Archivio
Solo una fotografia …
Il cielo è plumbeo anche quando il sole splende, anzi più splende più volano, più volano più la pioggia esplode insieme a tutto il resto.
Questa foto parla di braccia e mani sbucciate a scavar cemento fuso,
Questa foto parla di occhi che affogano nel terrore guardando al cielo come al nemico più grande.
Questa foto racconta la Siria di questi mesi più di tante parole,
Spalanca le porte ad un dolore sordo, che scava implacabile le giornate di chi su quel suolo ha avuto solo che da imparare.
Imparare tanto.
Io son lì con voi, non c’è bomba che non squarci il mio petto.
Leggi:
Al telefono con Anna Frank
Comprendere l’esilio
Bosra , beduini e innamoramenti
Ciliegie e nostalgia
ma buon anno ddddechè
Ode al dolore
Le bombe in casa nostra
La Palestina è con voi! Messaggio agli studenti e alle studentesse in lotta
Dal sito FreePalestineRoma, che vi consiglio di aggiungere ai vostri preferiti…
In nome di tutte/i le studentesse e gli studenti palestinesi, in particolare gli studenti di Gaza, salutiamo profondamente la vostra lotta in difesa dei legittimi diritti vi informiamo che siamo con voi e le vostre giuste richieste. Siamo certi che riuscirete a raggiungere i vostri nobili obiettivi.
Care compagne e cari compagni,
Crediamo che ogni lotta/mobilitazione studentesca ovunque sia giovi a favore degli studenti nel mondo e riteniamo che gli studenti siano una forza principale per il cambiamento delle nostre società. Per questo motivo i cacciabombardieri sionisti colpiscono in ogni aggressione le scuole e le università delle città palestinesi come sta succedendo in questi giorni a Gaza. 
I sionisti pensano che colpire i giovani ed i ragazzi delle scuole e università possa intimorire le generazioni del futuro. Però, noi abbiamo giurato per noi stessi e per gli studenti caduti rinnovando anche a voi in lotta la nostra promessa di non arrenderci o piegarci di fronte alla micidiale macchina repressiva dell’occupante.
Noi, dalla terra della resistenza Palestina, vi chiediamo di resistere e continuare la vostra lotta per:
* boicottare la cooperazione accademica tra le vostre università e quelle dello stato d’apartheid israeliano.
* esigere dal vostro governo di fermare lo spreco di danaro pubblico della cooperazione scientifico militare con lo stato d’apartheid israeliano; tali soldi devono andare a favore della scuola pubblica, dell’università e della ricerca.
* creare mezzi d’informazione alternativa nelle scuole e università capaci di informare correttamente sui diritti del movimento studentesco internazionale incluso quel palestinese per smascherare le informazioni mediatiche del potere costituito.
Le vostre ed i vostri compagne/i studenti palestinesi.
23.11.2012
Il fronte d’azione studentesco progressista
Dum Dum, Dime, Fosforo Bianco: dizionario minimo delle armi israeliane
“Fratello, io credo nel mio popolo errante, carico di catene.
Ho preso le armi perchè un giorno I nostri figli prendano la falce.
Il sangue delle mie ferite irriga le nostre valli;
Esso ha dei diritti su di te, è il debito che non può più aspettare” – Jalal al-din –
Da pochi minuti Al-Jazeera ha rinominato il Willy Pete, nient’altro che il nome di battaglia usato dagli americani per descrivere il Fosforo Bianco. Ne abbiamo parlato tanto durante l’operazione Piombo Fuso che si è abbattuta su Gaza, prima di questa.
Abbiamo parlato molto degli armamenti usati in quella guerra,
e siamo costretti a farlo nuovamente visto che nulla si è mosso.

Fosforo Bianco su Gaza, 2009
Nulla si è mosso nemmeno a livello internazionale per mettere al bando le micidiali Bombe DIME,
che Israele usa a più non posso.
E allora non riesco a scrivervi nuovamente quali sono gli effetti di queste bombe che scoppiano a qualche centimetro dal suolo e che ti segano in due, spesso lasciandoti vivo, con schegge di materiale altamente cancerogeno che mai potranno esser tolte dalla tua carne.
Difficile descrivere a parole mie tutto ciò, quindi vi chiedo di approfondire,
di aprire le pagine che vi linko qui sotto e leggere.
leggere cosa producono certi armamenti, leggere CHI produce certi armamenti, chi non vieta certi armamenti,
chi si addestra con loro, con questi armamenti.
insomma, la guerra a Gaza la possiamo fermare solamente combattendo le loro menzogne,
facendo circolare la verità su quel che accade,
su cosa è la macchina bellica ISRAELE,
cosa è il sionismo,
quali sono i veri obiettivi di questi maledetti assassini.
Carbone e Fosforo per i bimbi di Gaza
I nuovi armamenti su Gaza
Il fosforo Bianco
Le bombe DIME
Il rapporto GoldStone
Esercitazioni militari Italia-Israele
Vittorio, sulle munizioni DUM DUM
Il figlio di Sharon vuole Hiroshima
Incinta? Bene! Un colpo, due morti
Esercito israeliano: magliette e foto ricordo di un genocidio
The New Abu Ghraib
Aprite questo link, ma apritelo con calma.
Sappiate che vedrete una pagina che fa male, dalla prima all’ultima foto.

il certosino lavoro dei soldati israeliani: puntare agli occhi e alle ginocchia dei bambini...li addestrano così
In questo blog avevamo già parlato delle magliette ordinate e poi orgogliosamente indossate da un paio di reparti dell’Israel Defence Force ( il titolo del post parla da solo: “Una donna incinta? con un colpo DUE morti!“) , magliette che nemmeno le S.S. avrebbero ostentato con tanta soddisfazione.
Nel link che invece vi ho lanciato oggi, che in pochi secondi potrebbe rovinare la vostra domenica, ce ne sono delle altre: nuovi modelli, slogan simili.
Ma anche una collezione di immagini “ricordo” scattate dai soldati israeliani durante le loro incursioni nei Territori Occupati come a Gaza,
sono foto scattate dentro gli appartamenti rastrellati, sopra i cadaveri di persone e bestiame.
Dei massacri dei precedenti secoli non abbiamo immagini, lo Stato di Israele ci “dona” la possibilità di averle comunque davanti agli occhi.
E ogni tanto, per quanto male faccia, bisogna ricordarlo.
per le altre immagini potete andare sul link ad inizio pagina.
A me la rabbia e la nausea non mi permettono di più … però le metto anche come commento a tutti quelli che in rete dicono che l’assalto all’ambasciata israeliana al Cairo è stato un atto INCIVILE. Fatela finita, abbiate il buon gusto di non parlare di civiltà.
Sri Lanka, crimini impuniti
Io ho impiegato più di tre ore a vedere questo video, malgrado duri cinquanta minuti.
Perché non è sopportabile. Perché troppo spesso manca il respiro e la resistenza.
E’ stato pubblicato da Peacerporter, che ringrazio infinitamente perché dona spazio ad un pezzo di mondo dilaniato che a nessuno interessa.
Perché non si può non far circolare questo documentario.
DA PEACEREPORTER
I cinquanta minuti del documentario di Channel 4 intitolato ‘Sri Lanka’s Killing Fields’, frutto di due anni di lavoro, mostrano video, foto e testimonianze inedite di combattenti e civili tamil sistematicamente giustiziati dai soldati singalesi con un colpo alla testa, molti dopo essere stati torturati e, nel caso delle donne, stuprate. Cadaveri sparsi o allineati a terra, denudati e oltraggiati dai militari, poi lanciati e accatastati sui cassoni dei camion dell’esercito, tra lo scherno e le battute a sfondo sessuale di giovani soldati trasformati in bestie.
Immagini impressionanti e disumane, la cui autenticità – come già capitato in precedenza – è stata contestata dal ministero della Difesa dello Sri Lanka, ma certificata dagli esperti del Consiglio per i diritti umani dell’Onu di Ginevra.
Dopo aver visionato il video in anteprima, il relatore speciale dell’Onu per le esecuzioni extragiudiziali, Christof Heyns, ha dichiarato che esso ”contiene le prove definitive deicrimini” commessi dal governo di Mahinda Rakapaksa.
”Sono rimasto scioccato da queste scene orribili – ha affermato il ministro degli Esteri britannico, Alistair Burt – che costituiscono una prova evidente delle violazioni dei diritti umani su cui il governo dello Sri Lanka deve indagare, se non vuole affrontare un’azione internazionale”.
Oltre alle immagini delle esecuzioni sommarie (che iniziano dal 33esimo minuto del filmato), il documentario ripercorre le ultime drammatiche settimane di guerra (gennaio-maggio 2009), durante le quali almeno 40 mila civili tamil sono stati uccisi dalle forze singalesi comandate da Mahinda Rakapaksa e da suo fratello Gotabhaya, capo della Difesa. Gordon Weiss e Benjamin Dix, responsabili della missione Onu in Sri Lanka, raccontano alle telecamere di Channel 4 la frustrazione e la rabbia che provarono quando furono costretti dal governo di Colombo a lasciare la zona di conflitto alla vigilia dell’offensiva finale, ricordando la disperazione della popolazione che li supplicava di non abbandonarli a morte certa.
Vengono poi raccontati, con immagini e testimonianze inedite, i sistematici bombardamenti dell’esercito sulle ‘No Fire Zone’ in cui il governo aveva intrappolato centinaia di migliaia di civili tamil sfollati: bombe sulle tendopoli, bombe sugli ospedali strapieni di donne, vecchi e bambini feriti, bombe sulle colonne di profughi in fuga, bombe sulle linee dirifornimento umanitarie.
Una carneficina frutto non di errori balistici, ma di criminale pianificazione. Testimoni raccontano come le coordinate degli ospedali temporanei che la Croce Rossa Internazionale forniva ai generali singalesi per evitare che li bombardassero per errore, venivano invece usate per prendere meglio la mira: 65 granate in poche settimane, quasi ogni giorno, e quasi sempre sparate a distanza di pochi minuti, così da uccidere anche i soccorritori.
‘Sri Lanka’s Killing Fields’ – che non manca di denunciare i crimini dei guerriglieri tamil, accusati di aver usato i profughi civili come ‘scudi umani’ sparando contro chi cercava di fuggire – racconta infine il destino dei civili tamil superstiti, internati in campi militari senza cibo e cure mediche e sottoposti a torture e stupri, e l’occupazione militare cui ancora oggi sono sottoposte le regioni del nord, con notizie di abusi e soprusi di ogni genere.
”Due anni fa – è la conclusione del documentario – la popolazione civile tamil implorava la comunità internazionale di non abbandonarla ed è stata tradita. Oggi i sopravvissuti chiedono alla comunità internazionale di avere giustizia: saranno ancora abbandonati?”.
La risposta sembra contenuta nelle parole di Steve Crawshaw, dirigente di Amnesty International, anch’egli intervistato nel filmato: ”Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha votato all’unanimità per deferire alla corte internazionale dell’Aja il regime libico: il contrasto tra questo e l’assoluto silenzio e la totale inazione di fronte a decine di migliaia di morti in Sri Lanka è impressionante, inspiegabile e moralmente indifendibile”.
Enrico Piovesana
Strage di civili nel Delta del Niger
E’ strage vera e propria in Nigeria, nella regione del Delta del Niger, roccaforte dei ribelli del Delta del Niger.
L’incursione dell’esercito è stata decisamente pesante e le notizie che arrivano nel nostro occidente completamente mediatizzato sono contrastanti e vaghe. Misna ci parla di bombardamenti da ieri mattina e di 50 morti bruciati vivi dentro le case nel villaggio di Ayakoromo: l’unità speciale dell’esercito cerca i ribelli bruciando vive famiglie.
L’Ansa riferisce di 150 vittime civili,
L’obiettivo principale dell’incursione era catturare John Togo, uno dei principali comandanti militari della Forza di liberazione del Delta del Niger (Ndlf), organizzazione che, al contrario del Mend, non ha aderito al programma di amnistia avviato lo scorso anno dal governo. Il quotidiano nazionale nigeriano The Vanguard invece minimizza l’azione delle squadre speciali, parlando di appena quattro morti in villaggi usati come base dal gruppo ribelle.
Basta, poco altro si riesce a sapere da quelle terre lontane e fertili, dove il petrolio sgorga come il sangue dei civili, vittime di uno sfruttamento territoriale che sta risucchiando le energie di un’intera popolazione.
65 anni fa, le Fosse Ardeatine
65 anni dall’eccidio delle Fosse Ardeatine e i suoi 335 uccisi. Evento la cui memoria è necessaria, a maggior ragione in un presente come questo, dove eserciti indossano magliette che deridono centinaia di civili uccisi, dove si mandano avanti guerre contro popolazioni allo stremo, popolazioni in cattività, derubate della loro terra e della loro cultura, del lavoro e del futuro.
Terre dove non si può essere bambini, terre dove marcia un nemico che professa lo sterminio etnico, l’Apartheid, la segregazione con la scusa del diritto alla sicurezza.
SENZA MEMORIA NESSUN FUTURO, SENZA GIUSTIZIA NESSUNA PACE.
OGGI PIU’ DI IERI, ORA E SEMPRE RESISTENZA



Una ronda non fa primavera
Da Padova a Forlì il mercato delle ronde apre la strada alla privatizzazione e politicizzazione della sicurezza
di Paolo Persichetti, Liberazione 1 marzo 2009
dal blog Insorgenze
Dopo l’entrata in vigore del decreto legge sulle ronde, in alte parti d’Italia si assiste ad un proliferare di «associazioni di volontari per la sicurezza», intenzionati a presidiare il territorio con funzioni ausiliarie delle forze dell’ordine.
A Padova, militanti di An e della Lega sono scesi in alcuni quartieri fino a quando hanno trovato la strada sbarrata dai giovani dei centri sociali. Un po’ di sberle e l’intervento della polizia hanno messo fine ad all’iniziativa.
L’indeterminatezza e la prosa allusiva contenuta nel testo varato dal governo lo scorso 25 febbraio hanno lasciato ampio spazio alle interpretazioni più pericolose e così si è immediatamente scatenata la corsa all’accaparramento del mercato politico-mediatico delle ronde. Il testo approvato, infatti, pur dando priorità alle associazioni composte da personale delle forze dell’ordine in congedo, estende il ricorso alla collaborazione con i comuni ad ogni altro tipo di «associazione tra cittadini non armati», purché compaiano in un’apposita lista depositata in prefettura e non usufruiscano di finanziamenti pubblici. Formulazione che sembra aprire al finanziamento privato della vigilanza, sul modello delle «agenzie private di sicurezza» teorizzato dai partigiani dell’ultracapitalismo selvaggio, come lo studioso americano Robert Noizick.
Ritagliato su misura sulle esperienze di vigilanza locale già sperimentate nelle cittadine governate da amministratori leghisti, l’impresa delle ronde è diventata subito un terreno d’accesa competizione per il controllo del territorio tra schiere di leghisti e squadre di An, Storace, Forza nuova e Fiamma tricolore.
A Verona la giunta comunale ha istituito gli «assistenti civici», ad Udine la Lega ha annunciato la creazione di ronde entro il mese. A Milano come a Napoli agiscono da tempo i City angels e i Blue berets. A Torino e Ferrara giovani di An sono scesi in strada, mentre a Trieste Fiamma tricolore sta organizzando ronde intitolate alla memoria di Ettore Muti. A Bologna ci sono state iniziative episodiche di An, Forza nuova e Lega. A Forlì la Lega ha creato delle «ronde civiche». A Roma invece è molto attiva la Destra di Storace che ha sguinsagliato i propri militanti e annunciato la nascita di «ronde rosa» nel quartiere dell’Eur. Il più delle volte si tratta d’effetti d’annuncio, scimmiottamenti mediatici con pettorine colorate di fronte a tv e fotografi, ma la tendenza a strutturare “squadrette”, camuffando un rinnovato squadrismo sotto le vesti delle milizie cittadine volontarie, è ormai avviata, al punto che anche La Russa, il ministro della Difesa che inizialmente aveva dato voce alle perplessità dell’arma dei carabinieri, ora si è detto favorevole. Anche lui prevede che i civili possano far parte dei cosiddetti «pattuglioni», ovvero una militarizzazione del territorio allargato non solo alla presenza di polizia e carabinieri, ma all’esercito, che già sorveglia i semafori, e alla polizia penitenziaria, guardia di finanza, forestale (e perché no anche ai guardiacaccia e guardiapesca?). Un’Italia, insomma, che assomigli sempre più al piazzale di una caserma con adunate e alzabandiera mattutini.
«Riprendiamoci la città» era uno degli slogan che più echeggiava negli anni 70. Lanciato da Lotta continua venne ripreso durante il movimento del 77, dove risuonò come una slavina durante gli enormi cortei. Dietro questa parola d’ordine agiva il protagonismo di soggetti deboli e misconosciuti, la partecipazione irruenta dei senza parola alla vita pubblica contro ogni forma di sfruttamento, sopraffazione, carovita, per un uso pubblico e sociale della città, dove trovassero soddisfazione i bisogni dei cittadini, reddito, trasporti, verde, cultura, spazi di socialità, musica, feste.
Mai il senso delle parole ha potuto segnare la direzione di un’epoca come in questo caso. Ciò che allora voleva indicare la riconquista condivisa dello spazio pubblico, un allargamento della cooperazione e della socializzazione, l’uscita dai ghetti della fabbrica, dei quartieri dormitorio, del privato, ora indica l’esatto opposto.
Oggi a lanciare questo slogan sono le truppe del Carroccio e le squadre della destra che coagulano gli interessi particolaristici dei bottegai, di cittadini blindati nei loro villini a schiera, di lavoratori atterriti dalla crisi economica.
Ma le ronde non fanno primavera.
Sharon ingombra, è ora che liberi il letto!
Ariel Sharon, il macellaio israeliano responsabile dei peggiori massacri della storia mediorentale,
ha avuto un’emorragia celebrale nel 2006 che gli ha causato enormi danni al cervello e l’ha messo in uno stato di ‘minima coscienza’, malgrado risponda ad alcuni stimoli e respiri da solo, non ha alcuna possibilità di risvegliarsi. Poco dopo l’operazione, avvenuta immediatamente dopo l’emorragia è stato trasferito dall’ospedale Hadassah (sulle colline che circondano Gerusalemme ) ad un reparto di terapia intensiva e riabilitazione respiratoria per pazienti a lunga degenza nel centro medico Tel Ha-Shomer, nello Sheba, storica struttura nata nel 1948, nel giorno della dichiarazione d’indipendenza d’Israele, come ospedale da campo nella prima guerra arabo-israeliana.
Ora questa struttura ha iniziato un violento braccio di ferro con la famiglia: secondo l’ospedale infatti l’ex primo ministro doveva essere trasferito da diverso tempo in un’altra sede (anche la sua stessa residenza, la fattoria dei Sicomori, a nord di Sderot) dato che l’equipe medica non gli offre nessuna cura e la stanza nel reparto di riabilitazione occupata da quasi 3 anni serve a molti altri pazienti. Insomma, la presenza di Ariel Sharon non è più ben accetta, anche perchè l’ala protettiva intorno a lui, composta da una fitta rete di uomini dei servizi segreti intralcia il lavoro dei medici. “Un malato comune nelle sue condizioni sarebbe stato trasferito dopo tre mesi”, dice alla stampa una fonte interna dell’ospedale.
NAOMI KLEIN E IL BOICOTTAGGIO AD ISRAELE
Israele : boicottaggio, ritiro degli investimenti e sanzioni – 10/01/09
di Naomi Klein
È ora. Un momento che giunge dopo tanto tempo. La strategia migliore per porre fine alla sanguinosa occupazione è quella di far diventare Israele il bersaglio del tipo di movimento globale che pose fine all’apartheid in Sud Africa.
Nel luglio 2005 una grande coalizione di gruppi palestinesi delineò un piano proprio per far ciò. Si appellarono alla «gente di coscienza in tutto il mondo per imporre ampi boicottaggi e attuare iniziative di pressioni economiche contro Israele simili a quelle applicate al Sudafrica all’epoca dell’apartheid». Nasce così la campagna “Boicottaggio, ritiro degli investimenti e sanzioni” (Boycott, Divestment and Sanctions), BDS per brevità.
Ogni giorno che Israele martella Gaza spinge più persone a convertirsi alla causa BDS, e il discorso del cessate il fuoco non ce la fa a rallentarne lo slancio. Il sostegno sta emergendo persino tra gli ebrei israeliani. Proprio mentre è in corso l’assalto, circa 500 israeliani, decine dei quali artisti e studiosi rinomati, hanno inviato una lettera agli ambasciatori stranieri di stanza in Israele. La lettera chiede «l’adozione immediata di misure restrittive e sanzioni» e richiama un chiaro parallelismo con la lotta antiapartheid. «Il boicottaggio del Sud Africa fu efficace, Israele invece viene trattato con guanti di velluto…. Questo sostegno internazionale deve cessare.»
Tuttavia, molti ancora non ci riescono. Le ragioni sono complesse, emotive e comprensibili. E semplicemente non sono abbastanza buone. Le sanzioni economiche sono gli strumenti più efficaci dell’arsenale nonviolento. Arrendersi rasenta la complicità attiva. Qui di seguito le maggiori quattro obiezioni alla strategia BDS, seguita da contro-argomentazioni.
1. Le misure punitive alieneranno anziché convincere gli israeliani. Il mondo ha sperimentato quello che si chiamava “impegno costruttivo”. Ebbene, ha fallito in pieno. Dal 2006 Israele accresce costantemente la propria criminalità: l’espansione degli insediamenti, l’avvio di una scandalosa guerra contro il
Libano e l’imposizione di punizioni collettive su Gaza attraverso un blocco brutale. Nonostante questa escalation, Israele non ha dovuto far fronte a misure punitive, ma anzi, al contrario: armi e 3 miliardi di dollari annui in aiuti che gli Stati Uniti inviano a Israele, tanto per cominciare. Durante questo periodo chiave, Israele ha goduto di un notevole miglioramento nelle sue relazioni diplomatiche, culturali e commerciali con moteplici altri alleati. Ad esempio, nel 2007, Israele è diventato il primo paese non latino-americano a firmare un accordo di libero scambio con il Mercosur. Nei primi nove mesi del 2008, le esportazioni israeliane verso il Canada sono aumentate del 45%. Un nuovo accordo di scambi commerciali con l’Unione europea è destinato a raddoppiare le esportazioni di Israele di preparati alimentari. E l’8 dicembre i ministri europei hanno “rafforzato” l’Accordo di Associazione UE-Israele, una ricompensa a lungo cercata da Gerusalemme.È in questo contesto che i leader israeliani hanno iniziato la loro ultima guerra: fiduciosi di non dover affrontare costi significativi. È da rimarcare il fatto che in sette giorni di commercio durante la guerra, l’indice della Borsa di Tel Aviv è salito effettivamente del 10,7 per cento. Quando le carote non funzionano, i bastoni sono necessari.
2. Israele non è il Sud Africa. Naturalmente non lo è. La rilevanza del modello sudafricano è che dimostra che tattiche BDS possono essere efficaci quando le misure più deboli (le proteste, le petizioni, pressioni di corridoio) hanno fallito. Ed infatti permangono reminiscenze dell’apartheid profondamente desolanti: documenti di identità con codici colorati e permessi di viaggio, case rase al suolo dai bulldozer e sfollamenti forzati, strade per soli coloni. Ronnie Kasrils, eminente uomo politico sudafricano, ha detto che l’architettura della segregazione da lui vista in Cisgiordania e a Gaza nel 2007 è “infinitamente peggiore dell’apartheid”.
3. Perché mettere all’indice solo Israele, quando Stati Uniti, Gran Bretagna e altri paesi occidentali fanno le stesse cose in Iraq e in Afghanistan?
Il boicottaggio non è un dogma, è una tattica. La ragione per cui la strategia BDS dovrebbe essere tentata contro Israele è pratica: in un paese così piccolo e così dipendente dal commercio potrebbe effettivamente funzionare.
4. Il boicottaggio allontana la comunicazione, c’è bisogno di più dialogo, non di meno. A questa obiezione risponderò con una mia storia personale. Per otto anni i miei libri sono stati pubblicati in Israele da una casa editrice commerciale chiamata Babel. Ma quando ho pubblicato “Shock Economy” ho voluto rispettare il boicottaggio. Su consiglio degli attivisti BDS, ho contattato un piccolo editore chiamato Andalus. Andalus è una casa editrice attivista, profondamente coinvolta nel movimento anti-occupazione ed è l’unico editore israeliano dedicato esclusivamente alla traduzione in ebraico di testi scritti in arabo. Abbiamo redatto un contratto che garantisce che tutti i proventi vadano al lavoro di Andalus, e nessuno per me. In altre parole, io sto boicottando l’economia di Israele, ma non gli israeliani.
Mettere in piedi questo programma ha comportato decine di telefonate, e-mail e messaggi istantanei, da Tel Aviv a Ramallah, a Parigi, a Toronto, a Gaza City. A mio avviso non appena si dà vita ad una strategia di boicottaggio il dialogo aumenta tremendamente. D’altronde, perché non dovrebbe? Costruire un movimento richiede infinite comunicazioni, come molti nella lotta antiapartheid ricordano bene. L’argomento secondo il quale sostenendo i boicottaggi ci taglieremo fuori l’un l’altro è particolarmente specioso data la gamma di tecnologie a basso costo alla portata delle nostre dita. Siamo sommersi dalla gamma di modi di comunicare l’uno con l’altro oltre i confini nazionali. Nessun boicottaggio ci può fermare.
Proprio riguardo ad ora, parecchi orgogliosi sionisti si stanno preparando per un punto a loro favore: forse io non so che parecchi di quei giocattoli molto
high-tech provengono da parchi di ricerca israeliani, leader mondiali nell’Infotech? Abbastanza vero, ma mica tutti. Alcuni giorni dopo l’assalto di Israele a Gaza, Richard Ramsey, direttore di una società britannica di telecomunicazioni, ha inviato una e-mail alla ditta israeliana di tecnologia MobileMax. «A causa dell’azione del governo israeliano degli ultimi giorni non saremo più in grado di prendere in considerazione fare affari con voi né con qualsiasi altra società israeliana.»
Quando è stato interpellato da The Nation, Ramsey ha affermato che la sua decisione non è stata politica. «Non possiamo permetterci di perdere neppure uno dei nostri clienti: è stata pura logica difensiva commerciale.»
È stato questo tipo di freddo calcolo che ha portato molte aziende a tirarsi fuori dal Sud Africa due decenni fa. Ed è proprio questo tipo di calcolo la nostra più realistica speranza di portare giustizia, così a lungo negata, alla Palestina.
Traduzione di Manlio Caciopo per Megachip
Articolo orginale: http://www.thenation.com/doc/20090126/klein?
GIUSTIZIATI, UNO AD UNO
LA RETE E’ STRACOLMA DI QUESTE IMMAGINI. SU YOUTUBE SI POSSONO FACILMENTE TROVARE VIDEO DOVE PADRI E MADRI SOLLEVANO E SCOPRONO I CORPICINI DEI LORO FIGLI. SONO CORPI GIUSTIZIATI, COLPITI UNO AD UNO DA UN PAIO DI COLPI AL PETTO. I NEONATI INVECE DA UN COLPO IN TESTA: QUESTO NON LO POSSONO NASCONDERE, LE IMMAGINI PARLANO CHIARAMENTE.
NON SI TRATTA DI SCHEGGE, NON SI TRATTA DI ERRORI O INCIDENTI…SI TRATTA DI BAMBINI GIUSTIZIATI CASA PER CASA, UNO AD UNO.
DI CORPICINI INNOCENTI TRAPASSATI DAL LORO PIOMBO, GIORNO DOPO GIORNO.
UNO AD UNO.
VI RICORDATE I BAMBINI IN JUGOSLAVIA PASSATI ALLA BAIONETTA? VI RICORDATE ?
QUI ORMAI, DATA LA PORTATA DEL GENOCIDIO IN ATTO, NON CI SONO PIU’ NEMMENO PARAGONI POSSIBILI.
C’E’ SOLO INDIGNAZIONE, RABBIA, ODIO CHE CRESCE.
LA TREGUA BOMBARDATA
17.00: Le artiglierie israeliane non hanno taciuto oggi nemmeno durante le tre ore di tregua umanitaria che stamane erano state confermate da Israele per consentire alla popolazione palestinese di rifornirsi di viveri e altri generi di prima necessità. Lo hanno riferito all’Ansa testimoni sul posto confermando che a Gaza City, tra le 13:00 e le 16:00 (ora italiana) si sono uditi distintamente numerosissimi colpi d’artiglieria israeliana. «Hanno sparato come pazzi», hanno detto i testimoni.
CARBONE E FOSFORO PER I BAMBINI DI GAZA
La befana di Gaza non arriva sulla scopa come nella nostra tradizione, ma sta entrando nel campo profughi di Khan Younis con elicotteri da combattimento, decine di carri armati Merkava e di tutti gli armamenti di cui è dotato il più fornito esercito del mondo.

Cartina da Limes
A Deir el-Balah, in particolare, fonti mediche palestinesi dicono che l’artiglieria navale ha provocato almeno dieci morti.
Una befana piena d’odio, che usa il fosforo bianco per illuminare le lunghe notti di Gaza…la stessa sostanza usata massicciamente a Falluja e dagli stessi israeliani nell’ultimo attacco contro il Libano, nell’estate del 2006.
Il fosforo bianco si riconosce abbastanza facilmente sui corpi…perchè mangia gli organi, la pelle, e lascia intatti i vestiti e spesso anche i capelli. I corpi di chi viene ammazzato col fosforo sembrano una macabra caricatura, appaiono surreali e indescrivibili. Corpi e corpicini.
Perchè l’età media del paese più densamente popolato del mondo è di 16 anni: perchè dall’inizio di quest’attacco i bambini uccisi sono più di 90.
Dalle prime luci dell’alba sono entrati a Khan Younis, nel sud della Striscia…sicuramente una delle roccaforti del partito di Hamas, formazione islamica che ha visto di molto allargarsi il sostegno popolare (purtroppo e ovviamente) dopo questi giorni di fuoco. Volevano distruggere Hamas, la stanno rendendo molto più potente di prima, foraggiata dall’odio di un popolo in gabbia, moribondo.
E ancora parlano dei Qassam, che in 7 anni hanno fatto 18 morti. Qui non c’è più terra per seppellire le persone.
In Israele è stato sospeso il campionato di calcio per la paura dei lanci…nel sud sono state chiuse le scuole e si iniziano a chiudere gli ospedali spostando i degenti negli ospedali più a nord: pensate a quanto sarebbe bello per un malato palestinese avere anche solo un generatore elettrico dentro l’ospedale, non dico di essere trasferito dove non rischia di esser raso al suolo, ma di avere almeno acqua che non esca salata dai rubinetti ed un po’ di energia elettrica.
La sproporzione è palese, ma nessuno sembra farci caso.
Parlano della paura dei pazienti israeliani negli ospedali di Ashkelon, senza mai dire che non c’è modo di curare i feriti a Gaza, migliaia e migliaia di feriti di ogni età che non riescono nemmeno a raggiungere i medici e che quando ci riescono non possono esser curati per mancanza di Tutto.
Un tank israeliano è stato colpito, pare da fuoco amico, e sono 3 i soldati che hanno perso la vita, arrivando ad un totale di 5.
Fonti locali aggiungono che altri scontri a fuoco sono in corso nel campo profughi di Jabaliya, a nord di Gaza. Un’emittente palestinese locale sostiene che miliziani sono riusciti ad abbattere un aereo senza pilota (drone) israeliano: finora però non sono state divulgate immagini in merito. Secondo un sito web palestinese, Hamas avrebbe passato per le armi alcuni palestinesi che da Gaza avrebbero, secondo l’accusa, aiutato l’incursione israeliana. Ma finora non è stato possibile verificare questa notizia con fonti indipendenti
9.45 Tre palestinesi sono rimasti uccisi stamani nel corso di un raid aereo dell’aviazione militare israeliana che nella Striscia di Gaza ha centrato con un razzo una scuola dell’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. Lo hanno riferito fonti dell’Onu a Gaza City, secondo le quali le scuole sono piene di gente che vi cerca rifugio dai bombardamenti e dai violenti scontri armati in corso tra miliziani di Hamas e militari israeliani.
13.30: Le truppe israeliane proseguono nella loro avanzata su Gaza City e stamani i carri armati sono entrati prima dell’alba a Khan Younes, la principale città nel Sud della Striscia. Dal canto suo, Hamas ha per la prima volta fatto ricorso a razzi di gittata maggiore di quelli sinora usati e ne ha

Foto di Zoriah
scagliati alcuni che hanno raggiunto stamani la città di Ghedera, 45 km a Nord-Est dalla Striscia e appena 40 km. da Tel Aviv. Razzi sono caduti anche ad Ashdod, Yavne e Beer Sheva. Appoggiati da elicotteri da combattimento, i carri di Israele hanno sparato contro gruppi armati di Hamas e di altri gruppi islamici che hanno risposto al fuoco. L’odierna incursione nel quartiere di Abassa (a Est di Khan Younes), è la prima delle forze israeliane in una roccaforte di Hamas dall’inizio dell’offensiva di terra. Duri scontri sul campo sono divampati anche a Deir el-Balah e Bureij, nella zona centrale della Striscia. Altri scontri sono avvenuti nel campo profughi di Jabaliya, a Nord di Gaza City, dove l’esercito ha probabilmente ucciso un capo militare di Hamas, Iman Siam, che secondo i servizi segreti israeliani è il responsabile dei progetti di lanci di razzi. Mentre stamani il presidente francese Nicolas Sarkozy arrivava a Damasco e chiedeva alla Siria di esercitare pressioni su Hamas perchè cessi di usare le armi, sono proseguiti i raid aerei e i bombardamenti dal mare. A Deir el-Balah, in particolare, secondo quanto riferito da fonti mediche palestinesi, l’artiglieria navale ha fatto almeno 10 morti, ma la notizia non ha ancora avuto conferma in Israele.
14.20: Almeno 12 membri di una stessa famiglia tra i quali sette bambini di età da uno a 12 anni, sono stati uccisi da un bombardamento israeliano che ha distrutto la casa in cui abitavano a Gaza City. Lo hanno riferito fonti mediche e altri testimoni.
15.30 : Tre cliniche mobili dell’organizzazione umanitaria danese Folkekirkense Noedhjaelp (DanChurchAid) a Gaza sono state bombardate e distrutte dall’esercito israeliano. Lo ha reso noto oggi il segretario Henrik Stubkjaer. «Abbiamo saputo che tutti i nostri tre ospedali mobili sono stati bombardati e resi inutilizzabili la scorsa notte nella città di Gaza – ha denunciato Stubkjaer – Eppure avevano chiaramente e ben in vista le insegne ‘Mobile Clinic’ ». Il segretario di DanChurchAid ha detto che il personale non è stato colpito ma che l’intera organizzazione è «profondamente scioccata» da questi bombardamenti israeliani che «prendono di mira direttamente obiettivi umanitari e che rendono impossibile qualunque sforzo umanitario»

Foto di Ismail Zaydah
15.36: Un attacco israeliano ha causato oggi pomeriggio una strage di palestinesi che si erano rifugiati in una scuola delle Nazioni Unite (Agenzia per i rifugiati) a Jabaliya, nel nord della Striscia di Gaza. 42 morti e più di 50 feriti: la maggiorparte bambini e donne arrivati poco prima dai campi profughi. Su questa pagina le altre notizie a riguardo
20.29: Una Ong israeliana ha denunciato oggi che i medici che vanno in soccorso dei feriti a Gaza vengono presi di mira dall’Esercito israeliano. «Le testimonianze riferiscono che l’esercito israeliano attacca i medici che soccorrono i feriti, ambulanze e dottori chiaramente individuabili dall’abbigliamento», denuncia l’Ong israeliana Physicians for Human Rights (Phr) in un comunicato, sottolineando di avere informazioni su almeno dieci casi di questi genere. L’esercito israeliano non ha voluto commentare la notizia, insistendo sul fatto che i militari «fanno tutto quello che è nel loro potere per limitare il numero delle vittime civili», e accusando Hamas di usare

Foto di Isamil Zaydah _Jabaliya, accanto alla scuola dell'Unrwa_
i civili come «scudi umani». La Ong riferisce che l’ospedale al Awda, a Gaza, non può far uscire le ambulanze perchè «ci sparano addosso». Anche la Croce Rossa a Gaza, aggiunge Phr, è in una situazione simile: «Non possiamo far uscire i mezzi, sono sotto il tiro degli elicotteri Apache». L’Ong denuncia una situazione «estremamente pericolosa», facendo appello alle parti perchè facciano «tutti gli sforzi possibili per evitare di attaccare il personale e le attrezzature mediche».
22.20: Il governo del Venezuela ha oggi espulso l’ambasciatore d’Israele a Caracas: lo ha reso noto la rete statale Venezolana de Television, che ha letto un comunicato del ministero degli esteri. La decisione è stata presa dopo gli ultimi avvenimenti nella Striscia di Gaza.
La nuova Qana. Strage a Jabaliya
ORE 16.25: STRAGE IN UNA SCUOLA DELL’ U.N.R.W.A. PIENA DI SFOLLATI APPENA ARRIVATI
La maggior parte delle vittime nella scuola dell’Unrwa a Jabalya (Gaza) sono donne e bambini. Lo hanno detto all’Ansa fonti sul posto. Il bilancio provvisorio delle vittime è, secondo le fonti, di almeno 42 morti e di diverse decine di feriti. Al momento dell’esplosione che ha devastato la scuola, secondo le fonti, non c’era nelle vicinanze alcun combattimento fra miliziani e soldati israeliani. La scuola dell’Unrwa (l’ente dell’Onu per il soccorso ai profughi palestinesi) era in quel momento piena di sfollati appena giunti dal nord della Sstriscia, in particolare dalla località di Beit Lahya. Nelle moschee di Gaza si leggono stasera versetti coranici di lutto e si esorta la popolazione a pregare le vittime. Dai minareti vengono anche rilanciati messaggi di collera nei confronti di Israele.

QANA
John Ging, direttore dell’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati nella Striscia di Gaza, ha detto in video conferenza con il Palazzo di Vetro che noi «avevano fornito le coordinate satellitari GPS alle autorità israeliane», che perciò sapevano che l’edificio ospitava una scuola, «chiaramente segnalata e con la bandiera dell’Onu che sventolava fuori». Ging – che non ha voluto pronunciarsi sui fatti odierni «in qunato noi ci occupiamo soltanto delle conseguenze» di atti di questo tipo – ha chiesto «l’apertura di un’indagine indipendente» per stabilire «la responsabilità» della strage. «Le persone nella scuola avevano lasciato le loro case perchè non si sentivano sicure – ha concluso il direttore dell’agenzia – Noi controlliamo chiunque entri nelle nostre strutture, siamo sempre molto attenti»
SIAMO A 640 MORTI E QUASI 3000 FERITI. IL GENOCIDIO AVANZA.
NON MI DITE CHE IL MIGLIOR ESERCITO DEL MONDO IGNORAVA CHE QUELLI CHE ERANO APPENA ARRIVATI ERANO SFOLLATI: DONNE E BAMBINI. NON MI DITE CHE STAVANO COLPENDO HAMAS.
ALMENO FATE SILENZIO, NON SCRIVETE, NON PARLATE, NON CERCATE DI DIRCI CHE STATE DISTRUGGENDO HAMAS.


























l’esistenza dal 2004 ma che teoricamente non dovrebbero essere in commercio se ci si attiene alle dichiarazioni ufficiali; in realtà il loro impiego nel 2006 da parte degli israeliani in Libano è stato accertato”. La rappresentante del ‘New weapons committee’ spiega che i ‘Dime’ sono ordigni studiati per la guerra urbana e considerati dai loro ideatori ‘strumenti adeguati’ per ridurre i danni collaterali perché hanno una potenza controllabile e una forza distruttiva che in genere varia tra i cinque e i 10 metri. “I ‘Dime’ – continua la Manduca – contengono nanoparticelle di materiale pesante che a seconda della foggia del contenitore vengono diffuse in maniera omogenea o secondo alcune particolari forme; i tanti casi di amputazione sono probabilmente dovuti a ‘Dime’ che rilasciano le particelle plasmandole come una lama che trancia di netto qualunque cosa trovi all’interno del suo raggio di azione; ecco perché tante persone, bambini e donne, vengono ritrovati con braccia e gambe amputate, ma senza nessun frammento nel resto del corpo; anche l’innesco può essere modificato in base alle necessità. Volendo paragonare i ‘Dime’ a qualcosa che ci è più familiare, provate a immaginare delle accette giganti lanciatevi contro a folle velocità“. Sembra fantascienza, continua la docente genovese, ma sono armi reali che uccidono o lasciano con gravi disabilità chi viene colpito. Alcune immagini visionate dai ricercatori del ‘New weapons committee’ confermerebbero anche l’uso da parte di Israele di ordigni contenenti fosforo bianco: “Su questo non abbiamo ancora sufficienti testimonianze – aggiunge la Manduca – ma alcune immagini televisive ne dimostrerebbero l’impiego; contrariamente ai ‘Dime’, armi sperimentali per le quali non c’è ancora una posizione ufficiale della comunità internazionale anche se se ne auspica l’intervento quanto prima, l’uso del fosforo bianco in aree civili come Gaza è esplicitamente vietato da una convenzione di Ginevra perché causa la morte bruciando qualunque cosa contenga ossigeno come un corpo umano”. Per la Manduca, infine, i gas asfissianti che fonti giornalistiche riferiscono essere stati usati in alcune zone della Striscia sono probabilmente ‘gas Cs’, sorta di lacrimogeni più intensi che rendono l’aria completamente irrespirabile.
Le Nazioni Unite hanno fallito nel proteggere la popolazione civile palestinese dalle massicce violazioni di Israele agli obblighi umanitari internazionali. Israele ha isolato Gaza dalla comunità internazionale ed esige che tutti gli stranieri la abbandonino. Ma Huwaida Arraf, co-organizzatore col Free Gaza Movement, dichiara che “Non possiamo solo sederci ed aspettare che Israele decida di interrompere le uccisioni e di aprire i confini affinchè gli operatori umanitari possano intervenire. Noi stiamo arrivando. C’è un urgente bisogno per questa missione poichè i civili palestinesi a Gaza vivono sotto il terrore e i massacri di Israele e non hanno accesso agli aiuti umanitari che sono negati loro. Visto che gli Stati e gli organismi internazionali responsabili nell’arrestare tali atrocità hanno scelto di essere impotenti, allora noi – i cittadini del mondo – dobbiamo agire. La nostra comune umanità comune non richiede niente di meno.”
Contiamo di arrivare al porto di Gaza martedì 13 gennaio 2009. Trasporteremo rifornimenti medici urgenti necessari in imballi sigillati confezionati all’aeroporto internazionale di Larnaca ed al porto di Larnaca. Ci saranno a bordo complessivamente 30 persone fra passeggeri ed equipaggio, fra loro membri di vari Parlamenti Europei e vari medici. La nostri imbarcazione e il nostro carico riceverannoinoltre dalle autorità portuali di Cipro i certificati di sicurezza prima della partenza.
come quelli portati all’ospedale nelle ultime ore. Mi ha spiegato di traumi al cranio, con fratture a vomere, mandibola, osso zigomatico, osso lacrimale, osso nasale e osso palatino che indicherebbero l’impatto di una forza immensa con il volto della vittima. Quello che ha detta sua è totalmente inspiegabile, è la totale assenza di globi oculari, che anche in presenza di traumi di tale entità dovrebbe rimanere al loro posto, almeno in tracce, all’interno del cranio. Invece stanno arrivando negli ospedali palestinesi cadaveri senza più occhi, come se qualcuno li avesse rimossi chirurgicamente prima di consegnarli al coroner. Israele ci ha fatto sapere che da oggi ci è generosamente concessa una tregua ai suoi bombardamenti di 3 ore quotidiane, dalle 13 alle 16. Queste dichiarazioni dei vertici militari israeliani vengono apprese dalla popolazione di Gaza, con la stessa attendibilità dei leaders di Hamas quando dichiarano di aver fatto strage di soldati nemici.
Sia chiaro, il peggior nemico dei soldati di Tel Aviv sono gli stessi combattenti sotto la stella di Davide. Ieri una nave da guerra al largo del porto di Gaza, ha individuato un nutrito gruppo di guerriglieri della resistenza palestinese muoversi compatto intorno a Jabalia e ha cannoneggiato. Erano invece dei loro commilitoni, risultato: 3 soldati israeliani uccisi, una ventina i feriti. Alle tregue sventolate da Israele qui non ci crede ormai nessuno, e infatti alle 14 di oggi Rafah era sotto l’attacco degli elicotteri israeliani, e a Jabalia l’ennesima strage di bambini: tre sorelline di 2, 4, e 6 della famiglia Abed Rabbu. Una mezz’ora prima sempre a Jabilia ancora una volta le ambulanze della mezzaluna rossa sotto attacco.Eva e Alberto, miei compagni dell’ISM, erano sull’ambulanza, e hanno videodocumentato l’accaduto, passando poi i video e le foto ai maggiori media. Hanno gambizzato Hassan, fresco di lutto per la morte del suo amico Araf, paramedico ucciso due giorni fa mentre soccorreva dei feriti a Gaza city. Si erano fermati a raccogliere il corpo di un moribondo agonizzante in mezza alla strada, sono stati bersagliati da una decina di colpi sparati da un cecchino israeliano. Un proiettile ha colpito alla gamba Hassan, e ridotto un colabrodo l’ambulanza. Siamo arrivati a quota 688 vittime, 3070 i feriti, 158 i bambini uccisi, decine e decine i dispersi. Solo nella giornata di ieri si sono contati 83 morti, 80 dei quali civili. Il computo delle vittime civile israeliane, fortunatamente, è fermo a quota 4. Recandomi verso l’ospedale di Al Quds dove sarò di servizio sulle ambulanze tutta la notte, correndo su uno dei pochi taxi temerari che zigzagando ancora sfidano il tiro a segno delle bombe, ho visto fermi ad una angola di una strada un gruppo di ragazzini sporchi, coi vestiti rattoppati, tali e quali i nostri sciuscià del dopoguerra italiano, che con delle fionde lanciavano pietre verso il cielo, in direzione di un nemico lontanissimo e inavvicinabile che si fa gioco delle loro vite. La metafora impazzita che fotografa l’assurdità di questa di tempi e di questi luoghi.



non darai le tue figlie ai loro figli e non prenderai le loro figlie per i tuoi figli, perché allontanerebbero i tuoi figli dal seguire me, per farli servire a dei stranieri, e l`ira del Signore si accenderebbe contro di voi e ben presto vi distruggerebbe. Ma voi vi comporterete con loro così: demolirete i loro altari, spezzerete le loro stele, taglierete i loro pali sacri, brucerete nel fuoco i loro idoli. Tu infatti sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio; il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo privilegiato fra tutti i popoli che sono sulla terra. [Deuteronomio 7, 1-6]
OGGI ANCHE IL SUD DEL LIBANO E’ STATO ATTACCATO. LANCI DI RAZZI CI SONO STATI DAL CONFINE LIBANESE VERSO ISRAELE: GLI HEZBOLLAH HANNO DICHIARATO DI ESSERNE ESTRANEI. IL LANCIO SAREBBE STATO EFFETTUATO DA UN GRUPPO PALESTINESE.





rifornimenti non sembrano probabili. Nel suo negozio è stato anche possibile acquistare fazzoletti di carta: una vera rarità, a Gaza City. Il bisogno, di certo, aguzza l’ingegno. Per ricaricare le pile dei telefoni cellulari molti abitanti vanno a pregare in moschea. Là – essendo un luogo di culto – l’energia elettrica non manca, ci sono generatori autonomi. Ma le spine sono limitate e non bastano per tutti i fedeli: solo i più mattinieri riescono a tornare a casa con un telefono ricaricato. Anche chi non ha energia elettrica in casa, segue comunque gli eventi bellici affacciandosi alla finestra.
Stanno entrando. Tanks Merkava e soldati stanno entrando nella Striscia di Gaza da due diversi punti. Un nuovo massacro sta iniziando. كلنا غزة Un bambino palestinese è stato ucciso e undici altri sono stati feriti stasera da una cannonata sparata da un carro armato israeliano nella città di Gaza contro l’orfanotrofio di ar-Ramal. Sono le prime vittime dell’offensiva terrestre, secondo testimoni e fonti mediche.
Il bilancio dei palestinesi uccisi dall’inizio della operazione Piombo Fuso è – secondo fonti mediche – di 460 morti e 2.300 feriti. Ma le stime vengono aggiornate di ora in ora. In serata il portavoce del braccio armato di Hamas, Abu Obeida, ha affermato che Israele pagherà un duro prezzo per la operazione odierna e che Gaza si trasformerà in un «cimiterò» per i suoi soldati. Hamas ha anche avvertito Israele che centinaia di kamikaze sono pronti ad entrare in azione. Nel frattempo la notte di Gaza è illuminata dalla durissima battaglia in corso. «Ormai non ci resta che pregare» conclude Mohammed S., dal suo nascondiglio
“Non è influenza né raffreddore è paura – aggiunge, mentre la cornetta si trasforma in nitida testimone di nuove esplosioni – i medici dicono che non è l’unico caso e che a causare la febbre sono i boati delle esplosioni, i vetri che vanno in frantumi, i rumori di questa guerra; mi resta avvinghiata tutto il giorno, non posso allontanarmi, la devo abbracciare in continuazione, farle sentire che le sono vicino”. A Gaza non ci sono solo i morti, ci sono anche gli effetti indiretti di ore ininterrotte di incursioni aeree e bombardamenti: “Stanno usando di tutto – continua ancora al-Bahari – ci bombardano dal mare con le navi, ci bombardano dal cielo con elicotteri, aerei e droni, ci lanciano contro i loro carri armati; ci resta solo la speranza che tutto finisca presto”. Come la maggior parte dei palestinesi di Gaza, anche al-Bahari deve fare i conti con l’acqua e l’elettricità che mancano, e con le scorte alimentari che non bastano. “Possiamo restare chiusi in casa per altri due giorni – aggiunge – poi non avremo null’altro da mangiare; stiamo razionando tutto e cerco di tenere carica la batteria del mio telefono cellulare. Per ogni esplosione che sento provenire da nord chiamo il resto della mia famiglia che vive lì per sincerarmi che stiano bene. L’esercito israeliano ci sta inviando anche messaggi di vario tipo; sul mio telefono ne è arrivato uno in cui offrono 20 milioni di dollari per informazioni su Gilad Shalit, il soldato israeliano tenuto in ostaggio a Gaza”. Altre esplosioni; nel corridoio della sua casa la piccola ‘Ala si stringe al padre: “Ma lo sa il mondo cosa sta succedendo qui – si chiede Tamer – lo sanno che dall’alba di oggi non si sono mai fermati? Che non ci sono solo centinaia di morti, ma anche tante piccole ‘Ada, l’angoscia di tanti genitori? Lo sa il mondo che stiamo morendo?”.
Gerusalemme, 27 dic. 19,22 PM. L’ operazione, ha dichiarato in serata il ministro della difesa Ehud Barak, ha lo scopo «di cambiare radicalmente la situazione» a Gaza per ridare la quiete alla popolazione israeliana minacciata dai razzi. «È giunta l’ora di combattere – ha aggiunto – non voglio illudere nessuno: l’operazione non sarà facile e nemmeno breve». « Non cederemo mai a Israele, non importa quale forza sia usata contro di noi – gli ha risposto il leader del governo di Hamas a Gaza Ismail Haniyeh – Noi non lasceremo la nostra terra, non alzeremo bandiere bianche e non ci inginocchieremo se non di fronte a Dio». Si tratta di uno degli attacchi più sanguinosi contro Gaza e il bilancio potrebbe aggravarsi ancora perchè molte persone risultano ancora sotto le macerie. Un israeliano è stato ucciso e alcuni altri feriti nella successiva reazione di Hamas che ha sparato decine di razzi sui centri israeliani nel sud. L’operazione, che ha il nome in codice ‘Piombo fusò e che essendo stata lanciata di sabato ha avuto bisogno di una dispensa dei rabbini ai militari, intende costringere i gruppi armati a cessare totalmente i tiri di razzi sulla popolazione israeliana. È di durata indefinita e potrebbe anche essere ampliata, secondo quanto ha riferito il portavoce militare. Hamas, dal canto suo, ha detto che mai si arrenderà a Israele e non invocherà una tregua. Un suo portavoce, Fawzi Barhum, ha pure minacciato la ripresa degli attentati suicidi dentro Israele. Secondo quanto hanno riferito testimoni oculari a Gaza, erano circa le 11.30 locali (10.30 in Italia), quando improvvisamente decine di aerei da combattimento con la Stella di Davide sono apparsi in cielo su tutta la Striscia. Razzi e missili sono partiti dagli aerei e hanno colpite oltre un centinaio di basi, comandi, depositi, arsenali di Hamas e di altre milizie. Gli attacchi si sono susseguiti a intervalli nel corso della giornata, anche a tarda sera. Ma il primo attacco è stato quello più micidiale perchè ha apparentemente colto di sorpresa Hamas. Il numero più pesante di morti si è avuto in una base di Gaza dove era in corso una cerimonia di consegna dei diplomi ai partecipanti di un corso per ufficiali della polizia di Hamas. Il risultato dell’ attacco è stato devastante: tra le macerie e in strada si sono visti numerosi corpi di morti e feriti. Tra gli uccisi anche il capo della polizia di Hamas Tawfik Jaber. Per le strade di Gaza, tra gli scoppi delle bombe, l’urlo disperato delle sirene delle ambulanze, si sono viste scene di passanti in disperata fuga e fenomeni di isteria popolare. Israele ha dato prova di grande pazienza davanti al protrarsi dei tiri di razzi e non ha ora altra opzione che quella di agire militarmente, ha ribadito il ministro degli esteri Tzipi Livni aggiungendo di aspettarsi il sostegno della comunità internazionale contro Hamas, un movimento sostenuto dall’Iran e considerato anche dall’Europa un’organizzazione terroristica. 



























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