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Posts Tagged ‘Valentina Perniciaro’

Egitto: attacco frontale al cambiamento!

26 marzo 2011 1 commento

Gli sviluppi egiziani non stanno andando per il verso giusto, e si era capito già dai risultati dei referendum, che avevano tirato il freno a mano su un percorso di transizione favorevole alla coalizione dei rivoltosi, che hanno guidato i giorni di Piazza Tahrir.
Il referendum è andato male perchè ha vinto il desiderio di rallentare la corsa, di non fare il salto di riscrivere la propria Costituzione, quindi prendere nelle proprie mani realmente la possibilità di cambiare drasticamente le “regole” di gestione del potere e i diritti minimi di una popolazione stremata da un silenzioso e decennale regime.

Foto di Valentina Perniciaro _le porte di Mahalla al-kubra, città operaia_

Amnesty International ci ha raccontato pochi giorni fa come si sono svolti gli arresti delle donne della rivoluzione, avvenuti nei giorni di piazza Tahrir e durante i primi scontri con le forze di sicurezza di Hosni Mubarak. Non solo ispezioni vaginali, ma test della verginità. Le parole dei racconti di quelle donne sono agghiaccianti, il sopruso su quei corpi è vergognoso, aumentato anche dalla possibile incriminazione per “prostituzione” qualora il test avesse dato risultati negativi. Una pagina di tortura che si aggiunge a tante altre.

La notizia di ieri invece ha lasciato senza parole tutto il movimento egiziano: dopo aver fatto cadere, a furor di popolo, anche il primo ministro succeduto alla caduta di Mubarak ed aver fatto giurare il suo successore (Sharaf) direttamente in piazza davanti ai manifestanti, il colpo di coda è arrivato.
Pesante. A tentare di travolgere tutto quello che si è costruito, anche sui corpi di più di trecento giovani rimasti uccisi.
Ora l’attacco frontale è al diritto di sciopero e a quello di manifestare: il potere si sta ritrincerando e vuole rimettere dei paletti solidi per non esser più facilmente spodestato da un popolo che crede di aver ora il diritto di scender nelle strade per difendere e conquistare diritti. Niente più diritto a manifestare nè tantomeno a fermare le attività lavorative: pericolosissimo e agghiacciante, visto il salto democratico ottenuto proprio invadendo le strade, giorno e notte, per mesi. Ora vogliono riportare tutti a casa, fare in modo che ci si dimentichi di come si stava, tutti insieme, nelle tante piazze Tahrir nate in quel paese. Parlano anche di una multa per chiunque sia trovato a manifestare o scioperare che può raggiungere anche i sessantamila euro: eheheh, praticamente il reddito di qualche villaggio.
La Coalizione dei giovani del 25 gennaio, che tanto aveva confidato anche nel Consiglio supremo delle forze armate ora è costretta ad aprire gli occhi, ad alzare il livello dello scontro se non si ha voglia, subito, di riabbassare la testa e risottomettersi ad un potere militare.

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Occupazione di via Papareschi: arrivano i plotoni

26 marzo 2011 Lascia un commento

I MANGANELLI FERMATI DALLA DETERMINAZIONE E DALLA RESPONSABILITA’ DEI MOVIMENTI

Centinaia di carabinieri e poliziotti antisommossa questa mattina a Roma hanno militarizzato l’intero quartiere  Portuense –  Marconi, schierandosi a difesa di privilegi consolidati e di nuovi profitti da realizzare, pronti ad intervenire per sgomberare circa 300 nuclei familiari e decine di attivisti dei movimenti per il diritto all’abitare che ieri avevano occupato l’ex deposito militare di via dei Papareschi abbandonato da anni, e minacciando l’intervento contro le altre occupazioni presenti in città

Foto di Valentina Perniciaro ---plotoni in avanzamento---

L’iniziativa dei movimenti nasce dentro la necessità di aggredire l’immobilismo dell’amministrazione comunale attorno al problema della casa. Un vaso stracolmo e traboccante di un’emergenza abitativa che ha raggiunto proporzioni oramai esplosive. La scelta di occupare una delle caserme che il Campidoglio ha inserito nella delibera di “valorizzazione” (e già  contabilizzate come entrate nel bilancio), voleva dimostrare che è possibile  e necessario sottrarre spazi alla rendita e alla speculazione immobiliare  resituendoli alla città come servizi e case popolari.  3 anni di tensione e di mobilitazione, fino alla sottoscrizione di un protocollo di intesa siglato dal sindaco Alemanno lo scorso 21 febbraio, rischiavano di trasformasi, infatti, in un drammatico nulla di fatto.
Questa mattina, grazie all’intervento dell’Assessore alla Casa Antoniozzi e al senso di responsabilità dei movimenti, si è evitato in extremis che la situazione degenerasse, costruendo sul posto un incontro nel quale si è stabilito un percorso chiaro e definito nei tempi per l’attuazione delle misure previste dal protocollo. All’incontro a cui hanno partecipato, oltre all’assessore alla casa e ai rappresentanti dei movimenti, anche il delegato del sindaco all’emergenza abitativa Berruti e quello alla sicurezza Ciardi, l’amministrazione si è impegnata a:

– Richiedere oggi stesso l’apertura di un tavolo di confronto con il Governo e la Regione Lazio per affrontare il tema degli sfratti, degli inquilini degli enti previdenziali, della necessità di realizzare un piano straordinario di edilizia popolare.

–  Verificare entro lunedì la possibilità di  emettere direttamente un’ordinanza di blocco temporaneo degli sfratti anche per le categorie non ricomprese nelle attuali tutele ed in modo particolare per le situazioni di morosità incolpevole.

– Predisporre e presentare in un prossimo incontro fissato per Giovedì 31 alle ore 10,00 presso l’assessorato alla casa, il testo di una delibera finalizzata a riconoscere l’emergenza abitativa presente in città garantendo soluzioni certe  ai nuclei familiari costretti a vivere in situazioni abitative precarie ed inadeguate.

Movimenti per il diritto all’abitare
Roma, 25 marzo 2011

Info:
3458365942
3497117095

UNA CORRISPONDENZA DI RADIO ONDA ROSSA

Siria: le forze di sicurezza assaltano Dara’a nella notte

23 marzo 2011 2 commenti


Sono entrati questa notte.

Il luogo di ritrovo e di partenza delle manifestazioni di questi ultimi giorni in Siria era la moschea Omari di Dara’a, dove sono stati portati i corpi dei primi ragazzi uccisi dalle forze di sicurezza. Raccontavamo in questi giorni che la città capoluogo della provincia drusa dell’Hauran viveva un vero e proprio stato d’assedio, circondata da truppe armate in costante aumento e completamente tagliata fuori dal mondo.
Stanotte sono entrati, è partito l’assalto alla moschea “ribelle”.
Dopo la mezzanotte le forze di sicurezza hanno tagliato prima l’energia elettrica per poi iniziare a sparare centinaia di colpi, mentre in tutta la città si alzavano grida di rabbia e rivolta. Ieri più di mille persone avevano fatto una catena umana per difendere la moschea da eventuali assalti, ma la nottata non è andata come si sperava. HURRIYYA, HURRIYYA…tutti sembrano gridare “libertà” in un paese sotto la famiglia Assad da decenni, in un regime che ha sempre saputo tenere bassissimo il livello di tensione sociale all’interno dei propri confini…tanto che in questi mesi di rivolte arabe la Siria stentava, arrancava goffa nel rincorrere appuntamenti che poi la popolazione non sembrava raccogliere come altrove.
Ma si è passati subito al bagno di sangue: pare che il primo risultato della nottata siano altre 6 persone ammazzate dal piombo di stato.
Tra loro c’è anche Ali Ghassab al-Mahamid, noto medico della zona, discendente di una nota famiglia, recatosi in moschea per curare i feriti che si ammassavano. Anche un paramedico, un poliziotto ed un autista di ambulanza sono rimasti uccisi, come ci racconta l’agenzia stampa di stato SANA

Foto di Valentina Perniciaro -la terra dell'Hauran e il suo popolo festeggiante_

Piazza Tahrir: immagini dei miei ricordi!

22 marzo 2011 Lascia un commento

Egitto: il referendum non doveva andare così!

21 marzo 2011 1 commento

Ci son rimasta male, anche se inizio ad avere una certa età per credere nei sogni con così tanto fervore; poi ci rimango male.

Foto di Valentina Perniciaro _le porte di Mahalla al-Kubra, città operaia_

La chiamata alle urne in Egitto non è andata come doveva andare anche se tutte le autorità mondiali giocano a chi fa prima d sbrodolarsi dicendo che è l’opzione migliore per la transizione e l’arrivo alle nuove elezioni. Io non la penso così e con me tutto il popolo di piazza Tahrir, quello che ha mosso lo spirito del nuovo Egitto, esclusa i Fratelli Musulmani.
Tutti i sondaggi e i pronostici davano il no per favorito: ma facciamo un po’ di chiarezza.
Se avesse vinto il NO tutto sarebbe stato da ridiscutere: l’intera Costituzione si sarebbe rivista ed era il desiderio delle giovani organizzazione nate durante la rivoluzione, il desiderio dei lavoratori che in massa hanno scioperato per settimane, il desiderio delle donne che avrebbero potuto ridiscutere pezzo pezzo il loro “accesso” alle libertà individuali in modo diverso. Passando il No sarebbe andato al vaglio anche l’art. 2 della Costituzione che sancisce la legge islamica alla base della legislazione nazionale: motivo per cui tutta la comunità copta ha votato compattamente per la riscrittura. Insomma, l’intero popolo della rivoluzione del 25 gennaio, quello che ha mandato a casa Mubarak dopo 30 anni, confidava in un secco NO.
Quello si che sarebbe stato un bello schiaffone al vecchio regime, all’esercito, agli attuali aspiranti candidati (anche se entrambi i potenziali candidati hanno dato la preferenza al NO) e uomini della nuova pagina di quel paese così strategicamente importante, così centrale nella scacchiera mediorientale.

Credit Image: © Cai Yang/Xinhua/ZUMAPRESS.com

E invece la reazione alla fine ha prevalso ed anche con percentuali più che ampie (pare che la vittoria ruoti intorno al 77%): colpevoli sicuro i Fratelli Musulmani che hanno appoggiato il SI insieme al partito del potere, del regime, dell’ex rais. Si sperava in un comportamento diverso visti i rapporti nati nei due lunghi mesi di vita per le strade che abbiamo alle spalle…ma invece, come sempre, la “reazione” ha prevalso nella principale organizzazione islamica, che pur di uscire dalla clandestinità politica in cui s’è mossa sotto il regime non spinge i propri simpatizzanti per un ulteriore salto.

Niente da fare.
Passano i dieci emendamenti costituzionali: saranno riviste le modalità per presentarsi alle elezioni e anche quelle riguardanti la tempistica della carica, ma buona parte delle norme che regolavano il vecchio regime rimarrano intoccate.
La strada, per il popolo meraviglioso di piazza Tahrir, è solo un po’ più in salita del previsto…

 

Siria: proprio nel mio Hauran scontri e morti

20 marzo 2011 3 commenti

Foto di Valentina Perniciaro _Brache calate(!), simbolo druso, nella regione dell'Hauran_

Ieri si sono svolti i funerali dei manifestanti siriani uccisi dalla polizia, (Wissam Ayyash, Mahmud Jawabra, Ayham al Hariri e Adnan Akrad) a Dara’a, la città più importante della provincia meridionale dell’Hauran: il pezzo di Siria che più conosco, che più amo, che più m’ha accolto.
L’Hauran, terra di drusi e beduini, di basalto e polvere rossa: la mia oasi di pace, regno di Bosra ash-sham, la meraviglia nera. Granaio del paese per molto tempo, poi colpita e falcidiata da una forte siccità
Ieri migliaia di siriani si sono riversati in quella polverosa città di frontiera per dar l’ultimo saluto ai “martiri caduti sotto il piombo delle forze di sicurezza”. Numero di morti che è poi salito la notte precedente ai funerali , a cinque persone; tutto il paese inizia a scendere per le strade, pochi a Damasco, ma tanti ad Homs, nel sud, a Banyas (città sulla costa, a prevalenza alawita).
I funerali a Dara’a dei tre rivoltosi ammazzati sono stati immediatamente attaccati con molti lacrimogeni (grazie alla Reuters che ce li racconta…che Al-jazeera è un po’ sorda ultimamente sulla Siria) appena i manifestanti hanno provato ad incamminarsi verso il centro città: molti testimoni raccontano che sulla strada -cavolo, migliaia di volte l’ho fatta- che divide Damasco dall’Hauran (sono poco più di 150 km) c’è una lunga colonna di tank che si avviano verso il sud.
Dara’a vive uno stato d’assedio da due giorni, circondata e privata di tutte le comunicazioni, sia con cellulari che con telefoni fissi. Ce lo racconta Mazen Darwish sulle pagine di Al-Jazeera: lui, noto attivista per i diritti umani parla di una città da dove non si può né entrare né uscire.
Contemporaneamente, l’Osservatorio nazionale per la difesa dei diritti umani siriano (ondus) ci riferisce che dieci attiviste arrestate durante una manifestazione a Damasco lo scorso mercoledì, hanno iniziato lo sciopero della fame ( aggregandosi a quello iniziato da altri dodici prigionieri politici) in carcere contro le accuse di “attentato all’immagine dello stato, incitazione alla sedizione e minaccia della sicurezza nazionale. Non voglio pensare cosa e quanto rischiano: in un paese dove le carceri sono fantasmi nel deserto e i detenuti spesso carne da macello da far sparire come si vuole.
In quella terra vive buona parte del mio cuore, nell’Hauran ho imparato cos’è il mondo arabo, quant’è bello svegliarsi tra i beduini e le loro colazioni di prelibatezze faticate una ad una dalle mani grasse di donne dalle lunghe vesti.
Quella terra in rivolta non riesco ad immaginarla, perché la conosco sorniona e calma, lenta e apparentemente priva di conflitti: felice di pensare che anche da quelle parti c’è voglia di alzare la testa!
Con voi, passo dopo passo…

Foto di Valentina Perniciaro _L'Hauran e la più bella delle sue città gioiello_

Egitto: maledetta Baltagheyya

9 marzo 2011 2 commenti

Ciò che è accaduto questo pomeriggio a piazza Tahrir e un po’ tutto quello che sta avvenendo da una decina di giorni a questa parte, palesa che son state prese alla leggera un po’ troppe cose dai giovani rivoltosi egiziani.

Foto di Valentina Perniciaro _il mio arrivo al Cairo con il paese in festa, febbraio 2011_

Le squadracce del regime, la Baltagheyya, che tanto spesso abbiamo nominato in questo blog per descrivere la situazione egiziana, stanno di nuovo passando all’attacco. Probabilmente anche questi improvvisi scontri confessionali, che hanno fatto dieci morti in due giorni, puzzano della loro mano: almeno a me, che ho visto con i miei occhi l’unione tra copti e islamici in questo inizio di rivoluzione in Egitto.
I copti hanno permesso ai Fratelli Musulmani di pregare tranquillamente in piazza durante le tre settimane di piazza Tahrir: loro cordonavano gli islamici piegati a recitare il Corano, loro con quelle piccole croci tatuate sui polsi. Tutti i volantini, tutti i manifesti, tutti i giornali e tutti i volti hanno parlato dal primo giorno di unione tra confessioni per un nuovo paese e la stavano e stanno costruendo con forza e determinazione.
Ora…piazza Tahrir attaccata dalle squadracce, come a gennaio; la manifestazione di ieri, otto marzo, di donne e per donne, finita nel peggiore dei modi; gli scontri confessionali che riappaiono improvvisi, anche alla luce di molte prove uscite sugli attacchi contro le chiese copte, mossi non da gruppi di fondamentalisti islamici ma direttamente dal vecchio ministero dell’Interno…

Foto di Valentina Perniciaro _uno dei simboli più diffusi a piazza Tahrir, l'unità tra musulmani e copti_

Piazza Tahrir, attaccata come dicevamo da queste maledette squadracce che stanno provando a fermare il mutamento in corso con i soli metodi che conoscono, è stata poi definitivamente sgomberata di tutti i manifestanti dall’esercito, che sembra averlo fatto senza usare forza e senza nemmeno reagire al fitto lancio di sassi di un gruppo di giovani che non voleva lasciare il luogo ormai simbolo di un popolo che cerca di liberarsi del regime e dei suoi scagnozzi.
Per qualche ora è circolata  la notizia che il coprifuoco era stato anticipato alle 21 in tutta wast al-balad, il quartiere dove si trova piazza Tahrir, notizia smentita poco fa dalla tv di stato.
La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva un tipo tempo fa… il popolo in lotta d’Egitto lo sta imparando sulla sua pelle giorno dopo giorno.
Il popolo di piazza Tahrir

Egitto: finalmente si assalta la polizia segreta e i corpi di sicurezza dello stato! Yalla!

6 marzo 2011 1 commento

Al-jazeera ci racconta passo passo, rincorrendo gli eventi, quello che sta accadendo per le strade d’Egitto da ieri sera.
Dicevo appena l’altro giorno come “la pulizia” sia lenta in questa rivoluzione egiziana, ma da ieri sembra aver accelerato i tempi.
Migliaia di persone stanno assaltando diverse sedi, al Cairo come in altre città del paese, numerose sedi dell’ Amn el-Dawla, corpo della Sicurezza dello Stato, la polizia segreta e quella investigativa. Quella che chiamiamo, come il popolo egiziano, la Baltagheyya: le squadracce di Mubarak che in questi trent’anni di regime hanno monitorato, controllato, rinchiuso, torturato e ucciso.

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo, piazza Tahrir e i suoi martiri_

Quello che sembra avvenga in queste ultime ore in queste sedi è un “doppio” attacco: da una parte i manifestanti che assaltano per rabbia le sedi dei loro aguzzini, dall’altra anche il tentativo di bloccare tutti quei poliziotti che qua e là stavano tentando di far sparire col fuoco molta documentazione compromettente sui loro abusi, perpetrati per decenni ( ci sono stati arresti decennali mai notificati alle famiglie, torture, morti mai segnalate, sparizioni …molte cose legittimate dalle leggi speciali, prima cosa che il nuovo popolo d’Egitto ha chiesto di abbattere!)
L’emittente al-jazeera, attraverso le parole di Lubna Darwish, attivista e testimone degli ultimi eventi, ci racconta quello che sta accadendo nel quartiere di Nasr City, nel nord della capitale, dove sono stati assaltati sei palazzi, incluso il quartier generale dei servizi segreti.
“In ogni ufficio abbiamo trovato centinaia di fogli e fascicoli strappati e pronti al macero; allo stesso tempo nel perlustrare gli edifici abbiamo trovato un piano sotterraneo contenente

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo e le fiamme allo Stato_

venti celle di sicurezza.
Sullo stesso piano abbiamo trovato uno stanzone contenente faldoni e documentazione su praticamente tutti gli attivisti del paese. Sono stati in molti a trovare la propria foto.”
Tutte le notizie confermano che l’esercito ha provato a bloccare i manifestanti ma non ha mai usato la forza: in un episodio hanno salvato un ufficiale della Sicurezza di stato che era stato preso dalla folla infuriata e che è stato chiuso all’interno di un tank per evitare un linciaggio.
Sono molti i manifestanti a dichiarare che malgrado la vittoria schiacciante del popolo di piazza Tahrir contro Mubarak e le sue squadracce, gli uffici della polizia investigativa e dei servizi segreti funzionavano ancora a pieno regime: un’altra pagina della rivoluzione -necessaria- è iniziata solo ieri.

Nel frattempo, in nottata, è stato nominato come nuovo ministro degli Interni il generale Mansur al-Essawy. Ha preso il posto di Mahmud Wagdy, di cui tutti chiedevano le dimissioni, designato da Mubarak già durante i giorni di rivolta, nel rimpasto tentato sotto pressione della piazza per cercare di rimanere al potere.

Altre notizie e racconti dal popolo di Piazza Tahrir: QUI

Egitto: piccolo approfondimento su Radio Onda Rossa

5 marzo 2011 Lascia un commento

Con qualche giorno di ritardo riesco a pubblicare il link della trasmissione radiofonica fatta mercoledì mattina dai microfoni di Radio Onda Rossa.
Precedente alle dimissioni del premier Shaqif, è attualmente un po’ “vecchia” vista la velocità con cui corrono le vicende della rivoluzione egiziana…
si parla anche di lotta di classe, di province più lontane dalla capitale e dalla piazza simbolo di questo nuovo Egitto.
Buon ascolto
e ascoltatela sempre Radio Onda Rossa!

QUI INVECE LE PAGINE DEL BLOG SULLA RIVOLUZIONE EGIZIANA

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo, piazza Tahrir e i suoi colori_

Altra vittoria per Piazza Tahrir

4 marzo 2011 2 commenti

Venerdì … l’ennesimo in piazza.

Foto di Valentina Perniciaro _Mahalla al-kubra e i volti del nuovo Egitto_

Il Cairo oggi si ritroverà invaso da centinaia di migliaia di persone appartenenti a quel movimento e a quella nuova classe politica che sta ribaltando, passo dopo passo, l’ordine costituito egiziano. Ieri c’è stata un’altra vittoria: il primo ministro incaricato ad arrivare alle nuove elezioni, Ahmed Shaqif (ex generale dell’aviazione e uomo di fiducia di Mubarak), ha presentato ieri le sue dimissioni richieste a gran voce da tutti i manifestanti. Momentaneamente è stato incaricato, dal Consiglio supremo delle forze armate egiziano, Essam Sharaf, docente universitario che in passato fu ministro dei Trasporti (poi rinunciò all’incarico) e che ha vissuto piazza Tahrir durante i giorni della rivoluzione.
Insomma, è un uomo che non dispiace alla coalizione dei giovani che porta avanti la lotta e le rivendicazioni di piazza Tahrir. La prima richiesta che gli viene fatta, oggi, è di andare a prestare giuramento nel luogo ora più importante per la vita politica egiziana: la piazza.

Anche questo venerdi, a due di distanza da quello vissuto con voi, avrò il cuore tra quelle strade, in questo ’68 egiziano che sta crescendo e cogliendo i primi frutti. C’è voglia di protagonismo e riappropriazione: c’è il desiderio chiaro di ridistribuire i miliardi rubati dalla classe politica corrotta e di ridistribuirli in servizi, case, istruzione. C’è voglia di cancellare la storia egiziana di Saadat e Mubarak, di tornare alle nazionalizzazioni nasseriane, di alzare i salari e dare diritti a tutti i lavoratori. La Coalizione dei giovani della rivoluzione ridiscuterà della gestione dei confini (!!!) e degli accordi di Camp David… insomma, tutto è da fare e i nuovi movimenti giovanili che stanno venendo alla luce sembrano ogni giorno di più voler prendere una strada opposta al neoliberismo, come in Tunisia.
Questa mattina, corteo per il diritto alla casa, nella periferia de Il Cairo, nei distretti di al-Nahda e al-Salam.
Je vous adore !
VI CONSIGLIO QUEST’ARTICOLO!

AGGIORNAMENTO, ORE 13: mezzora fa, alle 13.30 locali, il neo premier egiziano Essam Sharaf si è unito ai manifestanti presenti in un milione in piazza Tahrir, proprio come da loro era stato chiesto. “Sono in questa piazza perchè la legittimità mi viene da voi, dal popolo di piazza Tahrir.
Voi avete fatto una grande cosa con la vostra rivoluzione, ma ora è giunto il momento di ricostruire l’Egitto.
Avete compiuto il Jihad (“lo sforzo”) più piccolo – ha detto alla piazza straripante – ora vi aspetta quello più grande che è ricostruire il paese.
Il mio primo messaggio una volta arrivato qui è di saluto per i martiri e i feriti di questa rivoluzione, dobbiamo continuare la nostra lotta basandoci sulla volontà e la determinazione che abbiamo avuto qui a piazza Tahrir».

L’Egitto e la lotta di classe…

1 marzo 2011 1 commento

Foto di Valentina Perniciaro _Tank e macerie, a pochi passi dalla residenza dell'ex rais Hosni Mubarak, Il Cairo, febbraio 2011_

La lotta in Egitto non si vuole fermare, tantomeno quella della classe operaia e contadina, che non vuole più sottostare a certe regole e dinamiche di sfruttamento.
Oggi più di un migliaio di lavoratori delle industrie chimiche e farmaceutiche , con sede a Shubra, hanno scioperato e manifestato con un lungo sit-in. Quella fabbrica dal 27 febbraio ha incrociato le braccia, quando la proposta di 3 giorni di “vacanza premio” ha irritato i lavoratori, che l’hanno giustamente vista con un becero tentativo di bloccare le proteste di queste ultime settimane. Chiedono le dimissioni di tutti coloro indagati per corruzione tra i dirigenti dell’azienda, chiedono forme contrattuali a tempo indeterminato e un aumento dei salari.
Contemporaneamente, più di tre centinaia di lavoratori della Samuel Tex, che produce biancheria, hanno annunciato uno sciopero per richiedere il pagamento dei salari, l’aumento degli stessi, un contratto a tempo indeterminato e una turnazione più umana. Il loro padrone, Samuel Louis, ha imposto turni di 12 ore giornaliere e un contratto per cui possono essere licenziati arbitrariamente in qualunque momento.

Insomma, la “rivoluzione egiziana”, come tento di urlare quasi svociandomi da settimane, non è solo piazza Tahrir.

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo, e i suoi cimiteri abitati_

Non è solo l’enorme movimento di giovani che ha deciso di riappropriarsi delle strade per chiedere e strappare al potere libertà politiche e sociali: non è solo questo. Le richieste sono quelle di una classe proletaria affamata da anni, incazzata, ma anche molto determinata a far sì che questo nuovo spiraglio di speranza per un futuro nuovo in Egitto e in tutta l’area, porti l’intera popolazione ad una consapevolezza reale dei propri diritti, come cittadini e come lavoratori. Come donne, come uomini e giovani che non vogliono abbassare la testa, nè davanti al rais di turno, ma nemmeno davanti ai padroncini (spesso stranieri) che speculano sul loro sudore e il loro lavoro.

Sempre oggi, ci sono un po’ di novità anche sul “fronte piazza Tahrir”. La scorsa notte il generale dell’esercito Hassan al-Ruwaini, alla testa del comando centrale de Il Cairo, ha esortato i manifestanti ad evacuare definitivamente la piazza (venerdi scorso, per la prima volta, l’esercito egiziano ha sgomberato con violenza midan al-Tahrir), per poter dare alle forze armate la “possibilità di soddisfare le esigenze del popolo egiziano. La risposta della piazza è stata una sonora pernacchia: più volte il suo discorso è stato interrotto da slogan contro il capo del governo ad interim Ahmed Shafiq e altri che comunicavano chiaramente all’esercito che nessuno tornerà a casa fino a quando tutte le richieste fatte non verranno soddisfatte.
Io continuo ad avere cuore e testa tra i marciapiedi riverniciati di piazza Tahrir, e tra i suoi volti dipinti.
Se vuoi leggere altro a riguardo CLICCA QUI

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo, piazza Tahrir saluta i suoi morti_

 

Il Cairo: il giorno dopo la repressione dell’esercito

26 febbraio 2011 1 commento

Dopo lo scoppio improvviso della repressione da parte dell’esercito, la popolazione di piazza Tahrir s’è riconvocata per questa mattina. Le parole d’ordine sempre le stesse, ma urlate con una nuova consapevolezza dopo l’attacco della scorsa notte, sia in piazza Tahrir che più tardi davanti al palazzo dell’Assemblea popolare: immediate dimissioni del primo ministro ed una condanna forte ed unanime contro il comportamento avuto dall’esercito.

Foto di Valentina Perniciaro _Mahalla al-kubra, città di scioperi e di lavoro in fabbrica, si affaccia al nuovo Egitto_

Confermate anche le testimonianze che parlavano dell’uso di pistole taser contro i manifestanti e di alcuni pestaggi veri e propri nei dintorni del Museo archeologico, che si affaccia proprio sulla piazza. Quel che è accaduto ieri ha colpito e scosso la fiducia che l’Egitto riponeva nel suo esercito: pochi giorni fa, e cavolo se cercavo a tutti di far questa domanda, nessuno sembrava dubitare del proprio esercito, parcheggiato in bella mostra su dei baciatissimi tank agli angoli di tutte le strade principali. E così stamattina sono stati in tanti, esponenti del movimento del 6 Aprile, della fratellanza, della chiesa copta, come della miriade di organizzazioni giovanili, laiche e progressiste, che stanno nascendo in queste settimane, hanno ripiantato le tende in quella piazza che ha già visto passare un bel pezzo di storia tra la sua pavimentazione divelta e poi così amorevolmente ripulita. “Abbiamo un obiettivo e non abbiamo nessuna intenzione di fermare il nostro desiderio di arrivarci” racconta Khalid sulle pagine di Al-masr al-youm, quotidiano egiziano con un’ottima versione online anche in inglese. Khalid è un fiume in piena quando racconta ciò che è avvenuto la scorsa notte: “potevamo ordini simili dal ministero degli Interni, ma non avremmo mai immaginato che l’esercito si comportasse così, attaccando una piazza pacifica a colpi di pistole taser”.

Foto di Valentina Perniciaro _solo una settimana fa, sui tank ci si giocava! Il Cairo, Piazza Tahrir, 18 febbraio 2011_

Di interviste se ne susseguono tante oggi sulla stampa egiziana: Mona, giovanissima manifestante, ha perso i sensi dopo esser stata colpita da un taser, una volta rinvenuta è stata picchiata e calpestata con violenza. Salma Saeed invece è un’attivista da tempo e racconta, che mentre i soldati distruggevano le tende appena istallate al centro della piazza, un ufficiale minacciava che se anche la sera successiva la piazza si fosse azzardata a violare il coprifuoco, le munizioni sarebbero diventate vere. Chi nelle precedenti settimane aveva vissuto sulla propria pelle la violenza della polizia, ormai scomparsa dalle strade egiziane, racconta con vero e proprio terrore la stessa esperienza sotto i colpi dell’esercito.

Incredula, la piazza della Liberazione d’Egitto, deve rivalutare quello che aveva pensato del suo esercito, quando per settimane ha rifiutato gli ordini dei generali e s’è alleato alla popolazione in lotta… ieri dopo l’attacco si sono sbrigati a chieder scusa, per tentare di non infiammare troppo gli animi, senza comunque ammettere l’uso di taser. L’assemblea fiume di oggi della “coalizione dei giovani” dove dibattono da giorni tutte le varie organizzazioni protagoniste delle giornate in piazza, sembra aver accettato le scuse dopo un lungo scambio con l’esercito, avvenuto anche attraverso facebook (!)
ora bisogna vedere quello che verrà determinato dalla rabbia e dallo stupore di un popolo che vuole realmente cambiare le proprie condizioni economiche, sociali, politiche …non lasciamoli soli! Loro non hanno voglia di lasciare le loro strade e un sogno reale di uscire dal regime di Mubarak e dei suoi scagnozzi e tornare a riappropriarsi del proprio futuro.
Tutto da costruire!

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo, i marciapiedi appena riverniciati di Piazza Tahrir_

L’esercito sgombera piazza Tahrir!

26 febbraio 2011 Lascia un commento

E’ iniziato un martellamento su twitter intorno alla nostra mezzanotte, sempre più fitto. Dicevamo appena poche ore fa quanto forte fosse la pressione delle piazze egiziane che continuano a riempirsi sull’esercito, tanto apparentemente amato, ma che non può permettersi strappi fino all’arrivo delle elezioni. Ogni venerdì la gran massa delle persone si riversa nelle principali piazze di tutte le città; il Cairo è attraversata da fiumi di persone che bloccano tutta wast al-bilad, la downton che si affaccia sul Nilo. Oggi, in questo momento, non sembra stia andando proprio come è stato la scorsa settimana, quando anche io mi perdevo in quel fiume festoso e deciso.

Foto di Valentina Perniciaro, piazza Tahrir al Cairo. La missione non è ancora terminata

L’esercito ha deciso di disperdere la piazza, la solita pacifica piazza, che questo venerdì, visto l’esplosione delle vicende nei paesi vicini, ha prolungato il suo orario, senza voler tornare a casa con il calare della notte. Oggi le richieste della piazza erano state più che chiare: meno potere all’esercito durante il periodo di transazione, dimissioni immediate dell’attuale primo ministro, liberazione di tutti i prigionieri politici… e all’una di notte locale non erano in molti ad aver ripreso la strada di casa, malgrado il coprifuoco. Cosa che a quanto pare, questa volta,  non è andata giù all’esercito sornione che da settimane staziona nelle principali arterie della città e intorno alla piazza ormai simbolo del nuovo Egitto. Su twitter si legge di un lancio di lacrimogeni e di alcuni arresti, l’immediato sgombero di alcune tende che erano già spuntate nella piazza per la notte, il tentativo di tenere lontani giornalisti e reporter (molte immagini stanno già girando per la rete): la tensione sta salendo, quello che sta accadendo in questo momento non era avvenuto ancora. Si parla di due persone picchiate selvaggiamente all’altezza del Museo e, dall’altro lato della piazza, di inseguimenti ed arresti fino a piazza Talaat Harb, dove una parte della piazza si è ritirata… diversi testimoni parlano di “manganelli elettrici” usati contro i manifestanti

L’esercito non aveva mai mosso un dito contro il popolo di piazza Tahrir, staremo a vedere… (con il cuore per quelle strade).
Oggi a Mansura una grande manifestazione è stata dispersa con gas lacrimogeni e pallottole di gomma.
Alla luce di ciò l’Egitto ha chiaro davanti a sè che la sua rivoluzione è appena cominciata e che da oggi si deve voltare nuovamente pagina!

Il Cairo, strade piene di cortei, prive di polizia…

25 febbraio 2011 1 commento

Foto di Valentina Perniciaro, Il Cairo ... cristiani e musulmani uniti

Oggi, ad un mese esatto da quel 25 gennaio che ha segnato la storia d’Egitto, piazza Tahrir è tornata ad esplodere di volti e bandiere, richieste e slogan.Un mese fa si sarebbe dovuta festeggiare la festa della polizia, come ogni 25 gennaio degli ultimi anni: la solita dimostrazione di forza di un corpo maledetto e detestato nel suo paese.
La festa je l’hanno fatta, non c’è che dire: non una caserma è rimasta in piedi, al Cairo come a Suez, ad Iskyndria come a Port Said.L’odio per la polizia e la Baltagheyya aspettava solo di poter esplodere, così la festa della polizia s’è trasformata nella sua scomparsa. Non c’è un poliziotto per le strade del Cairo: le caserme son vuote e bruciate.

Nei primi giorni di normalità qualcuno in divisa s’è anche visto… qualcuno ha provato a tornare alla solita caffetteria con i tavolini sul marciapiede per un thè zuccherato e una fumata, ma non  ha ricevuto buon’accoglienza.

Foto di Valentina Perniciaro _Il nuovo Egitto passa notte e giorno per la strada_

I bar strabordano di giovani, di militanti, di neo attivisti; i piccoli sbilenchi tavolinetti da due, tre persone si trasformano facilmente in tavolate dove si parla e si discute, ci si prepara per le assemblee o i volantinaggi. L’atmosfera di quei tipici luoghi del Cairo è mutata rapidamente e completamente.
E’ pieno di donne poi, cosa rara su quelle sedie tra una shisha e un caffè arabo fino a poco fa. Bhè, se un poliziotto in divisa prova a sedersi si crea il vuoto in un attimo: in tanti mi hanno raccontato di queste scene, nel centro del Cairo. Intere strade che si svuotano, per creare un buco di silenzio intorno a quei pochi che hanno ancora il coraggio di vestire quella divisa. E’ divertente parlare della scomparsa della polizia dalle strade con un egiziano: Ma fi, Qalas! Non ci sono, è finita!
Non devono farsi vedere!
Poi in realtà riposizionare i topi nelle rispettive fogne non è lavoro poi tanto semplice, in Egitto come altrove. L’altro ieri sono anche scesi in piazza per chiedere la riammissione in servizio dopo tre settimane di nulla: la manifestazione s’è conclusa davanti al ministero dell’Interno, attaccato anche con bottiglie molotov a quanto pare. Notizie di spari dall’interno, nessun ferito e tutto tornato come prima, almeno leggendo le agenzie…

Foto di Valentina Perniciaro, Mahalla al-kubra

Ed oggi piazza Tahrir, e quindi tutte le piazza Tahrir d’Egitto (ogni città ora ha la sua!) è tornata ad urlare la sua voglia di cambiamento: è caduto il regime di Mubarak ma con lui ancora c’è molto da far cadere e la lotta vuole andare avanti, urlano i manifestanti. Le piazze non si svuotano come messaggio chiaro al Consiglio Supremo delle Forze Armate che ha il potere nelle mani e deve garantire l’arrivo alle elezioni, c’è la pressione costante di milioni di manifestanti! Le nuove organizzazioni politiche, i fratelli musulmani, i copti, tutti vogliono che cadino le teste dei ministri di Difesa, Giustizia, Interni ed Esteri: la vecchia guardia deve sparire subito, non dopo le elezioni preventivate per settembre. E poi chiedono ancora il rilascio di TUTTI i detenuti politici, le dimissioni dell’attuale primo ministro Shafiq e un processo rapido per il vecchio rais, nascosto tra le sue mura a Sharm el-Sheikh.

Buona manifestazione, popolo di Tahrir (che nostalgia!)

Foto di Valentina Perniciaro _The Gang, in piazza Tahrir, al Cairo_

Rivolte libiche e bandiere del feudalesimo…

24 febbraio 2011 2 commenti

A me tutto questo sventolare della bandiera senussa di re Idriss mi inquieta.
Sarà il popolo libico a determinare le sue scelte, non sono una di quelle che mette etichette o pregiudizi, però questo sventolare una bandiera del feudalesimo non mi può trovare d’accordo. Almeno su Via Nomentana… la compagnerìa potrebbe aver il buon gusto almeno di sapere cosa sta sventolando. Andare contro al regime di Ghaddafi non può voler dire appoggiare il sistema medievale che vigeva precedentemente. Tutto qui.

Foto di Valentina Perniciaro _Carri armati per Il Cairo_

Leggo spesso commenti pesanti sulla “rivoluzione” egiziana: gli facciamo il pelo parlando di un golpe militare “democratico” a cui stiamo abboccando, e poi sventoliamo la bandiera di re Idriss come fosse rossa…bha. In Egitto c’è un processo in corso, così come nella vicina Tunisia estramemente diverso da quello che sta accadendo in Libia.
Conosco poco la situazione libica, ancor meno le spaccature tribali all’interno delle tre province che ora palesemente stanno guerreggiando tra loro, oltre che contro il loro folle dittatore e le migliaia di truppe mercenarie assoldate per sparare sulla popolazione in rivolta.
Oggi il bombardamento aereo ha toccato Zawia, il numero dei morti è sconosciuto ma ovviamente altissimo. Le strade, tutte le strade, per Tripoli strabordano di posti di blocco di truppe mercenarie, che sembra la Somalia…

Dobbiamo sostenere queste rivolte, sostenerle ma anche capirle.
Scindere quel che è accaduto in Tunisia ed Egitto da quel che sta accadendo nel territorio libico. Senza mettere per forza etichette, che dal nostro occidente ignaro delle dinamiche di quella terra, sarebbero sicuramente errate. Però vi prego, cerchiamo di non appropriarci di quella bandiera….bruciamola insieme alle altre che stiamo bruciando in questi giorni.
Giorni di rivolta e di popoli che alzano la testa, giorni inaspettati fino a poco fa.

Grecia, 10°sciopero generale. “Facciamo come a piazza Tahrir!”

23 febbraio 2011 Lascia un commento

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo, piazza Tahrir, MAI PIU' COME PRIMA_

Trasformare Syntagma in Piazza Tahrir…avendo camminato e vissuto momenti indimenticabili in entrambe quelle piazze, non posso non sentire un brivido incredibile attraversarmi. Più di due anni fa durante gli scontri di Atene era difficile immaginare un Mediterraneo in questa situazione; tornata ora da una settimana per le strade che hanno vissuto le “giornate della rabbia” di piazza Tahrir mi sembra un po’ più possibile di prima. Che qualcosa si possa veramente muovere: che ci sia il desiderio esplosivo di migliaia e migliaia di persone, soprattutto giovani e giovanissimi, che hanno voglia di dire la propria in questo mondo di merda, voglia di scegliere, di autodeterminarsi, di essere parte attiva della propria vita e di quella della storia che abbiamo tra le mani.

Oggi le strade della Grecia hanno vissuto il decimo sciopero generale dall’inizio della crisi economica, pochi mesi fa: si è fermato il traffico aereo, i trasporti urbani, marittimi e ferroviari, uffici pubblici, scuole, ospedali, negozi, banche. Il paese è fermo, a braccia conserte, ancora una volta e con la proposta di alcune componenti della sinistra greca parlamentare e non di non lasciare Syntagma, la piazza di fronte al parlamento greco, fino alle dimissioni di Papandreou, come in Egitto!
La manifestazione ad Atene è stata da subito imponente; una delle più grandi tra le tantissime di questi mesi e sicuramente una delle più variegate per sigle e livello di rabbia.

Foto di Valentina Perniciaro, Il Cairo, piazza Tahrir _LA MISSIONE NON E' CONCLUSA_

La testa ha raggiunto Syntagma quando la coda del corteo doveva ancora iniziare ad incolonnarsi. Subito dopo l’arrivo nella piazza simbolo della protesta, la polizia e i reparti speciali hanno fatto largo uso di gas lacrimogeni per disperdere la piazza dove erano confluiti il corteo indetto dai sindacati e massicci gruppi e componenti del movimento studentesco ed anarchico. Si contano una quarantina di arresti fino a questo momento e un ragazzo rimasto colpito seriamente da un lacrimogeni, trasferito con urgenza in ospedale. Le cariche a Alexandras Avenue si avvalgono di numerosi gruppi di poliziotti in motocicletta, come spesso abbiamo visto ad Atene.

Anche a Salonicco migliaia di persone sono scese in piazza già da mezzogiorno riempiendo le strade e trovandosi quasi subito ad affrontare gli attacchi della polizia che ha tentato più volte di spezzare il corteo con granate assordanti e molti lacrimogeni. Dopo un pesante numero di arresti, il commissariato di polizia di Ano Polis è stato attaccato con bottiglie moltov, mentre gli scontri proseguono sulla strada principale.

Resisti Libia!

22 febbraio 2011 1 commento

Foto di Valentina Perniciaro _Il Cairo, Piazza Tahrir e i feticci della rivoluzione_

Con la testa ancora per le strade del Cairo, da dove sono rientrata da poco, riesco ad avere poco tempo e ancor meno lucidità per seguire attivamente la vicenda libica, i bombardamenti aerei sulle piazze dei manifestanti, la scia infinita di sangue che sta scorrendo per le strade di quel paese a noi tutti troppo sconosciuto.
Già quasi 600 morti, almeno per quel che arriva alle nostre orecchie, con mercenari dei paesi africani che sparano con armi a calibro pesante sui manifestanti (molte delle vittime registrate sono donne). Comunque, secondo l’International federation for human rights (Ifhr), una ong con sede a Parigi, sono circa una decina le città in mano agli insorti. Oltre a Bengasi, dice Ifhr, i ribelli hanno preso il controllo di Sirte e Torbruk oltre che di Misrata, Khoms, Tarhounah, Zenten, Al Zawiya e Zouara.
Resistete!!!

Un po’ di foto…

21 febbraio 2011 2 commenti


Camionette in fiamme

Inserito originariamente da Baruda

Con la mia solita lentezza, inizio a pubblicare un po’ di foto dell’Egitto e dei miei 5 giorni con il popolo di Piazza Tahrir e del nuovo Egitto che sta nascendo in questi giorni.
Nel frattempo è tutto il resto del mondo arabo che sta scoppiando, i paesi che non bruciano son pochi e non so quanto reggeranno.
Con il cuore tra voi, da Tahrir alla Libia e tutto il suo sangue, dai massacri in Bahrein agli scioperi ad oltranza in Yemen …

Rivoluzione d’Egitto: scope e cestini!

21 febbraio 2011 1 commento

Foto di Valentina Perniciaro _Tutto il potere al popolo_

Foto di Valentina Perniciaro _Tutto il potere al popolo_

La prima vittoria schiacciante è quella di essersi riappropriati delle strade, della parola, della socialità.
Tre settimane a dormire fianco a fianco e Il Cairo ora non riesce a smetterla con questa promiscuità, con quest’esaltazione dello stare insieme, finalmente, senza badare a nulla e  nessuno, tantomeno all’orologio e al coprifuoco.
Il “coprifuoco all’egiziana” è divertente perché non lo rispetta nessuno. Le strade si svuotano svogliatamente, più per quel senso di spossatezza che comunque inizia a colpire dopo questo mese senza quasi mai tornare a casa.
La prima vittoria schiacciante, dicevo, è proprio stare insieme e tutti, senza distinzioni religiose né di genere.
C’è la scusa di pulire poi! Ed è dilagata nel paese intero, dalla capitale ad Iskyndriya (Alessandria), dalle città dal Delta alla ribelle Suez, la più incazzosa e radicale nei giorni della rivoluzione.

Foto di Valentina Perniciaro _Mubarak chi?? 😉

Ora i giovani e i giovanissimi, che poi compongono la stragrande maggioranza di questo paese, hanno deciso che quelle sporchissime strade (incredibili!! Anche a causa degli scioperi costanti delle settimane precedenti) le ripuliranno una ad una…
e così a migliaia li vedi, a gestire le loro città e ripulirle: le piazze e le strade dove, pettorina e guanti, scope pennelli e vernice, hanno anche una fitta autorganizzazione per la gestione del traffico!
Al centro delle rotonde, questi neo-ventenni gestiscono il traffico della città dimostrando l’inutilità di tutte le divise che infestavano la città (e ci tengono a sottolinearlo in ogni conversazione)… nel frattempo volantinano e vendono i gadget della rivoluzione che qua e là producono per finanziare tutti quei barattoli di vernice con cui stanno ricolorando marciapiedi e ringhiere, panchine e pali …
Poi i giornali…è un continuo correre di ragazzini e fanciulle con fasci di giornali al braccio.
“Il popolo della rivoluzione”, “L’alba” … ogni giorno ne spunta qualcuno, venduti da attivisti e militanti in tutti i locali, infilati nelle macchine, nei milioni di taxi, tirati ai soldati che stazionano sui tank agli angoli delle strade.
Si parla, si scrive, si volantina…
i quattordicenni buttati nelle aiuole mettono per iscritto la LORO Costituzione: se ne scriveranno centinaia al giorno. In ogni strada e marciapiede, in ogni aula di scuola, nei tetti sbilenchi che vedono il sole filtrato dallo smog e dalle tempeste di sabbia dell’inizio primavera…
che atmosfera…..

Foto di Valentina Perniciaro _VIA!ANDATE VIA! L'Egitto è un paese nuovo e mai tornerà come prima!__

Il mio Egitto tra le strade…primi racconti

21 febbraio 2011 4 commenti

Difficile stare al passo con i tempi in questi giorni, soprattutto quando si prova a capire quel che accade, con i propri occhi, in un paese e nel frattempo anche tutti quelli intorno vengono giù, come tasselli di domino con la base incrinata.
Sono tornata dall’Egitto solo ieri sera e in questa settimana di aria di rivoluzione non ho mai avuto modo di aggiornare queste pagine, di riportare le conversazioni fatte, le sensazioni provate, le rivendicazioni ascoltate: poco tempo per elaborare quel bombardamento di colori e parole che ho condiviso con loro.

Foto di Valentina Perniciaro _ora che possiamo abbracciarci liberamente..._

Inizio oggi a raccontarvi un po’, a mostrarvi un po’ di quelle immagini….

Foto di Valentina Perniciaro _la missione non è terminata_

Foto di Valentina Perniciaro _la missione non è terminata_

Il nostro arrivo è stato nel pieno della preparazione del giorno della gioia e della continuazione, che venerdi ha portato, solo in Midan Tahrir al Cairo, circa tre milioni di persone.
Era un appuntamento importante ed è andato al di sopra di tutte le aspettative: inizialmente chiamata come la manifestazione in ricordo dei martiri delle giornate della rivoluzione, poi la piattaforma è mutata rapidamente.
Non una manifestazione CONTRO l’esercito, che non è proprio il caso di definirla così, sarebbe errato e controveritiero,  ma sicuramente un messaggio chiaro lanciato contro la giunta militare e le sue teste.
Tutto il potere al popolo urlavano, anche abbracciando i soldati sopra i tank che sorvegliano la città da giorni e bonariamente…
un messaggio chiaro che l’esercito deve aver recepito.
Non si torna indietro…l’esercito deve garantire la transizione, deve garantire l’arrivo alle elezioni, deve garantire ORA che le organizzazioni che stanno nascendo abbiano tempi e luoghi per costruirsi e crescere, ma deve stare al posto suo.
Il potere totale che ha ora deve rapidamente passare nelle mani del “popolo della rivoluzione”. Punto.
Su questo nessuno in quella piazza sembrava transigere , malgrado il rispetto e l’amore che sembrano tutti avere per i soldati.
C’è un rispetto infinito per quei soldati soprattutto per il comportamento che hanno avuto nei giorni della rivoluzione: tanti sono stati gli ordini non eseguiti, nulla è stato mai fatto per fermare il popolo di Tahrir, anzi.
Quel popolo ha visto i soldati non credere ai loro occhi e lanciare la propria divisa per buttarsi tra la gente (ai loro colleghi è “toccato” arrestarli per qualche ora poi)…quel popolo ha visto i capi dell’esercito chiedere di sparare sulla piazza per far tornare tutti a casa e ha visto i soldati puntare i fucili dalla parte opposta, verso la Baltagheyya a cavallo che voleva bloccare il processo rivoluzionario.

Foto di Valentina Perniciaro _Egitto libero e unito_

Quell’esercito è amato perchè è stato palesemente dalla loro parte in quelle giornate, ed anche se questo non può bastare, è stato importante in quei giorni e non possono dimenticarlo: non più un poliziotto, quello era l’obiettivo di tutti.
Quello si è ottenuto…e l’esercito non ha mosso un dito per fermare questo moto inarrestabile contro quelle divise.
L’infinito potere della polizia è cessato…non più divise blu per quelle strade, non più minacce, non più mazzette, non più violenza gratuita su tutti e tutte, sempre.
Il primo passo di questo processo di liberazione è stato spazzarli via, bruciare ogni caserma, ogni camionetta, ogni galera; nella capitale come nei piccoli centri…piazza pulita, piazza libera, piazza liberata.
Il secondo quello di stare tutti uniti, di fare per la prima volta del popolo egiziano un popolo solo, senza divisioni…e per ora la vittoria su questo fronte è schiacciante e meravigliosa.
Fratelli Musulmani, copti, comunisti … il popolo egiziano ora è uno. Variegato e felice…speriamo sappia sfruttare questo momento…

(a tra un po’, che ce ne abbiamo di cose da raccontarci…!)

Foto di Valentina Perniciaro _mai sorriso così tanto_

Il giorno della gioia e della continuazione

18 febbraio 2011 2 commenti

Nessun modo di aggiornare questo blog…
ricarico le macchinette e torno a Tahrir dove il milione di manifestanti è stato di molto superato già alle 2 del pomeriggio!
Le richieste sono tante di questo popolo…ora vogliono che l’esercito molli tutto il potere che ha nelle mani!
9 richieste, chiare e concise che fanno capire che questo popolo ha voglia di farla sul serio questa rivoluzione, giorno dopo giorno, passo dopo passo, sorriso su sorriso.
A presto…io torno tra quel milione festante e rabbioso!
TUTTO IL POTERE AL POPOLO è lo slogan più urlato!
…e come lo sottoscrivo!!!

500 scatti da scaricare…prima o poi troverò il tempo per martellarvi!!
😉

Le donne di Piazza Tahrir

16 febbraio 2011 4 commenti

“Scusateci, abbiamo pensato per una vita intera che voi eravate nemiche del popolo egiziano e musulmano. Scusateci se non abbiamo capito che siamo una cosa sola, anche se diversi!”

E’ stata una delle frasi più ripetuta nelle giornate e notta di Piazza Tahrir.
Chissà che colpo per un islamico integralista, per un componente della Fratellanza Musulmana, trovarsi a vivere una rivoluzione (qui, chi è più abituè della politica parla di Intifada e non di Thaura “rivoluzione…giustamente) così spontanea e soprattutto stracolma di donne.
Per notti e giorni interi uomini e donne, velate e non, hanno dormito fianco a fianco per terra, hanno rischiato la vita, si sono divisi le pietre da lanciare per difendersi… e queste sono le loro continue scuse, sia degli esponenti che della gente che ti ferma a parlare per strada.
Mai nessuno avrebbe immaginato ci fossero tutte queste donne in Egitto, te lo dicono gli uomini con visi felici ed increduli…sono tante, sono tutte bellissime, sono diverse.
C’è stato di tutto in piazza Tahrir..gli uomini dalle barbe maomettane, integralisti sunniti, hanno dovuto convivere con quelle che hanno sempre considerato puttane, serve dell’occidente: da loro invece sono stati ricuciti, da loro hanno preso volantini, accanto a loro e ai loro capelli sciolti hanno dormito e rischiato la vita.
Questa è la più bella delle rivoluzioni che ho visto in queste ore egizie: le donne guardano dritte negli occhi, le donne prendono i megafoni e urlano, le donne alzano la voce e soprattutto ridono.
C’è una forte riappropriazione della propria libertà, in tutti i campi.
Questo è un popolo che non ha mai potuto parlare, ballare, bere e giocare, nè tantomeno organizzarsi e fare politica: è un popolo che nella sua millenaria storia ha vissuto solo oppressione e repressione.
Ora hanno cacciato via tutte le divise…
ora si riuniscono, creano movimenti e partiti, non mollano le strade, non mollano le rivendicazioni nei posti di lavoro…non mollano.
E come si potrebbe tornare indietro…ormai la libertà la stanno assaggiando, gli sguardi di un intero popolo sono cambiati.
Ora qui arrivano solo i megafoni e le urla, gli slogan e i clacson festanti e in teoria tra 2 ore inizia il coprifuoco!

Belli e soprattutto BELLE!! Buon lavoro, che non state che all’inizio!
Niente foto che tempi e connessione non me lo permettono, ma tanto vi  bombarderò di scatti, solo un po’ di pazienza

Passeggiando per una strana rivoluzione

15 febbraio 2011 1 commento

Veramente complicato aggiornare queste pagine da qui.
Siamo al-Cairo, una citta’ in pieno giubilo, una citta’ che vive per la strada da settimane e che sembra abbia vinto i mondiali, piu’ che una rivoluzione.

Il Cairo, 15 febbraio 2011 _Foto di Valentina Perniciaro_

Tutti a vendere bandiere dell’Egitto, cordoncini da legare in fronte con scritto ‘Io amo l’Egitto’ o ‘L’Egitto e’ al di sopra di tutto’…
i giovani, soprattutto, sono ora impegnati strenuamente nel ripulire la zona della citta’ che si e’ vissuta le lunghe giornate di Piazza Tahrir.
Secchi di vernice bianchi e neri rivestono i marciapiedi di nuova luce, le ringhiere degli spartitraffico ora puzzano e appiccicano di fresca vernice verde, le scope vengono quasi litigate dai bimbi, che spostano la polvere da un punto all’altro.
Una situazione un po’ surreale: forse sono io un po’ antica, ma avevo un altro concetto di rivoluzione, estremamente diverso.
Ma tant’e’…questo e’ quello che abbiamo davanti agli occhi in queste ore..la gente dei ‘giorni della collera’ sembra voler solo festeggiare e occupare le strade, le donne urlano slogan da sotto i loro veli coloratissimi, i bimbi si disegnano la bandiera sul volto e chiedono senza timidezza di salire sui tank, che sorvegliano quasi ogni strada.
Oggi poi, giornata di festa: e’ il compleanno di Maometto e la citta’ si sta preparando ai festeggiamenti di Said Zeinab, questa sera.
Domani proviamo a lasciare la citta’…o per il Delta e Alessandria, o per Suez, idea piu’ allentante. Il livello edllo scontro in quella citta’ e’ stato radicale: gli attacchi alla polizia e ai commisariati inarrestabili finche’ l’ultima fiammata s’e’ portata via tutto…
poi ci sono i lavoratori, a tonnellate e vorrei poter capire cosa accade da quelle parti.
Nel frattempo l’ex rais, Hosni Mubarak, sembra sia in fin di vita e che rifiuti anche le cure…pare sia questione di momenti!
Il popolo d’Egitto aspetta, affidandosi completamente al suo esercito tanto amato (proprio cosi’), soddisfatti e orgogliosi di non aver piu’ un poliziotto per le stade.
”Barra, Qalas! Fuori, e’ finita. Ora siamo liberi, puoi fotografare quello che vuoi, e’ finita”
Penso che per parlare di ‘rivoluzione’ ce ne voglia ancora…ma almeno, si stanno riappropriano giorno dopo giorno della possibilita’ di parlare, muoversi e ridere senza dover rendere conto.
Che gioia vedere questa loro gioia.

Il Cairo, 15 febbraio _Foto di Valentina Perniciaro

A tra qualche ora, Egitto “libero”

13 febbraio 2011 1 commento

Tra poche ore vengo a sbirciare un po’…
vengo a vedere coi miei occhi se ce la fate sul serio a liberarvi da secoli d’oppressione, vengo a vedere se ce la fate a dare una spallata pure all’esercito, vengo a fare una partita di scacchi buttata su qualche aiuola, vengo a vedere le vostre fabbriche in sciopero, le vostre facoltà festose.
Vengo tra voi, perchè non posso farne a meno,
perchè voglio passare qualche ora, qualche manciata di giorni tra voi festanti e increduli,
perché vorrei vedere coi miei occhi se avete voglia di farla questa rivoluzione o volete credere al fatto che il potere “si passa”.
Vediamo se avete voglia di prendervelo, insieme alla libertà, TUTTA INTERA.

A Tra qualche ora, EGITTO!
Ci si riaggiorna dalle rive del Nilo

Un concerto d’addio

11 febbraio 2011 1 commento

Qualche millennio fa, a Ba'albek

Qualche millennio fa, a Ba'albek

Prologo

A voi tutte,
che piacete o siete piaciute,
che conservate icone nell’antro dell’anima,
come coppa di vino in un brindisi,
levo il cranio ricolmo di canti.

Sempre più spesso mi chiedo
se non sia meglio metter il punto
d’un proiettile alla mia sorte.
Oggi darò,
in ogni caso,
un concerto d’addio.

Memoria!
Raduna nella sala del cervello
le schiere inesauribili delle amate.
Da un occhio all’altro effondi il sorriso. D’antiche nozze travesti la notte.
Di corpo in corpo effondete la gioia.
Che nessuno dimentichi una simile notte.
Oggi io suonerò il flauto
sulla mia colonna vertebrale.

I

Miglia di strade i miei passi calpestano.
Dove andrò a nascondere il mio inferno?
Da quale Hoffmann celeste
sei stata concepita, maledetta?

Sono anguste le strade per una tempesta di gioia.
Gente adorna la festa senza posa attingeva.
Penso.
I pensieri, grumi di sangue,
infermi e rappresi strisciano via dal cranio.

Io,
taumaturgo di ogni tripudio,
non ho con chi andare alla festa.
Cadrò di schianto, supino,
sfracellandomi il capo dulle pietre del Nevskij!
Ho bestemmiato.
Ho urlato che Dio non esiste,
e lui ha tratto dal fondo dell’inferno
una donna che farebbe tremare una montagna
e mi ha comandato:
amala!

Dio è soddisfatto.
Nell’erta sotto il cielo
un uomo tormentato s’è inselvatichito e spanto.
Dio si stropiccia le mani.
Dio pensa:
aspetta, Vladimir!
L’ha escogitato lui, lui,
per non farmi scoprire il tuo mistero,
di darti un marito vero
e di porre sul pianoforte note umane.
Se furtivo m’accostassi alla soglia della tua alcova, per far la croce sulla nostra coperte,
lo so,
si sentirebbe puzzo di lana bruciata
e fumo sulfureo si leverebbe dalla carne del diavolo.

Ma invece fino all’alba
l’orrore che tu fossi condotta ad amare
m’ha sconvolto,
e le mie grida
ho sfaccettato in versi,
gioielliere già in preda alla follia.
Giocare a carte!
Sciaquare
nel vino la rauca gola del cuore!

Non ho bisogno di te!
Non voglio!
Non importa,
lo so
che creperò fra breve.

Se è vero che esisti,
o Dio,
o mio Dio,
se hai intessuto il tappeto di stelle,
se questo tormento,
moltiplicato ogni giorno,
è, Signore, una prova mandata giù da te,
indossa la toga del giudice.
Aspetta la mia visita.
Sono puntuale,
non tarderò d’un giorno.
Ascolta,
altissimo inquisitore!

Serrerò la bocca.
Non udiranno un grido
dalle labbra morse.
Legami alle comete, come alle code dei cavalli,
trascinami,
squarciandomi sulle punte delle stelle.
Oppure,
quando l’anima mia sloggerà
per venire al tuo tribunale,
accigliandoti ottusamente,
come una forca
distendi la Via Lattea,
e subito impiccami come un criminale.
Fa quello che ti pare.
Squartami, se vuoi.
Io stesso, giusto, ti laverò le mani.
Però,
ascolta!
Portati via la maledetta,
che m’hai comandato d’amare!

Miglia di strade i miei passi calpestano.
Dove andrò a nascondere il mio inferno?
Da quale Hoffmann celeste
sei stata concepita, maledetta?

Foto di Valentina Perniciaro _biforcazioni in salita_

II

Il cielo
fumoso, immemore d’azzurro,
e le nubi a brandelli come profughi
rischiarerò nell’alba del mio ultimo amore,
vivido come l’incarnato d’un tisico.
La mia gioia ricoprirà il ruggito
dell’ammasso, dimentico
del tepore domestico.
Uscite dalle trincee.
Combatterete dopo.

Anche se dura la battaglia,
ubriaca di sangue e vacillante come Bacco,
le parole d’amore non sono vane.
Cari tedeschi!
Io so
che avete sul labbro
la Margherita di Goethe.

Muore il francese
sulla baionetta sorridendo,
con un sorriso si schianta l’aviatore ferito,
se ricorda
il bacio della tua bocca,
Traviata.

Ma a me che importa
della rosea polpa,
che i secoli masticheranno?
Oggi stendetevi ad altri piedi!
Canto te,
imbellettata,
fulva.

Forse di questi giorni,
orrendi come aguzze baionette,
quando i secoli avranno canuta la barba,
resteremo soltanto
tu
ed io,
che t’inseguirò di città in città.

Sarai mandata di là dal mare,
ti celerai nel covo della notte:
ti bacerò attraverso la nebbia di Londra
con le labbra di fuoco dei lampioni.

In lente carovane percorrerai i torridi deserti,
dove stanno leoni in agguato:
per te
sotto la polvere, strappata dal vento,
sarà un Sahara la mia guancia ardente.

Con un sorriso sulle labbra guardami,
vedrai
che torero io sono!
E d’improvviso
getterò sul tuo palco la mia gelosia
come l’occhio morente del toro.

Se portando il tuo passo distratto sul ponte
penserai
che ti sta bene laggiù,
sarò io
sotto il ponte la corrente della Senna,
e ti chiamerò,
digrignando i putridi denti.

Con un altro incendierai nel fuoco dei cavalli
Strelka o Sokolniki.
Io starò in alto a farti soffrire
con un’ignuda luna in attesa.

Sono forte,
avranno bisogno di me
e mi ordineranno:
muori in battaglia!
Il tuo nome
sarà l’ultimo,
rappreso sul mio labbro lacerato dal proiettile.

Finirò sul trono?
O a Sant’Elena?
Dominati i flutti tempestosi della vita,
sarò ugualmente candidato
al regno dell’universo
e al lavoro forzato.

Se è mio destido d’essere re,
il tuo viso
ordinerò di coniare al mio popolo
nell’oro vivo delle mie monete!
O laggiù,
dove si scolora il mondo nella tundra,
dove traffica il fiume col vento del nord,
sul ferro graffierò il tuo nome, Lilia,
e le catene bacerò nel buio della galera.

Ascoltate, immemori dell’azzurro del cielo,
irsuti,
come bestie feroci.
Al mondo, forse,
questo ultimo amore
è un’alba vivida come incarnato di un tisico

III

Scorderò l’anno, la data, il giorno.
Mi chiuderò solo con un foglio di carta.
Avverati, magia sovrumana,
delle parole illuminate di pianto!

Oggi, appena entrato nella tua casa,
mi sono sentito
a disagio.
Tu celavi qualcosa nell’abito di seta
e s’effondeva nell’aria un profumo d’incenso.
Sei felice?
Hai risposto un freddo:
“Molto “.
L’inquietudine ha rotto l’argine della ragione.
Accumolo disperazione, nel delirio della febbre.

Ascolta,
tanto non ci riesci
a celare il cadavere.
Scagliami in viso la parola terribile.
Ogni tuo muscolo urla
lo stesso,
come in un megafono:
è morto, è morto, è morto.
No,
rispondi.
Non mentire!
(Come farò a tornare indietro così?)
Come due tombe
ti si scavano gli occhi nel viso.

Le due fosse si inabissano.
Non se ne vede il fondo.
Mi sembra
di crollare dal palco dei giorni.
Come una fune, ho teso l’anima sul precipizio
e vi ho fatto l’equilibrista, giocoliere di parole.

Lo so,
ormai l’ha consunto l’amore.
Da tanti segni indovino la noia.
Fammi tornare giovane nell’anima.
La gioia del corpo fà di nuovo conoscere al cuore.

Lo so,
per una donna sempre si paga.
Non fa niente,
se intanto,
non ti vestirò con l’elegante abito di Parigi
ma soltanto col fumo della sigaretta.

Il mio amore,
come un apostolo d’età remote,
diffonderò oer mille e mille strade.
Da secoli è pronta per te una corona,
ove sono incastonate le mie parole:
arcobaleno di spasimi.

Come fecero vincere Pirro
gli elefanti con passi di due quintali,
così io ho sconvolto il tuo cervello col passo del genio.
Invano.
Non potrò piegarti

Gioisci,
gioisci
d’avermi finito!
Ora è tale l’angoscia che desidero
soltanto fuggire al canale
e il capo cacciare nell’acqua digrignante.

Mi hai offerto le labbra.
Con quanta indifferenza.
Le ho sfiorate e m’hanno ghiacciato.
M’è parso di baciare in penitenza
un monastero intagliato nella fredda pietra.

Hanno sbattuto
la porta.
È entrato lui,
rorido della gaiezza delle strade.
Io
con un gemito mi sono spezzato in due.
Gli ho gridato:
” Va bene!
Me ne andrò!
Va bene!
Rimarrà tua.
Ricoprila di stracci,
le sete appesantiscono le sue timide ali.
Bada che non s’involi.
Appendile al collo
come una pietra collane di perle!”.

Oh, questa
che notte!
Ho spremuto a non finire la mia disperazione.
Al mio pianto e al mio riso
il muso della stanza d’è torto in una smorfia d’orrore.
E come una visione sorse a te il suo sembiante,
sul suo tappeto effondevi l’aurora dei tuoi occhi,
quasi in sogno evocasse un nuovo Bjalik
un’abbagliante regina dell’ebraica Sion.

Nel tormento ho piegato i ginocchi
dinanzi a colei che non è più mia.
A mio paragone
re Alberto,
arresosi con tutte le sue fortezze,
è un festeggiato ricolmo di regali.

Indoratevi al sole, fiori ed erbe!
Dilagate in primavera, vita di tutti gli elementi!
Io un solo veleno desiderio:
bere e bere sempre versi.

Tu che hai saccheggiato il mio cuore,
privandolo di tutto,
e nel delirio m’hai lacerato l’anima,
accogli, cara, il mio dono,
forse più nulla io potrò inventare.

Onorate a festa la data di oggi.
Avverati,
magia simile alla passione di Cristo.
Vedete,
sulla carta sono trafitto con chiodi di parole.
— Vladimir Majakovskij —
IL FLAUTO DI VERTEBRE

Foto di Valentina Perniciaro _ tra poco ritorno eh?!_

I funerali di Franca Salerno

5 febbraio 2011 15 commenti

Il mio corpo non aveva mai sostenuto quello di un corpo morto.

Baruda _I funerali di Franca Salerno_

Le mie spalle non avevano mai sorretto una bara prima di ieri pomeriggio… e ringrazio tutte di avermi coinvolto inaspettatamente.
Portare Franca sulla mia spalla è stata una grande emozione,
il suo peso sulle mie spalle è stato piacevole, il suo peso e quello della sua storia in questo modo sono entrate ancora di più nel mio corpo. Noi donne, a portare il tuo corpo.
Siamo donne Franca mia, e la rivoluzione -quando decidiamo di farla, che ci sia o no- passa sempre su di noi,  ci lacera la carne, ci entra dentro
Tu lo sai bene, sorella e compagna, madre e combattente: lo sai bene perchè la tua strada non ha avuto mai pace, mai una passeggiata che non fosse una faticosa salita.
Perchè il tuo corpo ha sempre pagato, perché hai messo al mondo una meraviglia che c’ha lasciato troppo troppo presto, perché da quando eri poco più di una bimbetta hanno cercato di spezzare il tuo volo e alla fine, comunque, non ci sono mai riusciti del tutto.
Portava i tuoi occhi quel dolce Antonio che tutti noi abbiamo amato, portava i tuoi occhi, occhi liberi!

Baruda _I funerali di Franca Salerno_

Ed ora tu libera lo sei sul serio…ora non ci sarà cemento né sbarre a fermare il tuo cammino e il tuo sguardo. E’ finito il dolore, ora sei libera come quel sorriso che c’hai donato-
Ora sei evasa sul serio da quella galera, come già aveva fatto il tuo corpo combattente e troppo libero per sottostare alla follia e alla tortura del carcere, del carcere speciale, dell’isolamento.
Non so come trovare le parole per salutarti, voglio solo dirti che la tua storia è la mia storia.
Che per me sei TUTTA da ricordare: la Franca della sua adolescenza in fuga, della sua militanza, della scelta delle armi, del carcere, delle evasioni, dei pestaggi sul pancione, dei primi anni di tuo figlio in isolamento con te in un carcere speciale sardo, della sua morte poi dopo che finalmente eravate tornati insieme, e poi la tua malattia e il modo in cui l’hai combattuta.
Ciao Franca, grazie

LINK:
Una vecchia intervista con Franca Salerno
Ciao Anto’
L’evasione di Franca Salerno e Maria Pia Vianale
Ciao Franca, cuore nostro
La copertina con la stella

Baruda _ciao Franca, cuore e sangue nostro_

L’Egitto e “i parenti di Dio”

29 gennaio 2011 8 commenti

CLICCA QUI per un po’ di racconti dalla rivoluzione egiziana!

Non solo non ho modo di aggiornare queste mie pagine, ma nemmeno di seguire come voglio la rivolta egiziana e un po’ tutto quello che in quella larga sponda di mediterraneo sta accadendo da giorni e in queste ultimissime ore.
Niente connessione, vivo e forse vivrò ancora una manciata di ore, in un batuffolo di ovatta che mi fa venire ancora più voglia di andare a guardare con i miei occhi, di salpare e attraccare sull’altra riva dello stesso identico mare.
Sentire le urla di quelle piazze, sentire il fischio di quegli spari che assomiglia a tutti gli altri, lui si.
non posso far altro che starci col cuore… e queste righe sono di quanto più bello mi è venuto in mente ora, per l’Egitto e le sue barricate. Per quel desiderio di libertà che sa montare sui carri armati.

Il Cairo, 25 gennaio 2011

Una volta il governatore della città veniva
solo per chiamare la gente alla moschea
il venerdì
e nella sua eccelsa omelia affermava
di appartenere ai prediletti di Dio
ai fedeli di Dio
agli amici di Dio.

Una volta il governatore
di questa città conquistata,
piegata,
triste
veniva solo per dichiarare di essere il rappresentante personale,
il portavoce di Dio.
Mi è forse consentito
chiedere all’Altissimo
se ha concesso loro un’esclusiva
sigillata e firmata
affinché siedano sul collo del nostro popolo
sino all’eternità?
Se ha ordinato a costoro
di distruggere il nostro paese
e di annientarci come grilli
per decreto divino
e di malmenarci
per decreto divino?
Se tu chiedessi a uno di questi governanti
chi gli ha concesso di occuparsi nella vita terrena delle nostre questioni
ti risponderebbe che sei un ignorante
se non sai che lui
é imparentato con Dio.

Il Cairo, plotoni e pane

Voglio gridare:
Oh Dio! Sei tu che hai nominato il ministro del Tesoro?
Allora… perché è scoppiata la povertà?
Perché si è perduta la pazienza?
Perché sono peggiorate le cose?
Il nostro piatto principale è la spazzatura.
Gli uccelli nel nostro paese non trovano più avanzi da mangiare.
Forse l’aumento del prezzo del pane é una questione che riguarda Dio?
E pure l’aumento del ful? Dell’hummus?
Dei sottaceti, del crescione , é una faccenda che riguarda Dio?
Forse l’incremento delle morti e dei sudari è cosa che riguarda Dio?
Allora perché i potenti mangiano caviale mentre noi mangiamo le scarpe?
Allora perché i burocrati bevono whisky mentre noi beviamo fango?
Perché il povero nel nostro paese non distingue la pagnotta di pane dalla mezzaluna?
E perché nel ventre delle madri i figli si suicidano?

Il Cairo e l'Intifada

Vorrei chiedere all’Altissimo
Se ha loro insegnato
a trasformare la nostra pelle in tamburo,
a lavarci il cervello,
a insultare le nostre donne,
a montarci come asini e cavalli.
Desidero chiedere all’Altissimo
Se ha ordinato loro di spezzarci le ossa,
di spezzare le nostre penne,
di uccidere il soggetto e l’oggetto,
di impedire ai fiori di sbocciare nei prati.

Desidero chiedere a Dio
se ha dato loro
un assegno in bianco
per comprare Versailles e il Regno Unito,
Babilonia e i giardini pensili,
e per comprare la stampa mercenaria.
Se ha dato loro un assegno in bianco
Affinché comprassero la corona britannica e i palazzi,
e le donne in gabbia come uccelli
e la verde luna nel cielo di Nishapur.

Infine voglio chiedere
a Dio
Se è diventato loro parente
per davvero.
Se tra gli uccisori del suo popolo
vi sono parenti di Dio.

NIZAR QABBANI
_IL FIAMMIFERO è IN MANO MIA E LE VOSTRE PICCOLE NAZIONI SONO DI CARTA_

 

Il Cairo _"Non ci fermiamo più"

Foto di Valentina Perniciaro -ridatemi mio figlio com'era prima-

Mario libero, tutti liberi

25 dicembre 2010 5 commenti

Mario libero, tutti liberi

Durante la prima udienza per il Processo contro 5 delle 26 persone rinviate a giudizio tra i fermati del 14 dicembre a Roma, il Tribunale  di Roma ha confermato le misure di restrizione della libertà per tutti gli imputati.

Foto di Valentina Perniciaro _TUTT@ LIBER@_

Mario continua ad essere costretto agli arresti domiciliari senza poter vedere nessuno, se non i genitori, né comunicare con l’esterno. Lo studente di 16 anni (giudicato l’altro giorno al tribunale minorile) rimarrà ai domiciliari fino a giugno e l’unica concessione è stata il poter andare a scuola la mattina. Agli altri è rimasto l’obbligo di firma 2 volte al giorno.

Non è stata concessa nessuna attenuante alle restrizioni, adducendo come motivazione il “clima di tensione sociale”: una chiara scelta politica da parte dei magistrati nei confronti di chi si ribella alla crisi che i padroni vogliono imporre e all’offensiva del governo Berlusconi.
Il comune di Roma si costituisce parte civile contro tutte quelle persone che hanno nei capi di imputazione il “danneggiamento”. Una decisione chiaramente intimidatoria del fascista Alemanno, che è tanto bravo nel dare i numeri, quanto incapace nel considerare le questioni sociali della città, ormai ridotta ad una discarica dopo di due anni di sua amministrazione.
I magistrati hanno dimostrato di essere rimasti fortemente intimoriti dalle sparate dei vari Alemanno, La Russa e Gasparri e dagli atti intimidatori del governo tramite il Ministro Alfano che, dopo le udienze di convalida degli arresti, ha inviato gli ispettori del ministero, per far capire che aria tirava per chi non seguisse il volere del capo.

Il 14 Dicembre c’è stata una sacrosanta esplosione di rabbia popolare, un tumulto contro uno stato e una classe politica marcia e corrotta, che ha continuato a mostrare il suo vero volto dentro al parlamento tramite la compravendita dei parlamentari a vantaggio della maggioranza per superare la mozione di sfiducia al governo.
Quel giorno a Roma è scesa in piazza una parte di quell’Italia vessata e offesa da anni di Berlusconi e di politiche neoliberiste sottomesse agli interessi degli industriali e degli speculatori; quell’Italia con cui il governo non parla, non tratta, non media: esperienze di lotta che il governo non ascolta, ma che gestisce esclusivamente attraverso la repressione.
I terremotati dell’Aquila, i dannati della monnezza di Terzigno, le tante altre lotte del territorio contro le nocività e le speculazioni, gli studenti e i ricercatori dell’Università e i lavoratori di tutto il mondo della scuola da anni in lotta contro i tagli, i senza casa e senza lavoro, gli occupanti di casa e dei centri sociali, le persone migranti che non cedono al ricatto dello sfruttamento e si ribellano fuori e dentro i CIE per non essere internate e deportate, i metalmeccanici a cui Marchionne e confindustria stanno imponendo il ricatto del lavorare come schiavi o la chiusura degli stabilimenti, un’intera generazione precaria a cui è negata qualsiasi prospettiva di presente e di futuro: nei loro confronti, nei giorni e nei mesi scorsi, l’unica risposta è stata quella dei manganelli e delle denunce giudiziarie.

Il 14 Dicembre è stato un giorno di rivolta popolare e malgrado i tentativi di criminalizzazione, le sparate dei giornalisti e le becere analisi sociologiche, i movimenti e tutti quei singoli che vogliono lottare non hanno ceduto alla logica “buoni e cattivi”, ma hanno rivendicato quella forza espressa nelle strade come loro rabbia e loro dignità, come rabbia e dignità di ciascuno di noi. Quella rivolta ha fatto scrollare di dosso la paura che stato e capitale vogliono imporre e restituisce la consapevolezza che l’unica fiducia che si può avere è quella nei propri mezzi.

Sosteniamo e solidarizziamo con tutti gli arrestati, tutti i rastrellati, tutti i denunciati di quella giornata e delle lotte sociali di questi mesi.
Mario Libero tutti Liberi

L38 Squat / Laurentinokkupato – Roma

Mario Miliucci rimane agli arresti: processo rinviato al 24 gennaio

23 dicembre 2010 Lascia un commento

Mario Miliucci rimane agli arresti, il processo è rinviato al 24 gennaio

Nel primo pomeriggio di oggi si è conclusa l’udienza per 13 dei 43 compagni/e rastrellati il 14 dicembre , tutte/i erano a piede libero  tranne Mario Miliucci agli arresti domiciliari.
Il processo è stato rinviato al 24 gennaio per dare la possibilità alla difesa di acquisire ulteriori prove testimoniali , videoregistrazioni e fotografie; al contempo i giudici hanno respinto la libertà provvisoria a Mario , motivando capziosamente la permanenza in Italia – indicando in particolare la giornata di ieri a Palermo e Milano – di un “ clima di tensione sociale”, onde per cui Mario rimane agli arresti intanto  fino al 24 gennaio.
I giudici hanno anche deciso di respingere la “costituzione di parte civile “ del Comune di Roma , in quanto a Mario non è addossata alcuna “ lesione dell’arredo urbano”.
Ai numerosi compagni/e  presenti – studenti, lavoratori, amici degli imputati – ( un folto presidio stazionava all’ingresso del Tribunale)l’atteggiamento dei giudici non è apparso ne sereno, ne imparziale , costoro sono sembrati partecipi e schierati con il clima fazioso e colpevolista voluto dal governo da subito e all’indomani del 14 dicembre.
All’oggi – dopo una settimana di prove documentali e testimoniali ripetutamente apparse in TV , sui quotidiani e periodici – è ormai noto alla cittadinanza che gli arrestati sono stati rastrellati a caso , con il titolo abusivo e generico del reato di “ resistenza in concorso”.
Per il resto , è fallito anche il tentativo di dividere i manifestanti in “ buoni e cattivi” sia per la compattezza del movimento , sia per la consapevolezza di larga parte della società di riconoscere alla protesta e alla condizione diffusa della precarietà motivazioni valide e concrete, che vanno ascoltate e avviate a soluzione, piuttosto che ignorate e/o represse.
L’accanimento giudiziario non ha ragion d’essere, men che mai l’assunzione sussidiata della politica : il trasformarsi in arbitri del conflitto non compete alla magistratura , tantomeno far pendere l’ago della bilancia dalla parte dei forcaioli, trasformando in capri espiatori gli arrestati del movimento solo per soddisfare i propositi di vendetta di una classe politica inadempiente e corrotte.
Tenere ulteriormente agli arresti  Mario è un abuso, una iniqua punizione, una pena affligente ancor prima della sentenza : è l’amara con stazione di quanto dispotismo alberghi ancora nelle istituzioni, sopratutto tra coloro che dimentichi del dettato costituzionale e della dichiarazione dei diritti dell’uomo, abusano del codice penale per perseguitare il conflitto e i suoi protagonisti

Ovunque,comunque , Tutti Liberi !

Vincenzo Miliucci,che ricambia con affetto le migliaia di comunicazioni ricevute per Mario e che augura un buon 2011 , a voi tutte/i e alle presenti generazioni di compagne/i perché avviino il percorso comune per affrontare l’urgenza dell’alternativa di società.

 

Oreste Scalzone risponde a Gasparri sul 7 aprile

19 dicembre 2010 3 commenti

Da Parigi Oreste Scalzone replica alle dichiarazioni rilasciate oggi da Maurizio Gasparri che ha auspicato una retatata preventiva, come gli arresti del 7 aprile 1979 che portarono in carcere i vertci dell’Autonomia, contro i Centri sociali da lui considerati i capi occulti delle manifestazioni di quest’ultimo periodo contro il governo e degli scontri del 14 dicembre scorso a Roma

Foto di Valentina Perniciaro _Oreste perplesso_

«La governance, non solo in Italia, marcia allo sbando e non avendo niente da offrire sul terreno di una regolazione sociale che non sia dettata da un sotterraneo panico, semplicemente si fa feroce. Resta un’attitudine predatoria e di guerra alla cieca a quelli che per per brevità possiamo chiamare poveri e sottoposti». È il punto di vista di Oreste Scalzone, ex leader di Potere Operaio, che fu tra gli arrestati in quel 7 aprile evocato oggi dal capogruppo del Pdl al Senato, Maurizio Gasparri. «Invece delle sciocchezze che vanno dicendo i vari Cascini e Palamara, qui ci vuole un Sette aprile, giorno in cui furono arrestati tanti capi dell’estrema sinistra collusi con il terrorismo», ha detto il senatore Pdl in merito agli scontri dei giorni scorsi a Roma. «Gasparri non perde occasione per straparlare in modo talmente grottesco che rende difficile anche infuriarsi», è stata la replica di Scalzone, al telefono con l’Ansa.
«Di fronte all’orizzonte livido e stregato che passa il convento – ha continuato Scalzone – considerare impensabili delle esplosioni di rivolta di questo genere è da decerebrati. Quando poi si parte col voler strumentalizzare questa rabbia per giocarla nel teatrino della politica e poi si sconfessa chi esce dalle righe e lo si demonizza, si esercita una vera funzione di provocazione prima e di infamia dopo».
Scalzone – che fu condannato a 16 anni di reclusione per partecipazione a banda armata e rapina e ora, dopo una lunga latitanza, è un uomo libero perchè i reati di cui era accusato sono stati dichiarati prescritti – ha annunciato che proprio sugli scontri di Roma sta inserendo in queste ore una «videolettera» su Youtube in 12 moduli. Al centro delle sue osservazioni, anche Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato: «La signora Finocchiaro – ha osservato, fra l’altro – aveva sfoderato la solita abbietta dietrologia straparlando di poliziotti infiltrati tra quei manifestanti». «Siamo al punto – ha poi sottolineato Scalzone – che è il capo della polizia Manganelli che deve farsi carico di parlare della rabbia sociale che muove soprattutto i giovanissimi, per lamentare che una ‘voragine di vuotò affida alla polizia ed esclusivamente ad essa la gestione del problema».

IL 7 APRILE su questo blog : 12

Comunicato di Vincenzo Miliucci, il “volscevico”!

19 dicembre 2010 13 commenti

Giù la maschera , fascisti in doppiopetto !

Negli anni ’70, nella pienezza dei movimenti di partecipazione democratica per la trasformazione egualitaria della società, i fascisti La Russa e Gasparri erano dalla parte della strategia della tensione che auspicava un regime autoritario a suon di bombe , stragi e complotti.
La mia generazione ha speso la propria gioventù per salvare l’Italia dal golpismo e stragismo : le contrade e le città italiane sono piene di lapidi che ricordano il sacrificio di centinaia di nostri coetanei , i “ nuovi partigiani”.

FOTO DI VALENTINA PERNICIARO: Vincenzo e il totem contro le morti sul lavoro _25 aprile 2008_

Così come ha combattuto nei luoghi di lavoro e nel paese per conquistare la dignità del lavoro e un parziale stato sociale , negato da potenti corporazioni e dal padronato.
E allo stesso tempo per scrollarci di dosso il soverchiante fardello di istituzioni,ordinamenti e uomini del ventennio fascista.
Nel mentre che i fascisti La Russa e Gasparri erano parte di quel MSI sedizioso e squadrista al servizio della borghesia e che tanti lutti ha procurato tra i lavoratori, gli studenti, gli antifascisti.
L’indulgenza togliattiana e democratica Costituzione hanno permesso a questi scherani di autoalimentarsi e di fare ulteriori malefatte, ma il disprezzante giudizio storico su di loro – sul loro focoso reiterare l’appartenenza fascista – è un sentimento comune degli italiani : è scritto nelle migliaia di epigrafi che ricordano l’olocausto partigiano e le vittime delle decine di stragi impunite.
Solo il troiaio berlusconiano – la perdita di senso e valori della democrazia costituzionale repubblicana – permette a costoro di occupare posti altezzosi e di sputare quotidiane-bavose-provocatorie sentenze.
La storia non è finita ! Non moriremo Berlusconiani !!
Non è detto che costoro non tornino nei luoghi di origine, le fogne !
I Gasparri,Alemanno,Storace, si portano ancora appresso l’incubo dei calci in culo presi ripetutamente negli anni ’70 dagli antifascisti autonomi di “ via dei Volsci”. Il Presidente della Corte Costituzionale dell’epoca, Giuseppe Branca , ebbe modo di ringraziare pubblicamente gli autonomi, per l’operazione di nettezza urbana esercitata a Roma nei confronti del rigurgito dei rifiuti fascisti.

Sono orgoglioso di mio figlio Mario : equilibrato,serio,responsabile, già uomo europeo e lungimirante, nonostante il fosco avvenire che si prospetta per la sua generazione.
Mario è stato educato alla tolleranza e la rispetto soprattutto dei più deboli, alla solidarietà e alla partecipazione sociale. Il 14/12 era a manifestare , consapevole di quali e quante sfide sono addossate alla “ generazione precaria “ .

E’ stato rastrellato a caso insieme ad altre decine di giovani, a cui è stato fatto assaggiare il sadismo di celle di sicurezza gelide e sudice,il cui unico giaciglio era il pavimento lercio, lasciati senza cibo. fatti oggetto di scherno , vessazioni psicologiche e minacce “ genovesi”, di ritornelli inneggianti il nazifascismo . Il ministro Maroni se non vuole diventare l’emulo di Kossiga, prima di scagliare gli strali contro il movimento , si guardi in casa propria ! Veda e sanzioni il comportamento illegale dei corpi di polizia. Bonifichi ed espella le numerose “ mele marce” , che a Napoli e Genova nel 2001 torturarono e ferirono nelle caserme e nelle piazze , che uccisero Aldrovandi e altri ancora, che ogni anno aggiornano la statistica dei danni procurati a migliaia di giovani,diversi e immigrati. Provveda innanzi tutto alla rieducazione e alla formazione costituzionale dei “ servitori dell’ordine” , che tuttora vedono nel manifestante , nel cittadino, un essere inferiore, su cui si può infierire,vituperare,produrre prove false , “ sicuri dell’impunità”. Su Mario Miliucci pende un disegno persecutorio,quello di utilizzarlo come capro espiatorio e monito nei confronti della rivolta della “ generazione precaria” alla spudoratezza della classe politica dominante.
In quanto manifestante è reo di “ resistenza alle nefandezze del governo” , un reato a cui si sentono accomunati almeno 40 milioni di italiani !

Mario porta un cognome specchiato, integerrimo e rispettato ( anche dagli avversari e financo dai funzionari di polizia) : luoghi comuni, banalità, meschinerie e falsità possono servire solo ad influenzare coscienze tiepide e magistrati asserviti.
Mario va liberato e prosciolto, la “ generazione precaria” è un bene prezioso per la democrazia e per garantire un avvenire a questo paese.

Il “ volscevico “ Vincenzo Miliucci

MARIO LIBERO!
TUTTI E TUTTE LIBERI!

APPUNTAMENTO GIOVEDI 23 A PIAZZALE CLODIO, PER IL PROCESSO A MARIO MILIUCCI

A Claudio Rotondi, volato via troppo presto…

28 novembre 2010 2 commenti

Sapere che te ne sei andato mi lascia un grande vuoto.
Sapere che tra poco sarai terra, mi consola e mi fa sorridere.
Sapere che non litigheremo più mi crea un grande vuoto.
Ciao antipatico rompicoglioni,
t’ho sempre voluto tanto bene, ciao compagno nostro.

[…]
Mi avranno
soltanto
con un colpo alle spalle
I D’Anthes non mireranno alla mia fronte
Quattro volte invecchierò, quattro volte sarò ancora giovane
prima di
scendere nella tomba.
Dovunque io muoia
morirò cantando.
Dovunque io cada
sarò degno di giacere laggiù
con chi è caduto sotto la rossa bandiera.
Ma comunque vada
la morte è sempre la morte.
E’ spaventoso non amare
terribile non osare più.
C’è per tutti un colpo,
per tutti un coltello.
E per me che cosa?
E quando?
Nell’infanzia forse,
sul fondo,
ritrovo in tutto
dieci giorni discreti.
E quel che tocca agli altri?!
A me già basterebbe!
Ma no.
Vedete
non l’ho avuto!
Credere all’aldilà!
Lieve il banco di prova.
Basta
tendere la mano
e in un attimo
il colpo
ti traccia nell’oltretomba
il cammino sibilante.
Ma che fare
se con tutta
con tutta l’ampiezza del cuore
io
ho creduto
e credo
in questa vita
e in questo mondo.
Petizione A.. (vi prego, compagno chimico, compilate voi stesso) Majakovskij

Foto di Valentina Perniciaro _Claudio, nel suo habitat naturale_

 

LIBEROoOoOoOoO!

23 novembre 2010 3 commenti

Foto di Valentina Perniciaro _e quel polso per sempre libero_

T’è cambiata la voce, come le donne in gravidanza!  😉
Non sai che dire eh? Balbetti quasi, con quella voce rotta dall’emozione, con un’orgia in capoccia che ti sta martellando,
che malgrado lo zuccotto in testa non t’ha fatto chiudere occhio una notte intera.
T’è cambiata la voce, tesoro mio e a me il cuore non smette di tremare dalla gioia,
da una felicità immensa che da madre mi ricorda quella di un parto. Un parto si, quando vedi il tuo cucciolo la prima volta negli occhi…
Oggi i tuoi occhi sono nuovi, quegli occhi belli e pieni di gioventù, quegli occhi che ti brillano come fossi un bambino.
Oggi nasci di nuovo, dopo più di trent’anni, alla faccia di tutte le mani che hanno girato chiavi per tenerti chiuso,
alla faccia di ogni blindato, di ogni spioncino, di ogni vascone di cemento.
Alla faccia delle cacate nel bugliolo, della casanza dell’infermeria a cui eri costretto, alla faccia di quel muro che ha bloccato la tua bella…
alla faccia di quel MAI che t’avevano cucito sulla pelle,
alla faccia del mondo intero, oggi ti auguro tutto il mondo, te lo impacchetterei tutto in una carta di seta e gelsomino,
di fiori di loto intrecciati, di coralli e radici di baobab.
Il mondo intero vorrei donarti, a te che me n’hai donato tanto,
a te che m’hai fatto rialzare, a te che m’hai dato un calore unico, a te che sei dentro di me in ogni mio gesto e lo sarai sempre.
A te, grande amore della mia vita, bello come il sole, bello bello bello come un carcere che brucia
e che oggi è bruciato sul serio. PER SEMPRE!

Il mondo intero vorrei donarti, non smetto di ripeterlo, tra le lacrime che mi scendono euforiche!
Con un amore che è troppo grande per non scoppiare e urlare a squarciagola!
Ti adoro uomo libero, ti adoro fratello e compagno mio,
Ti adoro infinitamente!

Foto di Valentina Perniciaro _alba e sabbia_

Uomini che uccidono le donne: Medioriente e Sudest asiatico

10 novembre 2010 Lascia un commento

UN ARTICOLO DA LEGGERE ASSOLUTAMENTE!
QUELLO CHE SI PUO’ DEFINIRE GIORNALISMO…COMPLIMENTI A ROBERT FISK, COME SEMPRE.
QUESTO LUNGO ARTICOLO E’ VERAMENTE INTERESSANTE

Uomini che uccidono le donne
di Robert Fisk The Independent, 7 settembre 2010

Una tragedia, un orrore, un crimine contro l’umanità. I particolari degli omicidi – donne decapitate, bruciate, lapidate, pugnalate, folgorate, strangolate e seppellite vive per lavare “l’onore di famiglia” – sono terrificanti. Le ultime statistiche mondiali pubblicate dall’Onu nel 2007 parlano di circa cinquemila morti all’anno, ma in Medio Oriente e nel sudest asiatico molte associazioni di donne sospettano che le vittime siano al meno quattro volte di più.

Foto di Valentina Perniciaro _Bismillaaaaaaah_

L’Independentha condotto un’indagine durata dieci mesi in Giordania, Pakistan, Egitto, Gaza e Cisgiordania per rac contare questi crimini, che riguardano soprattutto donne giovanissime, spesso adolescenti. Tra le vittime ci sono anche degli uomini e, sebbene i giornalisti la descriva no come un’usanza prevalentemente musulmana, i delitti d’onore avvengono anche nelle comunità cristiane e indù.

Il concetto di “onore” (ird in arabo ) – l’onore della famiglia e della comunità -va al di là della religione e trascende la pietà umana. Le volontarie che lavorano nelle organizzazioni peri diritti umani, ad Amnesty International, nelle associazioni delle donne, e negli archivi dei mezzi d’informazione, ci dicono che la strage delle innocenti accusate di aver disonorato la famiglia si aggrava ogni anno che passa.
I delitti d’onore sono frequenti soprattutto tra i kurdi dell’Iraq, tra i palestinesi della Giordania, in Pakistan, e in Turchia. Forse però questa sproporzione dipende dal fatto che in alcuni Paesi la stampa è più libera di denunciare e compensa la segre tezza che circonda gli stessi delitti in Egitto, dove il governo nega che esistano, e in altri Paesi del Golfo e del Medio Oriente. Da molto tempo i delitti d’onore sono aumen tati anche in Occidente: in Gran Bretagna, in Belgio, in Russia, in Canada. In molti Pa esi del Medio Oriente, le autorità sono complici dì questi crimini, e riducono o addirittura annullano le condanne degli assassini se le donne fanno parte della famiglia, oppure classificano gli omicidi come suicidi per evitare i processi.

E’ difficile mantenere la calma di fronte all’elenco sterminato dei delitti d’onore. Come si deve reagire davanti a un uomo che violenta la figlia e poi, siccome è rimasta incinta, la uccide per salvare l’onore della famiglia, come è successo in Egitto?

Medine Mehmi, una ragazza turca di sedici anni della provincia dì Adiyaman, a febbraio è stata sepolta viva sotto un pollaio dal padre e dal nonno perché “aveva amici maschi”.
Aisha Ibrahim Duhulow aveva 13 anni nel 2008 quando, dopo esser stata accusata di adulterio, è stata trascina ta in una buca scavata nel terreno, sepolta fino al collo, e lapidata da cinquanta uomini. Il suo crimine? Essere stata violentata da tre uomini.

A Daharki, in Pakistan, una ragazza è stata uccisa dai familiari mentre partoriva il suo secondo figlio. Prima di essere massacrata con un’ascia, le hanno tagliato il naso, le orecchie, e le labbra. Il primo bambino, ancora piccolo, è stato trovato morto tra i suoi vestiti. La testa del neonato spuntava appena, mentre il torso era ancora nell’utero. I tre cadaveri erano in stato avanzato di decomposizione. Alcune donne volevano seppellirli, ma un religioso musulmano si è rifiutato di pronunciare una preghiera per loro perché trattandosi di una “donna maledetta e dei suoi figli illegittimi” sarebbe stato un atto empio.
Nell’agosto del 2008, in Belucistan, cinque donne sono state sepolte vive per aver commesso reati contro l’onore delle fami glie. Hamida, Rahima, e Fauzia erano adolescenti. Degli uomini le hanno picchiate, gli hanno sparato, e le hanno gettate ancora vive in una fossa dove le hanno coperte di pietre e di terra. Altre due donne, di 45 e di 38 anni, hanno fatto la stessa fine per aver protestato. Le più giovani erano colpevoli di aver voluto sposare uomini non scelti dalle loro famiglie. Un parlamentare pachistano, Israrullah Zehri, ha dichiarato in aula che quegli omicidi facevano parte “di una tradizione secolare che bisogna continuare a difendere”.

Foto di Valentina Perniciaro _maternità sciita_

Nel dicembre del 2003 Multan, ancora in Pakistan, una ragazza di 13 anni, Afsheen, è stata assassinata dal padre perché, dopo un infelice matrimonio combinato, era fuggita con un altro uomo, Hassan. Afsheen veniva da una famiglia istruita di ingegneri e avvocati, “Le ho messo dei sonniferi nel tè e poi l’ho strangolata col dupatta (una lunga sciarpa che fa parte del costume tradizionale delle pachistane) “, ha confessato il padre alla polizia. “L’onore è l’unica cosa che conta per un uomo. Era la mia figlia preferita. Sento ancora le sue grida e avrei voglia di tagliarmi le mani e di farla finita”. I parenti avevano trovato Afsheen a Rawalpindi in compagnia di Hassan, e le avevano promesso che se fosse tornata a casa non le avrebbero fatto nulla. Mentivano.


Giovanissime

In Pakistan in base alle leggi del qisas(il ter mine arabo con cui si definisce la legge del taglione) i parenti della vittima possono decidere di perdonare il suo assassino. Nel giugno del 2002, a Bara Kau, Zakir Hussain Shah ha tagliato la gola alla figlia diciottenne Sabiha perché aveva “disonorato” la famiglia. Poi la madre e il fratello di Sabiha lo hanno perdonato ed è stato scarcerato.

Più di dieci anni fa, la commissione pachistana per i diritti umani registrava mille delitti d’onore all’anno. La seconda in classifica dietro il Pakistan è la Turchia, anche se si deve tener conto del fatto che le autorità degli altri Paesi mentono quando di chiarano che da loro queste cose non succedono. La polizia turca ha dichiarato che tra il 2000 e il 2006 sono state uccise per motivi di onore 480 donne, un quinto delle quali fra i 19 e i 25 anni di età. Da altre statistiche rese pubbliche cinque anni fa in Tur chia da alcune associazioni per la difesa dei diritti delle donne risulta che ogni anno vengono sacrificate in nome dell’onore almeno 200 vittime. Ma ormai queste cifre sono superate e sono molto inferiori alla realtà.

Buona parte dei delitti d’onore sono commessi nelle regioni a maggioranza kurda. Secondo un sondaggio, il 37 per cento dei cittadini di Diyarbakir nel Kurdistan turco approva l’uccisione delle donne colpevoli di avere relazioni extraconiugali. Nel 2006 le autorità della zona kurda dell’Anatolia sudorientale registravano almeno una volta al mese il caso di una donna che tentava il suicidio per ordine della famiglia.

Derya, una ragazza di diciassette anni che si era innamorata di un compagno di scuola, ha ricevuto sul cellulare un sms del lo zio che diceva: “Hai infangato il nome della nostra famiglia. Per lavare l’onta, ucciditi, prima che ci pensiamo noi”. Anche la zia di Derya era stata uccisa dal nonno per gli stessi motivi. Cosi la ragazza ha cercato di eseguire l’ordine dei parenti: si è gettata nel Tigri, ha cercato di impiccarsi, e si è tagliata i polsi, ma è sopravvissuta. A quel punto si è rifugiata in una casa di accoglienza per donne scappate dalla famiglia.

Il giornalista turco Mehmet Farac, nel suo libro dal titolo Women in the Grip of Tribal Customs, (Donne nella morsa delle usanze tribali), ricorda l’omicidio di cinque ragazze avvenuto nella provincia di Sanliurfa alla fine degli anni Novanta. Due di loro (una aveva appena dodici anni) erano state sgozzate sulla pubblica piazza, altre due erano state schiacciate da un trattore, e alla quinta aveva sparato il fratello minore. Una di quelle sgozzate si chiamava Sevda Gok: mentre il cugino adolescente le tagliava la gola, i fratelli la tenevano ferma.

Uccidere le donne per difendere l’onore è una prassi diffusa nelle zone rurali del Paese, ma non è una prerogativa esclusiva dei kurdi. Nel 2001 Sait Kina ha pugnalato a morte la figlia tredicenne perché aveva parlato con dei ragazzi per la strada. L’ha assalita nel bagno con un’ascia e un coltello da cucina. I poliziotti che hanno ritrovato il cadavere hanno notato delle ferite talmente profonde che per tenere insieme il corpo della ragazza hanno dovuto avvolgere il suo corpo con una sciarpa. Alla polizia, Sait Kina ha dichiarato:”Ho fatto il mio dovere”. Sempre nel 2001 un tribunale di Istanbul ha ridotto l’ergastolo a cui erano stati condannati tre fratelli che avevano gettato la sorella da un ponte dopo averla accusata di essersi prostituita. La corte ha infatti concluso che l’omicidio era stato “provocato” dal comportamento di lei.


Incidenti domestici

Aso Kamal,un kurdo-britannico impegnato in campagne di sensibilizzazione dei kurdi iracheni per conto della rete antiviolenze Doaa, sostiene che tra il 1991 e il 2007, solo nelle tre province kurde dell’Iraq, sono state assassinate 12.500 donne, di cui 350 nei primi sette mesi del 2007. Il dato più sconcertante è che solo cinque assassini sono stati condannati. Molte donne ricevono dai familiari l’ordine di suicidarsi ustionandosi con l’olio da cucina. Nel 2007, nell’ospedale di Sulaimaniyah, i medici hanno curato molte donne per ustioni gravissime che mai avrebbero potuto essere state provocate da incidenti domestici, come invece sostenevano le vittime.

Foto di Valentina Perniciaro _NO!_

Sirwa Hassan è morta per aver riportato ustioni sull’86 per cento del corpo. Era kurda, madre di 3 figli, e abitava in un villaggio vicino al confine con l’Iran. Nel 2008 un funzionario sanitario di Sulamaniyah ha dichiarato all’agenzia stampa AFP che nel mese di maggio, nel giro di 10 giorni, 14 giovani donne erano state uccise per motivi d’onore. Nel 2000 le autorità kurde di Sulaimaniyah avevano decretato che “il pretesto di lavare un’onta non può costituire una circostanza attenuante nei casi di omicidio o maltrattamento delle donne”. Perciò è stato deciso che i tribunali non potevano più applicare la vecchia legge del 1969 che consentiva degli sconti di pena per i colpevoli. Ma la nuova legge non ha cambiato le cose.

In Iraq i delitti d’onore non riguardano solo i kurdi. Nel 2008 la polizia di Bassora segnalava 15 casi al mese di donne uccise per aver “violato le usanze islamiche in ma teria di abbigliamento”. Due anni fa una diciassettenne, Rand Abdel Qader, è stata ammazzata di botte dal padre perché si era presa una cotta per un soldato britannico. Un’altra ragazza, Shawbo Ali Rauf, 19 anni, è stata uccisa dai familiari con sette colpì di pistola durante un picnic a Dokan: nel suo cellulare era stato trovato il numero di uno sconosciuto.


Comportarsi bene

Secondo alcune organizzazioni giordane impegnate nella difesa dei diritti delle don ne, i delitti d’onore sono più frequenti nelle comunità cristiane che nelle comunità mu­sulmane. Spesso le vittime sono proprio delle donne cristiane che vogliono sposare dei musulmani. La comunità cristiana, però, rifiuta di parlare dell’argomento e quindi la maggior parte dei casi noti riguardano omicidi commessi da uomini musulmani. Nel 1999 un tizio di nome Sirhan si è vantato della bravura con cui ha ucciso sua sorella Suzanne di sedici anni: le ha sparato quattro colpi alla testa tre giorni dopo che la ragazza ha denunciato alla polizia di essere stata violentata. “Ha sbagliato, anche se non era colpa sua”, ha dichiarato il fratello, “in ogni caso meglio che muoia una persona sola, piuttosto che tutta la famiglia per la vergogna”. Da allora si è rotto il silenzio sui delitti d’onore. La famiglia reale giordana li ha condannati e il governo ha cominciato lentamente a combatterli inasprendo le pene.

Fino a poco tempo fa i tribunali giordani si mostravano ancora molto clementi con i responsabili dei delitti d’onore. Nel marzo del 2008 il tribunale penale di Amman ha condannato a 6 e 3 mesi di carcere due uomini che in un raptus d’ira avevano ucciso rispettivamente la moglie e la sorella. Nel primo caso, il marito aveva trovato sua moglie in casa in compagnia di un uomo e sospettava che i due avessero una relazione. Nel secondo caso, il colpevole aveva sparato alla sorella di 29 anni perché era uscita dì casa senza chiedere il permesso del marito. Ad agosto, invece, il tribunale penale dì Amman ha condannato a dieci anni di carcere un uomo che aveva ucciso la sorella. La difesa costruita sulle ragioni d’onore è stata respinta, ma solo perché non c’erano testimoni che confermassero l’accusa di adulterio mossa dall’assassino nei confronti della vittima.

Nei territori palestinesi, Human Rights Watch accusa il sistema giudiziario di non fare abbastanza per proteggere le donne di Gaza e della Cisgiordania dagli omicidi d’onore. Nel 2009 a Gaza un uomo è stato arrestato per aver picchiato a morte la figlia con una catena di ferro dopo aver scoperto che la ragazza possedeva un cellulare. L’uomo temeva che la figlia lo usasse per parlare con uomini estranei alla famiglia. Poco dopo, però, nonostante l’omicidio, il padre è stato rilasciato.

Anche in Paesi liberali come il Libano ogni tanto ci sono dei delitti d’onore. Il caso più clamoroso è quello di Mona Kaham, 31 anni, sgozzata dal padre nella sua camera da letto perché aveva scoperto che il cugino l’aveva messa incinta. Il padre omicida si è costituito al commissariato di Roueiss, alla periferia sud di Beirut, con il coltello ancora in mano e ha detto ai poliziotti: “Ho la coscienza pulita”. Da un sondaggio d’opinione è emerso che il 90,7 per cento dei li banesi è contrario ai delitti d’onore e, tra i pochi favorevoli, c’è chi pensa che questo tipo di omicidio possa essere utile per limitare il numero dei matrimoni misti. La situazione della Siria somiglia a quella del Libano. Ci sono gruppi di attivisti dei diritti civili che invocano l’inasprimento della legislazione nei confronti di chi uccide una donna per motivi d’onore, ma il governo si è limitato a portare a due anni di carcere la pena per l’uomo che uccide la moglie adultera.

Foto di Valentina Perniciaro _tesori mediorientali_

In Iran e in Afghanistan gli omicidi per motivi d’onore sono spesso provocati dalle faide tribali. In Iran, per esempio, un funzionario della provincia di Khuzestan, abitata da una consistente minoranza araba, ha dichiarato nel 2003 che in due mesi 45 donne erano state uccise per onore e che nessuno dei colpevoli era stato punito. Tutte le vittime avevano rifiutato matrimoni combinati o erano sospettate di avere avuto contatti con uomini estranei alle loro famiglie. In India una coppia di fidanzati indù, Yogesh Kumar e Asha Saini, è stata assassinata dalla famiglia della futura sposa perché il suo promesso sposo era di una casta inferiore – i due sono stati legati e uccisi con una potente scossa elettrica.

In Cecenia, Ramzan Kadirov, il presidente scelto dai russi, da tempo incoraggia attivamente gli uomini a uccidere per questioni d’onore.Quando a Grozny sono state trovate uccise sette donne, assassinate con colpi d’arma da fuoco nella testa e nel petto, Kadirov ha dichiarato che erano state uccise perché conducevano “una vita immorale”. Nel commentare la notizia di una giovane che aveva chiamato la polizia per lamentarsi degli abusi del padre, il presidente ceceno ha suggerito che l’uomo avrebbe dovuto uccidere la figlia: “Se non la fa fuori, che razza d’uomo è?”.
Ma veniamo all’Occidente. Qui a volte le famiglie immigrate si portano dietro, insieme ai bagagli, le tradizioni crudeli dei loro villaggi. A San Pietroburgo un immigrato azero è stato accusato di aver assoldato dei sicari per uccidere la figlia perché “non rispettava le tradizioni nazionali” e portava la minigonna. Nella periferia di Toronto, Kamikar Kaur Dhillon ha tagliato la gola alla nuora Amandeep perché voleva lasciare suo figlio, forse per un altro uomo. Il suocero omicida ha dichiarato alla polizia canadese che una separazione avrebbe attirato la vergogna sulla famiglia. A Londra una sikh del Punjab, Surjit Athwal, è stata uccisa per volontà della suocera perché aveva tentato di fuggire da un marito violento. Tulay Goren, una quindicenne kurda di origine turca che abitava nel nord di Londra, è stata torturata e uccisa dal padre, musulmano sciita, perché voleva sposare un sunnita. Scotland Yard ha ammesso molto tempo fa che avrebbe dovuto riaprire le indagini su oltre cento casi (alcuni risalgono a più di dieci anni fa) di donne che hanno avuto una morte violenta. Oggi si pensa che siano state vittime di delitti d’onore.


In cassaforte

Alcuni anni fa in Pakistan, in quella che all’epoca si chiamava la provincia della Frontiera di Nordovest, un anziano capo locale mise due banconote sul tavolo che ci separava, una da cinquanta rupie e l’altra da cento. “Ora mi dica”, chiese Rahat Gul, “quale delle due ha più valore?”. Poi perse la pazienza e prese la banconota da cento rupie. “Venga con me”. Si alzò e mi guidò lungo uno stretto corridoio fino a una piccola stanza da letto. C’era una branda, una radio militare e, in fondo, una gigantesca cassaforte inglese. Trafficò con la combinazione, aprì la porta di ferro, mise dentro la banconota e la richiuse. “È come una donna”, disse. “Dev’essere protetta, perché è più preziosa di noi”.

Secondo lui sarei dovuto rimanere colpito dall’importanza che attribuiva alle donne. Quello che mi aveva colpito, invece, era il fatto che il valore che attribuiva alle donne era solo di tipo economico, e questo potrebbe essere uno dei motivi della misoginia che scatena i delitti d’onore.

“Quando scriverai dei delitti d’onore succederanno due cose”, mi ha detto un vecchio amico egiziano ad Alessandria. “Prima diranno che te la prendi con i musulmani, anche se tutto questo non ha niente a che vedere con l’Islam. E poi ti accuseranno di aver attaccato l’Egitto, la Giordania, il Pakistan, o la Turchia”. Staremo a vedere.

Nell’ufficio di Ahmed Najdawi, un anziano avvocato giordano, le pareti sono decorate con le fotografie del suo eroe, Saddam Hussein. C’è perfino una foto di Saddam che gli stringe la mano. Ad Amman l’ex leader iracheno è ancora un eroe per molti. Ahmed Najdawi spesso difende in tribunale i responsabili dei delitti d’onore, uomini che hanno ucciso la moglie, una figlia o una sorella. È convinto che a questo problema sia stata data troppa importanza per motivi politici, perché “i musulmani sono un bersaglio facile”. Succede in tutto il mondo, dice, soprattutto nelle culture orientali. Mi parla dell’impero Ottomano, che ha formulato “leggi primitive per difendere usanze primitive”, e dice che “le usanze sono più forti delle leggi”.

So già cosa mi dirà. In passato non trattavamo così le donne anche noi occidentali? “In Europa mandavano al rogo le adultere”. Sì, è vero. E fino a non molto tempo fa in Gran Bretagna le donne nubili che rimanevano incinte venivano rinchiuse in manicomio. Tornato a Beirut, apro la mia vecchia copia delle opere di Shakespeare alla più cruenta delle sue tragedie, Tito Andronico. Lavinia, la figlia del protagonista, è stata violentata e mutilata, e Andronico sta pensando di ucciderla per riscattare il suo onore.

Tito: “Fece bene l’impetuoso Virginio quando uccise la figlia con la propria destra perché era stata violentata, insozzata e deflorata?”.
Saturnino: “Fece bene, Andronico. La fanciulla non doveva sopravvivere alla vergogna e con la sua presenza rinnovare il dolore di lui. Quindi il destino di Lavinia è segnato”.

Foto di Valentina Perniciaro MENO FAMIGLIA!

Tito: “Muori, muori, Lavinia, che la tua vergogna muoia con te, e con la tua vergogna il dolore del padre tuo!”.

Ma il dolore del padre muore? “Resta il rimorso”, dice Najdawi. “Questi delitti so no istigati dalle convenzioni sociali. Ma con il passare del tempo gli uomini provano ri morso. Nessuno uccide la moglie, la sorella o la figlia senza poi provare rimorso”.

Niente si avvicina di più alla tragedia di Tito Andronico delle storie degli stupri di gruppo commessi dai militari statunitensi ad Abu Ghraib. Le ho sentite ripetere tante volte ad Amman, e una mia fonte molto affidabile di Washington mi ha assicurato che sono vere. È per questo, dice, che Barack Obama ha rinunciato all’idea di rendere pubbliche le fotografie che George Bush si era rifiutato di mettere in circolazione. Quelle che abbiamo visto sono già abbastanza vergognose. Ma quelle che non ab biamo visto mostrano i soldati americani che violentano le donne irachene.

Lima Nabil, una giornalista che oggi dirige un centro di accoglienza per ragazze costrette a fuggire di casa, dice che ad Abu Ghraib le donne sono state torturate molto più degli uomini. In prigione, quasi tutte le donne sono state violentate. Alcune quando sono uscite erano incinte e le loro famiglie le hanno uccise per cancellare la vergogna. Lima ha scritto molti articoli sui delitti d’onore in Giordania e come altri giornali sti ha ricevuto delle minacce.

“La legge è appena stata emendata, adesso prevede l’uguaglianza tra uomini e donne nelle questioni d’onore. Dice che la donna deve essere trattata nello stesso mo do se uccide il marito”, spiega l’avvocato Najdawi. “Se un marito uccide la moglie, in ogni caso è considerato omicidio intenzionale e non possono dargli meno di dieci anni. Nonostante le attenuanti rimane un omicidio intenzionale”. Per questo i tribunali giordani stanno comminando pene di 14 anni agli uomini che uccidono per onore, chiedendo che scontino la condanna per intero.

Lima Nabil mi racconta una storia che ho sentito anche da altri tre giornalisti e da alcune ong di Amman. Nella città di Madabad una donna ha lasciato il marito per l’amante e sono andati insieme dal capo della tribù per impedire che la famiglia in vocasse il delitto d’onore, “II capo ha concesso il divorzio al marito e ha ordinato alla donna di sposare l’amante”, dice. “Poi per compensare ha ordinato alla sorella dell’amante di sposare il marito abbandonato”. Così la legge tribale ha evitato un omicidio, ma perché la povera sorella ha dovuto sposare il marito tradito?

Una delle donne più dure con cui ho parlato è Frazana Bari. Insegna all’università Quaid al-Azam di Islamabad, appare spesso in televisione, e con le sue idee liber tarie riesce a far arrabbiare alcuni dei suoi studenti, una cosa che in Pakistan potrebbe essere pericolosa. Bari è un personaggio necessario nel suo Paese, una voce solitaria che canta fuori dal coro.

“Per gli uomini l’onore è legato al comportamento delle donne perché le vedono come proprietà della famiglia e della comunità”, dice. “Le donne non hanno un’iden tità autonoma, non sono esseri umani indi pendenti. Gli uomini pensano anche che le donne siano una loro estensione. Quando violano le regole si sentono colpiti nella lo ro stessa identità. Di conseguenza le donne devono inculcare questi principi anche nei loro figli. Se i tuoi figli non rispettano le regole, come madre hai fallito”.

Dopo non molto, nella nostra conversazione fa capolino la parola feudale. “L’Islam diventa uno strumento di violenza solo quando esiste un certo sistema feudale. Bi sogna inserire il problema nel suo contesto sociale. In Pakistan si commettono più delitti d’onore che in India perché in Pakistan non è stata fatta nessuna riforma agraria, le terre tribali non sono controllate dal gover no centrale. È un sistema feudale. Questo tipo di barbarie è esistito anche in Europa, e oggi alcune regioni del Pakistan sono co me l’Europa di molti secoli fa”. A questo punto Bari scuote la testa. “Qualche tempo fa, una donna incinta è stata sospettata di avere una relazione extraconiugale e la fa miglia l’ha fatta sbranare dai cani. È un modo brutale di uccidere le persone. Ho difficoltà a spiegare una cosa del genere”. Non sono riuscito a trovare nessuno che fosse in grado di spiegarmi l’origine di tanto sadismo.

Molti delitti d’onore, in particolare tra i palestinesi, sembrano essere causati da questioni di denaro e di eredità. Naima al Rawagh, che a Gaza dirige il Programma di responsabilizzazione delle donne, sostiene che si non tratta di un problema religioso, ma culturale. Sto cominciando a stancarmi di sentir parlare di “cultura” e di “usanze tribali”. Ma Naima va avanti: “I motivi reli giosi non valgono per i casi di Gaza. Negli ultimi anni abbiamo notato che molte don ne sono state uccise per denaro. Un fratello uccide la sorella per avere tutta l’eredità e poi dice che lei aveva disonorato la fami glia”.

Tariq Rahman, un collega di Frazana Bari all’università di Islamabad, professore di storia dell’Asia meridionale, mi ha detto la stessa cosa e senza saperlo ha citato un esempio simile a quello della cassaforte fatto dal vecchio pachistano. “Dato che una donna è una specie di tesoro o una cassaforte in cui è conservato l’onore dell’uomo, in pratica è una sua proprietà. Deve essere custodita, naturalmente, ma come si custo disce uno scrigno, non per se stesso ma per quello che contiene”.


Religione e cultura

Naima al Rawagh sospira. “Mi creda, 1.400 anni fa era meglio di oggi”, dice con un sorriso triste. Questo mi confonde quasi quanto le spiegazioni sulle origini del delitto d’onore. I giordani mi hanno detto che è un’usanza palestinese indotta: uomini che un tempo possedevano ville e fattorie e ora vivono in dieci in una stanza nei campi profughi. Altri mi hanno detto che l’usanza è nata in Egitto, ma naturalmente gli egiziani negano e attribuiscono questa tradizione all’Arabia Saudita.

Naima al Rawagh dice di non conoscere nessun uomo palestinese che sia stato ucciso per onore, anche se mi racconta la storia terrificante di uno che cinque anni fa vole va risposarsi. “Sua moglie lavorava, era indipendente economicamente e spendeva tutto per lui. Lo aveva mandato in Egitto per comprare alcuni prodotti, ma lui aveva usato i soldi per comprarsi un’altra moglie. Quando tornò, lei non lo uccise. Gli versò un sonnifero nel tè e poi gli tagliò il pene. Lei è finita in prigione. Lui è morto in ospedale”. Anche se questa storia sembra la trama di un film noir, Naima dice che gli uomini di Gaza sono veramente terrorizzati.

“C’è una ragazza che si era innamorata di un suo cugino. Lui se l’è portata a letto e poi lo ha raccontato agli altri cugini. Così quelli sono andati da lei e l’hanno minacciata: ‘Se non vieni a letto con noi, lo diciamo a tutti’. La ragazza è stata violentata da diversi cugini ed è rimasta incinta. Il padre era molto malato e lei non voleva che gli venisse un infarto. Così si è sposata con uno dei cugini. Ma lui vuole chiedere il divorzio perché non sa se il bambino è suo. Una per sona della famiglia è venuta a consultarsi con me. Noi però non diamo consigli, cerchiamo solo di aprire gli occhi alle persone, poi sono loro a dover decidere qual è la cosa giusta da fare. Io non ero favorevole a questo matrimonio, ma la ragazza ha pensato che così avrebbe salvato la sua reputazione”.

Dovrei aggiungere che Naima ha 38 anni e si è appena sposata. Suo marito è d’accordo con lei, c’è troppa violenza nei con fronti delle donne, ma pensa che sia colpa loro “perché non rispettano la famiglia”. Dice che le ha consigliato di aprire un centro per gli uomini vittime della violenza. Lei si è laureata in politiche sanitarie internazionali e pianificazione alla Brandeis University in Massachusetts. Suo marito ha un negozio di alimentari.

Tutto questo mi lascia perplesso. Inda gare sui delitti d’onore fa nascere in me interrogativi inquietanti sui miei sentimenti nei confronti del mondo arabo e musulma no nel quale vivo da 34 anni. Ho scoperto molte cose di questa civiltà che fanno impallidire il nostro Occidente “civilizzato”. Non posso non essere colpito dal rispetto e dalla cura che i figli dedicano ai loro genitori. Nessun parente anziano viene abbando nato in una casa di riposo. Quando invec chiano, le madri e i padri vengono curati in casa e muoiono nel loro letto con tutta la famiglia intorno. Sono spontaneamente cordiali con gli stranieri, anche con quelli dagli occhi azzurri come me, che vengono subito invitati a pranzo e a cena nelle loro case da famiglie che avrebbero tutti i motivi per odiare i Paesi da cui provengono.

Ma vedo anche gli aspetti meno affascinanti di questa società. Nei campi palestinesi, le notti sono spesso popolate dalle urla di rabbia di genitori e figli, perché esse re profughi significa vivere in famiglie numerose senza casa né futuro, affollate in due stanze, caldo, zanzare, umiliazione. Allora succede che molti padri picchiano i figli. Lo sento dire in continuazione e a volte, purtroppo, lo vedo con i miei occhi.

Di solito evito le domande e le risposte stupide. Ma perché qui, quando discutono, uomini e donne urlano così tanto? Perché usano tanta energia in un modo così inutile? Najdawi ha cercato di spiegarmelo senza che glielo chiedessi, mentre parlavamo di onore. “Non difendo i delitti d’onore”, ha detto. “Ma questa società funziona così. Noi siamo molto emotivi, lo siamo sempre stati”.


Cromwell come i taliban

La sua spiegazione non mi è piaciuta. Tutti siamo emotivi. E certo, anche in Occidente c’è chi uccide il marito, la moglie, e perfino i figli. Ma qui c’è un sistema: i delitti d’onore hanno dei precedenti, rientrano nella tra dizione. Si basano su un ragionamento di storto e falsato. “I capi religiosi sono molto importanti da questo punto di vista”, dice Najdawi. “Con la rivoluzione francese, l’Europa si è liberata del potere che il clero esercitava sulla società. Purtroppo qui non ci siamo riusciti, e l’Occidente ha addirittura rafforzato il potere dei nostri fanatici religiosi, perché siete stati voi a creare i taliban in posti come l’Afghanistan”.

Come Najdawi, molte delle donne decise a denunciare i delitti d’onore come crimini contro l’umanità ricordano agli occidentali che non è solo un fenomeno musul mano e che non dovrebbe essere usato a scopi politici accusando una religione. Ra na Husseini, che ha parlato di molti casi sui giornali ed è autrice di un libro coraggioso e sconvolgente, Murder in the Name of Honour(Omicidio in nome dell’onore), fa no tare che le donne “sono sempre state uccise in molti Paesi, da musulmani, cristiani, yazidi, indù, e sikh”. E la maggior parte delle donne con le quali ne ho discusso in tutto il Medio Oriente ha parlato di tradizioni tribali più che religiose.Ma la verità è che noi occidentali non possiamo cambiare lo stato delle cose, non possiamo convincere gli anziani dei villaggi afgani ad accettare l’uguaglianza tra i sessi e mettere fine ai delitti d’onore. Sarebbe stato come voler persuadere Enrico VIII dei vantaggi della democrazia parlamentare o Cromwell di quelli delle convenzioni di guerra.


Una lettera per Asma

L’assurdità di questa pretesa è stata messa in evidenza da una dichiarazione recente di Navi Pillay, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani. Pillay ha af fermato che “le violenze commesse in no me dell’onore sono crimini che vìolano il diritto alla vita, alla libertà, all’integrità fisica, il divieto della tortura e di qualsiasi trattamento degradante, disumano o crudele, la proibizione della schiavitù, il diritto alla libertà da qualsiasi discriminazione di genere, dalla violenza e dallo sfruttamento sessuale, il diritto alla privacy, l’obbligo di denunciare leggi discriminatorie e pratiche di violenza nei confronti delle donne”. Immagino come stiano tremando dalla paura nella provincia afgana di Helmand e in Belucistan.

Sono seduto nella sala d’attesa di uno studio legale ad Amman, e una donna di mezza età con l’aria preoccupata mi passa davanti camminando lentamente a testa bassa, con gli occhi fissi sul pavimento. C’è qualche problema d’onore anche in questo posto? Forse ho davanti a me un’altra po tenziale vittima? Intuito giornalistico, penso. Ma l’ufficio di Asma Khodr è pieno di luce. E proprio dietro alla porta c’è una vecchia macchina da scrivere appoggiata su uno scaffale con il nastro rosso e nero dell’inchiostro ancora avvolto sulla bobina. Apparteneva a Emily Bicharat, la prima donna avvocato di Amman, la prima presidente del Sindacato delle donne giordane, morta quattro anni fa. Asma Khodr è orgogliosa di questo pezzo d’antiquariato e del ruolo svolto da Bicharat nella lotta per i diritti delle donne in una società dominata dai maschi. Suo padre deve aver pensato la stessa cosa della figlia, perché sulla sua scrivania c’è una lettera incorniciata datata 20 dicembre 1972. È stata scritta ad Asma dal padre quando lei era più giovane e stava per entrare nel mondo della legge.

In caratteri arabi sottili c’è scritto: “Immagino che diventerai un avvocato che difende i diritti umani, che capisce i problemi e si schiera dalla parte delle vittime. Servi rai la nostra patria con la mente aperta e saprai persuadere gli altri ad accettare le loro responsabilità con i tuoi discorsi pieni di convinzione”.

Niente male per essere la lettera scritta da un padre, le dico, e Asma ride. “Quella donna che ha appena visto uscire dal mio studio”, dice, “è stata sposata per vent’anni. Ha avuto un pessimo rap porto con il marito e ha subito tanta violen za. Ma non può lasciarlo o scappare di casa perché lui potrebbe denunciarla e anche ucciderla. La legge è stata cambiata perché questo non possa più succedere, ma la gente ancora non ci crede”. Quindi il mio intu ito aveva ragione.

Ma è cambiata così tanto la legge? Quella donna è davvero al sicuro? Non sono convinto della risposta di Khodr. “Non si può cambiare la legge da un giorno all’altro quando la società non è ancora pronta”, di ce. “Il passaggio deve essere graduale. Ep pure non possiamo ignorare il fatto che dei cambiamenti ci sono stati. Secondo le nostre nuove leggi, il 95 per cento dei delitti d’onore viene punito con un minimo di die ci anni. La legislazione araba si basa essenzialmente su quella francese, che è patriar cale. Il Corano non parla di delitti d’onore, solo di frustate in caso di adulterio. Storica mente, la lapidazione era un’usanza ebrai ca, in seguito è stata adottata dai musulmani più conservatori. Era una pratica patriarcale, perciò si è diffusa facilmente. Ma in Europa durante il Medioevo le donne non venivano forse mandate al rogo per strego neria? La Chiesa a quei tempi svolgeva lo stesso ruolo patriarcale”.

Parliamo fino a pomeriggio inoltrato del sindacato delle donne, dell’Egitto, di povertà e religione. “Il modo migliore per responsabilizzare le donne (ammetto che quest’espressione non mi è mai piaciuta) è dare loro più op portunità economiche”, dice Asma. “Ci vuole giustizia sociale e sviluppo per libe rarsi dal patriarcato. Non si può contare solo sulla legge. Nessun potere istituzionale o statale può fare tutto da solo. La gente che vuole conservare a tutti i costi questo sistema patriarcale fa ricorso a qualunque cosa, perfino a Dio”.

A questo punto Asma Khodr dice una cosa che suona strana sulla bocca di un avvocato: “Credo nella purezza degli esseri umani. Il crimine è un prodotto della comunità ed è questo che va cambiato. Le donne e gli uomini sono vittime di questa situazione”. Secondo me è troppo gentile con gli uomini. Certo, anche loro sono vittime, ma chiaramente non provano tutto quel rimorso o quel dolore dei quali Najdawi parla in modo così accorato.

Uscendo dallo studio di Khodr compro un giornale. Mi cade l’occhio su un titolo: “Uomo condannato a dieci anni per l’omicidio della sorella”. All’inizio, per aver ucciso la sorella quindicenne con una pietra dopo averla accoltellata 33 volte, gliene avevano dati quindici, ma la pena è stata abbassata quando il padre della vittima, che è anche suo padre, ha ritirato la denuncia. Il motivo dell’omicidio? A 15 anni, la ragazza era già sposata e divorziata. L’articolo, scritto dall’infaticabile Rana Husseini, sembra un compendio di tutte le trage die legate ai delitti d’onore. Il matrimonio prematuro, il suo fallimento, la furia del fratello quando una sera la vede “guardare un altro uomo”, il tribunale che accetta il perdono del padre. I suoi tre giudici – Nayef Samarat, Talal Aqrabi e Hani Subeiha sono i nomi di questi veri eroi – si sono rifiutati di considerarlo un delitto d’onore. In fondo dieci anni sono sempre dieci anni, valgono più di cento rupie.


Robert Fisk
è un giornalista britannico. Vive a Beirut ed è corrispondente dal Medio Oriente per l’Independent. Il suo ultimo libro pubblicato in Italia è “II martirio di una nazione. Il Libano in guerra” (II Saggiatore 2010).

L’alba tanto desiderata

8 novembre 2010 4 commenti