Archivio
BUUUUM! Il Duka sugli scontri del 14 dicembre’10
MO IO NON SO UNA CHE DI SOLITO “AMMIRA L’ESTETICA” COME SCRIVE ALLA FINE IL DUKA,
MA QUESTA PAGINA M’HA FATTO SORRIDERE, NON POSSO NEGARLO!
Buumm! Sembra la festa di Fuorigrotta! Però questa volta le bombe di carta non scoppiano per festeggiare santi, ma solo le porchemadonne di chi sta pagando la crisi. Bumm! Buuum! BUUUUM! Uomini e donne attaccano i blindati e danno fuoco alla città indorata per gli acquisti natalizi. Buumm! Dopo Atene anche a Roma bruciano gli alberi di Natale!
Poco prima, nel preciso momento in cui dal palazzo filtravano notizie sulla scandalosa fiducia, si frantumava il mito di un popolo civile che protesta civilmente. Dove qualcuno tifava per un 25 luglio, si è aperta la strada di un 25 aprile. Buumm!
Lo scenario è cambiato in un botto. La parola è passata alle piazze. E mentre i media facevano retromarcia urlando alla guerriglia criminale, il reale ha squarciato il reality show. Buumm! Il sito di Repubblica impallidisce terrorizzato: dov’è finito il popolo educato dell’anti-berlusconismo? Dove sono andati i vostri immaginari bravi ragazzi? Buum!
Ci sono sedicenni con magliette azzurre e la scritta “Napoli ti seguiremo ovunque” che dopo aver lanciato i sacchi dell’immondizia fanno scoppiare petardoni in stile Terzigno. C’è uno sbarbato che ha tirato fuori dallo zainetto una picozza d’alpinista e ora sta sfasciando i vetri di una camionetta della finanza. Ragazze in passamontagna e felpa nera sfondano bancomat e telecamere. Punkettini in adrenalina recuperano sampietrini dal selciato. Ultras delle curve fanno girare le cinte di cuoio davanti alle guardie. Militanti di piccoli collettivi di periferia si buttano sui celerini con la loro bandierina rossa, spinti in missione da una forza interiore. Un liceale piccoletto con il casco in testa cammina come un robottino caricato a molla, avanza da solo verso gli scudi dei poliziotti. Un pezzo di legno in mano e gli occhi spiritati. Buum Buumm!
Piazza del popolo non c’è più. Buum Buumm! Gli sfigati, i soliti ignoti, occupano la scena. Da Londra all’Italia le fiamme illuminano la strada maestra. Il sapere non è più la sacra icona da difendere, ma è una mostruosa arma con cui fare male al nemico. È l’intelligenza collettiva di organizzarsi nello spazio metropolitano, di rendersi imprendibili, di farsi sciame e di attaccare nei punti migliori. Buum! Buum!!
Ci sono i rappresentanti della brigata Monicelli, erano in 2000 sul red carpet, ora sono solo in otto su via del corso, eppure si fanno sentire lo stesso. Sono guidati da un ciccione venticinquenne che fa lo sceneggiatore precario, i capelli lunghi e biondi alla Gérard Depardieu. Da novello Danton con il megafono in mano comizia: “La speranza, come diceva Monicelli, è solo una trappola dei padroni. Una presa in giro per noi giovani senza futuro, siamo noi che viviamo sulla nostra pelle le conseguenze umilianti di leggi modellate sui privilegiati.”
Una fiumana di gente subisce una carica, lo sceneggiatore si mette in mezzo alla via e con la sua mole blocca gli studenti impauriti. “Non scappiamo, non vi accalcate uno sull’altro. Piano! Piano! Andate piano.” E’ la prima volta che fa scontri eppure ha il senso di responsabilità di un generale napoleonico. Si sente di guidare uno spezzone piccolo ma importante di questo movimento, i lavoratori del cinema italiano. In un momento di pausa, in un attimo di calma, tra le nuvole dei lacrimogeni, grondando sudore, riappoggia le labbra al megafono, alza la testa verso il cielo, chiude gli occhi e urla: “La linea discriminante non corre più tra violenza e non-violenza, ma tra violenza dei governi, della polizia, delle banche e dall’altra parte la nostra forza costituente.”
Dove qualcuno tifava per un 25 luglio, si è aperta la strada di un 25 aprile. Buumm!
Chi sono? Chi sono? Sono tutti giovani. Gente mai vista! Sono radicali nei comportamenti, infuriati in piazza. Hanno afferrato la questione alla radice: o si trasforma tutto, o la crisi la pagheremo noi. Buum! Buum!! BUUMM!
Sommerso dalla baraonda mi sento preso da un sogno, e così al posto di scroccare la solita canna, al Danton con il megafono gli chiedo: “Che c’hai un sercio?” Non ce n’erano più di serci, né di pietre, né di bastoni o legnetti, niente di niente, tutto era già stato lanciato. Allora ho alzato lo sguardo insieme alle migliaia di persone di piazza del Popolo. Una colonna di fumo nero, un’enorme colonna alimentata da un blindato in fiamme, s’alzava all’imbocco di via del Babbuino. C’è stato un momento di silenzio, poi un gran boato di gioia. Esattamente come qualche giorno prima ai piedi del Big Ben londinese. La stessa scena ad uso consumo degli obbiettivi dei telefonini, per abbellire una pagina di Facebook con uno storico ricordo. Momenti che passano attraverso la stretta apertura del presente ed entrano indelebili nella memoria collettiva.
Forse non serve a niente attaccare d’inverno il palazzo, ma ogni tanto è bello vedere che l’ordine è messo sottosopra. Buum! Buum!
Non facciamo scempio di questo bel gesto compiuto proprio mentre dentro quello stesso palazzo se ne svolgeva un altro immondo, con le carogne in giacca e cravatta che si rubavano il portamonete a vicenda.
I lacrimogeni scoppiano a ripetizione, i blindati fanno caroselli, la piazza piano a piano si svuota, inizia la caccia all’uomo. I ragazzini vengono massacrati per terra. Corro via insieme a un tipo anziano bell’allenato “Faccio due ore di spinning al giorno nella palestra del mio quartiere.” mi dice “Per questo sono qui, quelli della mia età non ce la fanno più a reggere uno scontro, altrimenti sarebbero venuti.” Io e il pensionato vediamo un nugolo di poliziotti che s’accaniscono con i manganelli sulla faccia di uno studente già sdraiato per terra “ Nel 1968 a Parigi” mi dice lui “ Il prefetto aveva invitato le forze dell’ordine a non commettere violenza inutile perché rimane nell’occhio di un ragazzo che la vede. E non passa più.” Ecco, i processi della memoria riaffiorano ancora. A Genova non sfondammo la zona rossa. A Roma l’abbiamo varcata. Nel 2001 abbiamo lottato separati. Adesso siamo rimasti uniti. Allora i diciottenni scapparono perché non si attendevano l’inferno, oggi i diciottenni sono quelli che incitano gli altri a non scappare più.
Eppure il 14 dicembre non è la cura. Il 14 è solo il sintomo. Adesso bisogna dire stop alle contrapposizioni tra buoni e cattivi, chi c’era e chi non c’era. Cercare di non dividere, anzi sforzarsi di unire. Questo è un punto da tenere fermo. Un corpo sociale in grave sofferenza si esprime con rabbia contro chi l’ha condannato al male. Noi sosterremo sempre la spontaneità e la furia, ascolteremo il rombo di quelle acque. Ci caleremo dentro. Ma sappiamo anche che senza un corso in cui incanalarsi, senza argini tra i quali correre, l’acqua non forma più un fiume, ma solo una palude. Non dobbiamo fermarci al sintomo, ma trovare la cura. Andare oltre il momento della negazione. Serve il collegamento tra le lotte, serve organizzarsi, servono alleanze, servono saperi adeguati.
E’ vero, il fatto che si sia riaffacciata la metafora dell’assedio non fa capire nulla della natura del potere. Ma quando si innalza il livello dello scontro, non c’è niente oltre al “no future”.
È un non-senso bruciare le macchine, d’accordo, le banlieues ce l’hanno insegnato, ma per avere un senso si deve far crescere una consapevolezza comune.
Ma oggi non ci mettiamo a recriminare o a trovare ragioni politiche da una parte e dall’altra.
Per una volta proviamo ad andare oltre al No future, per una volta ammiriamo l’estetica.
Buumm! Buumm! BUUUMMM!
Vauro e il Manifesto si autocensurano: E FANNO BENE!
Il giorno dopo gli scontri di Piazza del Popolo, quel giornale ormai da molto illeggibile e reazionario qual è il Manifesto,
ha pubblicato in prima pagina una vignetta di Vauro sconcertante per la sua infamia.
Malgrado già da molte ore girassero notizie che il “ragazzo con la pala” era un manifestante, un giovanissimo compagno mandato al linciaggio mediatico,
il vignettista tanto caro alla sinistra salottiera confermava la teoria complottarda dell’infiltrato con la sua vignetta.
GIovanni Santone con la faccia di Kossiga e , l’ “infiltrato” di Piazza del popolo con quella di Maroni.
UNA VERGOGNA!
Una vergogna che Vauro poteva almeno smentire: innegabile la sua genialità e capacità ironica, quindi poteva avere il buon gusto di scusarsi.
In più, cosa ancora più comica, sul sito del Manifesto la vignetta non compare…
di solito dopo 48 ore vengono archiviate tutte in rete, mentre quella manca.
Menomale che hanno inventato gli scanner, perchè almeno quest’infamata di Vauro in rete ce la mettiamo uguale.
E magari la prossima volta che lo incontriamo in piazza ci ricordiamo di ricordarglielo!
Ed ora anche sul blog di Insorgenze un articolo a riguardo!
Terzo dicembre greco!
Siamo a quota tre…è il terzo dicembre che piove benzina di molotov dai cieli greci, è il terzo dicembre che una generazione si scontra con la polizia, per ore ed ore, quasi quotidianamente.
Oggi è stato il settimo sciopero generale ravvicinato, una giornata campale per la piazza che ha ripetutamente attaccato la polizia dopo il voto in Parlamento che ha fatto passare la pesante manovra di austerity riguardante il mondo lavorativo del paese.
Tagli terrificanti sugli stipendi degli impiegati pubblici per una media del 26% , riduzione quasi totale degli indennizzi di licenziamento, l’allargamento delle forme di flessibilità: il paese è veramente in ginocchio.
La piazza è bella, è forte, è travolgente, è così poco accondiscendente!!
Centomila persone hanno marciato oggi ad Atene e altre migliaia a Salonicco, con scontri anche in questa seconda città dove il bilancio delle 6 del pomeriggio parlava di un solo manifestante ricoverato per le ferite riportate e di 18 fermi.
Gli arresti di Atene invece, sono veramente tanti.
Oggi per Keratea, in Attica, è la terza giornata di proteste contro la costruzione di una nuova discarica : la rabbia dei cittadini oggi ha conquistato almeno un temporaneo stop dei lavori deciso dal tribunale del luogo. Un probabile contentino dato alla popolazione per non togliere agenti da Atene e cercare di calmare un po’ gli animi: la scorsa settimana i reparti anti-sommossa erano stati letteralmente spazzati via dalla gente del posto a colpi di bastoni, pietre e bottiglie molotov. Il giorno dopo alcuni spari dalle colline vicine si sono avvicinati ad alcuni agenti.
Come me piace ‘sta Grecia, sempre di più!
Notizie sui fermati! AGGIORNAMENTI!
Che giornata ieri per questa città!
E che mattinata oggi, dietro quel mixer, con i telefoni impazziti e la voglia di parlare che prendeva un po’ tutti.
Roma ieri, come ha scritto un blog che adoro, ha vissuto un po’ di Novecento.
Una piazza Statuto degli studenti, dei precari, dei giovani rabbiosi spesso giovanissimi!
Che dire.
Io, sono contenta.
Tra poco verrà pubblicato sul sito il lungo filo diretto di questa mattina dai microfoni di radio onda rossa.
ORE 15.35_ altra notizia che ribalta tutto. “Cambio di strategia della procura di Roma per la maggior parte degli arrestati per gli scontri avvenuti ieri nel centro storico. La procura ha deciso di farli giudicare per direttissima e domani mattina compariranno dinanzi al giudice. Tutti i fermati sono accusati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni. Il primo atto sarà, comunque, l’esame della legittimità dei fermi. Al termine dell’udienza, per gli indagati, tutti incensurati, potrebbe prospettarsi, a seconda delle singole posizioni, la custodia in carcere, gli arresti presso il domicilio, l’obbligo di firma, la rimessione in libertà. Il procuratore aggiunto Pietro Saviotti ha spiegato i motivi del cambio di rotta della procura: «Inizialmente avevamo deciso di non procedere in modo sommario con la direttissima del giorno dopo – ha dichiarato – optando per l’acquisizione di informative e dei verbali di arresto e chiedendo approfondimenti agli investigatori». «Successivamente la procura – ha aggiunto – valutate l’incensuratezza di tutti gli arrestati e la loro età, ha proceduto a circoscrivere le condotte di cui ciascuno deve rispondere. La mancanza dell’esigenza di ulteriori approfondimenti, salvo nuove risultanze, ha indotto la Procura a chiedere il giudizio direttissimo per la maggior parte degli arrestati. Nei prossimi giorni si valuteranno eventuali ulteriori fatti che dovessero emergere dagli approfondimenti investigativi»
PER QUALCHE ORA E’ STATO DETTO IN DIRETTA E SCRITTO ANCHE QUI CHE TUTTI I FERMATI ERANO STATI TRADOTTI A REGINA COELI: LA NOTIZIA E’ STATA SMENTITA POCO FA (ORE 17) DAGLI AVVOCATI. SONO ANCORA TUTTI IN QUESTURA. ANDRANNO DIRETTAMENTE DOMANI A PIAZZALE CLODIO!
Presumibilmente sarà convocato un presidio a Piazzale Clodio per domani dalle 9.00 in poi.
SOLIDARIETA’ A TUTTI I COMPAGNI FERMATI.
per i continui aggiornamenti ascoltate Radio Onda Rossa.
Intanto da un paio d’ore il centro d’Atene è scosso dagli scontri esplosi durante l’ennesimo sciopero generale di 24 ore, proprio nel giorno del voto in parlamento della manovra di austerity che prevede una radicale rivoluzione nel mercato lavorativo.
La media dei tagli sugli stupendi sarà del 26%.
Bruciasse quest’Europa, bruciasse pure. Sarebbe ora!
Diario haitiano: la prima puntata
Qua e là scriverà il caro Michele, ma io aggiornerò questo blog ogni volta che mi invierà pezzi del suo “diario di bordo”.
Sì dai, proviamo a chiamarlo così, perchè quando si “naviga” per la prima volta in “mari” come quello che può esser in questo periodo l’universo Haiti le giornate fuggono veloci ed emozionanti, i brividi rendono spezzettata la capacità di ordinare i racconti, la voglia di non perdersi nulla rende la quotidianità affannosa e stancante (so’ invidiosa, è palese!)
Magari ci proverò io al posto suo a tenere ordinate le pagine di un racconto, che per qualche settimana ci parlerà di Haiti dopo un anno dal terremoto, Haiti dopo la devastante alluvione, Haiti con l’epidemia di colera, Haiti e i suoi scontri -iniziati solo ieri- del post elezioni.
A Port-au-Prince e ovunque metterai piede, con te!
La rivolta di Haiti, per i risultati delle elezioni…
di Michele Vollaro, da Port-au-Prince
La rabbia degli haitiani è scoppiata ieri sera, subito dopo l’annuncio dei risultati elettorali. Quello che tutti a Port-au-Prince e nelle altre città di Haiti temevano si è purtroppo concretizzato: Jude Celestin, il candidato del partito del presidente Preval ‘Inite’ (Unità in creolo) è stato ammesso al ballottaggio con il 22% dei voti insieme alla costituzionalista Mirlande Manigat, che avrebbe ottenuto il 31% delle preferenze. Escluso per poco meno di 7000 voti il cantante Michel Martelly, che nei giorni scorsi aveva affermato che non avrebbe mai riconosciuto una vittoria al primo turno di Celestin o di andare al ballottaggio insieme a lui.
Subito dopo l’annuncio della Commissione elettorale provvisoria (Cep), i sostenitori di Martelly hanno cominciato a erigere barricate in tutta la capitale, a cominciare dal quartiere di Petionville dove si trova la sede della Cep.
Per tutta la notte a Port-au-Prince si sono uditi spari, un vociare continuo, rulli di tamburi e le sirene della polizia. Quando è sorto il sole, dai tetti delle case poste più in collina il paesaggio era quello di decine di fumi neri che si innalzavano da più punti della città, i copertoni che bruciano nelle barricate erette nelle strade. Di quando in quando echeggia il rumore di spari e l’odore acre dei copertoni bruciati e dei gas lacrimogeni lanciati dalla polizia si diffonde un po’ in tutta la città. Tutte le attività sono bloccate, mentre è fortemente consigliato restare in casa.
Stamattina la polizia ha prima disperso una manifestazione organizzata a Champs de Mars, intorno al palazzo presidenziale, la costruzione caduta su se stessa durante il terremoto del 12 gennaio e immagine simbolica del potere e dello Stato in questa repubblica. In seguito, i manifestanti si sono recati davanti la sede di ‘Inite’ appiccandovi un fuoco che ha distrutto gli uffici, mentre in tutta la città i cartelli elettorali rappresentanti Jude Celestin sono stati staccati e dati alle fiamme.
Nel primo pomeriggio il presidente Preval ha diffuso attraverso la radio nazionale un messaggio lanciando un appello alla calma.
Tuttavia, sembra che i manifestanti – diretti in un primo tempo di nuovo verso la sede della Cep a Petionville – si stiano dirigendo verso la casa del presidente, in un quartiere fuori dalla città. Voci, tutt’altro che confermate e legate molto probabilmente all’agitazione che regna in città, riferiscono addirittura che il presidente sarebbe pronto per lasciare l’isola.
Nel frattempo, notizie di manifestazioni e scontri in altre città del paese si susseguono. A Cap Haitien, nel nord, una persona sarebbe morta dopo essere stata raggiunta da un colpo di pistola e altre due ferite; a Mirabelais, da dove sarebbe partita l’epidemia di colera e dove si trova accampato il contingente di caschi blu nepalesi, almeno tre persone sarebbero rimaste ferite. Manifestazioni sono in corso anche a Gonaives, nel nord, e a Les Cayes e Jacmel, nel sud.
In una simile situazione, in cui l’ambasciata degli Stati Uniti ha affermato la sua preoccupazione “per risultati elettorali che non rispecchiano la volontà espressa dagli haitiani attraverso il loro voto”, mancano invece dichiarazioni, commenti o appello di uno qualsiasi dei 18 candidati che si sono affrontati alle elezioni presidenziali del 28 novembre.
Ed è ancora più impressionante che a scatenare la rivolta degli haitiani sia stata la comunicazione dei risultati elettorali.
Risultati con ogni probabilità frutto di brogli ed elezioni descritte da quasi tutti gli osservatori come caratterizzate da gravi irregolarità.
Elezioni che gli haitiani hanno inteso come una sorta di referendum sulle attività dell’attuale presidente Preval. Ma a undici mesi dal terremoto, metre quasi un milione e mezzo di persone vive ancora nelle tendopoli sorte un po’ ovunque nella città, in condizioni igieniche e di sicurezza inimmaginabili, costretti a usare l’acqua dei torrenti immondi che attraversano la città per lavarsi e dove la notte diventa teatro di violenze, rapimenti e stupri impuniti e impunibili, è impressionante pensare che la rivolta sia legata a un risultato elettorale, anzichè all’inumanità delle condizioni in cui le persone sono costrette a vivere.
Due anni dall’assassinio di Alexis: scontri ad Atene
Sono già due anni che è stato ucciso Alexis, 15enne ucciso da un colpo sparato senza motivo da un poliziotto… e le strade dell’Ellade lo stanno ricordando. Una lunga rivolta blocco la capitale per 20 lunghe giornate e nottate; la rabbia di quell’assassinio senza senso ha fatto tremare la Grecia; il suo assassino è stato da poco punito con una condanna all’ergastolo. Questo blog, oltre ad aver visitato quelle piazze e quella rabbia, ha seguito costantemente in questi due anni, le vicende di quelle strade…
Diciassette le città del paese che hanno chiamato alla mobilitazione oggi, massiccia, in un paese che in questi ultimi due anni è stato più in piazza che dentro le proprie case.
Atene ha avuto una prima manifestazione di studenti questa mattina alle undici (stessa ora più o meno di quella di Salonicco), mentre la polizia aveva già annunciato 21 ore di speciali restrizioni alla circolazione nel centro di Atene, divieto che si estende (chissà poi perchè, eheheh) anche al parcheggio e alla sosta di qualunque tipo di veicolo in una mappa dettagliata che ci viene fornita da Occupied London, sito da cui seguo, dalla morte di Alexis, le vicende greche.
Già da domenica il quartiere di Exarchia ad Atene, dove è stato ucciso il giovane studente e “roccaforte” del movimento anarchico e studentesco, era completamente blindata da una massiccia (davvero più del solito) presenza di forze dell’ordine in assetto di guerra, che hanno arrestato 4 persone per motivi non ancora molto chiari.
Per quanto riguarda la giornata di oggi la situazione è ancora calda: la manifestazione annunciata alle 4 di oggi ha iniziato ad essere caricata prima di partire, quando alcune facoltà universitarie sono state completamente circondate dalla polizia. Scontri si registrano già dalle 14, appena dopo la fine della manifestazione studentesca che è stata abbastanza tranquilla, tranne il fitto ma innocuo lancio di arance contro la polizia e alcune vetrine rotte in via Stadou. Il corteo pomeridiano possiamo dire che non è stato fatto partire, migliaia di persone sono riversate nelle strade da ore ma la polizia circonda diversi gruppi ed ha attaccato molte volte i vari concentramenti. Nemmeno mezzora fa si aveva notizie di scontri e molotov a Syntagma, parlamento greco, e di una grossa manifestazione con sconti ripetuti con i reparti speciali davanti alla facoltà di Legge, non molto distante da lì.
Cerchiamo aggiornamenti..a tra poco.
L’ultimo appuntamento della giornata è il più ad alto rischio: alle 21 ad Exarchia, nel luogo dell’omicidio
MPATSI, GOURUNIA, DOLOFONI
Grecia: scarcerato Alfredo Bonanno e strane ferite sui manifestanti
Novità nel processo contro Alfredo Bonanno e Christos Stratigopouls, gli anarchici italiano e greco arrestati nell’ottobre 2009.
Alfredo Bonanno, di 73 anni, era imputato di concorso in rapina a mano armato, ma questa mattina è stato rimesso in libertà dopo il processo di Larissa: dopo un primo momento di detenzione a Amfissa, ora si trovava nel carcere ateniese di Koydallos. Condannato a 4 anni, con una riduzione a due, è stato scarcerato in quanto maggiore di 70 anni e quindi incompatibile con le condizioni di prigionia. Il suo coimputato, accusato anche di aver materialmente compiuto la rapina contro la banca di Trikala, dalla quale erano stati prelevati 47.000, è stato condannato a 8 anni e 9 mesi.
Invece è di qualche giorno fa la pubblicazione di alcune fotografie che lasciano quantomeno con un senso di allarme nello stomaco. Gli scatti, che vi posto in questa pagina sono delle gambe di uno dei manifestanti al corteo di commemorazione della rivolta degli studenti del Politecnico di Atene contro il regime dei colonnelli, che ne portò all’inizio della caduta definitiva, il 17 novembre 1973 . Un corteo che s’era svolto in larga parte senza troppi incidenti, malgrado la proclamazione del codice rosso per le forze dell’ordine e i reparti speciali schierati in 7000 solo ad Atene. Davanti all’ambasciata americana, dopo un po’ di tafferugli c’è stato un fitto lancio di lacrimogeni e di granate assordanti, molto usate nelle piazze ateniesi.
Quello che invece non s’era mai visto sono questo genere di ferite e l’appello dei compagni e di dare informazioni, qualora qualcuno sapesse di che genere di armamento parliamo!

Tortura in Grecia
Malgrado i 7000 agenti, malgrado l’allarme mutato ieri da arancione a rosso, malgrado le tonnellate di carta sprecata dietro a due ordigni artigianali che hanno rotto qualche vetro, l’imponente manifestazione prevista per oggi, anniversario della rivolta studentesca contro il regime dei Colonnelli del 1973, è andata benissimo.Solo piccoli incidenti di poco conto nella piazza finale del percorso, sotto l’ambasciata americana, dove ogni anno si usa terminare questa manifestazione: il terrorismo dei media di stato non è servito a criminalizzare questa giornata, solo a blindarla.
Quello che mi interessa molto sottolineare però, sempre dalla Grecia è una notizia venuta alla luce oggi, ma che noi denunciamo da molto tempo.
Parliamo di TORTURA ai danni di prigionieri, migranti e non.
Parliamo di condizioni di detenzione inaccettabili, di membri degli apparati di stato e forze dell’ordine che violano la dignità e il corpo delle persone arrestate.
Settanta pagine, infondo non ne servono tantissime, di accuse pesantissime dal CPT -Comitato per la Prevenzione della Tortura del Consiglio d’Europa- verso la Grecia. L’ultimo rapporto va solamente a rafforzare e se è possibile a peggiorare i tre precedenti redatti in questi anni a partire dal 2001: è un atto d’accusa molto grave contro le autorità greche e la loro ignavia davanti alla segnalazione di abusi così gravi. 
Alcuni esempi riportati nelle settanta pagine ci lasciano sgomenti: un uomo in stato d’arresto che viene minacciato di stupro e una volta portato in caserma viene spogliato e tenuto completamente nudo a braccia e gambe aperte piegato su un lavatoio mentre uno sbirro simula una penetrazione anale dietro di lui. E qui parliamo di uno stato di fermo in un carcere normale, in una caserma: figuratevi cosa può succedere in quei luoghi dove nessun occhio entra a guardare, dove solo i migranti vengono chiusi, in condizioni di sovraffollamento cronico e in condizioni igienico sanitarie lontane anni luce dall’esser accettabili.
In più, a conclusione del report, il Cpt chiede fermamente di porre fine alla pratica più che usata delle ispezioni vaginali ai danni delle detenute: è scritto che possono esser condotte in casi assolutamente eccezionali e comunque n condizioni che rispettino l’integrità fisica e la dignità umana della persona ( mi piacerebbe saper come).
Grecia: domani è l’anniversario della rivolta del ’73. Un comunicato da Salonicco
Questa mattina Atene e Salonicco si sono svegliate con diverse esplosioni di piccoli ordigni di fattura artigianale. Sedi di partiti, veicoli comunali ed alcuni edifici sono stati colpiti e nel quartiere di Exarchia risultano date alle fiamme alcune macchine.A Salonicco è il partito di centrodestra ND NuovaDemocrazia ad aver subito un attacco alla sua sede, che ha causato solamente la rottura delle finiestre. Domani sarà l’anniversario della rivolta degli studenti del Politecnico, che nel 1973 porterà all’inizio della caduta dei Colonnelli. Atene è ovviamente blindata: più di 7000 uomini (quasi un migliaio più dello scorso anno) dei reparti speciali sono stati fatti arrivare per una manifestazione che è stata già marchiata col bollino rosso: il primo anniversario della rivolta in piena austerity, con un paese piegato ed esausto.
Staremo a vedere, fianco fianco coi compagni greci!
TO DROMOS!
Nel frattempo posto la traduzione di un comunicato che gira dalla scorsa settimana in rete, a firma della radio anarchica Radio Revolt, data alle fiamme dai fascisti il 9 di questo mese!
Comunicato di Radio Revolt, Salonicco, Grecia
Martedì 9 novembre intorno alle 11 di sera e mentre nel vagone di radio Revolt c’erano 5 compagni, una squadra di 20-25 fascisti, ha compiuto un
attacco. Armati di manganelli , martelli, legni e coltelli, hanno buttato tre molotov all’interno del vagone e hanno provato a chiudere la porta.
La reazione dei compagni è stata immediata, hanno preso i travetti, si sono liberati e sono usciti fuori rispondendo all’attacco. Si sono sentiti i
loro soliti, affatto fantasiosi slogan, sono state lanciate pietre, ma nonostante ciò, i compagni sono riusciti a reprimerli rincorrendoli fino
alle moto.![]()
Intanto il fuoco era già fuori controllo e anche se l’intervento di tutti quelli che sono accorsi, ha limitato i danni nel vagone, è stato distrutto il suo interno. Nella più ampia zona delle università sono arrivati 6 camion dei pompieri, che sono stati bloccati dalla polizia, che ha preteso di accompagnare i camion dentro l’università, cosa che non accettiamo affatto. Allo stesso tempo, e mentre la corrente restava collegata, minacciando con un ulteriore pericolo la gente che spegneva il fuoco, il rifornimento d’acqua è stato tagliato (2 volte) dal servizio idrico. Ovviamente non aspettavamo che si immischiasse il sistema statale per salvarci perché l’azione è stata realizzata proprio grazie a questo sistema statale.
In particolare dalle 3 di pomeriggio, tutto intorno alle università pulsava di poliziotti: almeno tre squadre nella (chiusa) ΔΕΘ (Fiera internazionale di Salonicco), moto a gruppi di quattro che si muovevano nella piazza fino a via A. Dimitriou, e sicura presenza (di caschi) davanti al palazzo dello sport, poco dopo l’attacco.
Come è già stato dimostrato i fascisti non sono in grado di realizzare una simile azione senza aiuto: i loro motorini hanno rotto indisturbati il
cerchio dei motori dei poliziotti intorno alle università. (Capiamo facilmente che abbiamo un’altra azione sotto l’attacco generale a parti radicali della società. Un attacco che si può aspettare sotto il socio-economico accordo che governa l’Ellade.)
Passiamo un periodo in cui il governo cerca con le unghie e con i denti di far stare a galla il paese, condanna alla disperazione la maggior parte della popolazione, col risultato che vengono fuori nuovi, e si aggiornano i poli già esistenti di azione radicale. In questo periodo, il sistema di terrore, sceglie di intensificare la repressione usando ogni mezzo a sua disposizione. Il suo scopo è prevenire che ogni singola persona, la collettività, i gruppi, vadano contro le nuove misure, lo stato, il sistema. Cerca di difendersi in questa generale effervescenza che prevale nell’Ellade.
Tutto questo rende complesso l’intero quadro di martedì. Fascisti si sono mossi (criminalmente) in una radio anarchica autorganizzata, avendo alle
spalle la polizia, la quale con un doppio ruolo nasconde la loro fuga e intralcia l’intervento dei pompieri. I princìpi universitari “alzano le
mani in alto”, mentre i mass media di regime parlano di episodi ad AΠΘ (Aristotelica università di Salonicco), di incidenti di bande, nascondendo
e deformando l’evento.
Il vagone è bruciato, ma radio Revolt continua. 20 minuti dopo l’interruzione della trasmissione, la stazione è tornata, in FM e su internet e naturalmente il flusso continua normalmente e aggressivamente.Il vagone tornerà a funzionare per portare avanti il progetto della stazione. Ogni autore dell’attacco di martedì ci troverà davanti, pronti a rispondere ad ogni tentativo di chiudere la bocca all’anti informazione, di sostenere azioni sovversive e di far avanzare idee sovversive. In più, ogni attacco del genere, oltre ad aggregare altri intorno a noi, come ci è stato dimostrato dalla pratica solidarietà che abbiamo immediatamente ricevuto, non solo non ci fa paura, ma ci provoca rabbia.
Polizia, tv, neonazi, tutti i mostri lavorano insieme.
Ci troverete davanti a voi.
Libertà per i precari BROS arrestati!
NESSUNO OSI RIBELLARSI!?
Libertà per i precari Bros arrestati!
13 precari del progetto Bros arrestati dopo un autentico pestaggio, otto reclusi nel carcere di Poggioreale e cinque attualmente ai domiciliari, sono l’ennesimo bilancio allucinante di chi pensa di gestire la crisi sociale con la repressione e il manganello. E’ francamente inaccettabile! Di chi è la responsabilità se non uno straccio di progettualità e di futuro si intravede per le migliaia di precari formati in questo progetto: è delle istituzioni locali e nazionali o di chi protesta e lotta per i suoi diritti!? Di chi è la responsabilità se la regione Campania sa parlare solo di tagli ai beni essenziali? Se l’avviamento pubblico al lavoro è diventata una barzelletta, se la disoccupazione in città raggiunge cifre astronomiche e viviamo in un paese dove il welfare è ormai inesistente!?
“Briganti o Emigranti”, sembra questa, ancora una volta, l’unica possibilità prevista da chi detiene le leve del potere. Mentre la speculazione divora centinaia di milioni di euro con la cosiddetta “emergenza rifiuti”, mentre la raccolta differenziata che produrrebbe
tanti posti di lavoro è sistematicamente boicottata. In questa situazione è semplicemente vergognoso il comportamento di Questura e Prefettura che cercano di offrire uno sfogo alla crescente insicurezza sociale muovendo guerra ai ceti subalterni, a chi non accetta l’umiliazione della marginalità e si batte per i propri diritti.
E’ indecoroso il facile populismo securitario che ritroviamo spesso sui media, incapaci invece di incalzare una classe dirigente che gestisce la crisi economica contro i più deboli. E’ preoccupante il tentativo di affermare teoremi giudiziari che affrontano le lotte popolari come un fenomeno criminale!
A tutti i precari e i disoccupati, agli studenti che non hanno più una scuola pubblica, ai lavoratori senza diritti, alle famiglie senza alcuna
protezione, ai cittadini che vedono il proprio territorio avvelenato,
a chi non riesce ad arrivare alla fine del mese: usciamo dal silenzio, ribelliamoci! E’ la sola possibilità che abbiamo!!
Ai sinceri democratici chiediamo di prendere finalmente parola contro l’ennesima svolta autoritaria.
Giovedi le realtà dell’autorganizzazione sociale, dei sindacati di base, degli studenti, dei comitati civici per i beni comuni, del mondo del lavoro, dei precari saranno in piazza in occasione dell’udienza di Riesame degli arresti per rivendicare la libertà dei 13 precari, la fine della repressione contro le lotte sociali, la liberta di Tonino, altro compagno colpito da un’autentica persecuzione repressiva e giudiziaria.
Giovedì 11 novembre ore 9.30 piazza Mancini
Corteo contro la criminalizzazione delle lotte sociali
Movimenti napoletani
BRESCIA MAY DAY
Brescia May day! May day!
Da settimane i migranti bresciani sono in mobilitazione permanente contro la sanatoria truffa che dopo aver aperto una speranza di regolarizzazione ha sbattuto le porta in faccia ai tanti e tante costretti alla clandestinità da leggi disumane come la Bossi- Fini e il Pacchetto Sicurezza targato Maroni. Proprio da Maroni arriva l’ordine perentorio di stroncare la protesta: distruggendo i presidi che si erano organizzati e costringendo sei persone a salire su una gru a 35 metri di altezza dove stanno dal 30 ottobre. Ma la follia sanguinaria di chi gestisce l’ordine pubblico non si è fermata neanche di fronte a questo gesto di disperata determinazione e alla imponente manifestazione di massa tenutasi sabato scorso: questa mattina all’alba hanno scaricato la loro violenza sui presenti al presidio provocando decine di feriti e oltre 30 persone in stato di fermo.
Brescia lancia l’allarme rosso e Roma risponde convocando un’assemblea cittadina per questa sera alle ore 19.00 presso il Volturno con lo scopo
di (auto)organizzare la nostra solidarietà attiva, quella di tutte le realtà ed i singoli impegnati quotidianamente nella battaglia per i
diritti per tutti/e.
Siamo tutt@ clandestin@
Antirazzisti e antirazziste roman@
QUI POTETE ASCOLTARE LE CORRISPONDENZE DI QUESTA MATTINA DI RADIO ONDA ROSSA: 1– 2 – 3
FRANCIA: lo sciopero infinito!
LO SCIOPERO INFINITO
originale in francese http://nantes.indymedia.org/article/22087
traduzione da http://www.urgence.splinder.com/
TRADUZIONE DI ANUBI D’AVOSSA LUSSURGIU (mooooolte grazie)
E’ qualcosa di scontato. Il Partito dell’Ordine spera, con tutte le sue forze, di farci tornare a casa. Sindacati e governo riusciranno ad accordarsi. Lassù, almeno. Essi contano senza dubbio sull’attrazione fatale che avrebbe per noi l’insidiosa percezione del vuoto nel quale abbiamo così perfettamente disimparato a vivere e a lottare. In questo si sbagliano. Noi non torneremo a casa; noi che non ci sentiamo a casa da nessuna parte. Se c’è un solo spazio che abbiamo sentito come abitabile, è all’interno dell’evento grazie al quale viviamo, nelle intensità che si disegnano. In funzione, soprattutto, dei mezzi che ci sapremo dare. È qualcosa di scontato. Un processo insurrezionale si rinforza a misura che le evidenze le quali, ai suoi occhi, compongono la realtà, divengono impercettibilmente delle verità lampanti agli occhi di tutti. Se il capitalismo è una menzogna universale, la forma della sua negazione, inversamente, sarà quella di una pluralità di mondi, mescolati solidarmente alle verità che vi si legano. Le parole attraverso le quali una situazione si rende leggibile a sé stessa ne determinano direttamente le forme e lo spirito. Le oggettivazioni forzate non possono arrivare a conoscerne che, al massimo, i suoi contorni indecisi. La diversità delle analisi, provengano esse dal lessico sociologico o da quello del radicalismo militante, propagano di concerto un’identica confusione: quella dell’apologia asmatica o del pessimismo interessato. A tutti loro manca quel minimo di senso tattico attraverso il quale un discorso trova una reale leggibilità, un vero Comune, il solo che possa liberare i possibili aperti dalla situazione. E anche di scartare come altrettanti fantasmi gli scoraggiamenti programmati. La lama di questa voce risiede nella scelta delle parole come nella positività del loro orientamento. Per elevare l’intelligenza strategica degli avvenimenti in corso un primo gesto si rivela necessario. Quello di situarsi, di orientarsi. Parlare da qualche parte: non da un semplice punto di vista, ma da un partito.
1. Fin dall’inizio, ed è uno dei suoi meriti, il movimento ha preso le cose alla radice. Blocco economico generalizzato, organizzazione deliberata di una paralisi totale, rifiuto dei compromessi e delle negoziazioni. Così ha reso semplicemente effettive delle parole d’ordine abitualmente condannate all’attesa angosciata o al simulacro. Lo sciopero si è materializzato dentro dei corpi, delle determinazioni. Ed è per questo che è potuto apparire come una vera minaccia. In questo il movimento, dal punto di vista delle pratiche sociali messe in campo, si situa al di là di un semplice movimento sociale. In questo esso partecipa già di un processo insurrezionale. Ecco il nostro punto di partenza.
2. Facciamo una constatazione: non resta niente, oggi, dell’antico movimento rivoluzionario. E mentre questa rivelazione sembra conficcarsi sempre più nei meandri di un cittadinismo soddisfatto, noi possiamo avere, in certi momenti, la sensazione di un vuoto. Questo vuoto, bisognerà abitarlo. E farne una possibilità.
3. Una singolare supersitizione affetta, in Francia, una grande maggiornaza di corpi per altro così rigidamente laici: la credenza, tanto tenue come apparentemente incrollabile, nella realtà del “movimento sociale”. La sua debolezza consiste in questo: è una credenza nella quale nessuno ha più fede. Essa non fa che logorarsi, di “vittoria” in “sconfitta”, di ripresa sporadica in rinuncia finale, per infine consumarsi del tutto. L’oggetto di questa credenza non è altro che l’eredità di un naufragio: quella del movimento operaio classico. Questo non è stato sconfitto dal Capitale, come ha sottilineato Mario Tronti, bensì dalla Democrazia. Non è stato vinto sotto la forma di un pericoloso oggetto esterno: la democrazia lo combatteva dall’interno. Questa illusione pesa in modo ancora più forte perchè non è riconosciuta, da noi che combattiamo.
4. Un movimento si definisce negativamente in funzione dei suoi limiti. Il suo terreno d’azione è infatti circoscritto da ciò al di là del quale non vuole andare. La sua finitezza programmata lo condanna a non essere altro che l’isterico scongiuramento di una fine prevista. La sua vita stessa è guidata da un’unica idea, quella di una fuga in avanti sempre più disperata per ritardarne la conclusione, che ne era il suo motore. La sua fine è spaventosa perché non è null’altro che la sua morte. Una temporalità separata dal corso della Storia. Non ha vocazione a durare. È sempre da riprendere, laboriosamente, dall’inizio, a partire dal nulla stesso. Partendo da qui, non potremo far altro che ricominciare sempre di nuovo e non apprendere mai niente. Poiché non resta che niente. Chiusa la parentesi.
5. Ma la vera azione non resta sospesa alla tristezza di questo canovaccio, non vi è nessun “ritorno alla normalità”. Vi è, in compenso, la persistenza di un processo rivoluzionario, con le sue fasi di accelerazione e i suoi rallentamenti sotterranei. Agli occhi di tale processo non esiste che un solo tempo. Un tempo nel quale non si dimentica nulla di ciò che non è successo. Vi sono, dunque, due campi: da un lato, quello di coloro che hanno intenzione di mettere in atto uno sciopero totale, un blocco irreversibile della circolazione dei flussi, dall’altro, quello dei crumiri e degli sbirri. La totalità dello spazio sociale è sottoposta a questa crudele divisione. 6.È nella misura in cui uno sciopero riconosce di partecipare a tale processo che esso resta uno di quei rari momenti in cui persiste una trasmissione di esperienze. Non si vuole affatto commemorare delle lotte passate, bensì rammentarle: ovvero ricordarle di nuovo. E questo, non solo per la memoria stessa, ma per la noncuranza di un mondo indaffarato a organizzarne l’oblio.
7. Occorre prestare attenzione al fatto che il campo in cui si esprime una situazione non sia esso stesso minato. E questo è il nostro caso. Gesto preliminare: disertare quello spazio preparato in modo che una cosa, un evento, venga considerato in quanto cosa. Una cosa non è mai per sé. Poiché nulla esiste al di fuori dalla comprensione che ne abbiamo. Potrebbe accadere che, a forza di usarlo, il vocabolo stesso di “movimento sociale” non cerchi di designare nient’altro che una impotenza. Operazione semantica operata da un certo tipo di sociologia. Accettare ciò significa paralizzare ogni elaborazione strategica e ogni intelligenza collettiva. Il fatto è che la stessa sociologia è stata interamente socializzata. Questa inquina ogni discorso con la sua ossessione per il calcolo statistico. Permettendo così solo una laboriosa oggettivazione del reale in categorie deprimenti. Ma ciò che forma i nostri mondi resta irrimediabilmente fuori dalla sua portata. Le nostre amicizie, per la sociologia, non sono altro che valori aberranti. L’ignoto non verificabile delle loro equazioni. L’infinito di uno sciopero.
8. Saint-Nazaire. Dei cortei sindacali sfociano sistematicamente in scontri che durano molte ore. Delle sassaiole eroiche e delle barricate erette con estrema rapidità. “Sarkozy, te lo mettiamo in culo” intonano in coro. Allo stesso tempo un tribunale viene preso a sassate da gruppi di rivoltosi. Un amico allora disse: “È bello vedere una città sollevarsi contro la sua polizia.”
9.Il senso della vera lotta non è tra le classi, tra il Capitale e il Lavoro, ma tra partigiani raggruppati in funzione del loro culto patologico del lavoro o del loro semplice disgusto. Da ora in poi non vi sono che quelli che vogliono ancora lavorare e quelli che non lo vogliono più.
10. Un’inquietante omertà regna all’interno del movimento. Questa consiste in un disconoscimento di ciò che gli eventi in corso non smettono di mostrare: l’espressione di un doloroso rifiuto del lavoro. Occorre comprendere che la posta in gioco non è solo una protesta localizzata contro un prolungamento del tempo di lavoro ma una piena condanna di come, ovunque, viene vissuto il lavoro. Come una calamità. E quest’ultima getta sul lavoro un discredito senza equivoci. É l’ombra della morte quella che vediamo profilarsi. È questo “furto di energie” che ammalia coloro che ne sono vittima. Assistiamo all’agonia del mondo classico del Lavoro, un’agonia che trascina con sé la figura che vi si collegava, quella del Lavoratore. Rovinando così la confortevole intimità che questi era riuscito a stabilire con il suo stesso male. Nel momento in cui il lavoro è vissuto sempre più come un prolungato supplizio, degli specialisti ufficiosi cercano ancora di determinare la soglia oltre cui diventerebbe intollerabile.
11. La politica classica si è costruita su molteplici assiomi presentati, da lei stessa, come insuperabili. Il principio di governamentalità, ovvero l’organizzazione di un bisogno sociale in virtù del quale «occorre che le cose siano governate», senza il quale tutto ricadrebbe inevitabilmente nel caos. E poi c’è quello del lavoro che, come un ricatto, non afferma niente di più che «occorre vivere bene», senza condizioni e in qualsiasi modo. Riguardo a ciò, una stretta solidarietà unisce l’apparente diversità delle concezioni politiche e delle paure paniche che a queste si collegano. E che derivano, in fin dei conti, da una stessa antropologia anemica. Da un lato, il progetto cibernetico di una governance generalizzata, e dall’altro, l’ideale anarchico di un auto-governo paradisiaco. Mito del pieno impiego a favore di uno sviluppo durevole e favola autogestita di un lavoro libero, suddiviso in modo egualitario. Da una parte e dall’altra troviamo la stessa disposizione alla gestione manageriale di ciò che costituisce la vita, un identico accanimento nel reprimere la parte migliore dei nostri istinti. Un eguale obiettivo di regolazione disperata. Mobilitazione e Precettazione Totale designano, con uno stesso movimento, l’ideale etico e pratico della militanza più contestataria e del potere che questa finge di combattere.
12. Ritorno di questo paradosso: la contestazione di una riforma resta la prerogativa dei riformisti più avanzati. Muoversi nel calcolo di un avvenire al punto di perdere ogni presente, ogni presenza. Schizofrenia, per esempio, dell’anarco-sindacalista che codifica, a partire dal presente, la posterità della rivoluzione, legiferando sul dopo. Ora, legiferare sul doposignifica già dimenticare il tempo dell’adesso. Vuol dire perdere l’invincibile necessità di un presente che ci manca e per il quale siamo in sciopero. Lo spessore di un tempo che non potrà essere ridotto alla banalità di una tabella cronologica. La prevedibilità di un avvenire sarà sempre in guerra con la destinazione invisibile di un presente. La programmazione di un futuro farà sempre rima con l’impossibilità di un qui ed ora. «Produrre del tempo libero» in favore di una migliore gestione del tempo di lavoro, ecco ciò che offre il più sospetto degli utopismi. Opporre una certa quantità di lavoro morto all’apertura di un possibile operarevivente non fa che gettare un po’ più di discredito sui fautori di questo ottimismo. Non esiste un lavoro qualitativamente diminuito da una sottrazione quantitativa della sua durata. Non esiste una durata del lavoro, poiché il lavoro è la durata, il tempo subìto.
13. Il discorso mediatico s’ingegna ormai a parlare dello sciopero come se si trattasse di una branchia della scienza metereologica. Ci s’inquieta della scarsità di benzina come dell’imminenza di una canicola; si evocano le sommosse dei liceali alla maniera di improvvise nevicate; si chiacchiera a proposito dello sciopero come si farebbe di precipitazioni problematiche. Così, come fanno tutti dopo la pioggia, ognuno impreca su queste previsioni. «Che ricada su chi fa i blocchi la furia popolare». Ma, ovviamente, non funziona. Presentare ogni sera, oltre l’instancabile bollettino d’informazione, tutto il “malcontento”, le “prese in ostaggio”, i “disperati della pompa di benzina”, come si trattasse di turisti prigionieri delle inondazioni in India o di minatori cileni persi nel fondo della miniera, si rivela essere una strategia molto precaria da parte del potere.
14. In un mondo in cui la circolazione dei flussi si estende a livello globale, il partito del blocco, che è del resto quello dell’insurrezione, non può logicamente sperare di vincere se non tesse, anche a livello globale, le solidarietà necessarie alla sua durata. Il suo campo d’azione non conosce limiti. Così come l’estensione e la portata delle sue pretese.
15. Barcellona, 29 settembre 2010. Una giornata di sciopero generale. Una giornata per dieci anni di rumoroso silenzio. Ciò che si pensava di aver accuratamente rinchiuso nel ghetto di un milieu «anti-sistema», al limite osservabile da una periferia sotto controllo, si risveglia, di nuovo si illumina, e finalmente si infiamma. Dieci anni di democrazia socialista alla fine non sono stati all’altezza di quarant’anni di fascismo. L’ordine che quel giorno è stato sabotato aveva in effetti l’aspetto irreale di un falangista impaurito. Tutti si sono ritrovati in strada, a forza di getti di pietre e di vetrine infrante. E quando la polizia è stata messa in fuga le risate e gli applausi la hanno quasi inseguita.
16. Di nuovo il risorgere dei casseurs. Non c’è nessuno, tuttavia, che potrà essere ancora ingannato da questa figura retorica. Tutto questo clamore non commuove più molta gente. Solo l’UNEF ( Unione nazionale dei sindacati degli studenti francesi) e l’Unione Francese dei Vecchi Combattenti gli si mostrano ancora sensibili. Di che si tratta, allora, oggi? Si potrebbe parlare di un certo ritorno, del nostro ritorno: ritorno della violenza operaia, ritorno della violenza dei ragazzi nelle strade, ritorno della violenza degli “anziani”, che tirano le pietre fuori dalle loro tasche per offrirle ai giovani come fosse un omaggio a quello che non hanno smesso di desiderare. Questa frase, di un vecchio uomo di Lione ai giovani rivoltosi che incontra: «vi diamo le pietre che non possiamo più lanciare». Tutto ciò che è stato così perfettamente dimenticato riappare oggi con la violenza del rimosso. La magia legata alla figura del casseur non sembra più molto efficace dal momento che il banlieusard, l’immigrato, l’anarchico, in breve colui che è al-di-fuori,non vuol dire più granché. Poiché di quale esteriorità, di quale margine si potrebbe seriamente discutere, in un mondo che non conosce più alcun fuori? La questione della violenza non si pone più: essa s’impone a tutti.
17. Infatti, le pratiche di rivolta che continuano a disseminare il movimento meriterebbero di essere riconosciute come un’altra forma, più specifica e più sorprendente, di blocco economico. Una paralisi completa dei centri delle città attraverso il susseguirsi incontrollabile di molteplici giornate di scontri e di saccheggi. I Groupes d’Intervention de la Police Nationale (GIPN) in armi, di fronte a folle disarmate. Da tutto ciò occorre imparare una lezione: la strategia del blocco economico non può dissociarsi in alcun modo dall’imperiosa necessità di annientare e/o di sconfiggere la totalità delle forze di polizia.
18. Non ci si pone mai solo all’interno di un movimento, ma anche in rapporto, di fronte e forse anche contro di esso. Contro quello che, al suo interno, mantiene un’inconsistenza. Il riflusso del suo vuoto e della sua disperazione. Si tratta di mettersi in contatto con le condizioni materiali e affettive che ci legano a questo mondo. Di rendere non solo impossibile ma anche indesiderabile ogni ritorno alla normalità. Per questo occorre costruire una cartografia di ciò che ci lega: flussi, poteri, affetti, logistica e approvvigionamento. Acquisire, sul filo delle amicizie cospirative, i saperi insurrezionali attraverso cui sconfiggeremo questo mondo. Abbiamo appena appreso le prime lettere dell’abecedario della sedizione. Sappiamo come paralizzare le raffinerie, i depositi petroliferi, le autostrade, i porti. Lasciar riempire le strade di rifiuti per farne delle barricate. Rompere le vetrine che riflettono la nostra assenza. Le domande che si impongono potrebbero dunque essere: come bloccare, definitivamente, le centrali nucleari? Come convertire lo sciopero in diserzione? Come nutrirsi, curarsi, amarsi, senza lasciare questo mondo in pace.
“La sola salvezza per i vinti è quella di non aspettarsi nessuna salvezza”
Francia, 27 ottobre 2010
IO VIAGGIO DA SOLA!
Le Ferrovie dello Stato hanno lanciato una campagna promozionale per tutto il mese di ottobre: la definiscono “Offerta shocking”.
In effetti siamo rimaste davvero shockate quando abbiamo letto che le donne potranno viaggiare gratis solo se accompagnate e con famiglia al seguito!
Adesso Basta, IO VIAGGIO DA SOLA!
Non abbiamo bisogno di essere accompagnate, siamo libere di muoverci e vogliamo welfare per poterlo fare!
ATTENZIONE DONNA IN TRANSITO!
GIOVEDì 28 OTTOBRE STAZIONE TERMINI, BINARIO 6-8
SENTIRETE UN FISCHIO E UNA COMUNICAZIONE
TORINO: 3 giorni contro le espulsioni

Giovedì 21 ottobre
Ore 21.00 – “Come inceppare la macchina delle espulsioni: esperienze di lotta a confronto”
Venerdì 22 ottobre
Ore 21.00 – “Assemblea sulle lotte contro la costruzione di nuovi Cie”
Sabato 23 ottobre
Ore 12.00 – Presidio a Porta Palazzo
Ore 21.00 – “I muri e le guerre della Fortezza: macchina delle espulsioni ed industria bellica”
Domenica 24 ottobre
Ore 16.00 – Presidio al Cie di corso Brunelleschi
Tutte le assemblee si terranno presso El Paso occupato in via Passo Buole, 47 – Torino
Portati il sacco a pelo!
Per informazioni:
next2010.noblogs.org / next2010@autistici.org / +39.331.33.66.237
SCIOPERO DEL LAVORO NERO tra Napoli e Caserta
IERI DALLE 5 DI MATTINA ALLE 18 LE ROTONDE TRA NAPOLI E CASERTA SI SONO FERMATE…NIENTE CAPORALI A CARICAR SCHIAVI!
UNA GIORNATA IN CUI S’E’ RESPIRATA UN’ARIA NUOVA, DI RIBELLIONE E DIGNITA’.
IL LORO COMUNICATO E QUALCHE IMMAGINE, IN ATTESA DI SAPERE COME ANDRA’ LA MANIFESTAZIONE DI OGGI.
Oggi si è fermato il mercato delle braccia in Campania! Si sono fermati migliaia di migranti costretti a lavorare in nero principalmente in edilizia e in agricoltura con paghe sempre più basse (ormai anche sotto i 20 euri a giornata) e condizioni di sicurezza inesistenti. 
E tantissimi hanno deciso di metterci la faccia contro il lavoro in nero e la discriminazione, scendendo in piazza con cartelli e volantini in quegli stessi luoghi dove ogni giorno caporali e padroncini reclutano i propri Kalifoo (lett. “schiavo a giornata”).
Lo sciopero dei “Kalifoo” si è così palesato nei principali siti del lavoro nero (almeno venti in tutta la provincia di Napoli e di Caserta), da Casal di Principe a Baia Verde (Castelvolturno), da Villa Literno a Licola, Afragola, Scampia, Quarto, Caivano, Qualiano, Marano, Villaricca e Giugliano…. Con il supporto sul campo degli antirazzisti campani.
Un evento per certi aspetti storico, perchè mai prima d’ora in Campania (e in Italia), gli immigrati sfruttati in nero avevano scioperato così massicciamente, decidendo coraggiosamente di mostrarsi, col rischio di rappresaglie dei caporali o di compromettere il rapporto di lavoro con il padroncino di turno.
Una scelta fatta per rivendicare diritti e dignità, salario e sicurezza, a partire da quel permesso di soggiorno senza il quale è impossibile sfuggire ai ricatti e molto spesso trasforma le vittime in colpevoli: sono clamorosi infatti gli effetti della
cosiddetta “direttiva Maroni contro il lavoro nero”, che invece di colpire i caporali e lo sfruttamento, si è tradotta in retate di massa contro i lavoratori immigrati!
Regolarizzazione, allargamento dell’articolo 18, recepimento coraggioso della direttiva europea sull’emersione del lavoro nero: sono tanti gli strumenti possibili ma finora elusi da un governo attestato su posizioni ideologiche e repressive. Per non parlare della condizione sempre più precaria dei tantissimi che in Italia sono rifugiati o hanno chiesto protezione umanitaria.
Lo sciopero di oggi dice a tutti che il lavoro immigrato in Campania non è solo quello di colf e badanti e chiede una presa di posizione decisa di tutti gli attori sociali e politici veramente democratici. In un territorio devastato dal lavoro nero come da una piaga secolare, i migranti hanno dato a tutti, anche agli autoctoni, un segnale di coraggio importante! Allo stesso modo bisogna rispondere: basta repressione, basta leggi xenofobe, si alla regolarizzazione e ai diritti!
La mobilitazione continuerà domani con il corteo a Caserta insieme alle iniziative che si tengono in tutta italia e che termineranno il 15 ottobre in un presidio nazionale sotto il ministero dell’Interno, per poi partecipare, il giorno dopo, al corteo dei metalmeccanici.
Movimento degli Immigrati e dei Rifugiati
a noi CE PIACE MILINGO…TANTO!
A PALERMO CENSURATO STRISCIONE “I LOVE MILINGO” DA ALTROQUANDO
Stamani, Domenica 3 Ottobre 2010, alle ore 11,30, numerosi agenti della polizia di stato in divisa e agenti della Digos hanno intimato la rimozione di uno striscione posto all’interno della vetrina della libreria AltroQuando in via Vittorio Emanuele 143 a Palermo. Lo striscione recitava la frase: I LOVE MILINGO.
Gli agenti lo hanno sequestrato assieme alle locandine della mostra “La Papamobile del futuro” da tre giorni allestita presso la stessa libreria.
La motivazione addotta al provvedimento è stata quella di ritenere offensiva una simile frase proprio nel momento in cui il corteo del pontefice sarebbe passato da corso Vittorio Emanuele. 
Riteniamo che questo provvedimento mini fortemente i diritti costituzionali sulla libertà di manifestazione del proprio pensiero, sia attraverso la critica che la satira. Riteniamo che il messaggio in questione non offendeva nessuno, né tantomeno istigava a comportamenti violenti.
Al contrario era un segno di quella politica dell’Amore che tanto ha fatto strada ultimamente in Italia.
Perché un messaggio d’amore e riconciliazione dovrebbe essere offensivo? Perché Papa Benedetto XVI dovrebbe ignorare la regola del perdono su cui si fonda la dottrina cristiana? Veramente Milingo non merita di essere amato? Palermo si merita davvero questo miracolo alla rovescia?
E i parlanti diventarono muti… Così. Per miracolo.
Palermo, 3 Ottobre 2010
http://www.scomunicazione.it/ UN SITO ECCEZIONALE!!
QUESTO VIDEO PARLA DA SOLO…
Migranti, espulsioni, testate e carcere
Fuori strada
Per evitare di lasciare l’Italia ha messo a repentaglio la propria vita e quella dei tre agenti incaricati di accompagnarlo a Malpensa, dove avrebbe dovuto imbarcarsi su un aereo diretto al suo paese d’origine. È successo ieri pomeriggio e per l’uomo, un egiziano destinatario di un provvedimento di espulsione, si sono aperte le porte del carcere.
I tre poliziotti sono finiti in ospedale e dimessi con prognosi di 17, 7 e 3 giorni. Ad avere la peggio l’agente che ieri pomeriggio si trovava alla guida della Fiat Stilo con i colori d’istituto diretta all’aeroporto. Mentre viaggiava nella corsia di sorpasso della tangenziale, giunto all’altezza dell’uscita per Borgaro, è stato aggredito dallo straniero che, liberatosi dalla cintura di sicurezza l’ha afferrato per il collo e gli ha rifilato una testata.
«L’intenzione – sostiene Luca Pantanella, vicesegretario nazionale del sindacato Ugl-Polizia – era quella di fare uscire di strada i poliziotti ma la bravura dell’autista e l’intervento dei colleghi ha evitato il peggio.» Il conducente è riuscito ad evitare le altre vetture e i Tir che in quel momento percorrevano la tangenziale ed ha raggiunto la corsia di emergenza dove lo straniero è stato bloccato.
«Questa volta – dichiara Pantanella – tre agenti sono rimasti feriti, ma non vogliamo che in futuro si possa parlare di tragedia.» Per questo l’Ugl chiede «al Questore e al ministero degli Interni che i servizi di accompagnamento alla frontiera siano effettuati con mezzi idonei, che separino gli autisti dalle persone accompagnate, che essendo destinatarie di un provvedimento di espulsione non possono essere ammanettate, e che il parco auto sia potenziato.» da CronacaQui Torino
Aggiornamento 1 ottobre – mattina. Dopo una piccola ricerca abbiamo scoperto che il ragazzo arrestato sulla via di Malpensa, Hisham, aveva ottimi motivi per opporsi alla propria espulsione: tutta la sua famiglia, difatti, vive in Italia e in Egitto lui non ha più nessuno. Nel Cie da più di quattro mesi, ultimamente la polizia lo teneva separato dagli altri suoi compagni, in isolamento. Come potrete immaginare, invece, non siamo in grado di dirvi nulla sulla dinamica dei fatti occorsi in tangenziale, per cui siamo costretti a tenerci solo le lamentele di Pantanella e di Torino Cronaca. Non appena avremo ulteriori aggiornamenti, ve li comunicheremo.
Aggiornamento 1 ottobre – pomeriggio. Stamattina c’è stata l’udienza di convalida dell’arresto: Hisham sarà scarcerato questa sera! E pare che non sarà riportato al Cie, come spesso accade in questi casi, ma riceverà “soltanto” l’ordine di lasciare l’Italia entro 5 giorni.
macerie @ Settembre 30, 2010
I CONSULTORI NON SI TOCCANO!
I consultori sono uno degli ultimi servizi sanitari rimasti gratuiti (senza ticket) e aperti a tutte e a tutti.
Che cosa fanno concretamente? Visite ginecologiche e pediatriche, corsi pre-parto per mamme e papà, consulenza e prescrizioni mediche sui metodi anticoncezionali e sull’aborto, gratis, e senza pregiudizi religiosi.Tutto questo allo scopo di incentivare una paternità e maternità responsabile, e di proteggere la salute delle donne
Il consultorio di Magliana, per chi non lo conosce, è un posto frequentatissimo da ragazze, donne, mamme, papà e bambini del quartiere, di tutte le nazionalità.Tutto questo rischia di sparire!
La Regione Lazio sta per approvare la cosiddetta “Legge Tarzia”, che prende nome dalla consigliera Olimpia Tarzia, integralista cattolica eletta nella lista Polverini.
Questa legge, di ispirazione medioevale, si propone di privatizzare i consultori e darli in gestione ad associazioni religiose.In questo modo mette d’accordo sia i finanzieri che vogliono una sanità a pagamento, sia la Chiesa Cattolica che vuole (oltre ad un po’ di soldi che non guastano mai) sacrificare la salute delle donne in nome di improbabili “diritti dell’embrione”.
Se non vuoi che siano i preti a dirti quando e come crescere i tuoi figli o figlie
Se pensi che la sanità debba essere pubblica e gratuita.
Se pensi che le donne non siano incubatrici che camminano.
Se vuoi difendere ciò che è stato conquistato con le lotte.
Partecipa alla raccolta di firme contro la proposta di Legge Regionale Tarzia contro i consultori.
Puoi firmare al consultorio, oppure al CSOA Macchia Rossa, oppure ai banchetti per le strade del nostro quartiere.
CSOA Macchia Rossa – Via Pieve Fosciana 56 – 82
http://www.inventati.org/macchiaross
Renoize 2010: a Renato Biagetti, 4 anni dopo
Il 27 Agosto di quest’anno saranno 4 anni che Renato è stato ucciso; un’aggressione fascista che si è trasformata in assassinio.
Quattro anni di vita, di lotte, di sorrisi e di lacrime, di rabbia, di processi, di partenze e ritorni, di nuovi arrivi e nuove nascite, di sogni realizzati e altri lasciati in sospeso ma mai persi.
Quattro anni di cambiamenti, di crisi, di crescente delirio securitario.
Quattro anni in cui, nonostante… il passaggio di questa città ad un’amministrazione di destra, i sani anticorpi antifascisti hanno continuato a difendere e a tenere viva la memoria di questa città ribelle e mai domata, di questa Roma Città Aperta.
Quattro anni di abbracci e sguardi forti, intrecciati con le storie di Dax, Carlo, Federico, di Carlos e Alexis, di Nicola, Aldo, di Stefano e di tanti altri purtroppo, per non dimenticare, per raccontare la verità, per chiedere giustizia.
Quattro anni in cui il nome di Renato ha risuonato ovunque, perché la sua storia è un pezzo di quell’ingranaggio collettivo che anima questa città e non solo.
Partigiani dei nostri tempi, con le radici forti strette alla memoria della Resistenza e con le ali robuste per volare e lottare nel tempo della crisi.
Per questo, anche quest’anno, quelli di Renoize vogliono organizzare un appuntamento pubblico nel territorio in cui viveva Renato:
Sabato 28 Agosto a Parco Schuster (San Paolo) con mostre, banchetti, buon cibo accompagnati dall’esibizione degli artisti su elencati a partire dalle 18 fino all’1.
Una serata di musica e parole in una serata di fine agosto, come quella che ci ha portato via Renato in cui dare voce alle lotte e ai percorsi che portiamo avanti durante tutto l’anno, e dare spazio alle note di chi suona nella sala prove Renoize e non solo.
Finchè ci saranno quelli/e come noi, ci sarà sempre il tempo di far vivere chitroppo presto, ingiustamente e con un’assurda e inconcepibile violenza ci è stato tolto. Finchè ci saranno quelli/e come noi, si potrà sempre dire: “è una questione di memoria”.
L’invito quindi è quello ad esserci, ancora una volta, anche quest’anno! Per ribadire che non facciamo un passo indietro e abbiamo gli occhi ben aperti, che i sogni di Renato vivono in noi, perchè chi pensava di fermarci ci vedrà muovere, chi pensava di zittirci ci sentirà urlare la verità!
“Per combattere questo nuovo fascismo non ci saranno i vostri nonni, o i padri dei vostri nonni. Affrontarlo toccherà a voi. “ Enio Sardelli “Partigiano Foco”
Sommossa “gitana” in Francia
PER RACCONTARE, anche se solo in parte, quello che sta accadendo in queste ore in Francia utilizzerò -oltre a tante eloquentissime immagine- due articoli di Paolo Persichetti usciti su Liberazione in questi giorni.
Una vera e propria rivolta dei rom abitanti in Francia: esasperati da un atteggiamento generale contro di loro che si sta facendo sempre più violento. Un razzismo latente che appare palese nelle dichiarazioni del presidente della repubblica francese e nel modo di muoversi delle forze dell’ordine nelle periferie e nei quartieri più “colorati” .
Stavolta la repressione è e sarà pesante: una vera e propria sommossa non sarà accettata dagli apparati di Stato e già Sarkozy inizia a parlare di revoca di cittadinanza per chi commette reati.
In Francia le uniche Gitanes ammesse saranno d’ora in poi soltanto le sigarette. Non ha detto proprio così il presidente della repubblica Sarkozy ma il senso delle severe misure repressive decise dal consiglio dei ministri mercoledì scorso non si discosta molto da questa radicale soluzione. Niente più nomadi Rom e Sinti in situazione irregolare. Il governo francese intende smantellare più della metà dei 300 campi, considerati illegali, installati nel Paese dalle Gens du voyage, come vengono chiamati le popolazioni nomadi da quelle parti. Il ministro degli Interni, Brice Hortefeux, ha annunciato che le autorità procederanno parallelamente all’espulsione con ricondotta «quasi immediata» in Romania e Bulgaria dei nomadi che avrebbero commesso azioni contro l’ordine pubblico. Una volta tanto gli “Zingari” si ritrovano messi all’indice non per essere sospettati di aver commesso furti e ruberie, oppure per aver messo in piedi un sistema organizzato di accattonaggio insieme a traffici vari o, peggio ancora, come narrano inossidabili leggende metropolitane, per aver «rubato bambini».
No, stavolta contro i nomadi ricade un’accusa che ha l’odore sulfureo della perdizione politica, qualcosa che ormai per le culture statuali rasenta l’anticamera del terrorismo. I Rom sono colpevoli di essersi ribellati. Nella notte tra il 17 e il 18 luglio scorso hanno dato vita ad una sommossa nel villaggio di Saint-Aignan, 3500 anime perdute nelle campagne del Loir-et-Cher, dipartimento situato nel centro della Francia. La dinamica dei fatti è identica alla gran parte delle altre rivolte che si sono svolte negli ultimi decenni nelle banlieues delle maggiori metropoli francesi. Prima l’aria diventa satura di rabbia. La comunità gitana sente montare sulle proprie spalle un clima di stigmatizzazione che si traduce in atteggiamenti sempre più oppressivi e vessatori da parte delle forze dell’ordine a cui le autorità hanno dato briglia sciolta. Quindi scatta l’innesco che provoca l’esplosione di rivolta. In genere un episodio cruento in cui sono coinvolte le forze di polizia, come fu per Cliché-sous-bois dove trovarono la morte Zyed e Bouna, due adolescenti di 15 e 17 anni fulminati dalla scarica elettrica di una centralina dietro la quale si erano riparati dopo esser fuggiti dalle mani di alcuni poliziotti che li rincorrevano solo perché erano in strada. Un classico è l’intoppo ad un posto di blocco, come è accaduto ancora una volta poche settimane fa a Grenoble. In questi casi la versione dei fatti fornita dalle autorità e quella riportata dalle popolazioni locali appaiono ogni volta diametralmente opposte. In quest’ultima vicenda la gendarmeria riferisce un tentativo di sfondamento di un posto di blocco che avrebbe messo a rischio la vita dei militari, i quali avrebbero così sparato per legittima difesa uccidendo uno dei passeggeri. Il giovane deceduto apparteneva alla comunità nomade del posto, si chiamava Luigi e aveva solo 22 anni. Ovviamente chi era al suo fianco a bordo di una sgangherata R19 con 300mila chilometri nel motore, il cugino Miguel Duquenet consegnatosi più tardi alle autorità, ha riportato una versione completamente diversa, denunciando addirittura un’esecuzione a freddo da parte dei gendarmi, con modalità da vero e proprio «agguato». I militi infatti erano in borghese, assolutamente non identificabili, spuntati all’improvviso dal buio. L’episodio ha scatenato una rivolta senza precedenti nella tradizione gitana. Due caserme della gendarmeria prese d’assalto a colpi d’ascia e barre di ferro da una cinquantina di nomadi infuriati, alberi sradicati, vetture incendiate, semafori e arredo urbano distrutto, una panetteria saccheggiata. Notevoli i danni materiali ma nessun ferito da registrare. Inammissibile per il governo.
Se anche i nomadi hanno imparato a ribellarsi la situazione diventa davvero pericolosa. E allora cacciamoli tutti anche se vivono in Francia da decenni. Da qui il via allo smantellamento dei campi improvvisati «entro i prossimi tre mesi», come ha spiegato il ministro degli Interni. Una decisione avallata dalla Commissione europea che ieri, attraverso la portavoce della commissaria alla Giustizia e ai diritti, Viviane Reding, ha sottolineato come «le leggi europee sulla libera circolazione dei cittadini forniscono il diritto agli Stati membri di controllare il loro territorio e lottare contro la criminalità». La soluzione è semplice, basta criminalizzare l’intera comunità.
___P.P. 30 luglio 2010____
«La nazionalità francese deve poter essere ritirata a tutte le persone di origine straniera che hanno volontariamente attentato alla vita di un poliziotto o di chiunque altro rappresenti l’autorità pubblica». E’ la proposta choc lanciata ieri da Nicolas Sarkozy durante la cerimonia d’insediamento del nuovo prefetto dell’Isère incaricato di riportare l’ordine dopo le settimane di violenze urbane che hanno contrapposto giovani della banlieue di Grenoble alle forze dell’ordine.
«Non dobbiamo esitare a rivedere le condizioni per ottenere il diritto ad acquisire la cittadinanza francese», ha dichiarato ancora il presidente francese, spiegando che «dovremmo avere il coraggio di togliere la nazionalità a quelle persone nate all’estero che abbiano intenzionalmente cercato di uccidere un agente di polizia, un gendarme o qualunque altro rappresentante dell’autorità pubblica». L’inquilino dell’Eliseo ha poi ulteriormente rincarato la dose con un’altra proposta: per i minori nati in Francia da genitori stranieri una volta raggiunti i 18 anni l’acquisizione della nazionalità non deve essere più un diritto, qualora questi commettano dei crimini. Accompagnato dalla ministra della Giustizia Alliot-Marie e dal responsabile dell’Interno Hortefeux (condannato pochi mesi fa per aver pronunciato frasi razziste contro un militante d’origine araba del suo stesso partito), Sarkozy ha nuovamente sfoderato la retorica sicuritaria. Nomadi e giovani delle periferie sono diventati così i capri espiatori dopo lo scandalo suscitato dall’inchiesta giudiziaria sui finanziamenti illegali che il candidato presidenziale avrebbe ricevuto durante la campagna elettorale dalla vedova Bettencourt, la ricca ereditiera della L’Oréal nota per le sue simpatie fasciste. Per risalire la china Sarkozy sta ripescando tutti gli argomenti contro la delinquenza che gli erano valsi la vittoria nelle presidenziali del 2007. Discorsi muscolari e annunci roboanti per invocare il pugno di ferro contro le periferie, gli stranieri, le popolazioni nomadi. La questione sociale, l’irrisolto disagio delle periferie, la disoccupazione (per gli stranieri non comunitari siamo ad un tasso del 24%, cioè il doppio della media nazionale), il fallimento dell’integrazione, l’esplosione degli identarismi comunitari, si riassumono in un’unica dimensione criminale, un fatto d’ordine pubblico, un problema che chiama in causa solo l’intervento delle forze di polizia. Non a caso a riportare l’ordine a La Villeneuve, quartiere sensibile della periferia di Grenoble teatro di una sommossa, è stato chiamato il prefetto Eric Le Douaron, una lunga carriera nella polizia fino a divenire nel 1999 direttore generale della pubblica sicurezza. Sotto la sua gestione entrò in funzione la nuova figura del “poliziotto di quartiere”. Il presidente ha infine concluso il suo discorso attaccando i «troppi diritti» conferiti alle persone straniere in situazione irregolare, auspicando la revisione delle prestazioni a cui hanno accesso. In poche parole Sarkozy mira a smantellare l’assistenza medica universale e magari, perché no, anche le mense per poveri.
___ P. P. 31 luglio 2010___
Grecia senza benzina
Grecia bloccata…e non è una novità ormai.
Il bello è che quando succede il 30 luglio per quel paese è un dramma non da poco: ci sono migliaia di turisti già bloccati e molte cancellazioni in corso.
Questa volta non è servito un sciopero generale per paralizzare il paese, ma è bastato uno sciopero dei camionisti che va avanti da cinque giorni a tenere i paese senza benzina e altri beni. Ieri diversi disordini e scontri si sono verificati ad Atene dove gli autotrasportatori avevano indetto una manifestazione di piazza contro le precettazioni: l’ordinanza di precettazione che il governo ateniese ha celermente emesso (una misura straordinaria a cui si fa ricorso molto raramente) non è stata minimamente rispettata e il blocco sembra voler continuare. Oggi è stato indetto dall’assemblea generale degli autotrasportatori un nuovo direttivo che deciderà se proseguire lo sciopero iniziato a causa dell’avvio di un processo di liberalizzazione delle licenze, che rientrerebbe nel grande piano di risanamento varato in accordo con il Fondo monetario internazionale e ovviamente con l’Unione Europea. Lo strozzinaggio internazionale legalizzato.
Che si tratti di studenti, di anarchici, di migranti, di portuali, di autotrasportatori o altri lavoratori, le piazze greche non cessano di urlare rabbia, di fronteggiare schiere di uomini in divisa, di tentare di riappropriarsi della dignità e magari pure del futuro.
AGGIORNAMENTI del 31 LUGLIO: QUI
No alla petrolizzazione dell’Abruzzo
DIFENDIAMO IL LAGO DI BOMBA.
CONTRO LA PETROLIZZAZIONE, CONTRO TRIVELLAZIONI E RAFFINERIE
L’ABRUZZO SCENDE IN PIAZZA CONTRO CHI VUOLE INQUINARE LA LORO MERAVIGLIOSA TERRA

SETTIMANA DI MOBILITAZIONE CITTADINA CONTRO I CIE

La volontà è quella di portare a conoscenza della città le proteste e le lotte dei e delle migranti reclusi nei CIE, che da mesi si stanno succedendo sempre con più intensità.
La loro resistenza ci incoraggia e ci spinge alla mobilitazione.
Le rivolte si sono sempre succedute, fin dalla creazione dei CPT, oggi CIE, ad opera di un governo di centro-sinistra.
Oggi, con l’approvazione del “Pacchetto Sicurezza” e il conseguente aumento della detenzione da 2 a 6 mesi, le rivolte e gli episodi di autolesionismo sono aumentati.
L’esistenza di questi lager della democrazia è perfettamente funzionale al sistema capitalista, che vede le persone come merce e i migranti in particolare coma manodopera da sfruttare o rifiutare econdo le esigenze del mercato di produzione e di lavoro.
L’Europa Unita, ormai divenuta fortezza, si sostenta su queste leggi securitarie che giustificano la detenzione e l’espulsione di tutti coloro a cui non è stato concesso lo status di cittadino.
Questa fortezza può reggere non solo per le leggi razziste, ma anche grazie alla paura e all’atomizzazione che impone questo sistema sociale, un sistema che ci vuole divisi tra buoni e cattivi, lavoratori e studenti, comunitari ed extracomunitari, fomentando l’isolamento.
I mezzi di informazione di massa creano l’allarmismo necessario e il falso consenso per far sì che sia possibile imporci la loro sicurezza: più carceri variegate e per più tempo e più polizia e militari per le strade.
Per contrastare questa società del controllo e queste istituzioni repressive e razziste, lanciamo una settimana di mobilitazione per a chiusura dei CIE dal 21 al 29 maggio, nella quale ognuna e ognuno, individualmente o collettivamente, si possa esprimere nel modo che considera più opportuno.
La settimana verrà attraversata da un presidio sonoro davanti al Ministero dell’interno e si concluderà con un presidio sotto al CIE di Ponte Galeria, per portare la nostra lotta davanti a quelle infami mura e per far sentire ai reclusi e alle recluse che non sono soli/e nella loro resistenza.
e per dare forza ed essere solidali
con le lotte dei e delle migranti!
NELLA TUA CITTA’ C’E’ UN LAGER… CHIUDIAMO IL CIE DI PONTE GALERIA! CHIUDIAMO TUTTI I CIE!!!
Poliziotti assassini a freddo, si permettono di querelare la mamma del ragazzo ucciso!
Melma, liquame puzzolente, merda secca, un “nuddu mischiato a niente”,
degli assassini, uomini e donne toturatori, bastardi. Assassini a sangue freddo di uno scricciolo di pochi kg e ancora meno anni.
Hanno querelato la mamma di Aldro,
quei 4 merdosi assassini, quei 4 che hanno ucciso a calci e pugni,
quei 4 che hanno ucciso montando sopra e soffocando un ragazzetto ammanettato e colpevole di nulla,
quei 4 vili assassini in divisa, quelle 4 MERDE assassine si sono permesse di denunciare Patrizia.
PATRIZIA SIAMO CON TE!
I 4 assassini, che indossano la divisa da tutori dell’ordine di questo Stato merdoso, si chiamano ENZO PONTANI, MONICA SEGATTO, LUCA POLLASTRI e PAOLO FORLANI.
L’ultimo si è astenuto dal firmare la querela.
Spero sappiano, questi 4, che nessuno ha mai dimenticato i loro nomi e che MAI avverrà.
QUI LE PAROLE DEL PADRE DI ALDRO, dal suo blog:
Questa mattina sono andato a prendere in posta un atto giudiziario…..indirizzato a Patrizia, mia moglie, la mamma di Federico, la madre di mio figlio ucciso il 25 settembre 2005 da 4 individui in divisa, come da sentenza del 6 luglio 2009. Credevo a una violazione magari al codice della strada, è facile sbagliare in questi tempi così caotici e frenetici per tutti.
Quel documento è invece una fissazione di udienza per il 18 giugno 2010 presso il Tribunale di Mantova dove Patrizia con altre due persone (due responsabili di testate giornalistice quali la Nuova Ferrara e l’ANSA) sono state citate a comparire per rispondere di non so quale reato o reati in quanto sul documento non vengono citati. Presumo io per frasi o parole ritenute diffamatorie o calunniose, chissà, visto che fra i citati ci sono due giornalisti.
Io di pazienza ne ho avuta tanta, forse troppa, ma quello che mi fa più male è il fatto che il Pubblico Ministero aveva richiesto l’archiviazione per questo fatto specifico, ma Pontani Enzo, Segatto Monica e Pollastri Luca (manca Forlani Paolo) coloro che sono stati ritenuti responsabili della morte di Federico, hanno pensato bene di non accettarla e di avvalersi del rito dell’opposizione. Il particolare che vorrei evidenziare è la data della richiesta di opposizione, 15 marzo 2010, e cioè alla luce di due sentenze chiare e ed inequivocabili, rispettivamente del 6 luglio 2009 e 5 marzo 2010
Qui
http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2009/10/05/motivazioni-della-sentenza/
e qui
http://federicoaldrovandi.blog.kataweb.it/federico_aldrovandi/2010/04/
Federico è morto di morte violenta senza alcun motivo e se non avesse incontrato Pontani Enzo, Pollastri Luca, Forlani Paolo e Segatto Monica sarebbe ancora vivo e non lo dico io lo dice lo Stato attraverso i suoi organismi preposti (Procura e Tribunale).
Avrei sperato e lo spero ancora, nonostante queste assurdità di violenze che continuano a soffocare e a bastonare Noi e chi ci è vicino, che questo orrore, questa arroganza, questo disequilibrio, questa cattiveria, presto abbiano una fine. Vorrei riuscire finalmente a sussurrare in pace, davanti a quel marmo che mi divide da quel corpo o da quello che resta di uno dei beni miei più preziosi, parole d’amore, quelle che con Federico ci siamo dette e scambiate, anche con gli sguardi, durante 18 anni fantastici e magnifici che nessuno potrà mai infangare e uccidere.
Come dovrei definirla sig. Pontani Enzo per quello che ha fatto quella mattina a mio figlio, per non incorrere in una querela?
Come dovrei definirla sig. Pollastri Luca per quello che ha fatto quella mattina a mio figlio, per non incorrere in una querela?
Come dovrei definirla sig.ra Segatto Monica per quello che ha fatto quella mattina a mio figlio, per non incorrere in una querela?
Come dovrei definirla sig. Forlani Paolo per quello che ha fatto quella mattina a mio figlio, per non incorrere in una querela?
Nessun problema, ci ha già pensato un Giudice al di sopra delle parti a descrivere perfettamente chi siete e non abbiamo bisogno insieme a chi ci è vicino (30 querelati), per il momento, di dire altro.
Purtroppo, per il momento, sono costretto a pagarvi anche lo stipendio e di conseguenza le vostre querele di fronte alla morte, ma non sarà all’infinito, anche se cautelativamente vi avrei visto a casa dal lavoro alla luce di orrori ed errori emersi palesemente.
Fino in fondo e oltre.
Lino
P.S. cliccando sotto, questo l’articolo per cui Patrizia è stata querelata ai sensi dell’art. 495 c.p. per diffamazione per quello da lei affermato nelle ultime due righe http://ricerca.gelocal.it/lanuovaferrara/archivio/lanuovaferrara/2008/07/05/UC4PO_UC404.html
Orbene, io Lino Aldrovandi mi chiedo cosa devo pensare e che terminologie utilizzare nei confronti di questi 4 individui, quando un Giudice in uno dei suoi innumerovoli illuminanti passaggi nella sentenza del 6 luglio 2009, arriva ad affermare che “l’aspetto che colpisce nella deposizione del dr. Marino (condannato anche questo signore, della polizia di indagine…, il 5 marzo 2010), nella parte in cui riporta in modo pedissequo e quasi pedante il decorso degli avvenimenti nel racconto dei suoi uomini, è come lo stesso non abbia rivolto agli stessi nessuna domanda, non abbia rilevato contraddizioni, incongruenze, omissioni, assurdità che invece si colgono a piene mani nel racconto degli agenti”. Qui un altro passaggio del Giudice tanto per intenderci nel concetto della morte violenta (cap. 4) “MORTE VIOLENTA ascrivibile a più forte ragione all’azione violenta, improvvida ed illegale degli agenti, lasciandosi peraltro aperti dubbi e ipotesi su una diversa, inquietante, realtà fattuale”
PUNTO
Torino: burlando prefetti!
Si sarà preso una bella collera, il Prefetto Padoin, quando ieri pomeriggio si è visto spuntare dinanzi una trentina di facce note del movimento torinese con tanto di striscione, enorme. E per di più in mezzo all’affollatissima e vigilatissima Fiera del Libro, e per di più proprio mentre stava presentando, in compagnia del Procuratore Capo Caselli e del Procuratore Generale Maddalena, la sua ultima fatica letteraria: «Il Prefetto, questo sconosciuto». Un gran colpo, certamente, ampiamente ripreso e rilanciato da un bel po’ di telecamere: anche perché solo il giorno prima Padoin aveva dichiarato baldanzoso che il modo più celere di liberarsi degli spazi occupati è di arrestarne tutti gli occupanti, ed ora un po’ di quegli stessi occupanti da arrestare riuscivano ad aggirar ogni controllo per fargli qualche pernacchia sul naso. Una figura barbina per lui e soprattutto per gli agenti della Polizia politica cittadina, che son pagati proprio per controllare, ascoltare e pedinare, ed evitar così che certe contestazioni – clamorose quanto scontate – accadano.
Ascolta il racconto del pomeriggio al Salone del Libro, da un servizio di Radio Onda d’Urto
Eppure solo il giorno successivo la magra figura si ripete. Ancora una volta gli amici e i compagni degli arrestati per lo sgombero de Lostile si materializzano improvvisamente esattamente dove era scontato che si dovessero materializzare: alle Porte Palatine, di fronte ai pellegrini appena usciti dal Duomo. Sfilando sotto al naso dei funzionari del Commissariato di quartiere, si arrampicano sulle mura e appendono uno striscione: «Tutti liberi!». Gli uomini della Digos sono ancora più lontani del giorno precedente, e gli agenti del Commissariato sono furibondi: lo striscione ormai è appeso, ma loro chiamano il reparto mobile, si prendono due dei presenti e pretendono di identificare gli altri. Quando il gruppone riesce ad allontanarsi sembra tutto a posto, e tutti pensano che i due che mancano saranno presto rilasciati. E invece no. Dopo un paio d’ore e vari annunci contraddittori, i due vengono portati alle Vallette. Con quali accuse? Non sappiamo bene quale Pubblico ministero possa costruire qualcosa di penalmente significativo intorno all’ostensione di un lungo lenzuolo nero con su scritto «Tutti liberi!». Ma sappiamo che sicuramente il Prefetto è in collera da ieri e che in Tribunale non in tanti sono disposti a dispiacerlo e che in più, uno sberleffo messo in piazza tanto vicino a pellegrini, vecchi porporati incartapecoriti e immagini miracolose può far temere la collera di qualcuno che sta molto, ma molto, più in alto.
Macerie, 14 maggio 2010
resoconto ateniese…
Tutto confermato..sembrava che la notizia fosse stata smentita dalla Croce Rossa, sembrava fosse solo un voler gettare acqua sul fuoco e invece ci son sul serio tre cadaveri, morti asfissiati dal fumo all’interno di un edificio dato alle fiamme. Tre morti -due donne e un uomo- più quattro intossicati in una succursale della Marfin Egnatia Bank, in Via Stadiou, proprio a pochi passi dal Parlamento.
La banca era stata attaccata probabilmente perchè la sola nei paraggi aperta malgrado lo sciopero generale e la paralisi di tutto il paese.
C’è clima di scontro armato, c’è aria di insurrezione generale ormai da tempo , ma mai come oggi.
Basta vedere le foto davanti a Syntagma, il Parlamento: ci sono decine di migliaia di persone scese non solo in piazza ma pronte a scontrarsi corpo a corpo con quei robocop assassini. Le vetrine di Akademias sono di nuove tutte in frantumi, il fumo si alza da piazza Omonia al Parlamento…
Per ora si parla di una 50ina di arresti tra i manifestanti: la quantità di molotov che viene lanciata è indescrivibile…sono molte le divise in fiamme.
Gli scontri, come sempre, si stanno spostando con il sopraggiungere della sera verso la zona del Politecnico e il quartiere Exarchia, sempre al centro delle tensioni e colpito costantemente da raid della polizia.
La piazza urlava di voler dar fuoco al Parlamento: ci sono andati vicini.
Prima o poi c’arriveranno….
ORA VOMITO!
Ecco l’appello di alcuni giornalisti de “Gli Altri” a sostegno di Casa Pound:
Il diritto di manifestare liberamente e pacificamente è una pietra angolare della democrazia: deve essere difeso e garantito sempre, indipendentemente dal giudizio che si dà sui contenuti o sui promotori delle singole manifestazioni. Pertanto riteniamo grave e ingiustificato l’aver vietato il corteo del Blocco studentesco del 7 maggio, nonostante la distanza che ci separa da quella organizzazione e chiediamo che quel divieto venga tempestivamente revocato.
Firmato:
Ritanna Armeni, Angela Azzaro, Massimo Bordin, Andrea Colombo, Lanfranco Pace, Piero Sansonetti
NON HO PAROLE!
ADESSO ABBIAMO PROPRIO SUPERATO TUTTI I LIMITI!
CHE SCHIFO, VERAMENTE SENZA PAROLE.
Pensavo potessero bastare le loro parole, invece mi dicono che non posso fare un post così, che è meglio se “argomento”.
Ma che devo argomentare?
Qualcuno ha mai visto queste persone firmare o scrivere articoli quando a pochi passi dalla loro vecchia redazione c’erano aggressioni fasciste ai danni di chi attacchinava o usciva da un concerto del centro sociale La Strada? Non mi sento in dovere di argomentare con chi, con la scusa dell’antigiustizialismo (che mi appartiene in tutto e che ho sempre riconosciuto come fiore all’occhiello del pensiero di Sansonetti e dei suoi giornali presenti e passati) si difende sempre e solo questa feccia squadrista.
Non so cosa spinge queste 6 persone a scrivere una cosa simile, non capisco che bisogno ce n’era se pure è quello che pensano.
Non capisco e son contenta di non capire questo loro innamoramento per CasaPound…ma questa storia va avanti da troppo tempo e adesso non l’accetto veramente più.
Stanno bene con Paola Concia e i dibattiti a Casa Pound…a difendere la libertà di manifestare per quattro fascisti squadristi.
Non ho niente da argomentare.



















Mercoledì 20, alle ore 12, via Lebensohn 500, Avellaneda. Da questo appuntamento è nata la mobilitazione dai compagni autoferrotranvieri delle imprese terziste, accompagnati da delegazioni del PO (Partido Obrero) ed altre organizzazioni. A pochi metri, è stata notata la presenza di una banda organizzata sui binari, con uniformi dell’impresa, formata da circa 120 membri. Della banda faceva parte anche il figlio di Antonio Luna, sottosegretario di Trasporto Ferroviario, militante della burocrazia sindacale ferroviaria, che si comporta con fare provocatorio fin dall’inizio dei fatti.
Oltre a Mariano Ferreyra e di Elsa Rodríguez, hanno ferite da pallottola Nelson Aguirre, nella gamba, ed Ariel Pintos, un ferroviario terzista, sempre a una gamba.









































Commenti recenti