA LIBERA!
LIBERTA’ PER TUTTE e TUTTI

Non solo perché i processi non sono finiti ma anche perché siamo convinte e convinti che solo così potremo mantenere viva la nostra memoria sulle giornate di Genova e imparare da oggi in poi a fare fronte alle vicende giudiziare con la solidarietà e la forza che attraverso il web ci avete dimostrato.

Se un compagno e una compagna sono oggi in carcere, presto riprenderà il processo per i cinque che dovranno tornare in appello, un altro capitolo della storia giudiziaria di Genova che sta per riaprirsi.

Le spese totali dei processi ad oggi ammontano a circa 80 mila euro, cifra destinata a crescere con l’imminente ripresa dell’appello. Una cifra insostenibile per chiunque di noi, che eravamo lì nel 2001.

Insostenibile perché mette una ipoteca sulla vita delle persone, che si aggiunge alle misure detentive.

Pensiamo che sia importante far sentire la forza dei 300 mila che erano a Genova sostenendo le spese legali delle e degli imputati, per questo invitiamo tutte e tutti a sottoscrivere attraverso il sito di supporto legale www.supportolegale.org, o direttamente qui http://www.buonacausa.org/genovag8,
per far sentire a tutte e tutti la nostra solidarietà.

Se riusciamo a versare tutti anche un simbolico euro, riusciremo a coprire le spese che gli imputati si trovano a sostenere da soli.
Altrimenti no.

Vorremmo poi, che la campagna diventasse uno strumento per ragionare su quanto accade nelle piazze e sul reato di “devastazione e saccheggio”, su cosa significhi per lo Stato e i suoi apparati il termine “ordine pubblico”, quello stesso ordine pubblico che i 10 imputati per Genova 2001 avrebbero turbato.

E’ tempo, pensiamo, di capire da che parte stare..
se dalla parte di chi ruba nei supermercati o rompe i bancomat delle banche o dalla parte di chi le costruisce.

La campagna 10×100

www.10×100.it
info@10×100.it

Per scrivere ad Alberto :Alberto Funaro, Casa Circondariale Capanne, Via Pievaiola 252, 06132 Perugia
Per scrivere a Marina : Marina Cugnaschi c/o Seconda Casa Di Reclusione Di Milano – Bollate, Via Cristina Belgioioso 120,  20157 Milano (MI)

Dal Messico, per i prigionieri
Gli ostaggi iniziano ad entrare in cella
Le ragioni di una campagna
A poche ore dalla sentenza Diaz e “devastazione e saccheggio”

Per Renato Biagetti, 31 agosto-1 settembre 2012

31 agosto 2012 1 commento

31 Agosto_1°Settembre 2012
Renoize 2012

27 Agosto 2006 – 27 agosto 2012.
Il 27 agosto 2006 Renato veniva accoltellato ed assassinato in un’aggressione di natura fascista.

Ma la storia di Renato non è solo la sua storia.
Non è solo un ricordo dell’intimità dei suoi parenti o amici, non è il privato dolore o la solitudine che può rendere impotenti. La storia di Renato è la storia di tutti/e noi che abitiamo questa metropoli e che, nelle sue vene, vediamo scorrere il sangue sempre più avvelenato della paura che genera diffidenza, intolleranza e odio.
E’ la storia di Valerio Verbano, Dax, Carlos; ma anche di Carlo Giuliani, Federico Aldrovandi e di una lista ancora troppo lunga di nomi.
E’ il veleno delle parole mortifere del neo-fascismo, sono le aggressioni dell’intolleranza omofoba, l’arroganza della violenza di apparati dello Stato.

La nostra storia è un ingranaggio collettivo, in cui le dinamiche sviluppano legami solidali, in cui i sogni di Renato hanno costruito progetti collettivi e le lacrime per la sua morte si sono unite alla passione delle battaglie di verità e giustizia. L’ingraneggio collettivo è la capacità di leggere il passato e il presente per immaginare il futuro, come è avvenuto a Genova 2001; quello che sapevamo allora è quello che si avvera oggi.

Per questo abbiamo deciso di anticipare Renoize con una giornata in cui proietteremo un film che racconta una parte di Genova2001 ma, soprattutto, ci confronteremo su come si rilancia di fronte al monito dello Stato che, con le condanne di devastazione e saccheggio, lancia un avvertimento a chi prova a costruire prospettive diverse. Chi prova a far girare quell’ingranaggio.

E poi ci saranno il sudore per allestire Parco schuster, ci sarà la musica compagna di viaggio di Renato, ci saranno le parole e i video: ci saranno le relazioni, i sogni e la cooperazione che si faranno politica costituente.
Quella che immagina un futuro diverso, con Renato per mano.
E naturalmente contro il fascismo.

Venerdì 31 agosto
@Ex-Cinodromo, via della vasca navale 6
“Genova 2001 non è finita”

ore 19 Apericena per la campagna 10X100
ore 21 Proiezione del film “Diaz”

Sabato 1°Settembre @Parco Schuster (Basilica San paolo)

dalle 17 – Spazio giochi/Diretta audio di ROR87.9/ Bar/Cibo/Ristoro/Mostre/Info point
dalle 18.00 – Concerto:

– Cheers!Monkey
– Rapnoize & Artemigrante/mangrovie
– Giulia Anania
– Rancore
– Elio Germano
– Squartet
– Bestie Rare
– Funkallisto
– Canto d’inizio_Piccola orchestra di musica popolare

Chi è Oscar Fioriolli? Biografia di un torturatore

31 luglio 2012 18 commenti

Dal blog di Paolo, INSORGENZE,  insieme al quale si combatte per far sì che tutto ciò diventi memoria collettiva,
parte integrante della nostra conoscenza sullo Stato, e i suoi metodi.
Buona lettura

Oscar Fioriolli, non dimenticate mai questo nome. Nella nota diffusa dopo la conferma definitiva delle condanne pronunciata dalla Cassazione contro i vertici investigativi del ministero dell’Interno, il capo della Polizia Antonio Manganelli dichiarava con parole che si volevano rassicuranti per i cittadini :

«Ora, di fronte al giudicato penale, è chiaramente il momento delle scuse. Ai cittadini che hanno subito danni ed anche a quelli che, avendo fiducia nell’Istituzione-Polizia, l’hanno vista in difficoltà per qualche comportamento errato ed esigono sempre maggiore professionalità ed efficienza. Per migliorare il proprio operato, a tutela della collettività, nell’ambito di un percorso di revisione critica e di aperto confronto con altre istituzioni, da tempo avviato, la Polizia di Stato ha tra l’altro istituito la Scuola di Formazione per la Tutela dell’Ordine Pubblico al fine di meglio preparare il personale alla gestione di questi difficili compiti. Il tutto per assicurare a questo Paese democrazia, serenità e trasparenza dell’operato delle forze dell’ordine, garantendo il principio del quieto vivere dei cittadini».

A dirigere questa scuola, nata con decreto del capo della Polizia il 24 ottobre 2008 e operativa dal 1° dicembre successivo «con l’obiettivo – come recita il comunicato del ministero degli Interni – di formare personale specializzato capace di intervenire con professionalità in caso di eventi che possono degenerare dal punto di vista dell’ordine pubblico, come manifestazioni, cortei ed eventi pubblici, per garantire ancor meglio la sicurezza di tutta la collettività», è stato chiamato il prefetto Oscar Fioriolli.

Chi è questo grande esperto a cui il capo della Polizia ha attribuito il compito di formare dirigenti, funzionari e agenti di Ps affinché ricorrano a condotte più “professionali” durante manifestazioni, cortei ed eventi pubblici per evitare quanto accaduto a Genova nel 2001?

Fioriolli è stato questore ad Agrigento, Modena, Palermo, Genova (subito dopo il G8) e poi a Napoli. Risulta anche indagato in una inchiesta sugli appalti Finmeccanica condotta dai pm della procura di Napoli e in una indagine portata avanti dalla procura genovese su una strana vicenda di consulenze per auto blindate richieste da un dittatore della Guinea Conakry e rapporti con un faccendiere siriano che gli avrebbe elargito una somma di 50 mila euro. Questi scarni cenni biografici tuttavia ci dicono ancora molto poco del ruolo avuto da un funzionario che è stato nel cuore del dispositivo antiterrorismo del ministero degli Interni in anni cruciali (dalla metà degli anni 70 in poi).

Per conoscere qualcosa di più del suo passato dobbiamo ricorrere alla testimonianza di un suo collega: l’ex commissario della Digos e poi questore Salvatore Genova, che lo descrive (cf. l’Espresso del 6 aprile 2012;vedi anche la testimonianza video) mentre all’ultimo piano della questura di Verona conduce l’interrogatorio di Elisabetta Arcangeli, una sospetta fiancheggiatrice delle Brigate rosse arrestata il 27 gennaio 1982.

«Separati da un muro, perché potessero sentirsi ma non vedersi, ci sono Volinia e la Arcangeli. Li sta interrogando Fioriolli. Il nostro capo, Improta, segue tutto da vicino. La ragazza è legata, nuda, la maltrattano, le tirano i capezzoli con una pinza, le infilano un manganello nella vagina, la ragazza urla, il suo compagno la sente e viene picchiato duramente, colpito allo stomaco, alle gambe. Ha paura per sé ma soprattutto per la sua compagna. I due sono molto uniti, costruiranno poi la loro vita insieme, avranno due figlie. È uno dei momenti più vergognosi di quei giorni, uno dei momenti in cui dovrei arrestare i miei colleghi e me stesso. Invece carico insieme a loro Volinia su una macchina, lo portiamo alla villetta per il trattamento. Lo denudiamo, legato al tavolaccio subisce l’acqua e sale».

Era in corso il sequestro del generale americano James Lee Dozier, vicecomandante della Fatse (Comando delle Forze armate terrestri alleate per il sud Europa) con sede a Verona, da parte delle Brigate rosse-partito comunista combattente. Sempre secondo la testimonianza fornita da Salvatore Genova, nel corso di una riunione convocata dall’allora capo dell’Ucigos Gaspare De Francisci presso la questura di Verona, presenti Improta, il poliziotto cui De Francisci aveva affidato il coordinamento del gruppo di super investigatori, Oscar Fiorolli, Luciano De Gregori e Salvatore Genova, si decise il ricorso alle torture. A svolgere il lavoro sporco venne chiamato insieme alla sua squadretta di esperti “acquaiuoli” (profesionisti del waterboarding, la tortura dell’acqua e sale) Nicola Ciocia, alias professor De Tormentis, funzionario proveniente dalla Digos di Napoli, già responsabile per la Campania dei nuclei antiterrorismo di Santillo, in forza all’Ucigos.
De Francisci fece capire che l’ordine veniva dall’alto, ben sopra il capo della polizia Coronas. Il semaforo verde giungeva dal vertice politico, dal ministro degli Interni Virginio Rognoni. Via libera alle «maniere forti» che in cambio forniva anche chiare garanzie di copertura. Fu lì che lo Stato decise di cercare Dozier nella vagina di una sospetta brigastista.

Roma – Il giardino dei torturatori tra via dell’Amba Aradam e via della Ferratella in Laterano

Roma – Il giardino dei torturatori tra via dell’Amba Aradam e via della Ferratella in Laterano

Giovanni Coronas, Gaspare De Francisci e Umberto Improta sono morti nel frattempo. Un giardino in ricordo di Improta, capo della squadra di investigatori che praticarono le torture sistematiche impiegate da varie squadre di poliziotti in un arco di tempo che riveste almeno 11 mesi, è sorto non lontano da piazza san Giovanni, a Roma, tra via dell’Amba Aradam e via della Ferratella in Laterano.
Salvatore Genova è in pensione ed è l’unico che ha deciso di raccontare la verità. Nicola Ciocia, il mago del waterboarding, vive nascosto in una casa del Vomero a Napoli. Non ha più il coraggio di uscire di casa, braccato dai fantasmi del suo passato di aguzzino. L’ex guardasigilli Virginio Rognoni mantiene profilo basso, mostra di ricordare con difficoltà sperando di non essere coinvolto nella riapertura del caso; Oscar Fioriolli è invece ancora al suo posto di dirigente della scuola di polizia. Una scelta davvero rasicurante: l’uomo giusto al posto giusto!

Sentito al telefono da Piervittorio Buffa, il giornalista che è riuscito a sfilare organigrammi e nomi degli autori delle torture dalla bocca di Salvatore Genova, che fino ad allora aveva solo denuciato i fatti senza mai indicare i corresponsabili (una prima volta nel 2007 davanti a Matteo Indice del Secolo XIX, poi nel libro di Nicola Rao, Colpo al cuore, Sperling & Kupfer 2011, infine in una puntata di Chi l’ha visto?), Oscar Fioriolli ha rifiutato qualsiasi incontro per chiarire il ruolo avuto in quelle vicende e negato le circostanze riferite da Genova.
Gratteri, Luperi, Calderozzi, Mortola, Ferri, ed altri funzionari sono stati dimessi dai loro incarichi per le loro responsabilità accertatenel tentativo di depistare e coprire il massacro perpetrato all’interno della scuola Diaz.
Oscar Fioriolli, chiamato in causa con una testimonianza dettagliata per il ruolo avuto nelle torture e in una violenza sessuale, praticate durante gli interrogatori contro persone accusate di appartenere alla Brigate rosse, è sempre al suo posto.


Link

DELLA TORTURA

* * *


Qui sotto potete leggere l’articolo di Piervittorio Buffa, recentemente pubblicato sul Venerdì di Repubblica del 20 luglio 2012, che rievoca i passaggi più importanti su questa vicenda.

Quando in Italia si seviziavano i brigatisti. Nel 1982, per liberare il generale Usa James Lee Dozier, la polizia decise di passare alle maniere forti con i primi arrestati. Ma chi diede l’ordine? «venne dall’alto»

di Pier Vittorio Buffa
Il Venerdì di Repubblica, 20 luglio 2012

Roma. «La ragazza è legata, nuda, la maltrattano, le tirano i capezzoli con una pinza, le infilano un manganello nella vagina, la ragazza urla, il suo compagno la sente e viene picchiato duramente, colpito allo stomaco, alle gambe». Salvatore Genova racconta così quello che accadde nella questura di Verona, nella notte tra il 27 e il 28 gennaio 1982. La ragazza è Elisabetta Arcangeli. Il suo compagno è Ruggero Volinia. Salvatore Genova è uno dei poliziotti che guidarono le indagini sul caso James Lee Dozier, il generale americano rapito dalle Brigate rosse il 17 dicembre 1981. Genova sarà arrestato insieme ad alcuni suoi uomini con l’accusa di aver usato violenza su dei terroristi catturati, ma quella notte, in questura, è solo un testimone: conduce l’interrogatorio il suo collega Oscar Fiorolli.
I poliziotti capiscono che Volinia sta per cedere. «Fu uno dei momenti più vergognosi di quei giorni» dice Genova, «avrei dovuto arrestare i miei colleghi e me stesso. Invece, caricammo Volinia su una macchina e lo portammo alla villetta per il trattamento. Lo denudiamo, legato al tavolaccio subisce l’acqua e sale e, dopo pochi minuti, parla, ci dice dov’è il generale Dozier».
A coordinare il tutto e a eseguire il trattamento De Tormentis con acqua e sale, una tortura già usata dai francesi e la squadretta nella guerra di Algeria, è una squadretta speciale guidata da un alto funzionario di polizia, Nicola Ciocia e composta da quattro poliziotti chiamati i Quattro dell’Ave Maria. La tecnica è all’apparenza semplice, ma bisogna essere molto esperti per praticarla in modo sicuro ed efficace. D prigioniero è legato a un tavolo, con un tubo gli vengono fatte ingurgitare grandi quantità di acqua e sale che provocano, oltre alla nausea, un forte senso di soffocamento.
Ciocia è in via Caetani a Roma quando, il 9 maggio 1978, viene trovato il corpo di Aldo Moro nella Renault rossa Lo si distingue di spalle, nelle foto, dietro Francesco Cossiga. La sua squadra entra in azione pochi giorni dopo, già con i primi arresti del dopo Moro. All’«acqua e sale» è infatti sottoposto, lo racconta lui stesso nei dettagli, Enrico Triaca, il tipografo delle Br. Ma Ciocia, che Umberto Improta, capo degli investigatori durante il sequestro Dozier, soprannominò dottor De Tormentis, non agì certo di sua iniziativa. Lo si capì già allora, nel 1982, che c’era un piano preciso, venuto dall’alto. Se ne è avuta la conferma ora, a distanza di trent’anni. Ciocia, pur non ammettendo le torture con l’acqua e il sale, ha detto di essere lui il dottor De Tormentis. Salvatore Genova, a sua volta, è stato molto preciso. Ha raccontato della riunione che si tenne in questura a Verona all’indomani del sequestro di Dozier: un via libera all’uso delle maniere forti con terroristi e fiancheggiatori, il timbro ai metodi di Ciocia-De Tormentis.
La riunione fu convocata dall’allora capo dell’Ucigos Gaspare De Francisci. Nella stanza c’erano anche Improta, il poliziotto cui De Francisci aveva affidato il coordinamento del lavoro, Oscar Fiorolli, Luciano De Gregori e Salvatore Genova. Ascoltarono De Francisci dire, così ricorda Genova, che l’indagine su quel sequestro era «delicata e importante» e che bisognava fare «bella figura». E dare il via libera all’uso delle maniere forti per risolvere il caso. «Ci guardò uno a uno e con la mano destra» rievoca Genova «indicò verso l’alto. Ordini che vengono dall’alto, spiegò: quindi non preoccupatevi, se restate con la camicia impigliata da qualche parte, sarete coperti, faremo quadrato. Improta fece sì con la testa e disse che si poteva stare tranquilli, che per noi garantiva lui. Il messaggio era chiaro e, dopo la riunione, cercammo di metterlo ulteriormente a fuoco. Fino a dove arriverà la copertura? Fino a dove possiamo spingerci? Dobbiamo evitare ferite gravi e morti? Fu questo che ci dicemmo tra di noi funzionari. E di far male agli arrestati senza lasciare il segno».
Ciocia, con i quattro dell’Ave Maria, arrivò il giorno dopo quella riunione e poi tornò in Veneto negli ultimi giorni del sequestro, quando le indagini portarono ai primi arresti dei fiancheggiatori. E quindi alla necessità di farli parlare. Tutti gli uomini di Improta assistettero alla prima «acqua e sale» di Verona, quella praticata a Nazareno Mantovani, che svenne durante il trattamento.
L’adrenalina scatenata dal successo dell’operazione Dozier (il generale liberato, i brigatisti catturati senza sparare un colpo) e i risultati ottenuti con le tecniche di Ciocia scatenarono lo spirito di emulazione. Nella caserma della Celere di Padova, dove furono portati i terroristi, non si andò tanto per il sottile. Genova e i suoi, infatti, furono arrestati con l’accusa di aver organizzato, tra l’altro, la finta fucilazione del br Cesare Di Lenardo.
In quelle settimane, il ministro dell’Interno Virginio Rognoni disse: «Possiamo respingere, con assoluta fermezza e grande tranquillità di coscienza, l’accusa adombrata in alcune interrogazioni e sicuramente presente in certa campagna di stampa, di avere trasferito la lotta contro il terrorismo su un terreno diverso da quello dell’ordinamento giuridico mediante una pratica sistematica e violenta del rapporto fra Stato e cittadino al momento dell’arresto…».
I giornali ai quali faceva riferimento il ministro erano soprattutto L’Espresso e la Repubblica.

Condanne g8: Alberto è stato tradotto a Perugia

24 luglio 2012 6 commenti

Arriva da poco la notizia che Alberto Funaro, in carcere da dieci giorni a scontare la condanna per devastazione e saccheggio, di Genova2001, è stato trasferito da Rebibbia a Perugia, nella Casa Circondariale di Capanne.
Ce lo allontanano, dalla sua città, dalla sua famiglia,
dal poter ascoltare Radio Onda Rossa, la sua radio.
Per scrivergli ora l’indirizzo è:

Alberto Funaro
Casa Circondariale Capanne
Via Pievaiola 252
06132 Perugia

TUTTI LIBERI!
http://10×100.it

10×100 anni di carcere: GENOVA NON E’ FINITA!

Gli ostaggi iniziano ad entrare in cella…ALBERTO LIBERO!

15 luglio 2012 12 commenti

Una sconfitta lunga undici anni, il tuo pugno chiuso che usciva da quella macchina,
mentre girava l’angolo della Questura centrale.
Poi invece il tuo sorriso,
che mentre ci salutava apriva la strada e il cuore a quello che da oggi dovremo affrontare:

CONTRO IL CARCERE, GIORNO DOPO GIORNO
FAGIOLINO LIBERO

il tuo sorriso, quel saluto strappato prima in questura poi davanti alla porta carraia che ti ha mangiato,
ha chiuso definitivamente questa amara sconfitta,
così lunga,
intrisa a litri del sangue di quelle strade, del sangue dal volto di Carlo,
del sangue sui termosifoni e quello trascinato sui muri e sui gradini delle scale,
ed ora anche in gabbia,
avvolta tutto tondo da cemento e ferro, da anfibi e ammasso di corpi prigionieri.

L’ha chiusa con un dolore che io non so descrivere, col tuo sorriso spaventato e forte e le nostre lacrime a litri, implacabili,
di quelle che ti scavano il viso per sempre.
L’ha chiusa per aprirne una tutta nuova, che parte da voi, dai vostri corpi prigionieri, da quanto riusciremo a non farvi sentire soli.
Perché quando abbiamo aperto la campagna 10×100 le parole che ci sono venute a tutt@, spontanee e sanguigne, sono state che Genova non è finita, non può finire in questo modo: non con l’assurdità di questo reato, non con il capro dei capri espiatori.
Questa sentenza ne è la conferma, la prova lampante che non avendo nulla nelle mani si sono accaniti con 25, poi 10, poi 5 …
ed ora già tra le sbarre siete 2.

Cinque. Cinque persone su quei 300.000 che eravamo.
Cinque persone in carcere, per aver mosso gesto contro la proprietà, contro una vetrina, contro un simbolo.
Fino a quindici anni, per quelle loro maledette vetrine, per dei cocci assicurati,
per aver osato affrontare simbolicamente (parliamo di 3 banche su 300) i luoghi del potere finanziario.
Siamo al surreale che diventa realtà, di cemento e ferro.
Siamo agli ostaggi delle cose, corpi prigionieri della proprietà privata, dell’aver osato infrangere i vetri.
Loro possono passare le camionette sui nostri corpi, possono spararci dritto in faccia, possono sequestrarci nelle caserme per torturarci, per strapparci i piercing, per minacciare i nostri corpi di donne di esser violati dai loro manganelli di Stato,
loro possono tutto.
E con il reato di “devastazione e saccheggio”, con questo nuovo paradigma penale che sempre più ci troveremo ad affrontare,
possono anche sequestrarci, strapparci alla vita, alla politica, alla libertà,
per anni infiniti,
nella difesa della “robba”, delle cose, dei vetri che non vanno rotti mai.

Non ti posso pensare lì Fagiolino, non posso pensare quel tuo corpo buono, lungo lungo, che cerca una posizione in branda,
con quella condanna sul groppone. Non posso pensare a quella porta carraia, che già odio di mio, che ora si è presa anche te,
è una sensazione di rabbia e impotenza che fa male ad ogni pezzetto di corpo.
E’ un’ingiustizia, fratello mio, che mai sarebbe dovuta passare sulla tua pelle, portandoti via da tutti noi.
Non ci sarà un secondo di pace, in questo stomaco, finchè sarai lì,
perché ci stai pe’ tutti, Albè, stai lì per tutti noi e non ti lasceremo un secondo.
A te, come agli altri.
ALBERTO LIBERO! TUTTI LIBERI!

Nessuna condanna potra mai fermare le nostre lotte
In ogni caso, nessun rimorso
Segui : 10×100.it

PER SCRIVERE A FAGIOLINO:

Alberto Funaro
Casa Circondariale Capanne
Via Pievaiola 252
06132 Perugia

 

Oggi, domenica 15 luglio, presidio di solidarietà davanti al carcere di Rebibbia
Radiondarossa invita le compagne e i compagni di Roma a partecipare ad un saluto ad Alberto,
domenica 15 luglio a partire dalle 18 sotto Rebibbia angolo via Majetti.
Per un appuntamento molto partecipato con un microfono aperto alla solidarietà e alla vicinanza ad Alberto e a chiunque si trovi chiuso dentro un carcere.

Gli appuntamenti per il 13, giornata della sentenza di cassazione per “Devastazione e saccheggio”

12 luglio 2012 2 commenti

NON LASCIAMO CHE CHIUDANO 10 DI NOI!
NON LASCIAMO CHE IL LUCCHETTO SI CHIUDA

Il 13 luglio la Corte di Cassazione è chiamata ad esprimersi sulla sentenza che condanna 10 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio – con pene che vanno dagli 8 ai 15 anni – per le giornate contro il g8 di genova 2001.

La campagna 10×100 dà appuntamento a tutte e tutti dalle ore 20.00 a Piazza Trilussa per prendere parola sull’esito della sentenza. Facciamo sentire la nostra vicinanza e la nostra solidarietà a dieci persone le cui vite sono sospese, in attesa della decisione di un tribunale. Dieci capri espiatori da colpire per educare chiunque voglia continuare a manifestare dissenso. Dieci condanne esemplari che mirano a intimorire i movimenti e chiunque produca conflitto contro i veri devastatori e saccheggiatori delle nostre vite e dei nostri territori.

Appuntamenti per il 13 luglio:

– ore 10.30 appuntamento davanti alla  Cassazione Piazza Cavour per seguire l’udienza
– ore 12.00 Conferenza stampa e consegna delle firme campagna 10×100
– ore 20 Piazza  Trilussa (trastevere) per prendere parola sull’esito della sentenza

Nessuna condanna potra mai fermare le nostre lotte
In ogni caso, nessun rimorso

10×100.it

Le ragioni della campagna 10×100: GENOVA NON E’ FINITA

7 luglio 2012 11 commenti

LEGGI E SEGUI: 10×100.it

[…]Che tempi sono questi in cui
Un discorso sugli alberi è quasi un reato
Perché comprende il tacere su così tanti crimini!
Quello lì che sta tranquillamente attraversando la strada
Forse non è più raggiungibile per i suoi amici
Che soffrono?
[…] b. brecht, 1939 – “A quelli nati dopo di noi”

Carlo Giuliani, pochi minuti prima della sua morte

Quando abbiamo lanciato la campagna 10×100 non immaginavamo che migliaia di persone sul web avrebbero raccolto questo appello.
Manca una settimana alla sentenza in Cassazione, quando 10 manifestanti, nostri compagne e compagni, vedranno deciso il loro immediato futuro. Se la sentenza di condanna in appello venisse confermata, il carcere diverrebbe la loro realtà quotidiana per i prossimi anni.

Nell’incontro “Costruzione del nemico : criminalizzazione degli indesiderati da Genova ad oggi” abbiamo voluto indagare insieme ad avvocati e attivisti per i diritti civili il peso che certe condanne – politiche – hanno nel ridefinire gli spazi del nostro agire, non solo in quanto attivisti, ma anche come abitanti di questo paese.

Pensiamo ai diversi casi di tortura che avvengono nelle celle delle caserme e delle carceri. Pensiamo alla progressiva sostituzione delle leggi con la decretazione d’urgenza. Ai diversi pacchetti sicurezza prodotti negli ultimi anni. Alla individuazione di siti di interesse strategico senza ascoltare le ragioni delle popolazioni (Val di Susa, discariche, siti per la costruzione delle centrali nucleari). Pensiamo al referendum popolare per la ripubblicizzazione dell’acqua, disatteso e inascoltato. Pensiamo, quindi, all’accanimento con cui hanno perseguito 10 persone condannate per devastazione e saccheggio: un reato figlio del fascismo che
punisce in maniera spropositata reati lievi contro le cose, o la resistenza. Ma soprattutto punisce anche solo la partecipazione, la ”compartecipazione psichica”.

Il messaggio è chiaro, come ha dichiarato anche Antonio Manganelli nella sua relazione del 20 febbraio scorso: non è più importante capire se si commette un delitto o meno, ma che il solo manifestare, il solo scendere in piazza è già un elemento di colpevolezza.
In altri paesi certe dichiarazioni desterebbero scalpore, soprattutto se escono fuori dalla bocca del vicecapo della polizia all’epoca delle manifestazioni contro il G8 di Genova. Siamo però in Italia, e sappiamo che la catena di comando di Genova 2001 ha nel frattempo ottenuto avanzamenti di carriera e siede oggi ai vertici delle forze di polizia e d’intelligence del paese. Sappiamo che la Camera dei Deputati non ha mai voluto aprire una commissione d’inchiesta su quelle vicende. Sappiamo che si è voluto circoscrivere Genova a un enorme problema di ordine pubblico, che andava gestito con tutta la forza necessaria.

Nel suo libro “In marcia con i ribelli” Arundhati Roy torna a raccontare la “guerra ai poveri” condotta dallo stato indiano in difesa dei grandi poteri economici. A noi, che viviamo nella cara vecchia Europa, si dice che dobbiamo sopportare le ricadute pesanti della crisi economica, cercando di ritrovare l’ottimismo.

Se non vogliamo chiamarla anche noi guerra ai poveri è certo che le misure di austerity e le ‘manovre d’estate’ dei diversi stati europei ci renderanno tutte e tutti un po’ più poveri di prima, restringendo poi ulteriormente gli spazi d’espressione e di partecipazione delle e dei cittadini.

Le ragioni di una campagna come questa, dunque, risiedono qui.
Nel ricordare che prendere parola per i 10 condannati per devastazione e saccheggio vuol dire affermare che le vite delle persone valgono più di un oggetto danneggiato durante una manifestazione. Che la solidarietà è un valore opposto e contrario alla solitudine in cui le si vorrebbe lasciare. Non si tratta di decidere se sia giusto o sbagliato, se ci siano metodi più o meno corretti di manifestare. Si tratta, oggi più che mai, di capire che c’è una sfera incedibile si sovranità, che è quella che attiene al dissenso, alla volontà di cambiare le proprie condizioni di vita, di pretendere il meglio per sé e per gli altri.

Per questo diamo appuntamento VENERDI 13 LUGLIO davanti alla Cassazione a Piazza Cavour per le ore 10:30 per una conferenza stampa e a partecipare al presidio indetto.

A poche ore dalle sentenze Diaz e “devastazione e saccheggio”…

5 luglio 2012 8 commenti

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Foto di Valentina Perniciaro _sotto la cassazione: GENOVA NON E’ FINITA

A me le sentenze mettono ansia,
anche se non riconosco i loro tribunali,
anche se non mi cambia nulla se su un foglio sia sancita la colpevolezza, tantomeno dello Stato, per qualche litro di sangue lasciato su un muro.
Però la sentenza di cassazione per il massacro della Diaz mi mette ansia,
mi mette ansia perché inevitabilmente metterà la parola fine su questi undici anni di storia,
e di vita nostra.
Ho l’ansia per la sentenza di oggi, perché la sento troppo legata a quella di venerdì prossimo, 13 luglio, quando lo stesso maledetto tribunale metterà la parola fine al processo per “devastazione e saccheggio”.
Una parola fine che per 10 compagni potrebbe (anche il mio uso del condizionale è solo un’illusione) comportare galera, sbarre, blindati, casanza, domandine, colloqui, pacchi…
quante parole saranno costretti ad imparare,
quanta vita perderanno tra quel ferro e quel cemento,
per delle vetrine, per delle banche,
per del vetro spaccato.

Le nostre teste, le nostre vene, le nostre vite invece, quelle non hanno mai contato nulla: sono sempre state il loro pane quotidiano,
dentro le caserme, per le strade, dentro le celle.
Il nostro sangue nutre lo Stato da sempre, quindi inutile pensare che qualcuno possa pagarla, inutile sperare in oggi,
inutile credere che un tribunale possa liberarci dalla violenza gratuita mossa contro di noi quel giorno, come sempre.

In carcere ci vai se rompi qualcosa, se “devasti”, se “saccheggi”…
la proprietà privata, le cose, la “robba”
tutto il resto non conta.
Un dibattito interessante quello dello scorso martedì, organizzato dalla campagna 10×100; interessante vedere la storia di questo reato,
interessante capire come procede la costruzione del nemico, come si adatta il codice penale ( non solo fascista, ma anche pre-fascista) alle lotte esistenti, ai rapporti di forza esistenti (inesistenti, bisognerebbe dire).
Ed io son d’accordo con chi dice che “bisogna di nuovo innamorarsi della parola AMNISTIA, bisogna farla tornare patrimonio del proletariato e del movimento rivoluzionario”…
cavolo se è vero.
Dovremmo lottare per liberare tutti, per liberare tutti coloro che sono entrati (e troppi ne entreranno) in carcere per le lotte sociali,
per la difesa della loro casa, del loro posto di lavoro, del loro diritto al movimento (pensiamo a quanti migranti!),
di qualunque slancio mirato al cambiamento di questa realtà,
alla riappropriazione di tutto quel che desideriamo,
a partire dalla libertà.

Tra dieci giorni il carcere potrebbe abbattersi sui nostri sorrisi come una falce…ed io non posso pensarci.
Abbiamo molto da costruire e da fare, per loro dieci come per gli altri,
tutti gli ultimi della terra privati della propria libertà solo perché hanno alzato la testa,
ognuno con i suoi mezzi, ognuno con le sue parole d’ordine,
ognuno col suo desiderio di abbattere questo stato di cose
e costruire altro.
Ora.

TUTTI LIBERI!

questa sera appuntamento a Piazza Trilussa a partire dalle 18.30:

Giulia Anania
Adriano Bono
(en solo)
Funkallisto
4tet
Rosso Malpelo

Wogiagia

99 Posse Dj set (Marco Messina and JRM)
Incursioni Teatrali del Teatro Valle occupato

Esibizione di artiste e artisti di strada
Laura Riccioli
leggerà Artaud

Per farla finita con il giudizio di Dio-

Daniele Vicari …e altre partecipazioni a sorpresa per i 10 condannati in appello per il reato di devastazione e saccheggio- Perché Genova 2001 non è finita

“Non è un tipo che si fa ingabbiare. E’ un fatto di appartenenza”

19 giugno 2012 8 commenti

Queste righe appaiono come commento in un post sul sito Wuming ( e poi sul sito 10×100.it), dedicato alla campagna GENOVA NON E’ FINITA 10×100 ANNI DI CARCERE,
nata pochi giorni fa in attesa delle sentenze di Cassazione del processo per “devastazione e saccheggio” in cui sono imputati 10 persone, delle centinaia di migliaia che eravamo nelle giornate del G8 di Genova, nel luglio del 2001.
Belle.

Foto di Valentina Perniciaro, Genova 2002

E non posso non girarle in questo blog, che ha come sua unica dea la libertà…
e come peggior nemico il ferro e il cemento delle celle, qualunque cella.

TUTTI LIBERI!
FIRMATE L’APPELLO sul sito 10×100.it

Abbiamo fatto le elementari insieme. Il nostro maestro, che era compagno, rivisto tanti anni dopo mi disse che era contento che almeno io fossi diventato un “marxiano”. Mi ricordo di avergli risposto che anche Luca era “venuto su bene”: era diventato un devastatore-saccheggiatore, in quel momento era agli arresti domiciliari per gli scontri di Genova.

Ci eravamo ritrovati da ragazzini, agli scout (e non c’è niente da ridere). Abbiamo combinato un bel po’ di disastri agli scout; una notte siamo scappati dalle tende per fare i pirla in giro, abbiamo anche comprato del pessimo vino dell’Oltrepo. Sono arrivati dei giovinastri di paese in macchina, sono scesi e ci hanno tirato un pugno in faccia a testa. Senza nessunissimo motivo, solo perché eravamo dei boy-scout quattordicenni ubriachi! Attiravamo guai come calamite.

Uscivamo spesso in due. Lui, figlio di proletari e “col culo per strada”, era un anarchico istintivo, io, secchione atipico e nipote di partigiano, un comunista genetico. Io l’ho portato alle manifestazioni, lui mi ha introdotto nel fantastico mondo dell’illegalità adolescenziale.

Lui era avanti con le ragazze, io decisamente indietro. Quando mi sono messo alla pari, ci siamo persi di vista. Ho smesso di bazzicare la sottocultura hip-hop in cui eravamo entrati insieme, ma in cui lui si era trovato subito a suo agio mentre io ero fuori posto come uno scout ad un rave. I suoi tag li trovi ancora dappertutto a Pavia; io ho visto la prima volta che ha scritto quelle tre lettere su un muro.

Io sono diventato un militante che fa le riunioni e scrive troppo, lui un randagio che va quando si deve, mosso da ragionamenti e obiettivi suoi. E poi, lui odia la polizia, da sempre – “è un fatto di appartenenza”.

A Genova non l’ho visto. Forse oggi non tutti lo sanno o lo ricordano, ma eravamo così tanti che potevi stare giorni nella stessa città e negli stessi cortei senza mai incontrarti. Poi, io sono per resistere o arretrare ordinatamente quando la polizia attacca; lui è per rispondere.

Ha scritto una lunga lettera al giornale locale quando era ai domiciliari. Raccontava che era a piazza Alimonda, che ha visto come è andata, che forse per quello si sono accaniti su di lui: il PM ha chiesto più di un decennio. Ricordo un passaggio della lettera, diceva più o meno così: “Se dopo ore di manganellate e cariche e lacrimogeni, i carabinieri lasciano una jeep indifesa e io le do fuoco, non è una questione politica: è una questione di carattere”. È un fatto di appartenenza.

Sono andato a trovarlo, nell’appartamento della madre, un appartamento da operaia, dove era segregato. Sembrava di essere ad una di quelle feste che facevamo da teenager, chiusi in otto in una stanza di una casa senza adulti, a sciupare i pomeriggi e a bere superalcoolici. Ma avevamo più di vent’anni e sua madre era a casa.

Ora rischia 10 anni. Secondo me non è innocente, in una penisola dove i torturatori sono sottosegretari non so bene come si possa parlare di merito o colpa.

Cosa fa adesso? Lo so ma non ve lo dico. Quel che so e che vi dico è cosa non può, non deve fare per i prossimi dieci anni: stare chiuso in una stanza di prigione. Non è il tipo che si fa ingabbiare. È un fatto di appartenenza.

 

A Carlo Giuliani, al suo assassino stupratore
“Non è un tipo che si fa ingabbiare”
Dieci, Nessuno, Trecentomila
Genova, dieci anni dopo

La vergogna di Strasburgo
Quel passo in più
A Carlo


GENOVA NON E’ FINITA: Conferenza Stampa a Palazzo di Giustizia

11 giugno 2012 2 commenti

CONFERENZA STAMPA
di presentazione della campagna

GENOVA 2001 NON È FINITA.
10X100 ANNI DI CARCERE

Martedì 12 giugno – ore 14
Roma, Palazzo di Giustizia – Piazza Cavour

In occasione dell’udienza della Corte di Cassazione per il processo relativo alle violenze perpetrate nella Scuola Diaz a danno dei manifestanti durante il G8 di Genova 2001,

si terrà una conferenza stampa di presentazione della campagna

“Genova 2001 non è finita 10×100 anni di carcere”.

La Campagna chiede l’annullamento della condanna

per devastazione e saccheggio per tutti gli attivisti e le attiviste
imputati che hanno preso parte a quelle giornate.

Interverrano

Laura Tartarini e Francesco Romeo

Avvocati del Legal Team Europe

Due attivisti della campagna

Sarà presente
Carlo Bachschmidt, regista del film documentario Black block,

in competizione nella sezione Controcampo italiano alla
68esima Mostra del Cinema di Venezia e al Festival del Cinema di Berlino.

Sito della Campagna
www.10×100.it

Per informazioni alla Stampa
Cell. 338 80 25 313
Cell. 340 80 71 544

FIRMA L’APPELLO : QUI!

Ore 21.00
nella piazza del mercato di San Lorenzo

proiezione di: LA PROVVISTA  di Carlo A. Bachschmidt
sul blitz alla scuola Diaz, interviene il regista

GENOVA NON E’ FINITA: 10 – NESSUNO – 300.000

10 giugno 2012 6 commenti

Nel luglio del 2001 ci recammo a Genova in 300 mila per gridare ai potenti del G8 “un altro mondo è possibile”.
Un mondo dove le scelte politiche non fossero dettate dalle banche e dagli speculatori e dove la voce dei molti non fosse azzittita dall’arroganza dei pochi. Arrivammo in una Genova blindata, sbarrata dalle inferriate, dove neppure gli abitanti potevano circolare senza permesso. In 300 mila invademmo le strade con i nostri bisogni e desideri. E con le idee ben chiare che quel modello di sviluppo capitalistico non ci andava bene; ci trovammo di fronte un potere armato che aveva preparato una gestione di piazza sanguinaria, culminata con l’omicidio di Carlo Giuliani. Lo stesso potere che costruiva le false prove per l’irruzione alla scuola Diaz e allestiva la camera di tortura di Bolzaneto.

Oggi dopo 11 anni, c’è chi vorrebbe che di quelle giornate rimanessero solo delle sentenze dei tribunali: l’assoluzione per lo Stato e i suoi apparati e la condanna di 10 persone accusate di devastazione e saccheggio. 10 persone a cui vorrebbero far pagare il conto, con 100 anni di carcere, per aver disturbato i piani dei potenti della terra. Un reato che prevede condanne dagli otto ai quindici anni e che risale al Codice Rocco, emanato durante il regime fascista ed usato contro chi si opponeva alla dittatura. E’ così che oggi la magistratura lo applica con lo stesso intento.
Ma chi sono i veri devastatori e saccheggiatori?
A 11 anni di distanza possiamo dire che allora avevamo ragione. Quel potere che si riuniva per decidere le sorti del mondo ha mostrato in questi anni quali fossero i suoi reali progetti: la globalizzazione secondo i dettami del neoliberismo, la devastazione e messa a profitto dei territori e l’accaparramento delle risorse (acqua, petrolio, sementi), il saccheggio delle nostre vite, le politiche di austerity che ci impoveriscono sempre di più, le truppe di occupazione nel nostro paese e in giro nel mondo. Mentre a pagare è sempre chi lotta dalle parte delle classi più deboli, gli organizzatori e gli esecutori dei massacri di Genova non solo non sono riconosciuti come responsabili ma vengono addirittura premiati. Ce lo dimostra anche la recente nomina a sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio, con delega ai servizi segreti, di Gianni De Gennaro capo della polizia all’epoca del G8 di Genova .

Rimandiamo indietro ai veri devastatori e saccheggiatori le condanne che vogliono infliggerci.

Lanciamo questo appello a tutti e tutte, alle e ai 300 mila che erano in piazza a Genova in quel luglio del 2001 e a quelle migliaia che non hanno smesso di lottare (sognare), per aprire da qui al prossimo 13 luglio, giorno dell’udienza in Cassazione per i compagni condannati per devastazione e saccheggio, una campagna che ponga l’accento su quanto sia politica la scelta discrezionale della magistratura di ricorrere al reato di devastazione e saccheggio. Una campagna che non permetta che siano dieci capri espiatori a pagare per lotte che appartengono a tutti e tutte e che sappia costruire momenti di solidarietà e vicinanza. Una campagna comunicativa che utilizzi diversi strumenti e che sappia coinvolgere tutta la società in una battaglia di libertà.
Invitiamo il movimento tutto, le compagne e i compagni che da tutto il mondo animarono quelle giornate di Genova ad aderire alla campagna e muoversi muoversi su questi temi da qui alla data del 13 luglio.
La campagna verrà lanciata il 12 giugno
con una conferenza stampa presso la Cassazione
a Piazza Cavour ore 14

FIRMA L’APPELLO: QUI

A questo LINK il redazionale di Radio Onda Rossa con l’avvocato Francesco Romeo sulle cassazioni e sul reato di “devastazione e saccheggio”

Tortura: un’intervista al dottor Massimo Germani

10 Maggio 2012 4 commenti

La Tortura in Italia non esiste. Non esiste nel codice penale, al contrario di reati come “devastazione e saccheggio” che per una vetrina ti regalano più di dieci anni di possibile condanna.
La tortura no, non esiste.
Figuriamoci se esiste quella di Stato allora, quella che sevizia i corpi dei prigionieri, corpi privati della propria libertà e completamente in mano dello Stato: una mano che spesso ha tenuto elettrodi, tubi per aumentare la pressione dell’acqua, manganelli da infilare in vagine e così via.
In questa lunga intervista Paolo Persichetti, che con forza manda avanti la sua battaglia contro la tortura e per una memoria storica totale ed effettiva, parla con Massimo Germani, medico e terapeuta del centro di cure per i disturbi da stress post-traumatico dell’ospedale san Giovanni di Roma, coordinatore nazionale del Nirast, una rete nata nel 2007 e che raccoglie 10 centri ospedalieri universitari diffusi nel territorio e specializzati per i richiedenti asilo che hanno ricevuto torture e traumi estremi.

Una persona, Germani, che per lavoro e formazione ha una quotidianità intrisa di torture subite e che ha reagito con stupore ed orrore nell’apprendere quel che è ripetutamente accaduto nelle sudicie stanze delle nostre caserme, questure, carceri.
Vi consiglio di leggerla, malgrado il  male che faccia

Massimo Germani: «La tortura non serve solo ad estorcere informazioni, mira a distruggere l’identità e ridurre al silenzio»

di Paolo Persichetti
Gli Altri,
27 aprile 2012

In Italia c’è stata e continua ad esserci la tortura. Non è una novità anche se recentemente sono emerse circostanze nuove che portano a rileggere in modo più compiuto quanto è accaduto. Per esempio nel 1982, quando il governo allora guidato da Giovanni Spadolini decise di ricorrervi per contrastare la lotta armata. Libri, inchieste giornalistiche e televisive, blog, le rivelazioni per la prima volta senza reticenze di Salvatore Genova (un funzionario di polizia in forza alla squadra speciale dell’Ucigos, creata nel dicembre 1981 dal ministro della Giustizia Virginio Rognoni per condurre le indagini sul sequestro Dozier) apparse sull’Espresso del 6 aprile, hanno aperto squarci importanti. Oggi conosciamo i nomi dei torturatori, di chi ha dato gli ordini e di chi li ha coperti. Un film, Diaz, ci reintroduce nell’atmosfera del massacro nella palestra della scuola di Genova e delle sevizie nella caserma di Bolzaneto durante il G8 del 2001. Tuttavia siamo portati sempre a soffermarci sugli aspetti politici e giuridici che il ricorso alla tortura implica all’interno della società. Una riflessione che non deve cessare ma anzi va ancora di più approfondita. Questa volta però vogliamo proporvi uno sguardo diverso, quello di un medico-terapeuta che cura i torturati. Questo anche perché esiste un risvolto ancora sconosciuto: nelle carceri Italiane ci sono da più decenni persone che hanno subito torture, non hanno visto riconosciuto questo trattamento violento subito, non sono state curate.
E’ venuto il momento di cominciare a parlarne e soprattutto esigere la loro scarcerazione.

Che cosa accade nella psiche di una persona torturata?
Negli ultimi dieci anni si è capito che la tortura, come ogni tipo di violenza interpersonale, soprattutto se ripetuta e prolungata nel tempo, provoca degli effetti assolutamente specifici che vanno molto al di là della classica sindrome da stress post-traumatico.

Che tipo di effetti?
Si assiste ad una frantumazione dell’identità che da luogo a patologie della personalità di tipo dissociativo. La nostra identità è fatta di tante cose messe insieme che vanno a costruire quello che si vede all’esterno e quello che sentiamo dentro. Una composizione complessa di fattori con molte facce: culturale, politica, religiosa, sociale… che ad un certo punto si frammentano e si dissociano dando vita ad una serie di fenomeni clinici, spesso purtroppo non riconosciuti, che se non sono trattati in modo specifico possono divenire cronici aggravandosi nel tempo, anche lontano dall’episodio di tortura e di violenza.

Come si scatena questo sfaldamento della personalità?
La tortura produce conseguenze che investono la profondità della psiche. Rispetto ai traumi dovuti ad incidenti, catastrofi naturali, qui si tratta dell’incontro con qualcosa di negativo che viene portato da un altro uomo e che dal punto di vista analitico è chiamato il “male incarnato”. E’ il ritorno ad un’angoscia primitiva che ognuno di noi ha nella fase infantile ma che impariamo ad allontanare con un rapporto genitoriale sufficientemente buono. Quest’angoscia può ricomparire se ci si ritrova completamente inermi nelle mani di qualcuno che vuole distruggerci. L’idea di un io stabile e unitario ci sembra un fatto acquisito. In realtà non è così. Si tratta di un equilibrio fragile. Ce ne accorgiamo solo in determinati momenti della nostra vita, quando subiamo dei lutti, dei contraccolpi, ma in genere si tratta di brevi esperienze. Questa percezione stabile e unitaria dell’io può andare completamente in frantumi proprio nei momenti in cui incontriamo un essere umano che ci tiene in pugno e vuole annientarci.

Parli di “fenomeni non riconosciuti”. Soffermiamoci un momento su questo punto. In un contesto dove la tortura è stata praticata ma non riconosciuta, il perdurare di questa menzogna che effetti ha? Siamo abituati a riflettere sugli effetti politici e storici ma sulla singola persona quali conseguenze si ripercuotono?
Uno dei problemi nelle persone che hanno subito torture è proprio il dopo. Si è visto nelle ricerche compiute sui sopravvissuti ai campi di concentramento che quanto accade dopo, soprattutto nell’immediato, quando sembra che è finita, si è scampati, fuggiti, è molto importante. Se viene meno il riconoscimento da parte dei riferimenti che c’erano prima si incrementata in modo esponenziale la violenza subita. In questo caso la tortura raggiunge il suo scopo primario, anche se implicito: non solo estorcere informazioni ma distruggere l’identità e indurre al silenzio civile, politico e sociale. L’effetto finale della tortura è far sì che le persone non siano più tali e si trasformino in fantasmi che sopravvivono nel mondo. In modo che attraverso questo silenzio e questa sofferenza siano testimoni del potere, siano monito a tutti di cosa può succedere a chi prende posizioni diverse da quelle possibili o richieste dal potere stesso.

Dunque il riconoscimento ha una doppia valenza, storico-politica ma anche clinico-sociale?
Certo, se c’è un riconoscimento da parte della collettività, che può essere più o meno allargata, come poter tornare in un gruppo sociale di riferimento, in qualche modo sentire una condivisione e un sostegno da parte del gruppo in cui si è reinseriti, l’effetto è positivo. Aiuta a ritrovare le proprie radici, la possibilità di ritornare a quelle che precedentemente erano le proprie identità. Questo ovviamente è un qualcosa che non prelude automaticamente alla possibilità di un recupero.

Fino ad ora mi hai descritto la condizione dell’inerme, quella che per definizione è definita “vittima assoluta”. Tuttavia nei militanti che hanno subito torture si tende a rifiutare questa identità. Esiste una differenza?
Questo è un punto molto importante. La ricerca clinica ha dimostrato che la consapevolezza del rischio a cui si va incontro facendo certe cose, sapere che si può essere presi, messi in carcere, subire delle violenze, nella maggioranza dei casi è un fattore di protezione importante. Aiuta rispetto a quello che può essere il risultato finale di una esperienza di tortura o di violenza. Questo è possibile perché si ha la consapevolezza che quello che sta accadendo, la sofferenza subita, è legato ad un significato. Questo significante può svolgere una funzione di protezione, come tutte le credenze condivise che riescono a sopravvivere alla esperienza della tortura: siano esse religiose, sociali o politiche. Naturalmente questo non significa che chi ha una fede politica o religiosa sia esente dalle conseguenze della tortura. Ho in mente tante persone che nonostante questo sono uscite distrutte e hanno dovuto fare percorsi lunghi prima di ritrovare un senso di sè, una certa soddisfazione e fiducia negli altri.

In Italia, i militati della lotta armata torturati, e che nel frattempo non sono diventati “collaboratori di giustizia”, sono rimasti in carcere per molti decenni. Ancora oggi ci sono almeno due casi che hanno oltrepassato i 30 anni. Come è definibile questa situazione?
Anche questa è un’altra cosa importante dal punto di vista umano e clinico. Le persone che hanno subito trattamenti inumani e degradanti, o di vera e propria tortura, soprattutto se sono in regime carcerario avrebbero dovuto subire accertamenti sulle loro condizioni di salute psico-fisiche in strutture specializzate nel riconoscimento e nella cura di questo tipo di patologie. Le patologie dissociative sono fenomeni ed hanno sintomi che spesso sfuggono anche a psicologi o medici, o anche a psichiatri che non hanno una grossa esperienza di questo tipo. Possono quindi essere facilmente sottovalutati o presi per altri tipi di problematiche e non riconosciuti. Inoltre non siamo di fronte a patologie che volgono spontaneamente verso una guarigione nel tempo. Lasciate a se stesse nella maggior parte dei casi evolvono verso un peggioramento e una cronicizzazione.

Farlo sarebbe stato un riconoscimento implicito delle torture. In realtà la macchina giudiziaria e quella carceraria hanno lavorato per seppellire ogni prova. Subito dopo le torture c’è stato l’articolo 90, la sospensione della riforma carcerario e l’ulteriore inasprimento delle condizioni detentive.
Spiegaci un’altra cosa: hai riscontrato un uso e degli effetti specifici della tortura sul corpo delle donne?

Se pensiamo alle sevizie sessuali, non c’è differenza. Ci siamo resi conto che durante le torture anche la maggior parte degli uomini ha subito forme di abuso sessuale. Se già le donne, soprattutto all’inizio, non raccontano le sevizie perché se ne vergognano, per gli uomini è ancora più difficile. Pensiamo a chi, attraversando il Sahara, è passato per le carceri libiche o in quelle afgane. Esistono invece differenze importanti per quanto riguarda gli effetti. Sono in corso delle ricerche (tra qualche anno ne sapremo di più). Oggi si sa che nelle donne è più alta l’incidenza dei fenomeni dissociativi e l’incidenza delle sindromi depressive gravi, che si presentano come fenomeno secondario. Se oltre l’80% di chi ha subito tortura va incontro a sindromi depressive, insieme a quadri clinici che presentano iperattivazione continua, sensazione di pericolo imminente, stati ansiogeni, tensione interna molto forte che spesso porta ad avere scoppi di rabbia, nelle donne si arriva al 90% con forme ancora più gravi.

Il tuo lavoro ti ha messo davanti a tanti racconti di torture che arrivano da Paesi lontani. Che effetto ti hanno fatto le testimonianze delle torture italiane?
Sul piano emotivo mi hanno toccato di più. Faccio fatica a dirlo perché in questi anni molte cose che ho sentito mi hanno colpito in un modo incredibile, tuttavia devo sottolineare questa piccola ma significativa differenza. Quando ho letto della caserma di Castro Pretorio, ad esempio, un luogo che conosco, ci passo davanti, sentire questa cosa… Ecco, penso che questo vada colto, vada valorizzato per far capire che queste cose possono succedere veramente vicino a noi. E’ importante cercare di comunicarle nel modo giusto, che non è quello di far scandalo ma di avere una sensibilità più diffusa su qualcosa che altrimenti può essere sentita come lontana. Poi ovviamente sopravviene la riflessione e allora voglio dire che ogni tanto c’è un dibattito sul ricorso all’uso della tortura da impiegare magari solo in casi eccezionali, “se c’è il terrorista con la bomba che vuol far saltare in aria una scuola”. Questi discorsi che hanno la pretesa di essere realisti sono invece molto pericolosi. Guai a cedere alla tentazione di cominciare a contrattare. Ci deve essere un tabù della tortura. Non deve esistere, non va fatta. Questo ci impone di lottare contro di essa concretamente, al di là delle parole. In Italia è arrivato il momento, perché non è mai troppo tardi, di approvare una legge contro il reato di tortura.

1) Introduzione al libro di Alleg di Jean-Paul Sartre
2)
breve cronologia ragionata e testimonianza di Ennio di Rocco, B.R.
 3) Testimonianze di Emanuela Frascella e Paola Maturi, B.R.
4)  
Testimonianza Di Sisinnio Bitti, P.A.C.
5)
Arresto del giornalista Buffa
6)
Testimonianza di Adriano Roccazzella, P.L.
7)
Le donne dei prigionieri, una storia rimossa
8 )
Il pene della Repubblica
9)
Ma chi è il professor “De Tormentis”?
10)
Atto I: le torture del 1978 al tipografo delle BR
11)
De Tormentis: il suo nome è ormai il segreto di Pulcinella
12) Una lettera all’albo degli avvocati di Napoli
13) Enrico Triaca, il tipografo, scrive al suo torturatore
14) Le torture su Alberto Buonoconto 1975
15) La sentenza esistente
16) Le torture su Sandro Padula, 1982
17)
La prima parte del testo di Enrico Triaca
18) Seconda parte del testo di Triaca
19) L’interrogazione parlamentare presentata da Rita Bernardini
20)
” Chi l’ha visto? ” cerca De Tormentis, alias Nicola Ciocia
21)
Due firme importanti: Adriano Sofri e Pier Vittorio Buffa
22) Mauro Palma, sulle pagine de Il Manifesto
23) L’interrogazione parlamentare cade nel vuoto
24) L’intervista mia e di Paolo Persichetti a Pier Vittorio Buffa
25) Cercavano Dozier nella vagina di una brigatista 

Anonymous: strani piacevoli regali di compleanno! :-)

4 aprile 2012 1 commento

Non male come regalo di compleanno!
GRAZIE!
Allora tocca festeggiare ogni giorno il proprio non-compleanno!
Sempre più rispetto e stima per Anonymous!
Questo il comunicato della loro ultima azione…

Salve, Ministero dell’Interno, Difesa e Carabinieri.
Anonymous vi dedica la sua attenzione per motivi che sicuramente non vi sono nuovi.
Vi dichiarate i difensori della legalità, i detentori della sicurezza e i mediatori della giustizia, ma il Popolo assiste continuamente alle vessazioni che fingete di non vedere e delle quali molto spesso siete complici.

Signori Carabinieri, alcuni giorni fa avete tentato di sopprimere la rabbia degli Operai Alcoa con i vostri feroci manganelli. Insieme a quei padri di famiglia, insieme a quei giovani, insieme a quei dignitosi cittadini in rivolta vittime della violenza di Stato, c’eravamo anche noi: la vostra ferocia si scaglia contro il corpo, ma le idee sono immuni a qualsiasi barbaria e varcano ogni tentativo di oppressione.

Il 13 Aprile, nelle sale cinematografiche, uscirà il film “Diaz“: una preziosa ricostruzione su quelli che furono i tragici fatti del G8 2001, anch’essi vittima del bavaglio di Stato. Il Ministero dell’Interno, tramite una circolare, ha vietato alle Forze di Polizia di parlarne e di esprimersi in merito. Ciò si configura  come un becero e antidemocratico tentativo di imbavagliare chi volesse offrire la propria testimonianza in merito agli orrori che quel torrido Luglio ospitò.

Siamo consapevoli anche degli infiltrati che quotidianamente ci fanno visita nei nostri chan; sarebbero i benvenuti, se solo manifestassero un chiaro e cristallino comportamento. In realtà trascorriamo con loro interminabili momenti di ilarità di cui loro, molto probabilmente, non sanno di essere protagonisti.
Vogliamo inoltre invitarvi ad abbandonare i nostri server quali agenti infiltrati, fatevi pure avanti, non abbiamo nulla da nascondere.
Fin tanto che questo comportamento si perpetuerà, i nostri attacchi diverranno ciclici.

We are Anonymous.
We do not Forgive.
We do not Forget.
Expect Us.

We’re still alive, and we will not die soon as you can expect.

GENOVA: I SERVI CHE PRENDONO PAROLA

16 gennaio 2009 3 commenti

IL FORUM DELLA POLIZIA PARLA DEL G8 DI GENOVA: INFINITO LO SCHIFO CHE SI PROVA NEL LEGGERE QUESTE RIGHE

C. DA ROMA Non capisco perché non vogliate parlare degli errori commessi. Qui si tratta di dire chiaramente:
I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?

Foto di Valentina Perniciaro _PushBushOut, Roma_

Foto di Valentina Perniciaro _PushBushOut, Roma_

I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste meritano la nostra esecrazione, o no?
I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che passava senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento vero, hanno sbagliato, o no?
La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz, parla di “Uno a zero” dimostra di essere intelligente?
Su queste cose non ci può essere ambiguità!!! L’esistenza è battaglia e sosta in terra straniera.

Clic.

E. DA PADOVA Caro C., rispondo alle tue domande:
“I colleghi che gridavano Sieg Heil ci fanno vergognare, o no?”
No. Non mi vergogno del fatto che in polizia ci siano dei coglioni. Non più del fatto che ci siano in Italia. Sono fiero di essere celerino e italiano, nonostante loro!
“I colleghi che avrebbero minacciato di stupro le signorine antagoniste meritano la nostra esecrazione, o no?”
No. Per questa domanda, oltre a valere la risposta sopra, concedimi anche il beneficio del dubbio. Chi prenderebbe seriamente un tentativo di violenza a una capra malata? Il popolo antagonista non brilla certo per l’attaccamento all’igiene! Non credo a quello che, sicuramente in malafede, sostengono questi personaggi!
“I colleghi che si accanivano con trenta manganellate sul primo che passava senza sapere se era solo un povero illuso pacifista o un violento vero, hanno sbagliato, o no?”

Foto di Valentina Perniciaro _la nostra polizia_

Foto di Valentina Perniciaro _la nostra polizia_

No. Pur essendo convinto assertore della totale inutilità di infierire su un manifestante inerme (questo è l’unico sbaglio, sprecare le forze su uno solo), sappi che è impossibile farsi rivelare dal manifestante durante la carica, se è un “povero illuso pacifista” o meno. È inoltre abbastanza difficile, dopo ore di sassaiole subite, magari con fratelli feriti anche gravemente, beccare uno dei personaggi che ti stanno avanti e picchiarli solo un pochettino. Quello che dico è che il povero illuso, visti gli stronzi che stavano con lui, poteva tornarsene a casa invece di manifestarci insieme! Se gli è andato bene fare da scudo per questi delinquenti, allora non si può lamentare di subirne le conseguenze! Che poi qualche collega si sia comportato come un qualsiasi essere umano sotto stress non mi sembra né incomprensibile né disdicevole. Sicuramente qualcuno avrà commesso sbagli. Sai quanti poliziotti c’erano a Genova? Di sicuro non mi vergogno per i loro errori!
“La collega che al telefono con il 118 di Genova, riferendosi alla Diaz, parla di “Uno a zero” dimostra di essere intelligente?”
 No. Ma come si dice a Roma, sti cazzi! Hanno messo a ferro e a fuoco una città, rischiando di farci fare una figura di merda a livello internazionale, provocando danni, feriti, spese enormi e si preoccupano della frase di una telefonista? Non mi vergogno per quello che ha detto.
Mi vergogno perché oggi la madre di un teppista imbecille, dimostrando una mancanza di scrupoli e un cinismo degni di una Kapò, è riuscita a
farsi eleggere senatrice della Repubblica; perché un partito italiano ha fatto intitolare un’aula all’imbecille!
Non voglio i soldi di questi politici. Non voglio i soldi da questo governo (e da un altro come questo). A difendermi ci penso da me, con
l’aiuto di Dio e dei fratelli celerini, che mi stanno accanto e non mi tradiscono nel momento del bisogno.

 

Once in the Celere, always in the Celere.

il resto qui: http://www.repubblica.it/2009/01/sezioni/cronaca/g8/parole-celerini/parole-celerini.html

AMNISTIA PER LA POLIZIA

14 novembre 2008 2 commenti

 

Giovedì 13 novembre 2008 si è concluso l’ultimo dei tre grandi processi di primo grado per gli eventi legati alle proteste contro il G8 del luglio 2001 a Genova.
Il processo a 29 funzionari di polizia per l’irruzione alla scuola Diaz che terminò con 93 persone arrestate illegalmente e 61 di queste ferite gravemente si è concluso con una sentenza esemplare: sedici assoluzioni e tredici condanne.
Il tribunale ha deciso di condannare solo gli operativi e di assolvere a pieno titolo chi ha pianificato un’operazione vendicativa e meschina. Di assolvere le menti che per giustificare una carneficina hanno deciso di piazzare due bombe molotov recuperate nel pomeriggio tra gli oggetti rinvenuti, di mentire circa l’accoltellamento di un agente, di coprirsi l’uno con l’altro raccontando incredibili resistenze da parte degli occupanti della scuola e saccheggiando il media center che vi si trovava di fronte. La ciliegina sulla torta del presidente Barone e delle sue due giudici a latere Maggio e Deloprete: alle vittime di quella notte va qualche spicciolo, tanto perché nessuno si lamenti di essere stato tagliato fuori da una immaginaria torta.

Foto di Valentina Perniciaro

Foto di Valentina Perniciaro

Alla lettura della sentenza nessuno di noi si è meravigliato. Non siamo delusi, non siamo tristi, né pensiamo alcuno dovrebbe esserlo. Siamo solo furiosi.

Non abbiamo mai creduto che la giustizia fosse veramente “uguale per tutti”, non abbiamo mai creduto che chi esercita il potere avrebbe ammesso di essere giudicato, di essere messo in discussione.
Ma il dileggio con cui è stata confezionata questa sentenza parla da sé: l’amnistia per la polizia è la seconda parte di quell’operazione vendicativa e meschina che ha portato alla Diaz.
E’ il secondo tempo della vendetta per la frustrazione e il terrore che lo Stato e i suoi apparati hanno provato in quei giorni di rivolta. Non ce l’hanno mai perdonata e non ce la perdoneranno.
La sentenza che chiude questo ciclo di processi di primo grado dovrebbe essere una lezione di storia, e forse grazie ad essa restituiremo la dignità a una vicenda che ne ha avuta molto poca, perché molti oltre a noi si accorgeranno di
qualcosa che è la base di quanto è successo a Genova in quei giorni.
Esiste una posizione per cui parteggiare: quella degli insofferenti, quella dei subalterni, degli sfruttati, dei deboli, di coloro che lottano per un mondo migliore e più equo.
Ed esiste un’altra posizione, quella di chi comanda ed esegue, di chi tortura e vìola, dei forti con i deboli e dei deboli con i forti, quella di chi esercita il potere e lo coltiva.

Nella vita bisogna scegliere. Noi lo abbiamo fatto, oliando meccanismi di memoria che altrimenti avrebbero condannato all’oblìo una pagina nera della storia italiana e internazionale. Noi lo facciamo tutti i giorni. Non abbiamo rimorsi e non abbiamo rimpianti per quanto è avvenuto.
Solo rabbia. E non siamo i soli.

                                           Supportolegale

Assoluzioni al processo Diaz

13 novembre 2008 1 commento

“Ricordo perfettamente quel momento. E ricordo anche di che discutevamo con i colleghi. images-7Bisognava evacuare i feriti dalla scuola e creare una cintura di sicurezza intorno alla Diaz, dal momento che continuava ad affluire gente e il clima era tesissimo. Di questo discutevamo. Avevo cose più importanti cui pensare che non guardare in terra per controllare cosa c’era e accorgermi di quelle due molotov. Potrà piacere o meno. Ma è la verità. Ho sempre avuto fiducia che prima o poi sarebbe venuta fuori. Il tempo mi sta dando ragione”.

stor_10608309_25080Eh si, bravo Canterini, sei riuscito perfettamente nel tuo piano. Il tempo ti ha dato ragione.
I vertici della polizia sono stati assolti: assolti si. Ormai è legge: se distruggi una vetrina ti prendi otto anni, se torturi, massacri, umili e ancora torturi vieni assolto se sei uno importante e se sei uno stronzo qualunque ti becchi un paio d’anni.
E’ un dato di fatto, è il nostro paese. E’ quello che ci meritiamo, ne sono sempre più convinta.
E’ tutto ciò che dovrebbe insegnarci a capire la lezione, che dovrebbe farci capire quanto c’è da fare, quanto è stupido aspettare e credere in una giustizia che non è mai stata dalla nostra parte, perchè non può starci.
E non mi venissero più a parlare di processi, di verità, di bisogno di portare la storia nei tribunali per punire i colpevoli: impariamo a tornare per le strade, a riappropriarci delle nostre cose.
Impariamo a capire che non possiamo cascare dalle nuvole, che non si scende in piazza così, che non si tiene la guardia così bassa, che non si può continuare così.
Che ci stanno spazzando via, senza che nemmeno nessuno se ne accorga.
E ce lo meritiamo. E’ la conseguenza diretta di quello che i compagni hanno lasciato morire, è l’assenza di organizzazione, di autonomia, di aggregazione e crescita. 
Spero sia stata l’ultima volta, l’ultima volta che aspettiamo giustizia nei loro tribunali.

ASSASSINI SERVI DI STATO. ASSASSINI ASSASSINI ASSASSINI ASSASSINI 

Da Repubblica:
Nessuna condanna, dunque, per Giovanni Luperi, attuale capo del Dipartimento di analisi dell’Aisi (ex Sisde), nel 2001 vice direttore dell’Ucigos e Francesco Gratteri, attuale capo dell’Anticrimine, all’epoca dei fatti direttore dello Sco e Gilberto Calderozzi, oggi a capo dello Sco. In totale erano 28 i poliziotti sul banco degli imputati, ma il collegio presieduto da Gabrio Barone ha deciso di emettere 13 condanne, esclusivamente nei confronti dei responsabili delle violenze all’interno della scuola. Sono state inflitte condanne per 35 anni e sette mesi, rispetto agli oltre 108 anni chiesti dall’accusa. Tre e due anni di carcere sono stati comminati rispettivamente A Pietro Troiani e Michele Burgio, colpevoli di aver portato all’interno dell’edificio due bottiglie incendiarie trovate durante la manifestazione del pomeriggio e di averle attribuite ai manifestanti che dormivano all’interno della scuola. Assolti invece i funzionari di polizia che firmarono il verbale di perquisizione e cioè Gratteri, Luperi e Calderozzi. E insieme a loro Filippo Ferri, Massimiliano Di Bernardini, Fabio Ciccimarra, Nando Dominici, Spartaco Mortola e Carlo Di Sarro. Per ognuno di loro la pubblica accusa aveva chiesto 4 anni e 6 mesi ritenendoli colpevoli di calunnia, falso ideologico e arresto illegale. Il tribunale ha assolto inoltre per non aver commesso il reato o perché il fatto non sussiste Massimo Mazzoni, Renzo Cerchi e Davide Di Novi. Per loro la pubblica accusa aveva chiesto 4 anni ritenendoli colpevoli di calunnia, falso ideologico e arresto illegale. Assolti anche da ogni responsabilità Massimo Nocera, Maurizio Panzieri e Salvatore Gava. Massimo Nocera era accusato di aver Simulato un finto accoltellamento e il pm aveva chiesto per lui 4 anni di carcere. 
La totalità delle condanne riguarda i componenti del Settimo nucleo mobile di Roma, del suo capo dell’epoca Vincenzo Canterini condannato a 4 anni e accusato di calunnia, falso ideologico e lesioni, e dai suoi sottoposti Fabrizio Basili, Ciro Tucci, Carlo Lucaroni, Emiliano Zaccaria, Angelo Cenni, Fabrizio Ledoti e Pietro Stranieri, condannati a 3 anni e accusati di lesioni aggravate in concorso. Il vice di Canterini, Angelo Forniè è invece stato condannato a due anni di reclusione.  

prima o poi…

20 luglio 2008 10 commenti

E’ MORTO UN PARTIGIANO.
NE NASCONO ALTRI CENTO!

Carlo Giuliani, 20 luglio 2001

Ciao Carletto.
Mi piace ricordarti con questa foto. Mi piace ricordarti vivo, per le strade di quella città,
a pochi passi da me, a pochi passi da tutti noi.
Mi piace pensare che un giorno, prima o poi, ti vendicheremo!

“Noi viviamo stretti in un giuramento di ferro.
Per esso si va sulla croce e incontro ai proiettili.
Nelle nostre vene scorre sangue, non acqua.
Noi marciamo tra l’abbaiare dei revolver,
per incarnarci, morendo,
in navi,
in versi,
e in altre opere di lunga durata.” 

Vladimir Majakovskij

LEGGI ANCHE:

LO STATO SI ASSOLVE.

15 luglio 2008 Lascia un commento

A CHI PARLA DI CERTEZZA DELLA PENA.
A TUTTI QUESTI GIUSTIZIERI VAGANTI CHE CHIEDONO CARCERE PER TUTTI.
HANNO DATO 1 ANNO E 2 MESI A CHI STRAPPAVA PIERCING!
QUESTO E’ IL NOSTRO PAESE: QUESTA E’ LA PROVA CHE PAGA SEMPRE UNA PARTE SOLA.
PAGA CARO, PAGA ETERNAMENTE.

 

MA ANCHE LA NOSTRA MEMORIA E’ ETERNA.
LA MEMORIA DI TUTTO IL PROLETARIATO E’ ETERNA, AL CONTRARIO DELLA PAZIENZA! 

http://www.repubblica.it/speciale/2008/bolzaneto/index.html
QUI SOTTO VI COPIO IL TUTTO; MA NON CREDO VERRA’ LEGGIBILE 

IMPUTATOINCARICOREATORICHIESTA PMSENTENZA
Antonio Biagio Gugliotta
ispettore della polizia penitenziaria abuso d' ufficio, abuso di autorita' contro i detenuti o arrestati, lesioni personali, percosse, ingiurie 5 anni, 8 mesi e 5 giorni di reclusione e interdizione perpetua dai pubblici uffici 5 anni di reclusione
Massimo Luigi Pigozzi
assistente capo della Polizia di Stato lesioni personali gravi 3 anni e 11 mesi3 anni e 2 mesi di reclusione
Alessandro Perugini
vicedirigente Digos questura di Genova abuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti3 anni e 6 mesi e interdizione temporanea 2 anni e 4 mesi di reclusione
Anna Poggi
commissario capo della polizia di Statoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti3 anni e 6 mesi e interdizione temporanea2 anni e 4 mesi di reclusione Oronzo Doriacolonnello polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti3 anni e 6 mesi di reclusione assolto Ernesto Ciminocapitano del disciolto corpo degli agenti di custodiaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti3 anni e 6 mesi di reclusione assolto Cap. Bruno Pellicciacomandante del personale del Servizio Centrale Traduzioni della Poliziaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti3 anni e 6 mesi di reclusione assolto Franco Valerioispettore superiore della polizia di Statoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Daniela Maidaispettore superiore della polizia di Statoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti2 anni e 6 mesi di reclusione1 anno e 6 mesi di reclusione Gianmarco Brainicomandante del contingente dei carabinieri del 9° Battaglione Sardegna, addetto al servizio di vigilanza della camere di sicurezzaabuso di autorita' su detenuti o arrestati, percosse, lesioni personali2 anni e 9 mesi di reclusioneassoltoPiermatteo Baruccosottotenente dei carabinieriabuso di autorita' su detenuti o arrestati, percosse, lesioni personali2 anni e 6 mesi di reclusioneassoltoAldo Tarascioispettori o sovrintendenti della Polizia di Statoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida un anno a nove mesi di reclusione assolto Antonello Taluispettori o sovrintendenti della Polizia di Stato abuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida un anno a nove mesi di reclusione assolto Matilde Areccoispettori o sovrintendenti della Polizia di Stato abuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida un anno a nove mesi di reclusione1 anno di reclusione Natale Parisiispettori o sovrintendenti della Polizia di Stato abuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida un anno a nove mesi di reclusione1 anno di reclusione Mario Turcoispettori o sovrintendenti della Polizia di Statoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida un anno a nove mesi di reclusione1 anno di reclusione Paolo Ubaldiispettori o sovrintendenti della Polizia di Statoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida un anno a nove mesi di reclusione1 anno di reclusione Maurizio Piscitellicarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Antonio Gavino Multinedducarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Giovanni Russocarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Corrado Furcascarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Giuseppe Serronicarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Mario Foniciellocarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Reinhard Avoledocarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Giovanni Pintuscarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Pietro Romeocarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Ignazio Muracarabiniereabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutida 1 anno a 1 anno e 3 mesi di reclusione assolto Diana Mancinipoliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti6 mesi di reclusioneassolto Massimo Salomonepoliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti7 mesi di reclusioneassolto Gaetano Antonello poliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti1 anno e 4 mesi di reclusione1 anno e 3 mesi di reclusione Barbara Amadei poliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti10 mesi e 20 giorni di reclusione9 mesi di reclusione Daniela Cerasuolo poliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti8 mesi di reclusioneassolto Alfredo Incoronato poliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti1 anno di reclusione1 anno di reclusione Giuliano Patrizi poliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti7 mesi di reclusione5 mesi di reclusione Francesco Paolo Baldassarre Tolomeopoliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti9 mesi di reclusione assolto Egidio Nurchispoliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti9 mesi di reclusione assolto Marcello Mulas poliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti9 mesi di reclusione assolto Giovanni Amoroso poliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti9 mesi di reclusione assolto Michele Sabia Colucci poliziotto o agente di polizia penitenziariaabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti9 mesi di reclusione assolto Giuseppe Fornasiereufficiale di polizia penitenziaria abuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti assolto Giacomo Toccafondi medico abuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti2 anni e 3 mesi di reclusione1 anno e 2 mesi di reclusione Aldo Amentamedicoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutirichieste di pene variabili da 3 anni, 6 mesi e 25 giorni a 2 anni e 3 mesi di reclusione10 mesi di reclusione Adrana Mazzolenimedicoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutirichieste di pene variabili da 3 anni, 6 mesi e 25 giorni a 2 anni e 3 mesi di reclusioneassolto Sonia Sciandramedicoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenutirichieste di pene variabili da 3 anni, 6 mesi e 25 giorni a 2 anni e 3 mesi di reclusioneassolto Marilena Zaccardimedicoabuso d'ufficio e abuso di autorita' contro arrestati o detenuti richieste di pene variabili da 3 anni, 6 mesi e 25 giorni a 2 anni e 3 mesi di reclusione assolto    Foto di Valentina Perniciaro Genova, G-8 2001, Piazzale kennedy, 20 luglio