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Un po’ di foto…
Con la mia solita lentezza, inizio a pubblicare un po’ di foto dell’Egitto e dei miei 5 giorni con il popolo di Piazza Tahrir e del nuovo Egitto che sta nascendo in questi giorni.
Nel frattempo è tutto il resto del mondo arabo che sta scoppiando, i paesi che non bruciano son pochi e non so quanto reggeranno.
Con il cuore tra voi, da Tahrir alla Libia e tutto il suo sangue, dai massacri in Bahrein agli scioperi ad oltranza in Yemen …
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Rivoluzione d’Egitto: scope e cestini!
La prima vittoria schiacciante è quella di essersi riappropriati delle strade, della parola, della socialità.
Tre settimane a dormire fianco a fianco e Il Cairo ora non riesce a smetterla con questa promiscuità, con quest’esaltazione dello stare insieme, finalmente, senza badare a nulla e nessuno, tantomeno all’orologio e al coprifuoco.
Il “coprifuoco all’egiziana” è divertente perché non lo rispetta nessuno. Le strade si svuotano svogliatamente, più per quel senso di spossatezza che comunque inizia a colpire dopo questo mese senza quasi mai tornare a casa.
La prima vittoria schiacciante, dicevo, è proprio stare insieme e tutti, senza distinzioni religiose né di genere.
C’è la scusa di pulire poi! Ed è dilagata nel paese intero, dalla capitale ad Iskyndriya (Alessandria), dalle città dal Delta alla ribelle Suez, la più incazzosa e radicale nei giorni della rivoluzione.
Ora i giovani e i giovanissimi, che poi compongono la stragrande maggioranza di questo paese, hanno deciso che quelle sporchissime strade (incredibili!! Anche a causa degli scioperi costanti delle settimane precedenti) le ripuliranno una ad una…
e così a migliaia li vedi, a gestire le loro città e ripulirle: le piazze e le strade dove, pettorina e guanti, scope pennelli e vernice, hanno anche una fitta autorganizzazione per la gestione del traffico!
Al centro delle rotonde, questi neo-ventenni gestiscono il traffico della città dimostrando l’inutilità di tutte le divise che infestavano la città (e ci tengono a sottolinearlo in ogni conversazione)… nel frattempo volantinano e vendono i gadget della rivoluzione che qua e là producono per finanziare tutti quei barattoli di vernice con cui stanno ricolorando marciapiedi e ringhiere, panchine e pali …
Poi i giornali…è un continuo correre di ragazzini e fanciulle con fasci di giornali al braccio.
“Il popolo della rivoluzione”, “L’alba” … ogni giorno ne spunta qualcuno, venduti da attivisti e militanti in tutti i locali, infilati nelle macchine, nei milioni di taxi, tirati ai soldati che stazionano sui tank agli angoli delle strade.
Si parla, si scrive, si volantina…
i quattordicenni buttati nelle aiuole mettono per iscritto la LORO Costituzione: se ne scriveranno centinaia al giorno. In ogni strada e marciapiede, in ogni aula di scuola, nei tetti sbilenchi che vedono il sole filtrato dallo smog e dalle tempeste di sabbia dell’inizio primavera…
che atmosfera…..
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Il mio Egitto tra le strade…primi racconti
Difficile stare al passo con i tempi in questi giorni, soprattutto quando si prova a capire quel che accade, con i propri occhi, in un paese e nel frattempo anche tutti quelli intorno vengono giù, come tasselli di domino con la base incrinata.
Sono tornata dall’Egitto solo ieri sera e in questa settimana di aria di rivoluzione non ho mai avuto modo di aggiornare queste pagine, di riportare le conversazioni fatte, le sensazioni provate, le rivendicazioni ascoltate: poco tempo per elaborare quel bombardamento di colori e parole che ho condiviso con loro.
Inizio oggi a raccontarvi un po’, a mostrarvi un po’ di quelle immagini….
Il nostro arrivo è stato nel pieno della preparazione del giorno della gioia e della continuazione, che venerdi ha portato, solo in Midan Tahrir al Cairo, circa tre milioni di persone.
Era un appuntamento importante ed è andato al di sopra di tutte le aspettative: inizialmente chiamata come la manifestazione in ricordo dei martiri delle giornate della rivoluzione, poi la piattaforma è mutata rapidamente.
Non una manifestazione CONTRO l’esercito, che non è proprio il caso di definirla così, sarebbe errato e controveritiero, ma sicuramente un messaggio chiaro lanciato contro la giunta militare e le sue teste.
Tutto il potere al popolo urlavano, anche abbracciando i soldati sopra i tank che sorvegliano la città da giorni e bonariamente…
un messaggio chiaro che l’esercito deve aver recepito.
Non si torna indietro…l’esercito deve garantire la transizione, deve garantire l’arrivo alle elezioni, deve garantire ORA che le organizzazioni che stanno nascendo abbiano tempi e luoghi per costruirsi e crescere, ma deve stare al posto suo.
Il potere totale che ha ora deve rapidamente passare nelle mani del “popolo della rivoluzione”. Punto.
Su questo nessuno in quella piazza sembrava transigere , malgrado il rispetto e l’amore che sembrano tutti avere per i soldati.
C’è un rispetto infinito per quei soldati soprattutto per il comportamento che hanno avuto nei giorni della rivoluzione: tanti sono stati gli ordini non eseguiti, nulla è stato mai fatto per fermare il popolo di Tahrir, anzi.
Quel popolo ha visto i soldati non credere ai loro occhi e lanciare la propria divisa per buttarsi tra la gente (ai loro colleghi è “toccato” arrestarli per qualche ora poi)…quel popolo ha visto i capi dell’esercito chiedere di sparare sulla piazza per far tornare tutti a casa e ha visto i soldati puntare i fucili dalla parte opposta, verso la Baltagheyya a cavallo che voleva bloccare il processo rivoluzionario.
Quell’esercito è amato perchè è stato palesemente dalla loro parte in quelle giornate, ed anche se questo non può bastare, è stato importante in quei giorni e non possono dimenticarlo: non più un poliziotto, quello era l’obiettivo di tutti.
Quello si è ottenuto…e l’esercito non ha mosso un dito per fermare questo moto inarrestabile contro quelle divise.
L’infinito potere della polizia è cessato…non più divise blu per quelle strade, non più minacce, non più mazzette, non più violenza gratuita su tutti e tutte, sempre.
Il primo passo di questo processo di liberazione è stato spazzarli via, bruciare ogni caserma, ogni camionetta, ogni galera; nella capitale come nei piccoli centri…piazza pulita, piazza libera, piazza liberata.
Il secondo quello di stare tutti uniti, di fare per la prima volta del popolo egiziano un popolo solo, senza divisioni…e per ora la vittoria su questo fronte è schiacciante e meravigliosa.
Fratelli Musulmani, copti, comunisti … il popolo egiziano ora è uno. Variegato e felice…speriamo sappia sfruttare questo momento…
(a tra un po’, che ce ne abbiamo di cose da raccontarci…!)
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Le donne di Piazza Tahrir
“Scusateci, abbiamo pensato per una vita intera che voi eravate nemiche del popolo egiziano e musulmano. Scusateci se non abbiamo capito che siamo una cosa sola, anche se diversi!”
E’ stata una delle frasi più ripetuta nelle giornate e notta di Piazza Tahrir.
Chissà che colpo per un islamico integralista, per un componente della Fratellanza Musulmana, trovarsi a vivere una rivoluzione (qui, chi è più abituè della politica parla di Intifada e non di Thaura “rivoluzione…giustamente) così spontanea e soprattutto stracolma di donne.
Per notti e giorni interi uomini e donne, velate e non, hanno dormito fianco a fianco per terra, hanno rischiato la vita, si sono divisi le pietre da lanciare per difendersi… e queste sono le loro continue scuse, sia degli esponenti che della gente che ti ferma a parlare per strada.
Mai nessuno avrebbe immaginato ci fossero tutte queste donne in Egitto, te lo dicono gli uomini con visi felici ed increduli…sono tante, sono tutte bellissime, sono diverse.
C’è stato di tutto in piazza Tahrir..gli uomini dalle barbe maomettane, integralisti sunniti, hanno dovuto convivere con quelle che hanno sempre considerato puttane, serve dell’occidente: da loro invece sono stati ricuciti, da loro hanno preso volantini, accanto a loro e ai loro capelli sciolti hanno dormito e rischiato la vita.
Questa è la più bella delle rivoluzioni che ho visto in queste ore egizie: le donne guardano dritte negli occhi, le donne prendono i megafoni e urlano, le donne alzano la voce e soprattutto ridono.
C’è una forte riappropriazione della propria libertà, in tutti i campi.
Questo è un popolo che non ha mai potuto parlare, ballare, bere e giocare, nè tantomeno organizzarsi e fare politica: è un popolo che nella sua millenaria storia ha vissuto solo oppressione e repressione.
Ora hanno cacciato via tutte le divise…
ora si riuniscono, creano movimenti e partiti, non mollano le strade, non mollano le rivendicazioni nei posti di lavoro…non mollano.
E come si potrebbe tornare indietro…ormai la libertà la stanno assaggiando, gli sguardi di un intero popolo sono cambiati.
Ora qui arrivano solo i megafoni e le urla, gli slogan e i clacson festanti e in teoria tra 2 ore inizia il coprifuoco!
Belli e soprattutto BELLE!! Buon lavoro, che non state che all’inizio!
Niente foto che tempi e connessione non me lo permettono, ma tanto vi bombarderò di scatti, solo un po’ di pazienza
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Passeggiando per una strana rivoluzione
Veramente complicato aggiornare queste pagine da qui.
Siamo al-Cairo, una citta’ in pieno giubilo, una citta’ che vive per la strada da settimane e che sembra abbia vinto i mondiali, piu’ che una rivoluzione.
Tutti a vendere bandiere dell’Egitto, cordoncini da legare in fronte con scritto ‘Io amo l’Egitto’ o ‘L’Egitto e’ al di sopra di tutto’…
i giovani, soprattutto, sono ora impegnati strenuamente nel ripulire la zona della citta’ che si e’ vissuta le lunghe giornate di Piazza Tahrir.
Secchi di vernice bianchi e neri rivestono i marciapiedi di nuova luce, le ringhiere degli spartitraffico ora puzzano e appiccicano di fresca vernice verde, le scope vengono quasi litigate dai bimbi, che spostano la polvere da un punto all’altro.
Una situazione un po’ surreale: forse sono io un po’ antica, ma avevo un altro concetto di rivoluzione, estremamente diverso.
Ma tant’e’…questo e’ quello che abbiamo davanti agli occhi in queste ore..la gente dei ‘giorni della collera’ sembra voler solo festeggiare e occupare le strade, le donne urlano slogan da sotto i loro veli coloratissimi, i bimbi si disegnano la bandiera sul volto e chiedono senza timidezza di salire sui tank, che sorvegliano quasi ogni strada.
Oggi poi, giornata di festa: e’ il compleanno di Maometto e la citta’ si sta preparando ai festeggiamenti di Said Zeinab, questa sera.
Domani proviamo a lasciare la citta’…o per il Delta e Alessandria, o per Suez, idea piu’ allentante. Il livello edllo scontro in quella citta’ e’ stato radicale: gli attacchi alla polizia e ai commisariati inarrestabili finche’ l’ultima fiammata s’e’ portata via tutto…
poi ci sono i lavoratori, a tonnellate e vorrei poter capire cosa accade da quelle parti.
Nel frattempo l’ex rais, Hosni Mubarak, sembra sia in fin di vita e che rifiuti anche le cure…pare sia questione di momenti!
Il popolo d’Egitto aspetta, affidandosi completamente al suo esercito tanto amato (proprio cosi’), soddisfatti e orgogliosi di non aver piu’ un poliziotto per le stade.
”Barra, Qalas! Fuori, e’ finita. Ora siamo liberi, puoi fotografare quello che vuoi, e’ finita”
Penso che per parlare di ‘rivoluzione’ ce ne voglia ancora…ma almeno, si stanno riappropriano giorno dopo giorno della possibilita’ di parlare, muoversi e ridere senza dover rendere conto.
Che gioia vedere questa loro gioia.
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Un concerto d’addio
Prologo
A voi tutte,
che piacete o siete piaciute,
che conservate icone nell’antro dell’anima,
come coppa di vino in un brindisi,
levo il cranio ricolmo di canti.
Sempre più spesso mi chiedo
se non sia meglio metter il punto
d’un proiettile alla mia sorte.
Oggi darò,
in ogni caso,
un concerto d’addio.
Memoria!
Raduna nella sala del cervello
le schiere inesauribili delle amate.
Da un occhio all’altro effondi il sorriso. D’antiche nozze travesti la notte.
Di corpo in corpo effondete la gioia.
Che nessuno dimentichi una simile notte.
Oggi io suonerò il flauto
sulla mia colonna vertebrale.
I
Miglia di strade i miei passi calpestano.
Dove andrò a nascondere il mio inferno?
Da quale Hoffmann celeste
sei stata concepita, maledetta?
Sono anguste le strade per una tempesta di gioia.
Gente adorna la festa senza posa attingeva.
Penso.
I pensieri, grumi di sangue,
infermi e rappresi strisciano via dal cranio.
Io,
taumaturgo di ogni tripudio,
non ho con chi andare alla festa.
Cadrò di schianto, supino,
sfracellandomi il capo dulle pietre del Nevskij!
Ho bestemmiato.
Ho urlato che Dio non esiste,
e lui ha tratto dal fondo dell’inferno
una donna che farebbe tremare una montagna
e mi ha comandato:
amala!
Dio è soddisfatto.
Nell’erta sotto il cielo
un uomo tormentato s’è inselvatichito e spanto.
Dio si stropiccia le mani.
Dio pensa:
aspetta, Vladimir!
L’ha escogitato lui, lui,
per non farmi scoprire il tuo mistero,
di darti un marito vero
e di porre sul pianoforte note umane.
Se furtivo m’accostassi alla soglia della tua alcova, per far la croce sulla nostra coperte,
lo so,
si sentirebbe puzzo di lana bruciata
e fumo sulfureo si leverebbe dalla carne del diavolo.
Ma invece fino all’alba
l’orrore che tu fossi condotta ad amare
m’ha sconvolto,
e le mie grida
ho sfaccettato in versi,
gioielliere già in preda alla follia.
Giocare a carte!
Sciaquare
nel vino la rauca gola del cuore!
Non ho bisogno di te!
Non voglio!
Non importa,
lo so
che creperò fra breve.
Se è vero che esisti,
o Dio,
o mio Dio,
se hai intessuto il tappeto di stelle,
se questo tormento,
moltiplicato ogni giorno,
è, Signore, una prova mandata giù da te,
indossa la toga del giudice.
Aspetta la mia visita.
Sono puntuale,
non tarderò d’un giorno.
Ascolta,
altissimo inquisitore!
Serrerò la bocca.
Non udiranno un grido
dalle labbra morse.
Legami alle comete, come alle code dei cavalli,
trascinami,
squarciandomi sulle punte delle stelle.
Oppure,
quando l’anima mia sloggerà
per venire al tuo tribunale,
accigliandoti ottusamente,
come una forca
distendi la Via Lattea,
e subito impiccami come un criminale.
Fa quello che ti pare.
Squartami, se vuoi.
Io stesso, giusto, ti laverò le mani.
Però,
ascolta!
Portati via la maledetta,
che m’hai comandato d’amare!
Miglia di strade i miei passi calpestano.
Dove andrò a nascondere il mio inferno?
Da quale Hoffmann celeste
sei stata concepita, maledetta?
II
Il cielo
fumoso, immemore d’azzurro,
e le nubi a brandelli come profughi
rischiarerò nell’alba del mio ultimo amore,
vivido come l’incarnato d’un tisico.
La mia gioia ricoprirà il ruggito
dell’ammasso, dimentico
del tepore domestico.
Uscite dalle trincee.
Combatterete dopo.
Anche se dura la battaglia,
ubriaca di sangue e vacillante come Bacco,
le parole d’amore non sono vane.
Cari tedeschi!
Io so
che avete sul labbro
la Margherita di Goethe.
Muore il francese
sulla baionetta sorridendo,
con un sorriso si schianta l’aviatore ferito,
se ricorda
il bacio della tua bocca,
Traviata.
Ma a me che importa
della rosea polpa,
che i secoli masticheranno?
Oggi stendetevi ad altri piedi!
Canto te,
imbellettata,
fulva.
Forse di questi giorni,
orrendi come aguzze baionette,
quando i secoli avranno canuta la barba,
resteremo soltanto
tu
ed io,
che t’inseguirò di città in città.
Sarai mandata di là dal mare,
ti celerai nel covo della notte:
ti bacerò attraverso la nebbia di Londra
con le labbra di fuoco dei lampioni.
In lente carovane percorrerai i torridi deserti,
dove stanno leoni in agguato:
per te
sotto la polvere, strappata dal vento,
sarà un Sahara la mia guancia ardente.
Con un sorriso sulle labbra guardami,
vedrai
che torero io sono!
E d’improvviso
getterò sul tuo palco la mia gelosia
come l’occhio morente del toro.
Se portando il tuo passo distratto sul ponte
penserai
che ti sta bene laggiù,
sarò io
sotto il ponte la corrente della Senna,
e ti chiamerò,
digrignando i putridi denti.
Con un altro incendierai nel fuoco dei cavalli
Strelka o Sokolniki.
Io starò in alto a farti soffrire
con un’ignuda luna in attesa.
Sono forte,
avranno bisogno di me
e mi ordineranno:
muori in battaglia!
Il tuo nome
sarà l’ultimo,
rappreso sul mio labbro lacerato dal proiettile.
Finirò sul trono?
O a Sant’Elena?
Dominati i flutti tempestosi della vita,
sarò ugualmente candidato
al regno dell’universo
e al lavoro forzato.
Se è mio destido d’essere re,
il tuo viso
ordinerò di coniare al mio popolo
nell’oro vivo delle mie monete!
O laggiù,
dove si scolora il mondo nella tundra,
dove traffica il fiume col vento del nord,
sul ferro graffierò il tuo nome, Lilia,
e le catene bacerò nel buio della galera.
Ascoltate, immemori dell’azzurro del cielo,
irsuti,
come bestie feroci.
Al mondo, forse,
questo ultimo amore
è un’alba vivida come incarnato di un tisico
III
Scorderò l’anno, la data, il giorno.
Mi chiuderò solo con un foglio di carta.
Avverati, magia sovrumana,
delle parole illuminate di pianto!
Oggi, appena entrato nella tua casa,
mi sono sentito
a disagio.
Tu celavi qualcosa nell’abito di seta
e s’effondeva nell’aria un profumo d’incenso.
Sei felice?
Hai risposto un freddo:
“Molto “.
L’inquietudine ha rotto l’argine della ragione.
Accumolo disperazione, nel delirio della febbre.
Ascolta,
tanto non ci riesci
a celare il cadavere.
Scagliami in viso la parola terribile.
Ogni tuo muscolo urla
lo stesso,
come in un megafono:
è morto, è morto, è morto.
No,
rispondi.
Non mentire!
(Come farò a tornare indietro così?)
Come due tombe
ti si scavano gli occhi nel viso.
Le due fosse si inabissano.
Non se ne vede il fondo.
Mi sembra
di crollare dal palco dei giorni.
Come una fune, ho teso l’anima sul precipizio
e vi ho fatto l’equilibrista, giocoliere di parole.
Lo so,
ormai l’ha consunto l’amore.
Da tanti segni indovino la noia.
Fammi tornare giovane nell’anima.
La gioia del corpo fà di nuovo conoscere al cuore.
Lo so,
per una donna sempre si paga.
Non fa niente,
se intanto,
non ti vestirò con l’elegante abito di Parigi
ma soltanto col fumo della sigaretta.
Il mio amore,
come un apostolo d’età remote,
diffonderò oer mille e mille strade.
Da secoli è pronta per te una corona,
ove sono incastonate le mie parole:
arcobaleno di spasimi.
Come fecero vincere Pirro
gli elefanti con passi di due quintali,
così io ho sconvolto il tuo cervello col passo del genio.
Invano.
Non potrò piegarti
Gioisci,
gioisci
d’avermi finito!
Ora è tale l’angoscia che desidero
soltanto fuggire al canale
e il capo cacciare nell’acqua digrignante.
Mi hai offerto le labbra.
Con quanta indifferenza.
Le ho sfiorate e m’hanno ghiacciato.
M’è parso di baciare in penitenza
un monastero intagliato nella fredda pietra.
Hanno sbattuto
la porta.
È entrato lui,
rorido della gaiezza delle strade.
Io
con un gemito mi sono spezzato in due.
Gli ho gridato:
” Va bene!
Me ne andrò!
Va bene!
Rimarrà tua.
Ricoprila di stracci,
le sete appesantiscono le sue timide ali.
Bada che non s’involi.
Appendile al collo
come una pietra collane di perle!”.
Oh, questa
che notte!
Ho spremuto a non finire la mia disperazione.
Al mio pianto e al mio riso
il muso della stanza d’è torto in una smorfia d’orrore.
E come una visione sorse a te il suo sembiante,
sul suo tappeto effondevi l’aurora dei tuoi occhi,
quasi in sogno evocasse un nuovo Bjalik
un’abbagliante regina dell’ebraica Sion.
Nel tormento ho piegato i ginocchi
dinanzi a colei che non è più mia.
A mio paragone
re Alberto,
arresosi con tutte le sue fortezze,
è un festeggiato ricolmo di regali.
Indoratevi al sole, fiori ed erbe!
Dilagate in primavera, vita di tutti gli elementi!
Io un solo veleno desiderio:
bere e bere sempre versi.
Tu che hai saccheggiato il mio cuore,
privandolo di tutto,
e nel delirio m’hai lacerato l’anima,
accogli, cara, il mio dono,
forse più nulla io potrò inventare.
Onorate a festa la data di oggi.
Avverati,
magia simile alla passione di Cristo.
Vedete,
sulla carta sono trafitto con chiodi di parole.
— Vladimir Majakovskij —
IL FLAUTO DI VERTEBRE
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I funerali di Franca Salerno
Il mio corpo non aveva mai sostenuto quello di un corpo morto.
Le mie spalle non avevano mai sorretto una bara prima di ieri pomeriggio… e ringrazio tutte di avermi coinvolto inaspettatamente.
Portare Franca sulla mia spalla è stata una grande emozione,
il suo peso sulle mie spalle è stato piacevole, il suo peso e quello della sua storia in questo modo sono entrate ancora di più nel mio corpo. Noi donne, a portare il tuo corpo.
Siamo donne Franca mia, e la rivoluzione -quando decidiamo di farla, che ci sia o no- passa sempre su di noi, ci lacera la carne, ci entra dentro
Tu lo sai bene, sorella e compagna, madre e combattente: lo sai bene perchè la tua strada non ha avuto mai pace, mai una passeggiata che non fosse una faticosa salita.
Perchè il tuo corpo ha sempre pagato, perché hai messo al mondo una meraviglia che c’ha lasciato troppo troppo presto, perché da quando eri poco più di una bimbetta hanno cercato di spezzare il tuo volo e alla fine, comunque, non ci sono mai riusciti del tutto.
Portava i tuoi occhi quel dolce Antonio che tutti noi abbiamo amato, portava i tuoi occhi, occhi liberi!
Ed ora tu libera lo sei sul serio…ora non ci sarà cemento né sbarre a fermare il tuo cammino e il tuo sguardo. E’ finito il dolore, ora sei libera come quel sorriso che c’hai donato-
Ora sei evasa sul serio da quella galera, come già aveva fatto il tuo corpo combattente e troppo libero per sottostare alla follia e alla tortura del carcere, del carcere speciale, dell’isolamento.
Non so come trovare le parole per salutarti, voglio solo dirti che la tua storia è la mia storia.
Che per me sei TUTTA da ricordare: la Franca della sua adolescenza in fuga, della sua militanza, della scelta delle armi, del carcere, delle evasioni, dei pestaggi sul pancione, dei primi anni di tuo figlio in isolamento con te in un carcere speciale sardo, della sua morte poi dopo che finalmente eravate tornati insieme, e poi la tua malattia e il modo in cui l’hai combattuta.
Ciao Franca, grazie
LINK:
Una vecchia intervista con Franca Salerno
Ciao Anto’
L’evasione di Franca Salerno e Maria Pia Vianale
Ciao Franca, cuore nostro
La copertina con la stella
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Mario libero, tutti liberi
Mario libero, tutti liberi
Durante la prima udienza per il Processo contro 5 delle 26 persone rinviate a giudizio tra i fermati del 14 dicembre a Roma, il Tribunale di Roma ha confermato le misure di restrizione della libertà per tutti gli imputati.
Mario continua ad essere costretto agli arresti domiciliari senza poter vedere nessuno, se non i genitori, né comunicare con l’esterno. Lo studente di 16 anni (giudicato l’altro giorno al tribunale minorile) rimarrà ai domiciliari fino a giugno e l’unica concessione è stata il poter andare a scuola la mattina. Agli altri è rimasto l’obbligo di firma 2 volte al giorno.
Non è stata concessa nessuna attenuante alle restrizioni, adducendo come motivazione il “clima di tensione sociale”: una chiara scelta politica da parte dei magistrati nei confronti di chi si ribella alla crisi che i padroni vogliono imporre e all’offensiva del governo Berlusconi.
Il comune di Roma si costituisce parte civile contro tutte quelle persone che hanno nei capi di imputazione il “danneggiamento”. Una decisione chiaramente intimidatoria del fascista Alemanno, che è tanto bravo nel dare i numeri, quanto incapace nel considerare le questioni sociali della città, ormai ridotta ad una discarica dopo di due anni di sua amministrazione.
I magistrati hanno dimostrato di essere rimasti fortemente intimoriti dalle sparate dei vari Alemanno, La Russa e Gasparri e dagli atti intimidatori del governo tramite il Ministro Alfano che, dopo le udienze di convalida degli arresti, ha inviato gli ispettori del ministero, per far capire che aria tirava per chi non seguisse il volere del capo.
Il 14 Dicembre c’è stata una sacrosanta esplosione di rabbia popolare, un tumulto contro uno stato e una classe politica marcia e corrotta, che ha continuato a mostrare il suo vero volto dentro al parlamento tramite la compravendita dei parlamentari a vantaggio della maggioranza per superare la mozione di sfiducia al governo.
Quel giorno a Roma è scesa in piazza una parte di quell’Italia vessata e offesa da anni di Berlusconi e di politiche neoliberiste sottomesse agli interessi degli industriali e degli speculatori; quell’Italia con cui il governo non parla, non tratta, non media: esperienze di lotta che il governo non ascolta, ma che gestisce esclusivamente attraverso la repressione.
I terremotati dell’Aquila, i dannati della monnezza di Terzigno, le tante altre lotte del territorio contro le nocività e le speculazioni, gli studenti e i ricercatori dell’Università e i lavoratori di tutto il mondo della scuola da anni in lotta contro i tagli, i senza casa e senza lavoro, gli occupanti di casa e dei centri sociali, le persone migranti che non cedono al ricatto dello sfruttamento e si ribellano fuori e dentro i CIE per non essere internate e deportate, i metalmeccanici a cui Marchionne e confindustria stanno imponendo il ricatto del lavorare come schiavi o la chiusura degli stabilimenti, un’intera generazione precaria a cui è negata qualsiasi prospettiva di presente e di futuro: nei loro confronti, nei giorni e nei mesi scorsi, l’unica risposta è stata quella dei manganelli e delle denunce giudiziarie.
Il 14 Dicembre è stato un giorno di rivolta popolare e malgrado i tentativi di criminalizzazione, le sparate dei giornalisti e le becere analisi sociologiche, i movimenti e tutti quei singoli che vogliono lottare non hanno ceduto alla logica “buoni e cattivi”, ma hanno rivendicato quella forza espressa nelle strade come loro rabbia e loro dignità, come rabbia e dignità di ciascuno di noi. Quella rivolta ha fatto scrollare di dosso la paura che stato e capitale vogliono imporre e restituisce la consapevolezza che l’unica fiducia che si può avere è quella nei propri mezzi.
Sosteniamo e solidarizziamo con tutti gli arrestati, tutti i rastrellati, tutti i denunciati di quella giornata e delle lotte sociali di questi mesi.
Mario Libero tutti Liberi
L38 Squat / Laurentinokkupato – Roma
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Oreste Scalzone risponde a Gasparri sul 7 aprile
Da Parigi Oreste Scalzone replica alle dichiarazioni rilasciate oggi da Maurizio Gasparri che ha auspicato una retatata preventiva, come gli arresti del 7 aprile 1979 che portarono in carcere i vertci dell’Autonomia, contro i Centri sociali da lui considerati i capi occulti delle manifestazioni di quest’ultimo periodo contro il governo e degli scontri del 14 dicembre scorso a Roma
«La governance, non solo in Italia, marcia allo sbando e non avendo niente da offrire sul terreno di una regolazione sociale che non sia dettata da un sotterraneo panico, semplicemente si fa feroce. Resta un’attitudine predatoria e di guerra alla cieca a quelli che per per brevità possiamo chiamare poveri e sottoposti». È il punto di vista di Oreste Scalzone, ex leader di Potere Operaio, che fu tra gli arrestati in quel 7 aprile evocato oggi dal capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. «Invece delle sciocchezze che vanno dicendo i vari Cascini e Palamara, qui ci vuole un Sette aprile, giorno in cui furono arrestati tanti capi dell’estrema sinistra collusi con il terrorismo», ha detto il senatore Pdl in merito agli scontri dei giorni scorsi a Roma. «Gasparri non perde occasione per straparlare in modo talmente grottesco che rende difficile anche infuriarsi», è stata la replica di Scalzone, al telefono con l’Ansa.
«Di fronte all’orizzonte livido e stregato che passa il convento – ha continuato Scalzone – considerare impensabili delle esplosioni di rivolta di questo genere è da decerebrati. Quando poi si parte col voler strumentalizzare questa rabbia per giocarla nel teatrino della politica e poi si sconfessa chi esce dalle righe e lo si demonizza, si esercita una vera funzione di provocazione prima e di infamia dopo».
Scalzone – che fu condannato a 16 anni di reclusione per partecipazione a banda armata e rapina e ora, dopo una lunga latitanza, è un uomo libero perchè i reati di cui era accusato sono stati dichiarati prescritti – ha annunciato che proprio sugli scontri di Roma sta inserendo in queste ore una «videolettera» su Youtube in 12 moduli. Al centro delle sue osservazioni, anche Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato: «La signora Finocchiaro – ha osservato, fra l’altro – aveva sfoderato la solita abbietta dietrologia straparlando di poliziotti infiltrati tra quei manifestanti». «Siamo al punto – ha poi sottolineato Scalzone – che è il capo della polizia Manganelli che deve farsi carico di parlare della rabbia sociale che muove soprattutto i giovanissimi, per lamentare che una ‘voragine di vuotò affida alla polizia ed esclusivamente ad essa la gestione del problema».
IL 7 APRILE su questo blog : 1–2
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A Claudio Rotondi, volato via troppo presto…
Sapere che te ne sei andato mi lascia un grande vuoto.
Sapere che tra poco sarai terra, mi consola e mi fa sorridere.
Sapere che non litigheremo più mi crea un grande vuoto.
Ciao antipatico rompicoglioni,
t’ho sempre voluto tanto bene, ciao compagno nostro.
Mi avranno
soltanto
con un colpo alle spalle
I D’Anthes non mireranno alla mia fronte
Quattro volte invecchierò, quattro volte sarò ancora giovane
prima di
scendere nella tomba.
Dovunque io muoia
morirò cantando.
Dovunque io cada
sarò degno di giacere laggiù
con chi è caduto sotto la rossa bandiera.
Ma comunque vada
la morte è sempre la morte.
E’ spaventoso non amare
terribile non osare più.
C’è per tutti un colpo,
per tutti un coltello.
E per me che cosa?
E quando?
Nell’infanzia forse,
sul fondo,
ritrovo in tutto
dieci giorni discreti.
E quel che tocca agli altri?!
A me già basterebbe!
Ma no.
Vedete
non l’ho avuto!
Credere all’aldilà!
Lieve il banco di prova.
Basta
tendere la mano
e in un attimo
il colpo
ti traccia nell’oltretomba
il cammino sibilante.
Ma che fare
se con tutta
con tutta l’ampiezza del cuore
io
ho creduto
e credo
in questa vita
e in questo mondo.
Petizione A.. (vi prego, compagno chimico, compilate voi stesso) Majakovskij
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LIBEROoOoOoOoO!
T’è cambiata la voce, come le donne in gravidanza! 😉
Non sai che dire eh? Balbetti quasi, con quella voce rotta dall’emozione, con un’orgia in capoccia che ti sta martellando,
che malgrado lo zuccotto in testa non t’ha fatto chiudere occhio una notte intera.
T’è cambiata la voce, tesoro mio e a me il cuore non smette di tremare dalla gioia,
da una felicità immensa che da madre mi ricorda quella di un parto. Un parto si, quando vedi il tuo cucciolo la prima volta negli occhi…
Oggi i tuoi occhi sono nuovi, quegli occhi belli e pieni di gioventù, quegli occhi che ti brillano come fossi un bambino.
Oggi nasci di nuovo, dopo più di trent’anni, alla faccia di tutte le mani che hanno girato chiavi per tenerti chiuso,
alla faccia di ogni blindato, di ogni spioncino, di ogni vascone di cemento.
Alla faccia delle cacate nel bugliolo, della casanza dell’infermeria a cui eri costretto, alla faccia di quel muro che ha bloccato la tua bella…
alla faccia di quel MAI che t’avevano cucito sulla pelle,
alla faccia del mondo intero, oggi ti auguro tutto il mondo, te lo impacchetterei tutto in una carta di seta e gelsomino,
di fiori di loto intrecciati, di coralli e radici di baobab.
Il mondo intero vorrei donarti, a te che me n’hai donato tanto,
a te che m’hai fatto rialzare, a te che m’hai dato un calore unico, a te che sei dentro di me in ogni mio gesto e lo sarai sempre.
A te, grande amore della mia vita, bello come il sole, bello bello bello come un carcere che brucia
e che oggi è bruciato sul serio. PER SEMPRE!
Il mondo intero vorrei donarti, non smetto di ripeterlo, tra le lacrime che mi scendono euforiche!
Con un amore che è troppo grande per non scoppiare e urlare a squarciagola!
Ti adoro uomo libero, ti adoro fratello e compagno mio,
Ti adoro infinitamente!
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Uomini che uccidono le donne: Medioriente e Sudest asiatico
UN ARTICOLO DA LEGGERE ASSOLUTAMENTE!
QUELLO CHE SI PUO’ DEFINIRE GIORNALISMO…COMPLIMENTI A ROBERT FISK, COME SEMPRE.
QUESTO LUNGO ARTICOLO E’ VERAMENTE INTERESSANTE
Uomini che uccidono le donne
di Robert Fisk The Independent, 7 settembre 2010
Una tragedia, un orrore, un crimine contro l’umanità. I particolari degli omicidi – donne decapitate, bruciate, lapidate, pugnalate, folgorate, strangolate e seppellite vive per lavare “l’onore di famiglia” – sono terrificanti. Le ultime statistiche mondiali pubblicate dall’Onu nel 2007 parlano di circa cinquemila morti all’anno, ma in Medio Oriente e nel sudest asiatico molte associazioni di donne sospettano che le vittime siano al meno quattro volte di più.
I delitti d’onore sono frequenti soprattutto tra i kurdi dell’Iraq, tra i palestinesi della Giordania, in Pakistan, e in Turchia. Forse però questa sproporzione dipende dal fatto che in alcuni Paesi la stampa è più libera di denunciare e compensa la segre tezza che circonda gli stessi delitti in Egitto, dove il governo nega che esistano, e in altri Paesi del Golfo e del Medio Oriente. Da molto tempo i delitti d’onore sono aumen tati anche in Occidente: in Gran Bretagna, in Belgio, in Russia, in Canada. In molti Pa esi del Medio Oriente, le autorità sono complici dì questi crimini, e riducono o addirittura annullano le condanne degli assassini se le donne fanno parte della famiglia, oppure classificano gli omicidi come suicidi per evitare i processi.
Aisha Ibrahim Duhulow aveva 13 anni nel 2008 quando, dopo esser stata accusata di adulterio, è stata trascina ta in una buca scavata nel terreno, sepolta fino al collo, e lapidata da cinquanta uomini. Il suo crimine? Essere stata violentata da tre uomini.
Nell’agosto del 2008, in Belucistan, cinque donne sono state sepolte vive per aver commesso reati contro l’onore delle fami glie. Hamida, Rahima, e Fauzia erano adolescenti. Degli uomini le hanno picchiate, gli hanno sparato, e le hanno gettate ancora vive in una fossa dove le hanno coperte di pietre e di terra. Altre due donne, di 45 e di 38 anni, hanno fatto la stessa fine per aver protestato. Le più giovani erano colpevoli di aver voluto sposare uomini non scelti dalle loro famiglie. Un parlamentare pachistano, Israrullah Zehri, ha dichiarato in aula che quegli omicidi facevano parte “di una tradizione secolare che bisogna continuare a difendere”.
Nel dicembre del 2003 Multan, ancora in Pakistan, una ragazza di 13 anni, Afsheen, è stata assassinata dal padre perché, dopo un infelice matrimonio combinato, era fuggita con un altro uomo, Hassan. Afsheen veniva da una famiglia istruita di ingegneri e avvocati, “Le ho messo dei sonniferi nel tè e poi l’ho strangolata col dupatta (una lunga sciarpa che fa parte del costume tradizionale delle pachistane) “, ha confessato il padre alla polizia. “L’onore è l’unica cosa che conta per un uomo. Era la mia figlia preferita. Sento ancora le sue grida e avrei voglia di tagliarmi le mani e di farla finita”. I parenti avevano trovato Afsheen a Rawalpindi in compagnia di Hassan, e le avevano promesso che se fosse tornata a casa non le avrebbero fatto nulla. Mentivano.
Giovanissime
Incidenti domestici
Comportarsi bene
In Iran e in Afghanistan gli omicidi per motivi d’onore sono spesso provocati dalle faide tribali. In Iran, per esempio, un funzionario della provincia di Khuzestan, abitata da una consistente minoranza araba, ha dichiarato nel 2003 che in due mesi 45 donne erano state uccise per onore e che nessuno dei colpevoli era stato punito. Tutte le vittime avevano rifiutato matrimoni combinati o erano sospettate di avere avuto contatti con uomini estranei alle loro famiglie. In India una coppia di fidanzati indù, Yogesh Kumar e Asha Saini, è stata assassinata dalla famiglia della futura sposa perché il suo promesso sposo era di una casta inferiore – i due sono stati legati e uccisi con una potente scossa elettrica.
Ma veniamo all’Occidente. Qui a volte le famiglie immigrate si portano dietro, insieme ai bagagli, le tradizioni crudeli dei loro villaggi. A San Pietroburgo un immigrato azero è stato accusato di aver assoldato dei sicari per uccidere la figlia perché “non rispettava le tradizioni nazionali” e portava la minigonna. Nella periferia di Toronto, Kamikar Kaur Dhillon ha tagliato la gola alla nuora Amandeep perché voleva lasciare suo figlio, forse per un altro uomo. Il suocero omicida ha dichiarato alla polizia canadese che una separazione avrebbe attirato la vergogna sulla famiglia. A Londra una sikh del Punjab, Surjit Athwal, è stata uccisa per volontà della suocera perché aveva tentato di fuggire da un marito violento. Tulay Goren, una quindicenne kurda di origine turca che abitava nel nord di Londra, è stata torturata e uccisa dal padre, musulmano sciita, perché voleva sposare un sunnita. Scotland Yard ha ammesso molto tempo fa che avrebbe dovuto riaprire le indagini su oltre cento casi (alcuni risalgono a più di dieci anni fa) di donne che hanno avuto una morte violenta. Oggi si pensa che siano state vittime di delitti d’onore.
In cassaforte
Saturnino: “Fece bene, Andronico. La fanciulla non doveva sopravvivere alla vergogna e con la sua presenza rinnovare il dolore di lui. Quindi il destino di Lavinia è segnato”.
Tito: “Muori, muori, Lavinia, che la tua vergogna muoia con te, e con la tua vergogna il dolore del padre tuo!”.
Religione e cultura
Naima al Rawagh dice di non conoscere nessun uomo palestinese che sia stato ucciso per onore, anche se mi racconta la storia terrificante di uno che cinque anni fa vole va risposarsi. “Sua moglie lavorava, era indipendente economicamente e spendeva tutto per lui. Lo aveva mandato in Egitto per comprare alcuni prodotti, ma lui aveva usato i soldi per comprarsi un’altra moglie. Quando tornò, lei non lo uccise. Gli versò un sonnifero nel tè e poi gli tagliò il pene. Lei è finita in prigione. Lui è morto in ospedale”. Anche se questa storia sembra la trama di un film noir, Naima dice che gli uomini di Gaza sono veramente terrorizzati.
Cromwell come i taliban
Una lettera per Asma
Robert Fisk è un giornalista britannico. Vive a Beirut ed è corrispondente dal Medio Oriente per l’Independent. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è “II martirio di una nazione. Il Libano in guerra” (II Saggiatore 2010).
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Libertà per i precari BROS arrestati!
NESSUNO OSI RIBELLARSI!?
Libertà per i precari Bros arrestati!
13 precari del progetto Bros arrestati dopo un autentico pestaggio, otto reclusi nel carcere di Poggioreale e cinque attualmente ai domiciliari, sono l’ennesimo bilancio allucinante di chi pensa di gestire la crisi sociale con la repressione e il manganello. E’ francamente inaccettabile! Di chi è la responsabilità se non uno straccio di progettualità e di futuro si intravede per le migliaia di precari formati in questo progetto: è delle istituzioni locali e nazionali o di chi protesta e lotta per i suoi diritti!? Di chi è la responsabilità se la regione Campania sa parlare solo di tagli ai beni essenziali? Se l’avviamento pubblico al lavoro è diventata una barzelletta, se la disoccupazione in città raggiunge cifre astronomiche e viviamo in un paese dove il welfare è ormai inesistente!?
“Briganti o Emigranti”, sembra questa, ancora una volta, l’unica possibilità prevista da chi detiene le leve del potere. Mentre la speculazione divora centinaia di milioni di euro con la cosiddetta “emergenza rifiuti”, mentre la raccolta differenziata che produrrebbe
tanti posti di lavoro è sistematicamente boicottata. In questa situazione è semplicemente vergognoso il comportamento di Questura e Prefettura che cercano di offrire uno sfogo alla crescente insicurezza sociale muovendo guerra ai ceti subalterni, a chi non accetta l’umiliazione della marginalità e si batte per i propri diritti.
E’ indecoroso il facile populismo securitario che ritroviamo spesso sui media, incapaci invece di incalzare una classe dirigente che gestisce la crisi economica contro i più deboli. E’ preoccupante il tentativo di affermare teoremi giudiziari che affrontano le lotte popolari come un fenomeno criminale!
A tutti i precari e i disoccupati, agli studenti che non hanno più una scuola pubblica, ai lavoratori senza diritti, alle famiglie senza alcuna
protezione, ai cittadini che vedono il proprio territorio avvelenato,
a chi non riesce ad arrivare alla fine del mese: usciamo dal silenzio, ribelliamoci! E’ la sola possibilità che abbiamo!!
Ai sinceri democratici chiediamo di prendere finalmente parola contro l’ennesima svolta autoritaria.
Giovedi le realtà dell’autorganizzazione sociale, dei sindacati di base, degli studenti, dei comitati civici per i beni comuni, del mondo del lavoro, dei precari saranno in piazza in occasione dell’udienza di Riesame degli arresti per rivendicare la libertà dei 13 precari, la fine della repressione contro le lotte sociali, la liberta di Tonino, altro compagno colpito da un’autentica persecuzione repressiva e giudiziaria.
Giovedì 11 novembre ore 9.30 piazza Mancini
Corteo contro la criminalizzazione delle lotte sociali
Movimenti napoletani
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L’alba tanto desiderata
Una grande emozione come sempre, la più bella città d’Italia…
una grande emozione avere il golfo sotto i piedi in un risveglio partenopeo che se l’avessi potuto disegnare non sarebbe stato così meraviglioso.
Poi del corteo ne parliamo più tardi, intanto godetevi ‘o Vesuvio di prima mattina!
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Mostra fotografica della comune di Oaxaca
ROMPIAMO IL SILENZIO!
MOSTRA FOTOGRAFICA DELLA COMUNE DI OAXACA, MESSICO
Una mostra che nasce a Oaxaca, nel cuore stesso della ribellione di quei giorni dell’anno 2006.
Una ribellione lunga mesi che è cominciata rivendicando migliori condizioni per gli alunni e i maestri, per poi estendersi a tutta la popolazione.
Una ribellione che ha visto l’autogestione di un’intera città, dove si è costituita una nuova forma di società comune e solidale.
Una ribellione finita nel sangue.
L’esposizione collettiva itinerante risulta ambiziosa nel suo contenuto: circa 200 fotografie (panoramiche e stenopate, a colori e in bianco e nero), montate su pannelli di legno, alle quali si aggiungono serigrafie, articoli di giornale, testimonianze sulla repressione d’ottobre, poesie, disegni, brani musicali e manifesti di cortei che rimandano alle lotte, ai sogni e al dolore di quei giorni: una mostra che narra la dignità, la determinazione e la creatività di una città.
Donne, uomini, bambini, indigeni e meticci, che camminano oltre le divisioni, le barriere, le differenze di colore e di classe: sono gli attori stessi ad averne voluto l’esistenza, per portare la loro parola al di là dell’oceano.
Fotografi e artisti, giornalisti e poeti hanno donato i loro documenti e le loro opere in una tensione comunicativa, d’amicizia e di solidarietà, per diffondere la storia di quei giorni.
La mostra è realizzata da La Parole Qui Roule che riunisce individui appartenenti a diversi collettivi di appoggio e solidarietà con il Messico in Francia e Belgio.
Il tour in Italia (Lugano, Roma, Bologna, Milano) è organizzato dalla piattaforma di solidarità con il Messico REDEMEX di cui fanno parte il collettivo Nodo Solidale, il collettivo zapatista Marisol di Lugano e l’Osservatorio America Latina dell’XM24.
La mostra sarà a Roma al Forte Prenestino, tutte le sere dal 23 al 26 ottobre 2010 dalle ore 19.30
SABATO 23 OTTOBRE
Ore 19.30
Aperitivo benefit e inaugurazione della mostra. Saranno presenti i curatori
A seguire
Proiezione di “BRAD una noche màs en las barricadas” Collettivo 2007, VIDEOHACKERS, Brasile, 55′, sottotitoli in italiano
Sinossi: il documentario si apre con la ultima scena girata da Brad Will, che a Ottobre 2006 si trovava a Oaxaca per documentare la ribellione popolare come giornalista indipendente di Indymedia, lì dove incontrò la morte per mano dei paramilitari.
Questo filmato narra la storia di Brad e del suo legame con il movimento,ripercorrendone i momenti salienti: Seattle, Praga, Genova, Quito, Oaxaca.
Questo documentario nasce dalla volontà dei suoi amici e delle persone che l’hanno conosciuto di narrare questa storia di ordinaria ingiustizia.
Durante le serate di apertura della mostra sarà in funzione la Trattoria
al Forte Prenestino, Via Delpino, Centocelle
Collettivo zapatista di Lugano “Marisol” (Svizzera)- http://czl.noblogs.org/
Osservatorio America Latina del centro sociale XM24 di Bologna (Italia) –http://reporter.indivia.net/
Colettivo Nodo Solidale di Roma (Italia) –http://www.autistici.org/nodosolidale/
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Una terra chiamata metafora, la terra degli arabi
Una poesia di Nizar Qabbani che da anni mi scalda il cuore.
Lui e il suo parlamento di gelsomini…mai altre parole hanno raffigurato così bene gli odori e i colori di quella terra assaggiata tempo fa.
Raffigurazione del tempo grigio
E’ dall’infanzia che cerco / di raffigurare il mio paese.
Ho disegnato case / ho disegnato tetti / ho disegnato volti.
E minareti dorati ho disegnato/ e strade deserte
dove sdraiarsi per lenire la stanchezza.
Ho disegnato una terra chiamata metafora,
la terra degli arabi.
E’ dall’infanzia che cerco di disegnare una terra
che mi tratti con gentilezza / se infrango il vetro della luna
e mi ringrazi se scrivo versi d’amore
e se inseguo l’amore mi lasci fare / come un uccello, sugli alberi.
Cerco di disegnare una terra
nella quale gli uomini ridano … e piangano come gli altri uomini.
Cerco di liberarmi dai miei modi di dire
e dalla maledizione del soggetto e del complemento oggetto,
di scrollarmi la polvere dalle spalle
di lavarmi il viso con acqua piovana.
Cerco con l’autorità della sabbia di abbandonare il campo …
Addio Quraish / Addio Kulayb / Addio Mudar .
Cerco di disegnare una terra
con un parlamento di gelsomini
con un popolo schiavo del gelsomino
le cui colombe si addormentino sul mio capo
i cui minareti piangano nei miei occhi.
Cerco di disegnare una terra
che sia amica della mia poesia
e non si intrometta tra me i miei pensieri
nella quale non marcino gli eserciti
sulla mia fronte.
Cerco di disegnare una terra
che mi ricompensi se brucio i miei abiti
e mi perdoni
se straripa il fiume della mia follia.
Cerco di disegnare una città dell’amore / priva di vincoli
dove le donne non vengano immolate / e il loro corpo addomesticato.
Ho viaggiato a sud / ho viaggiato a nord / ma inutilmente.
Il caffè di tutti i locali ha lo stesso aroma
tutte le donne quando si spogliano / hanno lo stesso profumo.
Tutti gli uomini della tribù non masticano il cibo
ma inghiottono le donne / in un solo boccone.
Ho cercato sin dall’inizio / di non somigliare ad alcuno.
Ho sempre respinto i discorsi in scatola
e rifiutato qualsiasi idolo.
Ho tentato di bruciare tutte le parole di cui mi sono rivestito:
a volte le poesie sono una tomba / e le lingue un sudario.
Ho disegnato l’emorragia dei bar / ho disegnato la tosse delle città
e ho preso appuntamento con l’ultima donna
e tuttavia … sono arrivato a tempo scaduto.
Cerco di disegnare una terra
dove il mio letto sia solido
e solida la mia testa
perché possa dalle navi avvistare la costa.
Ma loro … mi hanno requisito la scatola dei colori
e non mi permettono
di raffigurare il volto del mio paese.
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Passerotti uccisi: i cortili delle carceri speciali
Terra-cotta: che parola ancestrale.
Mi rilassa solo dirlo, come se con sé avesse un portato di colori ed odori sempre esistiti…
Terra-cotta: che sa di lavoro, sa di secoli d’esperienza, sa di mani che modellano.
UNA VECCHIA LETTERA DA BADU E CARROS [Sante Notarnicola]
“Poi, caro compagno, nei cortili
dopo gli idranti,
sono entrati i guardiani.
Avevano caschi, scudi
mazze e manganelli.
Ci siamo battuti,
a mani nude, noi.
E’ stata lunga la strada
dai cortili alle celle.
Qua e là: chiazze di sangue.
Nell’atrio
per le scale
e nelle celle: sangue.
La primavera è stupenda
da queste parti, lo sai.
E sai che a volte
i passeri più piccoli
cadono dal tetto
della prigione.
Uno era finito
nel nostro cortile.
Volava in modo
incerto, era buffo.
Io l’ho visto quando,
l’agente più giovane
del gruppo, lo colpì …
come fosse
una palla da baseball.
Finì appiccicato al muro.
Restò un attimo sospeso.
Poi cadde…
Ridevano tra loro
i guardiani: non
voleva rientrare …”
Compagno, la primavera
è stupenda da queste parti…”
PALMI, 16 dicembre 1984
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Lei, la Bomba!
C’ho provato tutto il giorno a far finta di niente, ma tanto son quelle date che fin da bambina non riuscivano a scorrerti lisce sulla pelle.
Il 6 agosto di solito si sta più che spensierati, a godersi l’estate da qualche parte e in buona compagnia: è sempre così, più o meno.
Ma non riesco a non pensare a lei, Bomb, quella che Gregory Corso nella sua poesia a forma di fungo amava provocatoriamente (lui, poeta beat) per la sua forza distruttrice superiore a tutto. La bomba: oggi è il suo giorno, si.
Il più drammatico.
Lei, la bomba atomica. La maledetta. Quella che gli Stati Uniti hanno lanciato ben due volte su due città ignare.
E così visto che la rete ci dona documenti preziosi pubblico un po’ di straordinarie e drammatiche immagine di quel 6 agosto di 65 anni fa.

Esplose a 576 metri di altitudine, con uno scoppio equivalente a 13 chilotoni di TNT, uccidendo sul colpo tra le 70.000 e le 80.000 persone.

La stima dei morti oscilla intorno ai 200.000. La missione statunitense riuscì perfettamente; tutto fu programmato nel minimo dettaglio
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Campeggio antinucleare
Dal 24 al 28 Agosto 2010
2° Campeggio Antinucleare
Località Masseria Fattizze
sulla San Pancrazio-Porto Cesareo ,a 2 Km da Porto Cesareo ( Lecce )
Siamo ormai nel terzo anno di una crisi economica che a dispetto dei proclami del governo è ben lungi dall’essere alle nostre spalle. Anzi la crisi accelera, i grandi gruppi finanziari ed assicurativi, dopo essere stati salvati con i soldi dei contribuenti, impongono riavviando il perverso ciclo della speculazione finanziaria una manovra Europea coordinata dalla Germania tutta “lacrime e sangue” per i cittadini di ogni paese.
Il conto di oltre 20 anni di liberismo sfrenato, globalizzazione selvaggia, privatizzazioni di pezzi importanti di welfare state viene oggi fatto pagare ai lavoratori, ai precari ai disoccupati ai pensionati. Anche chi pensava come i dipendenti pubblici di essere al riparo dagli sconquassi di un turbocapitalismo tecnocratico globalizzato è oggi colpito e nell’angolo incapace di una reazione.
Il ritorno al nucleare in Italia è sicuramente parte importante di un progetto autoritario e reazionario scelto dal Governo Berlusconi per consentire ad aziende incapaci di progettare modelli di sviluppo differenti una scialuppa di salvataggio nel mare in tempesta della crisi mondiale.
Le grandi Multinazionali dell’Energia: Enel, Edf Edison, Eni, quelle dell’impiantistica da Areva a Finmeccanica, le lobby del cemento si apprestano al banchetto. Voglio i 30 miliardi di euro cifra minima prevista per le prime 4 centrali nucleari in Italia per continuare a fare ingenti profitti, devastando territori, annientando con politiche repressive qualunque forma di resistenza.
La crisi accelera dicevamo con la Fiat ,che al solito anticipa quanto accadrà in futuro, chiede la resa dei lavoratori a Pomigliano e non avendola ottenuta minaccia e licenzia delegati sindacali per rappresaglia, promettendo delocalizzazioni per chi non ci sta e nuovi contratti senza diritti per chi ci sta.
E’ il nuovo mondo, la modernità senza diritti ma solo con doveri. Da tali contraddizioni esplodono ovunque conflitti, gli operai di Pomigliano, il popolo dell’acqua pubblica con il milione e quattrocentomila firme, i precari della scuola, i comitati contro il carbone delle centrali Enel, la TAV ed il Ponte sullo Stretto, tante battaglie sociali ed ambientali, appuntamenti internazionali come Cancun, momenti di resistenza purtroppo oggi frammentate e divise. Con questo 2°campeggio – luogo di incontro ,dialogo,socialità – proviamo a fare un passo avanti nel riconnettere le vertenze cosi’ da sostanziare un comune percorso di resistenza e cambiamento.
Il ritorno al nucleare ,dentro il disegno governativo di sfruttamento intensivo di tutte le fonti energetiche comprese quelle rinnovabili, con l’ulteriore devastazione ambientale e i connessi cambiamenti climatici che induce, così come il ciclo integrato dei rifiuti e le dannose “grandi opere”, nella incalzante sottrazione dei beni comuni ,dell’occupazione,dei diritti individuali e collettivi, sono i temi all’ordine del giorno di questo 2° campeggio .5 giorni di tavoli seminariali e di pubbliche uscite antinucleari come la “Notte della della Taranta” il 28 Agosto, per contribuire a rendere vivace e coinvolgente l’agenda politica dell’autunno 2010.
Brindisi 29.07.10
Comitato promotore regionale pugliese “NO al Nucleare”
Coordinamento nazionale antinucleare Salute –Ambiente-Energia
Per informazioni:368 582406
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BELLE che riescono…e altre che attendono!
La fonte è sempre Macerie, eccellente sito dei compagni torinesi sui CIE. Eh si, le BELLE, le evasioni, ogni tanto riescono e la cosa riempie il mio cuore sempre di una gioia rara, il sangue di un calore e una velocità diverse. Ancora migranti in rivolta, migranti che fuggono, migranti che cercano di riappropriarsi della propria libertà e della propria vita.
Da oggi arrivano notizie dal CIE di Bari, dove durante una rivolta e un tentativo d’evasione in massa, sei persone sono riuscite a fuggire mentre gli altri si son scontrati con le forze dell’ordine: 18 arresti.
Ci riaggiorneremo su Bari tra un po’
«Una cinquantina di extracomunitari questa notte hanno tentato di fuggire dal Centro Identificazione ed Espulsione (il Cie) del “San Paolo”. Un tentativo di fuga che ha subito richiamato l’attenzione delle Forze dell’Ordine e dei Militari del Battaglione “San Marco”. Inevitabile lo scontro.
Secondo la prima ricostruzione dei fatti compiuta dalla Questura di Bari, i rivoltosi, dopo aver sfondato le porte d’ingresso di tre settori destinati a moduli alloggiativi, sono giunti all’esterno dell’area ricettiva impugnando spranghe di metallo divelte dalla recinzione esterna della struttura. Ne è nato uno scontro con alcune unità della Polizia di Stato, dell’Arma Carabinieri nonché Militari del BTG “San Marco”.
L’intervento degli uomini in servizio nella struttura, subito affiancato da altre unità di rinforzo di Polstato, Carabinieri e Guardia di Finanza fatte giungere tempestivamente, ha consentito di contenere il tentativo di fuga. Solo 6 ospiti magrebini sono riusciti ad allontanarsi scavalcando le cancellate poste a protezione della struttura.
Una trentina di extracomunitari, invece, hanno raggiunto il tetto della struttura, lanciando oggetti contundenti, pezzi di metallo e bottiglie piene di acqua, all’indirizzo delle Forze dell’Ordine.
Durante gli scontri undici militari del reggimento “San Marco” e due Carabinieri, hanno riportavato lesioni, con prognosi variabili tra 3 e 15 giorni. Inoltre, sono rimasti feriti, durante il tentativo di fuga e nello scavalcamento della recinzione alta circa 5 metri, 6 cittadini extracomunitari ospiti della struttura, uno dei quali con trauma cranico con riserva di prognosi ed altri 5 soggetti con lesioni variabili tra i 5 e 35 giorni.
A conclusione degli scontri 18 cittadini extracomunitari, trattenuti presso il C.I.E., sono stati arrestati con l’accusa di devastazione, saccheggio seguito da incendio, resistenza, violenza e lesioni a pubblici ufficiali.» da Barilive
(Non appena avremo qualche notizia di prima mano di questa grossa sommossa – alcune agenzie parlano pure di due auto della polizia andate distrutte -, dei feriti e degli arrestati, ve le gireremo. Intanto riascoltatevi l’intervista ad Ammar, che giusto la settimana passata ci raccontava della situazione che si vive dentro al Centro barese)
macerie @ Luglio 30, 2010
————————————————————————————-
Che il Cie di Gradisca fosse un colabrodo, lo si sapeva già da tempo. Ma questa volta si può dire che i reclusi gliel’hanno fatta veramente sotto il naso, alle guardie del Centro. Approfittando del fatto che, per punizione, erano stati chiusi a chiave nelle celle, e che la porta non veniva aperta neanche per portare il cibo, alcuni di loro si sono messi tranquillamente al lavoro per praticare un bel buco nel soffitto. Da lì, hanno provato a scappare in 20: purtroppo ci sono riusciti solo in 9, però…
…però mentre la polizia era fuori dal Cie a caccia di evasi, dopo alcune ore dalla prima evasione, altri 3 sono riusciti a scavalcare il muro e a far perdere le proprie tracce! Proprio sotto il naso delle guardie, appunto. Con gran divertimento di chi non è riuscito a scappare e che, evidentemente, sa che la prossima volta potrebbe essere quella buona.
Leggi l’articolo del MessaggeroVeneto di oggi, 29 luglio 2010.
«Sei immigrati clandestini sono riusciti a fuggire, in pieno giorno, dal Cie di via Udine. Un bilancio ancora ufficioso considerando che, a ieri sera, erano ancora in corso sia gli accertamenti interni sia le ricerche nella campagna limitrofa alla struttura da parte delle forze dell’ordine. A quanto si è potuto apprendere, l’ennesimo tentativo di fuga di massa dal centro di identificazione ed espulsione isontino sarebbe scattato nel primo pomeriggio, poco dopo le 15, coinvolgendo circa una ventina di immigrati, riusciti a raggiungere il tetto della struttura forzando alcune grate in ferro posizionate sul soffitto di una camera. Un’azione fulminea che, sfruttando il mancato ripristino dei sistemi elettronici di sorveglianza (telecamere e sensori di passaggio a infrarossi erano stati pesantemente danneggiati nel corso della rivolta della scorsa settimana), avrebbe consentito ai clandestini di cogliere inizialmente di sorpresa le forze dell’ordine impegnate nel servizio di vigilanza. Nel corso dell’azione sei immigrati sarebbero riusciti a scavalcare le recinzioni esterne e dileguarsi nei campi retrostanti al Cie mentre per altri ospiti della struttura di via Udine il sogno di libertà si è infranto proprio a un passo dalla meta, grazie all’intervento delle pattuglie di vigilanza, riuscite a bloccarli proprio mentre stavano scavalando il reticolato. Un’altra decina di clandestini, invece, avrebbe desistito facendo autonomamente ritorno nelle camerate.»
macerie @ Luglio 29, 2010
CORRISPONDENZA CON IL CIE DI BARI EFFETTUATA DA RADIO ONDA ROSSA: ASCOLTA
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Come una piccola rana che così dorme contenta…
Guarda, non chiedo molto,
solamente la tua mano, tenerla
come una piccola rana che così dorme contenta.
Io ho bisogno di questa porta che aprivi
perché vi entrassi, nel tuo mondo, questo pezzetto
di zucchero verde, di tonda allegria.
Non mi presti la mano questa notte
di fine anno, di civette rauche?
Tu, per ragioni tecniche, non puoi. Allora
io la tesso nell’aria, ordendo ogni dito,
e la pesca setosa della palma
e il dorso, questo paese d’alberi azzurri.
Così la prendo così la sostengo, come
se da ciò dipendesse
moltissimo del mondo,
il succedersi delle stagioni,
il canto dei galli, l’amore degli uomini.
____Julio Cortàzar_____
Difficile rimettersi telematicamente in carreggiata dopo due mesi tondi tondi priva di connessione.
Sprazzi di rete qua e là non mi hanno certo permesso di aggiornare il mio amato blog, che porta tanto di me ma soprattutto tanto del mondo:
è per questo motivo che inizio, ri-inizio, queste pagine con un po’ di letteratura (troppo vi vorrei mettere!).
Perchè sia piacevole e rilassante come far l’amore al risveglio,
perchè sia lento un po’ distratto il mio tornare al mondo.
Un po’ frastornata da vibrazioni felici che non mi abbandonano e che non lascerò volar via…
sono felice e le brutture del mondo in queste ore mi sembrano lontane, povera stupida illusa.
Tra poco ricominceremo, con guerre e resistenze, con repressione, detenzione, rivoluzione.
Per ora mi sento ancora tra quelle radici o in vetta alla nostra montagna… non riesco a permettere a nulla di disturbarmi…
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Prima o poi riapparirò!
Ancora sospesa…
fossero solo pacchi e scatoloni ci si potrebbe stare…ma sta cosa che uno deve stare da 28 giorni senza connessione non mi va proprio giù…
non credo che senza di me state morendo, ma il contrario sta per avvenire..
Senza connessione sono un pesce fuor d’acqua, un ragno senza rete!
A presto, inshallah!!
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Maometto e la polizia
POI DICI PERCHE’ MI SONO MESSA A STUDIARE ARABO! GRAZIE RAFIQQ PER QUESTO REGALONE!
Il profeta Muḥammad al vedere un lupo in paradiso gli domandò:
“Un lupo in paradiso?”
…
Il lupo rispose: “Ho mangiato il figlio di un poliziotto”
Commentò Ibn ʿAbbās:
“Questo ed era solo il figlio: se avesse mangiato il padre sarebbe stato innalzato fino al paradiso supremo”
من حديث المعراج
النص العربي هو التالي
رأى النبي محمد (ص س) ذئبا في الجنة فسأل
ذئب في الجنة؟
فأجابه :أكلت ابن شرطي
علق ابن عباس في الحكاية: هذا وقد أكل ابنه، لو أكله لرفع في العليين
وأخذته من كتاب -المستطراف الجديد، مختارات من التراث – للكاتب العراقي هادي العلوي
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Socchiuso per ferie…
Eh si, di nuovo.
Botta di ossigeno ed energia prima dell’impacchettamento di tutto! 😉
Ancora qualche giorno persi tra le nuvole, ancora qualche giorno di totalità tra noi,ancora qualche giorno di volpi e cavalli selvatici, di quercie e aquile a caccia.
Quindi concedete a queste pagine un po’ di riposo, un po’ di lontananza dalle prigioni, dai CIE, dalle rivolte greche e dalle stragi quotidiane sul lavoro:
un po’ di vacanza solo fisica (magari mentale) dal mondo di merda che mi piace raccontare qui.
Mi vado ad immergere nel verde e nel blu, nell’orgasmo del corpo e della mente.
A presto presto!
Vi lascio con due mie foto
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a respirare tonnellate di ossigeno
Eh si…manine cicciotte che giocano con l’acqua.
Quelle del mio cucciolo son decisamente più piccole (e grasse) e da oggi se ne staranno un po’ in montagna…
un blog vacanziero per qualche giorno, lontano da tutto.
Sulla nostra montagna senza connessione mi/ci sarà impossibile aggiornare queste pagine…
andremo a caccia di fiori e di lupi, di orsi e di falchi…!
alla prossima settimana
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Un po’ di vacanza….a tra qualche giorno!
SI PARTE!!!

Foto di Valentina Perniciaro _FUORI CL/ASSE_
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Anna Achmatova: BEVO…
Bevo a una casa distrutta,
alla mia vita sciagurata,
a solitudini vissute in due
e bevo anche a te:
all’inganno di labbra che tradirono,
al morto gelo dei tuoi occhi,
ad un mondo crudele e rozzo,
ad un Dio che non ci ha salvato
(Anna Achmatova,1889/1966)
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Roma: laboratorio di repressione!
Quelli pericolosi siete voi!
Storie di ordinaria repressione in Italia.
Questo vuole essere un atto di denuncia, una dura condanna e una chiara presa di posizione di fronte alla grave iniziativa intrapresa dalla Questura di Roma nei confronti di un attivista del Laboratorio Acrobax da tempo impegnato a fianco delle lotte sociali dei precari e dei disoccupati, per la difesa dei beni comuni sul territorio e per il diritto all’abitare a fianco dei movimenti di lotta per la casa.
Ci riferiamo alla disposizione per l’articolo 1 della legge 1423, varata dal famigerato governo Tambroni nel lontano 1956, sulla pericolosità sociale che, dal novembre dello scorso anno, ha colpito Rafael. Un provvedimento della durata di tre anni e che da ieri è stato confermato e reso esecutivo dal Questore di Roma, respingendo formalmente il ricorso legale.
Si contesta al nostro compagno di essere un soggetto “socialmente pericoloso per la sicurezza e per la pubblica moralità” e lo si invita a cambiare comportamento perchè questo infame dispositivo legislativo e il suo uso politico, includono per di più la minaccia di ricorrere ad ulteriori misure di prevenzione come la sorveglianza speciale, prevista dagli articoli che seguono, qualora vi siano ulteriori deferimenti o segnalazioni di violazione delle disposizioni inerenti la legge stessa.
Gli vengono contestati i carichi pendenti relativi a processi tutt’ora in corso (questo compagno all’oggi non ha nessuna condanna per nessun reato!) per i quali gli viene attribuita la supposta pericolosità sociale e che rappresentano, secondo la Questura, le sufficienti motivazioni per “configurare un profilo del soggetto in linea con le categorie previste dall’art. 1 e conforme al concetto di condotta e pericolosità sociale, espresso nell’art. 4 della citata legge”. Non solo, il provvedimento prosegue aggravando l’ipotesi, poichè si valuta addirittura che “l’asserito e spiccato interesse per le forme di partecipazione politica di base che pone all’attenzione pubblica temi di interesse generale, non esclude la commissione di reati specifici per i quali l’istante si è reso già responsabile”.
Nel pieno della devastante crisi globale, siamo alla pantomima del peggiore processo alle intenzioni… o nella migliore delle ipotesi, dentro il set di minority report! Invece è purtroppo un decreto ufficiale del Questore di Roma.![perquisizioni[1]](https://baruda.net/wp-content/uploads/2010/03/perquisizioni1.jpg?w=595)
Riteniamo poi gravissimo l’accostamento dello spiccato interesse alla partecipazione della vita politica di base, con le ipotesi di reiterazioni di reati già contestati, reati peraltro di lieve entità e tutti legati alle lotte sociali e che, come tali, non possono e non devono subire in silenzio la demonizzazione giudiziaria o, come spesso accade, il linciaggio mediatico, dentro quel generale “laboratorio della repressione” che vede nella penalizzazione della partecipazione politica alla vita sociale e all’autorganizzazione uno degli strumenti più usati dal potere. Un abuso, dunque, per punire e sorvegliare chi da anni è presente nei territori della nostra città a fianco degli esclusi. E’ come dire: se protesti ancora una volta io ti arresto. Perchè la questione non è fare qualcosa di “illegale”, ma anche semplicemente stare in un luogo, ad esempio una manifestazione, una casa occupata, un meeting, un presidio, con determinate persone, altrettando pericolose…ad esempio i tuoi compagni di lotta e di vita.
Ma i nostri sono spazi di democrazia diretta, di autorganizzazione e di autogoverno che vogliamo difendere fino all’ultimo respiro, come il diritto alla partecipazione politica dal basso di tutti i cittadini, all’agibilità democratica che, giorno dopo giorno, la svolta autoritaria in corso da anni nel nostro paese ci vorrebbe progressivamente negare.
Chiediamo l’immediata revoca del provvedimento sulla pericolosità sociale per il nostro compagno e rivendichiamo il diritto alla partecipazione dal basso alla vita politica della nostra città e del nostro Paese. Continueremo a lottare per la libertà e la dignità di tutte e tutti, oltre i limiti imposti da queste leggi ridicole, “politiche” e razziste, che sono fuori dai tempi e dai linguaggi della nostra storia e del futuro che vogliamo costruire.
Per questo insieme ad un gruppo di attivisti delle lotte sociali sparsi per l’Italia e a diverse realtà impegnate sul carcere, abbiamo iniziato a lavorare ad un inchiesta/libro bianco sulla repressione e il controllo in Italia, dal titolo provvisorio di “Sorvegliati e puniti”. Un percorso che coinvolga singoli attivisti, collettivi autorganizzati, sindacati di base, reti che si muovono per i diritti e la libertà, ma anche studi legali, giuristi, intellettuali…
Invitiamo tutt* a leggere la presentazione del progetto sul sito www.indipendenti.eu e a contribuire alla costruzione di questo lavoro collettivo in tutti i modi possibili, collaborando, facendo girare l’appello, inviandoci informazioni e contributi all’indirizzo:libertadimovimento@inventati.org.
Per manifestare il proprio sdegno e segnalare la propria solidarietà inoltre chiediamo di sottoscrivere(inviando una mail al medesimo indirizzo)questo appello che verrà inoltrato alla Questura di Roma insieme al nuovo ricorso per la sospensione immediata del decreto.
Laboratorio Acrobax
Coordinamento cittadino di lotta x la casa
Rete degli Indipendenti
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Ancora sul Mediterraneo, “terra” mia.
Una questione di radici…
mi fa sorridere l’immagine delle radici, perchè se dovessi pensare a dove sono piantate le mie, oltre che negli occhi di mia madre, oltre che nei sanpietrini della mia città, oltre che nella risata smarrita e indimenticabile di zietta mia bhè…la sola “terra” che penso è un mare.
E poi non sono una che vive tanto di mare, non sono una che si abbrustolisce al sole, che nuota per ore, che se deve scegliere e può scegliere decide di fare una rilassante vacanza al mare.
Sono una che ama viaggiare, e che per viaggio intende tante cose…
E il mondo lo desidero tutto… sogno da sempre l’Indocina e l’ossigeno che arriva a stento sulle vette peruviane, in un modo indicibile il mondo Africa, ne sogno ogni pezzetto di questo mondo…
Eppure di casa ne ho una sola ed è enorme.
Il sapore di casa è quello del Mediterraneo…il sapore del seno di mamma è quello del gelsomino e dell’oliva, l’odore d’infanzia è quello della resina e del sale, dei cedri e del miele…
la sola TERRA che sento mia è l’acqua che ci bagna, il mare che avvolgiamo, la storia che ne è stata bagnata…
“Che cosa è il Mediterraneo? Mille cose insieme. Non un paesaggio, ma innumerevoli paesaggi. Non un mare, ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà accatastate le une sulle altre. Viaggiare nel Mediterraneo significa incontrare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna, l’Islam turco in Iugoslavia. Significa sprofondare nell’abisso dei secoli, fino alle costruzioni megalitiche di Malta o alle piramidi d’Egitto. Significa incontrare realtà antichissime, ancora vive, a fianco dell’ultramoderno: accanto a Venezia, nella sua falsa immobilità, l’imponente agglomerato industriale di Mestre; accanto alla barca del pescatore, che è ancora quella di Ulisse, il peschereccio devastatore dei fondi marini o le enormi petroliere. Significa immergersi nell’arcaismo dei mondi insulari e nello stesso tempo stupire di fronte all’estrema giovinezza di città molto antiche, aperte a tutti i venti della cultura e del profitto, e che da secoli sorvegliano e consumano il mare.”
Fernand Braudel
Citazione rubata al caro Franco Senia, dal suo splendido blog.
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Le soldatesse israeliane tirano fuori un po’ di cadaveri dall’armadio…
6 anni dopo l’inizio della sua attività possiamo dire che l’organizzazione israeliana “Breaking the silence” sta facendo un buon lavoro. Il giornalista israeliano Amir Shilo racconta su Y-net le ultime testimonianze uscite su un libricino di testimonianze di soldati israeliani. Queste ultime dichiarazioni hanno una particolarità comune non da poco: sono state tutte rilasciata da donne, soldati dell’IDF, impegnate nei Territori Occupati.
Ci raccontano come le donne abbiano la necessità di dimostrare ai colleghi uomini la loro forza e la loro capacità di essere macchine da guerra e quindi, spesso, questa morbosa necessità si risolve diventando peggio di loro, usando ancora più violenza, umiliando ancora di più il nemico. Che in questo caso, molto spesso, è inerme, è minorenne, è in uno stato di totale costrizione.
E così le dichiarazioni lasciano particolarmente senza parole, i metodi usati per umiliare gli arabi fanno rabbrividire e pensare che tutto ciò venga compiuto da donne alla sottoscritta fa decisamente più schifo del solito. Negli ultimi anni il numero delle donne soldato impiegate nelle operazioni di guerra e in quelle di frontiera è di molto moltiplicato: avere testimonianze da loro è ancora più difficile perchè in quanto minoranza all’interno dell’IDF si trovano in una situazione di debolezza.
Ma nel report dell’associazione sono circa 50 le donne soldato ad aver preso parola: tutte raccontano di come la violenza sia molto più brutale rispetto a quella dei loro colleghi. Si prendono i prigionieri e li si sbatte al muro, li si umilia facendoli cantare canzoncine, facendoli saltare al ritmo desiderato, deridendoli e schiaffeggiandoli anche per 6-8 ore di fila, senza alcuna ragione.
Una soldatessa impiegata nell’unità di polizia militare Sachlav racconta di un bambino palestinese che ripetutamente avrebbe provocato i soldati e lanciato anche alcune pietre. Lo stesso bambino sembrerebbe aver causato la frattura di una gamba ad un soldato, perchè spaventatosi dal lancio di una pietra, sarebbe caduto rompendosi l’arto. L’immediata ritorsione viene raccontata così: il bimbo viene preso da due soldati e caricato su una jeep per esser portato al check point, da dove esce con una mano rotta, rotta sulla sedia su cui era stato fatto sedere.
Ma nemmeno i bambini più piccoli vengono risparmiati da queste perversioni legalizzate: un’altra donna soldato racconta di un bimbo di soli 5 anni, schiaffeggiato con forza perchè piangeva. Gli urlavano di smettere di piangere, quando c’è riuscito ed ha abbozzato un sorriso gli è stato dato un forte pugno nello stomaco: “Non mi ridere in faccia!”, gli è stato urlato.
Chi ha provato a ribellarsi a simili atti di violenza gratuita è stata/o rimproverato dagli ufficiali. “Anche chi non partecipa a certe azioni sa che avvengono: tutti sanno e vedono quello che compie l’IDF”, racconta una testimone di guardia in un checkpoint nell’area di Jenin.
“Ai checkpoint ci appropriamo del cibo e di qualunque oggetto: giocattoli, batterie, sigarette. Sono sicura che qualcuno di noi prende anche i soldi durante le perquisizioni. Una volta uno di questi furti è stato ripreso da una telecamera. Pensavo scoppiasse un caso e invece nessuno è stato punito. A noi è permesso colpire e umiliare come vogliamo.”
Alcune testimonianze parlano con preoccupazione delle procedure israeliane per poter aprire il fuoco nei Territori Occupati, in particolare in situazioni di “ordine pubblico”. Ad esempio è procedura comune usare i proiettili di gomma puntando all’addome. Viene raccontato un episodio che ha portato alla morte di un bambino di 9 anni. Aveva provato a scavalcare la palizzata, è caduto e ha rinunciato fuggendo via in bicicletta: colpito all’addome (hanno dichiarato che stando in bici non lo riuscivano a colpire alle gambe). “Nessuno viene mai punito per questo. Subito viene decisa una versione ufficiale: si parla di situazioni fuori controllo, pericolo di fuga di terroristi e il caso viene chiuso.”
Le testimonianze sono tante e fastidiose che non ho la forza di raccontarvele tutte: non mi piace mettermi a tradurre le perversioni di una donna in divisa che per sentirsi “accettata” da un arabo in stato di fermo lo prende a calci nelle palle con i suoi “spettacolari anfibi militari”. Penso che non serva, sbagliandomi probabilmente, entrare per forza nel dettaglio.
Ieri invece è stato PeaceReporter ( le notizie vengono sempre dal quotidiano israeliano Yedioth Ahronot ) a raccontarci come furono riscritte le regole di ingaggio per l’operazione “Piombo Fuso” a Gaza lo scorso anno. Anche questa volta le notizie ci arrivano attraverso le ammissioni di un alto ufficiale israeliano. “Non ci deve essere nessuno nell’area delle operazioni. Se ci sono segni di movimento, si spara. Sono queste, essenzialmente, le regole d’ingaggio. Sparare a cio’ che si muove”.
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Dell’estasi e dell’amore…
Ti amo per le ciglia, per i capelli, ti dibatto nei corridoi
bianchissimi dove si giocano le fonti delle luci,
ti discuto a ogni nome, ti svello con delicatezza di cicatrice,
ti vado mettendo sulla testa ceneri di lampo e nastri
che nella pioggia dormivano.
Non voglio che tu abbia una forma, che tu sia
precisamente ciò che viene dietro la tua mano,
perché l’acqua, considera l’acqua, e i leoni quando si
dissolvono nello zucchero della favola,
e i gesti, questa architettura del nulla,
che accendono le loro lampade a metà dell’incontro.
Tutta mattina è la lavagna dove ti invento e ti disegno,
pronto a cancellarti, così non sei, neppure con questi
capelli lisciati, questo sorriso.
Cerco la tua somma, il bordo della coppa
dove il vino è anche la luna e lo specchio,
cerco questa linea che fa tremare un uomo in una galleria di museo.
Per di più ti amo, e fa tempo e freddo.
Julio Cortàzar da “Le ragioni della collera”
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Altro presidio incendiato in Valle di Susa: vigliacchi bastardi!
COMUNICATO COMITATI NO TAV VALLE DI SUSA, VALSANGONE, TORINO E CINTURA
LA MAFIA RISPONDE ALLA GRANDE MANIFESTAZIONE DI SUSA
Ieri a Susa oltre 40.000 (si, proprio quarantamila) cittadini hanno sfilato pacificamente a Susa per confermare la loro contrarietà alla nuova linea TAV-TAC Torino-Lyon e ai sondaggi previsti.
Insieme a loro numerosi sindaci, moltissimi amministratori e tutta la Comunità Montana. con alla testa il suo Presidente.
Contemporaneamente a Hendaye, nei Pirenei francesi, 50.000 francesi e spagnoli dimostravano con le stesse motivazioni l’opposizione a quella tratta del “Corridoio 5”.
E’ stata redatta una DICHIARAZIONE COMUNE tra i movimenti NOTAV di Italia, Francia e Spagna che chiede alla Comunità Europea di rivedere le politiche faraoniche sulle grandi infrastrutture trasportistiche e ai tre governi una sospensione delle attività ad esse legate. Come risposta a questa grandissima giornata che ha dimostrato che gli oppositori al TAV sono sempre tantissimi e determinati, nonostante le moine dell’ Osservatorio del signor Virano e il Piano Strategico della Provincia del signor Saitta, questa notte è stato incendiato il Presidio NOTAV di Borgone.
QUESTA VOLTA GLI ATTENTATORI HANNO LASCIATO LA FIRMA : “SI TAV”
ANCHE QUESTA VOLTA, COME LA SETTIMANA SCORSA QUANDO E’ STATO INCENDIATO IL PRESIDIO DI BRUZOLO, SONO VENUTI AL BUIO.
COSI’ COME AL BUIO VENGONO LE TRIVELLE SCORTATE DA INGENTI FORZE DI POLIZIA
STESSO METODO, STESSI MANDANTI: IL PARTITO DEL MALAFFARE, BIPARTISAN NELLA SPARTIZIONE DEL DENARO PUBBLICO, E LA MAFIA, MAGARI CON IL CONTRIBUTO DEI SOLITI SERVIZI SEGRETI “DEVIATI”
STAMATTINA AL LINGOTTO QUESTI PERSONAGGI SI TROVERANNO INSIEME, MA SAPPIANO CHE LA DETERMINAZIONE DELLA VALLE DI SUSA CONTRO IL TAV ESCE RAFFORZATA DA QUESTI ATTI CRIMINALI.
STAMATTINA ALLE 10,00 ASSEMBLEA POPOLARE AL PRESIDIO DI BORGONE
NO TAV, NO MAFIA
I comitati NOTAV Valle di Susa, Val Sangone, Torino e cintura
Susa, 24 gennaio 2010
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Susa: la vera marcia dei 40.000
E’ successo ancora…le trivelle dovevano stare giorni a fare sondaggi e invece se la sono data a gambe in piena notte, così come erano arrivate.
Anni fa (ormai ne son passati!) il presidio sgomberato ce lo riprendemmo con un corteo imponente, che riempì la valle di cori e cariche, di controcariche e riappropriazione di tutti gli spazi e il territorio che polizia e macchinari tentavano di occupare.
Un corteo, tra i tanti fatti, che m’ha scavato l’anima e che ricordo sempre con un’infinita emozione. Quasi con un senso di gratitudine verso quei valligiani resistenti e cocciuti, che con il loro A SARA’ DURA riuscivano a scaldare e sciogliere le nevi di quelle montagne intorno: gratitudine si, perchè sono un esempio per tutti, perchè anche oggi non si sono smentiti, così come pochi notti fa, a presidiare l’arrivo delle trivelle, e poi a ridere, mentre le si vedeva ritornare velocemente all’ovile.
Scortate.
Scortate si, perchè così devono andare in giro, vista quanta rabbia e determinazione hanno dimostrato di avere le popolazioni di quelle valli bellissime.
Ed oggi, che dire, il corteo deve essere stato veramente imponente: più di 40.000 persone hanno inondato Susa e tutta la sua valle. Un corteo enorme e arrabbiato, un corteo determinato e rumoroso che ha ribadito la volontà di quelle popolazioni, che ha ribadito l’impegno costante nella guerra contro l’inutile scempio dell’alta velocità tra Torino e Lione.
La polizia ha provato a fare diversi filtri nella zona di Bussoleno, cercando di far entrare meno macchine possibile, ma non sono stati molto vittoriosi (come non lo furono quell’indimenticabile giorno in cui anche i loro panini furono spazzati via), perchè l’imponenza del corteo non è stata minimamente scalfita. Ancora una volta l’urlo della valle s’è fatto sentire, ancora una volta gli uomini in divisa, gli scorta-trivelle, sono stati costretti a sparire, volatilizzarsi…
Uno slogan che m’ha commosso: LA VERA MARCIA DEI 40.000 E’ QUI.
Non male.
Qui il volantino che indiceva il corteo di oggi!
Ancora una volta sono arrivati di notte a militarizzare la valle per piantare una trivella.
Botte a parte, è il copione del 2005. E la risposta popolare è stata pronta e ferma. Come allora.
In questi giorni la valle di Susa, Sangone, Area Torinese e il movimento No Tav stanno subendo una serie di attacchi orchestrati dai promotori del Tav Torino-Lione. Di fronte tentativo di piazzare le trivelle per cominciare i sondaggi (ne sono previsti circa 90 in tutto il territorio che va da SettimoT.se a Chiomonte) tante persone si sono mobilitate in queste settimane. E’ nato il presidio Maiero-Meyer all’autoporto di Susa dove dal 9 gennaio centinaia di persone si danno il cambio giorno e notte per impedire i carotaggi. Sono state piazzate alcune trivelle in zone periferiche di Torino e cintura e per farlo sono stati impiegati centinaia di agenti di polizia che vegliano i cantieri. Alla stazione ferroviaria di Collegno per quattro giorni un presidio di attivisti ha contrastato i lavori di sondaggio. Nuovi presidi permanenti sono partiti negli ultimi giorni in valsangone (sulla provinciale tra Rivoli e Villarbasse) e nei pressi della stazione di S.Antonino per monitorare il territorio e comunicare con la popolazione.
Sabato sera mani ignote hanno appiccato il fuoco al presidio di Bruzolo disabitato in quel momento, questo attacco è un gesto intimidatorio, tipico del modo con cui la delinquenza organizzata ha operato da sempre, in Italia per intimidire la resistenza popolare contro la speculazione e la distruzione dei beni comuni. L’attacco si inserisce appieno nel clima di discriminazione vergognosa creato ad arte dai mass media contro il movimento NO TAV. Vengono nascoste le ragioni dell’opposizione e ampio spazio viene dato agli slogan dei politici che con la loro superficialità e arroganza minimizzano la portata di un movimento popolare di massa che in questi anni ha saputo con fiera determinazione impedire la truffa colossale del Tav salvando la valle di Susa da una devastazione annunciata.
Anche gli amministratori della valle, democraticamente eletti, stanno subendo affronti e tentativi di delegittimazione dalle autorità provinciali e regionali e l’Osservatorio, spacciato inizialmente come luogo di confronto tecnico, ha ormai svelato chiaramente il suo ruolo: la progettazione della nuova linea Torino-Lione. Chi ci sta otterrà in elemosina le compensazioni, gli altri sono esclusi e scavalcati: alla faccia della democrazia!
Una prima risposta a tutto ciò è stata data domenica scorsa con una fiaccolata a Bruzolo che ha visto la partecipazione di alcune migliaia di persone accorse per respingere con forza l’attacco di stampo mafioso contro il presidio. Ma l’indignazione popolare è crescente in valle di Susa e non solo, tanta gente non ne può più di questo clima ed è disposta a dimostrarlo ancora una volta
SABATO 23 GENNAIO 2010 con una GRANDE MANIFESTAZIONE che partirà alle ore 14.00 dal PRESIDIO NO TAV DI SUSA AUTOPORTO per raggiungere la città di Susa.
Partecipiamo in tanti, partecipiamo tutti
– Per ribadire ancora una volta il No al Tav (in qualsiasi forma e tracciato si presenti)
– Per respingere la campagna di sondaggi truffa
– Contro il partito trasversale degli affari che vorrebbe trasformare il nostro territorio in un enorme cantiere per almeno vent’anni
– In solidarietà alle amministrazioni comunali sotto attacco.
FUORI LE MAFIE DALLA VALSUSA
I VALSUSINI NON PAGHERANNO IL “PIZZO”!
SE VUOI DIFENDERE LA TUA TERRA E IL TUO FUTURO SABATO NON PUOI MANCARE!
Comitati NOTAV della Valle di Susa, Val Sangone, Torino e Cintura
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2 anni e 8 mesi per sequestro di persona aggravato. “Condannati” due funzionari di polizia per gli scontri e i pestaggi del marzo 2001 a Napoli
Interessante vedere come venga valutato il reato di sequestro di persona aggravato dalla quinta sezione del tribunale di Napoli: 2 anni e 8 mesi la pena più pesante, data a due funzionari di polizia, Franco Ciccimarra e Carlo Solimente.
Avete letto bene si, per il reato più grave commesso (insieme a tutti gli altri ), cioè il sequestro di persona aggravato, sono stati dati solo 2 anni e 8 mesi.
I fatti a cui si riferisce questa sentenza li conosciamo fin troppo nel dettaglio, riguardando la giornata del 17 marzo 2001, quella in cui il movimento presente a Napoli manifestava contro il global forum, a pochi mesi da Genova.
Furono le prove generali di quello che sarebbe stato il sanguinoso luglio genovese; il passaggio di governo che ci fu nel frattempo non modificò la linea del ministro degli Interni Bianco, che a Napoli permise una tonnara, un pestaggio indiscriminato di un intero corteo chiuso da tutti i lati in una piazza.
Una piccola Genova. Un antipasto di quel che poco dopo sarebbe accaduto.
Ma non furono solo manganellate e calci nella piazza: i manifestanti furono prelevati anche dentro gli ospedali dove erano arrivati feriti e stremati per poi essere trasportati nella caserma Raniero Virgilio, dove accadde un po’ di tutto e gli abusi si sprecarono. Ed ora dopo nove anni, dopo la tonnellata di anni chiesti per una minuscola manciata di compagni a seguito degli scontri genovesi, ci ritroviamo con la solita sentenza farsa contro la polizia: due funzionari condannati a 2 anni e 8 mesi; altri 8 agenti condannati a pene che variano dai due anni ai sei mesi e dieci prescritti per reati minori ( che sarebbero “violenza privata e abuso d’ufficio” )
Comunicato centri sociali napoletani
Dopo una lunga camera di Consiglio il Tribunale di Napoli ha condannato per sequestro di persona Carlo Solimene e Fabio Ciccimarra per i fatti avvenuti all’interno della Caserma Raniero durante le contestazioni contro il Global Forum del Ocse il 17 Marzo del 2001, insieme ad altri agenti coinvolti nelle violenze.
Nonostante le sentenze precedenti per fatti analoghi come per il G8 di Genova, la storia, non quella scritta nei tribunali, ma quella che è memoria storica della città e dei movimenti ci dice che nella Caserma “Raniero”, caserma dei carabinieri nei pressi di Piazza Carlo III, venne predisposta la “camera delle torture”. I feriti vennero prelevati dagli ospedali dove erano giunti dopo le cariche. Senza alcun motivo vennero sottratti alle cure mediche e vennero condotti nella Caserma Raniero, dove subirono per ore insulti, sputi, percosse, vessazioni di ogni tipo.
Grazie al libro “Zona Rossa” che la Rete No Global produsse pochi mesi dopo, quelle violenze e quelle torture sono venute a galla, sono diventate denuncia pubblica, ed oggi a nove anni di distanza arrivano le sentenze.
Non possiamo non ricordare la “catena umana” che i poliziotti fecero intorno alla Questura di Napoli dopo che nel 2003 si avviò l’indagine per le violenze della Raniero, un senso di impunità che oggi cade davanti alle loro leggi ed al loro ordinamento giudiziario.
Non possiamo però non ricordare con altrettanto amarezza che Ciccimarra e Solimene furono promossi e nonostante le inchieste risultano ancora in servizio.
Non possiamo non ricordare che il Questore dell’epoca Nicola Izzo, oggi è uno dei principali collaboratori del capo della Polizia Manganelli, lui che dall’alto dirigeva le operazioni in Piazza Municipio in elicottero, quando quella piazza divenne una tonnara dove migliaia di persone vennero manganellate mentre la piazza veniva chiusa da tutti i lati.
Per noi non c’e’ sete di vendetta, non c’e’ risarcimento, non c’e’ gioia. Non c’e’, almeno in questo stato di cose.
Ne tantomento può esserci una riscrittura della storia nemmeno nelle motivazioni del pm Del Gaudio che parla di “”non credo che sia stata un’azione preordinata ma un momento di follia” affermazione che non appartiene alle sue competenze, e che dovrebbe invece indagare ed accertare se i fatti sono o non sono senza entrare in valutazioni che non gli competono.
Di certo nessuna sentenza potrà però riscrivere la storia e cancellare il risultato straordinario di quel movimento che ha di fatto riaperto la partita con il comando svelandone misfatti e aberrazioni. Solo un decennio prima il Wall Street Journal poteva titolare “Abbiamo vinto!”: quel movimento ha straordinariamente dimostrato che la ribellione e l’insubordinazione costituiscono il motore di ogni società.
Centri sociali Napoletani
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Sgomberi in Via dei Volsci, giovedi mattina tutt@ a difendere le sedi!
È la stanza di tutte noi.
È la sede da cui siamo partite per tante manifestazioni femministe e lesbiche.
È il luogo dove immaginiamo e costruiamo un mondo senza la violenza degli uomini sulle donne.
È lo spazio collettivo che tutte noi vogliamo difendere.
La Sede al numero civico 22 di via dei Volsci a Roma fa parte della grande occupazione politica e abitativa di via dei Volsci del 1977.
Nel 1989 la Sede del 22 è diventata femminista!
In tutti questi anni la Sede del 22 è sempre stata vissuta e attiva.
Da 20 anni usiamo la Sede del 22 per intrecciare percorsi di lotta contro la violenza sulle donne, per organizzare mobilitazioni e incontri nazionali, per sviluppare percorsi politici e culturali femministi e lesbici.
La Sede del 22 è il luogo di donne che ospita e quindi rende possibile pratiche e pensieri di liberazione collettiva per tutte noi.
Dopo anni di tentativi di sgombero e tentativi di vendite all’asta delle sedi politiche di via dei Volsci, è stato notificato lo sgombero per la nostra Sede del 22 e per quella del numero 26.
La Sede è di proprietà di una società immobiliare fallita che a sua volta l’aveva comperata da un altro fallimento immobiliare. Questa catena di speculazioni si ripete da vent’anni, in una città in mano a costruttori senza scrupoli e palazzinari.
Lo sgombero della Sede del 22 è previsto per il 21 gennaio 2010.
Denunciamo questo tentativo inaccettabile di rimozione e chiusura di uno dei pochissimi spazi politici per donne e lesbiche a Roma.
Difendiamo la Sede del 22 come spazio separato vitale per la nostra autonomia di pensiero e di autodeterminazione.
L’esperienza dei Collettivi, dei Centri antiviolenza e delle Case delle donne testimoniano le centralità degli spazi fisici nei percorsi di liberazione delle donne e delle lesbiche.
Sosteniamo questo luogo liberato dall’ingerenza patriarcale, da costrizioni monetarie, controllo politico, e fondamentale per la costruzione di percorsi di lotta contro l’oppressione di genere e contro la violenza sulle donne.
Per difendere questo spazio, la Sede del 22, chiamiamo tutte le donne, femministe e lesbiche:
21 Gennaio 2010 – mattina: COLAZIONE AL 22
Le compagne femministe e lesbiche del 22
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