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Posts Tagged ‘scontri’

Il Cairo: il giorno dopo la repressione dell’esercito

26 febbraio 2011 1 commento

Dopo lo scoppio improvviso della repressione da parte dell’esercito, la popolazione di piazza Tahrir s’è riconvocata per questa mattina. Le parole d’ordine sempre le stesse, ma urlate con una nuova consapevolezza dopo l’attacco della scorsa notte, sia in piazza Tahrir che più tardi davanti al palazzo dell’Assemblea popolare: immediate dimissioni del primo ministro ed una condanna forte ed unanime contro il comportamento avuto dall’esercito.

Foto di Valentina Perniciaro _Mahalla al-kubra, città di scioperi e di lavoro in fabbrica, si affaccia al nuovo Egitto_

Confermate anche le testimonianze che parlavano dell’uso di pistole taser contro i manifestanti e di alcuni pestaggi veri e propri nei dintorni del Museo archeologico, che si affaccia proprio sulla piazza. Quel che è accaduto ieri ha colpito e scosso la fiducia che l’Egitto riponeva nel suo esercito: pochi giorni fa, e cavolo se cercavo a tutti di far questa domanda, nessuno sembrava dubitare del proprio esercito, parcheggiato in bella mostra su dei baciatissimi tank agli angoli di tutte le strade principali. E così stamattina sono stati in tanti, esponenti del movimento del 6 Aprile, della fratellanza, della chiesa copta, come della miriade di organizzazioni giovanili, laiche e progressiste, che stanno nascendo in queste settimane, hanno ripiantato le tende in quella piazza che ha già visto passare un bel pezzo di storia tra la sua pavimentazione divelta e poi così amorevolmente ripulita. “Abbiamo un obiettivo e non abbiamo nessuna intenzione di fermare il nostro desiderio di arrivarci” racconta Khalid sulle pagine di Al-masr al-youm, quotidiano egiziano con un’ottima versione online anche in inglese. Khalid è un fiume in piena quando racconta ciò che è avvenuto la scorsa notte: “potevamo ordini simili dal ministero degli Interni, ma non avremmo mai immaginato che l’esercito si comportasse così, attaccando una piazza pacifica a colpi di pistole taser”.

Foto di Valentina Perniciaro _solo una settimana fa, sui tank ci si giocava! Il Cairo, Piazza Tahrir, 18 febbraio 2011_

Di interviste se ne susseguono tante oggi sulla stampa egiziana: Mona, giovanissima manifestante, ha perso i sensi dopo esser stata colpita da un taser, una volta rinvenuta è stata picchiata e calpestata con violenza. Salma Saeed invece è un’attivista da tempo e racconta, che mentre i soldati distruggevano le tende appena istallate al centro della piazza, un ufficiale minacciava che se anche la sera successiva la piazza si fosse azzardata a violare il coprifuoco, le munizioni sarebbero diventate vere. Chi nelle precedenti settimane aveva vissuto sulla propria pelle la violenza della polizia, ormai scomparsa dalle strade egiziane, racconta con vero e proprio terrore la stessa esperienza sotto i colpi dell’esercito.

Incredula, la piazza della Liberazione d’Egitto, deve rivalutare quello che aveva pensato del suo esercito, quando per settimane ha rifiutato gli ordini dei generali e s’è alleato alla popolazione in lotta… ieri dopo l’attacco si sono sbrigati a chieder scusa, per tentare di non infiammare troppo gli animi, senza comunque ammettere l’uso di taser. L’assemblea fiume di oggi della “coalizione dei giovani” dove dibattono da giorni tutte le varie organizzazioni protagoniste delle giornate in piazza, sembra aver accettato le scuse dopo un lungo scambio con l’esercito, avvenuto anche attraverso facebook (!)
ora bisogna vedere quello che verrà determinato dalla rabbia e dallo stupore di un popolo che vuole realmente cambiare le proprie condizioni economiche, sociali, politiche …non lasciamoli soli! Loro non hanno voglia di lasciare le loro strade e un sogno reale di uscire dal regime di Mubarak e dei suoi scagnozzi e tornare a riappropriarsi del proprio futuro.
Tutto da costruire!

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo, i marciapiedi appena riverniciati di Piazza Tahrir_

L’esercito sgombera piazza Tahrir!

26 febbraio 2011 Lascia un commento

E’ iniziato un martellamento su twitter intorno alla nostra mezzanotte, sempre più fitto. Dicevamo appena poche ore fa quanto forte fosse la pressione delle piazze egiziane che continuano a riempirsi sull’esercito, tanto apparentemente amato, ma che non può permettersi strappi fino all’arrivo delle elezioni. Ogni venerdì la gran massa delle persone si riversa nelle principali piazze di tutte le città; il Cairo è attraversata da fiumi di persone che bloccano tutta wast al-bilad, la downton che si affaccia sul Nilo. Oggi, in questo momento, non sembra stia andando proprio come è stato la scorsa settimana, quando anche io mi perdevo in quel fiume festoso e deciso.

Foto di Valentina Perniciaro, piazza Tahrir al Cairo. La missione non è ancora terminata

L’esercito ha deciso di disperdere la piazza, la solita pacifica piazza, che questo venerdì, visto l’esplosione delle vicende nei paesi vicini, ha prolungato il suo orario, senza voler tornare a casa con il calare della notte. Oggi le richieste della piazza erano state più che chiare: meno potere all’esercito durante il periodo di transazione, dimissioni immediate dell’attuale primo ministro, liberazione di tutti i prigionieri politici… e all’una di notte locale non erano in molti ad aver ripreso la strada di casa, malgrado il coprifuoco. Cosa che a quanto pare, questa volta,  non è andata giù all’esercito sornione che da settimane staziona nelle principali arterie della città e intorno alla piazza ormai simbolo del nuovo Egitto. Su twitter si legge di un lancio di lacrimogeni e di alcuni arresti, l’immediato sgombero di alcune tende che erano già spuntate nella piazza per la notte, il tentativo di tenere lontani giornalisti e reporter (molte immagini stanno già girando per la rete): la tensione sta salendo, quello che sta accadendo in questo momento non era avvenuto ancora. Si parla di due persone picchiate selvaggiamente all’altezza del Museo e, dall’altro lato della piazza, di inseguimenti ed arresti fino a piazza Talaat Harb, dove una parte della piazza si è ritirata… diversi testimoni parlano di “manganelli elettrici” usati contro i manifestanti

L’esercito non aveva mai mosso un dito contro il popolo di piazza Tahrir, staremo a vedere… (con il cuore per quelle strade).
Oggi a Mansura una grande manifestazione è stata dispersa con gas lacrimogeni e pallottole di gomma.
Alla luce di ciò l’Egitto ha chiaro davanti a sè che la sua rivoluzione è appena cominciata e che da oggi si deve voltare nuovamente pagina!

Grecia, 10°sciopero generale. “Facciamo come a piazza Tahrir!”

23 febbraio 2011 Lascia un commento

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo, piazza Tahrir, MAI PIU' COME PRIMA_

Trasformare Syntagma in Piazza Tahrir…avendo camminato e vissuto momenti indimenticabili in entrambe quelle piazze, non posso non sentire un brivido incredibile attraversarmi. Più di due anni fa durante gli scontri di Atene era difficile immaginare un Mediterraneo in questa situazione; tornata ora da una settimana per le strade che hanno vissuto le “giornate della rabbia” di piazza Tahrir mi sembra un po’ più possibile di prima. Che qualcosa si possa veramente muovere: che ci sia il desiderio esplosivo di migliaia e migliaia di persone, soprattutto giovani e giovanissimi, che hanno voglia di dire la propria in questo mondo di merda, voglia di scegliere, di autodeterminarsi, di essere parte attiva della propria vita e di quella della storia che abbiamo tra le mani.

Oggi le strade della Grecia hanno vissuto il decimo sciopero generale dall’inizio della crisi economica, pochi mesi fa: si è fermato il traffico aereo, i trasporti urbani, marittimi e ferroviari, uffici pubblici, scuole, ospedali, negozi, banche. Il paese è fermo, a braccia conserte, ancora una volta e con la proposta di alcune componenti della sinistra greca parlamentare e non di non lasciare Syntagma, la piazza di fronte al parlamento greco, fino alle dimissioni di Papandreou, come in Egitto!
La manifestazione ad Atene è stata da subito imponente; una delle più grandi tra le tantissime di questi mesi e sicuramente una delle più variegate per sigle e livello di rabbia.

Foto di Valentina Perniciaro, Il Cairo, piazza Tahrir _LA MISSIONE NON E' CONCLUSA_

La testa ha raggiunto Syntagma quando la coda del corteo doveva ancora iniziare ad incolonnarsi. Subito dopo l’arrivo nella piazza simbolo della protesta, la polizia e i reparti speciali hanno fatto largo uso di gas lacrimogeni per disperdere la piazza dove erano confluiti il corteo indetto dai sindacati e massicci gruppi e componenti del movimento studentesco ed anarchico. Si contano una quarantina di arresti fino a questo momento e un ragazzo rimasto colpito seriamente da un lacrimogeni, trasferito con urgenza in ospedale. Le cariche a Alexandras Avenue si avvalgono di numerosi gruppi di poliziotti in motocicletta, come spesso abbiamo visto ad Atene.

Anche a Salonicco migliaia di persone sono scese in piazza già da mezzogiorno riempiendo le strade e trovandosi quasi subito ad affrontare gli attacchi della polizia che ha tentato più volte di spezzare il corteo con granate assordanti e molti lacrimogeni. Dopo un pesante numero di arresti, il commissariato di polizia di Ano Polis è stato attaccato con bottiglie moltov, mentre gli scontri proseguono sulla strada principale.

Egitto: gli assassini di Hosni Mubarak

7 febbraio 2011 1 commento


Non serve alcuna parola per descrivere questa scena.
Abbiamo visto piazza Tahrir e la sua massa in rivolta attaccata dagli sgherri di regime,  abbiamo visto un popolo che richiede libertà e democrazia attaccato da “milizie” su cavalli e cammelli, che sparavano e lanciavano molotov…
abbiamo visto un bel po’ di questa rivolta egiziana grazie alla capacità della rete di non lasciarci mai lontani dalle piazze rivoltose e dalle urla di guerriglia.
Ed ora vediamo il cecchinaggio, vediamo come la polizia ammazza gente inerme.
Questa foto dimostra cosa avviene dai tetti delle questure e dei commissariati….
la parola in oro che vedete in primo piano “Shurta” , vuol dire polizia…

L’Egitto e “i parenti di Dio”

29 gennaio 2011 8 commenti

CLICCA QUI per un po’ di racconti dalla rivoluzione egiziana!

Non solo non ho modo di aggiornare queste mie pagine, ma nemmeno di seguire come voglio la rivolta egiziana e un po’ tutto quello che in quella larga sponda di mediterraneo sta accadendo da giorni e in queste ultimissime ore.
Niente connessione, vivo e forse vivrò ancora una manciata di ore, in un batuffolo di ovatta che mi fa venire ancora più voglia di andare a guardare con i miei occhi, di salpare e attraccare sull’altra riva dello stesso identico mare.
Sentire le urla di quelle piazze, sentire il fischio di quegli spari che assomiglia a tutti gli altri, lui si.
non posso far altro che starci col cuore… e queste righe sono di quanto più bello mi è venuto in mente ora, per l’Egitto e le sue barricate. Per quel desiderio di libertà che sa montare sui carri armati.

Il Cairo, 25 gennaio 2011

Una volta il governatore della città veniva
solo per chiamare la gente alla moschea
il venerdì
e nella sua eccelsa omelia affermava
di appartenere ai prediletti di Dio
ai fedeli di Dio
agli amici di Dio.

Una volta il governatore
di questa città conquistata,
piegata,
triste
veniva solo per dichiarare di essere il rappresentante personale,
il portavoce di Dio.
Mi è forse consentito
chiedere all’Altissimo
se ha concesso loro un’esclusiva
sigillata e firmata
affinché siedano sul collo del nostro popolo
sino all’eternità?
Se ha ordinato a costoro
di distruggere il nostro paese
e di annientarci come grilli
per decreto divino
e di malmenarci
per decreto divino?
Se tu chiedessi a uno di questi governanti
chi gli ha concesso di occuparsi nella vita terrena delle nostre questioni
ti risponderebbe che sei un ignorante
se non sai che lui
é imparentato con Dio.

Il Cairo, plotoni e pane

Voglio gridare:
Oh Dio! Sei tu che hai nominato il ministro del Tesoro?
Allora… perché è scoppiata la povertà?
Perché si è perduta la pazienza?
Perché sono peggiorate le cose?
Il nostro piatto principale è la spazzatura.
Gli uccelli nel nostro paese non trovano più avanzi da mangiare.
Forse l’aumento del prezzo del pane é una questione che riguarda Dio?
E pure l’aumento del ful? Dell’hummus?
Dei sottaceti, del crescione , é una faccenda che riguarda Dio?
Forse l’incremento delle morti e dei sudari è cosa che riguarda Dio?
Allora perché i potenti mangiano caviale mentre noi mangiamo le scarpe?
Allora perché i burocrati bevono whisky mentre noi beviamo fango?
Perché il povero nel nostro paese non distingue la pagnotta di pane dalla mezzaluna?
E perché nel ventre delle madri i figli si suicidano?

Il Cairo e l'Intifada

Vorrei chiedere all’Altissimo
Se ha loro insegnato
a trasformare la nostra pelle in tamburo,
a lavarci il cervello,
a insultare le nostre donne,
a montarci come asini e cavalli.
Desidero chiedere all’Altissimo
Se ha ordinato loro di spezzarci le ossa,
di spezzare le nostre penne,
di uccidere il soggetto e l’oggetto,
di impedire ai fiori di sbocciare nei prati.

Desidero chiedere a Dio
se ha dato loro
un assegno in bianco
per comprare Versailles e il Regno Unito,
Babilonia e i giardini pensili,
e per comprare la stampa mercenaria.
Se ha dato loro un assegno in bianco
Affinché comprassero la corona britannica e i palazzi,
e le donne in gabbia come uccelli
e la verde luna nel cielo di Nishapur.

Infine voglio chiedere
a Dio
Se è diventato loro parente
per davvero.
Se tra gli uccisori del suo popolo
vi sono parenti di Dio.

NIZAR QABBANI
_IL FIAMMIFERO è IN MANO MIA E LE VOSTRE PICCOLE NAZIONI SONO DI CARTA_

 

Il Cairo _"Non ci fermiamo più"

Foto di Valentina Perniciaro -ridatemi mio figlio com'era prima-

E’ il momento dell’Egitto!

25 gennaio 2011 2 commenti

Foto da Demotix

Che era una questione ormai di attimi l’avevamo capito da settimane: oggi la rivolta contro Mubarak è esplosa senza mezzi termini.

REUTERS/Amr Abdallah Dalsh EGYPT

Già alle dieci di questa mattina la tensione era alle stelle nelle ore iniziali della “giornata della collera”, in cui centinaia di manifestazioni erano state organizzate in tutto il paese senza aver ottenuto nessun permesso dal governo. Habib El-Adli, ministro degli Interni egiziano, è stato chiaro ordinando l’ «arresto per chiunque esprima illegalmente i suoi punti di vista», tanto che dall’alba le strade della capitale mettono paura per il mastodontico schieramento che proteggeva i luoghi indicati per la protesta come Shubra, Mataria, all’università e in altre zone della città. Anche il valico di Rafah è stato chiuso per sicurezza.
Il bilancio della giornata è ancora difficile da fare perchè le piazze sono ancora piene, con più di duecentomila persone che hanno attraversato le piazze, di cui 20mila solamente nella città di Alessandria. Ancora una popolazione esausta, da anni di dittatura e repressione, da anni di sfruttamento e condizioni di vita al limite, dall’assenza di libertà nella propria vita: dopo la Tunisia e l’Algeria anche l’Egitto scoppia con le stesse identiche parole d’ordine.
PANE. LIBERTA’. CAMBIAMENTO. Con il chiaro e palese messaggio ai proprio “padroni” di sempre che è ora di andare via, è ora di sparire, è ora di lasciare campo libero al futuro, qualunque esso sia. Perchè non c’è organizzazione nelle manifestazioni che da settimane infiammano il Nord Africa, c’è una spontaneità che spaventa governi e spacca opposizioni, che rende increduli un po’ tutti ma che per ora funziona. Almeno nel portare migliaia di persone in piazza, ad assaltare poliziotti e palazzi come fosse la cosa più normale del mondo, almeno nel rendere cosciente una generazione che sta capendo che può stare per strada ad urlare il disagio,  che può lanciarlo in faccia al potere e all’ordine costituito. In Egitto si chiede esplicitamente anche l’annullamento dello stato d’emergenza introdotto nel 1981 e le immediate dimissioni del ministro degli Interni.

E se la danno a gambe, forse anche in Egitto come è stato in Tunisia. Pare che il figlio di Mubarak, Gamal, sia già fuggito a Londra con moglie e figlia: caspita! Non ha fatto in tempo nemmeno a vedere i fumi in lontananza di qualche barricata: ha caricato al volo 97 valigie a bordo di un aereo e sarebbe partito. Lo dice Akhbar al-Arab, rivista online in arabo ma edita in USA.

AFP PHOTO/MOHAMMED ABEDI

C’è un morto in questa giornata di rivolta egizia: un agente di poliza rimasto ucciso durante gli scontri in piazza Maidan al-Tahrir, proprio nel centro della capitale: sembra sia stato travolto dalla folla durante i tafferugli e sia rimasto calpestato nella ressa. Gli scontri sono durati ancora un po’ , tra una fitta sassaiola e un largo uso di asfissianti lacrimogeni. Un po’ tutto il paese è sceso in piazza, non solo il movimento ‘6 Aprile’, ma anche il partito liberale al-Ghad, i Fratelli Musulmani, il partito al-Wafd e migliaia di studenti e giovani.Anche i beduini del Sinai hanno aderito alle proteste: gli unici, i copti, a rimanere in casa a “pregare per la stabilità del paese”.
Ma il messaggio che corre in rete è chiaro: nessuna bandiera, nessun simbolo religioso, che sia solo la rabbia a sfilare
In questo momento tutti i social network, soprattutto Twitter (che da giorni tiene in vita la rivolta del Maghreb e i suoi appuntamenti) sono oscurati o comunque inaccessibili dall’Egitto

Revocata la detenzione domiciliare per Mario!

24 gennaio 2011 1 commento

La seconda sezione penale collegiale del tribunale di Roma ha revocato, nel corso della udienza che si è tenuta ieri, gli arresti domiciliari a Mario Miliucci, uniformandosi a quanto aveva deciso il tribunale del riesame per gli altri coimputati. L’ultimo degli arrestati per gli scontri del 14 dicembre a Roma, avvenuti nei pressi di piazza Navona durante la manifestazione contro il progetto di controriforma dell’università promosso dalla ministra Gelmini, si è visto sostituire la detenzione cautelare con una misura di sicurezza, l’obbligo di firma presso il commissariato di zona. Nel corso dell’udienza sono stati ascoltati alcuni testi presentati dalla difesa mentre il maggiore testimone dell’accusa, un ispettore di polizia, non si è presentato, documentando un prolungamento dell’infermità a seguito delle contusioni subite durante gli scontri. La prossima udienza è stata fissata per il 17 marzo. In stato di custodia cautelare domiciliare resta ancora il minorenne S.M.
Questa la pagina per ascoltare la corrispondenza effettuata da Radio Onda Rossa questa mattina con i compagni in presidio fuori dal tribunale

“Mario Miliucci libero”: presidio in tribunale domani

23 gennaio 2011 2 commenti

«Miliucci libero», lunedì processo per i fatti del 14 dicembre
Ore 9.30 presidio in tribunale
Liberazione 23 gennaio 2011
Riapre lunedì il processo contro Mario Miliucci, unico del gruppo di manifestanti arrestati alla fine della manifestazione del 14 dicembre scorso ad essere sottoposto ad una misura di custodia cautelare, nella fattispecie gli arresti domiciliari, insieme al minorenne S.M., il ragazzo immortalato in diversi momenti degli scontri che hanno segnato la giornata di lotta (e che i soliti cretini malati di dietrologia avevano iscritto a forza nella categoria degli infiltrati).
La prima udienza, che lo vedeva alla sbarra insieme agli altri coimputati arrestati nella stessa retata successiva agli scontri, si è era tenuta il 23 dicembre. Nel frattempo il tribunale del riesame ha annullato le restrizioni che durante l’udienza di convalida erano state disposte nei confronti di quattro di loro. I giudici hanno ravvisato nei verbali d’arresto una eccessiva indeterminatezza delle condotte delittuose contestate. I magistrati hanno sottolineato la «generica individuazione» degli imputati nonché la presenza di numerose incongruenze nella ricostruzione dei fatti proposta dalle forze di polizia. Una situazione analoga a quella di Miliucci, nei confronti del quale si rivolgono accuse dai contorni confusi e malcerti.
I verbali d’arresto descrivono attimi di forte concitazione dovuti agli scontri molto duri avvenuti a ridosso di piazza di Spagna, e che hanno visto anche la distruzione di alcuni mezzi delle forze di polizia, senza mai fornire precise indicazioni sui responsabili effettivi degli scontri.
Arrestato casualmente in una fase di deflusso alle 15.45, come recita il verbale, a Miliucci viene attribuita (nonostante venga descritto con il volto travisato e dunque irriconoscibile) la partecipazione «unitamente alla fazione più violenta dei manifestanti» ad «un fitto lancio di sampietrini» e quindi «all’assalto dei mezzi», senza che quest’ultima circostanza verificatasi quando era già in manette, e maliziosamente lasciata scivolare nel rapporto, sia confortata da ulteriori e più consolidati dettagli.
Una volta arrestato, dopo aver subito un pesante pestaggio, il giovane si è visto accollare l’improbabile possesso di tre enormi massi trasportabili soltanto con una cariola. Insomma per volontà di qualcuno, e forse per quel nome carico di storia, Mario rischia di diventare il capro espiatorio del 14 dicembre. Per questo lunedì mattina, a partire dalle 9.30, il supporto legale del movimento dopo un’assemblea cittadina tenutasi il 15 gennaio al Volturno occupato ha indetto un presidio cittadino davanti a piazzale Clodio.

 

24 GENNAIO 2011: REVOCATI GLI ARRESTI DOMICILIARI. MARIO é LIBERO CON L’OBBLIGO DI FIRME QUOTIDIANO _ leggi_

Albania: la morte va in diretta

22 gennaio 2011 Lascia un commento


Orribile il video che sta girando attraverso da poche ore su internet. Ripreso da un cameraman della televisione albanese News24, il luogo e le modalità in cui sono morti uno due dei tre manifestanti già uccisi dalla rivolta esplosa ieri a Tirana s’è fatto più comprensibile a tutti. I primi video che giravano a riguardo focalizzavano l’immagine sui manifestanti, ma queste nuove immagini, allargando la visuale, permettono a tutti di vedere come andavano le cose qualche secondo prima dello sparo, da dove è stato sparata e cosa stava facendo l’uomo che è rimasto ucciso da quel colpo di fucile. A sparare è inequivocabilmente un membro della Guardia Repubblicana, appostato e accovacciato in una nicchia all’interno della sede del governo.
Le immagini parlano chiaro e vi invito a guardarle: lo si vede inginocchiato, perfettamente al riparo dal lancio di oggetti rivoltogli contro. Si vede bene la fiammata dello sparo e immediatamente dopo il corpo di un dimostrante cadere a terra esanime: non stava facendo nulla, con le mani lungo il suo corpo, osservava gli accadimenti rivolto con lo sguardo verso il suo assassino. Nelle stesse immagini si vede anche un secondo cadavere a terra, ucciso negli stessi istanti di quelli di cui abbiamo le immagini in diretta del suo assassinio: non si sa se a sparare sia stato lo stesso agente perchè non esistono immagini che lo dimostrino, ma non serve molto altro per capire com’è andata.
Altri 5 manifestanti hanno raggiunto gli ospedali feriti da armi da fuoco, mentre per i 6 poliziotti ricoverati le ferite sarebbero state causate solamente dal lancio dei sassi. Rama, sindaco di Tirana e capo dell’opposizione socialista, ha definito queste immagini la “pistola fumante” che inchioda Berisha e il ministro dell’interno Basha alle loro dirette responsabilità. Questa notte, proprio nella capitale, ci sono state molte retate e perquisizioni ed alcuni arresti su disposizione della procura e il numero dei fermi sembra si aggiri intorno ai 110 “manifestanti coinvolti in atti di violenza, accusati di aver colpito gli agenti e di aver dato alle fiamme alcune auto della polizia”, ci riferisce una portavoce della polizia di stato.
Un altro paese del nostro Mediterraneo che alza la testa, con manifestazioni di piazza e rabbia a non finire: la rivolta ci sfiora e si avvicina… noi per ora stiamo a guardare, tanto per cambiare: l’Algeria e la Tunisia ora stanno riempiendo ancora le loro strade di rabbia…

Mario Libero, Tutti/e Liber@: Presidio a piazzale Clodio

19 gennaio 2011 Lascia un commento

Il 23 dicembre 2010 si è tenuta la prima udienza del processo a Mario e gli altri e le altre compagne arrestati\e durante la rivolta precaria e studentesca di Piazza del Popolo dello scorso 14 dicembre 2010. Il processo è stato rinviato al 24 gennaio per dare la possibilità alla difesa di acquisire ulteriori prove testimoniali , videoregistrazioni e fotografie; al contempo i giudici hanno respinto la libertà provvisoria a Mario, motivando capziosamente la permanenza in Italia – indicando in particolare la giornata di lotta a Palermo e Milano – di un “ clima di tensione sociale”, onde per cui Mario rimane agli arresti intanto fino al 24 gennaio.
I giudici per fortuna hanno però deciso di respingere l’assurda richiesta avanzata da ALEMAGNO per la costituzione di parte civile del Comune di Roma , in quanto a Mario non è addossata nessuna “lesione dell’arredo urbano”.
Ai numerosi compagni/e presenti – studenti, lavoratori, amici degli imputati – l’atteggiamento dei giudici non è apparso né sereno, né
imparziale , costoro sono sembrati partecipi e schierati con il clima fazioso e colpevolista voluto dal governo da subito e all’indomani del 14
dicembre. All’oggi – dopo una settimana di prove documentali e testimoniali ripetutamente apparse in TV , sui quotidiani e periodici – è ormai noto alla cittadinanza che gli arrestati sono stati rastrellati a caso, con il titolo abusivo e generico del reato di “ resistenza in concorso”.
Per il resto , è fallito anche il tentativo di dividere i manifestanti in “ buoni e cattivi” sia per la compattezza del movimento , sia per la
consapevolezza di larga parte della società di riconoscere alla protesta e alla condizione diffusa della precarietà motivazioni valide e concrete, che vanno ascoltate e avviate a soluzione, piuttosto che ignorate e/o represse.
L’accanimento giudiziario non ha ragion d’essere, men che mai l’assunzione sussidiata della politica: il trasformarsi in arbitri del conflitto non compete alla magistratura , tantomeno far pendere l’ago della bilancia dalla parte dei forcaioli, trasformando in capri espiatori gli arrestati del movimento solo per soddisfare i propositi di vendetta di una classe politica inadempiente e corrotte.
Tenere ulteriormente agli arresti domiciliari Mario è un abuso, una iniqua punizione, una pena affligente ancor prima della sentenza: è l’ennesima l’amara constazione di quanto dispotismo alberghi ancora nelle istituzioni, soprattutto tra coloro che dimentichi del dettato
costituzionale e della dichiarazione dei diritti dell’uomo, abusano del codice penale per perseguitare il conflitto e i suoi protagonisti.
Vogliamo Mario libero ! Vogliamo che il Movimento tutto si schieri a sua difesa e non solo le poche decine di compagne e compagni presenti ai precedenti presidi svolti a piazzale Clodio.
Mario è uno di noi, lo rivendichiamo come un nostro compagno e non può e non deve pagare per tutte e tutti: a Piazza del Popolo eravamo in decine di migliaia a difenderci dalla violenza delle Forze del Disordine !

PER L’AUTORGANIZZAZIONE SOCIALE
PER L’AUTOGESTIONE DELLE LOTTE

LUNEDI 24 GENNAIO ORE 9.30
PRESIDIO A PIAZZALE CLODIO

CSOA “MACCHIA ROSSA” MAGLIANA

A questo LINK una corrispondenza di questa mattina dai microfoni di Radio Onda Rossa

Tunisia (6): ancora tumulti in strada. Un saluto al reporter francese ucciso.

18 gennaio 2011 1 commento

Tunisi_ Foto di Lucas Mebrouk Dolega, il giorno della sua uccisione

Tunisi_ Foto di Lucas Mebrouk Dolega, il giorno della sua uccisione

Tunisi_ Foto di Lucas Mebrouk Dolega, il giorno della sua uccisione

Ahmed Fria, nuovo ministro dell’Interno tunisino ieri ha dato i numeri della rivolta, quelli ufficiali e dichiarabili: ben 46 posti della Guardia Nazionale dati alle fiamme, 85 posti di polizia, 43 banche e 66 negozi. I morti sarebbero 78, i feriti altri 94.
Mentre avevo iniziato a scrivere questa mezza riga, stavo appunto per battere quello che i media principali riferivano dal risveglio, cioè di una Tunisi tornata alla calma e solamente presidiata in alcuni punti chiave…ma, come si poteva immaginare, erano chiacchiere, facilmente smentite pochi secondi dopo. Ad Avenue Bourghiba stavano marciando centinaia di persone in un corteo e pochi minuti fa sono stati dispersi da una carica della polizia, arrivata massicciamente, e dal lancio di numerosi e potenti lacrimogeni. Gli slogan sono sempre gli stessi, oltre a manifestare contro il partito dell’ex presidente Ben Ali, tenevano nelle mani molti filoni di pane! Insomma, la calma totale di cui parla la Bbc da ore è una barzelletta.
Anche Biserta è in piazza con centinaia di persone che chiedono senza mezzi termini le dimissioni di Mohammed Ghannouchi, attuale primo ministro e lo scioglimento del Rassemblement Constitutionnel Democratic (Rdc), partito dell’ex presidente e dell’attuale premier. Elicotteri sorvolano minacciosi il centro città.
Nel frattempo nei dintorni l’aria si surriscalda…in Algeria ieri 4 disoccupati si sono dati fuoco e uno, Maamir Lofti, è morto poco dopo, in Mauritania stessa cosa…in Libano in questa settimana ci sono state molte manifestazioni contro il carovita e qualche ora di coprifuoco notturno nei quartieri meridionali di Beirut; in Giordania c’è stato un grosso corteo davanti la sede del parlamento con gli stessi slogan che rimbombano nel Maghreb ed il re Abdallah II ha ordinato la riduzione immediata del 10% dei prezzi degli alimenti e della benzina. Cosa che non ha molto cambiato la situazione.

Un lancio d’agenzia “simpatico” viene da quel miracolo della natura che è l’isola di Lampedusa, attuale sede di una prigione per migranti. E’ sbarcato un lussuosissimo yacht, venerdì sera, dopo una richiesta di soccorso per un’avaria ai motori. Una volta attraccato i due componenti dell’equipaggio hanno detto che la proprietà era del nipote di Ben Ali e che loro avevano il compito di “portarlo in salvo”. Hanno poi presentato domanda di asilo politico, ora al vaglio della Questura di Agrigento.

E’ morto invece Lucas Mebrouk Dolega, fotografo dell’Epa che venerdì scorso era stato colpito da un lacrimogeno: è stata dichiarata la sua morte celebrale a causa dell’encefalogramma piatto. Trentadue anni, fotografo con una grande esperienza di tumulti e di Maghreb, è morto sul lavoro, sulle strade dove amava scattare. Lo salutiamo con i suoi ultimi scatti.

Tunisi_ Foto di Lucas Mebrouk Dolega, il giorno della sua uccisione

Tunisi_ Foto di Lucas Mebrouk Dolega, il giorno della sua uccisione

Qui le pagine precedenti dedicate alla rivolta del carovita tunisina: LINK!

Ben Ali in fuga …

14 gennaio 2011 1 commento

23 anni al potere, e se l’è data a gambe senza nemmeno annunciare la rinuncia al potere. Ha assunto quella carica il 7 novembre 1987, dopo una carriera militare che l’aveva portato ad essere direttore generale della Sicurezza Nazionale per il ministero dell’Interno e poi ambasciatore in Polonia.  A Parigi? A Malta sotto protezione libica? Nemmeno il buon gusto di far ancora sapere dove si trova. Rieletto nel 1999 con il 99,66% dei voti e nel 2004 con il 94,5% dei consensi, aveva imposto una riforma costituzionale nel 2002 che aboliva ogni limite di durata alla carica presidenziale.
Oggi non ci fa sapere nemmeno dove si è rifugiato. Non ha rilasciato una parola al suo paese, alla popolazione che da anni controlla e reprime e che da settimane teme. Portavoci presidenziali francesi fanno sapere di non essere assolutamente al corrente dell’arrivo in Francia dell’ormai ex presidente tunisino, mentre da Malta ancora non arriva nessuna smentita né conferma.

Dalle 19 è un continuo batter d’agenzie, tutte estremamente vaghe: da pochi minuti sappiamo però ufficialmente che Mohammed Ghannouchi è presidente ad interim (è stato prima ministro per la Cooperazione internazione e gli investimenti esteri e dal 1999 ricopre la carica di primo ministro) . Durante il suo primo annuncio si è rivolto alla popolazione e alle “sensibilità politiche e sociali del paese” chiedendo di unirsi attorno allo spirito della patria..

Tunisia (3): morti su morti, anche oggi. Un bollettino agghiacciante

13 gennaio 2011 2 commenti

Mentre il presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali fa annunciare al suo primo ministro che si provvederà ad abbassare i prezzi di quei prodotti base che in questi ultimi giorni sono vertiginosamente aumentati, la situazione degenera ancora una volta. Le notizie si susseguono frettolose…Appena un’oretta fa si cominciava a parlare di fumi provenienti da barricate nel centro di Tunisi e anche del fischio di qualche pallottola, ora invece i bollettini hanno altre parole d’ordine, ogni momento più drammatiche. La polizia sta aprendo il fuoco contro un folto gruppo di manifestanti in Rue de la Libertè e in Rue Palestine (proprio così) in pieno centro e contemporaneamente sta blindando interi quartieri della capitale, come nella zona di via La Fayette. In pochi minuti siamo già ad altri due morti da aggiungere alla lunga lista pubblicata poco fa ed un ferito in condizioni drammatiche: tutti sembrerebbero essere stati colpiti in avenue de Lyon, così riferisce da pochi minuti FrancePresse.

Nelle ultime ore invece arrivano diverse notizie dalla città di Gafsa e altre, più drammatiche da Gabes.

Una violenta manifestazione in quest’ultima città (importante centro minerario del paese) avrebbe già un bilancio di 6 morti. Da Gafsa ci arrivano notizie attraverso le parole di un sindacalista in collegamento telefonico con al-Jazeera “«In questo momento la città di Gafsa versa in uno stato di anarchia completa con bande che stanno saccheggiando liberamente i negozi del centro. Questa mattina c’era stata una manifestazione sindacale caricata dalla polizia che è intervenuta con il lancio di gas, ferendo 4 persone – ha affermato – subito dopo la polizia si è ritirata e sono giunte in città bande di incappucciati che stanno saccheggiando i negozi». Secondo il sindacalista «si tratta di bande organizzate e legate al governo perché hanno come obiettivo quello di screditare il movimento di protesta e di portare il terrore tra i cittadini».

Io quando posso provo ad aggiornare

Tunisia…siamo arrivati a 66 morti

13 gennaio 2011 5 commenti

Ci sono 58 nomi e cognomi, quindi almeno questo numero purtroppo si può confermare. Cinquantotto morti ammazzati dalle pallottole e dalla repressione del governo, della polizia e dell’esercito tunisino, dall’inizio dei tumulti contro il carovita, iniziati il 17 dicembre scorso.
E’ al-Arabiya che, citando fonti di alcune organizzazioni per i diritti umani tunisine, ci racconta nome per nome gli ultimi minuti di questi giovanissimi uccisi. E’ lo stesso Souhayr Belhassen, presidente del FIDH (Federazione internazionale delle leghe dei diritti dell’uomo) a dirci che a questo bilancio vanno aggiunti altri otto nomi, di persone uccise nel corso della lunga notte precedente, nella periferia di Tunisi.
Oggi ci sono stati diversi momenti di scontri finchè l’esercito non ha deciso di battere in ritirata lasciando nel centro città la gestione alle poche camionette di polizia posizionate nei punti nevralgici: poco fa è ricominciato un finto lancio di lacrimogeni intorno a Rue de Rome dove centinaia di manifestanti stavano tentando di arrivare ad Avenue Bourguiba. La situazione più critica stamattina sembra essere a Biserta, città vicino a Tunisi dove l’esercito è schierato per le strade da ieri sera in modo massiccio: le agenzie di tutto il mondo non fanno altro che battere notizie sui saccheggi che sono avvenuti nella cittadina appena la polizia s’è ritirata per lasciare mano libera all’esercito, che non sta ancora intervenendo.
Poco dopo però (lo riferisce l’Ansa) alcune decine di giovani hanno formato un corteo spontaneo per tentare di fermare i saccheggi e la distruzione dei negozi: molti tra la popolazione sostengono che siano stati organizzati e pianificati dalla polizia, «Non vogliamo saccheggi, la polizia è andata via perchè qualcuno li potesse fare. Noi non vogliamo saccheggi, sono atti premeditati». Non fanno altro che ripetere questo.
Sousse invece, terza città del paese, posizionata sulla costa mediterranea, sta vivendo un partecipato sciopero generale, indetto dai sindacati di Ugtt a sostegno del movimento di protesta che sta infiammando la Tunisia: domani a Tunisi sono previste due ore di sciopero generale. La rivolta sta avvolgendo anche località famose perchè importanti centri turistici: ieri anche ad Hammamet si sono registrati due morti, mentre a La Marsa e Sidi Bou Said la situazione sta rapidamente precipitando. Forse con questi nomi e queste località in fiamme il mondo si accorgerà di qualcosa.
Yalla Shabab, non vi lasciamo soli

AGGIORNAMENTI QUI

Ai miei fratelli e sorelle arabi in lotta…

11 gennaio 2011 Lascia un commento

Non ho avuto tempo nè energie..
Questo blog marcia a rilento da settimane, come un po’ tutta me stessa.
Ma non per questo il cuore non batte nelle strade tunisine ed algerine, non per questo il sangue non ribolle nel vedere certe immagini.
Shabab! Sono con voi in ogni sasso e bottiglia lanciata!

Più di cinquanta morti, più di cinquanta giovani ammazzati mentre manifestavano contro il carovita, per un diritto al futuro, per la propria libertà di scegliere che vita fare. Una rabbia sociale che è esplosa in Tunisia ed Algeria e si allargherà al resto del Maghreb, ma qui non si fa altro che parlare dei cristiani copti d’Egitto, delle “guerre sante” contro i cattolici e niente più.
A fianco di questi ragazzi, che rivendicano quello che rivendichiamo tutti noi: che il Mediterraneo in lotta si unisca!
Una generazione che da perdere non ha praticamente nulla: yalla shabab, mettiamo un po’ di paura al potere!*
Che Tunisi e Algeri, Atene e Salonicco, Roma e Londra capiscano che la lotta da portare avanti è una.
Uguale per tutti.

Mario libero, tutti liberi

25 dicembre 2010 5 commenti

Mario libero, tutti liberi

Durante la prima udienza per il Processo contro 5 delle 26 persone rinviate a giudizio tra i fermati del 14 dicembre a Roma, il Tribunale  di Roma ha confermato le misure di restrizione della libertà per tutti gli imputati.

Foto di Valentina Perniciaro _TUTT@ LIBER@_

Mario continua ad essere costretto agli arresti domiciliari senza poter vedere nessuno, se non i genitori, né comunicare con l’esterno. Lo studente di 16 anni (giudicato l’altro giorno al tribunale minorile) rimarrà ai domiciliari fino a giugno e l’unica concessione è stata il poter andare a scuola la mattina. Agli altri è rimasto l’obbligo di firma 2 volte al giorno.

Non è stata concessa nessuna attenuante alle restrizioni, adducendo come motivazione il “clima di tensione sociale”: una chiara scelta politica da parte dei magistrati nei confronti di chi si ribella alla crisi che i padroni vogliono imporre e all’offensiva del governo Berlusconi.
Il comune di Roma si costituisce parte civile contro tutte quelle persone che hanno nei capi di imputazione il “danneggiamento”. Una decisione chiaramente intimidatoria del fascista Alemanno, che è tanto bravo nel dare i numeri, quanto incapace nel considerare le questioni sociali della città, ormai ridotta ad una discarica dopo di due anni di sua amministrazione.
I magistrati hanno dimostrato di essere rimasti fortemente intimoriti dalle sparate dei vari Alemanno, La Russa e Gasparri e dagli atti intimidatori del governo tramite il Ministro Alfano che, dopo le udienze di convalida degli arresti, ha inviato gli ispettori del ministero, per far capire che aria tirava per chi non seguisse il volere del capo.

Il 14 Dicembre c’è stata una sacrosanta esplosione di rabbia popolare, un tumulto contro uno stato e una classe politica marcia e corrotta, che ha continuato a mostrare il suo vero volto dentro al parlamento tramite la compravendita dei parlamentari a vantaggio della maggioranza per superare la mozione di sfiducia al governo.
Quel giorno a Roma è scesa in piazza una parte di quell’Italia vessata e offesa da anni di Berlusconi e di politiche neoliberiste sottomesse agli interessi degli industriali e degli speculatori; quell’Italia con cui il governo non parla, non tratta, non media: esperienze di lotta che il governo non ascolta, ma che gestisce esclusivamente attraverso la repressione.
I terremotati dell’Aquila, i dannati della monnezza di Terzigno, le tante altre lotte del territorio contro le nocività e le speculazioni, gli studenti e i ricercatori dell’Università e i lavoratori di tutto il mondo della scuola da anni in lotta contro i tagli, i senza casa e senza lavoro, gli occupanti di casa e dei centri sociali, le persone migranti che non cedono al ricatto dello sfruttamento e si ribellano fuori e dentro i CIE per non essere internate e deportate, i metalmeccanici a cui Marchionne e confindustria stanno imponendo il ricatto del lavorare come schiavi o la chiusura degli stabilimenti, un’intera generazione precaria a cui è negata qualsiasi prospettiva di presente e di futuro: nei loro confronti, nei giorni e nei mesi scorsi, l’unica risposta è stata quella dei manganelli e delle denunce giudiziarie.

Il 14 Dicembre è stato un giorno di rivolta popolare e malgrado i tentativi di criminalizzazione, le sparate dei giornalisti e le becere analisi sociologiche, i movimenti e tutti quei singoli che vogliono lottare non hanno ceduto alla logica “buoni e cattivi”, ma hanno rivendicato quella forza espressa nelle strade come loro rabbia e loro dignità, come rabbia e dignità di ciascuno di noi. Quella rivolta ha fatto scrollare di dosso la paura che stato e capitale vogliono imporre e restituisce la consapevolezza che l’unica fiducia che si può avere è quella nei propri mezzi.

Sosteniamo e solidarizziamo con tutti gli arrestati, tutti i rastrellati, tutti i denunciati di quella giornata e delle lotte sociali di questi mesi.
Mario Libero tutti Liberi

L38 Squat / Laurentinokkupato – Roma

Mario Miliucci rimane agli arresti: processo rinviato al 24 gennaio

23 dicembre 2010 Lascia un commento

Mario Miliucci rimane agli arresti, il processo è rinviato al 24 gennaio

Nel primo pomeriggio di oggi si è conclusa l’udienza per 13 dei 43 compagni/e rastrellati il 14 dicembre , tutte/i erano a piede libero  tranne Mario Miliucci agli arresti domiciliari.
Il processo è stato rinviato al 24 gennaio per dare la possibilità alla difesa di acquisire ulteriori prove testimoniali , videoregistrazioni e fotografie; al contempo i giudici hanno respinto la libertà provvisoria a Mario , motivando capziosamente la permanenza in Italia – indicando in particolare la giornata di ieri a Palermo e Milano – di un “ clima di tensione sociale”, onde per cui Mario rimane agli arresti intanto  fino al 24 gennaio.
I giudici hanno anche deciso di respingere la “costituzione di parte civile “ del Comune di Roma , in quanto a Mario non è addossata alcuna “ lesione dell’arredo urbano”.
Ai numerosi compagni/e  presenti – studenti, lavoratori, amici degli imputati – ( un folto presidio stazionava all’ingresso del Tribunale)l’atteggiamento dei giudici non è apparso ne sereno, ne imparziale , costoro sono sembrati partecipi e schierati con il clima fazioso e colpevolista voluto dal governo da subito e all’indomani del 14 dicembre.
All’oggi – dopo una settimana di prove documentali e testimoniali ripetutamente apparse in TV , sui quotidiani e periodici – è ormai noto alla cittadinanza che gli arrestati sono stati rastrellati a caso , con il titolo abusivo e generico del reato di “ resistenza in concorso”.
Per il resto , è fallito anche il tentativo di dividere i manifestanti in “ buoni e cattivi” sia per la compattezza del movimento , sia per la consapevolezza di larga parte della società di riconoscere alla protesta e alla condizione diffusa della precarietà motivazioni valide e concrete, che vanno ascoltate e avviate a soluzione, piuttosto che ignorate e/o represse.
L’accanimento giudiziario non ha ragion d’essere, men che mai l’assunzione sussidiata della politica : il trasformarsi in arbitri del conflitto non compete alla magistratura , tantomeno far pendere l’ago della bilancia dalla parte dei forcaioli, trasformando in capri espiatori gli arrestati del movimento solo per soddisfare i propositi di vendetta di una classe politica inadempiente e corrotte.
Tenere ulteriormente agli arresti  Mario è un abuso, una iniqua punizione, una pena affligente ancor prima della sentenza : è l’amara con stazione di quanto dispotismo alberghi ancora nelle istituzioni, sopratutto tra coloro che dimentichi del dettato costituzionale e della dichiarazione dei diritti dell’uomo, abusano del codice penale per perseguitare il conflitto e i suoi protagonisti

Ovunque,comunque , Tutti Liberi !

Vincenzo Miliucci,che ricambia con affetto le migliaia di comunicazioni ricevute per Mario e che augura un buon 2011 , a voi tutte/i e alle presenti generazioni di compagne/i perché avviino il percorso comune per affrontare l’urgenza dell’alternativa di società.

 

Richiesta autorizzazione corteo al sindaco Alemanno, prefetto e questore. ;-)

21 dicembre 2010 1 commento

Alla c.a. Sindaco di Roma Gianni Alemanno
Alla c.a. Questore di Roma Francesco Tagliente
Alla c.a. del Prefetto di Roma Giovanni Pecoraro

Oggetto:
La nostra richiesta di autorizzazione

Con la presente gli studenti e le studentesse della Sapienza comunicano alle autorità che il giorno 22 dicembre sfileranno per le strade di Roma.
Apprezziamo davvero la vostra apertura al dialogo che in queste settimane si è manifestata ripetutamente e in vari modi: dalle centinaia di denuncie per manifestazione non autorizzata, agli arresti immotivati, alla costruzione di una “zona rossa” permanente e in continua espansione.
Siamo molto lieti di tanta premura nel volerci proteggere, tenendoci lontani dai patetici teatrini e compravendite di parlamentari, che avvengono ormai come consuetudine dentro Montecitorio e Palazzo Madama.
Potete stare tranquilli: la politica istituzionale si è già allontanata dai noi e dal resto della società molto tempo fa. Sono proprio i nostri cortei e i nostri blocchi stradali ad aver riportato la politica vera nelle strade e nelle piazze, dall’università a tutta la città.
Per il movimento studentesco il corteo spontaneo è da anni la vera pratica con la quale far vivere e rendere visibile il diritto di manifestare, la voglia di partecipare e prendere parola sul nostro futuro.
Proprio per questo motivo il 22 lasceremo i palazzi del potere nella solitudine della loro miseria e andremo nella altre zone della città, per parlare con chi come noi è inascoltato da quelli stessi palazzi.
Vogliamo però interloquire con chi ha detto, in questi giorni, che bisogna ascoltare il nostro disagio, perciò domani una nostra delegazione porterà una lettera al Presidente Napolitano.
Vi inviamo questa richiesta di autorizzazione e vi chiediamo: siete disposti a garantire il diritto di manifestare?

Gli studenti e le studentesse della Sapienza in mobilitazione

Foto di Federico Maiorani. Roma, 14 dicembre 2010

BUUUUM! Il Duka sugli scontri del 14 dicembre’10

20 dicembre 2010 4 commenti

MO IO NON SO UNA CHE DI SOLITO “AMMIRA L’ESTETICA” COME SCRIVE ALLA FINE IL DUKA,
MA QUESTA PAGINA M’HA FATTO SORRIDERE, NON POSSO NEGARLO!

Giochi pirotecnici

Buumm! Sembra la festa di Fuorigrotta! Però questa volta le bombe di carta non scoppiano per festeggiare santi, ma solo le porchemadonne di chi sta pagando la crisi. Bumm! Buuum! BUUUUM! Uomini e donne attaccano i blindati e danno fuoco alla città indorata per gli acquisti natalizi. Buumm! Dopo Atene anche a Roma bruciano gli alberi di Natale!

Poco prima, nel preciso momento in cui dal palazzo filtravano notizie sulla scandalosa fiducia, si frantumava il mito di un popolo civile che protesta civilmente. Dove qualcuno tifava per un 25 luglio, si è aperta la strada di un 25 aprile. Buumm!
Lo scenario è cambiato in un botto. La parola è passata alle piazze. E mentre i media facevano retromarcia urlando alla guerriglia criminale, il reale ha squarciato il reality show. Buumm! Il sito di Repubblica impallidisce terrorizzato: dov’è finito il popolo educato dell’anti-berlusconismo? Dove sono andati i vostri immaginari bravi ragazzi? Buum!

Ci sono sedicenni con magliette azzurre e la scritta “Napoli ti seguiremo ovunque” che dopo aver lanciato i sacchi dell’immondizia fanno scoppiare petardoni in stile Terzigno. C’è uno sbarbato che ha tirato fuori dallo zainetto una picozza d’alpinista e ora sta sfasciando i vetri di una camionetta della finanza. Ragazze in passamontagna e felpa nera sfondano bancomat e telecamere. Punkettini in adrenalina recuperano sampietrini dal selciato. Ultras delle curve fanno girare le cinte di cuoio davanti alle guardie. Militanti di piccoli collettivi di periferia si buttano sui celerini con la loro bandierina rossa, spinti in missione da una forza interiore.  Un liceale piccoletto con il casco in testa cammina come un robottino caricato a molla, avanza da solo verso gli scudi dei poliziotti. Un pezzo di legno in mano e gli occhi spiritati. Buum Buumm!

Foto di Valentina Perniciaro _muri di Atene, dicembre 2008_

Piazza del popolo non c’è  più. Buum Buumm! Gli sfigati, i soliti ignoti, occupano la scena. Da Londra all’Italia le fiamme illuminano la strada maestra. Il sapere non è più la sacra icona da difendere, ma è una mostruosa arma con cui fare male al nemico. È l’intelligenza collettiva di organizzarsi nello spazio metropolitano, di rendersi imprendibili, di farsi sciame e di attaccare nei punti migliori. Buum! Buum!!
Ci sono i rappresentanti della brigata Monicelli, erano in 2000 sul red carpet, ora sono solo in otto su via del corso, eppure si fanno sentire lo stesso. Sono guidati da un ciccione venticinquenne che fa lo sceneggiatore precario, i capelli lunghi e biondi alla Gérard Depardieu. Da novello Danton con il megafono in mano comizia: “La speranza, come diceva Monicelli, è solo una trappola dei padroni. Una presa in giro per noi giovani senza futuro, siamo noi che viviamo sulla nostra pelle le conseguenze umilianti di leggi modellate sui privilegiati.”

Una fiumana di gente subisce una carica, lo sceneggiatore si mette in mezzo alla via e con la sua mole blocca gli studenti impauriti. “Non scappiamo, non vi accalcate uno sull’altro. Piano! Piano! Andate piano.” E’ la prima volta che fa scontri eppure ha il senso di responsabilità di un generale napoleonico. Si sente di guidare uno spezzone piccolo ma importante di questo movimento, i lavoratori del cinema italiano.  In un momento di pausa, in un attimo di calma, tra le nuvole dei lacrimogeni, grondando sudore, riappoggia le labbra al megafono, alza la testa verso il cielo, chiude gli occhi e urla: “La linea discriminante non corre più tra violenza e non-violenza, ma tra violenza dei governi, della polizia, delle banche e dall’altra parte la nostra forza costituente.”

Dove qualcuno tifava per un 25 luglio, si è aperta la strada di un 25 aprile. Buumm!
Chi sono? Chi sono? Sono tutti giovani. Gente mai vista! Sono radicali nei comportamenti, infuriati in piazza. Hanno afferrato la questione alla radice: o si trasforma tutto, o la crisi la pagheremo noi. Buum! Buum!! BUUMM!

Sommerso dalla baraonda mi sento preso da un sogno, e così al posto di scroccare la solita canna, al Danton con il megafono gli chiedo: “Che c’hai un sercio?”  Non ce n’erano più di serci, né di pietre, né di bastoni o legnetti, niente di niente, tutto era già stato lanciato. Allora ho alzato lo sguardo insieme alle migliaia di persone di piazza del Popolo. Una colonna di fumo nero, un’enorme colonna alimentata da un blindato in fiamme, s’alzava all’imbocco di via del Babbuino. C’è stato un momento di silenzio, poi un gran boato di gioia.  Esattamente come qualche giorno prima ai piedi del Big Ben londinese. La stessa scena ad uso consumo degli obbiettivi dei telefonini, per abbellire una pagina di Facebook con uno storico ricordo. Momenti che passano attraverso la stretta apertura del presente ed entrano indelebili nella memoria collettiva.

Gli scontri di Piazza del Popolo

Forse non serve a niente attaccare d’inverno il palazzo, ma ogni tanto è bello vedere che l’ordine è messo sottosopra.  Buum! Buum!
Non facciamo scempio di questo bel gesto compiuto proprio mentre dentro quello stesso palazzo se ne svolgeva un altro immondo, con le carogne in giacca e cravatta che si rubavano il portamonete a vicenda.

I lacrimogeni scoppiano a ripetizione, i blindati fanno caroselli, la piazza piano a piano si svuota, inizia la caccia all’uomo. I ragazzini vengono massacrati per terra. Corro via insieme a un tipo anziano bell’allenato “Faccio due ore di spinning al giorno nella palestra del mio quartiere.” mi dice “Per questo sono qui, quelli della mia età non ce la fanno più a reggere uno scontro, altrimenti sarebbero venuti.” Io e il pensionato vediamo un nugolo di poliziotti che s’accaniscono con i manganelli sulla faccia di uno studente già sdraiato per terra “ Nel 1968 a Parigi” mi dice lui “ Il prefetto aveva invitato le forze dell’ordine a non commettere violenza inutile perché rimane nell’occhio di un ragazzo che la vede. E non passa più.” Ecco, i processi della memoria riaffiorano ancora. A Genova non sfondammo la zona rossa. A Roma l’abbiamo varcata. Nel 2001 abbiamo lottato separati. Adesso siamo rimasti uniti. Allora i diciottenni scapparono perché non si attendevano l’inferno, oggi i diciottenni sono quelli che incitano gli altri a non scappare più.

Eppure il 14 dicembre non è la cura. Il 14 è solo il sintomo. Adesso bisogna dire stop alle contrapposizioni tra buoni e cattivi, chi c’era e chi non c’era. Cercare di non dividere, anzi sforzarsi di unire. Questo è un punto da tenere fermo. Un corpo sociale in grave sofferenza si esprime con rabbia contro chi l’ha condannato al male. Noi sosterremo sempre la spontaneità e la furia, ascolteremo il rombo di quelle acque. Ci caleremo dentro. Ma sappiamo anche che senza un corso in cui incanalarsi, senza argini tra i quali correre, l’acqua non forma più un fiume, ma solo una palude. Non dobbiamo fermarci al sintomo, ma trovare la cura. Andare oltre il momento della negazione. Serve il collegamento tra le lotte, serve organizzarsi, servono alleanze, servono saperi adeguati.

E’ vero, il fatto che si sia riaffacciata la metafora dell’assedio non fa capire nulla della natura del potere. Ma quando si innalza il livello dello scontro, non c’è  niente oltre al “no future”.
È un non-senso bruciare le macchine, d’accordo, le banlieues ce l’hanno insegnato, ma per avere un senso si deve far crescere una consapevolezza comune.
Ma oggi non ci mettiamo a recriminare o a trovare ragioni politiche da una parte e dall’altra.

Per una volta proviamo ad andare oltre al No future, per una volta ammiriamo l’estetica.
Buumm! Buumm! BUUUMMM!

 

Vauro e il Manifesto si autocensurano: E FANNO BENE!

19 dicembre 2010 7 commenti

VAURO su il Manifesto, 15 dicembre 2010

Il giorno dopo gli scontri di Piazza del Popolo, quel giornale ormai da molto illeggibile e reazionario qual è il Manifesto,
ha pubblicato in prima pagina una vignetta di Vauro sconcertante per la sua infamia.
Malgrado già da molte ore girassero notizie che il “ragazzo con la pala” era un manifestante, un giovanissimo compagno mandato al linciaggio mediatico,
il vignettista tanto caro alla sinistra salottiera confermava la teoria complottarda dell’infiltrato con la sua vignetta.
GIovanni Santone con la faccia di Kossiga e , l’ “infiltrato” di Piazza del popolo con quella di Maroni.
UNA VERGOGNA!
Una vergogna che Vauro poteva almeno smentire: innegabile la sua genialità e capacità ironica, quindi poteva avere il buon gusto di scusarsi.
In più, cosa ancora più comica, sul sito del Manifesto la vignetta non compare…
di solito dopo 48 ore vengono archiviate tutte in rete, mentre quella manca.
Menomale che hanno inventato gli scanner, perchè almeno quest’infamata di Vauro in rete ce la mettiamo uguale.
E magari la prossima volta che lo incontriamo in piazza ci ricordiamo di ricordarglielo!

Ed ora anche sul blog di Insorgenze un articolo a riguardo!

Comunicato di Vincenzo Miliucci, il “volscevico”!

19 dicembre 2010 13 commenti

Giù la maschera , fascisti in doppiopetto !

Negli anni ’70, nella pienezza dei movimenti di partecipazione democratica per la trasformazione egualitaria della società, i fascisti La Russa e Gasparri erano dalla parte della strategia della tensione che auspicava un regime autoritario a suon di bombe , stragi e complotti.
La mia generazione ha speso la propria gioventù per salvare l’Italia dal golpismo e stragismo : le contrade e le città italiane sono piene di lapidi che ricordano il sacrificio di centinaia di nostri coetanei , i “ nuovi partigiani”.

FOTO DI VALENTINA PERNICIARO: Vincenzo e il totem contro le morti sul lavoro _25 aprile 2008_

Così come ha combattuto nei luoghi di lavoro e nel paese per conquistare la dignità del lavoro e un parziale stato sociale , negato da potenti corporazioni e dal padronato.
E allo stesso tempo per scrollarci di dosso il soverchiante fardello di istituzioni,ordinamenti e uomini del ventennio fascista.
Nel mentre che i fascisti La Russa e Gasparri erano parte di quel MSI sedizioso e squadrista al servizio della borghesia e che tanti lutti ha procurato tra i lavoratori, gli studenti, gli antifascisti.
L’indulgenza togliattiana e democratica Costituzione hanno permesso a questi scherani di autoalimentarsi e di fare ulteriori malefatte, ma il disprezzante giudizio storico su di loro – sul loro focoso reiterare l’appartenenza fascista – è un sentimento comune degli italiani : è scritto nelle migliaia di epigrafi che ricordano l’olocausto partigiano e le vittime delle decine di stragi impunite.
Solo il troiaio berlusconiano – la perdita di senso e valori della democrazia costituzionale repubblicana – permette a costoro di occupare posti altezzosi e di sputare quotidiane-bavose-provocatorie sentenze.
La storia non è finita ! Non moriremo Berlusconiani !!
Non è detto che costoro non tornino nei luoghi di origine, le fogne !
I Gasparri,Alemanno,Storace, si portano ancora appresso l’incubo dei calci in culo presi ripetutamente negli anni ’70 dagli antifascisti autonomi di “ via dei Volsci”. Il Presidente della Corte Costituzionale dell’epoca, Giuseppe Branca , ebbe modo di ringraziare pubblicamente gli autonomi, per l’operazione di nettezza urbana esercitata a Roma nei confronti del rigurgito dei rifiuti fascisti.

Sono orgoglioso di mio figlio Mario : equilibrato,serio,responsabile, già uomo europeo e lungimirante, nonostante il fosco avvenire che si prospetta per la sua generazione.
Mario è stato educato alla tolleranza e la rispetto soprattutto dei più deboli, alla solidarietà e alla partecipazione sociale. Il 14/12 era a manifestare , consapevole di quali e quante sfide sono addossate alla “ generazione precaria “ .

E’ stato rastrellato a caso insieme ad altre decine di giovani, a cui è stato fatto assaggiare il sadismo di celle di sicurezza gelide e sudice,il cui unico giaciglio era il pavimento lercio, lasciati senza cibo. fatti oggetto di scherno , vessazioni psicologiche e minacce “ genovesi”, di ritornelli inneggianti il nazifascismo . Il ministro Maroni se non vuole diventare l’emulo di Kossiga, prima di scagliare gli strali contro il movimento , si guardi in casa propria ! Veda e sanzioni il comportamento illegale dei corpi di polizia. Bonifichi ed espella le numerose “ mele marce” , che a Napoli e Genova nel 2001 torturarono e ferirono nelle caserme e nelle piazze , che uccisero Aldrovandi e altri ancora, che ogni anno aggiornano la statistica dei danni procurati a migliaia di giovani,diversi e immigrati. Provveda innanzi tutto alla rieducazione e alla formazione costituzionale dei “ servitori dell’ordine” , che tuttora vedono nel manifestante , nel cittadino, un essere inferiore, su cui si può infierire,vituperare,produrre prove false , “ sicuri dell’impunità”. Su Mario Miliucci pende un disegno persecutorio,quello di utilizzarlo come capro espiatorio e monito nei confronti della rivolta della “ generazione precaria” alla spudoratezza della classe politica dominante.
In quanto manifestante è reo di “ resistenza alle nefandezze del governo” , un reato a cui si sentono accomunati almeno 40 milioni di italiani !

Mario porta un cognome specchiato, integerrimo e rispettato ( anche dagli avversari e financo dai funzionari di polizia) : luoghi comuni, banalità, meschinerie e falsità possono servire solo ad influenzare coscienze tiepide e magistrati asserviti.
Mario va liberato e prosciolto, la “ generazione precaria” è un bene prezioso per la democrazia e per garantire un avvenire a questo paese.

Il “ volscevico “ Vincenzo Miliucci

MARIO LIBERO!
TUTTI E TUTTE LIBERI!

APPUNTAMENTO GIOVEDI 23 A PIAZZALE CLODIO, PER IL PROCESSO A MARIO MILIUCCI

Terzo dicembre greco!

15 dicembre 2010 1 commento


Siamo a quota tre…è il terzo dicembre che piove benzina di molotov dai cieli greci, è il terzo dicembre che una generazione si scontra con la polizia, per ore ed ore, quasi quotidianamente.
Oggi è stato il settimo sciopero generale ravvicinato, una giornata campale per la piazza che ha ripetutamente attaccato la polizia dopo il voto in Parlamento che ha fatto passare la pesante manovra di austerity riguardante il mondo lavorativo del paese.

qui direbbero che è un infiltrato!

Tagli terrificanti sugli stipendi degli impiegati pubblici per una media del 26% , riduzione quasi totale degli indennizzi di licenziamento, l’allargamento delle forme di flessibilità:  il paese è veramente in ginocchio.
La piazza è bella, è forte, è travolgente, è così poco accondiscendente!!
Centomila persone hanno marciato oggi ad Atene e altre migliaia a Salonicco, con scontri anche in questa seconda città dove il bilancio delle 6 del pomeriggio parlava di un solo manifestante ricoverato per le ferite riportate e di 18 fermi.
Gli arresti di Atene invece, sono veramente tanti.
Oggi per Keratea, in Attica, è la terza giornata di proteste contro la costruzione di una nuova discarica : la rabbia dei cittadini oggi ha conquistato almeno un temporaneo stop dei lavori deciso dal tribunale del luogo. Un probabile contentino dato alla popolazione per non togliere agenti da Atene e cercare di calmare un po’ gli animi: la scorsa settimana i reparti anti-sommossa erano stati letteralmente spazzati via dalla gente del posto a colpi di bastoni, pietre e bottiglie molotov. Il giorno dopo alcuni spari dalle colline vicine si sono avvicinati ad alcuni agenti.

Come me piace ‘sta Grecia, sempre di più!

Notizie sui fermati! AGGIORNAMENTI!

15 dicembre 2010 Lascia un commento

Roma, Piazza del Popolo, 14 dicembre 2010

Roma, Piazza del Popolo, 14 dicembre 2010

Che giornata ieri per questa città!
E che mattinata oggi, dietro quel mixer, con i telefoni impazziti e la voglia di parlare che prendeva un po’ tutti.
Roma ieri, come ha scritto un blog che adoro, ha vissuto un po’ di Novecento.
Una piazza Statuto degli studenti, dei precari, dei giovani rabbiosi spesso giovanissimi!
Che dire.
Io, sono contenta.
Tra poco verrà pubblicato sul sito il lungo filo diretto di questa mattina dai microfoni di radio onda rossa.
ORE 15.35_ altra notizia che ribalta tutto. “Cambio di strategia della procura di Roma per la maggior parte degli arrestati per gli scontri avvenuti ieri nel centro storico. La procura ha deciso di farli giudicare per direttissima e domani mattina compariranno dinanzi al giudice. Tutti i fermati sono accusati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Il primo atto sarà, comunque, l’esame della legittimità dei fermi. Al termine dell’udienza, per gli indagati, tutti incensurati, potrebbe prospettarsi, a seconda delle singole posizioni, la custodia in carcere, gli arresti presso il domicilio, l’obbligo di firma, la rimessione in libertà. Il procuratore aggiunto Pietro Saviotti ha spiegato i motivi del cambio di rotta della procura: «Inizialmente avevamo deciso di non procedere in modo sommario con la direttissima del giorno dopo – ha dichiarato – optando per l’acquisizione di informative e dei verbali di arresto e chiedendo approfondimenti agli investigatori». «Successivamente la procura – ha aggiunto – valutate l’incensuratezza di tutti gli arrestati e la loro età, ha proceduto a circoscrivere le condotte di cui ciascuno deve rispondere. La mancanza dell’esigenza di ulteriori approfondimenti, salvo nuove risultanze, ha indotto la Procura a chiedere il giudizio direttissimo per la maggior parte degli arrestati. Nei prossimi giorni si valuteranno eventuali ulteriori fatti che dovessero emergere dagli approfondimenti investigativi»
PER QUALCHE ORA E’ STATO DETTO IN DIRETTA E SCRITTO ANCHE QUI CHE TUTTI I FERMATI ERANO STATI TRADOTTI A REGINA COELI: LA NOTIZIA E’ STATA SMENTITA POCO FA (ORE 17) DAGLI AVVOCATI. SONO ANCORA TUTTI IN QUESTURA. ANDRANNO DIRETTAMENTE DOMANI A PIAZZALE CLODIO!

Presumibilmente sarà convocato un presidio a Piazzale Clodio per domani dalle 9.00 in poi.
SOLIDARIETA’ A TUTTI I COMPAGNI FERMATI.
per i continui aggiornamenti ascoltate Radio Onda Rossa.

Intanto da un paio d’ore il centro d’Atene è scosso dagli scontri esplosi durante l’ennesimo sciopero generale di 24 ore, proprio nel giorno del voto in parlamento della manovra di austerity che prevede una radicale rivoluzione nel mercato lavorativo.
La media dei tagli sugli stupendi sarà del 26%.
Bruciasse quest’Europa, bruciasse pure. Sarebbe ora!

Diario haitiano (2): chiacchierando tra le barricate…

11 dicembre 2010 1 commento

A passeggio tra le barricate, il giorno dopo gli scontri Haitiani
di Michele Vollaro, da Port-au-Prince

Il giorno dopo gli scontri, non si vedono più i fumi neri delle barricate per Port-au-Prince. La radio riferisce di manifestanti a Petionville, il quartiere ricco dove si trovano la sede della Commissione elettorale, le ambasciate e alcuni centri commerciali. La domanda “Chi è che può permettersi di andare in un centro commerciale in una città dove la maggior parte degli abitanti vive in tendopoli?” mi inquieta. Ma in questi giorni, a causa degli scontri, i negozi sono chiusi, le finestre sigillate dall’interno e resta perciò ancora una questione irrisolta.

Foto di Peter Turnley _doccia a Champs de Mars_

La situazione sembra calma. Diventa quindi un obbligo uscire. La prima meta è la sede del partito ‘Inite’, data alle fiamme dai sostenitori di Martelly. Per strada si vedono i resti delle barricate, cumuli di macerie, rami, segnali stradali. I resti dei copertoni bruciati anneriscono l’asfalto. Ma la vita sembra tornare lentamente alla sua normalità. Le macchine, poche rispetto al normale e caotico traffico di questa città, salgono sul marciapiede per aggirare le barricate e proseguire il loro tragitto.

Ai bordi delle strade ci sono di nuovo le bancarelle che vendono ogni sorta di mercanzia, dai manghi e le uova ai dentifrici e i lubrificanti per le automobili. Su un banchetto, accanto a un boccione con un rubinetto pieno di un liquido giallognolo, alcune stecche di sigarette. ‘Comme il faul’: ‘Come si deve’ in francese, un nome un programma per le sigarette fabbricate ad Haiti. Rosse, ‘regulier’, o verdi al mentolo. Sessanta gourdes (poco più di un euro), il nome della moneta nazionale che prende il nome dal guscio di un tipo di zucche che Henri Christophe, che nel 1807 si fece nominare a capo del territorio settentrionale di Haiti, utilizzò per pagare ai contadini il raccolto di caffè nel primo anno del suo mandato e rivendette immediatamente ai mercanti europei facendosi pagare con dell’oro.
L’acquisto delle sigarette diventa l’occasione per una chiacchierata sulle manifestazioni del giorno precedente con il crocchio di persone sedute attorno al banchetto, la cui attività principale scopro essere la vendita di rhum, il liquido giallognolo del boccione. Ognuno di quelli seduti ai lati del banchetto ha in mano una bottiglietta, che di volta in volta fa riempire al venditore di rhum.
“Ieri è stato incredibile, da pazzi, una marea di gente per strada”, dice Jean, capellino da basket in testa e un auricolare all’orecchio per ascoltare la radio. Eri anche tu tra i manifestanti, è la prima domanda, che viene immediatamente da fare. “No, io sono un poliziotto. Oggi non lavoro, ma ieri è stata dura. Ero più su, a Petionville. Era pieno di barricate, macchine date alle fiamme e persone con bastoni e pietre che volevano andare alla sede della Commissione elettorale. Oggi non lavoro e così stamattina posso stare un po’ con i miei amici a rilassarmi”. Jean non vuole dirci se e per chi ha votato, ma spiega che la gente è stufa. Stufa di politici che una volta arrivati al potere pensano soltanto a come arricchirsi. Stufa, undici mesi dopo il terremoto, di vivere ancora in mezzo alle macerie. “Questa è una crisi sociale, non è possibile continuare così”.

Foto di Peter Turnley

“Io non sono andato a votare”, gli fa eco biascicando un po’ Carrefour, che dice di essere un ‘sociologo di formazione’ e di condurre una trasmissione televisiva. Una rivista del 1996 su un festival di cultura creola e africana appoggiato sulle gambe, dopo che gli sono state offerte un po’ di sigarette, Carrefour ci spiega che non si fida di nessuno dei candidati. “Celestin fa parte della cricca di Preval, il presidente non ha fatto nulla finora se non continuare ad alcolizzarsi, figuriamoci cosa potrà fare questo che è il fidanzato della figlia: era stato messo a gestire il Dipartimento delle infrastrutture prima del terremoto e da allora si è preoccupato soltanto di ripulire un po’ le strade del centro un mese prima delle elezioni. La Manigat è una marionetta del marito, che è già stato presidente ed è un sadomasochista; lui ha anche detto che venderebbe la madre per conquistare il potere. Martelly è un cantante, non sa niente di politica: le hai mai sentite le sue canzoni? Ce n’è una in cui fa la parte di una prostituta che contratta il prezzo del suo corpo: possiamo avere un presidente così?”. Celestin no, Manigat no, Martelly nemmeno, e allora chi doveva essere presidente? “Ma lui! Lui si doveva candidare!”, scoppiano in una risata gli amici, continuando a sorseggiare rhum. L’atmosfera è allegra, anche a causa dell’alcol che circola nei corpi.
“Che ci vuoi fare? – dice Jean – Ad Haiti ormai siamo abituati a politici che fanno soltanto i propri interessi. Un gruppo si fa pagare per sostenere quello, un altro per sostenere quell’altro”. Ma perché allora la gente, il popolo non si organizza per conto proprio? “Beh, bisogna pur mangiare”. Ci congediamo dal gruppetto seduto attorno al venditore di rhum con questa frase, che mostra drammaticamente la capacità di questo popolo di adattarsi a ogni situazione. Mi sembra di intuire la coscienza di far parte di una macchina più grande, un ingranaggio in cui la vita degli haitiani non viene presa in considerazione. Né dallo Stato, ne tanto meno dalle organizzazioni umanitarie. Ma quello che ancora non ho visto è la volontà di prendere in mano la propria vita e organizzarsi per cambiare l’esistente.

Foto di Peter Turnley

Tutti sembrano restare in attesa di un cambiamento, ma nel frattempo ci si accontenta di quel minimo che viene offerto, dalle chiese o dalle organizzazioni umanitarie, adattandosi a vivere in condizioni miserabili.
Più avanti la sede dell’Inite è chiusa. Davanti al portone si vedono ancora i resti dei pneumatici bruciati e usati come barricate, alcune piante divelte. Salendo su un massetto si riesce a vedere al di là del muro di cinta. Nel cortile girano due poliziotti armati di mitra, mentre un po’ di fumo esce da un ufficio. La porta della casetta a un piano che ospitava la sede della campagna elettorale di Celestin non c’è più e il tetto di lamiera è collassato, dentro si intravede la desolazione di un luogo saccheggiato. “Oggi è tranquillo, ma ieri sono rimasti qui davanti per tutto il giorno – dice una signora che abita nella casa accanto – le fiamme sono durate per tutta la notte. Un ragazzo è rimasto anche ferito, i poliziotti lo hanno colpito di striscio a un braccio”.
È ora di tornare. Nel pomeriggio il programma è andare nella zona di Champ de Mars. Nemmeno il tempo di uscire di casa, che arriva trafelato un ragazzo. “Quelli di ‘Inite’ sono venuti in motocicletta dalla bidonville di Cité Soleil e hanno sparato sui sostenitori di Martelly per vendicarsi di ieri. Nella tendopoli di Champ de Mars c’è un morto”. Meglio non uscire. Nonostante gli appelli alla calma dei candidati e la notizia che la commissione elettorale riconterà i voti, la tensione è ancora alta a Port-au-Prince. Di sera si vede di nuovo un pennacchio di fumo al di là di Champ de Mars…

QUI LA PRIMA PUNTATA DEL DIARIO DI BORDO

La nottata ateniese, un po’ di aggiornamenti

7 dicembre 2010 2 commenti


Il mio post di ieri su Atene si ferma intorno alle ore 18, con gli sconti tra Syntagma (piazza del parlamento greco) e la facoltà di Legge, non molto distante.
La serata nonchè nottata è stata però, come immaginavo già ieri, estremamente lunga e combattuta: scontri e arresti si sono susseguiti per ore ed ore, i video e le immagini che circolano parlano chiaro (c’è anche una foto inquietante che vi faccio vedere e di cui non trovo notizie).

?

Dalle 19 in poi tutta la zona di Syntagma era circondata e ricoperta da una fitta fitta fittissima coltre di gas urticanti e lacrimogeni, molti elicotteri sorvolavano la zona a bassissima quota mentre le molotov lanciate tentavano di aprire varchi tra i cordoni.
Arresti e cariche sono avvenute anche all’interno della fermata della metropolitana della piazza del Parlamento, dove in molti avevano cercato riparo dall’aria irrespirabile e dalle violente cariche.
L’appuntamento più atteso era quello serale, quello carico di una tensione dolorosa che avvolge il cuore dei giovani e non combattenti ateniesi: la piazzetta dove è stato ammazzato Alexis è ormai un luogo simbolo di una protesta e di un odio che non vuole lasciare più quelle strade.
In migliaia hanno affollato i vicolo di Exarchia intorno alla piazza, mentre le granate assordanti e il lancio di gas lacrimogeni si infittiva a vista d’occhio.
[Attacchi pesanti della polizia, soprattutto contro studenti medi sono avvenuti nelle città di Giannena, Agrinio e Volos, dove sono stati registrati numerosi arresti.
Le ultime notizie che arrivano dalla zona Exarchia/Polytechnic sono delle 23 di ieri e parlano ancora di ripetuti scontri: si parla di 96 fermi e 42 arresti.
Vediamo oggi come proseguirà la giornata!
CON ALEXIS NEL CUORE, MALEDETTI ASSASSINI

 

Due anni dall’assassinio di Alexis: scontri ad Atene

6 dicembre 2010 1 commento

Sono già due anni che è stato ucciso Alexis, 15enne ucciso da un colpo sparato senza motivo da un poliziotto… e le strade dell’Ellade lo stanno ricordando. Una lunga rivolta blocco la capitale per 20 lunghe giornate e nottate; la rabbia di quell’assassinio senza senso ha fatto tremare la Grecia; il suo assassino è stato da poco punito con una condanna all’ergastolo. Questo blog, oltre ad aver visitato quelle piazze e quella rabbia, ha seguito costantemente in questi due anni, le vicende di quelle strade…
Diciassette le città del paese che hanno chiamato alla mobilitazione oggi, massiccia, in un paese che in questi ultimi due anni è stato più in piazza che dentro le proprie case.

un concetto "allargato" di divieto di sosta

Atene ha avuto una prima manifestazione di studenti questa mattina alle undici (stessa ora più o meno di quella di Salonicco), mentre la polizia aveva già annunciato 21 ore di speciali restrizioni alla circolazione nel centro di Atene, divieto che si estende (chissà poi perchè, eheheh) anche al parcheggio e alla sosta di qualunque tipo di veicolo in una mappa dettagliata che ci viene fornita da Occupied London, sito da cui seguo, dalla morte di Alexis, le vicende greche.

Già da domenica il quartiere di Exarchia ad Atene, dove è stato ucciso il giovane studente e “roccaforte” del movimento anarchico e studentesco, era completamente blindata da una massiccia (davvero più del solito) presenza di forze dell’ordine in assetto di guerra, che hanno arrestato 4 persone per motivi non ancora molto chiari.
Per quanto riguarda la giornata di oggi la situazione è ancora calda: la manifestazione annunciata alle 4 di oggi ha iniziato ad essere caricata prima di partire, quando alcune facoltà universitarie sono state completamente circondate dalla polizia. Scontri si registrano già dalle 14, appena dopo la fine della manifestazione studentesca che è stata abbastanza tranquilla, tranne il fitto ma innocuo lancio di arance contro la polizia e alcune vetrine rotte in via Stadou. Il corteo pomeridiano possiamo dire che non è stato fatto partire, migliaia di persone sono riversate nelle strade da ore ma la polizia circonda diversi gruppi ed ha attaccato molte volte i vari concentramenti. Nemmeno mezzora fa si aveva notizie di scontri e molotov a Syntagma, parlamento greco, e di una grossa manifestazione con sconti ripetuti con i reparti speciali davanti alla facoltà di Legge, non molto distante da lì.

Cerchiamo aggiornamenti..a tra poco.
L’ultimo appuntamento della giornata è il più ad alto rischio: alle 21 ad Exarchia, nel luogo dell’omicidio

MPATSI, GOURUNIA, DOLOFONI

 

Grecia: scarcerato Alfredo Bonanno e strane ferite sui manifestanti

22 novembre 2010 2 commenti

Novità nel processo contro Alfredo Bonanno  e Christos Stratigopouls, gli anarchici italiano e greco arrestati nell’ottobre 2009. Alfredo Bonanno, di 73 anni, era imputato di concorso in rapina a mano armato, ma questa mattina è stato rimesso in libertà dopo il processo di Larissa: dopo un primo momento di detenzione a Amfissa, ora si trovava nel carcere ateniese di Koydallos. Condannato a 4 anni, con una riduzione a due, è stato scarcerato in quanto maggiore di 70 anni e quindi incompatibile con le condizioni di prigionia. Il suo coimputato, accusato anche di aver materialmente compiuto la rapina contro la banca di Trikala, dalla quale erano stati prelevati 47.000,  è stato condannato a 8 anni e 9 mesi.

Invece è di qualche giorno fa la pubblicazione di alcune fotografie che lasciano quantomeno con un senso di allarme nello stomaco. Gli scatti, che vi posto in questa pagina sono delle gambe di uno dei manifestanti al corteo di commemorazione della rivolta degli studenti del Politecnico di Atene contro il regime dei colonnelli, che ne portò all’inizio della caduta definitiva, il 17 novembre 1973 . Un corteo che s’era svolto in larga parte senza troppi incidenti, malgrado la proclamazione del codice rosso per le forze dell’ordine e i reparti speciali schierati in 7000 solo ad Atene. Davanti all’ambasciata americana, dopo un po’ di tafferugli c’è stato un fitto lancio di lacrimogeni e di granate assordanti, molto usate nelle piazze ateniesi.
Quello che invece non s’era mai visto sono questo genere di ferite e l’appello dei compagni e di dare informazioni, qualora qualcuno sapesse di che genere di armamento parliamo!

BRESCIA MAY DAY

8 novembre 2010 1 commento

Brescia May day! May day!

Da settimane i migranti bresciani sono in mobilitazione permanente  contro la sanatoria truffa che dopo aver aperto una speranza di  regolarizzazione ha sbattuto le porta in faccia ai tanti e tante  costretti alla clandestinità da leggi disumane come la Bossi- Fini e il  Pacchetto Sicurezza targato Maroni. Proprio da Maroni arriva l’ordine perentorio di stroncare la protesta: distruggendo i presidi che si erano  organizzati e costringendo sei persone a salire su una gru a 35 metri di  altezza dove stanno dal 30 ottobre. Ma la follia sanguinaria di chi  gestisce l’ordine pubblico non si è fermata neanche di fronte a questo gesto di disperata determinazione e alla imponente manifestazione di massa tenutasi sabato scorso: questa mattina all’alba hanno scaricato la loro violenza sui presenti al presidio provocando decine di feriti e oltre 30 persone in stato di fermo.

Brescia lancia l’allarme rosso e Roma risponde convocando un’assemblea cittadina per questa sera alle ore 19.00 presso il Volturno con lo scopo
di (auto)organizzare la nostra solidarietà attiva, quella di tutte le realtà ed i singoli impegnati quotidianamente nella battaglia per i
diritti per tutti/e.

Siamo tutt@ clandestin@
Antirazzisti e antirazziste roman@
QUI POTETE ASCOLTARE LE CORRISPONDENZE DI QUESTA MATTINA DI RADIO ONDA ROSSA: 123

Gli scontri si spostano sulla Spianata delle moschee

22 settembre 2010 Lascia un commento

REUTERS/Darren Whiteside oggi a SilwanDi solito quando camionette e lacrimogeni si avvicinano ad Al-Aqsa c’è aria di Intifada, vuol dire che alla Palestina inizia a mancar la terra sotto i piedi, che il tutto sta per scoppiare definitivamente, ancora una volta. Pochi minuti fa sono entrati nella spianata delle moschee, a Gerusalemme… ma procediamo con ordine.
Stamattina un guardiano di un convoglio di coloni ha ucciso un ragazzo palestinese e ne ha feriti altri cinque nel quartiere di Silwan, già teatro di ripetuti scontri negli ultimi mesi. L’area di Silwan, quartiere arabo di Gerusalemme Est, dove risiedono più di 12000 palestinesi sarebbe destinata, nei progetti israeliani, ad un parco archeologico e naturalistico dedicato al re Salomone. Per questo motivo sono state destinate all’immediata demolizione 22 palazzine palestinesi. Per tutta la mattinata fitti lanci di pietre e ripetuti scontri ci son stati tra la popolazione palestinese e la polizia israeliana.
Alle 16, poco più di mezzora fa, le prime agenzie dicono che la giornata di scontri si sta allargando, ed ha appena sfiorato il punto più caldo del medioriente, simbolo dello scoppio dell’Intifada.
La polizia israeliana è entrata nella Spianata delle moschee: fino a questo momento i manifestanti sono rifugiati all’interno della moschea di Al-Aqsa dove la polizia non è entrata, almeno per ora.  Si parla di una quindicina di feriti tra manifestanti e poliziotti.
Proviamo ad aggiornarci tra un po’.

La devastazione israeliana di Gerusalemme

La devastazione israeliana di Gerusalemme

Ancora Atene bloccata dai camionisti in lotta: corrispondenza

22 settembre 2010 Lascia un commento

La risposta degli autotrasportatori greci non s’è fatta attendere.
Già in presidio per tutta la notte davanti al parlamento, hanno aspettato sul piede di guerra il voto di questa mattina della legge sulle liberalizzazioni del loro settore, approvata in tarda mattinata in un’aula quasi completamente deserta (erano presenti 99 deputati su 300) .

REUTERS/Yiorgos Karahalis

Foto REUTERS/Yiorgos Karahalis

Dopo aver bloccato le principali arterie del Paese, questa mattina i camionisti dell’Ellade, in una giornata già scossa dalla paralisi creata dallo sciopero dei ferrovieri, hanno assediato il Parlamento ateniese scontrandosi ripetutamente con le forze dell’ordine e rispondendo attivamente al fitto lancio di lacrimogeni.
Ancora intorno al Parlamento gli autotrasportatori stanno aspettando l’arrivo del corteo dei ferrovieri che si unirà alle loro proteste contro il piano di austerità del governo, che sta piegando da mesi il paese.
Anche a Salonicco le mobilitazioni stanno paralizzando la mobilità con una lunga fila di camion che si sta dirigendo verso il centro città.

In mattinata, dai microfoni di Radio Onda Rossa, un piccolo approfondimento sulla situazione greca in vista del prossimo sciopero generale, confermato ieri pomeriggio.

Mirafiori e l’antica dialettica del sanpietrino

5 settembre 2010 5 commenti

La Mirafiori di tanto tempo fa, anche se poi non sarebbe mica così tanto.
Non così tanto da legittimare questa rimozione di ciò che eravamo, di ciò che avevamo per le mani.
Noi, gli ultimi.
Noi, i proletari, gli operai, i braccianti, gli analfabeti, i pazzi, i carcerati, i sottoproletari.
Noi cazzarola: NOI!

La sera prima eravamo andati a incollare manifesti per tutta la città per tutti i quartieri. Era un manifesto col pugno chiuso. C’erano su gli obiettivi della nostra giornata di lotta e l’appuntamento: Alle tre davanti al cancello 2 di Mirafiori. Al mattino alle cinque andammo a megafonare davanti a Mirafiori. C’era già alle cinque del mattino moltissima polizia lí davanti. Due trecento almeno fra jeep furgoni cellulari e camion della polizia e dei carabinieri. Ce n’erano due davanti a ogni cancello e almeno una cinquantina davanti alla palazzina degli uffici. Noi andammo a megafonare alle cinque del mattino davanti a ogni cancello per spiegare agli operai del primo turno che non dovevano entrare ma nessun operaio entrava.
Non c’era nessun bisogno di fare i picchetti nemmeno. Che la polizia si aspettava evidentemente che noi facevamo i picchetti per fare delle provocazioni e aggredirci. Ogni tanto infatti la polizia ci disturbava dicendo che non dovevamo megafonare che non ci dovevamo mettere davanti ai cancelli. Noi dicevamo: Noi stiamo megafonando perché è sciopero non li stiamo mica minacciando con le pistole di non entrare. Se vogliono entrare entrano e va bene se non vogliono entrare non entrano. Noi stiamo facendo solo un’agitazione politica. Ci furono non piú di quattro o cinque crumiri che tentarono di entrare e la polizia si precipitò per impedire che fossero fermati. Ma dalla porta i gli operai del turno di notte che stavano uscendo li ributtarono fuori.
Non entrò nessuno proprio nessuno. Erano venuti tutti ma stavano dall’altro lato della strada gli operai. A controllare se qualcuno entrava. Ma nessuno entrava e dopo un po’ tutti se ne tornarono a casa. Al pomeriggio andammo ancora a megafonare davanti ai cancelli per il secondo turno. C’era l’appuntamento alle tre davanti al cancello 2. Si arrivò lí alla spicciolata c’erano già molti operai che aspettavano. Oltre agli operai del secondo turno che non erano entrati c’erano anche molti operai del primo turno che erano tornati lí a Mirafiori per fare sto corteo.
Alle tre c’erano già tremila operai davanti a Mirafiori. La polizia presidiava completamente tutte le vie di accesso a Mirafiori nonché tutti i cancelli la palazzina eccetera. Erano arrivati anche altri rinforzi. Alla manifestazione sindacale del mattino non era successo nessun incidente. I sindacati avevano fatto il loro comizio sulla casa con gli operai delle piccole e medie fabbriche dove loro erano forti mentre alla Fiat erano quasi inesistenti. C’erano là davanti al cancello 2 molte bandiere rosse cartelli e striscioni. Mentre si stava cosí aspettando che partisse il corteo cominciarono le provocazioni della polizia.

mirafiori occupata _1973_

Ma la cosa che non avevano proprio pensato i poliziotti che non avevo pensato il questore che non aveva pensato il ministro degli interni che non aveva pensato Agnelli era che quel giorno non si trattava del solito corteo di studenti del cosí detto corteo di estremisti. Cioè come dicevano i giornali borghesi i soliti figli di papà che si divertono a giocare alla rivoluzione.
Gli operai che si trovavano davanti al cancello 2 di Mirafiori erano quelli che avevano fatto le lotte Fiat per tutte quelle settimane. Erano operai che avevano fatto delle lotte dure delle lotte vittoriose. Mentre si stava preparando la partenza del corteo la polizia cominciò a fare le sue manovre. Misero da una parte un doppio cordone di carabinieri che si tenevano sotto braccio e spingevano indietro i dimostranti. Altri plotoni di carabinieri si erano messi in fila per quattro e avanzavano lentamente in mezzo ai dimostranti.
Mentre il vicequestore Voria dava questi ordini facendo muovere i carabinieri nei due sensi per chiuderci aveva detto a un operaio di spostarsi da lí dove stava vicino a lui. Questo operaio invece gli sferrò un cazzotto e lo stese a terra. Intanto quei plotoni di carabinieri che facevano la manovra si mettono al piccolo trotto quasi a correre come i bersaglieri in mezzo ai dimostranti. E impugnano il moschetto come un manganello come una clava. Improvvisamente suona la carica naturalmente chi cazzo la sentiva.
E cominciarono a arrivare i lacrimogeni una pioggia fittissima di lacrimogeni per cui istintivamente tutti cominciarono a scappare. Tutti scappavano e i carabinieri cominciarono a tirare botte col calcio dei moschetti a tutti. Ci spingevano contro il cordone di carabinieri che stavano lí fermi per circondarci. Io ero proprio vicino a quel cordone tenevano il viso pallido bianco verde dalla paura. Perché si trovavano cosí a contatto con noi faccia a faccia. Anzi poco prima ne avevo sfottuto uno gli avevo detto: Vuoi vedere che ti porto via la pistola e ti sparo. Lui non mi aveva detto niente.
Poi avevano acchiappato un compagno e lo volevano portare via ma non c’erano riusciti perché noi glielo avevamo strappato dalle mani e li avevamo minacciati. Intanto con questa pioggia improvvisa di lacrimogeni ci disperdono da davanti a Mirafiori. Scappiamo via tutti da davanti a Mirafiori e pure quei carabinieri che stavano facendo il cordone impugnano come una clava il moschetto, che c’avevano a tracolla e c’inseguono. E fu un piccolo massacro col calcio dei fucili tiravano botte da orbi su tutti quanti all’impazzata. E ne arrestarono una decina di compagni allora. Perché stavamo tutti cosí senza bastoni senza pietre. Mentre corro capito su un mucchio di dieci carabinieri che stavano picchiando a sangue un compagno steso per terra. Gli grido a uno: Che cazzo lo volete uccidere?
Questo qua mi guarda storto poi si gira di spalle e se ne va insieme agli altri tirandosi dietro sto compagno. Poi mentre ero così vedo a tre quattro metri di distanza un compagno uno studente che scappava inseguito da quattro o cinque carabinieri. Uno lo raggiunge e gli tira il moschetto in testa gli spacca la testa. Io e gli altri ci mettiamo a correre verso lí i carabinieri scappano via. Prendiamo questo compagno che stava per terra svenuto e lo portiamo via. Lo lasciamo a delle donne che stavano sotto un portone. Perché ormai dalle case lí intorno erano scesi tutti o stavano sui balconi donne ragazzi e bambini per vedere cosa succedeva.
Erano insomma riusciti a disperderci ma non avevano fatto i conti con la volontà di scontro degli operai. Diecimila persone si riuniscono tra corso Agnelli e corso Unione Sovietica. Lí c’erano le rotaie del tram coi sassi in mezzo. Cominciano a volare contro polizia e carabinieri. E cosí cominciarono a prenderle anche loro. Riusciamo a ricomporre il corteo che c’avevano disperso all’inizio. Era stato disarmato un poliziotto gli era stato portato via lo scudo e l’elmo che venivano alzati come trofei. C’erano anche gli striscioni con su scritto: Tutto il potere agli operai. E: La lotta continua. Improvvisamente una autoambulanza della polizia si butta velocissima in mezzo al corteo. Si butta in mezzo al corteo suonando la sirena che non c’era nessuna ragione. Perché poi se ne andò dall’altra parte tranquillamente. Era un’altra provocazione della polizia. Ma il corteo parte e poi svolta per corso Traiano.
Corso Traiano sta proprio dirimpetto alla palazzina degli uffici Fiat. Corso Traiano c’ha due corsie e una corsia centrale dove ci sono le rotaie del tram e i sassi. Noi scendevamo giú camminando sulla destra e in senso inverso dall’altra parte venivano avanti i poliziotti. Che poi si fermano e aspettano bloccando il traffico. Ci volevano tagliare la strada non ci volevano fare muovere di lí. Cioè la lotta la volevano isolare alla Fiat e intorno alla Fiat ma non doveva uscire fuori nella città. Credevano che noi volevamo andare in centro e in effetti questa era la nostra idea.

La gente ci guardava dalle finestre di corso Traiano mentre il corteo avanzava. Si affacciavano ai balconi scendevano giú e sentivano quello che dicevamo. Erano d’accordo perché erano tutti operai quelli che abitavano lí. Poi improvvisamente dai poliziotti schierati davanti a noi partono le scariche di lacrimogeni. Ma un numero pazzesco incredibile questa volta sparati anche addosso alla gente e che finivano dappertutto. Che andavano a finire sui balconi delle case al primo piano poi il gas investiva tutte le abitazioni perché era estate e c’erano tutte le finestre aperte. Altre granate andavano a finire sulle auto parcheggiate rompendole bruciandole. E tutto questo faceva incazzare molto la gente che abitava li.
Su corso Traiano intanto era sbucato un camion carico di Fiat di 500 una portaerei come si chiamavano. Tirammo sassi nella cabina e l’autista scese. Cominciammo a fracassare tutte le macchine coi sassi poi mettemmo una pezza nel serbatoio della nafta. La incendiammo per fare esplodere il camion ma la nafta non si accese. Allora cercammo di spingerlo in folle verso il corso e lo lasciammo lí di traverso, Chiamarono i pompieri e come arrivarono i pompieri si presero le sassate anche loro. Non gli lasciammo spostare il camion il camion restò lí.
Erano le quattro e quello fu l’inizio della battaglia che sarebbe durata piú di dodici ore. I poliziotti avanzavano con caroselli e cariche e dall’altra parte avanzavano i carabinieri per chiuderci in una tenaglia. Noi non ci disperdiamo e subito cominciamo a rispondere coi sassi che raccogliamo un po’ dappertutto. La maggior parte ci spostiamo nel prato a fianco di corso Traiano dove c’era anche un cantiere edile. Ci riforniamo di legni di bastoni di materiale per fare le barricate. E c’era lí anche una grande scorta di pietre.
Ci mettemmo in questo prato arrivarono i poliziotti coi loro furgoni e i carabinieri coi loro camion. I carabinieri si presero un sacco di sassate in faccia perché stavano allo scoperto e cosí li si poteva colpire facilmente. Arrivammo fin sotto ai camion per menarli coi bastoni quelli ci minacciarono coi mitra di sparare allora ci fermammo. E loro intanto se ne scapparono via. I poliziotti intanto nei loro furgoni blindati sentivano questo rumore continuo l’enorme pioggia di sassi che cadeva sui loro furgoni e non ne volevano sapere di scendere. Noi avevamo circondato tutti i mezzi ci correvamo tutto intorno gettando le pietre. Appena scendevano li avremmo massacrati di legnate. Alcuni furgoni tentammo anche di rovesciarli. Questi qua terrorizzati dentro dicevano all’autista di partire e infatti scapparono via tutti quanti.
Un quarto d’ora dopo ci riprovarono scendettero a piedi nel prato. Con gli scudi gli elmi e i manganelli i fucili con le granate lacrimogene. Noi li aspettavamo sul prato. Arrivarono a una distanza di quindici venti metri. Cominciammo a sfotterli a dire: Perché non provate a menarci adesso come avete fatto davanti al cancello 2? Qui vi facciamo un culo cosí. Solo uno di loro rispondeva: Vieni avanti tu da solo facciamo da uomo a uomo ti faccio un culo cosí io a te eccetera. Però di li non si muovevano e avevano paura.

Noi c’avevamo tutte le pietre in mano e a terra davanti a noi altre pietre e i bastoni le mazze. Stanno lí un po’ poi gli danno l’ordine di sparare i lacrimogeni e di fare la carica. Ma non avevano calcolato che stavamo in un prato in uno spazio aperto. Cioè sti lacrimogeni si vedevano quando, arrivavano. E noi li prendevamo e glieli lanciavamo indietro con le mani cosí che stavamo nel fumo sia loro che noi. Noi tiravamo le pietre e loro correndo non erano protetti e ne colpivamo un sacco. Quando si accorsero che non ce la facevano presero a scappare via come le lepri e noi li inseguivamo coi bastoni.
Intanto la gente di corso Traiano si era rotta le scatole per tutti questi lacrimogeni che andavano a finire sui balconi e nelle finestre e per il fumo che entrava nelle case. I poliziotti menavano tutti quelli che trovavano sotto i portoni. Donne vecchi bambini chiunque trovavano. Menavano specialmente i ragazzini anche di dieci undici anni. Si erano messi tutti a combattere con gli operai. I giovani a tirare i sassi le donne distribuivano fazzoletti bagnati contro i gas. I compagni inseguiti dai poliziotti trovavano riparo nelle case. Tutti buttavano giú cose dalle finestre e dai balconi addosso ai poliziotti.
La polizia ci inseguiva da tutte le parti e ci aveva dispersi e divisi in tanti piccoli gruppi. Anche nelle trasversali non si respirava piú dal fumo. Sto con alcuni studenti che decidono di andare alla facoltà di Architettura occupata per fare una assemblea e per riunirsi coi gruppi dispersi. Come cominciamo a muoverci per ritirarci sbuca fuori con le sirene una colonna di furgoni blindati. E ci dividono in due gruppi uno che va a Architettura e uno che resta a combattere.
Mentre la gente stava arrivando a Architettura e si era appena messa la bandiera rossa fuori sul pennone arrivano lí i carabinieri. Cominciano a caricare a sparare lacrimogeni e arrestano una decina di compagni. Noi ci difendiamo rispondiamo a sassate. Comunque nell’università non riescono a entrare. Sparano lacrimogeni dentro le finestre ma un gruppo di nostri la difende a sassate e non li lascia entrare mentre noi dentro ci riuniamo. Arrivano dei compagni e ci dicono che gli scontri a corso Traiano si erano allargati e proseguivano piú grossi. E che c’erano grossi scontri anche a Nichelino.
Anche a Borgo San Pietro anche a Moncalieri e in altri comuni di Torino sud dicevano le notizie c’erano scontri. In tutti i quartieri proletari si lottava. Fuori dall’università intanto aumentava la violenza delle cariche e della sassaiola. Lo scontro si estendeva nel viale nelle trasversali nei portoni. Granate sassi corpo a corpo fermi. Si decide di dividerci in diverse squadre d’intervento e di dirigerci verso i diversi quartieri della città in lotta. Per controllare anche fino a che punto gli scontri si erano generalizzati. Io sto con una squadra di compagni che andiamo a Nichelino. Per andare a Nichelino dovevamo passare per corso Traiano.
A corso Traiano c’arriviamo di nuovo verso le sei e mezza e vediamo un campo di battaglia incredibile. Era successo che stavano cominciando a tornare a casa gli edili e gli altri operai che abitavano nella zona. Che non avevano fatto lo sciopero che non sapevano un cazzo. Tornavano a casa e videro tutto sto fumo tutta sta polizia sta via piena di pietre di cose. Allora si unirono subito ai compagni e cominciarono a buttare materiale edile in mezzo alla strada a costruire barricate. Perché c’erano molti cantieri edili lí intorno e c’erano mattoni legna carriole quelle botti di ferro che c’è l’acqua dentro le impastatrici.
Tutto in mezzo alla strada mettevano e facevano le barricate con le automobili e poi incendiavano tutto. La polizia se ne stava lontana in fondo a corso Traiano verso corso Agnelli. Ogni tanto partivano per dei caroselli delle cariche. Sgombravano le barricate mentre la gente li riempiva di sassate e poi scappava via nei prati di fianco. Poi tornavano quando la polizia se ne era andata. Riportavano il materiale sulla strada e costruivano di nuovo le barricate con le tavole di legno e con tutto. Ci buttavano sopra la benzina e quando la polizia avanzava un’altra volta ci davano fuoco. E davano fuoco anche a dei copertoni che facevano rotolare infiammati contro la polizia. Si cominciavano a vedere sempre piú molotov.
Sulle barricate c’erano delle bandiere rosse e su una c’era un cartello con su scritto: Che cosa vogliamo? tutto. Continuava a arrivare gente da tutte le parti. Si sentiva un rumore cupo continuo il tam tam dei sassi che si battevano ritmicamente sui tralicci della corrente elettrica. Facevano quel rumore cupo impressionante continuo. La polizia non riusciva a circondare e a setacciare l’intera zona piena di cantieri officine case popolari e prati. La gente continuava a attaccare era tutta la popolazione che combatteva. I gruppi si riorganizzavano attaccavano in un punto si disperdevano tornavano all’attacco in un altro punto. Ma adesso la cosa che li faceva muovere piú che la rabbia era la gioia. La gioia di essere finalmente forti. Di scoprire che ste esigenze che avevano sta lotta che facevano erano le esigenze di tutti era la lotta di tutti.
Sentivano la loro forza sentivano che in tutta la città c’era una esplosione popolare. Sentivano questa unità questa forza realmente. Per cui ogni sasso che si scagliava contro la polizia era gioia neanche piú rabbia. Perché eravamo tutti forti insomma. E sentivamo che questo era l’unico modo per vincere contro il nostro nemico colpendolo direttamente coi sassi coi bastoni. Si scassavano le insegne luminose di pubblicità i cartelloni. Si scassavano e si tiravano giú attraverso la strada i semafori e tutti i pali che c’erano. Si cercava di fare barricate dappertutto con qualunque cosa. Un rullo compressore rovesciato gruppi elettrogeni bruciati. Mentre cominciava a fare buio e si vedevano dappertutto i fuochi in mezzo al fumo dei gas i lanci delle molotov e le fiammate.
Io non riuscivo ad avvicinarmi al centro della mischia dove si combatteva coi poliziotti. Già moltissimi compagni mi avevano preceduto arrivando da ogni parte. Non ci si vedeva per il fumo e c’era un grande rumore e confusione. Presto i poliziotti furono respinti verso il fondo di corso Traiano e molti dei nostri li inseguivano. I nostri e i poliziotti si fronteggiavano e lottavano all’inizio del prato. C’era un poliziotto per terra che si muoveva ogni tanto. Molti dei nostri inseguivano i poliziotti attraverso i binari del tram e c’era una grande nube di fumo nero che saliva dalle automobili che bruciavano. I nostri ci turbinavano intorno li si vedeva entrare nel fumo e uscirne e si sentivano molti scoppi.
C’era una grande confusione e di là. Quando arrivammo verso la fine del corso era già da un pezzo che si stavano scontrando anche lí a quanto sembrava. Ci imbattemmo in un compagno coi sangue che gli usciva dalla bocca e gli colava sulla spalla. Piú avanti ci imbattemmo in un altro compagno sanguinava e non si reggeva in piedi. Si rialzava e poi cadeva di nuovo a terra. Quando arrivammo quasi in fondo riuscii a vedere i poliziotti. Erano scesi dai furgoni e stavano tutti in gruppo con gli elmi e gli scudi.
Ci aspettavano e sparavano lacrimogeni. Ormai i nostri li avevano circondati da ogni parte. Sentivo che alcuni dei nostri gridavano: Se ne vanno. E vidi che molti poliziotti avevano preso paura e scappavano via. Dappertutto i nostri si misero a gridare: Ho Ci Min. Avanti avanti. Correvano avanti e l’aria si rabbuiava di polvere e di fumo. Vedevo i corpi che si muovevano intorno a me come ombre e il rumore di tutti quegli scoppi e delle sirene e delle urla era fortissimo. A un tratto vidi un poliziotto proprio davanti a me mi chinai e lo colpii col bastone. Il poliziotto cadde e andò a finire tra le gambe di quelli che correvano.
Alla fine tornammo giú per il viale e anche lí c’erano molti feriti. I poliziotti li avevamo spazzati via tutti. Eravamo tutti come pazzi di gioia. Rimanemmo ancora un po’ lí a aspettare e a un tratto vedemmo una fila di camion che arrivavano da una trasversale. Tutti si misero a gridare: Avanti avanti. E partimmo a dare la caccia ai poliziotti che ritornarono di corsa dove erano prima. Uno rimase colpito e noi lo inseguimmo colpendolo ancora. Poi ricacciammo i poliziotti in fondo alla trasversale da dove erano venuti.
Intanto continuano a sparare lacrimogeni dappertutto l’aria è sempre piú irrespirabile e ci dobbiamo ritirare. La polizia riconquista lentamente corso Traiano ma vengono continuamente erette barricate una dietro l’altra. La gente che viene presa è pestata a sangue e caricata sui cellulari. Molti poliziotti vengono picchiati. Intanto arrivano altri rinforzi alla polizia. Arrivano da Alessandria da Asti da Genova. Il battaglione Padova che era arrivato già dal mattino non era bastato. Ma lo scontro si estende sempre di piú. Si combatte con piú violenza di fronte alla palazzina Fiat in corso Traiano in corso Agnelli in tutte le trasversali. A piazza Bengasi dove la polizia fa cariche bestiali assurde di insensata violenza. Ma viene attaccata da due parti e sfugge per un pelo all’accerchiamento. Quasi viene catturato il vicequestore Voria. I compagni che ascoltano le radio della polizia dicono che hanno chiesto l’autorizzazione a sparare.

compagni rispondono alle cariche con continue barricate tra il fumo e gli incendi. Piccoli gruppi assalgono la polizia lanciano le molotov poi scappano nei prati al buio. Sempre risuona cupo il tam tam sui tralicci. Carcasse di auto sono in fiamme. Tutte le strade sono disselciate e una enorme quantità di pietre sono sparse un po’ ovunque. Sempre piú bestiale si fa man mano che passa il tempo il comportamento della polizia. Si sparano i lacrimogeni addosso alla gente e direttamente nelle case per impedire alla gente di uscire e di affacciarsi. E’ stato visto il vicequestore Voria che imbracciando il fucile lanciagranate intimava alla gente di ritirarsi dalle finestre. Poi arrivati altri rinforzi la polizia comincia a presidiare la zona. Piú tardi comincia a entrare nelle case proprio dentro le case nelle abitazioni a arrestare la gente a fare centinaia di arresti. Anche una vecchia che dà dello stronzo ai poliziotti è arrestata.
A piazza Bengasi continuavano gli attacchi e le sassaiole. La polizia ha ricevuto i rinforzi adesso non deve piú limitarsi a controllare solo Mirafiori come faceva prima facendo delle cariche di tanto in tanto per alleggerire la pressione. Adesso poteva controllare tutta la zona. Circondano piazza Bengasi entrano nei portoni rastrellano la gente fin dentro gli appartamenti. A mezzanotte gli scontri continuano sempre. Attorno a corso Traiano si sente gridare: Schifosi porci nazisti ai poliziotti che trascinano via la gente dalle case. Dalle finestre gridano: E’ come i rastrellamenti nazisti carogne.
Allora noi ci decidiamo di andare a Nichelino dove la battaglia continua anche lí da tutto il pomeriggio. Non era facile arrivare a Nichelino nel senso che non si poteva arrivare per la strada normale che era bloccata da una barricata di automobili incendiate. Cosí era bloccato il ponte di accesso al quartiere. Noi arriviamo per un’altra strada secondaria fin dentro il quartiere. Tutti quegli emigranti quelle migliaia di proletari che abitavano a Nichelino avevano costruito barricate dappertutto usando tubi di cemento. Avevano piegato i semafori li avevano buttati giú tutti in mezzo alla strada. Una enorme quantità di materiale dei cantieri edili stava messa in mezzo alla strada per fare le barricate che poi venivano incendiate.
Via Sestriere la strada che attraversa Nichelino è bloccata da piú di dieci barricate fatte con auto e rimorchi che bruciano con segnali stradali sassi legname. Nella notte bruciano grandi falò di gomme e di legname. Col legname di una casa in costruzione si fa un grande fuoco. Tutto il cantiere è in fiamme. I lampioni delle strade sono spenti a sassate e nel buio si vedono solo le fiamme. La polizia cerca di temporeggiare cioè cercava di farci stare per cazzi nostri non attaccava. Infatti attaccarono verso le quattro del mattino quando arrivarono i rinforzi. Quasi tutti gli operai erano stanchissimi era da piú di dodici ore che lottavano. Mentre quelli i poliziotti si davano il cambio.
Erano stati lí a aspettare davanti alle barricate a aspettare il mattino che arrivassero gli altri freschi a dargli il cambio. Noi eravamo tornati indietro a difendere coi sassi il ponte bloccato dalle macchine incendiate da dove i rinforzi dovevano passare. Ma eravamo rimasti in pochi a difendere il ponte eravamo rimasti una ventina. Poi le jeep e i camion dei rinforzi passarono per la strada secondaria dove eravamo passati noi arrivando e noi per non essere circondati dovemmo scappare via tutti. Da un camion erano scesi i carabinieri e ci inseguivano sparandoci addosso i lacrimogeni.
Fuggivamo tutti inseguiti dai carabinieri. A un tratto vediamo una fila di jeep che ci veniva incontro proprio davanti a noi. Non so come avevano fatto per arrivare li forse ritornavano da un giro d’ispezione. Le cose si mettevano male per noi. Allora tutti urlando ci lanciamo di corsa sui poliziotti lanciando le pietre e colpendoli sulle jeep finché non scapparono. Poi vediamo che i carabinieri ci stavano dietro e cosí ci voltiamo e partiamo all’attacco contro di loro. Ma dietro ai carabinieri arrivavano molti poliziotti. Perciò fummo costretti a scappare perché eravamo in pochi.
Ormai ero stanchissimo e scappavo come un disperato. Arrivai in un prato inciampai in un sasso e quasi persi una scarpa. Quando mi fermai per dare un’occhiata alla scarpa apparve un carabiniere che mi inseguiva da solo. Allora vidi che un compagno che scappava con me saltava addosso al carabiniere. Lottarono corpo a corpo e il carabiniere cadde a terra. A un tratto vidi un fumo in cima a una strada. Arrivammo in cima alla strada e di là si vedeva un largo viale e lo scontro che continuava. Non si riusciva a sapere chi vinceva. Tutto era cosí confuso. Io volevo solo fermarmi un attimo da qualche parte per cacare non ce la facevo piú.
Alcuni carabinieri ci attaccarono e io non riuscii mai a raggiungere il centro dello scontro dove ci si batteva piú duramente. Proprio in quel momento udimmo uno che gridava: Arrivano arrivano. Vedevo alzarsi una grossa nube di fumo in mezzo al viale e tutti correvano di qua e di là urlando. Allora tra il fumo apparvero i poliziotti sui loro furgoni blindati coi fari che illuminavano tutto intorno. Sembravano grossi e forti e sparavano tutti i lacrimogeni. C’era un cantiere di fianco al viale e lí un gruppo dei nostri si stava radunando. E compagno che era con me si avviò verso quel cantiere e io lo seguii.
Molti scappavano tutti insieme giú per il viale. Guardai indietro e vidi che tutti correvano e si sparpagliavano nelle trasversali. Quando raggiungemmo il cantiere c’erano già parecchi dei nostri. I poliziotti sparavano i lacrimogeni sopra le nostre teste e facevano cadere pezzi di legno e mattoni. Non potevamo piú vedere che cosa succedeva giú per il viale. Tutto era fumo e grida e scoppi. Il viale era oscurato dal fumo e dalla polvere e c’erano soltanto ombre e un grande rumore di grida e di sirene e di scoppi. Alla mia sinistra sentivo il rombo e le sirene dei furgoni dei poliziotti che risalivano il viale. Due molotov scoppiarono in mezzo alla strada.
C’era fumo e gas dappertutto e non si respirava. Poi i poliziotti scesero dai furgoni e corsero verso dove eravamo noi. Correvano in mezzo al fumo con le maschere e gli scudi. Mi trovai tra molti dei nostri che correvano di qua e di là e si sparpagliavano per le trasversali. I poliziotti ci inseguivano correndo e eravamo tutti lí mischiati nella penombra illuminata dagli incendi e nel grande rumore. Non riuscii a vedere molto ma una volta vidi uno dei nostri lanciarsi col bastone contro un poliziotto che era rimasto isolato e colpirlo piú volte.
Vedemmo dei poliziotti che venivano di corsa da una trasversale alla nostra sinistra. Noi tutti alzammo i bastoni e ci lanciammo di corsa addosso a loro nella penombra che ci aveva avvolto. Io mi imbattei in un poliziotto col casco e lo colpii. Quello gridò e cadde per terra con la testa in avanti. Dopo ritornammo tutti verso il viale. Dall’altra, parte del viale vedemmo un gruppo di nostri che si lanciava contro i poliziotti che tornavano verso i furgoni. I poliziotti scapparono subito e tutti li inseguimmo ricacciandoli in cima al viale dove avevano lasciato i loro furgoni coi motori accesi e coi fari che illuminavano la strada. C’era un poliziotto che alzava le braccia e gemeva. Vidi alcuni dei nostri che aiutavano un ragazzo a alzarsi. Vidi che era ferito e sanguinava dalla testa.
Con l’aiuto di altri rinforzi la polizia conquistava lentamente il terreno. Cominciava il rastrellamento casa per casa con metodi spietati brutali. Ma la gente non se ne andava. Operai e gente del quartiere si davano il cambio tutti erano ormai abituati ai gas lacrimogeni e continuavano a costruire barricate. Io con altri quattro o cinque inseguiti da una ventina di carabinieri arriviamo nel portone di una casa lo chiudiamo. Io mi arrampico sul muretto che c’era nel cortile e capito in un’officina. In questa officina c’era una scala. La salgo e capito sul tetto di questa officina. Tiro su la scala. Vedo gli altri compagni che stavano sul tetto di una casa di fianco a quella dove eravamo entrati.

I carabinieri erano intanto riusciti a sfondare il portone e cominciavano a entrare in tutti gli appartamenti. Io dal mio tetto li vedevo che uscivano fuori sui balconi li vedevo nelle rampe delle scale che salivano con gli elmetti e i fucili e li vedevo dopo un po’ che uscivano sui balconi degli altri appartamenti a cercarci. Svegliavano la gente nel letto e controllavano. Noi per un bel po’ rimanemmo lí non potevamo controllare se i carabinieri se ne erano andati o no. Poi delle donne della casa che ci avevano visti ci fecero segno che se ne erano andati ci chiamavano per dirci di scendere. Era quasi l’alba c’era un grande sole rosso bellissimo che stava venendo su. Eravamo stanchissimi sfiniti. Per questa volta bastava. Scendemmo giú e ce ne tornammo a casa.
NANNI BALESTRINI -“VOGLIAMO TUTTO”-

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Ancora dalla Grecia senza benza

31 luglio 2010 1 commento

Prosegue lo sciopero degli autotrasportatori greci: l’assemblea di ieri, al quinto giorno di blocco e dopo una giornata di scontri con la polizia contro il piano di precettazione, ha deciso di andare avanti con il blocco totale che sta mettendo in ginocchio il paese alle porte d’agosto.

Autotrasportatori in corteo ad Atene_ REUTERS/John Kolesidis

L’assemblea s’è conclusa con una manifestazione verso Syntagma, sede ateniese del parlamento greco. L’industria turistica, la solo che sembrava non aver ricevuto scosse telluriche da crisi economica, è frastornata da questo sciopero ad oltranza: 33mila camionisti non hanno ascoltato l’ordinanza di precettazione. La situazione per i turisti ha del comico: 100.000 serbi sono bloccati tra le località dell’Egeo e le isole lì difronte, mentre la maggiorparte delle migliaia di veicoli affittati dai vacanzieri girovaghi sono stati abbandonati sul ciglio delle strade, completamente privi di anche solo una goccia di carburante.

CINQUE EURO AL LITRO al mercato nero, se proprio si vuol viaggiare: la guerra è guerra come si diceva una volta e si sta tornando a dire.
Il governo greco, ormai rimasto senza più un capello in testa dallo stress, ha ordinato stamane l’impiego di camion cisterna dell’esercito per far fronte all’emergenza benzina e alimenti freschi.

Dopo gli scontri ad Atene, ieri sera è stata Salonicco la città invasa dalla rabbia dei lavoratori in sciopero: scontri in tutta la città si sono verificati contro le forze dell’ordine.

Grecia senza benzina

30 luglio 2010 Lascia un commento

Grecia bloccata…e non è una novità ormai.
Il bello è che quando succede il 30 luglio per quel paese è un dramma non da poco: ci sono migliaia di turisti già bloccati e molte cancellazioni in corso.

PHOTO /LOUISA GOULIAMAKI/AFP/Getty Images

Questa volta non è servito un sciopero generale per paralizzare il paese, ma è bastato uno sciopero dei camionisti che va avanti da cinque giorni a tenere i paese senza benzina e altri beni. Ieri diversi disordini e scontri si sono verificati ad Atene dove gli autotrasportatori avevano indetto una manifestazione di piazza contro le precettazioni: l’ordinanza di precettazione che il governo ateniese ha celermente emesso (una misura straordinaria a cui si fa ricorso molto raramente) non è stata minimamente rispettata e il blocco sembra voler continuare. Oggi è stato indetto dall’assemblea generale degli autotrasportatori un nuovo direttivo che deciderà se proseguire lo sciopero iniziato a causa dell’avvio di un processo di liberalizzazione delle licenze, che rientrerebbe nel grande piano di risanamento varato in accordo con il Fondo monetario internazionale e ovviamente con l’Unione Europea. Lo strozzinaggio internazionale legalizzato.

Che si tratti di studenti, di anarchici, di migranti, di portuali, di autotrasportatori o altri lavoratori, le piazze greche non cessano di urlare rabbia, di fronteggiare schiere di uomini in divisa, di tentare di riappropriarsi della dignità e magari pure del futuro.
AGGIORNAMENTI del 31 LUGLIO: QUI

BELLE che riescono…e altre che attendono!

30 luglio 2010 3 commenti

La fonte è sempre Macerie, eccellente sito dei compagni torinesi sui CIE. Eh si, le BELLE, le evasioni, ogni tanto riescono e la cosa riempie il mio cuore sempre di una gioia rara, il sangue di un calore e una velocità diverse. Ancora migranti in rivolta, migranti che fuggono, migranti che cercano di riappropriarsi della propria libertà e della propria vita.
Da oggi arrivano notizie dal CIE di Bari, dove durante una rivolta e un tentativo d’evasione in massa, sei persone sono riuscite a fuggire mentre gli altri si son scontrati con le forze dell’ordine: 18 arresti.
Ci riaggiorneremo su Bari tra un po’

Foto di Valentina Perniciaro (Erice'10) _Via libera!_

«Una cinquantina di extracomunitari questa notte hanno tentato di fuggire dal Centro Identificazione ed Espulsione (il Cie) del “San Paolo”. Un tentativo di fuga che ha subito richiamato l’attenzione delle Forze dell’Ordine e dei Militari del Battaglione “San Marco”. Inevitabile lo scontro.
Secondo la prima ricostruzione dei fatti compiuta dalla Questura di Bari, i rivoltosi, dopo aver sfondato le porte d’ingresso di tre settori destinati a moduli alloggiativi, sono giunti all’esterno dell’area ricettiva impugnando spranghe di metallo divelte dalla recinzione esterna della struttura. Ne è nato uno scontro con alcune unità della Polizia di Stato, dell’Arma Carabinieri nonché Militari del BTG “San Marco”.
L’intervento degli uomini in servizio nella struttura, subito affiancato da altre unità di rinforzo di Polstato, Carabinieri e Guardia di Finanza fatte giungere tempestivamente, ha consentito di contenere il tentativo di fuga. Solo 6 ospiti magrebini sono riusciti ad allontanarsi scavalcando le cancellate poste a protezione della struttura.
Una trentina di extracomunitari, invece, hanno raggiunto il tetto della struttura, lanciando oggetti contundenti, pezzi di metallo e bottiglie piene di acqua, all’indirizzo delle Forze dell’Ordine.
Durante gli scontri undici militari del reggimento “San Marco” e due Carabinieri, hanno riportavato lesioni, con prognosi variabili tra 3 e 15 giorni. Inoltre, sono rimasti feriti, durante il tentativo di fuga e nello scavalcamento della recinzione alta circa 5 metri, 6 cittadini extracomunitari ospiti della struttura, uno dei quali con trauma cranico con riserva di prognosi ed altri 5 soggetti con lesioni variabili tra i 5 e 35 giorni.
A conclusione degli scontri 18 cittadini extracomunitari, trattenuti presso il C.I.E., sono stati arrestati con l’accusa di devastazione, saccheggio seguito da incendio, resistenza, violenza e lesioni a pubblici ufficiali.» da Barilive

(Non appena avremo qualche notizia di prima mano di questa grossa sommossa – alcune agenzie parlano pure di due auto della polizia andate distrutte -, dei feriti e degli arrestati, ve le gireremo. Intanto riascoltatevi l’intervista ad Ammar, che giusto la settimana passata ci raccontava della situazione che si vive dentro al Centro barese)
macerie @ Luglio 30, 2010

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Che il Cie di Gradisca fosse un colabrodo, lo si sapeva già da tempo. Ma questa volta si può dire che i reclusi gliel’hanno fatta veramente sotto il naso, alle guardie del Centro. Approfittando del fatto che, per punizione, erano stati chiusi a chiave nelle celle, e che la porta non veniva aperta neanche per portare il cibo, alcuni di loro si sono messi tranquillamente al lavoro per praticare un bel buco nel soffitto. Da lì, hanno provato a scappare in 20: purtroppo ci sono riusciti solo in 9, però…
…però mentre la polizia era fuori dal Cie a caccia di evasi, dopo alcune ore dalla prima evasione, altri 3 sono riusciti a scavalcare il muro e a far perdere le proprie tracce! Proprio sotto il naso delle guardie, appunto. Con gran divertimento di chi non è riuscito a scappare e che, evidentemente, sa che la prossima volta potrebbe essere quella buona.

Leggi l’articolo del MessaggeroVeneto di oggi, 29 luglio 2010.
«Sei immigrati clandestini sono riusciti a fuggire, in pieno giorno, dal Cie di via Udine. Un bilancio ancora ufficioso considerando che, a ieri sera, erano ancora in corso sia gli accertamenti interni sia le ricerche nella campagna limitrofa alla struttura da parte delle forze dell’ordine. A quanto si è potuto apprendere, l’ennesimo tentativo di fuga di massa dal centro di identificazione ed espulsione isontino sarebbe scattato nel primo pomeriggio, poco dopo le 15, coinvolgendo circa una ventina di immigrati, riusciti a raggiungere il tetto della struttura forzando alcune grate in ferro posizionate sul soffitto di una camera. Un’azione fulminea che, sfruttando il mancato ripristino dei sistemi elettronici di sorveglianza (telecamere e sensori di passaggio a infrarossi erano stati pesantemente danneggiati nel corso della rivolta della scorsa settimana), avrebbe consentito ai clandestini di cogliere inizialmente di sorpresa le forze dell’ordine impegnate nel servizio di vigilanza. Nel corso dell’azione sei immigrati sarebbero riusciti a scavalcare le recinzioni esterne e dileguarsi nei campi retrostanti al Cie mentre per altri ospiti della struttura di via Udine il sogno di libertà si è infranto proprio a un passo dalla meta, grazie all’intervento delle pattuglie di vigilanza, riuscite a bloccarli proprio mentre stavano scavalando il reticolato. Un’altra decina di clandestini, invece, avrebbe desistito facendo autonomamente ritorno nelle camerate.»

macerie @ Luglio 29, 2010
CORRISPONDENZA CON IL CIE DI BARI EFFETTUATA DA RADIO ONDA ROSSA: ASCOLTA

Gli scontri di Via Triboniano

21 Maggio 2010 Lascia un commento

Il campo di Via Triboniano

Posto qui sotto un comunicato del Comitato Antirazzista Milanese dopo i fatti di Via Triboniano e la giornata di scontri e resistenza attiva che hanno portato avanti i rom del campo che le forze dell’ordine volevano sgomberare.
Non si sono fermati davanti a nessuno, hanno pestato tutti quelli che si trovavano davanti e sapete quanti bimbi ci sono dentro i campi rom delle nostre città: una bimba sembrerebbe esser rimasta particolarmente ferita e aver riportato la frattura del braccio.
Balordi.
Ma qui la fila di balordi è lunga, a partire dal Comune di Milano, che nemmeno ha voluto incontrare una delegazione di rappresentanti di associazioni milanesi per i Diritti Umani.
Loro fanno muro, un muro razzista e vergognoso: fortunatamente dall’altra parte questa volta hanno trovato fiamme e barricate, sassi e rabbia
Scriviamo questo comunicato sull’onda degli avvenimenti accaduti in via Triboniano nelle ultime ore  per fornire l’esatta descrizione dei fatti dopo che un’autentica ridda di falsità alimentata da mass media e forze politiche ha cominciato a circolare.
Iniziamo col dire che i rom di via Triboniano sono usciti dal campo poco dopo le 16 per  raggiungere i mezzi pubblici e andare al presidio di Piazza della Scala di fronte a
Palazzo Marino, sede del consiglio comunale.
Il presidio, deciso nell’assemblea pubblica tenutasi domenica 16 maggio, era stato  comunicato alle autorità competenti (Questura di Milano) già lunedì mattina, prima via telefonica,  avendone un riscontro positivo, di seguito via fax.
Dopo circa 500 metri  di via Barzaghi , che collega il campo rom al piazzale del cimitero maggiore, uno sbarramento di polizia e carabinieri ha fattivamente impedito ai rom
di andare a prendere il tram 14, unico mezzo di comunicazione per raggiungere il centro città.

L’intento di ps e carabinieri, evidentemente istruiti dalle forze politiche che alimentano da tempo la SOLUZIONE FINALE  per i rom di Triboniano, era quella di impedire
in tutti i modi di raggiungere il presidio: era soprattutto di impedire di rendere pubblica la proposta politica che questi avevano formulato.
Fuori dai luoghi comuni sui rom parassiti e approfittatori, la richiesta era e resta molto chiara: tramite i fondi europei stanziati per le comunità rom e gestiti dal Comune ( fino ad ora utilizzati solo per funzione di controllo dei rom e per ingrassare la miserabile gestione caritatevole di alcune associazioni cattoliche) si chiede la concessione di aree abbandonate
dentro il territorio del comune di Milano, autorecuperabili a costo zero,  e garantendo la continuità scolastica ai bambini.

un fotogramma degli scontri

Una proposta troppo intelligente (e in fin dei conti persino moderata) per i razzisti che stanno nel consiglio comunale di milano e che si annidano anche tra tante associazioni, cattoliche e/o democratiche: tutti pronti ad alimentare la parossistica immagine dei rom disadattati, criminali e stupidi, manovrati da un gruppo di sobillatori di professione, cioè i compagni e le compagne del comitato antirazzista di milano.

Dopo l’opposizione agli sgomberi di giovedì scorso, tutti i mezzi di comunicazione hanno pompato a dismisura questa immagine, creando le condizioni per giustificare la rappresaglia di Polizia e Carabinieri, che oggi ha potuto scatenarsicon una gragnuola di colpi mirati a chi voleva andare a prendere un tram. A tale violenza è stata opposta una resistenza straordinaria: all’attacco razzista e annientatore  si è  risposto con l’attacco a mani nude, pietre, bombole, barricate; per ben tre volte la polizia ha dovuto arretrare scomposta, e solo dopo aver lanciato decine di lacrimogeni e aver scagliato un blindato contro i rom, è riuscita a sfondare e a farsi largo.
Nel frattempo l’intera zona veniva isolata : i pochi, (troppo pochi) solidali accorsi che hanno avuto la dignità di non voltarsi dall’altra parte mentre veniva consumato l’ennesimo pogrom razzista, sono stati tenuti a più di un chilometro di distanza, mentre arrivavano ambulanze e decine di altri blindati, e già cominciava a girare la versione ufficiale: “una
manifestazione non autorizzata è stata dispersa dai celerini che sono stati proditoriamente attaccati dai rom”.
Credono di fermare la lotta con manganellate e menzogne? Pare proprio di no.
I rom rilanciano. La lotta va avanti:


Domenica ore 15:00 assemblea cittadina
al campo rom di via Tiboniano.

Comitato Antirazzista Milanese – 20 maggio 2010

All’attenzione dell’assessore Mojoli
All’attenzione del sindaco Moratti

Oggetto: piattaforma rivendicativa delle comunità rom di via Triboniano

Lo sgombero dei campi di via Triboniano, preannunciata dalle autorità locali a partire dal 30 giugno è un ultimatum inaccettabile così come le proposte che ci ha fatto la Casa della Carità che gestisce i campi dal 2007 sulla base del Patto per la Legalità e la Solidarietà.
Un Patto razzista che siamo stati costretti a firmare sotto la minaccia dello sgombero che è avvenuto il 17 giugno 2007. Lo sgombero ha infine coinvolto oltre 100 famiglie, costrette a rifugiarsi prima in Bovisa e in Bacula, venendo nuovamente sgomberate (2008 e 2009), con conseguenze devastanti per oltre 400 persone
Le barricate di giovedì 13 maggio sono quindi il frutto di una decisione collettiva che siamo stati costretti a prendere di fronte alla prospettiva di finire anche in mezzo alla strada, senza alcuna soluzione accettabile per le oltre 100 famiglie residenti, con quasi 200 bambini regolarmente inseriti a scuola.

La piattaforma che segue è stata votata dall’assemblea dei quattro campi di via Triboniano:

1) Cessazione degli sfratti delle famiglie residenti sulla base dell’applicazione del Patto per la  Legalità che è ormai da considerare nullo
2) Individuazione di soluzioni abitative alternative ai campi, che garantiscano a tutti i nuclei  famigliari residenti un’abitazione degna e il rispetto di tutti i diritti umani e politici sanciti dalla legislazione internazionale
3) Salvaguardia della continuità scolastica per tutti i bambini inseriti a scuola
4) Destinazione dei fondi stanziati sulla “questione Triboniano” per garantire eventuali lavori  di ristrutturazione delle abitazioni (manodopera a nostro carico) e per istituire corsi di
formazione e di avviamento al lavoro.
5) Riconoscimento del consiglio di via Triboniano come unico organismo deputato a  sviluppare trattative con le istituzioni preposte e a gestirne gli esiti.

L’accettazione della piattaforma qui esposta è condizione necessaria e sufficiente affinché tutti i nuclei famigliari abbandonino via Triboniano volontariamente e in maniera pacifica

I rom di via Triboniano
Milano 20 maggio 2010