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Posts Tagged ‘Centri di Identificazione ed Espulsione’

“A tutti i delinquenti solidali”…lettera dal carcere femminile di Bologna

16 aprile 2011 Lascia un commento

Abbiamo parlato ( e continueremo a farlo) della repressione che ha colpito alcun@ compagn@ attivi nella lotta contro i Centri di Identificazione ed Espulsione per migranti a Bologna.
Questa, una splendida lettera che ci giunge da due compagne private della loro libertà, nel carcere della Dozza.

«A tutti i delinquenti solidali. La solidarietà è arrivata forte e copiosa con lettere, telegrammi che per il numero hanno mandato in tilt le guardie e persino raccomandate per assicurarsi che arrivassero.
Fa molto bene al cuore.
L’accusa per i presi, per chi ha avuto altri provvedimenti restrittivi e per tutti gli indagati, è di Associazione a delinquere.
Sperimentata contro i compagni leccesi come formula più adatta, rispetto all’associazione sovversiva, per colpire gli anarchici e riproposta in altri procedimenti come nel caso di Torino, ora anche la banda della digos di Bologna la tira fuori dal cilindro per fare il colpaccio contro il loro incubo in città. Ma ci mette un po’ del suo e aggiunge “con finalità eversive”.
Dopo aver descritto il Fuoriluogo come una sede in cui si organizzano numerosi iniziative interne ed estere e il legame tra noi come forte e intenso, elencano una lunga serie di “illegalità” commesse insieme o separatamente che per altro non sono che il susseguirsi di procedimenti penali in corso ben noti, per i quali o siamo già stati processati pagandone (in particolare alcuni di noi) pesantemente il prezzo o lo saremo. Si tratta di resistenze, danneggiamenti, violenza privata, presidi non autorizzati, ecc ecc. I soliti capi d’imputazione che gravano sulle spalle di chiunque porti avanti lotte che disturbano.
Da qui all’accusa di Associazione a delinquere il “ragionamento” si fa oscuro, si sente il rumore dello scricchiolio sugli specchi. Ma tant’è. Una volta costruita la struttura, per quanto infondata e assurda sia, toccherà a noi smontarla. Così fanno e così è.
Poi, ancora con capi, sottocapi e soldatini. Ci provano sempre perché è il modo per colpire e perché non entra loro in testa che ci si possa rapportare diversamente. Si “dimostra” che una è la capa perché si impegna molto nella raccolta di dati da riportare su volantini e nella riuscita delle iniziative. In una telefonata con un compagno in difficoltà economiche che gli impedivano di essere presente a un presidio o a un corteo lo incoraggiava ad andare dicendo. “Ma dai che li troviamo, qualcuno li tirerà fuori” – certo, con il suo solito tono che è da molti conosciuto.
Insomma, una serie di episodi noti e stranoti e di intercettazioni del tenore di quella riportata sopra costituiscono la trama dell’intreccio digossino avallato da una pm con dei sassolini nelle scarpe.
Noi due, dal reparto femminile, stiamo bene. Siamo ancora separate e in isolamento. La posta arriva ma forse non tutta.
Vi abbracciamo forte e continuiamo a lottare insieme a voi per un mondo senza recinti materiali o generati da paure indotte e da meschinità. Senza servi né padroni con le loro nefandezze e nocività.
Ci ritroveremo presto ma, come qualcuno ha scritto in un telegramma, se vi raggiungiamo noi è meglio.

Stefi e Anna»

Gli arresti di Bologna, contro chi lotta per la libertà

12 aprile 2011 1 commento

AGGIORNO CON QUESTE NOTIZIE VECCHIE DI QUALCHE GIORNO… ma purtroppo qui non si ha tempo manco di respirare con questa vita di merda che si fa, in questa quotidianità di lavoro, sfruttamento e carcere.
Solo col cuore, e nemmeno con una riga, ho seguito la vicenda che ha colpito i compagni di Bologna, attivi nella lotta contro i Cie e la segregazione dei migranti che arrivano in Italia. Un attacco pesante a questi compagni, privati della loro libertà dopo una grossa operazione di polizia..
Qui gli stralci da Macerie .
Cinque arresti, sessanta perquisizioni in tutta Italia (di cui due a Torino), sette misure cautelari, un circolo di compagni messo sotto sequestro. Questo sembra il primo bilancio di una grossa operazione repressiva contro i compagni di “Fuoriluogo” di Bologna. L’accusa è quella, che già conosciamo, di associazione a delinquere e i fatti specifici tirati in ballo sono una serie di iniziative e attacchi contro i Cie, la guerra, il nucleare, e contro le aziende che ci lucrano sopra – o che direttamente ne sono i mandanti (tra tutte l‘Eni, ma pure la Misericordia di Giovanardi e l’Unicredit) – e pure contro chi la guerra e la detenzione di massa la propaganda ogni giorno a spron battutto (la Lega).
Secondo alcuni lanci d’agenzia, al centro del “sodalizio crinimoso” ci sarebbe pure un “giornale clandestino”: è quell’«Invece» del quale abbiamo pubblicato qualche estratto (12). I poliziotti questa mattina lo cercavano affannosamente nelle nostre case, voi lo potete trovare comodamente in buona parte delle distribuzioni di movimento, oppure scrivendoci.
Maggiori notizie ve le daremo man mano che i contorni esatti di questa vicenda si saran chiariti. Inutile dirvi, però, è che il modo migliore di star vicini ai nostri compagni bolognesi che si son ritrovati impigliati in questa vicenda giudiziaria e che per ora hanno le mani legate è utilizzar le nostre per proseguirne la lotta. I temi, del resto, sono quelli di tutti, e le occasioni non mancheranno un po’ dappertutto. Tra tutte, anche il corteo che gli arrestati prevedevano per il 16 aprile, a Bologna, del quale vi parlavano giusto ieri.

Aggiornamento 7 aprile. C’è un sesto compagno, tra i fermati di ieri, che è ancora in carcere, ma a Ferrara. È Francesco, e solo per lui, domani, ci sarà l’udienza di convalida dell’arresto. Gli altri cinque sono nel carcere bolognese della Dozza.  Per il corteo di sabato 16, da Torino partirà un pullman. Chi volesse venire può prenotarsi il posto, il più velocemente possibile, scrivendo a bologna16aprile@gmail.com o mandando un sms al 346.9734897.

macerie @ Aprile 6, 2011

una bella notizia: Francesco, il compagno fermato a Ferrara che ha avuto l’udienza di convalida dell’arresto stamattina è libero. Non sappiamo se abbia delle restrizioni, o degli obblighi, o se semplicemente l’arresto non sia stato convalidato.

macerie @ Aprile 8, 2011

 

 

I Cie bruciano giorno dopo giorno…

22 marzo 2011 Lascia un commento

Mense

cie_brunelleschi_41.jpgA Gradisca, Torino e Brindisi i Cie vanno in fiamme e cadono a pezzi, ma il Ministero si ostina a tenere chiusi i prigionieri negli spazi comuni o nelle mense – visto che le camere sono inagibili. Non resta che bruciare pure quelli, evidentemente. A  Torino hanno già cominciato: intorno alle 14 di oggi la mensa dell’area verde del Cie di corso Brunelleschi è andata a fuoco. Ora lì non c’è veramente più posto, tolto il cortile. Ascolta una diretta con un recluso dell’area verde,trasmessa da Radio Blackout poco prima di quest’ultimo incendio:

Aggiornamento ore 16.15. I reclusi sono in cortile da due ore, guardati a vista dalla polizia armata di manganelli. Ancora nessuno ha comunicato loro dove li faranno stare.

macerie @ Marzo 22, 2011

QUESTO INVECE SOLO IERI…

A neanche un mese dall’ultima rivolta, torna il fuoco dentro alle gabbie del Cie di Torino. Intorno a mezzanotte i reclusi dell’area verde hanno incendiato i materassi nelle stanze e sono usciti in cortile. Ora – ed è mezzanotte e mezza – sono lì all’aperto, circondati dalla polizia armata di manganelli, e il fumo esce ancora dalle porte. Intanto si sono fatti avanti pure i reclusi dell’area blu: c’è del fuoco pure là e sono i crocerossini in prima persona che si stanno avvicinando con i manicotti anti-incendio per spegnere le fiamme.
Già durante il presidio di questo pomeriggio i reclusi avevano risposto molto rumorosamente agli slogan e alle battiture – «Libertà! Libertà!» – a dimostrazione della loro voglia di lottare. Tra le altre cose, ieri la polizia aveva perquisito un’area, a quanto sembra proprio per prevenire sommosse: hanno ottenuto l’effetto contrario, e ben gli sta. A presto aggiornamenti.
Aggiornamento ore 1,30. Sono due le camere andate a fuoco nell’area blu del Centro, mentre nell’area verde, dove è partita la sommossa, le stanze danneggiate sono sicuramente di più – qualcuno dice tutte, ma staremo a vedere. Non si sa ancora se alcune di queste verranno considerate inagibili, e quante. A differenza del mese scorso, però, il Centro ora è completamente utilizzato e non ci sono posti per far spostare i reclusi delle stanze danneggiate. Per ora, dunque, i reclusi sono rimasti nelle rispettive aree e presumibilmente verranno fatti dormire per terra – se non all’addiaccio.
Aggiornamento ore 9,30. A detta delle prime agenzie di stampa, le stanze “messe in sicurezza” dai Vigili del Fuoco, e quindi forse già chiuse, sono tre. Intanto, si è saputo che alcuni reclusi di altre sezioni che per sostenere la protesta erano saliti sui tetti sono stati messi in isolamento dopo essere stati obbligati dai soldati a scendere.
Aggiornamento ore 11,30. I reclusi dell’area verde durante la notte sono stati ammassati tutti dentro alla mensa della sezione: nessuna camera, dunque, è aperta.
Aggiornamento ore 13,30. Proteste e diverbi con i militari dentro all’area rossa del Centro, dovuti alla qualità del latte distribuito a colazione: alcuni reclusi sono stati visitati in infermeria. I reclusi radunati nella mensa dell’area verde sono ancora lì, solo con dei nuovi materassi ma senza coperte e, secondo le notizie che man mano fa uscire la Questura, sarebbero tre le camere che rimarranno chiuse perché danneggiate seriamente dagli incendi della notte.
Aggiornamento ore 19,30. Nel pomeriggio, i due reclusi che questa notte erano saliti sul tetto e che erano stati messi in isolamento si sono tagliati e sono stati medicati in ospedale e riportati al Centro. Nell’area viola, invece, in tre si sono cuciti la bocca per protesta.
Aggiornamento ore 22,30. Urla e confusione, di nuovo, dentro al Centro di corso Brunelleschi quando in prima serata i reclusi hanno cominciato a sentire botti e slogan da fuori, grazie ad un presidio-lampo di solidali. Intanto, i prigionieri dell’area verde hanno fatto uscire un messaggio da dentro le gabbie: «Bon soir, nous sommes dans la cuisine depuis hier. On dort sans couverture et il fait froid. On veut la libertà, aides nous Torino!». Che sta significare: «Buona sera, siamo nella cucina [in mensa, in realtà] sin da ieri. Dormiamo senza coperte e fa freddo. Vogliamo la libertà, aiutaci Torino!»

macerie @ Marzo 21, 2011


Resoconto da una giornata sotto le mura di un lager del nuovo millennio

15 marzo 2011 Lascia un commento

RESOCONTO PRESIDIO AL CIE DI PONTE GALERIA A ROMA
sabato 12 marzo 2011
Libertà per tutti, con o senza documenti

Circa 300 solidali, giunti davanti alle mura del Cie di Ponte Galeria per dare vita al presidio annunciato da tempo, sono stati accolti da un gran numero di ragazzi migranti reclusi, saliti sul tetto per unirsi alla protesta.
Continua a crescere la partecipazione mentre dal microfono viene lanciato un primo saluto a tutte le persone rinchiuse in quelle mura.
Grida e slogan riempiono il vuoto nel quale è stato costruito quel mostro di cemento, mentre dal cortile della sezione femminile cresce una colonna di fumo nero che, accompagnato dalle grida, non abbandonerà mai la giornata di protesta.
Slogan e messaggi di solidarietà in tutte le lingue vengono amplificati dalle casse del sound, mentre una piccola delegazione di alcune compagne si prepara ad avvicinarsi al cancello del campo d’internamento per consegnare delle radioline a chi è privata/o della propria libertà dentro quelle gabbie.
Mentre l’amministrazione della cooperativa Auxilium si nasconde dietro il cordone della celere negando la propria responsabilità e lasciando gestire la situazione a qualche energumeno in divisa blu, continua lo scambio di voci tra chi protesta dentro e fuori le mura del lager.
Al fermo diniego di fronte al tentativo di consegnare gli apparecchi radio, i/le solidali hanno scelto di rinforzare la comunicazione diretta con il lancio di palline da tennis contenenti messaggi di solidarietà.
Nonostante i pessimi lanci e il nervosismo delle guardie, alcuni messaggi sono stati raccolti dai destinatari.
Dopo poco meno di tre ore il presidio si scioglie e ritorna compatto in città per comunicare tra le strade affollate del sabato sera, con un corteo partecipato, compatto e rumoroso.
Apprendiamo con disgusto e rabbia che la mattina seguente al presidio, gli aguzzini in divise blu hanno sfogato le loro frustrazioni sulle recluse, ree di aver fatto “troppo casino” durante il presidio di sabato.

CORRISPONDENZA:Una donna racconta ai microfoni di Radio OndaRossa che gli uomini delle “forze dell’ordine” l’hanno portata in un ufficio all’interno del centro, per picchiarla, insieme ad altre donne.
CORRISPONDENZA: Nonostante i pestaggi e le cure mediche negate, le recluse chiedono con forza che i presidi dei/lle solidali continuino. Quando viene chiesto loro cosa possiamo fare dall’esterno per sostenerle, ci viene risposto senza un attimo di esitazione: just we want freedom!

LIBERTÀ PER TUTTI E TUTTE, CON O SENZA DOCUMENTI!

Distrutto il Cie di Marsiglia!

12 marzo 2011 2 commenti

Il Centro di trattenimento amministrativo del Canet [a Marsiglia, NdT] è, adesso come adesso, completamente inutilizzabile», ha constatato Bernard Reymond-Guyamier, direttore di zona della Polizia di Frontiera. Alle 17.02 di ieri gli allarmi antincendio del Centro di trattenimento amministrativo [il Cra, che corrispe ai nostri Cie, NdT] sono entrati in azione, dando il via al protocollo di evaquazione dell’edificio.
«Un trattenuto intossicato dai fumi è stato portato d’urgenza all’ospedale di Lavéran», ha precisato il capitano di fregata Yannik Martin, che dirigeva le operazioni dei marinai-pompieri di Marsiglia. Le altre due persone gravemente intossicate, insieme agli altri 31 trattenuti coinvolti, sono stati curati in un punto di medicina d’urgenza allestito sul posto.

Il centro di "retention" di Marsiglia

L’incendio è scoppiato in una cella al primo piano di una delle ali dell’edificio, mentre alcuni secondi più tardi un altro focolaio è stato acceso al piano terra dellaltra ala. «Queste similitudini non sono casuali», sospetta Bernard Reymond-Guyamier, un’inchiesta è stata aperta dalla polizia del dipartimento. Per attizzare il fuoco sembra siano state utilizzate delle coperte ammassate.
L’incendio si è propagato in tre celle che sono state completamente distrutte dalle fiamme, come pure una sala comune. I muri anneriti e l’aria difficilmente respirabile rendono impossibile il trattenimento dei 52 senza documenti presenti nel Centro. La Prefettura della Regione dovrebbe dunque incaricarsi di trovare una soluzione per ognuno dei trattenuti ammassati in fondo al cortile sotto a delle coperte blu. «Sono le Prefetture che hanno ordinato il trattenimento di ciascuno e che decidono i trasferimenti verso altri Centri, caso per caso», precisa Bernard Reymond-Guyamie. Ma i Cra della regione sono strapieni quasi tutti. «Sono previste delle liberazioni», confessano in Prefettura. […]
da La Marseillaise, tramite Cettesemaine

Questa è sempre Marsiglia, solo due giorni fa, durante uno sciopero di portuali. Idranti contro la celere, non male! (REUTERS/Jean-Paul Pelissier)

Aggiornamento 12 marzo. A parte due reclusi liberati immediatamente e undici portati in ospedale, la maggior parte dei rivoltosi di Marsiglia (37) sono stati trasferiti nel Centro di Nîmes. Di questi, alcuni sono stati liberati il giorno seguente con l’appiglio della non conformità tra la legge francese e le direttive europee. E pure tra quelli in ospedale alcuni sono riusciti ad andare via. Altri 6, tunisini e algerini, sono stati invece arrestati per “distruzione di bene pubblico”: ora sono nella prigione di Baumette. Un presidio solidale si era svolto di fronte al commissariato dove erano in stato di fermo prima che fossero trasferiti in carcere. Oggi, invece, uno dei reclusi portati l’altro giorno a Nîmes è stato accompagnato all’areoporto di Marsiglia: lo aspetta un aereo diretto alle Comore. Solo che lui e la sua famiglia sono molto conosciuti in zona, per cui proprio nel momento in cui scriviamo circa duecento persone sono anche loro all’aeroporto, ma per cercare di fermare la deportazione. Non appena i compagni di là ce lo racconteranno, vi faremo sapere come è andata a finire…
macerie @ Marzo 12, 2011

A questo indirizzo invece le corrispondenze effettuate da Radio Onda Rossa con il presidio in solidarietà ai migranti di questo pomeriggio, davanti al Centro di Identificazione ed Espulsione di Ponte Galeria

 

12-3-2011: Tutt@ davanti al C.I.E. di Ponte Galeria

9 marzo 2011 1 commento

12 Marzo, 2011 – 14:00
stazione Ostiense >> treno per Fiumicino >> fermata Fiera di Roma

LIBERTA PER TUTTE E TUTTI! CON O SENZA DOCUMENTI

È trascorso quasi un anno dall’ultimo presidio fuori dal lager di Ponte Galeria a Roma e da allora per le condizioni dei reclusi e delle recluse nulla è cambiato. All’interno del lager romano la gestione dalla croce rossa è stata ereditata dalla cooperativa Mondo Auxilium, per il resto i principi di reclusione, oppressione, violenza, terrore e privazione sono rimasti gli stessi. La repressione contro chi lotta per la chiusura di queste strutture di annientamento prosegue senza sosta, ma ciò ci porta solo e unicamente a continuare unite/i nella lotta.
Una stagione di rabbia e conflitti sta investendo il Mediterraneo e non solo. È quanto più importante in questo momento manifestare, con ogni mezzo, la nostra solidarietà ai reclusi e alle recluse, la nostra complicità con chi si ribella ovunque, a tutte le persone rastrellate e deportate.
La lotta contro il controllo, la repressione e le istituzioni “totali”, come i Cie, deve affermarsi con energia. Ribadiamo il nostro appoggio solidale ai reclusi e alle recluse del Cie di Ponte Galeria, come di tutti i lager della democrazia.
Riprendersi le strade, le piazze, affinché le vie, i muri e i quartieri parlino di solidarietà tra sfruttate/i e di odio verso chi arresta, rinchiude, opprime e tortura ogni giorno. Perché il nostro odio non si è placato, vogliamo tornare a esprimerlo sotto quelle mura.

Il 12 marzo torneremo a farlo davanti al Cie di Ponte Galeria
Appuntamento alle ore 14.00 alla stazione Ostiense per prendere insieme il treno
dalle ore 15.00: tutte e tutti davanti alle mura del Cie di Ponte Galeria
fermata “Nuova Fiera di Roma” del trenino Roma-Fiumicino

PER UN MONDO SENZA GABBIE, NÈ FRONTIERE
>> ascolta/scarica/diffondi lo spot contro i Cie <<

 

Dibattito pubblico: Libertà per tutti e tutte, con o senza documenti

6 marzo 2011 Lascia un commento

6 Marzo, 2011 – 17:00
occupazione di via del casale de merode, 8

R.A.P. gruppo inchiesta, Radio OndaRossa, Rete no-Cie e occupanti di Casale de Merode
invitano tutte e tutti coloro che vogliono un mondo senza gabbie né frontiere
a partecipare a un dibattito pubblico sui Cie
DOMENICA 6 MARZO 2011
all’occupazione abitativa di via del Casale de Merode, 8 (Tormarancia)
– dalle ore 17.00:

dibattito pubblicolibertà per tutte e tutti! con o senza documenti!
per scambiarci informazioni ed esperienze sulle lotte contro i Cie e le deportazioni forzate,
sulle strategie di resistenza e sulle forme di autorganizzazione

mostre fotografiche sui Cie e sulle insurrezioni in corso nel Maghreb, materiali informativi, Nella tua città c’è un lager (bollettino bisettimanale sulle vicende che si susseguono nei cie), Scarceranda (l’agenda di Radio OndaRossa contro ogni carcere, giorno dopo giorno)

– a seguire:
cena con tutti i sapori del mondo

il ricavato della cena servirà ad acquistare delle radioline portatili da consegnare alle recluse e ai reclusi durante il prossimo presidio solidale del 12 marzo davanti al Cie di Ponte Galeria perchè ascoltare una radio è un modo per mantenere un contatto con l’esterno

PORTA UNA RADIOLINA A PONTE GALERIA!
contribuisci anche tu a rompere il muro del silenzio e dell’isolamento!

>> VERSO IL 12 MARZO <<
per un mondo senza gabbie né frontiere! chiudere tutti i Cie!

>> ASCOLTA LO SPOT DELLE DUE INIZIATIVE <<
>> ascolta/scarica/diffondi lo spot contro i Cie<<

Al C.I.E. di Gradisca ora è vietato fumare

2 marzo 2011 Lascia un commento

La situazione all'interno del C.I.E. di Gradisca dopo la rivolta dei giorni scorsi (Altre foto su http://fortresseurope.blogspot.com)

La conferma è arrivata direttamente da Federica Seganti, assessore alla Sicurezza del Friuli Venezia Giulia: i reclusi di Gradisca non potranno più fumare. Questo per “evitare nuove rivolte” e non dare più la possibilità ai prigionieri di dar fuoco ai materassi.  Stanno fuori di testa.
Evitare nuove rivolte togliendo anche la possibilità di fumarsi una sigaretta?
DA MACERIE:
Dopo la rivolta dell’altra sera, i reclusi dell’area bianca di corso Brunelleschi a Torino sono entrati in sciopero della fame. Tutto ieri non hanno mangiato, e per protesta hanno messo le coperte e i materassi fuori dalle stanze. Anche oggi si sono rifiutati di toccare cibo. A loro si sono aggiunti anche i reclusi di un’altra sezione del Centro. Secondo i calcoli che provengono da dentro, ad attuare questa forma di protesta sarebbero una settantina. Dall’altra sera, poi, è sempre più difficile fumarsi una sigaretta dentro al Centro. Già, perché ora i militari di guardia si rifiutano di farli accendere e allora i reclusi sono costretti ad aspettare i crocerossini. Inutile dire quanto nervosismo crei questa ripicca dei militari. Mai quanto a Gradisca dove, dalle voci che arrivano, ai reclusi stipati negli stanzoni è semplicemente vietato fumare.


								

Condanne a Lecce per tutti e 12 gli imputati: ASSOCIAZIONE SOVVERSIVA “SEMPLICE”

21 dicembre 2010 1 commento

Preoccupante, veramente molto. Non tocca imparare parole “nuove” per stare in piazza (come DASPO), ma tocca pure andare a rispolverare le “vecchie” parole usate per tagliarci le gambe. 5 anni e 4 mesi la condanna più pesante: NON CI SONO PAROLE
E si ricomincia con l’associazione sovversiva! Dal sito Macerie:

Lecce, e l’istigazione a delinquere

istigazione«Il 9 dicembre vi è stata la sentenza d’appello del processo Nottetempo contro numerosi compagni a Lecce. Dopo 12 ore di camera di consiglio la Corte ha condannato tutti e 12 gli imputati per associazione sovversiva “semplice” (art.270), ribaltando in parte la sentenza di primo grado. Le pene più pesanti sono state comminate ai 4 compagni che erano già stati condannati in primo grado per associazione a delinquere e altri reati specifici. Per loro le pene sono state rispettivamente di 5 anni e 4 mesi (per il compagno considerato promotore dell’associazione), 2 anni e 8 mesi, 2 anni e 7 mesi, 1 anno e 11 mesi. Altri due compagni condannati in primo grado per reati specifici hanno visto aumentate le pene fino ad un anno e sette mesi. Tutti gli altri assolti in primo grado, sono stati condannati a pene da un minimo di un anno ad un massimo di un anno e 8 mesi.

Condanna inoltre vi è stata per quasi tutti i reati specifici contestati (in primo grado vi erano state numerose assoluzioni) e per istigazione a delinquere, in occasione di due presidi vicino al ex CPT Regina Pacis in cui gli immigrati si erano rivoltati all’interno e alcuni avevano tentato di fuggire. Tale condanna è stata comminata a tutti gli imputati tranne uno, ed è l’unico reato specifico ad essere stato inflitto alla maggior parte degli imputati. Evidente la volontà di colpire una lotta contro un centro di permanenza temporanea, che insieme ad altri fattori aveva portato alla sua chiusura, sulla base anche delle chiare pressioni che il sottosegretario all’interno Mantovano ha effettuato per tutta la durata del processo.»

Di seguito, il testo di un volantino diffuso in questi giorni a Lecce.

Istigazione a delinquere!

La contestazione di questo reato è il perno su cui è ruotato il teorema accusatorio della Corte d’Assise d’Appello di Lecce, servito a condannare per associazione sovversiva 12 anarchici, con pene comprese tra un anno e cinque anni e cinque mesi. Siamo stati accusati di aver istigato gli immigrati internati nell’ex CPT “Regina Pacis” di San Foca affinché dessero vita a rivolte, evasioni, distruzioni del centro. È convincimento utile allo Stato e ai suoi servitori quello di credere che le rivolte nei CPT (ora chiamati CIE) siano frutto di un lavoro di istigazione svolto da pochi sovversivi, e non già pratica endemica alla stessa condizione di reclusione: quando un essere vivente è rinchiuso, spesso si ribella. La storia dei CIE, dalla loro nascita nel 1998 ad oggi, è la dimostrazione più chiara di questa affermazione.

Il “Regina Pacis” è stato un campo di internamento per stranieri poveri come tutti gli altri campi. Al suo interno veniva praticata ogni sorta di nefandezza: somministrazione massiva di psicofarmaci nei pasti per sedare gli internati, pugno di ferro nei loro confronti, pestaggi contro chi si ribellava o provava ad evadere. Non erano anomalie, né pratiche svolte da poche “mele marce”, bensì prassi normale svolte da tutti: dal direttore, don Cesare Lodeserto, ai carabinieri che erano di guardia, agli operatori, passando per i medici che coprivano i massacri sistematici con falsi referti medici. Tutto ciò è anche venuto fuori pubblicamente, suscitando un po’ di scandalo e tanto imbarazzo nella curia leccese che gestiva il centro e nel mondo della politica che lo sorreggeva ideologicamente e lo difendeva pubblicamente. Affinché calasse il silenzio su queste nefandezze e questo imbarazzo, è stato necessario mandare don Cesare a fare il missionario per conto di Dio. Ora è in Moldavia, dove continua a fare le sue porcate e a ingrassare i suoi conti e quelli della curia.

Davanti ad uno scenario del genere, è l’esistenza stessa di questi centri a rappresentare una “istigazione a delinquere”, perché non si possono chiudere gli occhi davanti alla vita reclusa in quanto priva del giusto documento in tasca, di fronte alle torture inflitte per mano democratica e statale. Non si può tacere quando centinaia di disgraziati periscono nel deserto, in migliaia annegano nei mari o muoiono sugli scogli appena sbarcati, mentre altri ingrassano su tutto ciò in nome dell’accoglienza. Chiunque dovrebbe sentirsi istigato davanti ad una situazione del genere, per fermare questo abominio. Chi non lo fa e resta nel silenzio si rende complice, come la maggioranza silenziosa dei tedeschi era complice di Auschwitz. Noi abbiamo raccolto questa istigazione e abbiamo reagito, e la discriminante non è stata il codice penale, bensì l’etica individuale.

Essere sovversivi, di fronte a tutto ciò, è davvero solamente il minimo…
Sovversivi senza Associazione

Non abbiamo un avvenire da vendere, solo un presente in cui giocare
Lotta ai lager, vendetta statale, strategie repressive e urgenza della rivolta.
Scarica, stampa e diffondi il volantino

macerie @ Dicembre 20, 2010

 

Un po’ di notizie dai CIE e un comunicato delle compagne su Joy

4 novembre 2010 Lascia un commento

Dopo qualche mese dall’uscita di Joy dal circuito Cie-carcere-Cie, ci siamo incontrate all’interno dell’appuntamento nazionale di Torino contro i Cie e le espulsioni (21-24 ottobre) per confrontarci tra compagne provenienti da varie città sul proseguimento della lotta contro i lager della democrazia.
L’imminente scadenza del 2 dicembre, giorno fissato per l’udienza preliminare dell’ispettore capo di polizia Vittorio Addesso (alle ore 12), ci ha trovate ancora una volta unanimi nel rifiutarci di delegare allo Stato e ai suoi tribunali l’accertamento di una verità che già da un anno andiamo ribadendo: nei Cie la polizia stupra.
Una verità che è emersa non appena la legge Turco-Napolitano ha creato i Cpt, nel 1998. La quotidianità di ricatti sessuali e stupri contro le donne immigrate da parte di uomini in divisa dentro e fuori i lager della democrazia è, per noi, un dato di fatto. Come è un dato di fatto il sistema di connivenze che garantisce a questi aguzzini la licenza di fare ciò che vogliono dei corpi di uomini e donne reclusi nei Cie e in ogni altra istituzione totale.
I Vittorio Addesso possono esistere perché ci sono magistrati che denunciano le donne che, come Joy ed Hellen, hanno il coraggio di rompere il silenzio. Ricordiamo, infatti, che Antonella Lai, in qualità di giudice del processo contro le/i rivoltose/i di Corelli, in sentenza ha disposto la trasmissione degli atti alla procura per il reato di calunnia contro le due ragazze nigeriane.
I Vittorio Addesso possono esistere perché ci sono quelli che, come Massimo Chiodini, responsabile della Croce Rossa nel lager di Corelli, pur di garantirsi lauti profitti sono disposti a testimoniare il falso e a coprire gli abusi. Ma d’altronde che aspettarsi da chi ha scelto di ingrassare il proprio portafogli lavorando per gli enti gestori dei Cie? Che si chiami Croce Rossa o Lega Coop per noi non fa alcuna differenza, e ci fa lo stesso schifo.
I Vittorio Addesso possono esistere perché sanno che questori come Vincenzo Indolfi – ex questore di Milano, recentemente promosso a prefetto con funzione di ispettore generale di amministrazione del consiglio dei ministri – e ministri come Roberto Maroni faranno di tutto per espellere quell’immigrata che osi denunciare un poliziotto per violenza sessuale nel Cie.

Le continue ribellioni e fughe dai lager della democrazia dimostrano una sola cosa: i Cie vanno chiusi senza se e senza ma. Di quei luoghi non possono che rimanere macerie, per ricordare che per creare tali abominii non c’è bisogno di un regime nazista ma è sufficiente la logica disumanizzante dello sfruttamento di donne e uomini.
Non intendiamo essere complici di uno Stato che, dopo aver fatto di tutto per chiudere la bocca ad una donna che ha avuto il coraggio di ribellarsi contro il suo aguzzino, ancora una volta utilizzerà la logica ipocrita delle “mele marce” per farsi garante della giustizia.
Marcio, per noi, è tutto il sistema: chi costruisce i Cie, chi li gestisce, chi deporta donne e uomini immigrati e rom, chi discrimina a colpi di leggi, chi sfrutta lavoratori e lavoratrici, chi fa della sicurezza un’arma di comando e controllo, chi usa gli stupri per criminalizzare in base al passaporto e tace sulle violenze quotidiane che avvengono nella “sacra famiglia”, chi condanna le donne che reagiscono, senza delegare, a vessazioni e violenze.
Siamo dalla parte di chi si ribella, perché anche noi ci ribelliamo quotidianamente.
Non ci interessano i rituali e le ipocrisie di chi si dichiara contro la violenza sulle donne e poi distingue o strumentalizza in base alle proprie convenienze.
Il 25 novembre 2009, quando ci siamo mobilitate contro i Cie in diverse città in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a Milano la polizia caricò con violenza e ripetutamente il presidio in piazzale Cadorna perché uno degli striscioni esposti diceva a chiare lettere che “Nei centri di detenzione per immigrati la polizia stupra”. Quelle cariche avevano, da parte della questura milanese, il chiaro obiettivo di stroncare sul nascere lo smascheramento di connivenze e coperture sulle violenze sessuali nei Cie. Di molestie e stupri nei Cie non si doveva parlare, perché questo avrebbe aperto un varco nella cloaca del dispositivo. Ma il poliziesco atto di forza in piazzale Cadorna si palesò immediatamente per quanto era in realtà: un grande atto di debolezza e paura nei confronti di pratiche ed enunciati che andavano formandosi.
Nei mesi successivi intimidazioni e denunce si sono susseguite nei vari territori contro chi andava ribadendo la realtà della violenza quotidiana nei lager della democrazia, in particolare contro le donne immigrate. Tutto questo non ci ha fatte arretrare di un passo!
Ad un anno di distanza proponiamo che il prossimo 25 novembre sia l’inizio di una settimana di lotta contro i Cie come luoghi di sopruso ed abominio, dove la violenza di genere è pratica quotidiana, una lotta che ciascuna realtà declinerà come vuole nel territorio in cui agisce per poi convergere a Milano il 2 dicembre in un presidio sotto al tribunale, consapevoli di non essere lì per sostenere una “vittima”, ma una donna che si è ribellata alla violenza di un uomo – di un uomo in divisa.
E non sarà che un nuovo inizio…

Tutte quelle che non intendono essere complici

DAL LAGER DI VIA CORELLI:

Ieri notte a Corelli, intorno alle due, è scoppiata, nella sezione C l’ennesima rivolta. Cartoni e suppellettili bruciate. Il motivo scatenante è stata un’irruzione della polizia in una sezione verso le due del mattino per fare “la conta” manganelli alla mano. L’irruzione della polizia di notte non è una novità. Ci raccontano che spesso gli sbirri entrano nelle sezioni verso le due del mattino per fare “perquisizioni”. Più precisamente entrano nelle camere, denudano tutti i detenuti e li lasciano lì in piedi e al freddo. Li insultano, li colpiscono con i guanti, con le mani, ripetono che loro lì hanno solo “il diritto di non avere diritti” e che sono loro che comandano. Queste le “perquisizioni”.
La “conta”, invece, è in genere gestita dalla solerte Croce Rossa, che con funzioni sempre più di polizia, tre quattro volte a settimana entra di notte nelle camere e si accerta che nessuno sia scappato via. Ieri invece è stata la polizia a entrare nelle sezioni per “contare”, manganelli alla mano, i reclusi. Quando i ragazzi vedono che una trentina di sbirri in antisommossa che vogliono entrare cominciano a bruciare dei cartoni per fermarli. Gli sbirri spengono il fuoco con delle canne dell’acqua, entrano in una stanza e si mettono a pestare un ragazzo mentre è a letto. Quando i suoi compagni di cella cercano di fermarli, cominciano a pestare pure loro al grido di “negri di merda”, mentre altri sbirri gettano loro addosso secchiate d’acqua gelata e li costringono a denudarsi. In almeno sette finiscono all’ospedale per le botte prese. In sei rientrano con fasciature alla testa e alle braccia, uno è ancora ricoverato per le botte prese in testa. Non contenti stamattina gli sbirri hanno proceduto ad un pestaggio nella sezione E.
Da dentro si chiedono, terrorizzati: “questa notte a chi toccherà?”
Questo il numero di Corelli: 02.70001950

LA VENDETTA

La Digos di Caltanissetta ha eseguito 10 delle 17 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di extracomunitari che nella notte tra il 13 e 14 novembre 2009 parteciparono alla rivolta degli ospiti del Centro di identificazione ed espulsione di Pian del lago. La polizia ha effettuato gli arresti a Bologna, Perugia, Torino e Firenze, dove si erano trasferiti gli extracomunitari dopo aver lasciato il centro di Caltanissetta. Quella notte a Pian del lago c’erano 96 ospiti e 21 di essi guidarono i disordini nella struttura di accoglienza, devastando i padiglioni e incendiando vestiti, materassi e coperte. Tentarono inoltre di coinvolgere altri ospiti nella rivolta, che durò fino all’alba e impegnò poliziotti, carabinieri, militari dell’esercito e i dipendenti della cooperativa Albatros che gestiva l’assistenza e la refezione per gli extracomunitari. Nelle ore seguenti tutti gli ospiti vennero trasferiti da Caltanissetta all’aeroporto di Catania e da lì nei Cie di Lamezia Terme, Crotone, Bologna, Gorizia e Modena, con voli charter organizzati dal dipartimento della pubblica sicurezza. I gravi danni causati ai tre padiglioni del Cie di Pian del lago, sono stati quantificati dal consulente incaricato dalla Procura in circa 300 mila euro. A distanza di quasi un anno il ministero dell’Interno ha stanziato 1 milione e 50 mila euro per il completo ripristino della struttura. Per quella vicenda furono chieste a giugno scorso 21 ordinanze di custodia cautelare, ma 4 furono annullate. Su 17 provvedimenti 10 sono stati appena eseguiti. [Ansa]

 

TORINO: 3 giorni contro le espulsioni

13 ottobre 2010 2 commenti


Giovedì 21 ottobre

Ore 21.00 – “Come inceppare la macchina delle espulsioni: esperienze di lotta a confronto”

Venerdì 22 ottobre
Ore 21.00 – “Assemblea sulle lotte contro la costruzione di nuovi Cie”

Sabato 23 ottobre
Ore 12.00 – Presidio a Porta Palazzo
Ore 21.00 – “I muri e le guerre della Fortezza: macchina delle espulsioni ed industria bellica”

Domenica 24 ottobre
Ore 16.00 – Presidio al Cie di corso Brunelleschi

Tutte le assemblee si terranno presso El Paso occupato in via Passo Buole, 47 – Torino
Portati il sacco a pelo!

Per informazioni:
next2010.noblogs.orgnext2010@autistici.org / +39.331.33.66.237

Migranti, espulsioni, testate e carcere

2 ottobre 2010 1 commento

Fuori strada

Per evitare di lasciare l’Italia ha messo a repentaglio la propria vita e quella dei tre agenti incaricati di accompagnarlo a Malpensa, dove avrebbe dovuto imbarcarsi su un aereo diretto al suo paese d’origine. È successo ieri pomeriggio e per l’uomo, un egiziano destinatario di un provvedimento di espulsione, si sono aperte le porte del carcere.
I tre poliziotti sono finiti in ospedale e dimessi con prognosi di 17, 7 e 3 giorni. Ad avere la peggio l’agente che ieri pomeriggio si trovava alla guida della Fiat Stilo con i colori d’istituto diretta all’aeroporto. Mentre viaggiava nella corsia di sorpasso della tangenziale, giunto all’altezza dell’uscita per Borgaro, è stato aggredito dallo straniero che, liberatosi dalla cintura di sicurezza l’ha afferrato per il collo e gli ha rifilato una testata.
«L’intenzione – sostiene Luca Pantanella, vicesegretario nazionale del sindacato Ugl-Polizia – era quella di fare uscire di strada i poliziotti ma la bravura dell’autista e l’intervento dei colleghi ha evitato il peggio.» Il conducente è riuscito ad evitare le altre vetture e i Tir che in quel momento percorrevano la tangenziale ed ha raggiunto la corsia di emergenza dove lo straniero è stato bloccato.
«Questa volta – dichiara Pantanella – tre agenti sono rimasti feriti, ma non vogliamo che in futuro si possa parlare di tragedia.» Per questo l’Ugl chiede «al Questore e al ministero degli Interni che i servizi di accompagnamento alla frontiera siano effettuati con mezzi idonei, che separino gli autisti dalle persone accompagnate, che essendo destinatarie di un provvedimento di espulsione non possono essere ammanettate, e che il parco auto sia potenziato.» da CronacaQui Torino

Aggiornamento 1 ottobre – mattina. Dopo una piccola ricerca abbiamo scoperto che il ragazzo arrestato sulla via di Malpensa, Hisham, aveva ottimi motivi per opporsi alla propria espulsione: tutta la sua famiglia, difatti, vive in Italia e in Egitto lui non ha più nessuno.  Nel Cie da più di quattro mesi, ultimamente la polizia lo teneva separato dagli altri suoi compagni, in isolamento.  Come potrete immaginare, invece, non siamo in grado di dirvi nulla sulla dinamica dei fatti occorsi in tangenziale, per cui siamo costretti a tenerci solo le lamentele di Pantanella e di Torino Cronaca. Non appena avremo ulteriori aggiornamenti, ve li comunicheremo.
Aggiornamento 1 ottobre – pomeriggio. Stamattina c’è stata l’udienza di convalida dell’arresto: Hisham sarà scarcerato questa sera! E pare che non sarà riportato al Cie, come spesso accade in questi casi, ma riceverà “soltanto” l’ordine di lasciare l’Italia entro 5 giorni.

macerie @ Settembre 30, 2010

Quando a svegliarti è un plotone di robocop …

20 settembre 2010 Lascia un commento

Questa mattina alle 4 la polizia è entrata in forze, caschi in testa e manganelli in mano, nelle camerate del Cie di Gradisca. Ha svegliato i reclusi e per cominciare li ha fatti sdraiare tutti per terra. Dopo questa sveglia, tutti i reclusi (un’ottantina) sono stati concentrati in un’unica camerata (che di solito contiene 8 persone), mentre la polizia effettuava una perquisizione in tutte le altre celle. Al termine delle operazioni, i prigionieri sono stati di nuovo smistati nelle camerate, ma opportunamente rimescolati. Tutto questo gran lavoro da parte delle forze dell’ordine ha ovviamente ritardato la distribuzione dei pasti e delle sigarette. Pare che questa perquisizione sia una rappresaglia per un tentativo d’evasione sventato ieri (l’ennesimo, e nonostante le condizioni di reclusione a dir poco proibitive).

macerie @ Settembre 20, 2010

Lettera dei reclusi nel C.I.E. di Gradisca

15 settembre 2010 Lascia un commento

Dalla homepage di Radio Onda Rossa, una lettera da Gradisca

Noi stiamo scioperando perché il trattamento è carcerario, abbiamo soltanto due ore d’aria al giorno, una al mattino e una la sera, siamo tutti rinchiusi qui dentro, non possiamo uscire. Ci sono tre minorenni qui dentro, sono tunisini e hanno sedici anni, ci chiediamo come mai li hanno messi qui se sono minorenni? Il cibo fa schifo, non si può mangiare, ci sono pezzi di unghie, capelli, insetti. Siamo abbandonati, nessuno si interessa di noi, siamo in condizioni disumane.

La polizia spesso entra e picchia. Circa tre mesi fa con una manganellata hanno fatto saltare un occhio ad un ragazzo, poi l’hanno rilasciato perché stava male e non volevano casini, e quando è uscito, senza documenti non poteva più fare nulla contro chi gli aveva fatto perdere l’occhio. Ci trattano come delle bestie. Alcuni operatori [della cooperativa Connecting People che gestisce il Centro, n.d.r.] usano delle prepotenze, ci trattano male, ci provocano, ci insultano per aspettare la nostra reazione, così poi sperano di mandarci in galera, tanto danno sempre ragione a loro. C’è un ragazzo in isolamento che ha mangiato le sue feci. L’hanno portato in ospedale e l’hanno riportato dentro. È da questa mattina che lo sentiamo urlare, nessuno è andato a vederlo, se non un operatore che l’ha trattato in malo modo.
Il direttore fa delle promesse quando ci sono delle rivolte, poi passano le settimane e non cambia mai niente. Da due giorni siamo in sciopero della fame e il medico non è mai entrato per pesarci o per fare i controlli, entra solo al mattino per dare le terapie. Continueremo a scioperare finchè non cambieranno le cose, perché sei mesi sono troppi e le condizioni troppo disumane. Questo non è un posto ma un incubo, perché siamo nella merda, è assurdo che si rimanga in queste gabbie. Sappiamo che molta gente sa della esistenza di questi posti e di come viviamo. E ci si chiede, ma è possibile che le persone solo perché non hanno un pezzo di carta debbano essere rinchiuse per sei mesi della loro vita?
Reclusi del Cie di Gradisca

Fuoco nel CIE di Via Corelli!

12 settembre 2010 Lascia un commento

Da MACERIE

Quattro giorni fa nel Cie di via Corelli a Milano un ragazzo si rompe la gamba giocando a calcio. Oggi chiede di essere curato, ma la Croce Rossa (sempre solerte nelle sue mansioni sbirresche), invece di prendersi cura del recluso decide di chiamare direttamente la polizia, che comincia a picchiarlo.
I suoi compagni cacciano la poliza fuori dalla cella, barricano le porte e cominciano a bruciare i materassi. Di lì a poco il fuoco della protesta si estende ad altre due sezioni, mentre la polizia in assetto antisommossa cerca di entrare per spegnere gli incendi. Dopo qualche ora, a fatica, la polizia riesce a spegnere gli incendi e a portare via quattro o cinque reclusi, in manette. Tra di loro, anche il ragazzo con la gamba ingessata.

Ascolta una telefonata con un recluso del Cie di  Milano http://www.autistici.org/macerie/?p=27973

*Aggiornamento – ore 23.00. * Due intere sezioni sono gravemente danneggiate: senza vetri, senza materassi, le pareti completamente annerite. Nonostante questo, i reclusi sono stati riportati lì dentro sotto minaccia di botte e ritorsioni. Gli arresti sono stati effettivamente cinque, e due reclusi sono stati liberati in serata.

macerie @ Settembre 11, 2010

Un paese di questurini, che fa finta di occuparsi di lapidazioni (solo iraniane ovviamente)

11 settembre 2010 1 commento

Ne parlavamo l’altro giorno a quattr’occhi: non si evade più.
I numeri parlano da soli: nel 2010 ci sono stati 9 tentativi d’evasione dalle carceri italiane.
Nulla, se contiamo che mai come ora c’è stato un numero così alto di detenuti.

E non si evade…ti credo!
E dove vai? Esci per andare dove? Chi ti protegge? Chi ti nasconde? Chi batterà le mani al fatto che ti sei riappropriato della tua libertà?
Un paese di questurini, di ammiratori travaglisti dei tribunali e dei giudici, di lettori di Saviano e dei suoi amici Carabinieri, un paese che col suo popolo viola (l’avanguardia sinistrorsa no? mamma mia che schifo!) sa chiedere solo manette.
Un paese che si indigna per la lapidazione di Sakineh ma parallelamente espelle in Nigeria le prostitute fermate senza regolare permesso di soggiorno: faranno la stessa sorte di Sakineh, ma non è Iran, quindi non ce ne frega un cazzo!! Ipocrisia da P.D., ipocrisia da personaggi “di sinistra”, da non violenti, da pacifisti, da burattini manovrati quali sono!
E così anche i medici diventano guardie: i medici denunciano, i medici con il filo diretto con la Questura.
Ecco qui l’articolo da Macerie:

Trappole e vendette questurine

Mentre la Prefettura di Gorizia annuncia che sono stati autorizzati i lavori di ristrutturazionedel Cie – come ricorderete, già la settimana passata la polizia ha cominciato ad “alleggerire” le gabbie trasferendo gruppi di prigionieri in altri Centri – la caccia all’uomo dopo le evasioni di questa estate continua. E continua ben oltre i confini della provincia di Gorizia…

«Treviso. Il 15 agosto scorso, a Gradisca, in provincia di Gorizia, aveva architettato un’evasione di massa dal Cie, il Centro per l’identificazione e l’espulsione degli stranieri irregolari. Lui, E. T., 29enne dell’Honduras, lì in seguito a tre anni di carcere per rapina, era la mente: avevano appiccato degli incendi ed in una ventina avevano approfittato della baraonda per scappare. Una cosa organizzata anche con altri Cie sparsi per la Penisola. Durante la fuga, però, si era ferito in maniera seria ad un braccio con il filo spinato. Il giorno dopo si era presentato all’ospedale di Gorizia per essere medicato. I sanitari avevano avvertito le forze dell’ordine, ma lui era riuscito a scappare nuovamente. Da lì si era spostato in provincia di Treviso, dove ha dei parenti. La polizia l’ha atteso per gironi al Ca’ Foncello, dove si sapeva prima o poi sarebbe arrivato per farsi medicare la profonda ferita al braccio. E così è andata stamattina. Lui è rimasto di stucco quando si è trovato i poliziotti ad aspettarlo: non ha neppure provato a scappare. Immediata l’attuazione della procedura per l’espatrio.» (Da Oggitreviso.it)

Lavorare in un lager: la storia di Angela

31 agosto 2010 3 commenti

Una pagina da leggere, sicuramente.
Un ringraziamento a chi l’ha buttata giù, sulle pagine del suo blog

Angela racconta cosa significa vivere in un lager di stato

Le persone che conoscono direttamente i Cie (centri di identificazione ed espulsione) e non si esprimono per sentito dire, hanno imparato che non sono luoghi dove poter fantasticare a occhi aperti. Anzi, sanno benissimo che sono posti dove i sogni vengono spezzati e dove si puo’ incontrare una delle più crudeli realtà del XXI secolo. E’ un accumulo di esseri umani, gettati in una fogna, dove ogni diritto è sospeso.
Lo sa benissimo Miguel, che afflitto dalla disperazione, ingoia due pile e della candeggina. Non riesce a sopportare di sottovivere in prigione, senza aver commesso nessun reato. Compie un atto estremo e spera che qualcuno si accorga di lui, della sua storia, delle sue aspirazioni spezzate.
Eppure, le istituzioni chiamano “ospiti” le persone che entrano all’interno di questi centri. Qualcuno si sorprende quando vengono chiamati Lager di stato. Qualcun’altro non resta turbato quando viene a conoscenza di storie raccapriccianti, perché sa cosa succede all’interno di quelle celle e qualcun altro ancora, è indifferente e accetta quel che può subire una persona colpevole di non avere un documento a portata di mano.

Succede che più conosci quella realtà e più scopri racconti incredibili e persone che vogliono narrare le loro esperienze dirette, vissute da protagoniste all’interno di quelle gabbie. Ci sono i migranti reclusi (come Miguel, Adel, Elham, Joy ecc) che ti implorano a scrivere e raccontare di loro. Ma ci sono anche gli operatori spesso andati via dal centro disumano e che vogliono raccontare le atrocità subite dai migranti.

NON GRADITA A PONTE GALERIA

Molte volte gli operatori che lavorano nei vari Cie d’Italia mi chiedono di mantenere segreta la loro identità per paura di perdere il posto di lavoro o per il timore di essere perseguitati. Questa volta, ci sono Nomi e cognomi. “Puoi fare tranquillamente il mio nome e anche il cognome se vuoi, io dico solo la verità” dice Angela, quando gli chiedo se vuole che la sua identità venga svelata.
Angela Bernardini, ha lavorato nel Lager romano di Ponte Galeria con la CRI dal 1998 al 1999, con varie mansioni: segreteria, logistica, ambulatorio. Come un fiume in piena mi ha raccontato ciò che succedeva all’interno di quel centro disumano sempre esaurito e stracolmo di persone.
“All’epoca – racconta Angela Bernardini – non esistevano nè regole, nè tanto meno diritti, almeno non codificati da un regolamento. I reclusi andavano a fortuna, secondo chi era di turno nei vari settori di competenza o delle forze dell’ordine”. Vi era una estrema difficoltà ad avere colloqui con gli avvocati e con i familiari. Tutto ciò che avevano, quando venivano portati al centro, era sequestrato e custodito in alcune cassette. “Non so se quando uscivano i militari ridavano loro esattamente ciò che avevano all’inizio della detenzione” dice l’ex operatrice di Ponte Galeria.
Ho sempre cercato la vicinanza umana con i detenuti, volevo conoscere le loro storie, sapere della loro vita, aiutarli a restare persone”, perché spesso come mi hanno raccontato molti ragazzi reclusi in un Cie, è difficile restare se stessi, quando esci da quell’inferno cambi. “Io voglio restare me stesso, spero di farcela” mi diceva Miguel prima di essere espulso.
“Mi ero conquistata la loro fiducia ed il loro rispetto”, tanto che in un’occasione, Angela, è riuscita ad impedire una rivolta e in un’altra addirittura volevano fare lo sciopero della fame per lei. Era accaduto che in mensa un detenuto, “forse impazzito per davvero o forse per finta, mi ha mollato un cazzotto sulla fronte”, lasciando Angela stordita e dolorante. “Questo poveraccio – racconta l’ex volontaria della CRI – successivamente è stato massacrato di botte dai poliziotti, malgrado i miei tentativi di impedirlo”. Secondo Angela a condurre il pestaggio fu Massimo Pigozzi, che è uno dei tanti che parteciparono al pestaggio di Bolzaneto, durante il g8 del 2001, secondo le indagini condotte avrebbe dilaniato una mano ad una ragazza, divaricando le dita fino a quando la pelle si è lacerata. Secondo le agenzie di stampa, Picozzi è stato accusato anche di aver violentato nel 2005 alcune prostitute romene nella camera di sicurezza della Questura di Genova. Per precauzione, il comandante aveva deciso che per un pò Angela non entrasse in contatto con gli “ospiti” e proprio per questo motivo, i detenuti, “si sono rifiutati di andare alla mensa se non ci fossi stata io”.

ABUSI E LE VIOLENZE SNERVANTI

Era scomoda Angela, troppo umana per il potere che cinicamente deve dettare legge e impedire che uscissero fuori le vicende. La sua “confidenza” non piaceva nè ai responsabili della CRI, nè a quelli delle forze dell’ordine. “Mi spiavano, mi controllavano, mi seguivano per vedere se passavo loro droga o facevo favori sessuali”. Forse anche per trovare un pretesto e poi chiedere il suo silenzio ricattandola, chissà.
Ma ad abusare sessualmente delle detenute erano altri racconta Angela: “ So che alcuni militari, e anche qualche volontario, in cambio di sigarette e schede telefoniche avevano rapporti sessuali con viados e prostitute”. Spesso, all’interno del centro, si trovavano preservativi usati che certamente i detenuti non potevano avere con se, “come non erano certo i detenuti a far entrare la droga. Io stessa ho tirato fuori da un bagno un ragazzo in overdose”. C’era sempre qualcuno che abusava della loro debolezza e chi pagavano erano sempre le donne, con le “normali” prestazioni sessuali.
Angela comprava le sigarette ai detenuti, ma senza chiedere nulla in cambio. “A volte non potevo dar loro il cambio della biancheria intima”, entravano e uscivano praticamente sempre con quello che avevano addosso al momento del fermo. “Chi protestava veniva sedato, spesso con le botte e messo in isolamento in una stanza priva di tutto”.

Un giorno, Angela accompagna con l’ambulanza all’ospedale San Camillo un ragazzo che aveva dei gravi problemi di autolesionismo. “Io riuscii a convincerlo ed entrai in ambulanza con lui, malgrado non fossi di turno in ambulatorio”. Il ragazzo, aveva una lametta nascosta in bocca e avrebbe potuto fare del male a se stesso e ad Angela, ma con calma l’ex operatrice, cercò di farsi dare la lametta dal detenuto. Al rientro al CPT, “mi beccai una grande lavata di testa dal comandante e dopo due giorni, ricevetti una telefonata dal responsabile del mio gruppo, che mi diceva che non dovevo più presentarmi al Centro, perchè non gradita”. Sono seguiti giorni da incubo, “ho cercato di parlare con tutti i vertici della CRI, ma non ci sono riuscita. Mi avevano creato intorno un muro impenetrabile. Alla fine, mi hanno costretto ad andarmene, in quanto sottoposta ad un mobbing continuo”.

FACCETTA NERA
Un giorno, uno come tanti, verso l’ora di pranzo, Angela racconta che mentre alcuni internati uscivano dalla sala mensa, altri invece si erano intrattenuti ai tavoli per scambiare qualche parola tra loro. Improvvisamente, “dagli altoparlanti presenti nella sala, si sono diffuse ad alto volume, le note di Faccetta nera”. Tra il poco stupore degli ospiti, “che quasi certamente non conoscevano quella marcetta” e lo sconcerto tra i volontari in servizio, le note ad alto volume continuavano a cantare tra le risate dei militari. Angela, chiese dove fosse la centrale che governava gli altoparlanti, e “mi è stato risposto che era il posto di polizia, sito al secondo cancello di ingresso, quello che conduceva fisicamente dentro il corpo vivo del lager”.
Senza pensarci due volte, Angela si è precipitata verso il posto di polizia: “c’era un poliziotto con davanti a sè un mangianastri e la custodia di una cassetta dal titolo inequivocabile: Inni e canti del Ventennio”. Angela chiese al giovane poliziotto se si rendeva conto di quello che stava facendo, “non solo offendeva i reclusi, ma stava commettendo anche il reato di apologia di fascismo”. Incurante di tutto ciò e del potere conferitogli dallo Stato, sorrise e in maniera ironica “ha preso la cassetta dal mangianastri, l’ha riposta e ne ha presa un’altra, dicendomi: ma io stavo mettendo Baglioni”. Con coraggio Angela fece rapporto al funzionario di PS responsabile e il poliziotto fu successivamente allontanato dal CPT, ma “per molto tempo sono stata guardata malissimo da tutti i vari addetti delle forze dell’ordine”.

Oggi, al Cie di Ponte Galeria non c’è più la CRI, ma la Cooperativa auxilium. “Da quello che leggo, non mi pare che le cose siano migliorate”. E effettivamente non lo sono davvero. “Stare a Ponte Galeria mi ha cambiato per sempre la vita” parola di Angela.

Andrea onori

Agosto nei C.I.E.

9 agosto 2010 Lascia un commento

Qualche notizia dai Cie in questa settimana.  A Milano, domenica mattina, tre reclusi hanno tentato la fuga dalla sezione E, senza riuscirci. Uno dei tre si è fatto molto male al piede e solo nel pomeriggio, dopo molte pressioni, è stato portato all’ospedale dove è stato ingessato. Poi è stato riportato al Centro: da quasi una settimana se ne sta lì  dove ovviamente non riesce a far nulla, neanche ad andare in bagno da solo.

Venerdì mattina, a Gradisca, un recluso con i piedi ingessati (nella foto) ha lamentato dolori e ha chiesto di essere curato, e per tutta risposta è stato malmenato dalla polizia. I suoi compagni, per protesta, hanno buttato per terra il pranzo, e la situazione è rimasta tesa per tutta la giornata.

Intanto è arrivato un ulteriore bilancio da Bari dopo la rivolta della settimana scorsa. Dei diciotto fermati inizialmente, di diciassette è stato convalidato l’arresto. Quattro di loro sono ancora all’ospedale, e gli altri in carcere. C’è anche un ferito, all’occhio, dentro al Centro. Il processo inizierà dopo Ferragosto.

Teniamo la bella notizia per ultima. A Brindisi, nella notte di giovedì, sedici reclusi hanno provato a scappare, e in otto ce l’hanno fatta. Due marines della San Marco sono rimasti feriti, lievemente, mentre un recluso si è fratturato un piede: queste, almeno, sono le nostizie filtrate sui quotidiani locali. Leggi la notizia della fuga di Brindisi in lingua francese.

Sabato sera, intorno alla una di notte, gran parte dei reclusi della sezione E del Cie diMilano e parte dei reclusi della sezione B (la ex sezione femminile adesso riempita di uomini appena sbarcati) sono saliti sul tetto per iniziare “un bel casino” solo che sul tetto ci hanno trovato… la polizia già pronta a riportarli giù. Probabilmente intimoriti dall’eventualità di innescare ulteriori focolai di rivolta i poliziotti, dicono da dentro, hanno mantenuto un atteggiamento tutto sommato tranquillo, chiudendo tutti nelle camerate ma senza toccare nessuno. Le voci che qualcosa sarebbe successo in serata già circolavano nel pomeriggio e probabilmente anche questo ha messo in allarme la polizia che si è preparata per tempo.

Intanto il ragazzo che si è rotto il piede durante il tentativo di fuga di domenica scorsa continua a starsene a letto, aiutato dai suoi compagni giusto per andare al bagno.
Ci tiene che questa sua foto, che ha fatto pervenire ai solidali milanesi, circoli: non ce la fa più, i crocerossini gli hanno negato ogni sostegno e persino le stampelle. Intanto, ora che la sezione ex-femminile è piena, anche la presenza di polizia, carabinieri e militari nel centro è aumentato considerevolmente.
Trapani, invece, sono stati arrestati due dei trattenuti nel Centro “Serraino Vulpitta”, al termine di una sommossa scoppiata nella notte tra giovedì e venerdì. Secondo un quodidiano locale, «gli immigrati sarebbero improvvisamente insorti contro il personale di guardia, nella speranza di raggiungere l’uscita del centro di trattenimento. Il piano, attuato anche attraverso il danneggiamento di mobili e lanci di suppellettili vari, è tuttavia fallito con l’intervento in forze di polizia e carabinieri.»

macerie @ Agosto 8, 2010

BELLE che riescono…e altre che attendono!

30 luglio 2010 3 commenti

La fonte è sempre Macerie, eccellente sito dei compagni torinesi sui CIE. Eh si, le BELLE, le evasioni, ogni tanto riescono e la cosa riempie il mio cuore sempre di una gioia rara, il sangue di un calore e una velocità diverse. Ancora migranti in rivolta, migranti che fuggono, migranti che cercano di riappropriarsi della propria libertà e della propria vita.
Da oggi arrivano notizie dal CIE di Bari, dove durante una rivolta e un tentativo d’evasione in massa, sei persone sono riuscite a fuggire mentre gli altri si son scontrati con le forze dell’ordine: 18 arresti.
Ci riaggiorneremo su Bari tra un po’

Foto di Valentina Perniciaro (Erice'10) _Via libera!_

«Una cinquantina di extracomunitari questa notte hanno tentato di fuggire dal Centro Identificazione ed Espulsione (il Cie) del “San Paolo”. Un tentativo di fuga che ha subito richiamato l’attenzione delle Forze dell’Ordine e dei Militari del Battaglione “San Marco”. Inevitabile lo scontro.
Secondo la prima ricostruzione dei fatti compiuta dalla Questura di Bari, i rivoltosi, dopo aver sfondato le porte d’ingresso di tre settori destinati a moduli alloggiativi, sono giunti all’esterno dell’area ricettiva impugnando spranghe di metallo divelte dalla recinzione esterna della struttura. Ne è nato uno scontro con alcune unità della Polizia di Stato, dell’Arma Carabinieri nonché Militari del BTG “San Marco”.
L’intervento degli uomini in servizio nella struttura, subito affiancato da altre unità di rinforzo di Polstato, Carabinieri e Guardia di Finanza fatte giungere tempestivamente, ha consentito di contenere il tentativo di fuga. Solo 6 ospiti magrebini sono riusciti ad allontanarsi scavalcando le cancellate poste a protezione della struttura.
Una trentina di extracomunitari, invece, hanno raggiunto il tetto della struttura, lanciando oggetti contundenti, pezzi di metallo e bottiglie piene di acqua, all’indirizzo delle Forze dell’Ordine.
Durante gli scontri undici militari del reggimento “San Marco” e due Carabinieri, hanno riportavato lesioni, con prognosi variabili tra 3 e 15 giorni. Inoltre, sono rimasti feriti, durante il tentativo di fuga e nello scavalcamento della recinzione alta circa 5 metri, 6 cittadini extracomunitari ospiti della struttura, uno dei quali con trauma cranico con riserva di prognosi ed altri 5 soggetti con lesioni variabili tra i 5 e 35 giorni.
A conclusione degli scontri 18 cittadini extracomunitari, trattenuti presso il C.I.E., sono stati arrestati con l’accusa di devastazione, saccheggio seguito da incendio, resistenza, violenza e lesioni a pubblici ufficiali.» da Barilive

(Non appena avremo qualche notizia di prima mano di questa grossa sommossa – alcune agenzie parlano pure di due auto della polizia andate distrutte -, dei feriti e degli arrestati, ve le gireremo. Intanto riascoltatevi l’intervista ad Ammar, che giusto la settimana passata ci raccontava della situazione che si vive dentro al Centro barese)
macerie @ Luglio 30, 2010

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Che il Cie di Gradisca fosse un colabrodo, lo si sapeva già da tempo. Ma questa volta si può dire che i reclusi gliel’hanno fatta veramente sotto il naso, alle guardie del Centro. Approfittando del fatto che, per punizione, erano stati chiusi a chiave nelle celle, e che la porta non veniva aperta neanche per portare il cibo, alcuni di loro si sono messi tranquillamente al lavoro per praticare un bel buco nel soffitto. Da lì, hanno provato a scappare in 20: purtroppo ci sono riusciti solo in 9, però…
…però mentre la polizia era fuori dal Cie a caccia di evasi, dopo alcune ore dalla prima evasione, altri 3 sono riusciti a scavalcare il muro e a far perdere le proprie tracce! Proprio sotto il naso delle guardie, appunto. Con gran divertimento di chi non è riuscito a scappare e che, evidentemente, sa che la prossima volta potrebbe essere quella buona.

Leggi l’articolo del MessaggeroVeneto di oggi, 29 luglio 2010.
«Sei immigrati clandestini sono riusciti a fuggire, in pieno giorno, dal Cie di via Udine. Un bilancio ancora ufficioso considerando che, a ieri sera, erano ancora in corso sia gli accertamenti interni sia le ricerche nella campagna limitrofa alla struttura da parte delle forze dell’ordine. A quanto si è potuto apprendere, l’ennesimo tentativo di fuga di massa dal centro di identificazione ed espulsione isontino sarebbe scattato nel primo pomeriggio, poco dopo le 15, coinvolgendo circa una ventina di immigrati, riusciti a raggiungere il tetto della struttura forzando alcune grate in ferro posizionate sul soffitto di una camera. Un’azione fulminea che, sfruttando il mancato ripristino dei sistemi elettronici di sorveglianza (telecamere e sensori di passaggio a infrarossi erano stati pesantemente danneggiati nel corso della rivolta della scorsa settimana), avrebbe consentito ai clandestini di cogliere inizialmente di sorpresa le forze dell’ordine impegnate nel servizio di vigilanza. Nel corso dell’azione sei immigrati sarebbero riusciti a scavalcare le recinzioni esterne e dileguarsi nei campi retrostanti al Cie mentre per altri ospiti della struttura di via Udine il sogno di libertà si è infranto proprio a un passo dalla meta, grazie all’intervento delle pattuglie di vigilanza, riuscite a bloccarli proprio mentre stavano scavalando il reticolato. Un’altra decina di clandestini, invece, avrebbe desistito facendo autonomamente ritorno nelle camerate.»

macerie @ Luglio 29, 2010
CORRISPONDENZA CON IL CIE DI BARI EFFETTUATA DA RADIO ONDA ROSSA: ASCOLTA

Dai reclusi di Ponte Galeria alla cosiddetta “società civile”

11 giugno 2010 4 commenti

A tutte le persone che vivono in questo paese
A tutti coloro che credono ai giornali e alla televisione

Qui dentro ci danno da mangiare il cibo scaduto, le celle dove dormiamo hanno materassi vecchi e quindi scegliamo di dormire per terra, tanti tra
di noi hanno la scabbia e la doccia e i bagni non funzionano.
La carta igenica viene distribuita solo 2 giorni a settimana, chi fa le pulizie non fa nulla e lascia sporchi i posti dove ci costrigono a vivere.
Il fiume vicino il parcheggio qui fuori è pieno di rane e zanzare  che danno molto fastidio tutto il giorno, ci promettono di risolvere questo problema ma continua ogni giorno.
Ci sono detenuti che vengono dai CIE e anche dal carcere che sono stati abituati a prendere la loro terapia ma qui ci danno sonniferi e tranquillanti per farci dormire tutto il giorno.
Quando chiediamo di andare in infermeria perchè stiamo male, l’Auxilium ci costringe ad aspettare e se insistiamo una banda di 8-9 poliziotti ci chiude in una stanza con le manette, s’infilano i guanti per non lasciare traccia e ci picchiano forte.
Per fare la barba devi fare una domandina e devi aspettare, 1 giorno a settimana la barba e 1 i capelli.
Non possiamo avere la lametta.

Ci chiamano ospiti ma siamo detenuti.
Quello che ci domandiamo è perchè dopo il carcere dobbiamo andare in questi centri e dopo che abbiamo scontato una pena dobbiamo stare 6 mesi in questi posti senza capire il perchè. Non ci hanno identificato in carcere? Perchè un’altra condanna di 6 mesi?
Tutti noi non siamo d’accordo per questa legge, 6 mesi sono tanti e non siamo mica animali per questo hanno fatto lo sciopero della fame tutti quelli che stanno dentro il centro e allora, la sera del 3 giugno, è cominciata così:
ci hanno detto: “se non mangi non prendi terapie” ma qui ci sono persone con malattie gravi come il diabete e se non mangiano e si curano muoiono.
Uno di noi è andato a parlare con loro e l’hanno portato dentro una stanza davanti l’infermeria dove non ci sono telecamere e l’hanno picchiato.
Così la gente ha iniziato ad urlare di lasciarlo stare.
In quel momento sono entrati quasi 50 poliziotti con il loro materiale e con un oggetto elettrico che quando tocca la gente, la gente cade per terra.
Le guardie si sono tutte spostate sopra il tetto vicino la caserma dei carabinieri qui dentro, dove sta il campo da calcio.
Dalla parte sinistra sono entrati altri 50 poliziotti.
Quando abbiamo visto poliziotti, militari, carabinieri, polizia, finanza e squadra mobile ufficio stranieri (che sono i più infami) sui tetti, uno di noi ha cercato di capire perchè stavano picchiando il ragazzo nella stanza. «Vattene via sporco » un poliziotto ha risposto così.
In quel momento siamo saliti tutti sopra le sbarre e qualcuno ha bruciato un materasso e quindi i poliziotti si sono spavenati e sono andati fuori le mura per prendere qualcuno che scappava.
Da quella notte non ci hanno fatto mangiare nè prendere medicine per due giorni.
Abbiamo preso un rubinetto vecchio e abbiamo spaccato la porta per uscire e quando la polizia ha visto che la porta era aperta hanno preso caschi e manganelli e hanno picchiato il più giovane del centro, uno egiziano. L’hanno fatto cadere per terra e ci hanno picchiati tutti anche con il gas, hanno rotto la gamba di un algerino e hanno portato via un vecchio che la sua famiglia e i sui figli sono cresciuti qui a Roma, hanno lanciato lacrimogeni e hanno detto che noi abbiamo fatto quel fumo per non  far vedere niente alle telecamere. Così hanno scritto sui giornali.

Eravamo 25 persone e alcune uscivano dalla moschea lontano dal casino, ma i giornali sabato hanno scritto che era stato organizzato tutto dentro la
moschea e ora vogliono chiuderla. La moschea non si può chiudere perchè altrimenti succederebbe un altro casino.
Veniamo da paesi poveri, paesi dove c’è la guerra e ad alcuni di noi hanno ammazzato le famiglie davanti gli occhi. Alcuni sono scappati per vedere il mondo e dimenticare tutto e hanno visto solo sbarre e cancelli.
Vogliamo lavorare per aiutare le nostre famiglie solo che la legge è un po’ dura e ci portano dentro questi centri.
Quando arriviamo per la prima volta non abbiamo neanche idea di come è l’Europa. Alcuni di noi dal mare sono stati portati direttamente qui e non hanno mai visto l’Italia.
La peggiore cosa è uscire dal carcere e finire nei centri per altri 6 mesi.
Non siamo venuti per creare problemi, soltanto per lavorare e avere una vita diversa, perchè non possiamo avere una vita come tutti?
Senza soldi non possiamo vivere e non abbiamo studiato perchè la povertà è il primo grande problema.
Ci sono persone che hanno paura delle pene e dei problemi nel proprio paese.
Per questi motivi veniamo in Europa.
La legge che hanno fatto non è giusta perchè sono queste cose che ti fanno odiare veramente l’Italia.
Se uno non ha mai fatto la galera nel paese suo, ha fatto la galera qua inItalia.
Vogliamo mettere apposto la nostra vita e aiutare le famiglie che ci aspettano.

Speriamo che potete capire queste cose che sono veramente una vergogna.

Un gruppo di detenuti del CIE di Ponte Galeria

Due impiccati a Ponte Galeria

8 giugno 2010 Lascia un commento

<!–Dalla trasmissione di Radio Onda Rossa, Silenzio Assordante
Stasera a Ponte Galeria due ragazzi algerini hanno tentato di impiccarsi perché domani verranno deportati. Sono in molti, più di una decina, ad essere stati trasferiti a Roma da altri Cie per questa deportazione. In giornata anche tre donne nigeriane sono state trasferite dal Cie di Modena a Ponte Galeria.
Uno dei due algerini è stato trasferito d’urgenza in ospedale con un’ambulanza, l’altro è stato visto con un lenzuolo al collo mentre lo si trascinava in infermeria con la bava alla bocca, insomma in pessime condizioni. Da dentro fanno sapere che temono il peggio.
C’è anche un uomo che ha un piede viola – «sembra che il piede sia stato schiacciato da una macchina» – dicono i reclusi. Si è rotto la gamba durante il tentativo d’evasione e nessuno se si interessa di lui. Inoltre, oggi una ragazzo ha dovuto trascinare un altro recluso sulle spalle fino all’infermeria altrimenti sarebbe stato lasciato abbandonato a se stesso.
Nel pomeriggio a Ponte Galeria sono arrivate quattro pattuglie: le guardie presidiano il Cie e lo sorveglieranno almeno sino a domattina. Nel maschile affermano che sembra di stare in una caserma. I reclusi raccontano che la tensione è molto alta e che non ce la fanno più: la vita a Ponte Galeria – affermano – è peggio della schiavitù.

Ascolta la voce dei reclusi:
http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/silenzioassordante/100608_ponte_galeria.mp3

Gli antirazzisti e le antirazziste di Roma inviatano a chiamare il centralino del Cie di Ponte Galeria (tel. 06 65854224) per avere notizie sulle condizioni di salute dei due algerini.

SETTIMANA DI MOBILITAZIONE CITTADINA CONTRO I CIE

19 Maggio 2010 Lascia un commento

Roma, 21-29 maggio 2010
Dal 21 al 29 di maggio ci saranno per le strade di Roma diverse espressioni di protesta contro i CIE: presidi, manifestazioni, proiezioni, concerti, azioni…
La volontà è quella di portare a conoscenza della città le proteste e le lotte dei e delle migranti reclusi nei CIE, che da mesi si stanno succedendo sempre con più intensità.
La loro resistenza ci incoraggia e ci spinge alla mobilitazione.
Le rivolte si sono sempre succedute, fin dalla creazione dei CPT, oggi CIE, ad opera di un governo di centro-sinistra.
Oggi, con l’approvazione del “Pacchetto Sicurezza” e il conseguente aumento della detenzione da 2 a 6 mesi, le rivolte e gli episodi di autolesionismo sono aumentati.
L’esistenza di questi lager della democrazia è perfettamente funzionale al sistema capitalista, che vede le persone come merce e i migranti in particolare coma manodopera da sfruttare o rifiutare econdo le esigenze del mercato di produzione e di lavoro.
L’Europa Unita, ormai divenuta fortezza, si sostenta su queste leggi securitarie che giustificano la detenzione e l’espulsione di tutti coloro a cui non è stato concesso lo status di cittadino.
Questa fortezza può reggere non solo per le leggi razziste, ma anche grazie alla paura e all’atomizzazione che impone questo sistema sociale, un sistema che ci vuole divisi tra buoni e cattivi, lavoratori e studenti, comunitari ed extracomunitari, fomentando l’isolamento.
I mezzi di informazione di massa creano l’allarmismo necessario e il falso consenso per far sì che sia possibile imporci la loro sicurezza: più carceri variegate e per più tempo e più polizia e militari per le strade.
Per contrastare questa società del controllo e queste istituzioni repressive e razziste, lanciamo una settimana di mobilitazione per a chiusura dei CIE dal 21 al 29 maggio, nella quale ognuna e ognuno, individualmente o collettivamente, si possa esprimere nel modo che considera più opportuno.
La settimana verrà attraversata da un presidio sonoro davanti al Ministero dell’interno e si concluderà con un presidio sotto al CIE di Ponte Galeria, per portare la nostra lotta davanti a quelle infami mura e per far sentire ai reclusi e alle recluse che non sono soli/e nella loro resistenza.
Per la chiusura di tutti i CIE
e per dare forza ed essere solidali
con le lotte dei e delle migranti!

giovedì 27 maggio ore 16.00 a piazza dell’Esquilino
ASSEDIO SONO AL MINISTERO DELL’INTERNO


sabato 29 maggio dalle 15.00 alle 19.00
PRESIDIO DI SOLIDARIETA’
CON I RECLUSI E LE RECLUSE DEL CIE DI PONTE GALERIA(appuntamento alle ore 14.00 alla Stazione Ostiense
per partire tutti e tutte insieme)

NELLA TUA CITTA’ C’E’ UN LAGER… CHIUDIAMO IL CIE DI PONTE GALERIA! CHIUDIAMO TUTTI I CIE!!!

Torino: burlando prefetti!

15 Maggio 2010 1 commento

Si sarà preso una bella collera, il Prefetto Padoin, quando ieri pomeriggio si è visto spuntare dinanzi una trentina di facce note del movimento torinese con tanto di striscione, enorme. E per di più in mezzo all’affollatissima e vigilatissima Fiera del Libro, e per di più proprio mentre stava presentando, in compagnia del Procuratore Capo Caselli e del Procuratore Generale Maddalena, la sua ultima fatica letteraria: «Il Prefetto, questo sconosciuto». Un gran colpo, certamente, ampiamente ripreso e rilanciato da un bel po’ di telecamere: anche perché solo il giorno prima Padoin aveva dichiarato baldanzoso che il modo più celere di liberarsi degli spazi occupati è di arrestarne tutti gli occupanti, ed ora un po’ di quegli stessi occupanti da arrestare riuscivano ad aggirar ogni controllo per fargli qualche pernacchia sul naso. Una figura barbina per lui e soprattutto per gli agenti della Polizia politica cittadina, che son pagati proprio per controllare, ascoltare e pedinare, ed evitar così che certe contestazioni – clamorose quanto scontate – accadano.
Ascolta il racconto del pomeriggio al Salone del Libro, da un servizio di Radio Onda d’Urto

Eppure solo il giorno successivo la magra figura si ripete. Ancora una volta gli amici e i compagni degli arrestati per lo sgombero de Lostile si materializzano improvvisamente esattamente dove era scontato che si dovessero materializzare: alle Porte Palatine, di fronte ai pellegrini appena usciti dal Duomo. Sfilando sotto al naso dei funzionari del Commissariato di quartiere, si arrampicano sulle mura e appendono uno striscione: «Tutti liberi!». Gli uomini della Digos sono ancora più lontani del giorno precedente, e gli agenti del Commissariato sono furibondi: lo striscione ormai è appeso, ma loro chiamano il reparto mobile, si prendono due dei presenti e pretendono di identificare gli altri. Quando il gruppone riesce ad allontanarsi sembra tutto a posto, e tutti pensano che i due che mancano saranno presto rilasciati. E invece no. Dopo un paio d’ore e vari annunci contraddittori, i due vengono portati alle Vallette. Con quali accuse? Non sappiamo bene quale Pubblico ministero possa costruire qualcosa di penalmente significativo intorno all’ostensione di un lungo lenzuolo nero con su scritto «Tutti liberi!». Ma sappiamo che sicuramente il Prefetto è in collera da ieri e che in Tribunale non in tanti sono disposti a dispiacerlo e che in più, uno sberleffo messo in piazza tanto vicino a pellegrini, vecchi porporati incartapecoriti e immagini miracolose può far temere la collera di qualcuno che sta molto, ma molto, più in alto.
Macerie, 14 maggio 2010

Joy, un appello da Milano

12 Maggio 2010 Lascia un commento

Un appello da Milano

«Una sera d’estate Joy, una ragazza nigeriana vittima di tratta, porta il proprio materasso fuori dalla cella del Centro di identificazione ed espulsione di via Corelli a Milano. Preferisce dormire nel corridoio, dove fa più fresco.
Durante la notte si sveglia di soprassalto: sul suo corpo le mani di Vittorio Addesso, ispettore-capo del Cie, che si è sdraiato sopra di lei.
Joy lo respinge con forza e decisione, altre donne la sostengono.
Un “normale” episodio di brutale ­e sessista amministrazione all’interno di un Cie, dove gli aguzzini dominano incontrastati, forti delle connivenze dei gestori di quei lager per immigrate/i.
Alcuni giorni dopo nel Cie di Milano scoppia la rivolta contro il “pacchetto sicurezza”. Joy e le altre donne che l’avevano aiutata vengono brutalmente picchiate, nude, dall’ispettore Addesso e colleghi, e arrestate: una chiara rappresaglia da parte di chi mette in atto ricatti sessuali e molestie e non intende accettare il rifiuto.
Durante le udienze del processo ai rivoltosi, Joy denuncia la tentata violenza da parte dell’ispettore. Hellen, sua compagna di stanza, conferma l’accaduto, diventando la sua testimone.
La Croce Rossa, nella figura del responsabile Massimo Chiodini, copre l’ispettore-capo di polizia. La giudice, voce della “giustizia” italiana, denuncia entrambe le donne per calunnia.
Tutte e cinque le donne imputate vengono condannate a sei mesi di carcere per la rivolta. A febbraio, terminata la pena, vengono riportate in un Cie, dove a tutt’oggi si trovano rinchiuse ­ tutte tranne una ­con la prospettiva di essere deportate in Nigeria, una prospettiva che per Joy ed Hellen, come per tante/i altre/i, equivale ad una condanna a morte.
L’8 giugno a Milano si terrà l’incidente probatorio, udienza durante la quale si troveranno faccia a faccia Joy, Hellen e Vittorio Addesso.
Con Joy, dietro a Joy, vi sarà tutto il mondo dei Cie, fatto di controllo, intimidazioni, abusi e violenze sui corpi rinchiusi. Dietro Vittorio Addesso starà tutta la gerarchia degli aguzzini, fino ad arrivare in alto, al ministero dell’interno e ad uno stato che vuole, gestisce e controlla quei lager. Uno stato che, nella figura di un suo servo, si troverà per l’ennesima volta come parte accusata in un’aula di tribunale da cui, molto probabilmente, ne uscirà assolto.
Ma non è da quell’aula di tribunale che ci aspettiamo una rottura con un consolidato meccanismo di violenze, abusi e ricatti, meccanismo che si esplicita quotidianamente dentro le mura di ogni Cie. È urgente la presa di posizione di ognuna/o di noi contro le complicità che permettono l’esistenza di un lager di stato e coprono gli abusi che vi avvengono quotidianamente.
Per questo l’udienza che si terrà a Milano l’8 giugno, preceduta da una settimana internazionale di lotta contro le deportazioni, chiama tutte e tutti a fare una scelta di parte, ad opporsi e ad esserci.
Una mobilitazione fattiva che arrivi a concretizzare il vero obiettivo: la lotta per la distruzione di tutti i Cie, che è anche lotta per la nostra libertà e la nostra autodeterminazione all’interno di un paese-laboratorio sociale governato da uno stato di polizia. Invitiamo chi non può partecipare al presidio, che si terrà a Milano in tale data, ad organizzare iniziative nel territorio in cui vive.»

macerie @ Maggio 12, 2010

I voli delle espulsioni!

8 Maggio 2010 Lascia un commento

Un personaggio ingombrante, del quale sbarazzarsi al più presto possibile. È questo quel che l’Ufficio immigrazione della Questura di Torino pensa di Falloul, il recluso marocchino che solo due settimane fa era riuscito a scavalcare le mura del Centro e ad allontanarsene – anche se per poche ore. Soprattutto perché Falloul è un testimone scomodo della vita in corso Brunelleschi, uno che ha voluto reagire ai pestaggi e alle angherie denunciandoli ad alta voce. E così questo pomeriggio Falloul è stato prelevato dall’area gialla del Centro – area che è stata compatta in sciopero della fame per più di una settimana dopo il tentativo di evasione di due settimane fa e il relativo pestaggio poliziesco – e portato all’areoporto di Caselle, dove lo aspettava un aereo per Roma e da lì un altro per il Marocco. Inutile ricordarvi le responsabilità del console del Marocco a Torino, sempre prono alle esigenze – di immagine e di sostanza – della Questura sabauda, e il complice e sorridente silenzio della Croce Rossa, vero e proprio lubrificante sugli ingranaggi della macchina delle espulsioni.

Adesso come adesso di Falloul sappiamo solo che era scortato da sei poliziotti e che una volta salito sul volo delle 19,00 dell’Alitalia per Roma ha dovuto spegnere il telefono. Però sappiamo pure che – mentre lui era prigioniero e inavvicinabile ai bordi della pista – un gruppo di solidali si è intrufolato nello scalo torinese per riempirlo di volantini, e ha sussurrato nelle orecchie di viaggiatori e dipendenti la storia di Falloul e dei tanti come lui che salgono le scalette degli aerei con le catene ai polsi. Anche i “compagni di viaggio” di Falloul sono stati avvertiti che qualche fila dietro la loro avrebbe volato, e molto di controvoglia, un testimone scomodo della vita in corso Brunelleschi.

Oramai agganciati e scortati dalla Polizia – e dopo un’oretta pure dalla Digos – i solidali sono riusciti a chiedere spiegazioni al caposcalo dell’Alitalia (che si è rifiutato di darle) ai funzionari dell’Enac (e pure loro se ne sono stati abbottonati) ed anche ad altri responsabili della compagnia di bandiera, che se ne stavano rintanati nell’alto dei loro uffici e che hanno fatto finta di cascare dal pero, scaricando tutta la responsabilità sulla Questura di Torino. Ad un certo punto è comparso addirittura il cotonatissimo Antonino Calvano – presidente del Comitato Provinciale della Croce Rossa già ai tempi della morte di Hassan -, accompagnato da una bionda sconosciuta e dall’immancabile crocerossina in giarrettiera: ne nasce una breve e movimentata discussione nel mezzo della hall dell’aeroporto, discussione troppo scortata per essere vera.

Ascolta questa diretta trasmessa durante la trasmissione “Silenzio assordante” di Radio Onda Rossa: AUDIO

Macerie, 7 Maggio 2010

Rosarno: caporali in manette

26 aprile 2010 Lascia un commento

Ammazza come sono intelligenti…si sono accorti che a Rosarno i rivoltosi non erano solo immigrati impazziti e violenti a cui hanno iniziato a sparare addosso…
si sono accorti che forse dietro c’era una condizione che non si può nemmeno definire di sfruttamento ma di totale schiavitù. Stiamo parlando di persone, di persone che lavoravano 14 ore al giorno per intascare una decina di euro…di persone che dormivano in baracche, prive di bagni, prive di qualunque cosa, stiamo parlando di persone costantemente minacciate e costrette a condizioni di subordinazione totale. Le agenzie stampa raccontano oggi (OGGI!!!) che oltre alla paga insignificante, dovevano pagarsi anche il trasporto dalla bidonville dove dormivano ai campi: 3 euro al giorno!
E questa mattina ci siamo svegliati con Rosarno di nuovo in prima pagina per una carrellate di ordinanze di custodia cautelare nei confronti di una trentina di persone (9 sono in carcere e 21 ai domiciliari) a capo di un sistema di caporalato, un “collocamento” illegale in grado di fornire manodopera clandestina destinata all’agricoltura.
I nove in arresto (in realtà due risultano irreperibili) sono tutti migranti, gli altri 21 ai domiciliari sono tutti italiani proprietari dei terreni e imprenditori agricoli: venti aziende e duecento terreni (10 milioni di euro di valore ) sono stati posti sotto sequestro, perchè ritenuti frutto di arricchimento illecito…

Leggere ed ascoltare le testimonianze e i racconti delle condizioni di vita ma soprattutto della rivolta è impressionante: sono ancora tutti estremamente terrorizzati per quello che è successo e molti di loro, scappati dai colpi di pistola e dai pestaggi dei rosarnesi, non hanno più avuto il coraggio di tornare in quelle terre…
gli schiavi del nuovo millennio, braccianti privi di qualunque diritto, sono davanti ai nostri occhi tutti i giorni…
sono quelli che raccolgono le nostre arance, quelli che cadono dai ponteggi per costruire case, sono quelli che oltretutto vengono chiusi in un CIE senza aver commesso alcun reato.
BASTA CON LO SFRUTTAMENTO, BASTA CON LE FRONTIERE
CONTRO PADRONI E CAPORALI CHE SFRUTTANO E UCCIDONO
CONTRO LO STATO CHE CARCERA, ESPELLE, REPRIME E CONTRO TUTTI I SUOI SERVI CHE DENTRO I C.I.E. ESERCITANO IL LORO POTERE ABUSANDO FINO ALLO STUPRO.

Joy ha tentato il suicidio: Assassini!

24 aprile 2010 Lascia un commento

Chi vuole la morte di Joy

Mesi e mesi di vita rubata tra Cie e carcere dopo anni di vita rubata dai suoi sfruttatori. Quello di Joy non è un tentato suicidio, ma un tentato omicidio, e sappiamo bene chi vuole la sua morte: chi sta facendo di tutto per non farla uscire dal Cie, chi da settimane cerca di piegarla e distruggerla psicologicamente, chi cerca di isolarla impedendo i colloqui con lei e negandole la linfa vitale delle relazioni. Tutti/e costoro – e i loro complici – sono responsabili del gesto disperato di Joy che oggi i suoi avvocati hanno voluto denunciare con un comunicato stampa mandato alle agenzie.
Chiediamo a chi intende riprendere il comunicato di omettere, come abbiamo fatto noi, il suo cognome.
Immigrazione/ Denunciò stupro al Cie: nigeriana tenta suicidio Il 17 aprile Joy (***) ha ingerito sapone al Cie di Modena (da Apcom) Joy (***), la 28enne nigeriana che ha denunciato un tentativo di violenza sessuale da parte di un ispettore di polizia nel Cie di Milano l’estate scorsa, ha tentato il suicidio all’interno del Centro di identificazione ed espulsione di Modena dove è trattenuta da alcuni mesi.
A quanto risulta ad Apcom, il 17 aprile scorso, la donna ha ingerito un intero flacone di sapone ed è stata ricoverata in ospedale dove le è stata praticata una lavanda gastrica. Sentito da Apcom, l’avvocato Eugenio Losco, che insieme con il collega Massimiliano D’Alessio difende la donna, conferma l’episodio: “Se l’è cavata, ma sono molto preoccupato perché, dopo questo tentativo, Joy continua a manifestare propositi suicidi e non vorrei contare il secondo morto nella vicenda seguita alle proteste nel Cie di Milano”. L’avvocato si riferisce al suicidio, nel gennaio scorso, a San Vittore di Mohamed El Aboubj, in carcere dopo la condanna in primo grado nel processo con rito direttissimo per la “rivolta” in cui fu coinvolta anche Joy. “Joy è nei Cie da quasi un anno in attesa di espulsione ed è fisicamente e psicologicamente molto provata, sia per la detenzione che per il dilatarsi dei tempi di inoltro della denuncia che ha fatto contro i suoi sfruttatori e che le farebbe ottenere un permesso di soggiorno per protezione sociale” continua il legale, sottolineando che la situazione per Joy, in Italia dal 2002 per fare la parrucchiera e poi diventata prostituta, si è “ulteriormente aggravata dopo che il 12 aprile scorso, giorno in cui era prevista la sua liberazione, le è stato comunicato che sarebbe dovuta rimanere al Cie per altri due mesi”. Per quanto riguarda la vicenda della presunta violenza sessuale (l’ispettore accusato ha sporto querela contro la donna), l’avvocato fa sapere che l’8 giugno prossimo il Gip Guido Salvini ha fissato l’incidente probatorio per l’audizione della donna nigeriana.

VI SERVIAMO OVUNQUE, ANCHE NEI LAGER!

22 aprile 2010 Lascia un commento

VI SERVIAMO OVUNQUE, ANCHE NEI LAGER!
Roma, mercoledì 21 aprile 2010

Oggi un centinaio di persone tra studenti universitari, nativi e migranti, attivisti/e dei centri sociali, occupanti dei movimenti per il diritto all’abitare, antirazzisti e antirazziste si sono incontrati/e all’Università La Sapienza di Roma per dare vita a un’iniziativa di denuncia e boicottaggio contro i CIE (Centri di Identificazione ed Espulsione per migranti).
L’obiettivo era il gruppo “La Cascina”, che gestisce il servizio mensa della Facoltà di Economia e il bar universitario a piazzale Aldo Moro. Questa società, tramite l’affiliata “Auxilum”, dal 1° marzo è entrata nella gestione dei servizi interni al lager di Ponte Galeria.

Abbiamo scelto di denunciare la linea complice di quest’azienda che, oltre ad avallare l’esistenza e contribuire alla mala-gestione del CIE di Roma, è responsabile di somministrare cibo scadente, se non scaduto, e troppo spesso “condito” con psicofarmaci, allo scopo di aumentare il controllo sui migranti e le migranti reclusi/e.
È stato aperto uno striscione che diceva «La cascina: complice dei lager! No ai CIE» davanti all’ingresso della mensa di Economia, mentre altri/e entravano nelle sale distribuendo volantini e adesivi informativi, denunciando al megafono gli orrori di Ponte Galeria, invitando gli studenti e le studentesse a boicottare gli esercizi gestiti da “La Cascina”, parlando con lavoratori e lavoratrici e informandoli/e, molti/e per la prima volta, del profilo infame dei loro datori di lavoro.
Ci siamo poi spostati con un corteo spontaneo che ha bloccato la strada fino a La Sapienza, per poi proseguire dentro l’università fino al bar di piazzale Aldo Moro. Anche qui abbiamo denunciato la complicità di “Auxilium/Cascina” e invitato al boicottaggio attivo gli studenti presenti.
L’iniziativa si è conclusa con un pranzo sociale e una mostra tematica sulle condizioni del CIE di Roma al pratone dell’università.

Per costruire le prossime iniziative della campagna contro i CIE
GIOVEDÌ 29 APRILE ORE 19.00 AL FORTE PRENESTINO, CENTOCELLE

CHIUDERE I CIE SUBITO
NON RENDERTI COMPLICE!
BOICOTTA “LA CASCINA”

Ascolta la CORRISPONDENZA di Radio Onda Rossa.

Non un@ di noi! TUTT@ LIBER@

19 aprile 2010 Lascia un commento

 

Su un muro di Quarto, Napoli

Un’altra evasione da corso Brunelleschi.Questa volta è toccato a Nabil, uno dei reclusi trasferito a Torino da Roma dopo la grande rivolta della fine di marzo e da allora tenuto in isolamento. Lo stavano cambiando di blocco, ieri sera, ma lui è riuscito a sgattaiolare tra le sbarre e poi a dribblare il carceriere che gli si era parato davanti per impedirgli di avanzare. Una corsa e via, fino a guadagnare la strada.
Poche ore prima una sessantina di persone avevano dato vita al consueto presidio mensile contro i Centri, giusto là davanti: urla, battiture, mortaretti e messaggi di lotta e di solidarietà al microfono.

macerie @ Aprile 19, 2010

Qualche giorno fa invece:

Tentato suicidio nella sezione bianca del Cie di Torino. Nuer, un ragazzo tunisino, mercoledì mattina ha tentato il suicidio impiccandosi con una corda, soccorso in tempo e portato in ospedale da cui è stato dimesso in giornata. La sua storia è l’ennesima storia disperata frutto delle leggi assurde di questo paese. Nuer è stato detenuto in carcere per violenza privata per due anni, fino a quando non è arrivata l’assoluzione e la conseguente scarcerazione. Certo non si aspettava di passare da un carcere ad un altro centro di detenzione: il Cie di Corso Brunelleschi, perché dopo due anni di carcere aveva perso il permesso di soggiorno, quantomeno si aspettava di avere i cinque giorni di tempo che il decreto di espulsione concede per lasciare l’Italia. All’attuale non è neanche certo che riesca ad ottenere il rimborso per ingiusta detenzione.
La storia di Nuer ce l’ha raccontata Mustafa, un signore in Italia da vent’anni, che, a fine anni Novanta, insieme al lavoro ha perso anche il permesso di soggiorno, ed è stato quindi espulso. Ha deciso di tornare subito in Italia, ed ora è recluso nel Cie.
Nella stessa sezione di Nuer e Mustafa, la bianca, c’è anche Mohammed, che mercoledì ha interrotto lo sciopero della fame che portava avanti da ventitré giorni. Martedì era stato portato al repartino psichiatrico del Martini, e dopo un breve colloquio con la psichiatra, colloquio al quale ha partecipato anche la Guardia di Finanza che lo stava piantonando, alla faccia della riservatezza tra medico e paziente. Quello che Mohammed chiedeva era la visita di un medico che gli misurasse la pressione e che gli facesse un prelievo del sangue, quello che ha ottenuto è stata una psichiatra che gli ha confermato la sua salute mentale. Il commento di un crocerossino al suo ritorno nel Centro è stato: “Tu stai rischiando la vita, ti conviene smettere di fare lo sciopero, tanto non ti fanno uscire”.
Abbiamo anche saputo che quattro marocchini sono stati rimpatriati in settimana.

macerie @ Aprile 17, 2010

Cosa accade al porto di Napoli?

14 aprile 2010 Lascia un commento

cosa sta accedendo…

Una nave attraccata l’8 aprile fa nel porto di Napoli (molo Bausan, nella periferia orientale, verso San Giovanni a Teduccio) è stata fermata perchè aveva a bordo 9 migranti “irregolari”. Di queste nove persone, che la polizia di frontiera dichiara di nazionalità ghanese e nigeriana, cinque sono minorenni.

La Vera-D nel porto di Napoli

Secondo la ricostruzione accreditata dal comandante russo di questa grossa nave-merci (battente bandiera liberiana, ma di proprietà di una importante compagnia di armatori tedesca, la Peter Dohle di Amburgo) i migranti si sarebbero nascosti in un container al porto di Abidjan in Costa D’Avorio e avrebbero trascorso così l’intero viaggio.

Non è ben chiaro se in un primo momento la nave sia stata fermata dalla polizia di frontiera per la presenza di immigrati irregolari, o dallo stesso comandante. Sta di fatto che dopo aver “scoperto” la presenza dei migranti, il comandante rilevava di non avere più il numero legale per navigare e chiedeva all’Italia di farsene carico. Del resto sono in acque nazionali italiane, quindi i minori hanno diritto di tutela mentre gli adulti devono (è un loro diritto!) potere fare domanda d’asilo.  In ogni caso le autorità italiane gli hanno impedito di sbarcare…
La notizia è trapelata solo nella mattinata del 12 aprile, per la protesta dei lavoratori del terminal container, dovuta al fatto che il blocco del molo Bausan aveva interrotto molte delle attività lavorative legate allo scarico merci. Questa è sembrata essere anche l’unica preoccupazione dei media, che hanno trattato molto superficialmente la questione umanitaria dei migranti confinati forzatamente sulla nave sottolineando soltanto il danno economico che l’attracco della nave potrebbe costare, la necessità ripresa dei lavori nel terminal e i risarcimenti, dopo che i “clandestini” sarebbero stati fatti scendere dalla nave (vedi: canale9, il mattino)
In realtà le cose hanno rischiato di prendere una piega ancora peggiore: la nave è stata fermata e sequestrata dalla stessa magistratura in maniera preventiva rispetto alla eventuale copertura dei danni in seguito alla denuncia del Conateco, il consorzio napoletano terminal container, per il blocco del molo.

Quando il 13 aprile è scoppiata la protesta dei portuali, la mediazione tra polizia e comandante della nave è stata quella di far scendere solo tre dei cinque minori a bordo, esclusivamente per rientrare nel numero massimo di persone che consentisse alla nave di fare manovra.

Il porto di Napoli

La rete antirazzista si è subito mobilitata, cercando di entrare in contatto con i migranti, facendo notare che i minorenni non possono essere respinti e hanno diritto alla massima tutela da parte dello stato italiano, mentre gli adulti potrebbero voler presentare domanda di asilo politico o protezione umanitaria.
Ogni contatto è stato impossibile in un primo momento, perché la polizia di frontiera ha accampato una scusa dopo l’altra, impedendo di fatto che si rispettassero i diritti di queste persone. La motivazione della polizia di frontiera è stata che ci voleva l’autorizzazione del capitano della nave con cui  è stato a lungo impossibile entrare in contatto diretto. Un chiaro escamotage, dal momento che lo stesso capitano ha tutto l’interesse e la volontà, più volte esternata, di far sbarcare gli immigrati.
Possibile infatti che oltre alle motivazioni umanitarie ce ne siano altre di carattere economico, perchè la perdurante presenza a bordo dei migranti, una volta appurata, potrebbe portare al divieto di scalo anche nel porto di Genova, dove la nave è diretta. Infatti, per fortuna, la Vera D non ha a bordo le gabbie in cui vengono a volte rinchiusi gli immigrati trovati sulle navi! Gabbie in cui vengono segregati fino al ritorno nei presunti paesi di origine in spregio a ogni aspetto del diritto internazionale, specie per profughi e rifugiati, ma tranquillizzando così le autorità di frontiera…

Dopo un’estenuante trattativa con l’armatore tedesco della nave, la capitaneria di porto, la questura di Napoli e la polizia di frontiera, nella tarda serata di ieri 13 aprile, un’ ampia delegazione della rete antirazzista che presidiava la nave Vera D è riuscita ad ottenere che tre persone salissero sulla nave e incontrassero i migranti. Fra queste tre persone l’avvocato del CIR (Centro Italiano Rifugiati) a Napoli. Durante la visita tutti e nove i migranti hanno firmato la delega all’avvocato manifestando, anche davanti a un pubblico ufficiale (il comandante della nave), la volontà di chiedere asilo politico, di cui l’avvocato ha preso richiesta scritta. Inoltre cinque persone si sono dichiarate minorenni.
Quando la delegazione è scesa dalla nave ha chiesto subito alla Questura di prendere atto delle istanze di asilo e di venire a prendere i migranti per formalizzarle e provvedere all’accoglienza a terra, come è suo dovere legale. Il Questore (che ha interloquito anche con diversi parlamentari) ha invece preso tempo sostenendo che gli uffici potevano formalizzare tutto solo nella mattinata successiva.

[mercoledì 14]
Dopo una intera notte e mattinata trascorsa a picchettare ininterrottamente la nave “Vera D” gli immigrati sono scesi dalla nave (video) e il presidio si è spostato sotto l’ufficio stranieri, che dovrà determinare il percorso con cui i migranti arriveranno alla Commissione asilo, se in condizioni ordinarie e sacrosante di libertà e di accoglienza o con forme di restrizione della libertà (come ad esempio nei CIE) che rappresentano una grave coercizione all’esercizio del diritto alla protezione.
In ogni caso, nella gestione di questa vicenda molti restano i lati oscuri! Anzitutto la questione dei minorenni: ieri la questura dichiarava che “sulla nave non ci sono minorenni”, dopo aver fatto dei discutibilissimi esami biometrici solo a tre ragazzi sui cinque che pure erano stati censiti…!! Oggi, in seguito alle insistenze della rete antirazzista e alle varie forme di pressione, altri tre ragazzi sono stati portati a fare gli esami (ancora un’altra persona è risultata nella fascia anagrafica giusta). “Dobbiamo dedurre che se l’espulsione fosse avvenuta oggi, avrebbero proceduto senza verificare le esigenze di tutela dei minori! E’ una responsabilità grave!” “Dobbiamo pensare che senza la protesta dei portuali del molo Bausan tutto sarebbe avvenuto in silenzio e senza alcuna tutela?!”
Poi il misterioso decreto di respingimento, che ai migranti non è stato mai notificato e che in questura sostengono aver prodotto il 7 aprile… perchè finora non è stato notificato? L’espulsione sarebbe comunque sospesa dalla richiesta di asilo, ma l’ipotesi decreto sembra francamente solo una forma di accanimento per rinforzare l’ipotesi di una reclusione nei CIE dei migranti maggiorenni in attesa della valutazione in Commissione della loro richiesta di protezione umanitaria. Una condizione cui sicuramente faremmo ricorso, ma che secondo noi “testimonia ancora una volta il contesto irrituale in cui si svolgono i cosiddetti “respingimenti in mare”, che comportano sempre una violazione sostanziale dei diritti minimi e delle tutele dei rifugiati. Una “pratica” che almeno oggi la rete antirazzista è riuscita a inceppare!”

Rete antirazzista napoletana
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Troppa merda dentro i CIE Altro poliziotto sotto inchiesta

12 aprile 2010 1 commento

Erano giorni che volevo pubblicare questa cosa ma ormai non rispetto mai i tempi che mi metto in testa…
il mio cucciolo decide per me, i tempi son dilatati, il mondo a volte sembra distante.
ma non lo è!
E’ di qualche giorno fa la notizia dell’ennesima porcheria fatta da un ispettore capo di stanza in Corelli. Guardiano nel lager e molestatore di trans rinchiuse lì dentro, arrotondava lo stipendio di “difensore della sicurezza” affittando in nero e a prezzo esorbitante un tugurio a trans brasiliane senza permesso.
Che il reato di clandestinità sia un business per lo Stato e i suoi “servitori” non ci sorprende affatto.
Da radiocane:
L’affittacamere
(Friday, 09 April 2010 15:23)
La storia di Paola, trans brasiliana, che vive prostituendosi in appartamento a Milano.
La storia di Paola che finisce nel Cie di Via Corelli a Milano.
La storia di un incontro nel Cie con un poliziotto che lei già conosce
La storia di un poliziotto che arrotonda affittando appartamenti agli stessi clandestini che poi finiranno nel Lager.
La storia di Paola, che denuncia pubblicamente il suo affittacamere, viene prelevata dalla polizia questa mattina nel cie di via corelli a milano, il perchè non lo sappiamo, lei non risponde più al telefono.
Oggi la Questura di Milano ha deciso di far uscire la notizia per evitare che l’ennesimo scandalo gli esplodesse per le mani.
Ma il coperchio del silenzio dei CIE d’Italia è saltato, ed è chiaro a tutti che non è questione di mele marce.
Una storia tutta italiana
Ascolta l’intervista a Paola raccolta da radio cane

APPELLO INTERNAZIONALE: SETTIMANA DI AZIONI CONTRO LE DEPORTAZIONI!

9 aprile 2010 Lascia un commento

Chiamata per una Settimana di azioni contro la Macchina delle Deportazioni
1 – 6 giugno 2010
STOPDEPORTATION.NET

Le deportazioni sono diventate una parte integrale del sistema delle Regime europeo sull’immigrazione. Centinaia di rifugiati/e e di migranti sono forzatamente deportati/e ogni giorno per fare ciò che le persone hanno fatto per milioni di anni: emigrare alla ricerca di una vita migliore, scappare dalla povertà, dalle persecuzioni, dagli abusi, dalle discriminazioni, dalla guerra etc. Il diritto di viaggiare e vivere dove si vuole è negato a tutti e tutte coloro che hanno un diverso colore della pelle, passaporto e conto in banca. Queste persone sono trattate come ‘criminali’ e incarcerati in prigioni speciali che chiamano con altri eufemismi (centri di rimozione, case rifugio e così via). Gli abusi razzisti e sessisti e la violenza fisica, agiti dalla polizia che si occupa di immigrazione e dalle guardie private, sono istituzionalizzati e legittimati dall’uso della forza nelle operazioni di deportazione.

Dietro le deportazioni si nasconde un misto di razzismo, nazionalismo e imperialismo in un contesto di capitalismo globale: mentre il capitale e i cittadini/e dell’Unione Europea e degli altri paesi del “primo mondo” sono liberi di viaggiare dove vogliono, le/gli altri/e dal lato sbagliato dei confini costruiti artificialmente, i cui paesi sono fatti a pezzi dai privilegi europei e dal capitalismo e dalle conquiste imperialiste, sono illegali, criminalizzati e impediti nell’esercizio dei diritti fondamentali. Loro semplicemente cessano di essere persone; diventano “immigrati illegali”, che si “trattengono troppo a lungo” [overstayers] e “mancati richiedenti asilo” di cui si può fare a meno quando non si ha più bisogno di sfruttare il loro lavoro o quando cercano di rivendicare i propri diritti. Come conseguenza, le lotte comuni e le comunità sono divise e prevale una cultura di sospetto e della sorveglianza.

Quando gli ordini di deportazione sono emanati, fa comodo dimenticare le cause dell’immigrazione. Le armi prodotte in Occidente e i conflitti armati, le guerre di aggressione alla ricerca di petrolio e di altre risorse naturali, i regimi repressivi appoggiati dai nostri democratici governi, i cambiamenti climatici e la sottrazione delle terre… tutto ciò può essere rintracciato all’interno delle nostre economie capitaliste, dello stile di vita consumistico e degli interessi imperialisti. La lotta contro le deportazioni non è solo una singola campagna: le persone scelgono o sono forzate a migrare per varie ragioni.

Per far funzionare il sistema dei voli di deportazione, i governi europei appaltano ad una serie di privati o semi-privati il lavoro sporco che sarebbe toccato a loro. Le compagnie aeree sono un ingranaggio centrale della macchina delle deportazioni. Non solo sono una delle prime cause che contribuiscono alla morte del pianeta, ma molte compagnie aeree, nella loro ricerca di profitto, sono contente di portare persone verso una possibile morte – sia essa una deportazione individuale o di massa. Gli interessi dietro la macchina delle deportazioni includono altri tipi di opportunisti, quali le compagnie che provvedono al trasporto e all’accompagnamento durante le deportazioni forzate e le compagnie di sicurezza delle multinazionali, come Serco e G4S, che gestiscono le prigioni per immigrati/e e portano avanti le deportazioni a nome delle autorità per l’immigrazione.

Inoltre, ci sono agenzie fantasma e inspiegabili, agenzie inter-governativei, come l’Agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne (Frontex) e l’Organizzazione Internazionale per la migrazione (IOM), il cui ruolo è diventato sempre più influente negli ultimi anni e con le quali i governi europei cercano di portare avanti operazioni unitarie e coordinate. Questo non solo per risparmiare soldi, ma anche per mettere le deportazioni in mano a corpi europei e internazionali, che spingono la responsabilità su un altro livello al di là dei governi nazionali e delle autorità per l’immigrazione.

Infine, La Frontex ha recentemente assunto ulteriori poteri per le deportazioni di massa attraverso voli charter a nome dei governi europei, comprando equipaggiamento e sperimentando nuove tecnologie per il controllo dei confini dell’EU. Dopotutto, un super stato, razzista e imperialista, come Fortresse Europe ha bisogno di un esercito mercenario come Frontex per proteggere i propri confini artificiali.

Deportati e deportate, inclusi bambini/e, sono spesso ammanettati e accompagnati dalla sicurezza come criminali pericolosi (l’etichetta “criminale” è usata da chi è al potere). Ci sono stati numerosi segnalazioni di maltrattamenti fisici e abusi razzisti e sessuali, che uomini e donne hanno subito da parte delle guardie per l’immigrazione o degli “accompagnatori” privati durante le deportazioni (sia individuali che di massa). La proposta di avere qualcuno/a che monitori i diritti umani sui voli per le deportazioni, come ha recentemente suggerito un membro della Commissione europea, può impedire alcune di queste pratiche ma può anche legittimare le brutalità della deportazione stessa.

Siamo consapevoli che resistere contro le deportazioni è un percorso continuo e non confinato ad alcuni giorni o a settimane di azioni: le persone cercano di attraversare i confini in condizioni pericolosissime ogni giorno; gli scioperi della fame e le lotte nelle prigioni per immigrati; i/le deportati/e e i passeggeri consapevoli che si rifiutano di sedersi tranquillamente a bordo di un volo che passa inosservato; le comunità che si uniscono per difendere i loro membri; le proteste regolari e azioni contro varie componenti della macchina delle deportazioni… e molto altro ancora deve essere fatto perché milioni di persone continuano ad essere forzatamente deportate ogni giorno.

Questo appello è rivolto a tutti/e coloro, individualità e gruppi in Europa, che vogliano unirsi in una settimana di azioni decentralizzate e coordinate contro la macchina delle deportazioni nella prima settimana di giugno 2010. Questo appello è rivolto a tutti/e i migranti e rifugiati e chi li sostiene dentro e fuori l’Europa. Organizziamoci nelle nostre realtà locali in azioni o proteste durante la settimana con un unico grido:

STOP ALLE DEPORTAZIONI!
NO ALLA FORTEZZA EUROPA!
LIBERTÀ DI MOVIMENTO PER TUTTI E TUTTE!

Callout [Deutsch | Ελληνικά | Español | Français | Italiano | Polski | Türkçe | عربي] || Poster | Leaflet

Aggiornamenti dopo la rivolta di Ponte Galeria

15 marzo 2010 1 commento

Ieri(13 marzo), alle ore 22.30, sono rientrati in cella i ragazzi che durante il presidio erano saliti sui tetti del lager di Ponte Galeria.
Dopo la protesta sono stati picchiati brutalmente dalla polizia.
Uno di loro non riesce più a muovere la mascella e sembra che un altro si sia tagliato un braccio come atto per scongiurare ulteriori pestaggi da parte dei burattini in divisa.

Successivamente la violenza è proseguita con la perquisizione nelle celle riservate agli uomini, ancora da accertare in quante sezioni sia avvenuta. Il giorno seguente (14 marzo) i/le reclus* riferiscono di essere in sciopero della fame.
Seguiranno aggiornamenti riguardo la protesta e l’adesione a questa.

Nella tua città c’è un lager, chiudiamo il C.I.E di Ponte Galeria!
Solidarietà a tutt* i/le reclus* in lotta!
Chiudere tutti i C.I.E!
Fuoco a tutte le gabbie!

Ponte Galeria in rivolta, una “bella” a Torino e la riacquistata libertà per i compagni torinesi! Che giornate!!

13 marzo 2010 1 commento

Mentre c’era chi sceglieva di scendere in piazza con una sciarpa viola, mentre c’era chi ascoltava Di Pietro, chi si sbrodolava per Travaglio,
mentre c’era chi ha preso pulmann per far da pubblico pagante al peggio che la storia della “sinistra” è riuscito a tirar fuori,
mentre gli ex girotondi, aspiranti “secondini” e carcerieri del paese intero, riempivano la vuota (di contenuti totalmente) piazza romana,

i compagni autorganizzati, le realtà di movimento e tutt@ coloro che portano solidarietà ai migranti reclusi nei Centri di Identificazione ed Espulsione, erano sotto i cancelli di Ponte Galeria ad urlare con tutto il fiato in gola la loro rabbia e il loro sostegno alla lotta dei migranti in stato di detenzione senza aver commesso alcun reato, in uno sciopero collettivo della fame terminato pochi giorni fa.
Dopo il tam tam telefonico l’iniziativa fuori dal CIE è stata seguita da una rivolta all’interno del centro di detenzione…alcune decine di migranti sono salite sui tetti e lì sono avvenute diverse cariche di polizia e carabinieri.
Senza troppe parole sprecate, è meglio ascoltare direttamente le corrispondenze effettuate da Radio Onda Rossa
1- I Detenuti salgono sui tetti ASCOLTA
2- La celere carica i migranti sui tetti ASCOLTA
3-  Ancora cariche sui tetti di Ponte Galeria ASCOLTA

Dopo le molte ore passate sotto il CIE di Ponte Galeria i/le compagn@ hanno ripreso il treno per Roma. Arrivati alla Stazione Trastevere è partito un corteo spontaneo che ha attraversato tutta Viale Trastevere fino al Lungotevere, con un ingente dispiegamento delle forze dell’ordine in assetto anti-sommossa.

SOLIDARIETA’ CON TUTT@ I/LE RECLUSE NEI CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE PER MIGRANTI
LIBERTA’ PER TUTT@

Da Torino invece due BELLE NOTIZIE
Tutti liberi gli arrestati
nell’operazione del 23 febbraio scorso: nessuno dovrà più stare in galera o ai domiciliari, anche se qualcuno avrà l’obbligo di firma. Dopo due settimane, si iniziano a vedere le prime crepe nel castello di accuse malamente costruito dal PM Padalino (in un ritratto) e dal capo della Digos Petronzi (nella foto).

Ma la storia senza dubbio più emozionante è l’evasione di un gruppo di reclusi dal Cie di Torino. Avremmo voluto raccontarvela in anteprima, ma qualche agenzia di stampa ha già battuto la notizia: nella notte tra giovedì e venerdì sono riusciti a scappare almeno in otto, sembra attraverso dei buchi scavati da tempo, e fino ad ora sono ancora tutti liberi.

In culo alla Polizia, agli alpini, alla Croce Rossa e a tutti i magistrati, politici e giornalisti razzisti. Viva la libertà e chi se la conquista!

macerie @ Marzo 13, 2010

13 Marzo 2010: sotto al C.I.E. di Ponte Galeria

10 marzo 2010 Lascia un commento

NOI NON SIAMO COMPLICI

Nei CIE (centri di identificazione ed espulsione) vengono rinchiuse donne e uomini che non hanno commesso reati, ma che sono considerate/i pericolose/i per la società perché sono senza documenti, per la loro nazionalità o etnia.
Domani potrà toccare a qualcun’altra/o.
Solo la società nazista era arrivata a tanto.
Politici di varia estrazione e collocazione hanno prodotto questa aberrazione giuridico sociale.
Efficienti tutori dell’ordine rastrellano le donne e gli uomini migranti e li rinchiudono nei CIE.
Operatori sociali scrupolosi le/ li tengono per mesi rinchiusi in condizioni disumane e le/li rispediscono con ponti aerei nei paesi di provenienza dove spesso sono vittime di regimi filo-occidentali messi apposta al potere per reprimere la popolazione e permettere a noi di portar via le loro ricchezze.

NOI NON SIAMO COMPLICI

Nessuno/a è autorizzato a dire non sapevo.
Nessuno/a si può difendere dicendo obbedivo agli ordini.
Nessuno/a si può nascondere dietro la legalità perché le leggi sono opera degli uomini e quando sono strumento di oppressione vanno abolite.

Queste politiche migratorie e legislazioni securitarie hanno senso solo in una società di sfruttamento come la nostra. Per chi non si adegua c’è reclusione, isolamento, persecuzione, violenza.
E alla lunga scia di morti sospette e di suicidi nei CIE, per le donne si aggiungono le violenze sessuali.
Joy e Hellen ci hanno insegnato che ribellarsi è giusto.

Noi non siamo indifferenti, non siamo complici siamo dalla parte delle recluse/i nei CIE

Saremo anche noi
SABATO 13 MARZO 2010
al presidio sotto il CIE di Ponte Galeria

–appuntamento alle 10.00 alla Stazione Ostiense
–oppure alle 11.00 alla fermata Fiera di Roma del treno per Fiumicino-Aereoporto

donne, femministe, lesbiche contro i CIE
http://noinonsiamocomplici.noblogs.org/