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Posts Tagged ‘Roma’

Il PUNTO di BENITO ALEMANNO e del POETA BONDI

13 dicembre 2008 1 commento

 Maltempo, Alemanno fa il punto alle 18:30

Il Campidoglio comunica che alle 18.30 a Piazza di Spagna, alla base della scalinata di Trinità dei monti, il sindaco Gianni Alemanno farà il punto della situazione dopo l’ondata maltempo che ha colpito la capitale

QUANDO STUDIAVO QUESTE COSE A SCUOLA, LO SI USAVA CHIAMARE REGIME.
E INVECE SENTITE BONDI:

                                      Bondi: “Valutata ipotesi cariche esplosive a Ponte Sant’Angelo”

“I danni al patrimonio artistico vengono dopo l’incolumità e la messa in salvo delle persone. Per questo si è valutato stanotte come extrema ratio di utilizzare microcariche di esplosivo per rimuovere velocemente il barcone incastrato a Ponte Sant’Angelo. Fortunatamente l’emergenza grave non c’è stata”: il ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi conferma l’ipotesi valutata con il responsabile della Protezione civile Guido Bertolaso nelle concitate ore dell’emergenza Tevere. 

Bello il mio Tevere…

13 dicembre 2008 Lascia un commento

Foto di Valentina Perniciaro _Tevere all'ingrasso_   

Foto di Valentina Perniciaro _Tevere all’ingrasso_

SE BRUCIANO LE CITTA’ NASCONO I FIORI è scritto sulle mura di Atene…

Se annegano invece? Perchè qui sta accadendo proprio questo…stiamo per rimanere affogati sotto la nostra stessa merda.
Il Tevere è probabilmente stufo dell’arroganza romana, il Tevere ieri e ancora oggi e chissà ancora per quanto ha provato a darci una bella lezione di vita.
Un’altra, l’ennesima. Lui che sta qui da un bel po’…
io ho una strana malattia, quasi feticista, con alcune “cose” geografiche… amo il fiume della mia città, molto più della mia città.
Ho parlato all’Eufrate la prima volta che i miei occhi si sono persi dentro di lui, e quando il mio corpo s’è smarrito nelle sue acque ho avuto la sensazione di immergermi nella storia, nella mia terra, in un qualcosa che era troppo più grande di un semplice fiume in una terra lontana.
Ero io e l’Eufrate…in un amplesso erotico e millenario.
Ieri Roma sembrava in preda al panico più totale, una città folle, delirante, nevrotica e non so per quale motivo anche spaventata.

Le forze dell’ordine (una quantità di persone incredibile a NON FARE NULLA su TUTTI i ponti di Roma) trasmettevano il panico -diciamo che ci provavano- a tutti quelli che  si avvicinavano ad osservare… Non so se la giunta Alemanno vuole farci credere che sono stati loro a non fare esondare il fiume, non so se tutte quelle divise a non fare nulla o strillare erano lì per convincere le persone della loro utilità, del loro esser necessari, ma era una presenza veramente ridicola. Anche il fiume è diventata una “questione di sicurezza”…stiamo alla fantascienza. Si doveva vedere protezione civile e vigili del fuoco, non decine e decine di pattuglie di polizia e carabinieri.

Foto di Valentina Perniciaro _Tevere in piena e buffoni di corte_

Foto di Valentina Perniciaro _Tevere in piena e buffoni di corte_

Lui era imponente. 
Un fiume immenso, un Tevere che aveva le velleità di emulare il Reno, nella sua imponenza improvvisa, rumorosa, maleodorante. C’era più traffico sul fiume che sul Lungotevere: televisori, lavatrici, bombole del gas, divani… il biondo fiume ieri vomitava oggetti di tutte le dimensioni.

Bello.
E lo ringrazio, perchè adoro vedere la città ferma, adoro vedere quegli automi che per qualche secondo fermano le loro vite frenetiche per guardare un fiume.
Persone che probabilmente non sanno mai sa la luna è piena o se è in riposo, piccola piccola, in un angoletto del cielo…
ma che ieri, per qualche minuto si sono fermate a guardare.
Magari anche a scambiare due parole con qualche sconosciuto, su un fiume ignorato dalla nascita.
Ma che ci sto a fare qui a scrivere???
Vado a Ponte Mollo…che ieri c’era Alemanno tutta la sera, non ci sono potuta andare, il fiume già puzza troppo di suo.
 

Foto di Valentina Perniciaro _Ponte Sisto fa l'occhitto_

Foto di Valentina Perniciaro _Ponte Sisto fa l'occhitto_

Foto di Valentina Perniciaro

Foto di Valentina Perniciaro

DOMANI PRESIDIO A ROMA PER ALEXIS

9 dicembre 2008 Lascia un commento

TREMATE TREMATE!!!

23 novembre 2008 Lascia un commento

 

Foto di Valentina Perniciaro _Le streghe_

Foto di Valentina Perniciaro _Le streghe_

INDECOROSE E LIBERE era lo slogan che chiamava a questa piazza, un anno dopo quell’enorme corteo di donne che aveva colorato in modo determinato e sorprendente la città.

Eravamo molte meno quest’anno, ma è stato un bel corteo, con un’atmosfera di bell’autodeterminazione,
di capacità di camminare con le proprie gambe…autorganizzate.
Un corteo separato, che ha sfilato in un percorso lungo, allegro, determinato e compatto.
Un corteo di donne, di femministe, di lesbiche..
Un corteo di compagne come ce ne dovrebbero essere tanti.
Contro la violenza maschile sui nostri corpi, contro la violenza che si manifesta in molti modi, che è anche nel letto della proprio relazione.
Per l’autodeterminazione, per la libertà di essere come si vuole, di muoversi nel mondo come si vuole, per la libertà di essere donne con tutto quello che significa, di essere tante, di essere forti e belle.
Con i nostri corpi, con le nostre menti, con la bellezza dei nostri sorrisi. Grazie compagne…
una gran bella piazza.

Foto di Valentina Perniciaro _piccole e autodifese_

Foto di Valentina Perniciaro _piccole e autodifese_

Foto di Valentina Perniciaro _Libere e Indecorose_

Foto di Valentina Perniciaro _Libere e Indecorose_

” pe’ carità, chiudi le porte”

5 novembre 2008 Lascia un commento

O lima sorda, m’hai limato er core 
a poco a poco consumato l’hai. 
Vedi? ‘Sta faccia nun cià più colore 
queste so’ tutte pene che me dai. 

Pietro, pe’ carità chiudi le porte 
e in cielo nun fa entrà chi fa la spia 
chi fa la spia è condannato a morte.
Pietro! Pe’ carità chiudi le porte.

Palomba, che per l’aria vai a volare 
ferma che vojo ditte du’ parole: 
vojo cavà ‘na penna alle tue ale, 
vojo scrive ‘na lettra a lo mio amore. 
Tutta de sangue la voglio stampare, 
pe’ sigillo ce metto lo mio core 
e finita de scrive e sigillare, 
palomba, portacella allo mio amore

E se la troverai a riposare, 
o palomba, riposate tu pure.

Oggi ho bisogno di stornelli, di canzoni di malavita, di voci che cantano delitti e infamia, carcere e solitudine,che cantano la mia Roma.
E’ una giornata strana. Di quelle in cui senti che è cambiato tutto,
Di quelle in cui si gira pagina, si alzano muri, si cambia strada.
Ancora una volta, ancora una volta….”io ricomincio da capo”.
Meno male che c’è Obama a consolarci…eheheh. Meno male che vivo nel più caldo degli abbracci.

Foto di Valentina Perniciaro _scambio_

Foto di Valentina Perniciaro _scambio_

SCIOPERO GENERALE!

17 ottobre 2008 3 commenti

Foto di Valentina Perniciaro _Sciopero Generale del 17 ottobre_

Foto di Valentina Perniciaro _Sciopero Generale del 17 ottobre_

Una manifestazione imponente, estremamente piacevole, forse anche inaspettata, malgrado la rabbia condivisa sia tanta. Un corteo nato e terminato sotto un diluvio battente e quasi comico: non abbiamo fatto in tempo ad iniziare ad entrare in Piazza San Giovanni che è spuntato un bel sole, quasi caldo. Sicuramente una mano santa per asciugarci tutti, quella miscela di generazioni sotto stessi slogan e bandiere.
Uno sciopero generale determinato, incazzato, che ha creato un fiume di gente che la piazza se l’è voluta prendere tutta, malgrado il clima, malgrado quella pioggia incredibile.

Foto di Valentina Perniciaro _Sciopero generale, 17 ottobre 2008_

Foto di Valentina Perniciaro _Sciopero generale, 17 ottobre 2008_

Io con i numeri non sono molto brava, ma quando arrivi a San Giovanni, stazioni un po’ con tutta la testa, guardi sfilare ancora, poi decidi di tornare al motorino (quasi alla piazza di partenza) e sei “costretto” a rimanere ancora più di un’ora prima di poter vedere sfilare la coda appena uscita dalla piazza di partenza….bhè, vuol dire che si è molti di più di 100.000 e quanti di più nemmeno mi interessa.

Perchè era un corteo nazionale e se ne respirava l’aria…perchè la marea di studenti era enorme e non si vedeva così da un bel po’ di tempo.

E quindi, malgrado il mal di gola creato, che mi porterò dietro per un po’…è stato proprio un bello sciopero.
Un bell’inizio d’autunno. (per dirlo io poi, che torno dalla piazza sempre più delusa e annoiata!) 

 

Foto di Valentina Perniciaro _Sciopero Generale_

Foto di Valentina Perniciaro _Sciopero Generale_

 

Foto di Valentina Perniciaro _Tank e donzelle allo sciopero generale_

Foto di Valentina Perniciaro _Tank e donzelle allo sciopero generale_

Walter Rossi. Oggi come ieri.

29 settembre 2008 3 commenti

30 SETTEMBRE 1977- 30 SETTEMBRE 2008 UN RICORDO SENZA PACE

La svolta autoritaria, necessario strumento di controllo e gestione della crisi economica, e lo stato d’emergenza permanente si concretizzano in un razzismo istituzionale ed in una militarizzazione dei territori che rimanda ai teatri di guerra internazionali. E’ una aperta ostilita’ verso qualsiasi espressione della societa’ che rivendica e agisce per una trasformazione del presente al di fuori del profitto che sfrutta e specula sulle nostre vite e sui nostri territori.
La linea di continuita’ fra tutto questo e le lame delle aggressioni squadriste che negli ultimi tempi hanno sostenuto gli ideali di una pseudocultura neofascista, e’ la volonta’ di intimidire, omologare e reprimere consentendo e legittimando chi a livello istituzionale determina tutto questo.

31 anni fa veniva assassinato Walter Rossi, antifascista militante e attivista delle lotte sociali di allora, veniva ucciso per mano dei neofascisti del MSI, di Almirante, Fini e Alemanno, con la copertura della polizia di stato. L’assassino, Cristiano Fioravanti, vive ancora oggi sotto protezione dello stato.

Questo a dimostrazione di quale fosse la connivenza tra estrema destra e apparati dello stato, che utilizzarono la manovalanza fascista nelle strategie eversive e terroristica che dalla fine degli anni ’60 hanno caratterizzato la storia di questo paese.

Come 31 anni fa, anche oggi rivediamo la stessa intenzione di insabbiare e coprire i reali responsabili della violenza squadrista oggi presenti e rappresentatati in parlamento. Tollerati da una mentalita’ dell’equidistanza e ora addirittura leggittimati da politiche che approvano le loro pratiche squadriste contro immigrati,nomadi, omosessuali, attivisti antifascisti, come strumento di controllo sociale e di prevenzione del dissenso.

Dopo un’estate di rastrellamenti verso gli immigrati e i senza fissa dimora, le aggressioni come quella avvenuta a via Ostiense alla fine dell’iniziativa in ricordo di Renato Biagetti, torniamo in piazza a ribadire la nostra opposizione ai fascisti in camicia nera e in divisa, a rivendicare la liberta di determinare le proprie esistenze.

Appuntamento martedi 30 settembre ore 17.30 P.le degli Eroi – M Cipro

GLI/LE ANTIFASCISTI/E di ROMA

Un saluto a Marco Melotti, “Karletto”!

18 settembre 2008 3 commenti

Questa notte Karletto c’ha lasciato. Stroncato da un infarto.
Ci mancherà troppo, ci mancherà la sua capacità di analisi, la sua forza, la capacità di far parte integrante del movimento anche da una sedia a rotelle.
Ci hai lasciato troppo presto, tu che dagli ultimi anni ’60 non hai mai smesso di lottare.

Ciao Karlè…che la terra ti sia lieve.
A pugno chiuso.

Pugni chiusi  25 aprile 2008

Pugni chiusi 25 aprile 2008

Per tutti i compagni che vogliono salutarlo, i funerali saranno domani alle 14.30 al deposito del crematorio di  Prima Porta, Via Flaminia. 

 

 

CIAO COMPA’….Buon Viaggio.
Sarai in ogni lotta, in ogni piazza, in ogni pugno chiuso, in ogni bandiera rossa.

A Fabrizio Ceruso, 19 anni

5 settembre 2008 6 commenti

FABRIZIO CERUSO, 19 ANNI. UCCISO DALLO STATO IL 5 SETTEMBRE 1974

Soltanto 19 anni per loro non eri nessuno 
soltanto 19 anni e per loro non eri che uno 
uno come tanti, un cameriere, un garzone d’officina 
un operaio, un disoccupato un emigrante 
eppure quella mattina 8 settembre 
a San Basilio hanno mandato 
più di 1000 uomini per ammazzarti 
più di 1000 uomini che credevano bastasse spararti 
e sono stati invece loro ad avere paura di te 
Perchè quella domenica giù a San Basilio 
eravamo in tanti a non essere nessuno 
in tanti a difenderci le case 
a farci la storia con le nostre mani 
il proletariato sarà sempre per la rivoluzione 
lo è stato Fabrizio Ceruso a 19 anni 
se credevate di ammazzarlo avete sbagliato 

Fabrizio è l’uomo nuovo che non muore mai 
Fabrizio vive in tutti noi 
nelle lotte del proletariato 
altri giovani nel suo nome si preparano già la fossa 
Il primo ministro, il presidente a dirigere le operazioni 
per il tuo assassinio 
lo stato maggiore riformista mobilitato a condannarti 
perchè con gli estremisti non volevi sgombrare 
una montagna di calugne per prepare, giustificare 
la tua condanna, la tua sicura morte 
Tanto per ammazzare un proletario 
un comunista di 19 anni 
per far pesare la sua morte 
sulla lotta giusta lotta 
Ma tanto sferragliare di truppe non è servito a niente 
il sole rosso è rimasto nei tuoi occhi 
la rabbia proletaria già l’ha detto 
compagno Fabrizio noi ti vendicheremo 
assassini di stato la pagherete e pagherete tutto 

Ma tanto sferragliare di truppe non è servito a niente 
il fiore rosso è rimasto sul tuo petto 
il pianto amaro di tuo padre 
il rumore prodotto nella coscienza di tanti 
anche l’odio è prezioso 
quando il popolo prepara la riscossa 
na na nanana na na na nanana… 

Fabrizio Ceruso

Fabrizio Ceruso

Roma, 5 settembre 1974. La lotta per il diritto alla casa era molto forte a Roma quando, il 5 settembre, nella borgata di San Basilio, all’estrema periferia est della capitale, la polizia interviene con un ingente schieramento, iniziando a sgomberare le quasi 150 famiglie che da circa un anno occupavano altrettanti appartamenti IACP in via Montecarotto e via Fabriano.

L’incontro fra la decisa opposizione popolare agli sfratti e la volontà dei militanti della sinistra rivoluzionaria di difendere una delle più estese occupazioni in atto nella città, portò a organizzare una dura resistenza, che sfociò in vere e proprie battaglie di strada.
Fin dalle prime ore del mattino di venerdì vengono erette barricate agli ingressi del quartiere con pneumatici, vecchi mobili e oggetti di tutti i tipi. La polizia, accolta da sassi, bottiglie incendiarie, bulloni lanciati con le fionde, spara centinaia di lacrimogeni, ma nel pomeriggio è costretta a sospendere gli sfratti.

Sabato, mentre gli occupanti hanno ripreso tutti gli appartamenti, e una loro delegazione si è recata in pretura e allo IACP, vengono di nuovo tentati gli sgomberi.

Questa volta a resistere ci sono centinaia di manifestanti affluiti da tutta la città, tra i quali numerosi membri di consigli di fabbrica.
La giornata trascorre in un susseguirsi di “tregue”, accordate dalla polizia a Lotta Continua, che gestisce l’occupazione, per dare spazio a quella che si dimostrerà una trattativa-truffa, con l’unico scopo di prendere tempo e fiaccare il forte schieramento proletario. La delegazione rientra a San Basilio con un accordo di sospensione degli sfratti fino al lunedì mattina.

Nonostante ciò, domenica 8 i poliziotti irrompono di nuovo nelle case occupate intimidendo le famiglie e abbandonandosi ad atti di vandalismo. Riprendono gli scontri.
L’assemblea popolare nella piazza centrale della borgata, organizzata per le 18 dal Comitato di Lotta per la casa di San Basilio, viene caricata con lacrimogeni sparati ad altezza d’uomo. Nella battaglia che segue, mentre un plotone di polizia è costretto a ritirarsi, da un altro vengono sparati numerosi colpi di arma da fuoco.

Fabrizio Ceruso, 19 anni, militante del Comitato Proletario di Tivoli, organismo dell’Autonomia Operaia, è colpito in pieno petto da una pallottola.
Caricato su un taxi, giungerà senza vita in ospedale.
Alla notizia della morte del giovane comunista tutto il quartiere scende in piazza. La rabbia esplode in modo violento. I pali dei lampioni vengono divelti e le strade rimangono al buio.
Questa volta è la polizia ad essere presa di mira da colpi di arma da fuoco sparati in strada e dalle case. Otto poliziotti, tra i quali un capitano, rimangono feriti, alcuni in modo grave. Brevi scontri isolati si accendono fino a tarda notte. l giorno seguente avranno inizio le trattative per le assegnazioni di alloggi alle famiglie d San Basilio e agli occupanti di Casalbruciato e Bagni di Tivoli.

Aggressione Fascista all’iniziativa per Renato

30 agosto 2008 5 commenti

Questa notte, intorno alle 4,30 7 fascisti hanno aggredito quattro compagni che uscivano dall’iniziativa per Renato Biagetti che si svolgeva a Pirateria, dopo il concerto al parco della Basilica di San Paolo. Uno dei compagni ha preso 3 coltellate su una coscia ed è ricoverato in ospedale.
Brutte carogne!
Erano nei parcheggi ad aspettare di accoltellare i primi che gli capitavano per le mani.
Fascisti bastardi.

Comunicato  del L38:

AGGREDITI 4 COMPAGNI, ACCOLTELLATO COMPAGNO DEL L38 SQUAT
Alle 4,30 della notte del 30 Agosto di ritorno dall’iniziativa al parco di San Paolo, che dal  pomeriggio aveva visto partecipare migliaia di persone e che ha ricordato la  vile aggressione che porto’ alla morte di Renato Biagietti all’uscita della  festa reggae sulla spiaggia di Focene, con coltelli e bastoni circa 10 topi di  fogna hanno atteso nascosti nel buio che tutti fossero andati via per colpire  alle spalle quattro compagni isolati che tornavano alle macchine. Il primo atto dell’aggressione è stata una serie di coltellate alla gamba da dietro  senza provocazione e senza dire una parola alla pronta reazione dei compagni  gli infami sono scappati. Questo gesto evidentemente vuole rivendicare  “politicamente” la matrice infame e fascista e la vile pratica della lama  dell’omicidio di Renato. Il nostro affetto e la nostra rabbia ai nostri  compagni aggrediti, con Renato nel cuore, NIENTE RESTERA’ IMPUNITO! L38SQUAT

Comunicato di Indymedia Roma:
A margine della iniziativa in ricordo per Renato Biagetti

L’infamità veste di nero, del nero dei fascisti, questo ormai è lapalissiano.

La serata di ieri al Parco Schuster è stata bella, emozionante e partecipata, con centinaia di persone passate a ricordare Renato Biagetti e la sua storia.
La serata poi è proseguita lì vicino a Pirateria, a qualche centinaio di metri sulla via ostiense.
Stanotte verso le 4.30/5 4 compagni che tornavano all’altezza del parco per recuperare l’auto, sono stati aggrediti coltelli alla mano da un gruppetto di una decina di fascisti.
Un ragazzo ha ricevuto 3 coltellate su una coscia e ha dovuto ricorrere ad alcuni punti di sutura. “I giovani leoni” sono successivamente fuggiti, mostrando così tutta la loro squallida infamia.
Ancora coltelli, ancora fascisti, la storia di Renato non ha insegnato niente a nessuno.
Solidarietà ai ragazzi.
Antifascismo attivo.


Squadristi in città con spranghe e coltelli 

di Paolo Persichetti     Liberazione 31 agosto 2008  [http://insorgenze.wordpress.com]

Allarmi siam fascisti… Era negli anni venti lo slogan delle squadracce nere all’attacco delle case del popolo, delle camere del lavoro, delle sedi dei partiti del movimento operaio e della lega delle cooperative, devastate, bruciate, chiuse con la forza. Qualcosa del genere sta tornando in Italia? 
La domanda ha raggiunto recentemente l’onore delle cronache grazie ad un articolo di Asor Rosa che ha fatto scorrere un po’ d’inchiostro. Il professore però non si riferiva alla violenza squadristica. Il suo ragionamento era più complesso. Si trattava di un drastico giudizio di valore sulla destra politica attuale, da lui ritenuta peggiore del fascismo perché priva del progetto di società che l’ideale “totalitario” fascista conteneva. Secondo Asor Rosa la destra attuale, sommatoria di spinte diverse e contraddittorie, offre uno spettacolo decadente. Nel fascismo c’era una risposta alla terribile crisi che aveva travolto il vecchio mondo liberale. Una modernizzazione autoritaria dell’economia, una nazionalizzazione totalitaria delle masse. Visione tragica, dittatoriale, ma pur sempre visione. Oggi forse presente, ma solo in rapidi squarci, in qualche trovata di Tremonti. Altri hanno preferito ricorrere a formule nuove: c’è chi ha scelto «regime dolce». 
Il filoso Alain Badiou ha parlato di «petenismo trascendentale» a proposito del sarkozismo. In realtà ciò che è venuto meno è l’antifascismo. L’effetto domino provocato dalla caduta del muro di Berlino ha ridato forza all’anticomunismo e reso evanescente l’antifascismo. A seppellire definitivamente “l’arco costituzionale”, cioè quel complesso di forze politiche che avevano partecipato alla fondazione della repubblica e alla 

Genova caccia i fascisti, giugno 1960

Genova caccia i fascisti, giugno 1960

 scrittura del compromesso costituzionale, è stato l’attacco delle procure della repubblica in nome di un giustizialismo populista e di un emergenzialismo penale che ha sdoganato la destra. La vecchia destra neofascista uscita definitivamente dall’angolo, liberata dai complessi del minoritarismo e del reducismo storico e “obbligata” così a divenire destra europea, destra di governo. Altre destre sono apparse dalle pieghe del territorio, dalle valli del Nord. Destre identitarie, rancorose.
Va detto che a questo bel risultato ha largamente contribuito il “partito storico dei giudici”, cioè quel Pci-Pds-Ds-Pd che della via penale alla politica e dell’alleanza con le procure aveva fatto l’asse centrale della sua strategia. Ma questa è un’altra storia che andrà prima o poi raccontata. 
La fine dell’antifascismo ha prodotto l’effetto “zoo liberato”. Si sono aperte le gabbie, o forse scoperte le pattumiere, insomma sono riemersi dalla storia chincaglierie, cimeli, reliquie che sopravvivevano nelle catacombe del paese. Ma poi si è scoperto che tanto catacombe non erano. La costruzione del sistema politico bipolare, l’introduzione del maggioritario ha fatto il resto. Per vincere ogni voto era buono. Berlusconi è stato il più abile e spregiudicato. Ha messo insieme tutto ciò che esisteva a destra e alla sua destra, comprando, finanziando apertamente o sottotraccia. 
La destra ha persino messo fine ai suoi anni di piombo. Ha messo fuori tutti (meno due o tre) i militanti dei suoi gruppi eversivi; alcuni li ha arruolati, altri eletti. E’ questo contesto politico che ha rilegittimato valori del passato prerepubblicano e preantifascista e ridato alla violenza politica proveniente da destra una nuova legittimazione sociale che si traduce in disattenzione, sottovalutazione se non comprensione e connivenza. Forse altri Novecento sono finiti ma quel Novecento lì c’è ancora e ha superato il giro di boa, tanto che dal 2000 si registrano 2 morti, due giovani di sinistra uccisi da mani fasciste. Chi contesta queste etichette, lo fa in nome di una rappresentazione della politica che non c’è più. Nessuno tra gli aggressori, come tra gli aggrediti, ha più tessere politiche in tasca perché le forme della partecipazione sono cambiate. 
Alle vecchie sedi si sono sostituiti i centri sociali, le occupazioni non conformi, le curve degli stadi. Sono cambiati i luoghi di aggregazione ed anche la fisionomia della partecipazione. Tutto è più confuso e approssimativo, le idee sono anche più rozze ma le coltellate sono vere, le lame di puro acciaio e il sangue non è pomodoro. Davide Cesare (Dax) e Renato Biagetti sono stati uccisi nel 2003 e nel 2006. Dal 2005 almeno 262 le aggressioni recensite attribuibili alla destra: 88 attacchi a sedi e centri sociali di sinistra; 76 aggressioni razziste e 98 gli atti vandalici. Senza dimenticare Carlo Giuliani e Federico Aldovrandi. Anch’essi da annoverare in questa tragica contabilità. Vittime di un clima di violenza che è tornata pratica diffusa negli apparati di polizia, come i fatti di Genova del 2001 hanno dimostrato al mondo intero.

Giuliano Naria…fiabe quasi fiabe

28 agosto 2008 4 commenti

CONTRO I MANGIATORI DI DONI   [dal carcere di Trani]

Disprezzare ciò che è lento è già un donare.
Essere nei gesti delle parole è ricevere doni da te.
Soltanto quando il cielo sbucherà dai soffitti potrai vedere i miei doni per te.
Non compatisco i mangiatori di doni perché non sanno ricevere. E non potranno fare a meno di ricevere quello che meno vogliono. E dovranno accettare doni che non sono fatti per loro. E non saranno doni d’amore quelli che dovranno ricevere.
Superare il tempo in velocità è il mio primo dono d’amore per te.
Vedere nel futuro questo presente è il mio secondo dono per te.
Conficcare nell’immagine non l’immaginazione soltanto ma le parole e i gesti e i gesti delle parole e poi palpare e palparne gli occhi di sole, con il sole negli occhi, addentando il prossimo quanto il remoto, è il mio ottavo dono per te.

Foto di Valentina Perniciaro, passeggiando per il gheto, a testa in su

Foto di Valentina Perniciaro, passeggiando per il ghetto, a testa in su

Togliersi una maschera migliore dello stesso volto e togliersi anche il volto migliore della maschera e ripassare di vernice tutti i sogni e i simboli e i segnali, è il mio quarto dono per te.
Superare l’azione e l’immaginazione dell’azione e l’azione dell’immaginazione per divenire contraddizione degli scopi  e mezzo di questa contraddizione, nel divenire del suo processo  e nel movimento di questo divenire processo è il mio dodicesimo dono per te. Pronunciare: perché? per chi? con che? a che? dove? come? E aspettare i tuoi doni oltre la Soglia e superare cercando e creando un mondo per poterlo pensare e poi farlo perire vivendolo, è il mio settimo dono per te.
Infine abbracciare le stelle dentro e ricostruire attraverso questo abbraccio la mappa del firmamento e distinguere in tanti punti e linee-sfere il visibile e l’enunciabile, ciò che appartiene alle parole e ciò che appartiene alle cose, ciò che non è più discorso, ma non è neppure esperienza, nè identico nè differente, nè continuo, nè discontinuo. Questo abbraccio non è più neppure un dono, ma uno strappare ai mangiatori di doni la stessa possibilità di inventarmi per te e anche amarti come un dono donato da te.

E’ VIETATO CALPESTARE LE AIUOLE E STRAPPARE I FIORI   [San Vittore, marzo 1981]

C’erano vapori allucinogeni nell’aria ed era difficile distinguere il luogo e il tempo dai molti altri paralleli e intersecati. Dimensioni diverse si attorcigliavano fra loro inestricabilmente sino a confondere i sensi.
I sensi impiastricciati, impasticcati, avviticchiati, moltiplicati e divisi, incredibilmente “diversi”.
Nic Niven si chiamò dentro di sé, raccolse i sette spiriti astrali e li ingoiò. Si aggrappò tenacemente alla realtà, intrigandosi con essa; appoggiò le mani sulla terra e ritrovò se stessa.

Foto di Valentina Perniciaro, passeggiando per il ghetto

Foto di Valentina Perniciaro, passeggiando per il ghetto

Lei non aveva paura di perdere l’amore di Oberon, questo, ne era certa, non era in alcun modo possibile. Avevano in comune un regno segreto che apparteneva a loro, creato da loro, era indecifrabile. Ma temeva la malattia dell’anima di Oberon che insieme li avrebbe corrosi.
Separò a forza parte del cervello per trovare la sua interiorità. Con il coltello obbligò i sensi a ricomporsi; obbligò a separare i numeri esterni per sentire solo le voci; il naso le separò dal fumo e non odorò che assenzio; gli occhi si voltarono in dietro e guardò il suo cervello; offese il tatto perché si ritraesse in buon ordine; riempì la bocca di saliva e deglutì a lungo e non sentì più sapore. Scrigno chiuso in sè dentro uno scrigno, blindato, e si trovò lucida e attenta.
Ti regalo lo scrigno, abbine cura e abbi cura di te.

IL SOGNO E LO SPAZIO [carcere di Palmi]

C’era una volta, miliardi e milioni di anni fa, il sogno di un uomo e di una donna, di un bambino e una bambina, di un fratello e una sorella, di un compagno e una compagna.
Questo sogno era un narciso che sbocciava solo a primavera.
Questo sogno era sognato insieme, era vissuto insieme, era un sogno di spazi e di viole, un sogno di prati e di primavere, un sogno in cui non occorreva che si battesse il tempo per poterlo scorrere.
Questo sogno aveva la proprietà degli spazi infiniti e simultanei in un tempo zero. Ogni mattina il loro sogno spariva e spariva con il sogno la dimensione dell’insieme in cui il sogno era vissuto.
Il Tempo ingoiava il sogno e non lasciava più lo spazio di sognare, il Tempo divorava lo spazio e non lasciava più il sogno dei loro spazi vissuti insieme.

Foto di Valentina Perniciaro, tartarughe per il Ghetto

Foto di Valentina Perniciaro, tartarughe per il Ghetto

Gli spazi come i sogni sparivano al mattino lasciando sulle loro labbra brividi di salvia e la misura della quantità del tempo che li separava.
Restavano i narcisi, i narcisi bianchi con sfumature sul viola, i narcisi dai profumi dolci e simpatici, i narcisi sinceri, buoni, che esprimevano la loro amicizia, il loro amore. I narcisi racchiudevano i loro ricordi e le loro discussioni, tutte le loro sensazioni, tutte quelle carezze e quei baci e quegli incontri che non sarebbero mai potuti appassire come quei fiori.
I loro volti assomigliavano a quei fiori, come i narcisi erano ugualmente profumati, colorati, distribuivano e sprizzavano meraviglie e meravigliosità.
(Si racconta, inoltre, che solo chi è insensibile alla grandezza di questo fiore è portato ad essere sensibile nell’amore).
I fiori di narciso racchiudevano in uno stesso spazio i loro sogni, perché nei sogni non solo non si muore, ma gli amori si fanno cristallo e superano ogni limite e confine.
Ogni mattina, quando quel sogno veniva loro rubato, i loro capelli si drizzavano e da ricciolini che erano diventavano simili a degli spaghettini.
Avevano fatto una scommessa su se stessi, con se stessi, battere il tempo, dovevano impedire di farsi trascorrere da lui.
……………………………………………………………………….
E liberarono il loro desiderio di loro, liberarono il loro gesti e le loro parole, quelle parole che non fanno in tempo a fermarsi perchè i gesti sono più veloci.
Si innamorarono del loro amore perché su di questo il tempo non aveva potere, non aveva dominio e il narciso li raccolse nel sogno e dal sogno per portarli lontano da tutto ciò che non erano prati e fiori di primavera.
Nel corpo del fiore era possibile proiettarsi oltre e anche di là. Qui la matematica e la geometria dell’ignoto funzionavano pienamente.
………………………………………………………………………..
Sparirono percorrendo le poliedriche possibilità delle pieghe e degli angoli, proteggendosi dalla tenebra e dalla luce. Come saranno ora i loro capelli?

Giuliano Naria, operaio genovese, era un militante delle Brigate Rosse. Accusato dell’azione che porta alla morte di Coco, passa diversi anni nelle carceri speciali (kampi) di Fossombrone, Cuneo, Asinara… Gli arresti domiciliari per gravi motivi di salute vengono concessi a Giuliano solo nell’estate del 1985. L’anno dopo viene assolto dall’accusa di avere ucciso Coco e la sua scorta. Negli anni successivi viene assolto anche dalle altre accuse, ma il suo fisico è ormai gravemente debilitato. Nel 1995 gli viene diagnosticato un tumore e muore nel 1997. Ha scontato 9 anni e 16 giorni per poi essere dichiarato innocente.

Le sue favole sono un percorso dolce e colorato di evasione. Le sue favole hanno la capacità di svicolare, di scivolare dalle mani dei carcerieri, di volare libere. 

•Il vostro settembre• di Camilo Maturana

24 agosto 2008 1 commento

Il golpe cileno

Il golpe cileno

 

Prendiamo dalle ombre del tramonto
gocce di pioggia fina.
Notte lunga di sole nascosto,
sotto le proprie ombre ovunqueraccogliamo feriti, morti.
Teniamo stretta la rabbia
come qualcosa che si ama.
Gustiamo l’odio
come un alimento.

Retrocediamo ma…
ritorneremo domani!
Un giorno – l’undici-
ci strapparono la libertà
e settembre.
Non sanno che di ottobre
ne abbiamo molti
nella nostra storia…
Generali,
sopra il vostro settembre
cadrà
anche il nostro ottobre!

Foto di Valentina Perniciaro. Tetti di Roma, In difesa di una casa occupata

Foto di Valentina Perniciaro. Tetti di Roma, In difesa di una casa occupata

 

 

 

” ‘na dissenteria di bombe”

19 agosto 2008 2 commenti

L’estate del ’43 gli eserciti spediti sulla neve di Russia, 
nella sabbia di Egitto, sbandavano all’indietro.
La guerra dei fascismi andava alla malora,
ma una pace: lontana. “Finché non bombardano Roma”,
“Finché non bombardano Roma”, la frase girava a bassa voce,
pericoloso dirla per intero, la milizia aveva cento orecchie,
qualcuna di meno ultimamente, che la guerra falliva.

Finché non bombardano Roma, non finisce.
Strano vaccino per l’epidemia, che razza di siero antiguerra.
Si era ficcato in testa per le città d’Italia
bombardate a martello, prima solo di notte,
poi pure a mezzogiorno, e a Roma niente. 
“Ce sta ‘o papa, nun ponno mena’ bbombe ‘ncopp’ o papa”.
A Napoli spiegavano così la malasorte,
la più bersagliata dall’alto dei cieli, e Roma niente.
“‘O papa, ce sta ‘o papa, nun le ponno fa’ niente, sta San Pietro.”

Nel luglio del ’43 il cielo sopra Napoli era un campo di croci con le ali,
altissime passavano e sganciavano,
sopra obiettivo libero, a terra senza allarme,
senza sirena in mezzo alla città.
Sono più avvelenate di terrore le bombe a mezzogiorno.
Di notte è già normale correre al rifugio,m dentro il buio
a ripararsi, ma di giorno è peggio. “Quanno fernesce? Mai?
E il caldo, ‘o calore, d’o mese ‘e luglio d’o ’43”.

 Mia madre teneva diciottanni, legati stretti
per non farseli scippare, passava per la piazza
della posta centrale dopo una delle scariche,
e s’accorse che non c’erano le mosche,
erano morte pure quelle per lo spostamento dell’aria.
“Sui corpi scamazzati, scarognati, nun ce steva ‘na mosca.
Nun era manco nu bumbardamento,
ma ‘na dissenteria di bombe, ci cacavano ‘n capa.
E a Roma c’era il cinema, la guerra la sentivano per radio,
la gente la sera usciva, ieva a teatro,
nun le mancava niente. Tenevo diciottanni,
due fratelli nascosti,
i tedeschi fucilavano i guagliuni che non si presentavano”.

“No, ma’, questo è successo dopo, nel settembre,
quando gli americani ancora non entravano
e i tedeschi mettevano le mine in mezzo al golfo.
Stavamo ricordando ‘o mese ‘e luglio”.
“Senza pute’ durmi’ manco ‘na notte,
a sirena sonava doie, tre vote,
andavamo a durmi’ coi panni ‘ncuollo,
manco le scarpe mi toglievo, pronta pe’ n’ ata corsa,
giù per le scale, ‘a sirena int’e rrecchie
che m’afferrava i nervi, spìcciati, presto, curre,
le posate d’argento nella borsa, la ricchezza nostra,
mammà che mi sttrillava dietro: “Piglia i posti buoni”.
C’erano i posti buoni e quelli malamente, comm’a teatro”.

“Finché nun bumbardano Roma, ‘sta guerra fetente nun fernesce.
La milizia mo’ sente e fa finta ‘e nun senti’,
o’ ssape che è fernuta ‘a zezzenella
(lo sa che è finita la pacchia).
‘O fascismo per me è stato ‘a guerra. Tenevo quindicianni,
‘a meglio età, quanno ‘o fascismo s’affacciaie ‘o balcone:
vincere e vinceremo. Se credeva di fa’ ‘na guapparia,
quattro mosse dietro ai tedeschi e subito vinceva.
In capo a qualche giorno a Napoli sentéttemo  ‘a sirena,
‘a primma sirena d’allarme. Ancora me la sogno la sirena.
Dentro ai sogni nun m’arricordo ‘e bbombe, ma ‘a sirena.
Tenevo quindicianni all’inizio d’a guerra, ‘a meglio età.
‘O fascismo me l’ha inguaiata fino a diciottanni.

Niente sapevo, niente m’importava, d’a politica,
io vulevo fa’ ammore, uscire colle amiche mie,
ballare, andare al mare. Si m’o ffaceva fa’,
si ‘ o fascismo me faceva campa’, bene per lui e bene pure a me.
Invece niente, s’è arrubbat’a giuventù,
ha mandato a muri’ ‘i meglio guagliuni pe’ na guerra fetente,
se ne futteva ‘e me, ‘e Napule, ‘e l’Italia. Stava a Roma
arriparato sotto ‘a tonaca d’o papa,
a Roma non gli succedeva niente.”

“E com’è stato lo strillo, la voce che hai sentito
all’uscita del ricovero, quel giorno?”
“Sarà stato mezzogiorno, o primo pomeriggio,
nun saccio di’, ce stava ‘o sole, da due ore
schiattavamo ‘e calore int’o ricovero.
Sunaie ‘a sirena di cessato allarme, ascèttemo all’aperto,
tossivo per la polvere alzata dalle bombe,
m’abbruciavano gli occhi per la luce potente dopo il buio,
mezzo stordita m’arrivaie ‘nu strillo: “Roma!
Hanno colpito Roma! Hanno menato ‘e bbombe
             ‘ncopp’ o papa”.
E doppo ‘ o strillo ne venette n’ato: “E’ ‘m mumento,
fernesce ‘a guerra, mo’ fernesce ‘a guerra”.
La gente usciva dai ricoveri scunfusa, stupetiata,
e tutt’insieme dietro a quello strillo
s’abbracciava, chiagneva, alzava ‘e manne ‘o cielo.
“Fernesce ‘a guerra” e : “Roma bombardata” erano ‘o stesso strillo.
E a me, che manco me pareva overo che puteva fini’,
si gelò il sangue a vedere quella festa
perché Roma era stata bombardata.
Noi che sapevamo che malora era,
ce mettevamo a fa’ chell’ammuìna?
Che t’aggia di’, ‘a guerra è ‘na carogna
e ‘o fascismo ci aveva incarogniti.
Poi uscì la milizia e tutti quanti ce ne tornammo a casa
a senti’ ‘a radio: Roma era stata bombardata
la mattina, da ‘e pparti d’a stazione, no a san Pietro.

E così fu che cadett’ o fascismo.
o’ rre fece arrestare Mussolini
e ‘a ggente se credeva che ferneva tutte cose,
‘a guerra, ‘a carestia, tornava il pane bianco, veneva ‘a libbertà.
Fuie ‘na fantasia, nun era tiempo.
A Napoli finì due mesi dopo, a fine settembre,
‘o popolo s’arrevutaie isso sulo contro i tedeschi,
quattro giorni e tre nottate sane,
al buio in mezzo agli spari, pieni di volontà,
quattro giornate per levarsi gli schiaffi dalla faccia.
Finché non se ne uscirono i tedeschi,
entrarono i guagliuni americani, figli ‘e napoletani d’oltremare.
Cominciò quel po’ di gioventù che mi avanzava.
Mi so’ sposata nel ’46, perciò la gioventù durò tre anni.

E di tutto il fascismo mi rimane il peggio di quell’ora
di festa per Roma bombardata.
Anche se in quella polvere di luglio, ‘ calore, ‘o sudore,
non mi sono abbracciata con nessuno,
è per la gente mia che mi dispiace.
Allora fu normale, perciò chist’è ‘o fascismo pe’ mme,
la fetenzia che ci ha portato a quello, di applaudire.
Ti parlo de ‘sti ccose addolorate pecché tu saie senti’,
ma nun pozzo permettere a nisciuno di voi venuti dopo
di giudicare Napoli in quell’ora, 
pecché ‘o fascismo vuie nun ‘o ssapite”.

                             L’Estate del ’43.   ERRI DE LUCA, “L’ospite incallito”  -Einaudi Editore-

Haret Hreik_Beirut_settembre 2006

Beirut, Libano. Quartiere sciita di Haret Hreik, dopo i bombardamenti israeliani Settembre 2006. Foto di Valentina Perniciaro

Napoli, primavera 2006 Foto di Valentina Perniciaro

Napoli, passeggiando nei vicoli del centro. Foto di Valentina Perniciaro

il più bello dei miracoli.

17 agosto 2008 2 commenti

Alì Juburi, morto in una cella d’agosto

14 agosto 2008 Lascia un commento

Alì Juburi è morto nel carcere nel carcere di L’Aquila dopo due mesi di sciopero della fame.
Nel silenzio più totale. 

Quando in galera è il tuo corpo che diventa il luogo della rivolta

di Paolo Persichetti, Liberazione 13 Agosto 2008

La vicenda di Alì Juburi, il detenuto iracheno quarantaduenne morto lunedì scorso a causa di uno sciopero della fame intrapreso per protesta contro una condanna che considerava ingiusta, è una di quelle notizie che troviamo confinate nelle brevi dei grandi quotidiani nazionali o che al massimo riempiono lo spazio di un articolo della stampa locale. Vite che scivolano via nell’indifferenza generale, sospiri persi nelle distrazioni di una estate afosa. Le cronache ci dicono che si trattava probabilmente di una persona sorpassata dagli eventi, triturata dai meccanismi di un dispositivo burocratico-punitivo che non riabilita ma macera le esistenze, soprattutto quando sono fragili.

Arrestato a Milano, rinchiuso a san Vittore, subito dopo la condanna di primo grado gli è toccato il destino dei tanti stranieri ospiti delle nostre carceri: lo sfollamento. I grandi carceri giudiziari funzionano così. I detenuti appena condannati vanno via per lasciare posto ai “nuovi giunti”. Qualcuno ce la fa a restare perché c’è sempre una piccola sezione penale pronta ad accogliere i raccomandati, quelli che hanno un mestiere utile al carcere (muratori, idraulici, elettricisti) e gli asserviti alla custodia. I residenti finiscono nei “penali” della città, se esistono, o nelle carceri della provincia. I più sfigati vengono distribuiti nella regione. Una norma del regolamento penitenziario salvaguarda il diritto di prossimità al luogo di residenza dei familiari, l’istituto di assegnazione non deve distare oltre i 300 chilometri. Così c’è scritto… Il criterio non vale per le categorie speciali, come i detenuti in 41bis, gli Eiv.

Gli stranieri (una volta si diceva “forestieri”, parola migliore che indica soltanto la provenienza da fuori, non l’estraneità, la diversità), che nella stragrande maggioranza dei casi sono soli, vengono sbattuti, “tradotti” (altro termine della burocrazia penitenziaria) nei quattro angoli del paese. Da una città del Nord a causa di uno sfollamento si può arrivare anche in Sicilia. Juburi era finito a Vasto, sul litorale abbruzzese. Condannato a un anno e tre mesi era rimasto in carcere. Non risulta che avesse recidive, non aveva altre condanne e si protestava innocente per quella che aveva subito. Secondo la legge avrebbe potuto essere fuori. Per gli incensurati che incorrono in pene inferiori ai due anni è prevista la condizionale. Il pacchetto sicurezza, che per alcuni reati detti di «particolare allarme sociale» modifica questa norma, è stato approvato solo più tardi. Juburi deve essere incappato in un giudice che ha anticipato i tempi, uno di quelli che annusano con particolare solerzia la direzione del vento. Sicuramente non aveva avvocato, non poteva permettersene uno bravo. Avrà avuto un legale assegnato d’ufficio che senza parcella non si è minimamente interressato al suo caso. Per lui nessuna misura alternativa. 

Se sei straniero non vale. È più facile che ti condannino perché su di te pesa un pregiudizio sfavorevole. Magari ti manca il permesso di soggiorno e hai una residenza al nero che non puoi certificare. Allora non ti resta che accettare il carcere e aspettare che passi. Potresti fare una richiesta di rimessa in libertà, ma non lo sai, non parli bene la lingua, non conosci le leggi, ti chiedono solo di rispettarle. Hai solo doveri ma non diritti. Magari sei sfortunato e non incontri nessuno che vuole o può aiutarti. Nessuno che si sofferma a parlarti, che ti chiede da dove vieni, perché sei lì. Sei solo un paria, uno dei tanti buttati in fondo a una cella. Non capisci cosa succede e perché ce l’hanno tanto con te che volevi solamente vivere, mangiare, vestirti, avere una donna, dei figli. No, per te non vale. Allora ti monta la rabbia, una rabbia che ti torce le budella, ti prende lo stomaco, ti fa digrignare i denti. Vorresti urlare al mondo quell’assurda situazione, ma oltre le mura del carcere c’è solo campagna. Una bella campagna che ti ricorda la tua terra. Gli alberi da frutto, gli ulivi. Ricordi quando eri bambino e correvi tra i campi di grano. Invece ora apri gli occhi e vedi solo sbarre e cemento mentre la vita scorre ritmata dal rumore di grosse chiavi d’ottone. Fuori non c’è nessuno, solo il vento. La rabbia allora fa il cammino inverso, ritorna in te, s’impadronisce del tuo corpo, lo usa come un’arma. Tu diventi il luogo della lotta, lo strumento della protesta. Non hai altro. Hai solo quel corpo e lo usi.

Un filosofo che conosce quelle parole che tu non sai la chiama la «nuda vita». Tu fai della nuda vita il mezzo della rivolta. Non accetti quel che succede. Smetti di mangiare. I primi giorni senti freddo, tanto freddo. Brividi atroci lacerano le tue ossa, la notte il cuore batte fortissimo, ti prende l’affanno. Poi senti come una febbre che ti brucia la pelle. Il corpo divora se stesso. Il tuo peso precipita ma tu già non senti più il morso della fame. Lo stomaco si è chiuso, le forze mancano, ma basta stare fermi e coperti. Le ore passano nel dormiveglia. Ormai sei nella vertigine e non sai più tornare indietro.

Dicono che sia un mezzo di lotta nonviolenta. Che fesseria! Non c’è forma più violenta di uno sciopero della fame, di un corpo che divora se stesso. Autofagia. Altri si mutilano, si tagliano a fettine. Sfregiano la propria pelle con idelebili cicatrici. Rughe che parlano di dolore. Piaghe vive, zampilli di sangue che sporcano i muri tra urla eccitate e fuggi fuggi generale. Un modo di richiamare l’attenzione, segno di fragilità, di disperata voglia di comunicare senza avere gli strumenti giusti per farlo. Nel 2007 (fonte Antigone) gli atti di autolesionismo recensiti sono stati 3687. Circa duemila in meno del 2004, grazie agli effetti dell’indulto. Comunque l’8,14% della popolazione detenuta. La triste storia di Alì Jaburi insieme a queste cifre cifre ci dice che il carcere è il problema, non la soluzione.

                                   ODIO IL CARCERE! 

 Foto di Valentina Perniciaro   "Regina Coeli"

W la France! Oggi si!

23 giugno 2008 Lascia un commento

BELLE NOTIZIE DALLA FRANCIA.
BELLE COME UN CARCERE CHE BRUCIA. 

Un incendio doloso ha quasi completamente distrutto ieri il centro di detenzione di Vincennes, uno dei più grandi di Francia, dove erano detenuti 273 stranieri senza permesso di soggiorno in attesa di espulsione. 
L’incendio è stato appiccato alle 15.45 del pomeriggio, in due distinte sezioni della struttura, e nonostante l’intervento rapido dei pompieri i danni sono stati ingenti. Nessun ferito grave, ma venti persone sono state ricoverate per intossicazione dovuta al fumo.

Una cinquantina di detenuti hanno approfittato del caos per fuggire. 
Secondo uno degli stranieri detenuti, l’incendio è legato alla rivolta scoppiata nel centro dopo la morte, sabato, di un tunisino per arresto cardiaco. Alcuni detenuti avrebbero dato fuoco ai materassi mentre all’esterno si svolgeva una manifestazione di solidarietà. L’incendio è cominciato venti minuti dopo l’inizio della manifestazione.

Corteo per i diritti, per la casa, per la libertà. Roma, 14 giugno 2008. Foto di Valentina Perniciaro

“si chiudono i tuoi occhi col mio sonno”

23 giugno 2008 2 commenti

Non t’amo come se fossi rosa di sale, topazio
o freccia di garofani che propagano il fuoco:
t’amo come si amano certe cose oscure,
segretamente, tra l’ombra e l’anima.

T’amo come la pianta che non fiorisce e reca
dentro di sé, nascosta, la luce di quei fiori;
grazie al tuo amore vive oscuro nel mio corpo
il concentrato aroma che ascese dalla terra.

T’amo senza sapere come, né quando, né da dove,
t’amo direttamente senza problemi né orgoglio:
così ti amo perché non so amare altrimenti

che così, in questo modo in cui non sono e non sei,
così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,
così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

~ Pablo Neruda ~

 

Foto di Valentina Perniciaro
Via Cavour, Roma : amore militante
 

Odio il carcere

9 giugno 2008 1 commento

INDECOROSI

7 giugno 2008 1 commento

Indecorosi. Orsi in movimento per il godimento

Da quello che ho sentito è uno dei migliori striscioni, tra i tanti divertentissimi del Gay Pride di oggi, 
che posso seguire solo “radiofonicamente” da una redazione tutta al femminile e pesantemente techno ;-(

PER LA LIBERTA’ SESSUALE,
PER L’AUTODETERMINAZIONE
PER LA LAICITA’

FUORI I PRETI DALLE NOSTRE MUTANDE 

Foto di Valentina Perniciaro  - GAY PRIDE 2007-
Nude man/woman walking

Per ascoltare le corrispondenze http://www.ondarossa.info

 

Do you remember Bolzaneto?

4 giugno 2008 1 commento

-In previsione dell’arrivo a Roma, la settimana prossima, del presidente degli usa George Bush, oltre duecento detenuti di Regina Coeli sono stati trasferiti negli istituti di tutta Italia “per consentire al carcere romano di far fronte agli eventuali fermi legati a possibili disordini e contestazioni”.
A dare la notizia e’ stato il Garante regionale dei diritti dei detenuti Angiolo Marroni che, ironicamente, ha commentato: “e’ da tempo che andiamo dicendo che Regina Coeli e’ un carcere sovraffollato.
Visto quanto sta accadendo basterebbe che un capo di stato venisse a Roma una volta al mese ed ogni problema sarebbe risolto”
A quanto risulta al Garante la scorsa settimana sono gia’ stati trasferiti, in altre carceri del Lazio, un centinaio di detenuti: accanto alle normali 40 unita’ se ne sono aggiunte, infatti, una sessantina trasferite in via straordinaria.
Secondo Marroni “Questa settimana altri sessanta detenuti sono in attesa di autorizzazione dal Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria, per il trasferimento negli Istituti laziali, mentre altri 63 attendono il via libera dal Dipartimento Nazionale per essere trasferiti nelle carceri di tutta Italia. In totale, saranno dunque 220 i detenuti trasferiti per consentire di liberare due piani della settima sezione di Regina Coeli, quelli dove dovrebbero essere ospitati i responsabili degli eventuali incidenti legati alla visita di Bush a Roma”.
Nella maggior parte dei casi, afferma ancora Marroni, ad essere trasferiti sono stati detenuti appellanti o giudicabili, che, dunque, dovranno tornare a Roma per i processi che li riguardano, con inevitabili costose spese di trasferimento a carico dello Stato. Quelli trasferiti fuori regione sono, al 90%, stranieri. –

Eccoci di nuovo.
La notizia sembra essere la stessa di 7 anni fa…il governo in effetti è lo stesso, anzi no. E’ decisamente peggio, completamente monocromatico.
Daranno l’onore anche a noi donzelle di fare i 3 scalini? Gli basteranno 200 brande per conterci tutti?
Riapriranno anche Villa Paradiso per l’occasione [sono le celle punitive d’isolamento di Regina Coeli, dismesse nei primi anni ’80, soprannominate così dai detenuti] ?
Consiglio di lasciare i piercing a casa, pare non abbiano perso il vizio di volerci torturare tutt@

Nel frattempo Piazza San Giovani sarà vietata al Pride sabato prossimo. Al suo posto sarà data la piccola Piazza Santa Croce in Gerusalemme, che sicuramente non conterrà tutti i partecipanti alla manifestazione.
Saranno le prove generali per Bush?

Foto di Valentina Perniciaro -Roma, Giugno 2007-
Corteo contro la visita di Bush PUSHBUSHOUT

bello come un carcere che brucia

3 giugno 2008 Lascia un commento

“Non solo la pena deve essere individuale, ma individualizzante; e in due modi.

Prima di tutto la prigione deve essere concepita in modo da cancellare le conseguenze nefaste che essa provoca riunendo nello stesso luogo dei condannati molto diversi fra loro: soffocare i complotti e le rivolte che possono sorgere, impedire che si costituiscano complicità future o che nascano possibilità di ricatto…in breve che la prigione non formi, a partire dai malfattori che riunisce, una popolazione omogenea e solidale.

Infine e soprattutto, l’isolamento dei condannati garantisce che si può esercitare su di loro, col massimo d’intensità, un potere che non sarà bilanciato da nessun’altra influenza; la solitudine è la condizione prima della sottomissione totale.

L’isolamento assicura il colloquio, da solo a solo, del detenuto col potere che si esercita su di lui.”

Sorvegliare e punire – Michel Foucault-

L’interno di una cella di altri tempi, almeno così si potrebbe immaginare. Ed in questo caso è così
Il carcere minorile del San Michele, dismesso definitivamente nel 1972,  è ormai ricordo di una Roma dimenticata, di tanti stornelli e racconti della malavita romana, del popolo dei vicoletti e dei rioni.
L’aria che si respirava in quel posto era gelida…senza vetri ai finestroni ai quattro lati dei ballatoi, la corrente si infilava nelle celle come una corsa di cavalli, fredda. Tutte celle singole. Un luogo che ti lascia quella sensazione di vuoto, di rabbia e costrizione…dove le scritte sul marmo inneggiano al lavoro, al peccato, al pentimento.

PER UN MONDO BELLO COME UN CARCERE CHE BRUCIA.

Foto di Valentina Perniciaro
Complesso Monumentale del San Michele, ex carcere minorile

W la resistenza

1 giugno 2008 1 commento

L’ordine Regna!

29 Maggio 2008 2 commenti

Doppia apertura, per due giorni di fila. Ho un sonno arretrato che mi lascia un po’ sconcertata.
Poi non è mica facile parlare due ore ai microfoni e leggere solo di Giorgio Almirante, di dichiarazioni agghiaccianti del nostro attuale sindaco…
Dell’assalitore del Pigneto che ha il Che tatuato e rilascia interviste indescrivibili, dai toni nemmeno fascisti ma insopportabili, gretti, da melma fascista di inizio ventennio. E poi la Sapienza, la direttissima di ieri che tiene un compagno ai domiciliari fino al 2 Luglio
Di parole non ne trovo..e trovarne per due ore mi ha fatto sudare non poco.
Ora mi vado a godere l’ennesimo diliuvio, insieme al mio motorino senza parabrezza
Mi raccomando, come dice Aldo Fabrizi….”agggitala quaa manina quanno saluti!”

Manifesto del Maggio Francese


PREFETTURA DI GROSSETO
UFFICIO DI P. S. IN PAGANICO
COMUNICATO

Si riproduce testo del manifesto lanciato agli sbandati a seguito del decreto del 10 Aprile.
“Alle ore 24 del 25 Maggio scade il termine stabilito per la presentazione ai posti militari e di Polizia Italiani e Tedeschi, degli sbandati ed appartenenti a bande.
Entro le ore 24 del 25 Maggio gli sbandati che si presenteranno isolatamente consegnando le armi di cui sono eventualmente in possesso non saranno sottoposti a procedimenti penali e nessuna sanzione sarà presa a loro carico secondo quanto è previsto dal decreto del 18 Aprile. I gruppi di sbandati qualunque ne sia il numero dovranno inviare presso i comandi militari di Polizia Italiani e Tedeschi un proprio incaricato per prendere accordi per la presentazione dell’intero gruppo e per la consegna delle armi. Anche gli appartenenti a questi gruppi non saranno sottoposti ad alcun processo penale e sanzioni. Gli sbandati e gli appartenenti alle bande dovranno presentarsi a tutti i posti militari e di Polizia Italiani e Germanici entro le ore 24 del 25 maggio.
Tutti coloro che non si saranno presentati saranno considerati fuori legge e passati per le armi mediante fucilazione nella schiena.
Vi preghiamo curare immediatamente affinché testo venga affisso in tutti i Comuni vostra Provincia.”
p. il Ministro Mezzasoma – Capo Gabinetto

GIORGIO ALMIRANTE
Dalla Prefettura 17 Maggio 1944 – XXII

La stella della Rotonda

6 Maggio 2008 Lascia un commento

Scalo San Lorenzo.

Caldo Torrido, capannoni praticamente deserti. Scalo San Lorenzo _ rotonda

La manutenzione locomotori era assegnata a a duecento persone. Ora sono 7 i lavoratori che si aggirano per tutto il reparto. Impressionante trovare il silenzio al posto del rumore di ferro e sudore, impressionante quel vuoto in un luogo immaginato come un formicaio di fatica, sfruttamento e produzione.

Uno strano vuoto, estremamente bello nel suo decadentismo.

Nel suo rappresentare un secolo che non c’è più, volato via portandosi via buona parte del nostro patrimonio culturale, politico…sognatore.

Siamo quei pochi rimasti, a sudare in padiglioni ormai inutili.

Quasi come perenne esposizione di ciò che non esiste più, che non deve più esistere.

Foto: Valentina Perniciaro. Scalo San Lorenzo. Luglio 2007