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Posts Tagged ‘Striscia di Gaza’

25 APRILE? LIBERAZIONE?

25 aprile 2011 Lascia un commento

A Vik, tornato a casa dalla sua amata Palestina

24 aprile 2011 7 commenti

Operazione "piombo fuso"

Oggi pensavo che mi piacerebbe assaggiare la terra come la assaggiano i musulmani, quando muoiono.
Oggi pensavo che vorrei esser cremata, questo si, che vorrei diventare un nulla, ma che probabilmente in questo modo toglierei la “gioia” ai miei figli di potermi augurare una terra lieve, come sepoltura.
E allora ho pensato che i musulmani in questo son più fortunati: solo un lenzuolo e poi, faccia a terra, si lasciano abbracciare dalla grande mamma, riempire ogni buco, tappare ogni sospiro proprio dalla terra, filtrata solo da un po’ di stoffa.
Bello, mi mette un senso di relax pensarlo, un senso di totale appartenenza alla vita stessa.

Pensieri che facevo proprio oggi, pensando al tuo corpo che iniziava ad assaggiarla questa terra perenne.
E tu Vik? Chissà come volevi entrare nel suolo, chissà come immaginavi la tua morte che così tante volte hai sfiorato, andando a “ballare il rock ‘n roll” -come dicevi tu – quando salivi sulle ambulanze palestinesi, durante i bombardamenti della Striscia di Gaza.
Sei morto a casa tua, malgrado quella vera il tuo corpo l’ha rivista solo ora.
Sei morto a casa tua, tra la gente che avevi scelto come famiglia, questo è il solo pensiero che rende tutto ciò meno straziante.
Il peggiore dei pensieri è che la mano che ti ha ucciso, quella che ha stretto a morte il tuo respiro, è palestinese.
Io penso fermamente che il colpevole, il solo colpevole reale della tua morte sia l’occupazione militare e il sionismo;
penso fermamente che le responsabilità siano israeliane di quel che accade dentro quel carcere che è Gaza, ma non riesco a darmi pace un secondo nel pensare che i tuoi assassini parlavano la lingua che tanto amo.
Ciao Vik, che la terra ti sia lieve.

Non fiori per Vittorio, ma donazioni per la Palestina: richiesta dalla famiglia Arrigoni

23 aprile 2011 1 commento

La famigliia di Vittorio avrebbe piacere che gli amici e i compagni di Vik non inviassero fiori ma donazioni per la Palestina sul seguente conto, riportando nella causale che si tratta di un contributo per la causa palestinese.
Successivamente la famiglia deciderà a quali progetti saranno devolute le donazioni pervenute.
La famiglia di Vittorio ci tiene a sottolineare che questo è solo un suggerimento ma che ognuno ovviamente può omaggiare Vittorio nel modo che ritiene più opportuno.
Di seguito le COORDINATE:

  • Iban      IT16Y0542851000000000000791
  • BIC        BEPOIT21
  • Intestato ad Egidia Beretta
  • Banca Popolare di Bergamo Filiale di bulciago

Restiamo Umani. Stay Human.

Vittorio’s family would invite friends and comrades of Vik not to send flowers but donations on the following account to support Palestine, reporting in the Payment Reason that it’s a contribution to the Palestinian cause. Afterwards Vik’s family will decide which projects want to fund.
Vittorio’s family would like to underline this is just a suggestion but of course everyone can pay homage to Vik as he thinks proper.
BANK DETAILS as follows:

  • IBAN NO            IT16Y0542851000000000000791
  • SWIFT NO         BEPOIT21
  • HOLDER            Egidia Beretta
  • BANK NAME      Banca Popolare di Bergamo Branch of Bulciago

Restiamo Umani. Stay Human.

Ucciso il nostro fratello VITTORIO ARRIGONI

15 aprile 2011 19 commenti

Hanno ritrovato il suo corpo.
L’ultimatum scadeva oggi alle sedici…ma è stato ucciso molte ore prima.
Le forze di sicurezza di Hamas hanno tentato un blitz nell’appartamento dov’era tenuto, ma hanno trovato solo il suo corpo, soffocato probabilmente qualche ore prima.
Io non ho parole, so solo che mi mancherà leggerti, ascoltarti, farsi una risata con qualche migliaia di km di distanza e una voce che ci dava sempre forza e voglia di combattere.
Non ho parole. Solo il cuore squarciato.

L’agenzia palestinese Maan ci informa che il gruppo salafita sospettato dell’assassinio di Vittorio ha negato ogni coinvolgimento. Il solo assassino è il sionismo e l’esercito dello stato di Israele, che lo voleva morto da molto tempo. LA LISTA NERA ISRAELIANA DI DUE ANNI FA 

يا رفيقي، أنا معك

RAPITO VITTORIO ARRIGONI

14 aprile 2011 4 commenti

La notizia è di pochi minuti fa…e c’è anche questo video.
Vittorio Arrigoni sembra proprio sia stato rapito questa mattina da un gruppo salafita che chiede la liberazioni di alcuni prigionieri, nelle mani del governo di Hamas. Tra i detenuti principali di cui si chiede la scarcerazione c’è Abu Walid al-Maqdisi (d’origine egiziana) , leader della formazione salafita Al-tawhid w al-Jihad, arrestato poco più di un mese fa dai servizi di sicurezza di Hamas. Rivendicò alcuni attentati compiuti in alberghi nel Sinai egiziano, nel 2006.
L’ultimatum pare essere di 30 ore.
Siamo con te Vittorio… e sarebbe bello sapere chi ti sta tenendo prigioniero…

VITTORIO E’ STATO UCCISO

LA LISTA NERA ISRAELIANA DI DUE ANNI FA 

GAZA: pubblicato il rapporto Goldstone in italiano

11 marzo 2011 4 commenti

Le parole “missione d’inchiesta” come anche “nazioni unite” sanno di ridicolo ormai, a maggior ragione se parliamo di Medioriente o di qualunque cosa abbia a che fare con lo stato d’Israele… ma insomma… questa è la traduzione in italiano del rapporto Goldstone, redatto dopo la guerra mossa dallo Stato ebraico contro la Striscia di Gaza tra dicembre 2008 e il gennaio successivo, quella detta dall’esercito israeliano “Operazione piombo fuso“. Di quell’operazione non possiamo dimenticare l’uso costante di armi vietate dalle convenzioni internazionali come il fosforo bianco, le bombe a frammentazione, le munizioni Dum Dum, le bombe D.I.M.E e tanto altro, che hanno portato alla morte di più di 1400 persone e che avvelenano il suolo di Gaza e tutti coloro che lo popolano.
Grazie ai traduttori, che ci rendono più facile la lettura

Israele e le sue scuole di “genocidio”

23 febbraio 2011 1 commento

SCONCERTANTE! NON SI FINISCE MAI DI IMPARARE E RIMANERE SENZA PAROLE!!!
Come penetrare in un territorio arabo, i briefing con Mossad e Shin Bet..una settimana a contatto con l’apartheid, dalla parte dei carnefici. Ecco quello che produce Israele, la cosiddetta democrazia del medioriente.
Qui il programma della settimana, tranquilli: tutto cibo kosher!
Maledetti.

An Israeli Adventure of a Lifetime
The Ultimate Mission to Israel
May 16-23, 2011

“A military, humanitarian, historical, judicial, religious, and political reality check.” Experience a dynamic and intensive week exploration of Israel’s struggle for survival and security in the Middle East today:

 

 

Inside Tour of the IAF Unit Who Carries Out Targeted Killings
 

Visit to the Military Court
Watch Hamas Terrorist Trial
 

ATVs Tour on the Syrian Border
 

Israel From the Air:
Small Airplanes Flight
 

Visit to Erez Crossing
on the Gaza Border
 

Visit to Forward Position on the Lebanees Border
 

Shabbat in the Western Wall

 

  • Briefings by Mossad officials and commanders of the Shin Bet.
  • Briefing by officers in the IDF Intelligence and Operations branches.
  • Inside tour of the IAF unit who carries out targeted killings.
  • Live exhibition of penetration raids in Arab territory.
  • Observe a trial of Hamas terrorists in an IDF military court.
  • First hand tours of the Lebanese front-line military positions and the Gaza border check-points.
  • Inside tour of the controversial Security Fence and secret intelligence bases.
  • Meeting Israel’s Arab agents who infiltrate the terrorist groups and provide real-time intelligence.
  • Briefing by Israel’s war heros who saved the country.
  • Meetings with senior Cabinet Ministers and other key policymakers.
  • Small airplane tour of the Galilee, Jeep rides in the Golan heights, water activities on Lake Kinneret, a cook-out barbecue and a Shabbat enjoying the rich religious and historic wonders of Jerusalem’s Old City.

For Full Itinerary.

“I now understand why the Mission is called “The Ultimate Mission”. It is indeed the ultimate mission, the name is not just marketing. The Mission has exceeded ALL my expectations in every possible area. The speakers were amazing and, even though they are very busy people, they actually showed that they found it important to be with us. The sites we saw were impressive, what an excellent choice!” .

Geraldo Lima Filho, Sao Paulo, June 2010.

First Class Accommodation:

  • Five-star accommodations at the Leonardo Plaza (formerly Sheraton) Jerusalem (Glatt Kosher);
  • Three meals a day (all Kosher);
  • Luxury bus transportation and knowledgeable tour guide;
  • A dedicated Executive Communications Center at the hotel;
  • Personal cell phone for each participant.


I have visited Israel about 15 times (since 1968). I have joined Shurat Hadin on three missions. Before my first mission, I checked references. One of the references happened to be a friend who has traveled to Israel 25 times. She told me it was the best trip she ever had, and she was repeating it also. The trip promises many interesting experiences, and delivers in spades. I would recommend this to anyone, especially someone who has visited Israel before. Outstanding program, I guarantee you won’t be disappointed!”


Howard Feldman, Del Mar, CA, June 2009

 

Costs:


Cost of the Mission is US $2,835 per person.

  • Not including air fare.
  • Based on double occupancy.
  • A mandatory donation of $500 – $5,000 per person is required. Donations are needed to assist in the funding of the terror victim litigation against the Palestinian terrorist organizations, their leaders and financial patrons. The donations will permit the survivors of the hundreds of killed and injured to seek justice and compensation through the court systems around the world. All donations in the US are tax-deductible.Shurat HaDin – Israel Law Center is a fully independent non-profit organization, unaffiliated with any political party or governmental body. Shurat HaDin’s budget relies entirely on the generosity of donors.


Contact Us:

US Phone: 212-591-9347
Israel Phone: 972-3-7514175
Israel Fax: 972-3-7514174
email: mission@israellawcenter.org

Egitto: esplode il gasdotto che rifornisce Israele

5 febbraio 2011 Lascia un commento

THE BIG BANG!!!

Caspita che botto!! Nel dodicesimo giorno della “rivoluzione” (inshallah) egiziana, un gruppo di sabotatori ha colpito il gasdotto che rifornisce lo stato di Israele, della compagnia egiziana Emg. 
E’ avvenuto intorno alla cittadina di El-Arish, a pochi chilometri dal confine con Rafah e la Striscia di Gaza: il governatorato del nord Sinai che ha dato la notizia dell’esplosione riferisce anche che non ci sono viittime (solo due persone ferite lievemente) i perchè il tutto è avvenuto lontano dal centro abitato. L’esplosione precisamente è avvenuta nell’area di Sheikh Zuwayed, quindi a una decina di chilometri solamente col confine.
La forte esplosione, che ha devastato anche la principale stazione di pompaggio, è stata avvertita nel raggio di alcuni kilometri e poco fa è stato domato l’incendio scoppiato subito dopo: il fumo era visibile anche dalla Striscia, a 70 kilometri di distanza.
Il flusso di gas verso Israele è stato sospeso: lo stato ebraico riceve oltre il 40% del proprio fabbisogno nazionale, che arriva al porto di Ashqelon per poi essere impiegato in alcune centrali elettriche. Poco fa la radio militare israeliana ha comunicato che la zona del gasdotto colpita non è quella che rifornisce Israele ma la Giordania: niente di tutto ciò è confermato dal fronte egiziano.

Intanto altri 800 soldati israeliani sono andati, su ordine del primo ministro Bibi Netanyahu, a rimpolpare il confine con il Sinai e rimpiazzare totalmente la polizia.

 

Palestina: ancora un’intervista che si trasforma in testamento dopo 5 minuti.

12 gennaio 2011 Lascia un commento

Da Vittorio Arrigoni ci arriva questo testamento.
Doveva essere un’intervista, ma in pochi minuti è diventata un testamento. Accade spesso in terra di Palestina

Il mio nome è Mohammed Shaban Shaker Karmoot. Sono nato nel 1964.
Ho iniziato a lavorare come agricoltore quando ero giovane, prima di sposarmi, più di 35 anni fa.

MOHAMMED SHABAN SHAKER KARMOOT mentre rilasciava l'intervista

Mohammad Shaban Shaker Karmoot mentre rilasciava l'intervista il 10 gennaio 2010

Quanti figli hai?
Ho sei figli maschi, questo  è qui Kamal (indica il ragazzo), nato dalla seconda moglie. Ho quattro figli e tre figlie dalla mia prima moglie, e tre figlie e due figli dalla mia seconda moglie.
Ho comprato due dunam (un dunam equivale ad un chilometro quadrato)accanto alla via comunale più vicina alla buffer zone nei pressi Al Basayna. Qui ho desiderato e costruito una casa nella quale vivere con la mia famiglia.

Accanto a questo muro?
A 22 metri di distanza da quel muro. Queste due dunam sono mie, le ho comprate.

Quanto ti sono costate?
Le ho comprate per 7500 dinari giordani (circa 8 200 euro)

E dimmi, può raggiungere quei due ettari della tua terra?
Sì, certo, ma è molto rischioso, perché i soldati sparano.

Quindi non la puoi coltivare e neanche costruirci sopra?
Esatto, non posso fare nulla nella mia terra.

E’ stato così fin dall’inizio?
Una volta non era così. La mia terra era piena di alberi: palme, limoni, arance, clementine e altri frutti. Era piena di tutti i tipi di frutta possibili e immaginabili la mia terra. L’albero di mandorle che mi permetteva di riempire sacchi e sacchi di mandorle quando c’erano frutti,  (i soldati israeliani) me l’hanno sradicato proprio nel momento in cui ero pronto a raccogliere. Sono venuti di notte con i bulldozer e lo hanno sradicato.

Come è stata la tua vita? Come hai fatto per mantenere la tua famiglia?
Eravamo abituati a vivere una vita felice, lavorando su queste terre riusciamo a fare 650 NIS ogni mese (circa 150 euri), più il lavoro nei campi altrui, riuscivamo a cavarcela bene.

Questo  in che anno  è accadeva?
Prima che mi distruggessero le terre, credo nel 2003, all’inizio dell’ultima intifada.

Come ti sei sentito in quel momento?
Beh, come pensi che mi sia sentito? Mi sentivo come qualcuno a cui stavano strappando via il mio cuore,  mentre coi bulldozer gli israeliani distruggevano le mie terre. Ho assistito alla distruzione tutta una notte. Là c’era un grande albero di sicomoro,  quando è arrivato il bulldozer e ha distrutto e sradicati  tutto sono uscito con una torcia e ho visto che almeno mi avevano lasciato quell’albero dopo essersi ritirati. Era una notte di Ramadan, quando è successo, e poi le ruspe sono tornate di nuovo all’alba e hanno distrutto ciò che era rimasto dell’albero. Hanno impiegato solo tre ore per distruggere tutto la zona, utilizzando 8 bulldozer per distruggere tutta la zona.

E oggi continui a vivere in questa zona?
Quello che faccio qui o che si suppone io faccia, lo si può capire guardando questi alberi verdi qui. Sono io che lo ho coltivati, come ho coltivato il grano e l’orzo che al momento del raccolto è stato bruciato dall’esercito israeliano. Quest’anno quando siamo venuti a semonare i campi i soldati ci hanno sparato addosso.

5 MINUTI DOPO AVER RILASCIATO QUESTA INTERVISTA ALL’ONG ITALIANA GVC, UN CECCHINO ISRAELIANO A SPARATO E UCCISO MOHAMMED SHABAN SHAKER KARMOOT. Quest’ultimo assassinio è una sorta di avvertimento mafioso per quanti solidarizzano con i lavoratori palestinesi che resistono, gli ultimi veri uomini in questi tempi anonimi.

Mohammad Shaban Shaker Karmoot dopo cinque minuti

La resistenza palestinese colpisce a Kissifum

7 gennaio 2011 1 commento

La resistenza palestinese oggi s’è fatta sentire, vicino al kibbutz israeliano di Kissifum, a ridosso della Striscia di Gaza.
Le notizie per ora sono abbastanza contrastanti: inizialmente s’è parlato del ferimento di 4 soldati israeliani ( di cui due in maniera risultata immediatamente grave ) mentre cercavano di neutralizzare un gruppo di combattenti palestinesi scoperto mentre si avvicinava ai reticolati di confine. Le prime fonti israeliane parlano di un gruppo che voleva deporre ordigni esplosivi; una volta scoperti e iniziato lo scontro a fuoco il commando di Gaza avrebbe usato colpi di mortaio ai danni del gruppo di paracadutisti israeliani colpiti.
Poco dopo diversi elicotteri si sono alzati in aria e Vittorio Arrigoni ci racconta in diretta di diverse sirene della Mezzaluna rossa che urlano intorno al campo di Bureij….

ore 20.56 (italiane): secondo fonti militari israeliane uno dei due soldati che avevano riportato le peggiori ferite è appena deceduto, mentre è salito a 5 il numero dei feriti. Poco fa i media israeliani hanno tentato di parlare di “fuoco amico”… come sempre, gli brucia troppo dichiarare che i loro super soldati sono stati colpiti dal fuoco palestinese.

 

Italia-Israele: esercitazioni militari congiunte tra Sardegna e Neghev

10 dicembre 2010 4 commenti

AH!

Che bella notizia! Non avevamo dubbi riguardo la collaborazione tra esercito italiano e israeliano, ma leggere questi lanci d’agenzia tutti felici ed orgogliosi mi fa sentire in dovere, almeno, di segnalarlo. Un portavoce dell’aviazione militare israeliana a Tel Aviv ci fa sapere proprio oggi che la base di Ovda, in pieno deserto del Neghev, ha ospitato un’esercitazione congiunta delle due aviazioni.
In più è generoso di particolari e ci racconta che l’esercitazione di addestramento seguiva una, avvenuta circa due settimane fa, in una base con sede in Sardegna (dalla foto del loro logo si capisce che s’è tenuta a Decimomannu!). In questi giorni invece, piloti con tricolore sulla spalla, hanno seguito i loro colleghi israeliani in voli sopra aree desertiche, non ci specificano a far cosa. Ma son sempre più orgogliosi nel comunicarci che queste esercitazioni congiunte rientrano in piani di carattere annuale progettati da molto tempo, che fanno parte del lavoro costante di cooperazione tra aviazione israeliana e quelle di molti altri paesi del mondo.

L’aviazione israeliana solamente ieri ha compiuto due attacchi sulla popolazione della Striscia di Gaza e nell’ultima guerra mossa contro quell’enorme prigione a cielo aperto che è Gaza, meno di due anni fa, ha ucciso con le sue bombe più di mille civili.

Gaza: Israele bombarda la popolazione con il fosforo bianco

Israele brucia: ma gli aerei servon solo a bombardar civili!

4 dicembre 2010 Lascia un commento

Ieri pensavo proprio a questo, a come l’incendio del Monte Carmelo, montagna che sovrasta la città ormai israeliana di Haifa, fosse una rappresentazione ottima di quello che è oggi lo strato israeliano.
Tanti mezzi militari da esser l’esercito più intoccabile del pianeta, il più forte, il più moderno e ricco di avanzata tecnologia.
Eppure per un incendio ci son stati 41 morti.
41 morti, perchè gli unici aerei che si comprano in Israele sono i cacciabombardieri, non i canadair.
41 morti…la resistenza palestinese ci mette anni a farli.
ma questo è un discorso lungo e fazioso, antisemita direte voi!

Il drammatico incendio del Monte Carmelo visto da Gaza
scritto per Peacereporter da Vittorio Arrigoni – Gaza City

La festa ebraica delle Luci, la Hanukkah, ha messo in luce il vero nemico d’Israele: Israele stesso.

E’ salito a quarantadue il numero dei mortinel terribile incendio che da ieri sta divorando i boschi del monte Carmelo, nei pressi della città di Haifa. Mentre la stampa critica pesantemente le autorità e gli apparati di soccorso nazionali, il governoammette di essere stato colto di sorpresa e di non riuscire a domare da solo l’inferno che in 24 ore ha ridotto in cenere quasi quattro mila ettari di terra e ha causato l’evacuazione di ventimila persone.
Si attendono in Israele gli arrivi di una ventina di mezzi di soccorso da Europa, Stati Uniti, Egitto, Giordania e perfino dalla Turchia, primo atto di distensione fra i due paesi voluto dal premier Erdoğan dopo la crisi politica conseguente al massacro di civili turchi a bordo della nave Mavi Marmara da parte di commandos israeliani.

Un Paese che spende ogni anno il 12,3 percento del suo Pil per la sicurezza (la maggioranza dei paesi dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico spendono l’1-2 percento del loro Pil per la sicurezza) per la difesa contro i pericoli esterni, per lo più immaginari, certamente esagerati, non può fingere di essere sorpreso. Solo all’inizio di ottobre alla firma del contratto di acquisto di venti cacciabombardieri F-35A Lightning II dagli Stati Uniti, per un importo di 2,75 miliardi di dollari, il premier Netanyahu definì la spesa come “vitale” per la difesa della nazione. Ed eccoci ad oggi, ad una scintilla su un terreno arido nelle periferia di Haifa che in poche ore cause quarantadue morti, molte più vittime di quante ne possa provocare il terrorismo palestinese in dieci anni.
Forse era più intelligente e responsabile acquistare qualche cacciabombardiere in meno e qualche Canadair in più, invece di richiederne disperatamente da Grecia e Cipro.
In un Paese in cui l’opinione pubblica è stata addomesticata ad adottare la paura del nemico esterno, degli arabi, come il pilastro principale della politica e della cultura non risulta paradossale avere a disposizione un arsenale di centinaia di testate nucleari, e contemporaneamente un corpo di vigili del fuoco da realtà terzomondista. Tranne quando avviene una strage come questa a risvegliare dal torpore le coscienze.
Israele è questo, un Paese dove l’establishment della difesa dedica quasi tutte le sue risorse per sviluppare tecnologie sempre più avveniristiche, e insieme, secondo quanto denuncia oggi l’associazione dei pompieri israeliani, mentre gli standard internazionali richiedono un vigile del fuoco ogni mille cittadini, un paese in cui questo rapporto è di solo uno ogni diecimila. Lo scandalo delle incompetenze dinnanzi alla più grande catastrofe naturale della storia d’Israele, sta facendo divampare le fiamme da Haifa sulle fondamenta della Knesset, il Parlamento israeliano.
Il governo vacilla sotto il peso delle critiche e la prima testa destinata a cadere sembra essere quella del ministro degli Interni Eli Yishai. Leader del partito della destra religiosa Shas, noto razzista, Yishai è il responsabile dei progetti edilizi per i coloni israeliani in Cisgiordania, ed è anche il principale teorico dell’esistenza di una sorta di gene ebraico acquisibile per conversione (a detta sua: “Un convertito, se si converte attraverso l’ortodossia, ha un gene ebraico”): in pratica la teoria nazista della razza superiore in chiave mistica israeliana.
Ieri notte un prefisso israeliano è apparso sul display del mio telefonino: un caro e vecchio amico mi avvisava di una voce inquietante che gira per Israele. “Il governo farà di tutto per restare in sella, e piuttosto che pagare il prezzo della sua imperizia, potrebbe costruire ad arte la matrice di questo inferno come un attentato. Magari su mandato di Gaza.” Allora l’incendio che si sta inghiottendo i boschi di Haifa sarebbe uno scherzo rispetto alla coperta di lava magmatica che ricoprirebbe la Striscia.

Restiamo Umani.

Munizioni DUM DUM, adolescenti e barriere illegali: Arrigoni da Gaza

3 ottobre 2010 2 commenti

Ha lottato tutta la notte in un letto d’ospedale in bilico fra la vita e la morte, ma alla fine pare averla scampata Sliman, lo studente palestinese di vent’anni colpito ieri al confine da un cecchino israeliano.

terrorism by israel L’ultima vittima civile di un confine a Est della Striscia di Gaza che pressoché quotidianamente s’inghiotte vite umane, tramite le torri di sorveglianza munite di mitragliatrici dal grilletto facile, i carri armati, le jeep, i droni, gli elicotteri Apache, i caccia F16. Saliman Abu Hanza di Abbasan Jadida è stato centrato da un tiratore scelto durante le manifestazioni che ieri mattina hanno visto riversarsi dinnanzi al reticolo di filo spinato centinaia di palestinesi accompagnati da alcuni giornalisti e dagli attivisti dell’International Solidarity Movement, per chiedere a gran voce la fine dell’assedio criminale, lo stop al proliferare delle colonie israeliane illegali in West Bank, e per rivendicare il diritto a calpestare la loro legittima terra dinnanzi al confine.

Le manifestazioni non violente si sono svolte in contemporanea alle 11 in tre diverse aree della Striscia: a Nord-Est a Beith Hanoun, e nel centro-Est ad Al Maghazi, i militari israeliani hanno sparato a in direzione dei dimostranti fortunatamente senza ferirne  alcuno, mentre ad Faraheen vicino a Khan Younis i cecchini entravano in azione. Kamal, un amico di Sliman, descrive l’accaduto: “Ero con Sliman e stavamo camminano assieme verso la linea di confine con in mano le nostre bandiere. Quando  le jeep sono accorse i soldati israeliani hanno iniziato immediatamente a spararci addosso e io sono fuggito indietro cercando un riparo. All’improvviso ho visto il mio amico cadere  colpito allo stomaco. E’ stato un colpo singolo, chiaramente mirato, partito dal fucile di precisione di un cecchino.”

3 OTTOBRE: AGGIORNAMENTI. SLIMAN HA RIPRESO CONOSCENZA E COMBATTE PER LA SUA VITA

Con altri ragazzi Kamal si è preso in spalle il corpo dell’amico ferito che perdeva copiosamente sangue e per 500 metri lo hanno trascinato fino ad un motocarro, sul quale Sliman è stato trasportato fino all’ospedale Europa di Khan Younis. Entrato in sala operatoria verteva in una situazione critica: “Seri danni interni al suo addome, tre lesioni all’ intestino, alla vena iliaca sinistra e al retto. Ha subito giù  una serie di operazioni chirurgiche e molte  trasfusioni di sangue, le prossime 24 ore sono cruciali.”  A detta del dottore che lo ha preso in cura. Come avvenne perl’omicidio di Ahmed Deeb, il 28 aprile scorso sempre durante una manifestazione non violenta al confine, anche contro Sliman Abu Hanza. Il cecchino israeliano ha utilizzato un particolare tipo di proiettile, comunemente detto “dum dum”, che si frantuma al momento dell’impatto producendo gravissime  lesioni interne e causando spesso la morte della vittima. L’uso dei dum dum è stato vietato dalle Convenzioni di Ginevra dopo la prima guerra mondiale, così come il fosforo bianco, le bombe dime e le “flechettes”, armi illegali che l’esercito israeliano non lesina di adoperare contro la popolazione civile di Gaza, come dimostrato ampiamente dalle maggiori organizzazioni per i diritti umani.

Interpellato questa mattina un dottore dell’ospedale Europa mi ha confermato che Sliman è in cura intensiva e le sue condizioni sono stabili.
Sliman è la soltanto l’ultima vittima  dell’esercito israeliano dal 2 settembre, data che se da un lato ha visto la ripresa dei colloqui fra Netanyahu e Abu Mazen, qui Gaza è coincisa con una escalation di violenza contro  la popolazione civile. Sono sette morti ammazzati dai soldati israeliani dall’inizio di questo mese nella sola Striscia. Venerdì, il giorno dopo il verdetto con cui la  Commissione per i Diritti Umani dell’ONU condanna Israele per “omicidio e  tortura” in riferimento al massacro della Freedom Flotilla, un giovane pescatore, Mohamed Bakri, è stato assassinato dalla marina di Tel Aviv mentre con la sua minuscola imbarcazione stava pescando poco distante dalla costa.
Una ulteriore riprova di ciò che andava affermando il compianto Edward Said: “I negoziati di pace sono i primi ostacoli alla pace“. Dopo oltre 15 anni di colloqui farsa, che hanno sortito come unico risultato meno  terra e meno diritti per i palestinesi e il proliferare delle colonie illegali israeliane, non è più riposta molta fiducia nella comunità internazionale e nei giochi politici.
Semmai i palestinesi guardano con più speranza verso le mobilitazioni della società civile mondiale in loro sostegno, alla campagna di boicottaggio del BDS Movement, alle  missioni umanitarie che cercando il modo con cui spezzare l’assedio riportano la tragedia di Gaza in auge sui media occidentali, come il convoglio Viva Palestina attualmente in viaggio, e l‘Irene, l’imbarcazione di pacifisti ebrei in navigazione in queste ore verso Gaza.

Restiamo Umani.
Vittorio Arrigoni da Gaza city

Fine Ramadan sotto il piombo israeliano: che novità!

10 settembre 2010 4 commenti

Gaza, 10 settembre 2010, Nena News –

I musulmani in tutto il mondo oggi celebrano l’Eid al Fitr, i tre giorni di festa a chiusura del mese di Ramadan, in cui i fedeli digiunano dall’alba al tramonto. Per la Striscia di Gaza però questi giorni non sono diversi da quelli di guerra e privazione vissuti in questi ultimi anni. La scorsa notte, mentre la popolazione si prepavava alla ricorrenza, l’aviazione militare israeliana ha colpito in più punti Gaza, causando il ferimento di almeno cinque persone. Testimoni, tra i quali l’attivista italiano Vittorio Arrigoni, hanno riferito di un bombardamento massiccio che oltre a provocare danni e feriti ha gettato nel panico migliaia di persone.

I razzi sganciati dai cacciabombardieri israeliani hanno colpito quattro punti, anche a sud di Gaza, tra i quali, secondo quanto riferito dal sito online del quotidiano Haaretz, una presunta base di addestramento del movimento islamico Hamas che controlla la Striscia dal giugno 2007. Il portavoce militare israeliano ha definito i raid una «risposta» agli ultimi colpi di mortaio e ai lanci di razzi artigianali partiti da Gaza in direzione del territorio meridionale israeliano. Stamani in reazione al bombardamento aereo, militanti palestinesi hanno sparato da Gaza un razzo verso il Neghev.(red) Nena News

“L’unica crisi è Shalit”, alla faccia di un milione e mezzo di persone

1 luglio 2010 6 commenti

Danny Ayalon

Senza vergogna il vice ministro degli esteri israeliano Danny Ayalon ha totalmente negato (poi parlano di negazionismo) la crisi umanitaria che tartassa la Striscia di Gaza e la sua popolazione da decenni. “L’unica questione umanitaria è quella di Gilad Shalit” ha sostenuto in barba alle migliaia di morti dell’ultima incursione, all’embargo, l’assedio, la malnutrizione, la disoccupazione, l’occupazione militare. Niente di tutto ciò esiste: per loro c’è solo 1 soldato del loro esercito rapito da Hamas e detenuto nella Striscia.

Questo è quello che ha dichiarato un vice ministro israeliano: niente mi stupisce delle sue parole, ma trovo necessario pubblicarle, necessario far circolare le sue dichiarazioni. E’ riuscito a dire che Israele aiuta Gaza per il 40% dei beni che riescono a superare il confine e che l’unica condizione umanitaria inaccettabile e assurda è quella che da quattro anni vive Shalit.
Una dichiarazione vergognosa e falsa: una dichiarazione che sputa in faccia a più di un milione e mezzo di persone sequestrate in un carcere a cielo aperto, sottoposti ad ogni tipo di sopruso da parte di un esercito occupante che compie raid quotidiani e tiene migliaia di persone in carcere senza un’accusa. Diecimila sono i detenuti nelle carceri israeliane e il numero di minorenni è raccapricciante: il signor Ayalon non ha occhi per vedere questo.I suoi soldati però, i suoi servi armati, stuprano quotidianamente quella popolazione.

Israele è uno stato assassino (come tutti gli stati mi risponderete correttamente)!
PALESTINA LIBERA!

Nessuna crisi umanitaria

Dopo gli spari in acque internazionali anche il furto dai conti correnti

9 giugno 2010 1 commento

La notizia ha dell’incredibile anche per chi, come me, raramente si stupisce per gesti ed eventi gestiti da Israele e i suoi soldati (di ogni divisa e forma).
Ma questa ha veramente superato il prevedibile.
Parliamo ancora una volta di Manolo Luppichini, il nostro compagno, che da regista freelance era imbarcato sulla Freedom Flottiglia: non a bordo della Mavi Marmara dove c’è stato l’eccidio israeliano, ma su un’altra delle imbarcazioni che componevano la flotta di aiuti umanitari, la “8000” come il numero dei prigionieri palestinesi nelle mani israeliane.

Ora le sue parole, in una dichiarazione di oggi, ci lasciano sconcertati: «Sono rientrato in Italia il 3 giugno – racconta- ma a Roma solo l’altro ieri, il 7 giugno. Sono andato subito in banca per bloccare la carta, ma dai tabulati risulta che è stata utilizzata in Israele il 4 giugno, quando io ero già rientrato, per due volte. Una prima volta sono stati prelevati solo 2 euro, probabilmente per fare una prova poi, una seconda volta, 52 euro, dopodichè il credito disponibile sulla carta si è esaurito. Non solo mi hanno sequestrato tutto il materiale di lavoro  telecamere, e registrazioni, ma, come se non bastasse, hanno anche speso i miei soldi, attingono al mio conto corrente, e questo è un fatto intollerabile. Sono basito e senza parole. Non capisco se si tratti di arroganza o ingenuità». «A questo punto – prosegue Luppichini – mi chiedo in mano a chi siano le mie cose. Pretendo di ricevere indietro tutto quello che mi è stato sequestrato»
E’ riportato dalle agenzie stampa…
mentre QUI potete ascoltarlo dai microfoni di Radio Onda Rossa

Manolo è rientrato: ” i morti sono 19, non 9 “

3 giugno 2010 6 commenti

Traduzione verso il carcere di Beersheba per gli attivisti internazionali REUTERS/Alberto Denkberg

Jenny Campbell, infermiera australiana di 25 anni a bordo della Mavi Marmara ha raccontato a Manolo Luppichini,nelle ore di prigionia, di aver contato lei stessa 19 corpi. 19 cadaveri nell’infermeria della nave: le parole e i numeri son chiari…peccato che i corpi rientrati da Israele sono 9.
Nove corpi al posto di 19.
Più di uno  di questi avevano evidenti colpi d’arma di fuoco alla nuca: anche dagli elicotteri avrebbero sparato raffiche di mitra.
Riferiscono ancora l’infermiera e Manolo di “aver visto più di un corpo gettato in mare dai commandos israeliani”.
Molti particolari vengono fuori dalle testimonianze di Manolo, appena rientrato a Roma da Tel Aviv, per ultimo e da solo.
E’ stato trattenuto più ore degli altri, e picchiato in aereoporto, per un battibecco avvenuto con un poliziotto israeliano mentre aggrediva fisicamente un ragazzo palestinese. Almeno possiamo ritenerci leggeri per riavere tra noi il nostro compagno Manolo, che ha vissuto il blitz, l’atto di pirateria internazionale, della marina israeliana a bordo della nave “8000”.
8000: il numero dei prigionieri palestinesi rinchiusi nelle carceri israeliane.
Racconta Manolo come sono stati presi in ostaggio, sotto la costante minaccia delle armi: hanno minacciato, con le armi alla nuca anche il figlio di 13 mesi del capo macchina Ekrem Oren.

Ecco la corrispondenza con Radio Onda Rossa
Intanto ben tornato compagno nostro.

Manolo ancora a Tel Aviv, sequestrato dallo Stato d’Israele

3 giugno 2010 Lascia un commento

Come avrete notato questo blog è rimasto pietrificato davanti agli ultimi fatti avvenuti in acque internazionali, del nostro Mar Mediterraneo.
Un blog senza parole, che non si è mai aggiornato dalle montagne vacanziere dove si trovava poco prima dell’immane e inaccettabile tragedia.
E così solo due righe, per dire che son rientrati tutti tranne il nostro compagno, tranne Manolo che non è stato imbarcato sul volo dopo le 12 ore di fermo (ulteriori) dentro l’aereoporto di Ben Gurion (ci son passata, non l’auguro a nessuno).

L’Italia ieri ha votato contro la risoluzione dell’ONU… che c’è da commentare?
Non perchè io creda nelle risoluzioni dell’ONU contro Israele, ma insomma….facciamo veramente schifo.
E quindi ancora solo rabbia e tanta ansia: piena solidarietà a Manolo che ancora si trova sequestrato dallo stato sionista d’Israele,
solidarietà a Manolo, che ha risposto ad alcuni schiaffi dentro l’aereoporto verso un palestinese e non è stato lasciato partire.
Tanto, come si poteva immaginare, sono tutt@ partiti senza materiale e bagagli.
Nessuna foto, nessun video, nessun fermo-immagine è stato salvato dal sequestro.

LO STATO SIONISTA SI CONFERMA ESSERE LA FECCIA DI QUESTO PIANETA: UNO STATO OCCUPANTE, SEGREGAZIONISTA, TEOCRATICO E MILITARE.
UNO STATO DA ABBATTERE, PRIMA DI TUTTI GLI ALTRI

Per gli aggiornamenti ascoltare Radio Onda Rossa

Un po’ di assenza …

27 marzo 2010 Lascia un commento

Senza il mio computer è difficile seguire il mondo.
Saranno giorni un po’ bui nelle pagine di questo blog…un po’ di vacanza sia per me (finalmente) che per il mio Mac.
Lui è in beauty farm e tornerà più giovane e scattante, io tra le braccia calde di un amore e di un piccolo esserino davanti al mare. Ci vuole proprio, cazzarola!
Quindi scusate l’assenza già da un po’ e che proseguirà ancora per giorni…tranne qualche apparizione che tenterò, senza nemmeno troppi sforzi.
😉

Il mio cuore ieri notte è stato a Gaza.
Dove sono rientrati i tank israeliani.
Il mio cuore è stretto col filo spinato ad ogni combattente su quella e qualunque altra terra…
Il mio cuore, come sempre, è dietro le sbarre di una cella e dentro le radici di tutti gli ulivi di Palestina.
LIBERTA’ PER TUTT@
LIBERTA’ PER LA PALESTINA E PER IL SUO POPOLO IN LOTTA

Gerusalemme e la “collera”

17 marzo 2010 Lascia un commento

Ieri non ho avuto modo di aggiornare il blog, quindi non ci sono mie righe di commento ai fatti di Gerusalemme e, nemmeno, alla decisione del premier israeliano di accordare la costruzione di nuovi insediamenti, in barba non solo a decine e decine di risoluzioni ONU, ma anche alle direttive statunitensi.
Momento di tensione eccellente quindi, come poche voltre in precedenza: i rapporti diplomatici e politici tra Israele e Stati Uniti hanno preso una bella sprangata sui denti dopo questa decisione unilaterale di Nethanyahu.
Così ieri la popolazione è scesa in piazza, soprattutto a Gerusalemme, in quella che è stata denominata la “giornata della collera”.
Ieri ci sono stati scontri e pestaggi, barricate e sassaiole per la città che non sto qui a raccontare visto anche lo spazio che hanno trovato nei media mainstream.
Scrivo in ritardo di un giorno quindi, solo per ribadire la mia totale vicinanza a quel popolo in lotta, in una lotta che anno dopo anno è sempre più massacrante, estenuante e contro un nemico che fa rimpiangere i “mulini a vento”.
Ieri, oltre alla giornata della collera e dell’ira era anche l’anniversario della morte, dell’assassinio di Rachel Corrie, schiacciata da un bulldozer dell’esercito israeliano mentre manifestava pacificamente contro le demolizioni di case palestinesi nella Striscia di Gaza.
Ciao Rachel, sorella di Palestina.

In questa pagina il ricordo che ho fatto lo scorso anno, con stralci delle sue lettere e un po’ di immagini!

Israele apre una diga: 2 città di Gaza restano sotto 4 metri d’acqua

20 gennaio 2010 Lascia un commento

Le ultime notizie che prendiamo da Infopal lasciano esterrefatti. 
Che l’acqua fosse uno degli elementi con cui Israele porta la sua guerra d’occupazione sui Territori palestinesi e sulla Striscia di Gaza lo sapevamo: l’acqua come strumento di rapina e controllo, l’acqua rubata e deviata…
Questa volta è stata usata come una vera e propria arma, l’ennesima contro la popolazione di al-Mighraqa e Hajar ad-dik, cittadine della zona centrale ed orientale della Striscia.
Una metodologia quasi medievale, che ricorda i lunghi assedi dei crociati, gli avvelenamenti delle sorgenti da parte dei rumi o in risposta ad essi e per mano delle truppe di Saladino; invece è presente, pura e semplice attualità, datata 2010.
Senza alcun preavviso (ci avrebbe stupito il contrario) è stata aperta la diga di Wadi Gaza, cosa che ha provocato un’immediata inondazione che ha coinvolto le due cittadine, allagando decine di case, devastando campi coltivati e causando lo sfollamento di centinaia di persone. Gli eternamente profughi, per l’ennesima volta sfollati, sono stati ospitati all’interno di scuole e riforniti di cibo, coperte e vestiti.

Il direttore della protezione civile, dopo aver messo in salvo una 60ina di cittadini di al-Mighraqa, rimasti bloccati, ha sottolineato allarmato che il livello dell’acqua è in continuo aumento cosa che mina la sicurezza anche dei villaggi circostanti alla zona già inondata.
Le notizie non sono di certo positive; è la stessa protezione civile a testimoniare che le forze d’occupazione israeliane hanno annunciato di voler aprire un’altra diga che da sulla stessa valle: la diga di Wadi ha ormai qualche decennio ed era stata costruita proprio con lo scopo di privare la Striscia dell’acqua che naturalmente riempiva il wadi durante l’inverno.

Ieri la diga sarebbe stata aperta senza preavviso a seguito della pesante alluvione che ha colpito la zona meridionale dello stato occupante israeliano, quella del deserto del Neghev, dove ci sono stati diversi dispersi e ingenti danni.
Divertente anche vedere come si comportano le agenzie italiane nel riportare la notizia: parlano dell’alluvione sul povero stato israeliano colpito da calamità naturali, per poi raccontare che le “alluvioni” hanno coinvolto anche la striscia di Gaza dove il livello dell’acqua ha raggiunto in alcuni villaggi i 4 metri: nessun riferimento, ovviamente, alla diga. 
“Così – affermano a Gaza – gli occupanti ottengono due risultati: proteggere se stessi dalle inondazioni, allagare la Striscia di Gaza e aumentare la sofferenza della popolazione palestinese assediata”.

Israele si conferma portatore di democrazia e civiltà.
Israele si conferma stato assassino!

UN ANNO DAL GENOCIDIO DI GAZA!

27 dicembre 2009 1 commento

Un giorno da ricordare, malgrado sarebbe bello potersene dimenticare.
Un anno fa il cielo di Gaza, il cielo, il mare, la terra della Striscia di Gaza si coprirono di un’ombra di morte che non li abbandonò per poco più di un mese. Più di 1400 persone se  ne andarono dietro a quell’ombra e fare il conto di quanti bambini sotto i 9 anni ci sono tra quei numeri, fa paura, orrore, dovrebbe far indignare, urlare e combattere.

13 morti, tredici, 13, tredici morti tra gli israeliani!

E invece parlando in giro, guardandosi intorno, si capisce come il ricordo di Gaza sia vago, malgrado 365 giorni non siano così tanti.
Se si sfoglia La Repubblica di oggi è palese quello che l’Italia ricorda: nulla.
Non una riga, non un titolo, niente che ricordi un attacco terroristico legalizzato e prolungato per 34 giorni su una cittadinanza inerme, completamente assediata, privata di qualunque possibilità di vita normale, di riscatto, di lavoro o studio, di una normale costruzione di relazioni personali.
Neanche tutta la sinistra ha il buon gusto di ricordare. Lo fa “il Manifesto”, lo fa “Liberazione”, ma già “Gli Altri” , divenuto da poco settimanale,  non ha avuto il buon gusto di sprecare una sola battuta d’inchiostro a riguardo. Malgrado le migliaia sprecate per cose poco leggibili. Buono a sapersi.

Nessun popolo al mondo vive la situazione di Gaza: nessuno vive con la densità di popolazione presente in quei vicoli sudici. Nessuno è costretto a nascere, crescere, fare figli e vederli morire in una stessa stanza da dividere minimo in 10. Stanza dove non esiste un giorno di intimità, dove non esiste niente di quello che rende una vita “normale”; stanza che poi viene meticolosamente, ripetutamente, abbattuta, bombardata, rasa al suolo.
Una striscia di terra stuprata, un terra di profughi che lì sono stati deportati, trasformati in detenuti a cielo aperto, in essere viventi privati di qualunque libertà, per poi condurre decenni di vita da animali in gabbia, da detenuti senza reato, da bambini dagli occhi profondi che non guarderanno mai più lontano di pochi metri.
Non riesco nemmeno a scriverne lucidamente: nel ricordare quell’operazione si dovrebbero dare dei dati, parlare degli armamenti usati, parlare degli studi fatti poi sui corpi e sul suolo che ci provano la pericolosità costante di chi vive su un territorio ormai completamente contaminato da sostanze chimiche e tossiche, cancerogene e pericolose.
Si dovrebbe parlare degli effetti che fanno i bombardamenti sui bambini, che vuol dire crescere con continue incursioni, in stanze sovraffollate con il cielo carico di cacciabombardieri. Si dovrebbe parlare di quanti aborti spontanei ci sono negli ultimi mesi di gravidanza durante le incursioni, si dovrebbe parlare dei rifugi ONU rasi al suolo poco dopo che avevano comunicato alle forze israeliane di aver accolto manciate di profughi.
Si dovrebbe parlare delle bombe DIME e di come tranciano le vene per lasciarti morire come un carboncino monco, di come il fosforo mangia gli organi interni e lascia i tuoi vestiti intatti.
E ancora, i media internazionali obbligati a rimanere fuori, gli attivisti rimasti dentro infilati in liste nere di gente da far fuori il più velocemente possibile; e poi, quanti bambini trovati morti con un solo colpo di fucile al cuore? Quanti neonati sono stati fotografati trapassati da parte a parte da un solo colpo, preciso, al cuore o in testa?
Le avete viste quelle foto? E come avete fatto a dimenticarle?
Come fate ad essere complici di un simile genocidio, come fate a comprare i prodotti israeliani, come fate a spalmare sulla vostra pelle creme di bellezza israeliane sapendo che la pelle dei bambini di Gaza quando non è lacerata da ferite mortali è incisa da malattie e malformazioni? Come cazzo fate a non sentire il bisogno di fare qualcosa, anche se questo qualcosa fosse solo RICORDARE?
Come fa un settimanale “di sinistra”(oggi ce l’ho con il giornale di Sansonetti come mai prima d’ora) a non pubblicare nemmeno una foto che riporti il pensiero a quei giorni così vicini? Come si fa a rimuovere così?
Come si fa a star fermi? Come si può ancora sopportare?

“Fratello, io credo nel mio popolo errante, carico di catene.
Ho preso le armi perchè un giorno I nostri figli prendano la falce.
Il sangue delle mie ferrite irriga le nostre valli;
Esso ha dei diritti su di te, è il debito che non può più aspettare” – Jalal al-din – 

Fosforo bianco per le strade di Gaza

 

Categoria del blog: OPERAZIONE PIOMBO FUSO 

Roviniamo il natale alle aziende israeliane!

23 dicembre 2009 Lascia un commento

Che nessuna delle nostre tavole, imbandite e non, si senta esclusa.
Questo è un compito che abbiamo tutti, chi festeggerà e chi passerà queste giornate senza nemmeno pensarci … i prodotti di questa lista (solo una piccola parte di quelli che poi potete trovare sul sito per la campagna di boicottaggio) sono presenti sempre nelle nostre case, sono prodotti che siamo abituati a vedere nei nostri scaffali e non ad immaginare come finanziatori di morte.
Ma è così, quindi forse è il caso che iniziamo ad imparare a scegliere meticolosamente quello che portiamo alla bocca, quello che acquistiamo per noi e per gli altri.
Un anno, nemmeno, è passato dall’Operazione Piombo Fuso che ha raso al suolo la Striscia di Gaza e che ha provocato più di 1300 morti civili tra la popolazione: nemmeno un anno è passato ed ora sappiamo ufficialmente che tutto il territorio (uno tra i più densamente popolati al mondo) della Striscia è contaminato in modo grave e preoccupante dalle scorie degli armamenti usati da Israele. Fosforo bianco, uranio impoverito, bombe D.I.M.E. e tanti altri armamenti in sperimentazione, che hanno ucciso e che ora mettono a rischio la salute dell’intera popolazione di Gaza e della striscia.
Non dimentichiamoci di cosa è stato quell’attacco, non dimentichiamoci delle scuole e dei rifugi ONU bombardati con i profughi che vi avevano appena fatto ingresso, non dimentichiamo Qana, non dimentichiamo i bambini giustiziati tutto quello che è successo nemmeno un anno fa, compiuto dall’Israel Defence Force.
E per rendere la memoria una vera arma di solidarietà, come tante volte urliamo negli slogan, facciamo che almeno il boicottaggio entri nella nostra quotidianità. 
QUESTA LA GUIDA IN PDF DEI PRODOTTI DA BOICOTTARE: Pasta, Campari, Caffè….apriamo gli occhi!

Altri articoli sull’Operazione Piombo Fuso.

“Rompere l’assedio”! L’Egitto vuole fermare la Gaza Freedom March

21 dicembre 2009 Lascia un commento

Il governo egiziano vuole impedire l’entrata a Gaza della Freedom March

A tutti i partecipanti italiani alla Gaza Freedom March. A tutti i compagni e gli amici del movimento di solidarietà con il popolo palestinese.

Ho ricevuto dalla nostra ambasciata al Cairo la comunicazione che il governo egiziano, dopo aver convocato gli ambasciatori delle 42 nazioni cui appartengono i volontari della Gaza Freedom March, li ha avvertiti che la Marcia non è autorizzata. Di conseguenza, pur non potendo impedire l’arrivo in Egitto di cittadini stranieri, impedirà ogni violazione delle leggi e della sicurezza del Paese, se necessario anche procedendo ad arresti. La nostra ambasciata non ha potuto che prendere atto delle dichiarazioni egiziane, non potendo agire autonomamente, in quanto la dimensione del problema va molto oltre i rapporti bilaterali italo-egiziani. Di seguito, trovate la traduzione del comunicato emesso, a nome di tutte le organizzazioni della GFM, dal Comitato organizzatore e un testo suggerito da inviare via mail/fax/tel. alle ambasciate egiziane. La mail dell’ambasciata in Italia è ambegitto@yahoo.com .  

Gaza Freedom March

21 dicembre 2009 

Siamo determinati a rompere l’assedio 
Continueremo a fare tutto il possibile perché si realizzi 
Con il pretesto di un aumento delle tensioni sul confine tra Gaza ed Egitto, il Ministero degli Esteri egiziano ci ha informato ieri che il confine di Rafah 
sarà chiuso nelle prossime settimane. Abbiamo risposto che la tensione c’è sempre al confine a causa dell’assedio, che non ci sentiamo minacciati e che, se ci sono rischi, sono rischi che siamo disposti a correre. Abbiamo anche detto che ormai è troppo tardi per gli oltre 1.300 delegati provenienti da più di 42 paesi per cambiare i loro programmi. Abbiamo entrambi convenuto di proseguire i nostri scambi. 
Anche se lo consideriamo un passo indietro, è comunque qualcosa che abbiamo incontrato – e superato – in passato. Nessuna delle delegazioni, grandi o piccole, che sono entrate a Gaza nel corso degli ultimi 12 mesi ha mai ricevuto un’ autorizzazione finale prima di arrivare al confine di Rafah. 
La maggior parte delle delegazioni sono state scoraggiate persino da lasciare il Cairo per Rafah. Alcune hanno avuto i loro pullman bloccati lungo la strada.
Ad alcune è stato detto chiaro e tondo che non potevano andare a Gaza. Ma a seguito di pressioni pubbliche e politiche, il governo egiziano ha cambiato la sua posizione e le ha lasciate passare.  
I nostri sforzi e i nostri piani rimangono invariati, a questo punto. Abbiamo deciso di rompere l’assedio di Gaza e marciare il 31 dicembre contro l’assedio israeliano. Continuiamo nella stessa direzione. 
Le ambasciate e missioni egiziane in tutto il mondo devono sentire la nostra voce e quella dei nostri sostenitori (per telefono, fax ed e-mail) nei prossimi decisivi giorni, con un messaggio chiaro: lasciate che la delegazione internazionale entri a Gaza e lasciate che la Gaza Freedom March faccia il suo cammino. 
Avete aderito e vi sieti iscritti per partecipare alla Gaza Freedom March: è stato il primo passo. Adesso, chiamate e scrivete all’ambasciata egiziana a Roma e chiedete ai parlamentari da voi eletti di chiamare a vostro nome.
Contattate i media locali per dire che state partendo per Gaza. Poi fate le valigie e venite al Cairo pronti a camminare insieme ai nostri fratelli e sorelle  di Gaza. 
Aspettiamo di vedervi tutti la settimana prossima. 

Comitato organizzatore
Gaza Freedom March 

** Esempio di testo per le chiamate/fax/email all’ambasciata  egiziana

 Scrivo per esprimere il mio pieno sostegno alla Gaza  Freedom March del 31 dicembre 2009. Chiedo al Governo egiziano di  consentire ai/alle 1.300  delegati/e internazionali di entrare nella Striscia di Gaza attraverso l’Egitto. Obiettivo della marcia è esigere da Israele la fine dell’assedio. La  delegazione internazionale consegnerà anche aiuti medici di cui c’è grande scarsità, così come materiale scolastico e giacche invernali per i bambini di Gaza. 
Per favore, lasciate che questa storica Marcia possa procedere. 
Cordiali saluti,

Il Canale YouTube della Gaza Freedom March

Ottima intervista a Jeff Halper fondatore dell’associazione israeliana contro la demolizione di case palestinesi

25 settembre 2009 Lascia un commento

Jeff Halper ha fondato in Israele  nel 1997 l’ICAHD, Israeli Committee Against House Demolitions (www.icahd.org), associazione di persone che per vie legali e con la disobbedienza civile si oppongono alla demolizione delle case palestinesi, e che forniscono supporto economico e materiale per la loro ricostruzione.

Intervista a Jeff Halper a cura di Lorenzo Galbiati – traduzione di Daniela Filippin
a cura di Lorenzo Galbiati (traduzione di Daniela Filippin)

Tu sei un cittadino dello “stato ebraico” di Israele, uno stato fortemente voluto nel Novecento dal movimento sionista e ottenuto dopo 50 anni di grande emigrazione degli ebrei europei nel 1948, sulla spinta della fine della Seconda guerra mondiale e del terribile crimine della Shoah. Che cos’è per te oggi, concretamente, il sionismo?

Jeff Halper

Jeff Halper

«Il sionismo fu un movimento nazionale che ebbe un senso in un determinato tempo e luogo. Mentre i popoli d’Europa cercavano un’identità come nazioni rivendicando i loro diritti all’autodeterminazione, allo stesso modo si comportavano gli ebrei, considerati all’epoca dalle nazioni d’Europa stesse un popolo separato. Tuttavia, due problemi trasformarono il sionismo in un movimento coloniale che oggi non può più essere sostenuto. Innanzitutto, il sionismo adottò una forma di nazionalismo tribale, influenzato dal pan-slavismo russo e dal pan-germanismo del centro Europa, culture dominanti nei territori dove la maggior parte degli ebrei vivevano in Europa, rivendicando la terra d’Israele fra il Mediterraneo e il fiume Giordano come fosse un diritto esclusivamente ebraico. Questo creò i presupposti per un inevitabile conflitto con i popoli indigeni, quelli della comunità araba palestinese, che ovviamente rivendicavano un proprio Paese dopo la partenza dei britannici. Se il sionismo avesse riconosciuto l’esistenza di un altro popolo nel territorio, “alloggiare” tutti in una sorta di stato bi-nazionale sarebbe stato ancora possibile. Ma pretendere la proprietà esclusiva, pretesa che anche oggi sussiste dai sionisti e da Israele, rende non fattibile uno stato “ebraico”. Il secondo problema fu che il paese non era disabitato. Una proprietà esclusiva del territorio avrebbe potuto funzionare se fosse stato completamente privo di abitanti. Ma visto che la popolazione palestinese esisteva ed era in effetti in maggioranza, cosa che sta avvenendo anche oggi, una realtà bi-nazionale esisteva già allora e doveva essere gestita come tale».

Molti anni fa tu ti sei trasferito dagli USA in Israele: è stata una scelta dovuta a motivi contingenti, personali, o spinta da una motivazione ideologica?

«Sono cresciuto negli Stati Uniti negli anni ’60. Sono sempre stato coinvolto nelle attività politiche della sinistra (o perlomeno la nuova sinistra): i movimenti per i diritti civili di Martin Luther King, il movimento contro la guerra in Vietnam ecc. Dunque, dopo il 1967 sono diventato critico dell’occupazione d’Israele (Israele non fu mai un argomento politico di grande rilievo prima di quel momento). Ma gli anni ‘60 furono anche un periodo in cui molti di noi cittadini americani bianchi di classe media rifiutavamo il materialismo americano e la conseguente superficialità della sua cultura, cercando significati più profondi attraverso la ricerca delle nostre radici etniche. Man mano che divenivo più distaccato dalla cultura americana, la mia identità di ebreo diventò centrale – ma in senso culturale e viscerale, non religioso. Ho viaggiato attraverso Israele nel 1966, mentre ero in transito per andare ad effettuare delle ricerche in Etiopia, e il paese mi “parlò”. Provai un senso di appartenenza che risultò soddisfacente alla mia ricerca di un’identità, pur restando conscio a livello politico dell’occupazione, a cui mi opponevo. Quando mi sono trasferito in Israele nel 1973, mi sono immediatamente unito ai movimenti pacifisti di sinistra. Le mie vedute negli anni sono cambiate coi tempi e le circostanze. Ormai non sono più un sostenitore della soluzione dei due stati, visto che non ritengo che Israele sia realizzabile come stato “ebraico”, sostenendo al contrario la soluzione dello stato bi-nazionale. Però credo ancora che gli ebrei abbiano legittimamente diritto a un posto in Israele/Palestina, anche come entità nazionale. Non siamo stranieri in questa terra e non accetto la nozione che il sionismo sia semplicemente un movimento coloniale europeo (sebbene si sia effettivamente comportato come tale)».

Demolizione di una casa per mano israeliana a Dwayat

Demolizione di una casa per mano israeliana a Dwayat

In Europa, e segnatamente in Italia, sta passando l’equazione antisionismo uguale antisemitismo; infatti, il nostro presidente Napolitano durante la Giornata della Memoria del 2007 ha detto che va combattuta ogni forma di antisemitismo, anche quando si traveste da antisionismo, e qualche mese fa, il presidente della Camera Fini ha detto in tivù, di fronte all’accondiscendente presidente della comunità ebraica romana Riccardo Pacifici, che oggi l’antisionismo è la nuova forma che ha assunto l’antisemitismo. Come spieghi questo fenomeno? Che significato ha a livello politico internazionale?

«Questo è il risultato di una campagna martellante da parte del governo israeliano per mettere a tacere qualsiasi critica contro Israele o le sue politiche. Diversi anni fa, in una riunione di strategia tenutasi al ministero degli affari esteri, un “nuovo antisemitismo” fu inventato, che sfruttava in modo conscio e deliberato l’antisemitismo per fini di pubbliche relazioni israeliane. Il “nuovo antisemitismo” affermava che ogni critica mossa contro Israele era anche antisemita. Tutto ciò non è solo falso e disonesto da un punto di vista politico, ma pericoloso per tutti gli ebrei del mondo. L’antisemitismo è effettivamente un problema che andrebbe combattuto assieme ad altre forme di razzismo. Definirlo solo in termini israeliani lascia altri ebrei della diaspora senza protezione. E’ quindi considerato accettabile essere antisemiti, vedi Fini e gli evangelisti americani come Pat Robertson, ad esempio, purché si è “pro-Israele”. Loro lo sono per vari motivi (principalmente perché Israele si è allineata con elementi destrorsi e fascisti ovunque nel mondo). Ma se sei critico di Israele come Paese, ed abbiamo tutti il diritto di esserlo, non sei antisemita però vieni condannato e zittito secondo la dottrina del “nuovo antisemitismo”. E’ conveniente per Israele ma pericoloso sia per gli ebrei della diaspora che per chiunque si batta a favore dei diritti umani e contro il razzismo».

In Israele hai fondato l’Icahd, l’Israeli Committee Against House Demolitions, con il quale ti sei opposto, anche fisicamente, alla demolizione di molte case palestinesi, finendo più volte in carcere per questo. Come giudichi le politiche israeliane per l’assegnazione della terra e per i permessi edilizi? Credi si possa parlare di apartheid?

«I governi israeliani più recenti hanno tentato di istituzionalizzare un sistema di apartheid, basato su un “Bantustan” palestinese, prendendo a modello ciò che fu creato nell’era dell’apartheid in Sud Africa. Quest’ultima creò dieci territori non-autosufficienti, per la maggioranza abitati da neri, ricoprenti solo l’11% del territorio nazionale, in modo da dare al Sud Africa una manovalanza a buon mercato e contemporaneamente liberandola della sua popolazione nera, rendendo quindi possibile il dominio europeo “democratico”.homedemo Questo è esattamente ciò che intenderebbe fare Israele – il proprio “Bantustan” palestinese comprenderebbe solo il 15% del territorio della Palestina storica. In effetti, dai tempi di Barak come primo ministro, Israele ha proprio adottato il linguaggio dell’apartheid. Quindi il termine usato per definire la politica di Israele nei confronti dei palestinesi è hafrada, che in ebraico significa “separazione”, esattamente come lo fu in Afrikaans. Apartheid non è né uno slogan, né un sistema esclusivo del Sud Africa. La parola, come viene usata qui, descrive esattamente un regime che può aver avuto origine in Sud Africa, ma che può essere importato e adattato alla situazione locale. Alla sua radice, l’apartheid può essere definita avente due elementi: prima di tutto, una popolazione che viene separata dalle altre (il nome ufficiale del muro è “Barriera di Separazione”), poi la creazione di un regime che la domina definitivamente e istituzionalmente. Separazione e dominio: esattamente la concezione di Barak, Sharon e eventualmente, Olmert e Livni, per rinchiudere i palestinesi in cantoni poveri e non autosufficienti.
La versione israeliana dell’apartheid è tuttavia persino peggiore di quella sudafricana. In Sud Africa i Bantustans erano concepiti come riserve di manodopera nera a buon mercato in un’economia sudafricana bianca. Nella versione israeliana i lavoratori palestinesi sono persino esclusi dall’economia israeliana, e non hanno nemmeno un’economia autosufficiente propria. Il motivo è che Israele ha scoperto una manodopera a buon mercato tutta sua: all’incirca 300.000 lavoratori stranieri provenienti da Cina, Filippine, Thailandia, Romania e Africa occidentale, la pre-esistente popolazione araba in Israele, Mizrahi, etiope, russa e est europea. Israele può quindi permettersi di rinchiuderli là dentro persino mentre gli vengono negate una propria economia e legami liberi con i paesi arabi circostanti. Da ogni punto di vista, storicamente, culturalmente, politicamente ed economicamente, i palestinesi sono stati definiti un’umanità di troppo, superflua. Non gli resta che fare da popolazione di “stoccaggio”, condizione che la preoccupata comunità internazionale sembra continuare a permettere a Israele di attuare. Tutto ciò porta oltre l’apartheid, a quello che può essere definito lo “stoccaggio” dei palestinesi, una della popolazioni mondiali “di troppo”, assieme ai poveri del mondo intero, i detenuti, gli immigrati clandestini, i dissidenti politici e milioni di altri emarginati.
“Stoccaggio” rappresenta il migliore, e anche il più triste dei termini per definire ciò che Israele sta creando per i palestinesi nei territori occupati. Siccome lo “stoccaggio” è un fenomeno globale e Israele è stato pioniere nel creare un modello di questo metodo, ciò che sta accadendo ai palestinesi dovrebbe essere affare di tutti. Potrebbe costituire una forma di crimine contro l’umanità completamente nuovo, e come tale essere soggetto a una giurisdizione universale delle corti del mondo come qualsiasi altra palese violazione dei diritti umani. In questo senso l’“occupazione” di Israele ha implicazioni che vanno ben oltre un conflitto locale fra due popoli. Se Israele può confezionare e esportare la sua articolata “matrice di controllo”, un sistema di repressione permanente che unisce una amministrazione kafkiana, leggi e pianificazioni con forme di controllo palesemente coercitive contro una precisa popolazione mantenuta entro i limiti di comunità murate con metodi ostili (insediamenti in questo caso), mura e ostacoli di vario tipo contro qualsiasi libero spostamento, allora, in questo caso, come scrive lucidamente Naomi Klein nel suo libro The Shock Doctrine, altri paesi guarderanno ad Israele/Palestina osservando che : “Un lato sembra Israele; l’altro lato sembra Gaza”. In altre parole, una Palestina Globale».

Ti abbiamo visto in alcuni filmati descrivere la situazione di Gerusalemme est, spiegare quante e quali case palestinesi sono state distrutte: che cosa sta succedendo a Gerusalemme est? Si può parlare di pulizia etnica per Gerusalemme est, come fa Ilan Pappé?

«Concordo con Pappé nell’affermare che la pulizia etnica non stia avvenendo solo nella Gerusalemme est, ma anche nel resto dei territori occupati e in tutto Israele stesso. L’anno scorso il governo israeliano ha distrutto tre volte più case dentro Israele – appartenenti a cittadini israeliani che naturalmente, erano tutti palestinesi o beduini – rispetto al numero che ha distrutto nei territori occupati. L’ICAHD ha come scopo quello di resistere all’occupazione opponendosi alla politica di Israele di demolire le case dei palestinesi. Dal 1967 Israele ha distrutto più di 24 000 case palestinesi – praticamente tutte senza motivo o giustificazioni legate alla “sicurezza”, oltre ad aver dato decine di migliaia di ordini di demolizione, che possono essere messi in atto in qualsiasi momento».

Foto a cura dell'Ichad _demolizioni a Zur Baher_

Foto a cura dell’Ichad _demolizioni a Zur Baher_

Israele negli ultimi 4 anni ha sostenuto due guerre di invasione sanguinarie, quelle contro il Libano e la Striscia di Gaza. Ha ricevuto da molte parti accuse di crimini di guerra, sia per il tipo di armi che ha usato sia per la volontà deliberata di colpire la popolazione e le strutture civili, impedendo in molti casi i soccorsi medici. Come spieghi l’apparente consenso di una grande maggioranza di cittadini israeliani nei confronti di queste guerre? Come spieghi l’adesione a queste soluzioni politiche da parte di intellettuali considerati “pacifisti” come Grossmann e Oz?

«In Israele, la popolazione ebraica è ben poco interessata sia all’occupazione che al più universale principio della pace. Sono entrambi non-argomenti in Israele (non credo che siano stati menzionati una sola volta durante la passata campagna elettorale). Gli ebrei israeliani stanno attualmente vivendo una vita piacevole e sicura, e Barak e gli altri leader sono riusciti a convincere la gente che non esiste soluzione politica, che agli arabi non interessa la pace (siamo bravissimi a dare la colpa ad altri per evitare le nostre responsabilità di grande potenza colonizzatrice degli ultimi 42 anni!). Finché tutto sarà tranquillo e l’economia andrà bene, nessuno vuole sapere nulla degli “arabi”. Credo che dobbiamo rinunciare a sperare di vedere il pubblico israeliano come elemento attivo del cambiamento verso la pace. La maggior parte degli israeliani non si intrometterebbero in una soluzione imposta se la comunità internazionale dovesse insistere nell’imporne una, ma non farebbero alcun passo significativo da soli in quella direzione. Alla stessa maniera dei bianchi in Sud Africa, che accettarono e in alcuni casi dettero il benvenuto alla fine dell’apartheid, e che al tempo stesso non sarebbero mai insorti contro di essa. Invece per quel che riguarda gli “intellettuali”, anche loro non vedono. E’ la dimostrazione che si può essere estremamente sensibili, intelligenti, ricettivi come Amos Oz e alcuni dei nostri professori, che tuttavia rimangono al sicuro nella loro “nicchia”».

Tu da qualche anno sostieni che non è più praticabile sul campo la soluzione due nazioni due stati, poichè Israele ha ormai occupato con il Muro, le colonie e le strade gran parte della West Bank. Sostieni quindi la soluzione di uno stato laico binazionale. Oggi, dopo la carneficina di Gaza, e dopo le elezioni israeliane, è ancora immaginabile questa soluzione?

«Noi dell’ICAHD crediamo che la soluzione dei due stati sia irrealizzabile – a meno che si accetti una soluzione da apartheid, un mini-stato palestinese sovrano solo a metà sul 15% del territorio palestinese storico, spezzettato in ciò che Sharon chiama quattro o cinque “cantoni”. Non li vediamo né come fattibili né giusti o pratici, sebbene Israele li veda come una soluzione e stia spingendo in questa direzione al processo di Annapolis. Per noi la questione non è solo di creare uno stato palestinese, ma uno stato autosufficiente. Non solo questo minuscolo stato palestinese dovrà sopportare il ritorno dei rifugiati, ma un 60% di palestinesi sotto l’età di 18. Se emerge uno stato che non ha alcuna possibilità di offrire un futuro ai suoi giovani, una economia autosufficiente che può svilupparsi, rimane semplicemente uno stato-prigione, un super-Bantustan. boycott-israel-free-palestine
Credo che se non si materializzerà la soluzione dei due stati, e la soluzione per uno stato bi-nazionale (che io preferisco) verrà effettivamente impedita da Israele e la comunità internazionale, allora preferirei una confederazione economica medio orientale che comprenda Israele, Palestina, Giordania, Siria e Libano, nella quale tutti i residenti della confederazione abbiano la libertà di vivere e lavorare all’interno della stessa. Israele/Palestina è semplicemente un territorio troppo piccolo per poterci infilare tutte le soluzioni necessarie – la sicurezza, lo sviluppo economico, l’acqua, i rifugiati. E alla fine, quanto sarà grande lo stato palestinese sarà importante solo se verrà concepito come un’entità indipendente, economicamente autonoma. Se ai palestinesi sarà concessa la sovranità anche solo di un piccolo stato, più ristretto rispetto ai confini del ‘67, ma comunque avente l’intera confederazione per sviluppare la propria autonomia economica, credo che questo potrebbe rivelarsi lo scenario migliore. Ma questa è una proposta ambiziosa e campata in aria per il momento, e resta finora senza sostenitori (sebbene Sarkozy stia anche pensando in termini regionali). Quando si vedrà che la soluzione dei due stati è fallita, credo che allora la gente inizierà a cercare una nuova soluzione. E credo proprio che allora l’idea della confederazione risulterà sensata».

Credi che esistano forze politiche parlamentari, in Israele, in grado di sostenere un accordo autentico con i Palestinesi, in vista di una pace e della creazione di uno stato palestinese?

«L’unico ostacolo a un’autentica soluzione dei due stati (cioè uno stato palestinese disteso su tutti i territori occupati, con pochissime modifiche agli attuali confini) è nella volontà di Israele di permettere che avvenga. Giudicando dai fatti che si vedono sul terreno, la costruzione di nuovi insediamenti in particolare, nessun governo israeliano, né di destra né tanto meno di sinistra o centro, ha mai veramente considerato la soluzione dello stato palestinese come fattibile. Per rendere le cose ancora più difficili, se un simile governo dovesse mai emergere (e non ve n’è uno in vista), non avrebbe alcun mandato, alcuna autorità per evacuare gli insediamenti e “rinunciare” ai Territori Occupati Palestinesi considerato l’estrema frammentazione del sistema politico israeliano. Semplicemente, fra i partiti politici non vi è alcuna unità d’intenti per concordare veramente una soluzione di pace e di due stati. Ecco perché, se la comunità internazionale dovesse forzare Israele a ritirarsi per una vera pace, il pubblico israeliano la sosterrebbe. Israele non è destrorso quanto la gente immagina. Ho quindi una formula per la pace: Obama, l’ONU o la comunità internazionale dovranno dire a Israele: 1) Vi amiamo (gli israeliani se lo devono sentir dire); 2) Garantiremo la vostra sicurezza (QUESTA è la preoccupazione maggiore del pubblico israeliano); 3) ora che è finita l’occupazione, sarete fuori da ogni centimetro cubo dei Territori Occupati Palestinesi entro i prossimi 2-3-4 anni (e noi, la comunità internazionale, pagheremo per il dislocamento). Credo che ci sarebbe gente a ballare per le strade di Tel Aviv se tutto ciò avvenisse. Questo è esattamente ciò che vorrebbero gli israeliani, ma non possono sperarci, visto il nostro sistema politico. E’ altamente improbabile che ciò avvenga».

Che giudizio dai all’azione politica dei dirigenti palestinesi di Fatah ed Hamas dalla morte di Arafat a tutt’oggi?

top_logo«Ovviamente l’andamento della leadership palestinese è altamente problematico. Dobbiamo ricordare, tuttavia, che negli ultimi 40 anni Israele ha sostenuto una sistematica campagna di omicidi, esili e incarcerazioni dei capi di governo palestinesi, quindi la leadership attuale è mutilata (si potrebbe essere ingenerosi e, alla luce delle campagne condotte dall’autorità palestinese contro la sua stessa gente, affermare che l’attuale leadership di Fatah sia ancora viva e funzionante perché Israele sa bene chi deve eliminare e chi risparmiare). Una delle mie maggiori critiche rivolte all’attuale leadership di Fatah riguarda la sua inefficacia nel veicolare la causa palestinese all’estero. Nonostante un cambiamento dell’opinione pubblica ormai più a favore dei palestinesi, soprattutto dopo l’invasione di Gaza, la leadership non ha saputo sfruttare il momento propizio per inviare i propri portavoce presso le popolazioni ed i governi del mondo (in effetti, nell’ultimo anno, incluso il cruciale periodo della transizione verso l’amministrazione Obama, non vi è stato un solo rappresentante palestinese a Washington – e i rappresentanti palestinesi all’estero, con qualche rara eccezione, sono generalmente inefficaci). Al contrario di Israele, pare che la leadership palestinese si sia quasi ritirata dal gioco politico. In questo vuoto lasciato da Fatah, Hamas è giunto sulla scena come il “salvatore”, la forza/partito/leadership che resisterà ad Israele, resisterà alla “soluzione” dell’apartheid, manterrà l’integrità palestinese e combatterà la corruzione. Mentre la sua ideologia religiosa ed il suo programma dovrebbero essere considerati inaccettabili per qualsiasi persona minimamente progressista, si dovrebbe perlomeno ammirare la resistenza di Hamas e ammettere che stia effettivamente controbilanciando ciò che è stata percepita come la collaborazione di Fatah con Israele».

Credi che se la classe politica palestinese usasse dei metodi di lotta nonviolenta, quali il digiuno pubblico, e se convincesse la popolazione palestinese israeliana o che lavora in Israele a forme di sciopero generalizzato potrebbe ottenere dei risultati concreti?

«I metodi non-violenti sarebbero potuti essere efficaci. Se la leadership palestinese fosse più portata alla strategia, potrebbe usare a proprio vantaggio metodi non-violenti, come il movimento BDS (Boicottaggio – Disinvestimento – Sanzioni) e altre campagne analoghe con gruppi di pressione efficaci. Ma non lo fanno».

http://www.nazioneindiana.com/

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Jeff Halper, ebreo israeliano di origine statunitense (è nato nel Minnesota nel 1946), è urbanista e antropologo, e insegna all’Università Ben Gurion del Negev. In Israele ha fondato nel 1997 l’ICAHD, Israeli Committee Against House Demolitions (www.icahd.org), associazione di persone che per vie legali e con la disobbedienza civile si oppongono alla demolizione delle case palestinesi, e che forniscono supporto economico e materiale per la loro ricostruzione. Per questa attività, e per il suo attivismo pacifista, Halper è stato arrestato dal governo israeliano una decina di volte, ed è ora considerato uno dei più autorevoli attivisti israeliani per la pace e i diritti civili. In questi giorni Halper è in Italia per un giro di conferenze e per promuovere il suo libro Ostacoli alla pace (Edizioni “Una città”). Il programma delle sue conferenze è consultabile su: www.unacitta.it . Oltre alle sue attività accademiche e per l’ICAHD, Halper scrive libri ed è un conferenziere internazionale. Nel 2006 è stato candidato al Premio Nobel per la Pace dall’American Friends Service Committe. Nell’agosto del 2008 Halper ha partecipato alla spedizione per Gaza del Free Gaza Movement: la spedizione era costituita da un gruppo internazionale di attivisti dei diritti umani, tra i quali l’italiano Vittorio Arrigoni, e ha raggiunto Gaza a bordo di un peschereccio partito da Cipro, rompendo così per la prima volta l’embargo marittimo imposto da Israele alla Striscia di Gaza.

Boicottiamola! NOA canta in giro per l’Italia

17 agosto 2009 1 commento

C’E’ NOA in Italia per una serie di concerti: Per chi volesse ringraziarla per il suo sostegno al “buon lavoro” dell’esercito israeliano a Gaza, il 22 agosto un’ottima occasione alla Notte della Taranta 

NoaIl 22 agosto, Noa sarà sul palco di Melpignano (Lecce), nel Salento, per il concertone finale del Festival itinerante della Notte della Taranta. L’iniziativa è sponsorizzata dal Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola. E’ possibile esprimere la protesta per la presenza di Noa anche inviando mail all’attenzione del Dott. Sergio Torsello (della Direzione artistica) e della signora Stefania Sicuro (della segreteria del festival) a questo indirizzo: segreteria@lanottedellataranta.it.
Infine, il 25 agosto Noa si esibirà a Caulonia (Reggio Calabria), nell’ambito del “Kaulonia Tarantella Festival 2009”.
Questo calendario è probabilmente ancora incompleto, per cui sollecitiamo informazioni su tutti gli appuntamenti della cantante che si è proposta come la voce di morte dell’esercito israeliano.

Raid notturni su Gaza

10 agosto 2009 Lascia un commento

MIDEAST-PALESTINIAN-ISRAEL-MIDEAST-CONFLICT-GAZADalle poche notizie che circolano in rete e dalle conferme date dal portavoce dello Tsahal, esercito d’Israele, il raid notturno sulla piccola e martoriata Striscia di Gaza non sembrerebbe aver provocato vittime. Risaliva a meno di due mesi fa, il 14 giugno, l’ultima incursione il cui obiettivo sembrava identico: colpire i tunnel che collegano Rafah con il vicino confine egiziano, tunnel fruiti dalla popolazione per la circolazione di merci e medicine e dalle organizzazioni armate per il contrabbando di armi.  L’IDF ha dichiarato di essersi mosso per rappresaglia, dopo il lancio di tre salve di mortaio verso la zona settentrionale dello stato ebraico, malgrado questi non abbiano arrecato nessun danno. Lanci rivendicati nell’arco della settimana dalla Brigata Abu Ali Mustafa, braccio armato del Fronte Popolare per la liberazione della Palestina, e dalle Brigate di resistenza nazionale, vicine al Fronte democratico per la Liberazione della Palestina.

La relativa calma di queste ultime settimane è tornata illusione nella martoriata Striscia di Gaza.

3.000 aquiloni rallegrano le spiagge di Gaza

2 agosto 2009 Lascia un commento

 

Per un giorno Gaza non entra nel Guinness dei primati per la sperimentazione di armi, per il numero di morti civili in un raid, per la quantità di bambini uccisi sotto i 9 anni. Per una volta il Guinness della Striscia di Gaza è di colori...

Per un giorno Gaza non entra nel Guinness dei primati per la sperimentazione di armi, per il numero di morti civili in un raid, per la quantità di bambini uccisi sotto i 9 anni. Per una volta il Guinness della Striscia di Gaza è di colori...

 

Per una volta la spiaggia di Beit Lahiya si è riempita dei 750.000 bambini di Gaza e dei loro sorrisi... e niente riempie il cuore più di questo...

Per una volta la spiaggia di Beit Lahiya si è riempita dei 750.000 bambini di Gaza e dei loro sorrisi... e niente riempie il cuore più di questo...

Ai bimbi della terra di Palestina, ai bimbi prigionieri dal giorno del loro concepimento…
A quei bimbi ergastolani, destinati a quel “fine pena mai” che è l’occupazione israeliana e la colonizzazione delle poche terre rimaste palestinesi…
Ai loro sorrisi violentati, al loro bisogno di infanzia, all’intensità dei loro sguardi, alla profondità dei loro cuori così abituati a soffrire ed essere strappati ai propri amori, ai propri sostegni.
A quei bambini, che ieri almeno hanno sorriso guardando il cielo e non l’hanno guardato con terrore.
Quel cielo quasi sempre portatore di morte…

Scientificamente assassini

15 luglio 2009 Lascia un commento

Una guerra contro i civili, utilizzati come scudi umani, uccisi in modo indiscriminato: è l’operazione “Piombo fuso” condotta nella Striscia di Gaza da Israele, secondo i racconti dei suoi stessi soldati. A raccogliere le denunce è stata “Breaking the Silence”,tsahal_scudoumanoun’organizzazione fondata e costituita da militari israeliani. In un rapporto pubblicato ieri sono contenute le testimonianze di 26 soldati che parteciparano al conflitto combattuto fra Dicembre e Gennaio, un conflitto che ha causato oltre 1400 vittime palestinesi a fronte di appena 13 caduti israeliani. I soldati raccontano che a Gaza i combattimenti con i “militanti” nemici erano molto rari. La regola di base, si afferma nel rapporto, era “prima sparare e poi preoccuparsi”. Nelle testimonianze dei militari emergono abusi sistematici: dai civili utilizzati come scudi umani durante le avanzate e le occupazioni di edifici “a rischio” all’impiego in zone residenziali del fosforo bianco, un’arma chimica il cui uso è disciplinato in modo rigoroso dal diritto internazionale. “Breaking the Silence” sottolinea che le testimonianze dei soldati rivelano la totale inadeguatezza delle inchieste sulle stragi di Gaza condotte sinora dalle Forze armate

Netanyahu a Roma…nel silenzio di tutt@

23 giugno 2009 1 commento

OGGI ALLE 14 SILVIO BERLUSCONI INCONTRERA’ IL PRIMO MINISTRO ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU, A PALAZZO CHIGI.
DOV’E’ L’ONDA? E TUTTI QUELLI CHE MANIFESTAVANO CONTRO GHEDDAFI DOVE SONO?
NESSUNO SENTE L’ESIGENZA DI MANIFESTARE CONTRO LE POLITICHE D’OCCUPAZIONE DELLO STATO D’ISRAELE, NESSUNO SEMBRA SENTIRE L’ESIGENZA DI MANIFESTARE CONTRO IL MURO DELL’APARTHEID, A NESSUNO BRUCIA PIU’ IL SANGUE PER QUELLO CHE SOLI 6 MESI FA E’ STATO FATTO ALLA POPOLAZIONE DELLA STRISCIA DI GAZA, NESSUNO SEMBRA INDIGNARSI PER I NUOVI PERSONAGGI SALITI ALLA KNESSET DOPO LE ULTIME ELEZIONI DI CUI NETANYAHU E’ IL LEADER…

POVERI NOI
sassimano

Da Rainews 24 … le armi letali di Gaza e le nanotecnologie

4 giugno 2009 Lascia un commento

“Ho esaminato le immagini gli spettri e le tabelle dei campioni che avete preso a Gaza dopo la recente guerra e mostrano con molta chiarezza che sono state utilizzate in quel posto delle armi basate su nano sistemi e questa è una delle prime prove evidenti che i nano sistemi soprattutto i nano tubi a carbonio possono essere utilizzati con efficacia distruttiva molto forte. A mia conoscenza è il primo caso sperimentato sul campo durante un atto bellico.” 
Così ha commentato il Prof. Alberto BrecciaFratadocchi, membro del Comitato Scientifico dell’organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (Opac) , le analisi dei campioni delle armi misteriose usate a Gaza nell’ ultimo conflitto. 

I campioni sono stati raccolti dal documentarista Manolo Lupicchini per la trasmissione di Ricardo Iacona “Presadiretta” e portati ai laboratori dell’ università di Ferrara per essere analizzati. Le analisi sono terminate qualche settimana fa ed ora è la redazione Investigativa di Rainews24 e riprendere il percorso dell’inchiesta con approfondite interviste sui risultati delle analisi e sulle caratteristiche delle ferite misteriose incontrate dai medici che hanno operato allo Shifa Hospital a Gaza. 

Due medici norvegesi, il Dott Erich Fosse e il Dott Gilbert Mads, che hanno operato in quell’ospedale durante il conflitto, raccontano di aver spesso trattato arti inferiori mutilati all’ altezza del femore senza tracce di frammenti di metallo o proiettili, con una insolita morfologia del tessuto organico che appare cauterizzato e non risponde alle cure. 
Le analisi presso i laboratori dell’ università di Ferrara dei 3 frammenti degli ordigni misteriosi hanno mostrato: una lega di metalli, una agglomerato di fosfati fusi, e un frammento di Carbonio. E’ quest’ultimo, ad un’analisi microscopica, ha rivelato la presenza di micro tubi di carbonio, cavi , sui quali sono state rilevate sostanze chimiche , in particolare magnesio.
Il caricamento di micro tubi di carbonio, secondo il Prof. Alberto Breccia aumenterebbero fino 5 volte la potenza del materiale chimico, riducendo il peso dell’ ordigno. L’ordigno secondo le testimonianze raccolte, viene sganciato da aerei teleguidati ed è in grado di colpire con estrema precisione aree di pochi metri, all’interno dei quali ha conseguenze letali, senza creare danni collaterali nelle aree circostanti. 

Nell’inchiesta vengono fatte ipotesi sul funzionamento delle diverse nuove armi usate nel conflitto e sui sofisticati processi fisici che vengono utilizzati, ma la caratteristica comune di questi nuovi ordigni, è quella di utilizzare micro tubi di carbonio caricati di sostanze chimiche e questo fatto potrebbe essere interpretato come una violazione del trattato internazionale del 1993 e delle integrazione del 1997, che proibisce l’uso di armi chimiche.
__di Maurizio Torrealta_

Ancora sulle bombe D.I.M.E .

Appello agli studenti per boicottare Israele

14 Maggio 2009 5 commenti

QUESTA LETTERA E’ PRESA DAL SITO BOICOTTA ISRAELE, E SAREBBE UTILE FARLA CIRCOLARE COME MEGLIO SI PUO’..ATTACCARLA NELLE BACHECHE DELLE SCUOLE, AI CANCELLI O DAVANTI GLI INGRESSI DI PARCHI.
INSOMMA…IMPARIAMO L’IMPORTANZA DEL BOICOTTAGGIO! e magari riprendiamo anche quelle belle usanze dell’attacchinare e volantinare in quartiere, nei propri posti di lavoro, nelle scuole…

Foto di Valentina Perniciaro _Palestina, Betlemme, giocando nei campi profughi_

Foto di Valentina Perniciaro _Palestina, Betlemme, giocando nei campi profughi_

Tra qualche giorno, care ragazze e ragazzi delle scuole elementari e medie avrete finito questa fatica. Sarete sicuramente promosse e promossi, ma se anche dovesse esserci qualche complicazione, qualche piccolo inciampo… suvvia non sarà la fine del mondo. Avete una vita davanti e tutto il tempo per recuperare brillantemente qualsiasi rallentamento e andare ancora più avanti. Alla vostra età si ha il tempo dalla propria parte, è un prezioso alleato il tempo, non dimenticatelo. Comunque vada sarà stato un anno importante. Avete imparato tante cose, fatto conoscenze interessanti, avete approfondito conoscenze precedenti…
Ricordate? Ogni mattina vi recavate, casomai un po’ insonnolite/i, con i vostri libri, quaderni, matite, pennarelli, che poi utilizzavate per trascorrere ore piacevoli e interessanti… Fermiamoci qui un momento e pensiamo: siamo sicuri che per tutti i bambini e le bambine del mondo ogni mattina era così ?

boycott-israel-free-palestineMacchè! Sono 100 milioni (fonte-Unicef) i ragazzi e le ragazze che non hanno la possibilità di andare a scuola: guerre, povertà, oppressione…
Prendiamo un esempio non lontano da noi: i vostri fratellini e sorelline palestinesi (sono duecentomila a Gaza) anche quando le bombe avevano smesso di cadere e nessuno sparava più, non potevano andare a scuola con i libri, quaderni, matite negli astucci colorati. Perchè?

Semplicemente perché i burocrati del governo di Israele, che mantiene uno stretto controllo su questa piccola striscia di terra lungo il Mediterraneo e sui suoi abitanti, anche dopo il ritiro dei coloni israeliani nel 2005, ritiene che la carta e l’inchiostro non siano “bisogni umani fondamentali”… e questa non è una bella cosa.
Anzi è una cosa talmente brutta che bisogna mettercela tutta per farli smettere.
Si può fare qualcosa? Certo! Dite ai vostri genitori, per esempio, di non comprare più i prodotti israeliani, che sono quelli che hanno il “codice a barre” che inizia con 729.
Per maggior informazioni leggi 
qui.

OSPITE NON GRADITO: Lieberman tra qualche giorno è a Roma

29 aprile 2009 2 commenti

Queer against Israeli Apartheid

25 aprile 2009 Lascia un commento

La lettera che riporto qui sotto è scritta da un regista gay canadese, John Greyson. E’ il rifiuto all’offerta di presentare la prima 

bds_poster_new_ldel suo film “Fig Trees” al Tel Aviv International LGBT Film Festival. E’ una lettera indirizzata a Yair Hochner, organizzatore del Festival, al quale spiega il motivo del suo boicottaggio al Festivale, non diretto alla kermesse cinematografica ma allo stato d’Israele e al regime d’Apartheid instaurato nei Territori Occupati e nella Striscia di Gaza. Un esempio importante.

7 marzo 2009

A: TLVFEST / Yair Hochner
Tel-Aviv Cinematheque,
2 Sprinzak St, 64738, Tel Aviv, Israel

Caro Yair,
dopo avere a lungo lottato con questi temi difficili, sono arrivato a una decisione: non posso mostrare “Fig Trees” al vostro festival, e non posso continuare il mio progetto di girare un film in Israele. Questa scelta è stata difficile da fare. Come ho già detto, ho grande rispetto per il lavoro che fate e so quanto dovete lottare per portare avanti il vostro festival.
Voglio essere molto chiaro: la mia decisione non è in opposizione al vostro festival, che ha fatto molto per promuovere le voci queer globali, o a voi, che avete fatto molto per la realizzazione dei film queer, e per mostrarli nella vostra città.
Ma sento di dovermi unire ai molti ebrei e non ebrei, israeliani e palestinesi, queer o altro, che fanno parte del crescente movimento  globale BDS (Boycott, Divestment and Sanctions) contro l’apartheid di Israele.
Sono arrivato alla conclusione che, in questo momento, non prendere questa posizione è impensabile, impossibile.
Perchè in questo momento? Potrei rispondere: un’altra casa palestinese rasa al suolo dai bulldozer nel settore est di Gerusalemme. I bambini palestinesi
che si stanno lentamente riprendendo dai roghi al fosforo. I civili uccisi venerdi’ a Gaza dai soldati israeliani.
Un bambino nato al checkpoint, perché l’ambulanza è stata trattenuta là per ore. Queste sono solo alcune delle notizie attuali, ma ricordano tante altre notizie simili, per tanti anni.
alnakba_bdsconferencepreviewQuesto momento è più intollerabile? In base a quale pietra di paragone? Il forum sull’apartheid di Israele tenuto questa settimana, e in particolare il discorso di Naomi Klein, mi hanno aiutato a chiarire i miei  pensieri. Le sue parole mi hanno riportato indietro al movimento BDS degli anni Ottanta contro l’apartheid sudafricana, e al primo film 16mm che ho fatto, che era a sostegno di quella lotta, e alcuni frammenti del quale sono inclusi in “Fig Trees”.
Il boicottaggio culturale ha funzionato nel caso del Sud Africa, e ha portato direttamente ai radicali cambiamenti e all’attivismo che “Fig Trees”
celebra nella canzone. Dunque, nello spirito del film, e di questi attivisti, penso che non ci sia più una scelta. Come te, aspetto con  ansia l’alba in cui questo orrendo conflitto finirà con una giusta pace conclusiva. Aspetto con ansia il pomeriggio in cui questo crescente movimento BDS possa essere dichiarato superato, perché non è più  necessario.
Aspetto con ansia la sera in cui potremo partecipare insieme alle  proiezioni di “Fig Trees” e di altre nuove opere queer, palestinesi e  israeliane, sia a
Tel Aviv che a Ramallah.
Con rispetto,     John Greyson

C’è chi vuole un’altra guerra per la striscia di Gaza

19 aprile 2009 Lascia un commento

Ieri sera, centinaia di coloni e di estremisti ebrei hanno manifestato a Sderot per chiedere gaza-2009all’esercito di occupazione israeliano di attaccare nuovamente la Striscia di Gaza. Il deputato del partito “Mifdal”, Jacopo Kets, parlando ai manifestanti, ha chiesto al governo di eseguire l’operazione “Piombo fuso 2” e di rioccupare un’altra volta Gaza riportandovi i coloni. Fonti israeliane hanno aggiunto che la polizia ha chiuso le strade che portano alla Striscia di Gaza per impedirne l’accesso ai manifestanti. I coloni hanno tentato di ritornare alle rovine delle ex colonie di “Gosh Qtef”. La polizia israeliana ha arrestato decine di coloni a seguito dei disordini scoppiati durante la protesta.

Calcolando i personaggi che compongono il nuovo governo israeliano, non ci sarà da stupirsi il giorno che la Striscia di Gaza verranno nuovamente massacrate dalla violenza di Israele, sempre più caratterizzata dall’uso meticoloso di armi assolutamente vietate dalle convenzioni internazionale, e dalla messa in atto di un genocidio costante. Sono passati pochi mesi dalla fine dell’Operazione Piombo Fuso …
con Netanyahu, Lieberman e personaggi simili, aspettiamoci il ritorno dell’inferno molto presto.

Anche due giorni fa un raid israeliano ha colpito un edificio, radendolo completamente al suolo, vicino al valico di Kissifum