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Posts Tagged ‘lavoro’

Stupri Made in Italy e nessuna condanna esemplare..

21 marzo 2009 Lascia un commento

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Oliviero Toscani contro la violenza sulle donne

@Stuprò una romena, condannato a cinque anni Accusato di aver stuprato una romena di 38 anni dopo averla minacciata con un taglierino, un italiano, Alessio Amadio, di 40 anni, è stato condannato a cinque anni di reclusione dai giudici della settima sezione del tribunale di Roma presieduti da Gennaro Romano. Accolte in pieno, quindi, le richieste del pm Antonella Nespola.
Alla parte lesa è stato riconosciuto, sotto forma di provvisionale, un risarcimento di 15 mila euro. Magdalena, questo il nome della parte lesa, denunciò di essere stata violentata il 15 maggio 2008 in un call center, del quale è titolare la convivente dell’imputato, nei pressi di Piazza Vescovio, dove lavorava come addetta alle pulizie. “Non solo sono stata violentata alle sei del mattino mentre facevo le pulizie – ha dichiarato la donna, assistita dall’avvocato Carlo Testa Piccolomini, durante il processo – ma ho perso anche il posto di lavoro.
E poi, il Comune si era impegnato ad aiutarmi ed invece non si è costituito nemmeno parte civile. Io non chiedo nulla, solo riavere il mio posto di lavoro e continuare a vivere in maniera dignitosa”.  (18 marzo)

@Il gup del Tribunale di Sciacca(Agrigento) Cinzia Alcamo ha condannato a sei anni di reclusione al termine del processo celebrato con il rito abbreviato V.V. di 54 anni, accusato di avere abusato sessualmente della figlia che all’epoca dei fatti non aveva compiuto i 14 anni. Secondo quanto emerso durante il dibattimento, l’uomo avrebbe minacciato la bambina dicendole che se avesse raccontato a qualcuno delle sue turpi abitudini “papa’ e mamma divorziano e tu resti in mezzo alla strada”. La vicenda si sarebbe svolta nell’estate del 2005 quando l’uomo aveva cominciato a dare alla figlia lezioni di guida dello scooter. I giudici hanno disposto per il condannato anche il divieto di dimora in Sicilia e la decadenza dalla potesta’ genitoriale.(20 marzo)

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@Un turista italiano di 60 anni e’ stato arrestato ieri pomeriggio in Thailandia per crimini legati allo sfruttamento sessuale dei minori. E’ accaduto nella famosa localita’ marittima di Pattaya, dove la polizia locale ha stretto le manette ai polsi dell’uomo accusato di aver tentato di avere rapporti sessuali con un bambino. Il 21 gennaio un altro italiano era stato arrestato per la terza volta per sfruttamento sessuale di bambini: era stato colto in flagrante mentre faceva sesso con un 12enne. Secondo l’Ecpat, la rete internazionale di organizzazioni impegnate nella lotta allo sfruttamento sessuale dei bambini, in vetta alla triste classifica degli habitue’ del turismo sessuale nei paesi asiatici restano americani ed australiani. Bangkok, Pattaya, Chiang Mai, Chiang Rai and Phuket le mete preferite: in base alle ultime stime, sono circa 250mila i bambini e gli adolescenti fatti prostituire o “usati” per realizzare immagini e video porno. Il mercato del sesso con minori mostra una diminuzione delle minori thailandesi trafficate nel business sessuale locale, se non per un gruppo di minoranza etnica che vive nel Nord. In aumento invece bambini e adolescenti provenienti da Cambogia, China (provincia dello Yunnan), Laos, Myamar e Vietnam. La Thailandia si conferma uno maggiori produttori e distributori di video e foto pedopornografici (21 marzo)

@Violenza sessuale aggravata dall’uso di sostanze alcoliche ed affidamento di arma da sparo a persona minore. Per queste accuse il gip del tribunale di Chieti ha emesso una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Antonio D’Alessio, 31 anni. All’uomo gli uomini della Squadra mobile hanno sequestrato una pistola Beretta calibro 9×21, modello 98 FS, che il teneva regolarmente nella sua abitazione per uso sportivo. Secondo quanto si spiega in una nota, D’Alessio era solito frequentare una comitiva di adolescenti. In passato di intrecciare una relazione sentimentale con alcune ragazze del gruppo. La sera del 2 febbraio scorso, poi, dopo una serata passata presso la sua abitazione, in compagnia di due ragazze del gruppo, dopo averle indotte a bere una ingente quantità di sostanze alcoliche, restava solo con una giovane, appena maggiorenne ed abusava di lei, mentre la ragazza era in stato di malessere per la sbornia. Dopo lo stupro la giovane si decide a denunciare, dopo che la sua comitiva si reca sotto l’abitazione di D’Alessio a chiedere spiegazioni per il suo comportamento. Solo l’intervento della volante ha evitato il linciaggio. L’accusa è conessa al fatto che D’Alessio ha fatto esplodere alcuni colpi di pistola ad un ragazzino del gruppo. (21 marzo)

in Francia ci spolverano la memoria: impiccano i padroni

18 marzo 2009 3 commenti

afp153125031703094116_bigUna fabbrica con più di 1100 operai, sta per chiudere a causa della crisi.
I  lavoratori si mobilitano in modo sempre più radicale: dopo aver costretto il “Padrone” a fuggire con un fitto lancio di uova, ieri sono tornati a bloccare i cancelli del complesso industriale impiccando un manichino (saggi ‘sti lavoratori!) e facendo irruzione in una riunione tra sindacati e azienda,
con lancio di bottiglie e altri oggetti. Riunione che è stata immediatamente sospesa.
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REDDITO MINIMO GARANTITO nel LAZIO, bravi compa’

5 marzo 2009 Lascia un commento

MI SEMBRA IL CASO DI PUBBLICARE IL COMUNICATO STAMPA USCITO IERI SERA, SUBITO DOPO LA NOTIZIA imagesDELL’APPROVAZIONE DELLA LEGGE REGIONALE PER IL REDDITO MINIMO GARANTITO, DA PARTE DELLA REGIONE LAZIO. UN BEL TRAGUARDO, SOPRATTUTTO PER QUELLE STRUTTURE DI COMPAGNE CHE HANNO IMPIEGATO ANNI DI ENERGIE IN QUESTO PERCORSO E CHE SI VEDONO APPROVARE UNA LEGGE AVANGUARDIA TRA LE REGIONI DI QUESTO PAESE. 
PERSONALMENTE NON SONO PIENAMENTE IN SINTONIA CON LA RICHIESTA DI REDDITO MINIMO GARANTITO, NON LA TROVO UNA VITTORIA COSI’ RIVOLUZIONARIA IN QUANTO REPUTO MOLTO PIU’ IMPORTANTE I SUSSIDI DI DISOCCUPAZIONE, I SUSSIDI AGLI AFFITTI CHE UN REDDITO DI CITTADINANZA. MA NON SONO TEMPI IN CUI SI PUO’ ESSER PIGNOLI, ERA SOLO PER PARLARE…

Oggi 4 marzo il Consiglio Regionale del Lazio, sotto la pressione dei movimenti sociali e dei sindacati di base, approva finalmente la 
legge regionale per il «reddito minimo garantito». Riteniamo importante questo passaggio come segnale seppur minimo, ma significativo, nella direzione di contrasto della disoccupazione e dei processi di precarizzazione, che con l’acuirsi della crisi cresceranno progressivamente sul nostro territorio. Eppure riteniamo che le risorse stanziate siano irrisorie rispetto alla condizione materiale di migliaia di precari e disoccupati.redditomin
Chiediamo quindi fin da ora l’incremento delle risorse messe a disposizione e il relativo allargamento della platea dei beneficiari. 

Per questo rilanciamo da subito una mobilitazione che veda nel mese di giugno, in sede di assestamento del bilancio regionale, la ripresa 
dell’iniziativa politica e sociale per un significativo allargamento delle risorse.
Dentro questo percorso di mobilitazione faremo sentire la nostra voce nelle giornate del 28 e 29 marzo, quando a Roma si riuniranno i ministri del lavoro aderenti al G14, per contrastare i disegni di un welfare lontano dai bisogni reali di chi la crisi la sta già pagando. 
Scenderemo in piazza per continuare a rivendicare l’estensione e la generalizzazione dei diritti sociali a partire dal reddito garantito per tutte e tutti.
Domani, giovedì 5 marzo, alle 18, presso il teatro Volturno di Roma, si terrà l’assemblea cittadina per la costruzione del Comitato romano contro il G14.

Movimenti e sindacati di base contro la precarietà e per il reddito. 

Ma quale sciopero virtuale!

27 febbraio 2009 1 commento

L’ATTACCO AL DIRITTO DI SCIOPERO E’ UN ATTACCO ALLA DEMOCRAZIA

Con le nuove norme previste dal Governo sul diritto di sciopero si sta andando rapidamente verso un nuovo e pericolosissimo capitolo del più 
vasto tema della limitazione delle libertà sindacali e costituzionali, della democrazia nel mondo del lavoro e nella società.
Dietro un linguaggio formalmente tecnicistico, presentato come un intervento per il solo settore trasporti, il governo predispone la legislazione per gestire la fase attuale e futura di grave crisi economica e le conseguenti risposte dei lavoratori al tentativo di farne pagare a loro il costo.
Ciò è confermato dal fatto che il governo ha annunciato norme che dovrebbero impedire di bloccare strade, aeroporti e ferrovie, forme di lotta utilizzate da tutti i lavoratori in casi particolarmente drammatici.

Foto di Valentina Perniciaro _Napoli, Marzo 2001 Lo spezzone dei COBAS_

Foto di Valentina Perniciaro _Napoli, Marzo 2001 Lo spezzone dei COBAS_

L’attacco al contratto nazionale, le nuove norme che si intendono introdurre sulla rappresentatività sindacale, la nuova concertazione tra governo,  confindustria e sindacati confederali che si è trasformata in una vera e propria alleanza neocorporativa, sono elementi finalizzati ad impedire le  rivendicazioni e la difesa dei diritti dei lavoratori.
Ciò avviene proprio quando più grave è la crisi economica, più pesanti le conseguenze per i  lavoratori e maggiore la necessità di risposte determinate.
Lo scopo del governo è quello di imporre per legge la pace sociale, vietando e criminalizzando il diritto di sciopero. Di ridurre al silenzio i lavoratori  mentre si celebrano i misfatti nel settore dei trasporti – Fs , Tirrenia,  Alitalia – con migliaia di esuberi, di messa in mobilità, di licenziamenti e il relativo aggravio sulla qualità del servizio e dei costi 
UN COLPO DI MANO CHE VA SVENTATO SUL NASCERE , INSIEME A TUTTI I TENTATIVI  PROTESI A METTERE AL BANDO LA COSTITUZIONE E I DIRITTI FONDAMENTALI. 
Illegittima e autoritaria l’ipotesi di consegnare lo sciopero, che è un diritto individuale sancito

Vincent Van-Gogh

Vincent Van-Gogh

dalla Costituzione, alla disponibilità gestionale  di sindacati che rappresentino il 50% dei lavoratori; assurdo perché in molte aziende la sindacalizzazione non arriva neanche al 50%. Nonché il referendum preventivo che tende a dilazionare e snaturare l’azione di sciopero, già oggi estremamente contrastata dalle limitazioni della Commissione di Garanzia e dai ripetuti divieti del governo. Altrettanto improponibile è l’adesione preventiva allo sciopero, un non senso giuridico che prevederebbe l’impossibilità del singolo di poter mutare il proprio atteggiamento rispetto ad un’azione sindacale indetta. Inaccettabile infine la forma di lotta virtuale che di fatto elimina il diritto di sciopero ed assegna alle parti la capacità/volontà di individuare la “penale” per l’azienda in caso di “sciopero lavorato”, mentre ai lavoratori si ritira l’intera giornata di lavoro: quindi la perdita secca della giornata per il lavoratore ed una impercettibile riduzione dei profitti per l’azienda.

A questo ennesimo tentativo di eliminare il diritto di sciopero rispondiamo con la mobilitazione immediata contro governo e padroni, cisl- uil – ugl ,e finalizzando a questo obbiettivo gli scioperi già programmati a partire da quello per il trasporto aereo del 4 marzo.

Il sindacalismo di base ha indetto una manifestazione nazionale a Roma il 28 marzo e uno sciopero generale per il 23 aprile anche per difendere il 
diritto di sciopero e la democrazia sindacale

CUB – CONFEDERAZIONE COBAS – SDL INTERCATEGORIALE
26 FEBBRAIO 2009

Ode a San Pietro contro lo sciopero virtuale

27 febbraio 2009 Lascia un commento

una giornata di guerra tra tante

29 gennaio 2009 Lascia un commento

12.48: INCIDENTI LAVORO: OPERAIO PRECIPITA DA TETTO A PERUGIA (ANSA) – PERUGIA, 28 GEN – Un operaio è precipitato da un tetto a Ponte Valleceppi ed è stato ricoverato in ospedale con varie ferite. L’ incidente, secondo le prime informazioni, è avvenuto intorno alle dieci in via Barcaccia. Sul tetto di un edificio erano in corso lavori di bonifica dell’ amianto. L’ operaio è caduto dall’ altezza di circa cinque metri. Sul luogo sono intervenuti 118 e pompieri.

15.11: Una parte di montagna è franata a Caltanissetta travolgendo due operai che stavano eseguendo lavori di canalizzazione in via Mario Gori, nel quartiere Redentore. I soccorritori hanno estratto i corpi sepolti dalla terra e dal fango. Il terzo operaio che lavorava con i due compagni si è invece salvato perché si era allontanato poco prima del crollo. Le vittime della frana nel nisseno sono  Santo Notarrigo, 37 anni, titolare della ditta che stava svolgendo i lavori, di Caltanissetta, e Felice Baldi, 19 anni, originario di un centro della provincia. Il corpo di Notarrigo è stato estratto subito dal fango, mentre quello di Baldi è stato individuato dai soccorritori dopo quasi un’ora di scavi. 

17.52:  BERGAMO, 28 GEN – Un ingegnere di 28 anni è rimasto ferito oggi pomeriggio in un incidente sul lavoro all’azienda Tenaris di Dalmine (Bergamo). L’uomo si trovava nei pressi di una gru in movimento, quando una traversa si è staccata dal macchinario ed Š precipitata, colpendo la vittima alle gambe. È successo poco prima delle 16 nel reparto Fas, lo stesso in cui a dicembre morì sul lavoro un operaio di 20 anni. L’ingegnere Š stato soccorso dai colleghi, poi dai sanitari del 118, che lo hanno portato in ospedale, con gli arti inferiori fratturati. Sul posto sono intervenuti anche i carabinieri e i tecnici dell’Asl che dovranno ora accertare l’esatta dinamica dell’incidente e verificare eventuali responsaibilità

Foto di Valentina Perniciaro _Totem contro le morti sul lavoro_

Foto di Valentina Perniciaro _Totem contro le morti sul lavoro_

 

 

18.09: PERUGIA, 28 GEN – È rimasto ferito alle gambe, ma le sue condizioni non sono gravi, l’operaio precipitato dal tetto di uno stabile, a Ponte Valleceppi, dove erano in corso lavori di bonifica dell’ amianto. Si tratta di un marocchino di 27 anni in regola con il permesso di soggiorno. Sull’incidente sono in corso accertamenti dei carabinieri. L’ operaio è caduto dall’ altezza di circa cinque metri. Sul luogo sono intervenuti 118 e vigili del fuoco.

23.10: Un operaio di 34 anni, Salvatore Vittorioso, è morto al Petrolchimico di Gela per l’esplosione di un’apparecchiatura sotto pressione. L’uomo lavorava per la Ecorigen, azienda che opera nel settore della rigenerazione dei catalizzatori e degli olii esausti. L’incidente è avvenuto poco dopo le 21.30, per cause non ancora accertate. La porta di un forno si sarebbe staccata dall’apparecchiatura, investendo l’operaio, che in quel momento si trovava nell’area, raggiunto anche dalle fiamme fuoruscite dalla stessa macchina. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e i vigili del fuoco che operano per conto dell’Eni. Le indagini sono coordinate dal pm di Gela, Monia Di Marco, che ha sequestrato l’intero impianto della Ecorigen, che si trova nell’Isola 13 del Petrolchimico.

LAVORO SALARIATO

26 gennaio 2009 2 commenti

Il lavoro  è dunque una merce, che il suo possessore, il salariato, vende al capitale. Perché la vende? Per vivere.

Il lavoro, è però l’attività vitale propria dell’operaio, è la manifestazione della sua propria vita. 

1224238615496_so7Ed egli vende ad un terzo questa attività vitale per assicurarsi i mezzi di sussistenza necessari. La sua attività vitale è dunque per lui soltanto un mezzo per poter vivere. Egli lavora per vivere. Egli non calcola il lavoro come parte della sua vita: esso è piuttosto un sacrificio della sua vita. Esso è una merce che egli ha aggiudicato a un terzo. Perciò anche il prodotto della sua attività non è lo scopo della sua attività. Ciò che egli produce per sé non è la seta che egli tesse, non è l’oro che egli estrae dalla miniera, non è il palazzo che egli costruisce. Ciò che egli produce per sé è il salario; e seta, e oro, e palazzo si risolvono per lui in una determinata quantità di mezzi di sussistenza, forse in una giacca di cotone, in una moneta di rame e in un tugurio. E l’operaio che per dodici ore tesse, fila, tornisce, trapana, costruisce, scava, spacca le pietre, le trasporta, ecc., considera egli forse questo tessere, filare, trapanare, tornire, costruire, scavare, spaccar pietre per dodici ore come manifestazione della sua vita, come vita? Al contrario. La vita incomincia per lui dal momento in cui cessa questa attività, a tavola, al banco dell’osteria, nel letto . Il significato delle dodici ore di lavoro non sta per lui nel tessere, filare, trapanare, ecc., ma soltanto nel guadagnare ciò che gli permette di andare a tavola, al banco dell’osteria, a letto. Se il baco da seta dovesse tessere per campare la sua esistenza come bruco, sarebbe un perfetto salariato.

Il lavoro non è sempre stata una merce. Il lavoro non è sempre stato lavoro salariato, cioè lavoro libero. Lo schiavo non vendeva il suo lavoro  al padrone di schiavi, come il bue non vende al contadino la propria opera. Lo schiavo, insieme con il suo lavoro, è venduto una volta per sempre al suo padrone. Egli è una merce che può passare dalle mani di un proprietario a quelle di un altro. Egli stesso è una merce, ma il lavoro  non è merce sua. Ilservo della gleba vende soltanto una parte del suo lavoro. Non è lui che riceve un salario dal proprietario della terra; è piuttosto il proprietario della terra che riceve da lui un tributo. Il servo della gleba appartiene alla terra e porta frutti al signore della terra.

L’operaio libero invece vende se stesso, e pezzo a pezzo. Egli mette all’asta 8, 10, 12, 15 ore della sua vita, ogni giorno, al migliore offerente, al possessore delle materie prime, degli strumenti di lavoro e dei mezzi di sussistenza, cioè ai capitalisti. L’operaio non appartiene né a un proprietario, né alla terra, ma 8, 10, 12, 15 ore della sua vita quotidiana appartengono a colui che le compera

____KARL MARX____

Il lavoro in carcere, ferie, salario, previdenza. Turelare i diritti anche in prigione

21 gennaio 2009 Lascia un commento

Il lavoro in carcere  di Paolo Persichetti, Liberazione 21 gennaio 2009
tratto dal suo blog INSORGENZE 

«Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione». Lo scrive Harry G. Frankfurt nella prima riga di un brillante saggio uscito in Italia nel 2005, edito dalla Rcs e per l’appunto inequivocabilmente intitolato, Stronzate. Vacue scemenze infestano i dibattiti televisivi, le pagine dei giornali, soprattutto la politica, per dimostrarlo Frankfurt ricorre a dotte riflessioni su Wittgenstein, Pound, Agostino. Molto più modestamente (siamo in Italia e di più non è possibile ricavare), a noi tocca fare i conti con Borghezio (il ciccione nazista che gli immigrati di Colonia hanno rispedito a casa senza tante scuse), Gasparri (quello col pensiero flatulescente), Carlucci (quella del Festivalbar), Bertolini (ma chi è?).br_curcio Questi «onorevoli politici», a 25 mila euro al mese e vitalizio assicurato, hanno intasato le agenzie di compiaciute e sarcastiche dichiarazioni sul mancato riconoscimento della pensione Inps a Renato Curcio (l’ex fondatore delle Br che da anni ha terminato di scontare la condanna). Pure alcuni familiari delle vittime si sono lasciati trascinare in questo stupidario. Cosa era successo? Curcio si trovava a Pesaro, centro sociale Oltreconfine. Stava presentando uno degli ultimi libri della sua casa editrice, Sensibili alle foglie. Un po’ scherzosamente un giornalista gli ha chiesto se era prossimo alla pensione e lui ha risposto che nonostante avesse lavorato una vita in carcere, l’Inps non gli ha riconosciuto alcun diritto alla pensione perché gli istituti di pena dove è stato recluso non hanno mai versato i contributi o questi erano bassissimi. Insomma una truffa bella e buona. Ha poi aggiunto che non può avere diritto nemmeno alla pensione sociale perché la moglie percepisce un reddito troppo alto. Tutto qui. Nessuna protesta, nessuna lamentela. Solo una breve considerazione, per giunta sollecitata, di una persona che fa il suo lavoro senza chiedere nulla a nessuno. La pensione, come sanno tutti quelli che lavorano, non è certo una gentile concessione dello Stato, un regalo o un premio del Padrone, ma il dovuto che il lavoratore vede ritirare ogni mese dal suo stipendio, debitamente rivalutato secondo indici stabiliti per legge. Si chiama sistema per “ripartizione”. È roba sua insomma, prestata alle casse previdenziali che in questo modo sostengono quel po’ di welfare ancora in piedi. Anche le polemiche più inutili e strumentali possono servire. Questa vicenda apre uno scorcio sul mondo opaco delle carceri, sulla fragilità dei diritti dei detenuti che lavorano. La disavventura accaduta a Curcio non è un fatto isolato. Il carcere ha bisogno dei suoi detenuti perché sia autosufficiente e si riproduca ogni giorno, affinché le aree comuni della prigione, corridoi, uffici, passeggi, laboratori, matricola, caserma, siano sempre pulite e le cucine sfornino una colazione e due pasti al dì, i guasti elettrici, idraulici vengano subito riparati. Negli istituti di pena ci sono anche officine, tipografie, falegnamerie, rilegatorie, che servono a fabbricare suppellettili per altre carceri, blindati, cancelli, mobilio per i tribunali e i ministeri, registri, formulari per gli uffici. Le prigioni non potrebbero funzionare senza i carcerati. Pochi lo sanno, i più non arrivano nemmeno ad immaginarlo, ma il carcere vive del lavoro dei suoi ospiti rinchiusi. Non potrebbe farne a meno. imageDiventerebbe ancora più antieconomico se dovessero essere assunti degli esterni, senza contare i problemi della sicurezza. Il miglior modo per metter a terra un carcere, infatti, è lo sciopero dei «lavoranti». Impresa ardua, riuscita in pochi casi. Ma quando i lavoranti si fermano, la direzione negozia subito. Proprio per questo il lavoro è una risorsa strategica del governo carcerario, gestito con oculato clientelismo e paternalismo. Non solo il lavoro dei detenuti è sotto tutela costituzionale ma esistono normative che ne regolano modalità e diritti. L’articolo 20 della legge penitenziaria stabilisce che «il lavoro penitenziario non ha carattere afflittivo ed è remunerato», organizzazione e metodi «devono riflettere quelli del lavoro nella società libera al fine di far acquisire ai soggetti una preparazione professionale adeguata alle normali condizioni lavorative per agevolarne il reinserimento sociale». La durata delle prestazioni lavorative «non può superare i limiti stabiliti dalle leggi vigenti in materia di lavoro e, alla stregua di tali leggi, sono garantiti il riposo festivo e la tutela assicurativa e previdenziale». Ed è in ragione di questa normativa che negli ultimi anni i detenuti hanno avviato delle vertenze di fronte alla magistratura del lavoro. Con la sentenza n. 158 del 2001, la Corte Costituzionale ha ribadito il diritto alle ferie e la loro remunerazione in caso di mancato usufrutto. Allo stesso modo l’associazione Papillon, grazie ad una sentenza pilota del 1993, ha ottenuto l’equiparazione delle mercedi (salario) al contratto collettivo nazionale del comparto corrispondente alla mansione lavorativa svolta. Altre battaglie sono state realizzate per il riconoscimento dell’assegno di disoccupazione. Il carcere è un grande cantiere sempre in funzione, sarebbe ora che i sindacati (Cobas e Cgil) vi aprissero degli sportelli per formare sindacalmente i detenuti e creare osservatori sui diritti del lavoro.

verso lo sciopero: BASTA CREPARE DI LAVORO!

4 dicembre 2008 1 commento

6 DICEMBRE , 1° ANNIVERSARIO DELLA STRAGE ALLA TYSSEN-KRUPP
B A S T A , CREPARE DI LAVORO !

Il 6 dicembre 2007 un incendio sviluppatosi alle acciaierie Tyssen-Krupp di Torino uccideva 7 operai : 7 vite spezzate ed altrettante famiglie distrutte !

nomortilavoro.org

Dal blog: comitatonomortilavoro.org

Dopo la rabbia, la commozione generale, le tante parole al vento spese dalle massime istituzioni , quei martiri del lavoro sono usciti di scena .
La sporca politica ha ripreso il sopravvento inscenando “ l’emergenza securitaria”, scatenando la caccia al rom e all’immigrato , militarizzando il paese e la sceneggiata dell’esercito nelle strade.
Eppure si continua a morire di lavoro peggio che in Iraq ed Afganistan!
La strage alla Tyssen-Krupp non è stata la prima , purtroppo non sarà l’ultima : i 4 morti al giorno per causa del lavoro e delle malattie professionali , sono lì a testimoniarlo!
Solo l’operato del giudice Guariniello e del GUP di Torino, che hanno fatto rinviare a giudizio l’Ammistratore Delegato della Tyssen per “ omicidio volontario”, nonché aver disposto l’ammissione degli operai e delle loro associazioni come parti civili, ci rende meno amara questa tragedia e ci sprona a non lasciare niente di intentato ovunque !

Nel frattempo, la sporca politica rende sempre più inefficaci i provvedimenti di contrasto e sanzione nei confronti delle aziende , vedi :
 ulteriore limitazione dei poteri di intervento di RLS ed Ispettori del lavoro ( testo unico L.81/08 e Direttiva     Ministero Lavoro/sett.08);
 deregolamentazione mercato del lavoro ( L. 133/08) ;
 detassazione degli straordinari ( L. 126/08) ;
 sterilizzazione dell’azione legale e dei processi, intesa a frenare l’attività sanzionatoria dei giudici del           lavoro e penali ( DDL 1441-quater,in discussione alla Camera).

vauroIl segnale è evidente e tremendo. I padroni sono sollecitati ad utilizzare la crisi per stravolgerla a loro esclusivo favore, attivando : licenziamenti, cassa integrazione, precarietà, ritmi-orari massacranti, meno spese e controlli sulla salute e sicurezza dei lavoratori . 

BASTA CON LA SPORCA POLITICA E LA CRIMINALITA’ DATORIALE .
BASTA CON LE STRAGI DEL LAVORO, CON IL PREVENTIVATO GENOCIDIO.

NON FACCIAMO MORIRE UNA SECONDA VOLTA CHI SI E’ GIA’ IMMOLATO PER IL LAVORO SALARIATO !!
PRENDIAMO IMPEGNO A NON SMETTERE DI LOTTARE FIN QUANDO NON SIA CESSATO LO STILLICIDIO DEI MORTI DEL LAVORO, FIN QUANDO NON SIA STATO CONQUISTATO IL LAVORO STABILE E SICURO .

 

NELLA SETTIMANA CHE PRECEDE LO SCIOPERO GENERALE DEL 12 DICEMBRE – in cui cade 
il 1° anniversario della strage alla TyssenKrupp – E NELLE MANIFESTAZIONI CHE 
SI TERRANNO IN TUTTA ITALIA , FACCIAMO SENTIRE OVUNQUE LA VOCE DELLA PROTESTA CONTRO IL LAVORO CHE UCCIDE .

Roma 4 dicembre 
2008 CONFEDERAZIONE COBAS

una vecchia intervista a Franca Salerno

4 dicembre 2008 32 commenti

“Sono stata arrestata ed ero incinta, ma mi hanno picchiata
Franca Salerno, Arrestata il 9 luglio 1975, condannata a quattro anni e mezzo per appartenenza ai Nap, Nuclei armati proletari, evasa insieme a Maria Pia Vianale dal carcere di Pozzuoli e riarrestata il primo luglio 1977 in piazza San Pietro in Vincoli a Roma…“In un conflitto a fuoco dove Antonio Lo Muscio è morto ammazzato”.

Antonio Lo Muscio appena giustiziato

Antonio Lo Muscio appena giustiziato

Ricordo le foto sui giornali, la tua all’ospedale… “Sì, loro ti cercano, ti pedinano e quando ti catturano ti massacrano di botte. Per quei tempi era normale. Gridavano: “Ammazziamole, facciamole fuori”. Se non ci fosse stata la gente a guardare dalle finestre sarebbe stata un’esecuzione. A Pia hanno sparato perché si era mossa. Ricordo i loro occhi, dentro c’era rabbia e eccitazione; erano fuori di sè perché eravamo donne. Averci prese, per loro, era una vittoria anche dal punto di vista maschile“.

Al processo, a quanti anni ti hanno condannata?A 18, per banda armata”.
Sapevi di essere incinta al momento dell’arresto? “Sì, avevo questo bambino in pancia e volevo salvaguardare la sua vita. Antonio era morto, Pia era stata portata via con l’autoambulanza ferita, io ero sul selciato e gridavo: “Sono incinta”, ma da ogni autocivetta uscivano uomini e picchiavano. Sino a quando è arrivato anche per me il momento di andare in ospedale”.

Cosa vuol dire fare un figlio in carcere? “Guarda che io il figlio l’ho fatto fuori, in carcere l’ho partorito.

Franca incinta al processo

Franca incinta al processo

Ma non mi sono sentita mamma da subito, all’inizio mi vergognavo. Quasi che il mio essere gravida fosse un tradimento alla rivoluzione”.

Ed è rimasto con te in carcere? “Sino ai tre anni andava e veniva, perché in carcere i bambini non stanno bene. E poi ho fatto molto carcere da sola, come a Nuoro, dove in sezione c’eravamo solo io e lui. Forse dalle lettere avevano capito che vivevo la maternità in modo confittuale e mi hanno messo alla prova”.

Come si chiama? “Antonio”.

Poi cosa è successo? “Compiuti i tre anni, i bambini in carcere non ci possono più stare. È stato un grosso dolore, ma esistevano i compagni e le compagne. E lui esisteva, esisteva come cosa viva, non solo come perdita. Poi ci sono stati le carceri speciali, i vetri divisori nella sala colloquio che per anni ci hanno impedito di toccarci, e tutte le altre difficoltà che “loro” mettevano in mezzo. Ma a me non fregava niente. Mio figlio esiste, mi dicevo, e anche se va via troverò un modo per costruirci qualcosa assieme, per crescerci assieme”.

Chi lo ha tenuto? “Mia madre, mia sorella, l’altra nonna”.

Lui ti ha mai chiesto perché stavi in carcere? “Si, aveva cinque anni e voleva dare risposte alla sua vita di bambino nato dietro le sbarre. Potevo spiegargli la rivoluzione? E poi non mi piace la retorica gloriosa. Così gli ho detto: la mamma ha rubato. Poi, piano piano, ho cercato di spiegare. Ma il racconto vero dei percorsi che mi avevano portato in carcere c’è stato quando sono uscita e lui aveva 16 anni”.

Antonio

Foto di Valentina Perniciaro _Antonio_

E dopo sedici anni di galera come si riprende a vivere fuori? “Per un anno avevo i piedi fuori e la testa da detenuta. Cercavo emozioni passate, fili, ed ero comunque e sempre sulla difensiva. Poi, un po’ alla volta, ho iniziato a misurarmi con la realtà. Col lavoro necessario, con mio figlio. Era una presenza intensa, ma io da sedici anni non ero abituata alle presenze, ad avere persone attorno, all’interesse di qualcuno su di me. Ero disabituata alla materialità degli affetti, ai corpi da toccare. Ho dovuto imparare a non vivere di continue elaborazioni del cervello, a mettere in comunicazione corpo e mente”.

E il carcere, lo hai dimenticato? “Lo sogno continuamente. E per me sognare non è una seconda vita. Per me il carcere è presente, come sono presenti i compagni e le compagne che sono ancora dentro, a scontare una pena che non ha fine. In nessun modo disposti però a barattare dignità e rispetto di se stessi in cambio di libertà. Abbiamo rincorso l’utopia di un mondo migliore e mai l’interesse personale. Non lo faremo adesso”.

È stato facile trovare lavoro? “È stato necessario. Ma tutt’altro che facile. Mi sono state fatte offerte di lavoro da qualche parlamentare in cambio di un mio intervento sul dibattito della dissociazione. Ho rifiutato e mi sono affidata alla gente del quartiere e ho trovato lavoro in un’impresa di pulizie”.

Dell’esperienza del carcere cosa rimane addosso? “Dei vizi. Dentro la borsetta metto di tutto: spazzolino, penna, fogli bianchi, insomma quello che può servire per i cambiamenti improvvisi. Le cose che una detenuta inserisce nello zaino quando c’è aria di trasferimento e sa che, quando avverrà, non le sarà concesso nemmeno il tempo di prepararsi la borsa. E quando mangio lascio sempre qualcosa nel piatto, per dopo, perché non si sa mai”.

Lascia l’amaro in bocca quest’intervista, più di quanto le parole di Franca non lo lascino già.

Perchè quel bimbo di cui si parla, Antonio, non smette di mancare ad ognuno di noi.
Perchè la storia di quella vita nata tra le sbarre di un carcere di massima sicurezza non doveva finire spezzata sul lavoro, come troppe persone ogni giorno.
Solo oggi tra la lista dei morti spunta un ragazzo di 20 anni, morto accanto al fratello, rimasto gravemente ferito….non se ne può più. QUESTA PAGINA E’ QUINDI CONTRO IL CARCERE, CONTRO LA PRESENZA DI BAMBINI DA 0 A 3 ANNI,
MA

Antonio

Foto di Valentina Perniciaro _Antonio_

ANCHE PER LA SICUREZZA SUL LAVORO, PER FERMARE LA QUOTIDIANA SEQUELA DI ASSASSINII

Il giorno in cui è morto quel 17 Gennaio del 2006, Antonio Salerno Piccinino stava lavorando e faceva una consegna straordinaria, un favore personale ad uno dei suoi dirigenti, un viaggio fino ad Ostia improvvisato probabilmente per la voglia di dimostrare affidabilità.

Antonio è morto perchè andava troppo veloce a causa dei ritmi inarrestabili e delle pressioni emotive costanti che ci vogliono disponibili, sorridenti e veloci, sempre.
Antonio era un pony express, il contratto di lavoro era scaduto a fine dicembre e formalmente, quando è morto sulla Cristoforo Colombo non gli era ancora stato rinnovato.
Antonio era in nero. Il suo lavoro era quello di corriere addetto ai ritiri presso gli ambulatori veterinari, percorreva sulle strade di Roma 130Km al giorno. 14 ritiri al giorno, 3 euro per ogni ritiro in città, 5 euro per ogni ritiro oltre il Grande Raccordo Anulare e 6 euro per ogni ritiro nella zona mare comprendente Ostia, Torvajanica e Fiumicino.
E’ Indispensabile andare veloce perché l’equazione è semplice: aumentare il numero di ritiri per aumentare la propria busta paga.
E’ così che è morto Antonio. Ma Antonio non era affatto il suo lavoro, anzi. Era un ragazzo pieno di vita e di sogni. Antonio era un ragazzo di ventinove anni consapevole dei meccanismi di sfruttamento che era costretto a subire, era un precario che lottava quotidianemente contro la precarietà del lavoro e della vita.

Ritorno al caos.

8 settembre 2008 1 commento

Una terra di resistenza. Dove la si respira un po’ ovunque, anche in questo presente piatto. Come questa piccola lumachina, quella terra persevera con tenacia nella sua semplicità, nel suo materialismo, nel suo legame con il suolo, con quella montagna lì di fronte, con i colori delle stagioni. Ti fa sentire a casa, ti fa sentire accolto, una terra superstite in mezzo a quest’occidente… una scoperta inaspettata e piacevole.

Foto di Valentina Perniciaro  -Lumachina Resistente

Foto di Valentina Perniciaro -Lumachina Resistente

Sarà per quella composizione sociale fatta di contadini e classe operaia dell’indotto Fiat che tiene tutto fermo ad altri tempi, che porta a conversazioni piacevoli, realiste, perdute… sarà perchè tutto sembra essere più vivibile, naturale, più saporito e sincero. Sarà perchè ti sveglia il gallo la mattina e fai colazione con i fichi che trovi passeggiando, sarà perchè ti salutano tutti e tutti ti scrutano per capire da dove vieni, perchè sei lì, che dialetto parli. Sarà perchè il loro di dialetto è divertente e composito, ideale cantilena per serate al fresco seduti sulle scalette di una prangatello. Una terra che incanta, che ride, che si ammazza di fatica e sudore, che è orgogliosa e accogliente.

Foto di Valentina Perniciaro

Foto di Valentina Perniciaro

Sarà perchè la Majella da quelle stradine sembra chiamarti ad una conversazione saggia con una vecchia signora dai fianchi morbidi, dall’abbraccio ancora sensuale e caldo. Quella montagna riesce a catturare lo sguardo od ogni ora, con colori e ombre sempre più emozionanti. Sarà perchè se il cielo è limpido, mentre chiacchieri con mamma montagna puoi vedere le Tremiti…
Io oggi prima di cominciare a ricalibrare la mia vita di studio, lavoro, baci, microfoni voglio riguardare questi giorni. Questi giorni vissuti secondo per secondo, come una piccola cozza su uno scoglio, attaccata a tutto ciò che amo. “E aspetterò domani per avere nostalgia“, oggi la canto con il cuore che trema, perchè avrei voluto solo fermare il tempo, ieri, e non tornare mai più
Poi Roma…con il suo traffico, con i manifesti di Forza Nuova, con i coatti, col campionato che ricomincia, con i fascisti, con quello che sarà quest’autunno, con quella fottuta porta blu.
Non mi ci fate pensare. 

Foto di Valentina Perniciaro _Trabocchi e ruggine_

 

Foto di Valentina Perniciaro _ Juvanum, sito archeologico romano_

Foto di Valentina Perniciaro _ Juvanum, sito archeologico romano_

Trovate un po’ di foto su Flickr

VOGLIAMO TUTTO (2)

5 luglio 2008 2 commenti

“Arrivai lì e il capo dice Guardi che lei sta rompendo le scatole. Qua si arriva in orario adesso le do mezz’ora di multa. Gli dico Fai che cazzo vuoi tu m’hai rotto le scatole tu e la Fiat. Va’fa’n culo se no ti tiro qualcosa in testa. Fatevele voi queste zozze macchine di merda a me che mi frega.
E tutti gli operai che stavano lì intorno mi guardavano e io gli dicevo Ma siete degli stronzi voi siete degli schiavi. Qua bisogna picchiarli a sti guardioni qua a sti fascisti. Che cazzo sono sti insetti sputiamogli in faccia e facciamo quello che vogliamo qua mi sembra il servizio militare. Fuori dobbiamo pagare se entriamo in un bar dobbiamo pagare nel tram dobbiamo pagare la pensione tutto dobbiamo pagare. E qua dentro ci vogliono comandare. Per quattro soldi che non ci servono a un cazzo per un lavoro che ci fa crepare e basta. Ma siamo impazziti.
Questa è una vita di merda sono più liberi quelli che stanno in galera di noi. Qua incatenati a queste macchine schifose che non ci possiamo mai muovere coi secondini tutti intorno. Ci manca solo che ci frustino anche.   […]

e cominciamo a fare un corteo eravamo un’ottantina di operai. Man mano che il corteo passava tra le linee si ingrandiva di dietro. A un certo punto arriviamo in un posto dove c’erano dei cartoni li strappiamo e col gesso ci scriviamo Compagni uscite dalle linee il vostro posto è con noi. Su un altro scriviamo Potere operaio. Su un altro ancora Ai lecchini il lavoro agli operai le lotte. E andiamo avanti con questi 3 cartelli.

Il corteo cominciò a ingrandirsi e arrivarono i sindacalisti. I sindacalisti era la prima volta che io li vedevo in vita mia dentro la Fiat. Cominciano i sindacalisti Compagni non bisogna lottare adesso. Le lotte le faremo in autunno insieme al resto della classe operaia insieme a tutti gli altri metalmeccanici. Adesso significa indebolire la lotta se ci scontriamo adesso come faremo poi a ottobre. Noi gli diciamo Le lotte bisogna farle adesso perchè è ancora primavera e c’è ancora l’estate davanti. A ottobre ci serviranno i cappotti le scarpe ci servirà il riscaldamento nelle case i libri dei figli per la scuola. Per cui l’operaio non può lottare d’inverno deve lottare d’estate. Perchè d’estate uno può dormire pure all’aria aperta d’inverno no. E poi lo sapete che è in primavera che la Fiat ha più richiesta di produzione se fermiamo adesso freghiamo la Fiat che a ottobre non gliene importa più niente.

TRATTO DA ” VOGLIAMO TUTTO” , Nanni Balestrini

Leggi la PRIMA PARTE

Leggi MIRAFIORI E LA DIALETTICA DEL SANPIETRINO

Scalo San Lorenzo, Padiglioni Manutenzione Locomotori Foto di Valentina Perniciaro, Luglio 2007

VOGLIAMO TUTTO! (1)

5 luglio 2008 2 commenti

“Vi do il benvenuto alla Fiat. Sapete che cos’è la Fiat la Fiat è tutto in Italia. Se avete letto delle cose cattive sulla stampa comunista che parla male della catena di montaggio sono tutte calunnie.
Perchè qua gli unici operai che non stanno bene sono quelli sfaticati. Quelli che non hanno voglia di lavorare. Il resto lavorano tutti e sono contenti di lavorare e stanno anche bene. C’hanno tutti quanti l’automobile e poi la Fiat c’ha le colonie per i bambini dei dipendenti, E poi si hanno gli sconti in certi negozi quando uno è dipendente Fiat.
Tutta una apologia ci faceva.

E questo qua l’ingegnere dice Io sono il vostro colonnello. Voi siete i miei uomini e così ci dobbiamo rispettare gli uni con gli altri. Io i miei operai li ho sempre difesi.  Gli operai Fiat sono i migliori quelli che producono di più e tutte queste cazzate qua.
A me allora mi comincia a andare la mosca al naso e comincio a pensare Qua mi sa che andrà a finire male con questo colonnello. Poi ci spiegò che non bisogna fare sabotaggio alla produzione perchè oltre a essere licenziati immediatamente si poteva anche essere denunciati. Turò fuori un articolo del codice penale che diceva che si può anche essere denunciati. Si mise a fare il terrorista.
E io cominciai a pensare. Questo colonnello qua una bella lezione gli starà proprio bene.”

TRATTO DA “VOGLIAMO TUTTO” , Nanni Balestrini

Leggi la SECONDA PARTE

Leggi: MIRAFIORI E LA DIALETTICA DEL SANPIETRINO

Scalo San Lorenzo, Padiglione Manutenzione Locomotori. Foto di Valentina Perniciaro


								

Ucciso sul lavoro!

25 giugno 2008 2 commenti

ALTRO MORTO ALLA CENTRALE ENEL DI CIVITAVECCHIA.

Oggi alla centrale Enel di Torre Valdaliga Nord (Civitavecchia), non si lavora.
Si sciopera. Otto ore.
Per un altro morto.
Stavolta è toccato ad un operaio di 24 anni, Ivan Ciffary, slovacco, dipendente della ditta Pichler, addetto al montaggio del nastro trasporto carbone. E’ precipitato da un altezza di 15-20 metri.
Non si sa

perchè.
Pochi mesi fa a Michele Cozzolino cadde un tubo innocenti sulla testa, ammazzandolo.

http://nomortilavoro.noblogs.org

BASTA CON QUESTI OMICIDI QUOTIDIANI.
BASTA CON LA DEFINIZIONE “MORTI BIANCHE”.
IL SANGUE DEL PROLETARIATO NON E’ BIANCO.

Ma quando inizieranno a morire i padroni?
IL LAVORO UCCIDE.LO SFRUTTAMENTO UCCIDE. SOLO LA LOTTA PAGA!

Si muore nel fango

12 giugno 2008 1 commento

 

Si muore nel fango, si muore schiacciati, si muore avvelenati.
Nessuno è mai responsabile, nessuno ha mai pagato per queste morti.
Tutti spendono molte parole di esecrazione e di condanna, si cercano le cause della tragedia; imprenditori, governo e sindacati si dichiarano costernati.
Ma intanto, nei fatti e non colle parole, l’Unione Europea deregolamenta l’orario di lavoro e così, grazie alla nuova normativa si potrà cancellare ogni forma di contrattazione collettiva, sostituita da rapporti di lavoro individuali, come sogna la CONFINDUSTRIA 
Sarà ancora più facile morire nelle fabbriche, nei cantieri, nei campi o in fondo ad un un pozzo, avvelenati come topi.
Liberalizzare l’orario di lavoro è un crimine, una istigazione a delinquere; cosi come si moriva nell’ottocento così si muore nel duemila: almeno risparmiateci l’ipocrisia delle lacrime per gli ultimi omicidi, come quello degli operai siciliani uccisi dalle esalazioni tossiche dentro una vasca di depurazione.
La domanda è solo una: esistono forze sindacali, sociali, civili e culturali in grado di dare un segno di vita, di battere un colpo, per difendere una conquista di civiltà ? 
I movimenti di base si mobilitano puntualmente e giustamente contro il razzismo e contro il fascismo, per il diritto al lavoro e per il diritto all’abitare, contro le guerre, in difesa della diversità.
Sarebbe ora di mobilitarsi e incazzarsi con la stessa intensità e puntualità anche per la strage giornaliera di lavoratori, per far diventare la tutela della salute e della vita dei lavoratori il problema centrale del conflitto.  

COMITATONOMORTILAVORO
ROMA 12/06/08

Foto di Valentina Perniciaro -Produci Consuma Crepa-

La strage quotidiana

12 giugno 2008 Lascia un commento

 

 

Nella giornata di ieri ci sono stati 9 morti sul lavoro.
Questa mattina un’altra donna s’è aggiunta al lungo elenco.
Il genocidio perpetrato dai padroni non si ferma.

E noi si continua a morire sul posto di lavoro, a rimaner schiacciati, 
asfissiati, incastrati, sommersi,
a volar giù dai ponteggi, a morire nelle stive, nelle cisterne, 
nelle acciaierie, sotto le ruspe.

FERMIAMO QUESTO GENOCIDIO.
E lo si può fermare solo prendendo coscienza, ricominciando a lottare
su tutti i posti di lavoro, ricominciando ad avere potere nelle mani, 
a sovvertire i rapporti di forza.