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Siria: leggi antiterrorismo in costruzione e rivolte carcerarie…
Giornate di fuoco, che non mi lasciano tempo nemmeno di capire cosa accade nella mia amata Siria, così scombussolata dagli eventi da quando alcune città sono scoppiate in movimenti di insorgenza popolare repressi immediatamente nel sangue dalle forze di sicurezza siriane.
Il presidente sembrava aver giocato di fino, con le dimissioni del governo e la proposta di cancellare le leggi speciali che da 43 anni dominano la scena politica e sociale di quel paese; ha puntato sulla retorica della resistenza al nemico sionista, ha puntato sul carisma di presidente giovane e capace di tenere le redini anche in anni bui e sotto attacco internazionale. Sembrava aver giocato di fino, forte anche di grandi manifestazioni di consenso popolare…
poi di nuovo il piombo, venerdì scorso. Il venerdì dei martiri, dove la rabbia per i propri morti aveva riempito le strade in modo prettamente pacifico, i cortei sono stati attaccati inaspettatamente, in diverse città, da colpi d’arma da fuoco che hanno lasciato più di venti persone a terra. Altre venti, a cancellare la retorica del giorno prima di Assad… il governo poi comunica a chiare lettere che entro venerdì (altra giornata in cui sono chiamate alla mobilitazione migliaia di persone) sarà pronta una nuova legge terrorismo ispirata ai modelli legislativi di USA, Francia e Gran Bretagna “per assicurare dignità e sicurezza ai cittadini”.
Insomma, si tolgono le leggi speciali peggiorandele con una legge antiterrorismo tutta occidentale (nel frattempo è stato anche sospeso il campionato di calcio, per evitare qualunque rassembramento).
A Lattakia, città costiera che dopo la meridionale Daraa ha visto gli scontri più duri con le forze di sicurezza, ieri è scoppiata una rivolta all’interno del carcere. L’agenzia siriana Sana parla di venticinque prigionieri ricoverati, di cui otto morti a seguito delle gravi ustioni riportate a causa dell’incendio appiccato ad alcuni materassi. Da un carcere di cui probabilmente non sapremo mai molto, è stata rilasciata l’attivista Suhair Atassi, che si trovava in regime di detenzione dal 16 marzo, mentre manifestava sotto la sede del ministero degli Interni per il rilascio di altri prigionieri.
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Al-Aswani ci racconta quest’Egitto della controrivoluzione …
Un articolo interessante, comparso pochi giorni fa sulle pagine del giornale indipendente egiziano Al-Masry al-youm, a firma del noto scrittore Alaa al-Aswani, noto anche per essere uno tra i fondatori del partito Kifaya (“basta!”), “movimento egiziano per il cambiamento”, nato nel 2004. NOn per sposare ogni sua parola, ma per dare un ulteriore elemento per capire quello che sta accadendo lungo le sponde del Nilo, da qualche mese a questa parte…
Parlavamo già un po’ di tempo fa del rischio che sta correndo il popolo di piazza Tahrir, che per un attimo e forse troppo ingenuamente, ha sentito la rivoluzione tra le dita delle mani. L’abbiamo raccontata col più sincero degli entusiasmi, ma allo stesso col terrore che possa essere, come dice in questa pagina al-Aswani, un’occasione sprecata. Una panoramica, che fa trapelare la rabbia per come l’esercito ha gestito l’arrivo ai referendum, il volta faccia dei Fratelli Musulmani, l’attesa popolare per un’incriminazione di Mubarak che continua a non arrivare…
Dopo la riuscita rivoluzione del 1919, e dopo che le forze d’occupazione britanniche ebbero ceduto alla volontà del popolo egiziano, re Faruq istituì una commissione incaricata di redigere una nuova costituzione. Essa venne nominata anziché eletta. Il leader nazionalista Saad Zaghloul si oppose, chiedendo che venisse eletta un’assemblea costituente per garantire che la costituzione rispecchiasse la volontà del popolo. Ma re Faruq insistette sulla sua posizione. La commissione nominata redasse la costituzione del 1923, che diede al re il diritto di sciogliere il parlamento in qualsiasi momento. Questa grave carenza costituzionale guastò la vita politica trasformando il parlamento in uno strumento nelle mani del re. Il partito Wafd di Zaghloul, che aveva la maggioranza dei seggi in parlamento, prese il potere una sola volta nel corso dei successivi 30 anni.
Stranamente, Zaghloul accettò la costituzione del 1923, nonostante i suoi difetti. In qualità di leader incontrastato dell’Egitto in quel momento, egli avrebbe potuto invitare gli egiziani a insistere sul loro diritto a una costituzione giusta e democratica. Ma l’occasione andò persa.
Dopo la rivoluzione del 1952, l’Egitto sprecò un’altra occasione di democratizzazione. La corrente antidemocratica presente all’interno degli Ufficiali Liberi dominò la rivoluzione, e il 16 gennaio 1953 emanò la decisione di sciogliere tutti i partiti politici e di confiscare il loro denaro e i loro uffici. Il partito Wafd era il partito di maggioranza all’epoca, ed era in grado di mobilitare l’opinione pubblica contro la dittatura, nel qual caso gli Ufficiali Liberi avrebbero ritirato la propria decisione e il sistema democratico in Egitto sarebbe stato preservato. Ma il partito Wafd non sollevò obiezioni. Fu un’altra occasione sprecata per l’Egitto. Invece, il paese rimase sotto il dominio autoritario per i successivi 60 anni.
Purtroppo, la storia dell’Egitto è piena di opportunità di democratizzazione sprecate. Ora abbiamo un’altra opportunità, che mi auguro non venga persa. La rivoluzione del 25 gennaio ha costretto Hosni Mubarak a dimettersi. Centinaia di egiziani hanno sacrificato la loro vita per amore della libertà. Fin dai suoi inizi, tuttavia, la rivoluzione si è trovata di fronte a una feroce controrivoluzione – sia all’interno dell’Egitto che all’estero.
Pochi giorni fa, il quotidiano kuwaitiano ‘Al-Dar’ ha riferito che le autorità egiziane stanno subendo enormi pressioni da parte dei governanti arabi, in particolare dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, affinché Mubarak non venga processato. Secondo il giornale, questi Stati arabi hanno apertamente minacciato di congelare tutti i rapporti con il Cairo, di tagliare tutti gli aiuti finanziari, e di ritirare i loro investimenti dall’Egitto. Tali regimi si sono spinti addirittura a minacciare di licenziare i 5 milioni di egiziani che lavorano nei loro paesi, se Mubarak dovesse essere processato.
Da parte sua, Israele ha sempre difeso Hosni Mubarak, uno dei suoi migliori alleati. La stampa israeliana non nasconde le sue preoccupazioni di fronte al significativo cambiamento democratico in Egitto. L’amministrazione americana ha una posizione simile. Sia i funzionari americani che quelli israeliani riconoscono il potenziale dell’Egitto e sanno che diventerebbe una potenza regionale nel giro di pochi anni, se diventasse una democrazia.
Sul quotidiano britannico ‘Guardian’, il noto intellettuale americano Noam Chomsky ha sostenuto che gli Stati Uniti appoggiano l’autoritarismo in Egitto, non perché temono l’estremismo islamico, come solitamente affermano, ma perché temono un Egitto indipendente che non faccia affidamento sul sostegno americano. L’amministrazione USA si impegnerà a fondo – Chomsky ha aggiunto – per garantire che il prossimo presidente dell’Egitto resti fedele agli interessi americani.
Oltre alle minacce internazionali contro la rivoluzione in Egitto, ci sono anche seri problemi interni. Le basi del regime di Mubarak sono ancora intatte. L’ex Partito Nazionale Democratico (NDP) rimane radicato in tutto l’Egitto. Centinaia di migliaia di membri dell’NDP faranno del loro meglio per riconquistare il potere, sia pure sotto una nuova denominazione. Centinaia di agenti della sicurezza statale, che hanno perso i loro posti di lavoro, sono ora liberi di provocare devastazioni. Decine di migliaia di consiglieri comunali, governatori, rettori e presidi di università (nominati dall’apparato di sicurezza), oltre a esponenti dei media, leader d’impresa e di falsi sindacati, stanno ora cospirando contro la rivoluzione.
Quali sono gli obiettivi della controrivoluzione? Le dichiarazioni di Mubarak alla stampa internazionale, prima che egli si dimettesse, sono particolarmente significative.
“Voglio farmi da parte, ma temo il caos in Egitto … ho paura che i Fratelli Musulmani possano arrivare al potere”.
La controrivoluzione sta ora implementando un piano per trasformare in realtà le paure di Mubarak al fine di mostrare che l’ex presidente aveva ragione. Questo piano comprende:
1. Fomentare il caos e terrorizzare gli egiziani per farli sentire insicuri. Ciò serve a farli stancare della rivoluzione e a spingerli ad accettare le mezze soluzioni per motivi di stabilità. Questo piano ha avuto inizio con il ritiro delle forze di polizia in tutto l’Egitto e con la liberazione di 40.000 criminali dal carcere, che sono stati armati e hanno ricevuto istruzioni di attaccare la popolazione civile. Il piano è rimasto in vigore durante il mandato di Ahmed Shafiq come primo ministro. Quando Essam Sharaf ha preso il suo posto, hanno avuto luogo diversi episodi di vandalismo e di tensioni settarie, umiliando in tal modo il governo post-rivoluzionario. Nonostante i grandi sforzi intrapresi dal nuovo ministro degli interni, Mansur Al-Issawi, la polizia rimane in gran parte assente. Il rifiuto della polizia di proteggere questa nazione costituisce un tradimento. Gli agenti di polizia possono astenersi dal compiere il proprio lavoro solo se gli viene dato un ordine in tal senso. E’ chiaro che coloro che ordinano agli agenti di polizia di non compiere il proprio dovere sono ancora più influenti dello stesso ministro degli interni.
Gli episodi di criminalità e di teppismo in Egitto non sono casuali. Sono per lo più pianificati e mirati. Ad esempio, il personale di sicurezza di fronte al seggio di Moqatam non è intervenuto quando il sostenitore delle riforme Mohammad ElBaradei è stato attaccato dai sostenitori dell’NDP il giorno del referendum. Nel quartiere di Shubra, nei due giorni precedenti il referendum, alcuni teppisti sono stati autorizzati a bloccare le strade, a terrorizzare la gente e a sparare a casaccio colpi di arma da fuoco, causando diversi morti. Non un singolo funzionario di polizia o soldato dell’esercito è intervenuto per proteggere i cittadini. Il fatto che molti copti vivano a Shubra e che i leader copti avessero annunciato la loro opposizione agli emendamenti costituzionali non ha nulla a che fare con questi attacchi? Gli attacchi erano forse mirati a terrorizzare i copti per costringerli ad accettare gli emendamenti, o avevano l’obiettivo di punirli per aver insistito sul diritto degli egiziani ad avere una nuova costituzione?
2. Celebrare processi selettivi, la maggior parte dei quali si svolge sotto i riflettori dei media. I media statali (che erano anch’essi sotto il controllo dell’apparato di sicurezza dello Stato) si sono precipitati a fotografare gli ex-membri dell’NDP Ahmed Ezz, Zoheir Garana, e Ahmed Maghrabi nelle loro uniformi da detenuti, durante le indagini nei loro confronti. Lasciando da parte il fatto che ciò è andato contro tutti gli standard professionali, lo scopo era quello di assorbire la rabbia degli egiziani e convincerli che si stava facendo giustizia. Con tutto il rispetto per il procuratore generale, ci sono molte domande senza risposta a questo proposito.
Perché Mubarak e i suoi familiari non sono stati indagati? Perché gli ex-leader dell’NDP Zakaria Azmi, Fathi Sorour e Safwat al-Sherif non sono stati messi sotto processo? Perché il procuratore generale non ha indagato a proposito delle 24 denunce presentate dai lavoratori dell’aviazione civile contro Ahmed Shafiq, accusato di sprecare il denaro pubblico? Durante il mandato di Ahmed Shafiq come primo ministro, perché il procuratore generale non ha compiuto alcuna indagine sugli agenti di polizia accusati di aver ucciso i manifestanti? Dopo che Shafiq ha presentato le dimissioni, perché la procura ha rilasciato gli agenti accusati di omicidio? Il loro rilascio non permetterà loro di nascondere le prove che potrebbero essere usate per incriminarli? Qual è lo scopo di processare funzionari corrotti e assassini in maniera selettiva?
3. Agli egiziani non è stato permesso di eleggere un’assemblea costituente in grado di redigere una nuova costituzione che rifletta la volontà del popolo e che porti l’Egitto verso un’era di democrazia. Invece, il Consiglio Supremo delle Forze Armate ha sorprendentemente adottato la proposta di Mubarak di compiere limitati emendamenti costituzionali. Il processo di elaborazione e di approvazione degli emendamenti è stato afflitto da una serie di mancanze. In primo luogo, i membri della commissione incaricata di formulare gli emendamenti non sono stati selezionati sulla base di criteri chiari. In secondo luogo, il referendum si è svolto in tutta fretta dopo l’annuncio delle modifiche proposte, rendendo difficile per i cittadini comprendere appieno le problematiche coinvolte. Terzo, i cittadini potevano solo accettare o respingere l’intero pacchetto degli emendamenti, e non votarli singolarmente. In quarto luogo, la Fratellanza Musulmana e l’NDP si sono ritrovati uniti per la prima volta nell’appoggiare l’approvazione degli emendamenti. I Fratelli Musulmani hanno dimostrato di essere pronti a modificare la loro posizione a seconda dei propri interessi. Dopo aver raccolto le firme per mesi per sostenere la campagna di riforma di ElBaradei, essi hanno voltato le spalle a tutto questo e si sono alleati con l’NDP.
I principi dell’Islam sembrano essere sospesi per i Fratelli Musulmani durante la stagione elettorale, in quanto essi sembrano essere pronti a tutto pur di ottenere il potere. La Fratellanza Musulmana ha accusato i suoi oppositori di essere agenti stranieri. Ha distribuito zucchero e olio ad alcuni elettori, ha terrorizzato altri, e addirittura si è spinta a definire alcuni di loro ‘apostati’. La dimostrazione di forza della Fratellanza, anche se non è del tutto indicativa della sua influenza in tutto l’Egitto, sta servendo gli obiettivi della
controrivoluzione. Da un lato, il movimento sta polarizzando gli egiziani sulla base della religione. Sta minando l’unità nazionale che la rivoluzione aveva invece alimentato. Dall’altro, esso dimostra ai simpatizzanti della rivoluzione in Occidente che Hosni Mubarak era davvero l’ultimo baluardo contro gli estremisti. Coloro che sono rimasti frustrati dalla calda accoglienza che i media hanno riservato al leader e assassino della Jihad Islamica Abud al-Zumur, dopo la sua liberazione dal carcere la scorsa settimana, devono riconoscere che queste immagini offrono un sostegno alla controrivoluzione. Al-Zumur, la cui lunga barba ricorda quella di Osama bin Laden, ha annunciato in televisione che uccidere in nome della religione è legittimo. Quest’affermazione ha terrorizzato milioni di occidentali che simpatizzavano con la rivoluzione egiziana, ma che ora sono pronti ad accettare il ritorno del vecchio regime in nome dell’esigenza di proteggere l’Egitto dagli estremisti.
Coloro che erano a favore degli emendamenti costituzionali hanno vinto il referendum. Pur rallegrandomi per la grande affluenza alle urne e rivolgendo il mio rispetto agli elettori, è mio dovere affermare che portare avanti il processo di transizione con un ritmo così rapido è contro gli interessi dell’Egitto e della rivoluzione.
Se coloro che sono al potere vogliono veramente sostenere il cambiamento democratico, il nostro sistema elettorale incentrato sui candidati deve essere cambiato. Questo sistema permetterà all’NDP e ai Fratelli Musulmani di aggiudicarsi la maggior parte dei seggi alle prossime elezioni. Che siano costoro a ricevere l’incarico di redigere la nuova costituzione egiziana è inaccettabile. La maggior parte dei giuristi ha sostenuto che una costituzione redatta da un parlamento eletto attraverso il sistema attuale non rappresenterebbe la volontà del popolo egiziano. Il loro ammonimento deve essere preso sul serio. La grande rivoluzione egiziana non diventerà un’altra occasione sprecata. Se il processo di transizione ci riporterà indietro, nessuno potrà impedire al popolo egiziano, che ha costretto Hosni Mubarak a dimettersi, di ottenere da sé la propria libertà.
La democrazia è la soluzione.
Tradotto da Medarabnews
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Flobert … strage sul lavoro che non dimentichiamo
Venerdì 11 aprile 1975, alle 13,25, una terribile esplosione distrugge la Flobert, una fabbrica che produce proiettili d’arma giocattolo e fuochi d’artificio, situata alla contrada Romani a Sant’Anastasia, alle pendici del Monte Somma, nel vesuviano.

Foto di Valentina Perniciaro
Quel giorno sono al lavoro circa sessanta dipendenti, tra cui motissime donne. Vicino alla baracca da cui promana la prima deflagrazione, piena di circa 200.000 cartucce, vi sono tredici operai, dei quali dodici muoiono sul colpo, scaraventati fino a cento metri dal luogo dell’esplosione. Sono quasi tutti giovani, d’età compresa tra i venti e i quarantadue anni. Provengono da molti paesi della provincia partenopea: Sant’Anastasia, Somma Vesuviana, Pollena Trocchia, Pomigliano d’Arco, Cercola, S. Sebastiano al Vesuvio, Portici.
Dieci degli operai scomparsi avevano iniziato a lavorare solo due settimane prima; altri dieci, tra cui cinque donne, subiscono ferite anche gravi.
Non si riesce ad accertare la vera causa dello scoppio: si ipotizza un innesco da cicca di sigaretta (ipotesi poi esclusa dalle successive indagini), forse lasciata cadere da uno degli operai, molti dei quali, si scoprirà, lavoravano al nero in capannoni di lamiera e legno e privi di qualsiasi requisito di sicurezza (gli operai risulteranno assunti solo cinque giorni prima, ma le testimonianze documentano anche la presenza di lavoratori al nero).
Dopo lo scoppio, i soccorsi giungono dapprima dagli abitanti, e poi dalle forze dell’ordine. Si trovano davanti brandelli di carne, due figure carbonizzate attaccate ad una grata, colte dalla morte nel tentativo di sfuggire alle fiamme, teste staccate dai corpi, dita e braccia disseminate nei campi circostanti e sugli alberi nella campagna. Di un operaio non si ritrova nemmeno il cadavere. Polverizzato, disperso dalla violenza dell’esplosione.
Viernarì unnice aprile
‘a Sant’Anastasia
nu tratto nu rumore
sentiett’ ‘e ch’ paura.
Je ascevo ‘a faticà
manc’a forza ‘e cammenà
p’à via addumandà
sta botta che sarrà.
‘A Massaria ‘e Rumano
na fabbrica è scuppiata
e ‘a ggente ca fujeva
e ll’ate ca chiagneva.
Chi jeva e chi turnava
p’à paura e ll’ati botte
ma arrivato nnanz’ ‘o canciello
maronn’ e ch’ maciello!
Din’t vuliette trasì
me sentiette ‘ e svenì
‘nterr’ na capa steva
e ‘o cuorpo n’ ‘o teneva.
Cammino e ch’ tristezza
m’avoto e ncopp’ ‘a rezza
dduje pover’ operaje
cu ‘e carne tutt’abbruciat’.
Quann’ arrivano ‘e pariente
‘e chilli puverielle
chiagnevano disperati
pè ‘lloro figlie perdute.
«’O figlio mio addò stà
aiutateme a cercà
facitelo pè pietà
pè fforza ccà adda stà».
«Signò nun alluccate
ca forse s’è salvato»
e ‘a mamma se và avvutà
sott’ ‘a terra ‘ o vede piglià.
Sò state duricie ‘ e muorte
p’è famiglie e ch’ scunfuorto
ma uno nun s’è trovato
povera mamma scunzulata.
Sò arrivat’ ‘e tavule
e ‘a chiesa simmo jute
p’ò l’urdemo saluto
p’e cumpagne sfurtunate.
P’e mmane nuje pigliammo
tutti sti telegrammi
sò lettere ‘e condoglianze
mannate pè crianza.
Atterrà l’ajmm’ accumpagnat’
cu arraggiar’a ‘ncuorpo
e ‘ncopp’ ‘a chisti muort’
giurammo ll’ata pavà…
E chi và ‘a faticà
pur’ ‘a morte addà affruntà
murimm’ ‘a uno ‘a uno
p’e colpa ‘e ‘sti padrune.
A chi ajmma aspettà
sti padrune a’ cundannà
ca ce fanno faticà
cu ‘o pericolo ‘e schiattà.
Sta ggente senza core
cu ‘a bandiera tricolore
cerca d’arriparà
tutt’ ‘e sbagli ca fà.
Ma vuje nun’ò sapite
qual’è ‘o dolore nuosto
cummigliate cu ‘o tricolore
sti durici lavoratori.
Ma nuje l’ajmm’ capito
cagnamm’ sti culuri
pigliammo a sti padrune
e mannammel’ ‘affanculo.
E cu ‘a disperazion’
sti fascisti e sti padrune
facimmo un ‘ muntone
nu grand’ fucarone.
Cert’ chisto è ‘o mumento
e ‘o mumento ‘e cagnà
e ‘a guida nostra è grossa
è ‘a bandiera rossa.
Compagni pè luttà
nun s’adda avè pietà
me chesta è ‘a verità
‘o comunismo è ‘a libertà

Foto di Valentina Perniciaro
‘A Flobert o “Sant’Anastasia”
Venerdì undici aprile a Sant’Anastasia
ad un tratto un rumore sentii, e che paura
Stavo uscendo a lavorare nemmeno la forza per lavorare
e per la strada chiedo questa botta che sarà
La Masseria dei romani una fabbrica è scoppiata
la gente che scappava ed altra che piangeva
Chi andava e chi tornava per paura d’altri scoppi
arrivato davanti al cancello madonna, e che macello!
Volli andare dentro mi sentii di svenire
a terra c’era una testa che stava senza corpo
Cammino e che tristezza mi giro e sulla rete
due poveri operai tutte le carni bruciate.
Poi arrivano i parenti di quei poverini
piangono disperati per i loro figli perduti.
«Mio figlio dove sta aiutatemi a cercare
fatelo per pietà per forza deve stare qua».
«Signora, non urlate che forse s’è salvato»
e la mamma va a girarsi sotto terra lo stanno prendendo.
Sono stati dodici i morti per le famiglie che sconforto
ed uno non s’è trovato povera mamma sconsolata..
Sono arrivati i tavuti ed alla chiesa siamo andati
per gli ultimi saluti ai compagni sfortunati..
Prendiamo tra le mani tutti questi telegrammi
son lettere di condoglianza mandate per crianza.
li accompagniamo a seppellirli e con la rabbia in corpo
sopra a questi morti giuriamo: dovrete pagarla
Chi va a faticare pure la morte deve affrontare
moriamo uno ad uno per colpa di questi padroni.
Chi dobbiamo aspettare per condannare questi padroni
che ci fanno lavorare col pericolo di schiattare
Questa gente senza cuore con la bandiera tricolore
cerca di riparare a tutti gli sbagli che fa.
Ma voi non lo sapete qual è il dolore nostro,
avvolgete con il tricolore questi dodici lavoratori.
Ma noi l’abbiamo capito: cambiamo questi colori
pigliamo questi padroni e mandiamoli affanculo.
E con la disperazione di fascisti e di padroni
facciamone un montone, un grande focarone.
Certo questo è il momento quello di cambiare
e la guida nostra è grossa, è la bandiera rossa.
Compagni, per lottare non s’ha da aver pietà
ma questa è la verità il comunismo è libertà.
(‘e Zezi; libera traduzione di Girolamo De Simone)
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Siria: si dimette l’inutile governo
Questa mattina il presidente Assad aveva fatto sapere di probabili dimissioni in giornata del governo e alla fine così è stato. Naji al-Utri, inutile premier siriano dal 2003, ha annunciato oggi le sue dimissioni, immediatamente accettate dal presidente.

Foto di Valentina Perniciaro _La foto del presidente Bashar al-Assad sul vetro dei taxi...qui, durante l'attacco israeliano al Libano del 2006, s'era aggiunta la bandiera Hezbollah_
Questo cambio di governo è una delle tappe tra le riforme velocemente annunciate da Bashar al-Assad allo scoppio delle rivolte anche nel suo paese, con solamente qualche settimana di ritardo rispetto ai paesi arabi del Nord-Africa. Un presidente cha ha guardato terrorizzato la fine di Ben Ali e Mubarak e che ha cercato in tutti i modi di tenere bassa la tensione…fino a Daraa, cara città drusa dell’Hauran.
Dopo Dara’a l’atteggiamento del figlio di Hafez al-Assad, il “leone siriano”, è stato ovviamente duplice: da una parte la repressione immediata e feroce, dall’altra un tentativo di calmare le acque con una carrellata di riforme annunciate, tra cui lo scioglimento dell’attuale governo in carica.
Un governo che definire fantoccio è quasi un eufemismo: il potere siriano è tutto nelle mani del presidente, della sua famiglia (insieme ad un altro paio di altre famiglie alawite), del partito Baath e dei tanti corpi di sicurezza (difficile capirci qualcosa tra le mille divise che si aggirano in quel paese). PUNTO. Questo è il governo siriano, da quarantanni.
Fa un po’ ridere quindi questo pomposo annuncio, perché tutta la popolazione siriana è consapevole di quanto sia inutile Naji al-Otari e tutto il suo staff, o quello che potrà succedere a loro.
Nel frattempo la Siria si spacca nelle sue strade con numeri molto più impressionanti rispetto agli altri paesi, che son riusciti a far fuggire i loro aguzzini. Oggi la manifestazione di sostegno alla nazione e al presidente sta letteralmente facendo esplodere le strade di Damasco, rimaste sempre abbastanza silenziose sul fronte della protesta. Sa’a Sabeh Bahrat, enorme piazza della capitale è irraggiungibile da tutte le enormi strade d’accesso perchè piene di manifestanti che sventolano orgogliosi manifesti con il volto del presidente, che sempre e ovunque hanno invaso quel meraviglioso paese. Le città dove sono scoppiati gli scontri più forti sono calme in queste ultime ore, anche se a Dara’a gli ultimi spari delle forze di sicurezza sono solo di ieri a pranzo… Lattakia vive in uno strano silenzio, mentre l’esercito ancora è dispiegato…
e domani Bashar parlerà di nuovo alla nazione sulla tv di stato…
con il cuore lì…
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Egitto: attacco frontale al cambiamento!
Gli sviluppi egiziani non stanno andando per il verso giusto, e si era capito già dai risultati dei referendum, che avevano tirato il freno a mano su un percorso di transizione favorevole alla coalizione dei rivoltosi, che hanno guidato i giorni di Piazza Tahrir.
Il referendum è andato male perchè ha vinto il desiderio di rallentare la corsa, di non fare il salto di riscrivere la propria Costituzione, quindi prendere nelle proprie mani realmente la possibilità di cambiare drasticamente le “regole” di gestione del potere e i diritti minimi di una popolazione stremata da un silenzioso e decennale regime.
Amnesty International ci ha raccontato pochi giorni fa come si sono svolti gli arresti delle donne della rivoluzione, avvenuti nei giorni di piazza Tahrir e durante i primi scontri con le forze di sicurezza di Hosni Mubarak. Non solo ispezioni vaginali, ma test della verginità. Le parole dei racconti di quelle donne sono agghiaccianti, il sopruso su quei corpi è vergognoso, aumentato anche dalla possibile incriminazione per “prostituzione” qualora il test avesse dato risultati negativi. Una pagina di tortura che si aggiunge a tante altre.
La notizia di ieri invece ha lasciato senza parole tutto il movimento egiziano: dopo aver fatto cadere, a furor di popolo, anche il primo ministro succeduto alla caduta di Mubarak ed aver fatto giurare il suo successore (Sharaf) direttamente in piazza davanti ai manifestanti, il colpo di coda è arrivato.
Pesante. A tentare di travolgere tutto quello che si è costruito, anche sui corpi di più di trecento giovani rimasti uccisi.
Ora l’attacco frontale è al diritto di sciopero e a quello di manifestare: il potere si sta ritrincerando e vuole rimettere dei paletti solidi per non esser più facilmente spodestato da un popolo che crede di aver ora il diritto di scender nelle strade per difendere e conquistare diritti. Niente più diritto a manifestare nè tantomeno a fermare le attività lavorative: pericolosissimo e agghiacciante, visto il salto democratico ottenuto proprio invadendo le strade, giorno e notte, per mesi. Ora vogliono riportare tutti a casa, fare in modo che ci si dimentichi di come si stava, tutti insieme, nelle tante piazze Tahrir nate in quel paese. Parlano anche di una multa per chiunque sia trovato a manifestare o scioperare che può raggiungere anche i sessantamila euro: eheheh, praticamente il reddito di qualche villaggio.
La Coalizione dei giovani del 25 gennaio, che tanto aveva confidato anche nel Consiglio supremo delle forze armate ora è costretta ad aprire gli occhi, ad alzare il livello dello scontro se non si ha voglia, subito, di riabbassare la testa e risottomettersi ad un potere militare.
TUTTI GLI ARTICOLI SULL’EGITTO!
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Occupazione di via Papareschi: arrivano i plotoni
I MANGANELLI FERMATI DALLA DETERMINAZIONE E DALLA RESPONSABILITA’ DEI MOVIMENTI
Centinaia di carabinieri e poliziotti antisommossa questa mattina a Roma hanno militarizzato l’intero quartiere Portuense – Marconi, schierandosi a difesa di privilegi consolidati e di nuovi profitti da realizzare, pronti ad intervenire per sgomberare circa 300 nuclei familiari e decine di attivisti dei movimenti per il diritto all’abitare che ieri avevano occupato l’ex deposito militare di via dei Papareschi abbandonato da anni, e minacciando l’intervento contro le altre occupazioni presenti in città
L’iniziativa dei movimenti nasce dentro la necessità di aggredire l’immobilismo dell’amministrazione comunale attorno al problema della casa. Un vaso stracolmo e traboccante di un’emergenza abitativa che ha raggiunto proporzioni oramai esplosive. La scelta di occupare una delle caserme che il Campidoglio ha inserito nella delibera di “valorizzazione” (e già contabilizzate come entrate nel bilancio), voleva dimostrare che è possibile e necessario sottrarre spazi alla rendita e alla speculazione immobiliare resituendoli alla città come servizi e case popolari. 3 anni di tensione e di mobilitazione, fino alla sottoscrizione di un protocollo di intesa siglato dal sindaco Alemanno lo scorso 21 febbraio, rischiavano di trasformasi, infatti, in un drammatico nulla di fatto.
Questa mattina, grazie all’intervento dell’Assessore alla Casa Antoniozzi e al senso di responsabilità dei movimenti, si è evitato in extremis che la situazione degenerasse, costruendo sul posto un incontro nel quale si è stabilito un percorso chiaro e definito nei tempi per l’attuazione delle misure previste dal protocollo. All’incontro a cui hanno partecipato, oltre all’assessore alla casa e ai rappresentanti dei movimenti, anche il delegato del sindaco all’emergenza abitativa Berruti e quello alla sicurezza Ciardi, l’amministrazione si è impegnata a:
– Richiedere oggi stesso l’apertura di un tavolo di confronto con il Governo e la Regione Lazio per affrontare il tema degli sfratti, degli inquilini degli enti previdenziali, della necessità di realizzare un piano straordinario di edilizia popolare.
– Verificare entro lunedì la possibilità di emettere direttamente un’ordinanza di blocco temporaneo degli sfratti anche per le categorie non ricomprese nelle attuali tutele ed in modo particolare per le situazioni di morosità incolpevole.
– Predisporre e presentare in un prossimo incontro fissato per Giovedì 31 alle ore 10,00 presso l’assessorato alla casa, il testo di una delibera finalizzata a riconoscere l’emergenza abitativa presente in città garantendo soluzioni certe ai nuclei familiari costretti a vivere in situazioni abitative precarie ed inadeguate.
Movimenti per il diritto all’abitare
Roma, 25 marzo 2011
Info:
3458365942
3497117095
UNA CORRISPONDENZA DI RADIO ONDA ROSSA
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Siria: le forze di sicurezza assaltano Dara’a nella notte
Sono entrati questa notte.
Il luogo di ritrovo e di partenza delle manifestazioni di questi ultimi giorni in Siria era la moschea Omari di Dara’a, dove sono stati portati i corpi dei primi ragazzi uccisi dalle forze di sicurezza. Raccontavamo in questi giorni che la città capoluogo della provincia drusa dell’Hauran viveva un vero e proprio stato d’assedio, circondata da truppe armate in costante aumento e completamente tagliata fuori dal mondo.
Stanotte sono entrati, è partito l’assalto alla moschea “ribelle”.
Dopo la mezzanotte le forze di sicurezza hanno tagliato prima l’energia elettrica per poi iniziare a sparare centinaia di colpi, mentre in tutta la città si alzavano grida di rabbia e rivolta. Ieri più di mille persone avevano fatto una catena umana per difendere la moschea da eventuali assalti, ma la nottata non è andata come si sperava. HURRIYYA, HURRIYYA…tutti sembrano gridare “libertà” in un paese sotto la famiglia Assad da decenni, in un regime che ha sempre saputo tenere bassissimo il livello di tensione sociale all’interno dei propri confini…tanto che in questi mesi di rivolte arabe la Siria stentava, arrancava goffa nel rincorrere appuntamenti che poi la popolazione non sembrava raccogliere come altrove.
Ma si è passati subito al bagno di sangue: pare che il primo risultato della nottata siano altre 6 persone ammazzate dal piombo di stato.
Tra loro c’è anche Ali Ghassab al-Mahamid, noto medico della zona, discendente di una nota famiglia, recatosi in moschea per curare i feriti che si ammassavano. Anche un paramedico, un poliziotto ed un autista di ambulanza sono rimasti uccisi, come ci racconta l’agenzia stampa di stato SANA
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Egitto: il referendum non doveva andare così!
Ci son rimasta male, anche se inizio ad avere una certa età per credere nei sogni con così tanto fervore; poi ci rimango male.
La chiamata alle urne in Egitto non è andata come doveva andare anche se tutte le autorità mondiali giocano a chi fa prima d sbrodolarsi dicendo che è l’opzione migliore per la transizione e l’arrivo alle nuove elezioni. Io non la penso così e con me tutto il popolo di piazza Tahrir, quello che ha mosso lo spirito del nuovo Egitto, esclusa i Fratelli Musulmani.
Tutti i sondaggi e i pronostici davano il no per favorito: ma facciamo un po’ di chiarezza.
Se avesse vinto il NO tutto sarebbe stato da ridiscutere: l’intera Costituzione si sarebbe rivista ed era il desiderio delle giovani organizzazione nate durante la rivoluzione, il desiderio dei lavoratori che in massa hanno scioperato per settimane, il desiderio delle donne che avrebbero potuto ridiscutere pezzo pezzo il loro “accesso” alle libertà individuali in modo diverso. Passando il No sarebbe andato al vaglio anche l’art. 2 della Costituzione che sancisce la legge islamica alla base della legislazione nazionale: motivo per cui tutta la comunità copta ha votato compattamente per la riscrittura. Insomma, l’intero popolo della rivoluzione del 25 gennaio, quello che ha mandato a casa Mubarak dopo 30 anni, confidava in un secco NO.
Quello si che sarebbe stato un bello schiaffone al vecchio regime, all’esercito, agli attuali aspiranti candidati (anche se entrambi i potenziali candidati hanno dato la preferenza al NO) e uomini della nuova pagina di quel paese così strategicamente importante, così centrale nella scacchiera mediorientale.
E invece la reazione alla fine ha prevalso ed anche con percentuali più che ampie (pare che la vittoria ruoti intorno al 77%): colpevoli sicuro i Fratelli Musulmani che hanno appoggiato il SI insieme al partito del potere, del regime, dell’ex rais. Si sperava in un comportamento diverso visti i rapporti nati nei due lunghi mesi di vita per le strade che abbiamo alle spalle…ma invece, come sempre, la “reazione” ha prevalso nella principale organizzazione islamica, che pur di uscire dalla clandestinità politica in cui s’è mossa sotto il regime non spinge i propri simpatizzanti per un ulteriore salto.
Niente da fare.
Passano i dieci emendamenti costituzionali: saranno riviste le modalità per presentarsi alle elezioni e anche quelle riguardanti la tempistica della carica, ma buona parte delle norme che regolavano il vecchio regime rimarrano intoccate.
La strada, per il popolo meraviglioso di piazza Tahrir, è solo un po’ più in salita del previsto…
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Siria: proprio nel mio Hauran scontri e morti
Ieri si sono svolti i funerali dei manifestanti siriani uccisi dalla polizia, (Wissam Ayyash, Mahmud Jawabra, Ayham al Hariri e Adnan Akrad) a Dara’a, la città più importante della provincia meridionale dell’Hauran: il pezzo di Siria che più conosco, che più amo, che più m’ha accolto.
L’Hauran, terra di drusi e beduini, di basalto e polvere rossa: la mia oasi di pace, regno di Bosra ash-sham, la meraviglia nera. Granaio del paese per molto tempo, poi colpita e falcidiata da una forte siccità
Ieri migliaia di siriani si sono riversati in quella polverosa città di frontiera per dar l’ultimo saluto ai “martiri caduti sotto il piombo delle forze di sicurezza”. Numero di morti che è poi salito la notte precedente ai funerali , a cinque persone; tutto il paese inizia a scendere per le strade, pochi a Damasco, ma tanti ad Homs, nel sud, a Banyas (città sulla costa, a prevalenza alawita).
I funerali a Dara’a dei tre rivoltosi ammazzati sono stati immediatamente attaccati con molti lacrimogeni (grazie alla Reuters che ce li racconta…che Al-jazeera è un po’ sorda ultimamente sulla Siria) appena i manifestanti hanno provato ad incamminarsi verso il centro città: molti testimoni raccontano che sulla strada -cavolo, migliaia di volte l’ho fatta- che divide Damasco dall’Hauran (sono poco più di 150 km) c’è una lunga colonna di tank che si avviano verso il sud.
Dara’a vive uno stato d’assedio da due giorni, circondata e privata di tutte le comunicazioni, sia con cellulari che con telefoni fissi. Ce lo racconta Mazen Darwish sulle pagine di Al-Jazeera: lui, noto attivista per i diritti umani parla di una città da dove non si può né entrare né uscire.
Contemporaneamente, l’Osservatorio nazionale per la difesa dei diritti umani siriano (ondus) ci riferisce che dieci attiviste arrestate durante una manifestazione a Damasco lo scorso mercoledì, hanno iniziato lo sciopero della fame ( aggregandosi a quello iniziato da altri dodici prigionieri politici) in carcere contro le accuse di “attentato all’immagine dello stato, incitazione alla sedizione e minaccia della sicurezza nazionale. Non voglio pensare cosa e quanto rischiano: in un paese dove le carceri sono fantasmi nel deserto e i detenuti spesso carne da macello da far sparire come si vuole.
In quella terra vive buona parte del mio cuore, nell’Hauran ho imparato cos’è il mondo arabo, quant’è bello svegliarsi tra i beduini e le loro colazioni di prelibatezze faticate una ad una dalle mani grasse di donne dalle lunghe vesti.
Quella terra in rivolta non riesco ad immaginarla, perché la conosco sorniona e calma, lenta e apparentemente priva di conflitti: felice di pensare che anche da quelle parti c’è voglia di alzare la testa!
Con voi, passo dopo passo…
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Egitto: maledetta Baltagheyya
Ciò che è accaduto questo pomeriggio a piazza Tahrir e un po’ tutto quello che sta avvenendo da una decina di giorni a questa parte, palesa che son state prese alla leggera un po’ troppe cose dai giovani rivoltosi egiziani.
Le squadracce del regime, la Baltagheyya, che tanto spesso abbiamo nominato in questo blog per descrivere la situazione egiziana, stanno di nuovo passando all’attacco. Probabilmente anche questi improvvisi scontri confessionali, che hanno fatto dieci morti in due giorni, puzzano della loro mano: almeno a me, che ho visto con i miei occhi l’unione tra copti e islamici in questo inizio di rivoluzione in Egitto.
I copti hanno permesso ai Fratelli Musulmani di pregare tranquillamente in piazza durante le tre settimane di piazza Tahrir: loro cordonavano gli islamici piegati a recitare il Corano, loro con quelle piccole croci tatuate sui polsi. Tutti i volantini, tutti i manifesti, tutti i giornali e tutti i volti hanno parlato dal primo giorno di unione tra confessioni per un nuovo paese e la stavano e stanno costruendo con forza e determinazione.
Ora…piazza Tahrir attaccata dalle squadracce, come a gennaio; la manifestazione di ieri, otto marzo, di donne e per donne, finita nel peggiore dei modi; gli scontri confessionali che riappaiono improvvisi, anche alla luce di molte prove uscite sugli attacchi contro le chiese copte, mossi non da gruppi di fondamentalisti islamici ma direttamente dal vecchio ministero dell’Interno…

Foto di Valentina Perniciaro _uno dei simboli più diffusi a piazza Tahrir, l'unità tra musulmani e copti_
Piazza Tahrir, attaccata come dicevamo da queste maledette squadracce che stanno provando a fermare il mutamento in corso con i soli metodi che conoscono, è stata poi definitivamente sgomberata di tutti i manifestanti dall’esercito, che sembra averlo fatto senza usare forza e senza nemmeno reagire al fitto lancio di sassi di un gruppo di giovani che non voleva lasciare il luogo ormai simbolo di un popolo che cerca di liberarsi del regime e dei suoi scagnozzi.
Per qualche ora è circolata la notizia che il coprifuoco era stato anticipato alle 21 in tutta wast al-balad, il quartiere dove si trova piazza Tahrir, notizia smentita poco fa dalla tv di stato.
La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva un tipo tempo fa… il popolo in lotta d’Egitto lo sta imparando sulla sua pelle giorno dopo giorno.
Il popolo di piazza Tahrir
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Egitto: finalmente si assalta la polizia segreta e i corpi di sicurezza dello stato! Yalla!
Al-jazeera ci racconta passo passo, rincorrendo gli eventi, quello che sta accadendo per le strade d’Egitto da ieri sera.
Dicevo appena l’altro giorno come “la pulizia” sia lenta in questa rivoluzione egiziana, ma da ieri sembra aver accelerato i tempi.
Migliaia di persone stanno assaltando diverse sedi, al Cairo come in altre città del paese, numerose sedi dell’ Amn el-Dawla, corpo della Sicurezza dello Stato, la polizia segreta e quella investigativa. Quella che chiamiamo, come il popolo egiziano, la Baltagheyya: le squadracce di Mubarak che in questi trent’anni di regime hanno monitorato, controllato, rinchiuso, torturato e ucciso.
Quello che sembra avvenga in queste ultime ore in queste sedi è un “doppio” attacco: da una parte i manifestanti che assaltano per rabbia le sedi dei loro aguzzini, dall’altra anche il tentativo di bloccare tutti quei poliziotti che qua e là stavano tentando di far sparire col fuoco molta documentazione compromettente sui loro abusi, perpetrati per decenni ( ci sono stati arresti decennali mai notificati alle famiglie, torture, morti mai segnalate, sparizioni …molte cose legittimate dalle leggi speciali, prima cosa che il nuovo popolo d’Egitto ha chiesto di abbattere!)
L’emittente al-jazeera, attraverso le parole di Lubna Darwish, attivista e testimone degli ultimi eventi, ci racconta quello che sta accadendo nel quartiere di Nasr City, nel nord della capitale, dove sono stati assaltati sei palazzi, incluso il quartier generale dei servizi segreti.
“In ogni ufficio abbiamo trovato centinaia di fogli e fascicoli strappati e pronti al macero; allo stesso tempo nel perlustrare gli edifici abbiamo trovato un piano sotterraneo contenente
venti celle di sicurezza.
Sullo stesso piano abbiamo trovato uno stanzone contenente faldoni e documentazione su praticamente tutti gli attivisti del paese. Sono stati in molti a trovare la propria foto.”
Tutte le notizie confermano che l’esercito ha provato a bloccare i manifestanti ma non ha mai usato la forza: in un episodio hanno salvato un ufficiale della Sicurezza di stato che era stato preso dalla folla infuriata e che è stato chiuso all’interno di un tank per evitare un linciaggio.
Sono molti i manifestanti a dichiarare che malgrado la vittoria schiacciante del popolo di piazza Tahrir contro Mubarak e le sue squadracce, gli uffici della polizia investigativa e dei servizi segreti funzionavano ancora a pieno regime: un’altra pagina della rivoluzione -necessaria- è iniziata solo ieri.
Nel frattempo, in nottata, è stato nominato come nuovo ministro degli Interni il generale Mansur al-Essawy. Ha preso il posto di Mahmud Wagdy, di cui tutti chiedevano le dimissioni, designato da Mubarak già durante i giorni di rivolta, nel rimpasto tentato sotto pressione della piazza per cercare di rimanere al potere.
Altre notizie e racconti dal popolo di Piazza Tahrir: QUI
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Egitto: piccolo approfondimento su Radio Onda Rossa
Con qualche giorno di ritardo riesco a pubblicare il link della trasmissione radiofonica fatta mercoledì mattina dai microfoni di Radio Onda Rossa.
Precedente alle dimissioni del premier Shaqif, è attualmente un po’ “vecchia” vista la velocità con cui corrono le vicende della rivoluzione egiziana…
si parla anche di lotta di classe, di province più lontane dalla capitale e dalla piazza simbolo di questo nuovo Egitto.
Buon ascolto…
e ascoltatela sempre Radio Onda Rossa!
QUI INVECE LE PAGINE DEL BLOG SULLA RIVOLUZIONE EGIZIANA
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Altra vittoria per Piazza Tahrir
Venerdì … l’ennesimo in piazza.
Il Cairo oggi si ritroverà invaso da centinaia di migliaia di persone appartenenti a quel movimento e a quella nuova classe politica che sta ribaltando, passo dopo passo, l’ordine costituito egiziano. Ieri c’è stata un’altra vittoria: il primo ministro incaricato ad arrivare alle nuove elezioni, Ahmed Shaqif (ex generale dell’aviazione e uomo di fiducia di Mubarak), ha presentato ieri le sue dimissioni richieste a gran voce da tutti i manifestanti. Momentaneamente è stato incaricato, dal Consiglio supremo delle forze armate egiziano, Essam Sharaf, docente universitario che in passato fu ministro dei Trasporti (poi rinunciò all’incarico) e che ha vissuto piazza Tahrir durante i giorni della rivoluzione.
Insomma, è un uomo che non dispiace alla coalizione dei giovani che porta avanti la lotta e le rivendicazioni di piazza Tahrir. La prima richiesta che gli viene fatta, oggi, è di andare a prestare giuramento nel luogo ora più importante per la vita politica egiziana: la piazza.
Anche questo venerdi, a due di distanza da quello vissuto con voi, avrò il cuore tra quelle strade, in questo ’68 egiziano che sta crescendo e cogliendo i primi frutti. C’è voglia di protagonismo e riappropriazione: c’è il desiderio chiaro di ridistribuire i miliardi rubati dalla classe politica corrotta e di ridistribuirli in servizi, case, istruzione. C’è voglia di cancellare la storia egiziana di Saadat e Mubarak, di tornare alle nazionalizzazioni nasseriane, di alzare i salari e dare diritti a tutti i lavoratori. La Coalizione dei giovani della rivoluzione ridiscuterà della gestione dei confini (!!!) e degli accordi di Camp David… insomma, tutto è da fare e i nuovi movimenti giovanili che stanno venendo alla luce sembrano ogni giorno di più voler prendere una strada opposta al neoliberismo, come in Tunisia.
Questa mattina, corteo per il diritto alla casa, nella periferia de Il Cairo, nei distretti di al-Nahda e al-Salam.
Je vous adore !
VI CONSIGLIO QUEST’ARTICOLO!
AGGIORNAMENTO, ORE 13: mezzora fa, alle 13.30 locali, il neo premier egiziano Essam Sharaf si è unito ai manifestanti presenti in un milione in piazza Tahrir, proprio come da loro era stato chiesto. “Sono in questa piazza perchè la legittimità mi viene da voi, dal popolo di piazza Tahrir.
Voi avete fatto una grande cosa con la vostra rivoluzione, ma ora è giunto il momento di ricostruire l’Egitto.
Avete compiuto il Jihad (“lo sforzo”) più piccolo – ha detto alla piazza straripante – ora vi aspetta quello più grande che è ricostruire il paese.
Il mio primo messaggio una volta arrivato qui è di saluto per i martiri e i feriti di questa rivoluzione, dobbiamo continuare la nostra lotta basandoci sulla volontà e la determinazione che abbiamo avuto qui a piazza Tahrir».
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L’Egitto e la lotta di classe…

Foto di Valentina Perniciaro _Tank e macerie, a pochi passi dalla residenza dell'ex rais Hosni Mubarak, Il Cairo, febbraio 2011_
La lotta in Egitto non si vuole fermare, tantomeno quella della classe operaia e contadina, che non vuole più sottostare a certe regole e dinamiche di sfruttamento.
Oggi più di un migliaio di lavoratori delle industrie chimiche e farmaceutiche , con sede a Shubra, hanno scioperato e manifestato con un lungo sit-in. Quella fabbrica dal 27 febbraio ha incrociato le braccia, quando la proposta di 3 giorni di “vacanza premio” ha irritato i lavoratori, che l’hanno giustamente vista con un becero tentativo di bloccare le proteste di queste ultime settimane. Chiedono le dimissioni di tutti coloro indagati per corruzione tra i dirigenti dell’azienda, chiedono forme contrattuali a tempo indeterminato e un aumento dei salari.
Contemporaneamente, più di tre centinaia di lavoratori della Samuel Tex, che produce biancheria, hanno annunciato uno sciopero per richiedere il pagamento dei salari, l’aumento degli stessi, un contratto a tempo indeterminato e una turnazione più umana. Il loro padrone, Samuel Louis, ha imposto turni di 12 ore giornaliere e un contratto per cui possono essere licenziati arbitrariamente in qualunque momento.
Insomma, la “rivoluzione egiziana”, come tento di urlare quasi svociandomi da settimane, non è solo piazza Tahrir.
Non è solo l’enorme movimento di giovani che ha deciso di riappropriarsi delle strade per chiedere e strappare al potere libertà politiche e sociali: non è solo questo. Le richieste sono quelle di una classe proletaria affamata da anni, incazzata, ma anche molto determinata a far sì che questo nuovo spiraglio di speranza per un futuro nuovo in Egitto e in tutta l’area, porti l’intera popolazione ad una consapevolezza reale dei propri diritti, come cittadini e come lavoratori. Come donne, come uomini e giovani che non vogliono abbassare la testa, nè davanti al rais di turno, ma nemmeno davanti ai padroncini (spesso stranieri) che speculano sul loro sudore e il loro lavoro.
Sempre oggi, ci sono un po’ di novità anche sul “fronte piazza Tahrir”. La scorsa notte il generale dell’esercito Hassan al-Ruwaini, alla testa del comando centrale de Il Cairo, ha esortato i manifestanti ad evacuare definitivamente la piazza (venerdi scorso, per la prima volta, l’esercito egiziano ha sgomberato con violenza midan al-Tahrir), per poter dare alle forze armate la “possibilità di soddisfare le esigenze del popolo egiziano. La risposta della piazza è stata una sonora pernacchia: più volte il suo discorso è stato interrotto da slogan contro il capo del governo ad interim Ahmed Shafiq e altri che comunicavano chiaramente all’esercito che nessuno tornerà a casa fino a quando tutte le richieste fatte non verranno soddisfatte.
Io continuo ad avere cuore e testa tra i marciapiedi riverniciati di piazza Tahrir, e tra i suoi volti dipinti.
Se vuoi leggere altro a riguardo CLICCA QUI
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Il Cairo: il giorno dopo la repressione dell’esercito
Dopo lo scoppio improvviso della repressione da parte dell’esercito, la popolazione di piazza Tahrir s’è riconvocata per questa mattina. Le parole d’ordine sempre le stesse, ma urlate con una nuova consapevolezza dopo l’attacco della scorsa notte, sia in piazza Tahrir che più tardi davanti al palazzo dell’Assemblea popolare: immediate dimissioni del primo ministro ed una condanna forte ed unanime contro il comportamento avuto dall’esercito.

Foto di Valentina Perniciaro _Mahalla al-kubra, città di scioperi e di lavoro in fabbrica, si affaccia al nuovo Egitto_
Confermate anche le testimonianze che parlavano dell’uso di pistole taser contro i manifestanti e di alcuni pestaggi veri e propri nei dintorni del Museo archeologico, che si affaccia proprio sulla piazza. Quel che è accaduto ieri ha colpito e scosso la fiducia che l’Egitto riponeva nel suo esercito: pochi giorni fa, e cavolo se cercavo a tutti di far questa domanda, nessuno sembrava dubitare del proprio esercito, parcheggiato in bella mostra su dei baciatissimi tank agli angoli di tutte le strade principali. E così stamattina sono stati in tanti, esponenti del movimento del 6 Aprile, della fratellanza, della chiesa copta, come della miriade di organizzazioni giovanili, laiche e progressiste, che stanno nascendo in queste settimane, hanno ripiantato le tende in quella piazza che ha già visto passare un bel pezzo di storia tra la sua pavimentazione divelta e poi così amorevolmente ripulita. “Abbiamo un obiettivo e non abbiamo nessuna intenzione di fermare il nostro desiderio di arrivarci” racconta Khalid sulle pagine di Al-masr al-youm, quotidiano egiziano con un’ottima versione online anche in inglese. Khalid è un fiume in piena quando racconta ciò che è avvenuto la scorsa notte: “potevamo ordini simili dal ministero degli Interni, ma non avremmo mai immaginato che l’esercito si comportasse così, attaccando una piazza pacifica a colpi di pistole taser”.

Foto di Valentina Perniciaro _solo una settimana fa, sui tank ci si giocava! Il Cairo, Piazza Tahrir, 18 febbraio 2011_
Di interviste se ne susseguono tante oggi sulla stampa egiziana: Mona, giovanissima manifestante, ha perso i sensi dopo esser stata colpita da un taser, una volta rinvenuta è stata picchiata e calpestata con violenza. Salma Saeed invece è un’attivista da tempo e racconta, che mentre i soldati distruggevano le tende appena istallate al centro della piazza, un ufficiale minacciava che se anche la sera successiva la piazza si fosse azzardata a violare il coprifuoco, le munizioni sarebbero diventate vere. Chi nelle precedenti settimane aveva vissuto sulla propria pelle la violenza della polizia, ormai scomparsa dalle strade egiziane, racconta con vero e proprio terrore la stessa esperienza sotto i colpi dell’esercito.
Incredula, la piazza della Liberazione d’Egitto, deve rivalutare quello che aveva pensato del suo esercito, quando per settimane ha rifiutato gli ordini dei generali e s’è alleato alla popolazione in lotta… ieri dopo l’attacco si sono sbrigati a chieder scusa, per tentare di non infiammare troppo gli animi, senza comunque ammettere l’uso di taser. L’assemblea fiume di oggi della “coalizione dei giovani” dove dibattono da giorni tutte le varie organizzazioni protagoniste delle giornate in piazza, sembra aver accettato le scuse dopo un lungo scambio con l’esercito, avvenuto anche attraverso facebook (!)
ora bisogna vedere quello che verrà determinato dalla rabbia e dallo stupore di un popolo che vuole realmente cambiare le proprie condizioni economiche, sociali, politiche …non lasciamoli soli! Loro non hanno voglia di lasciare le loro strade e un sogno reale di uscire dal regime di Mubarak e dei suoi scagnozzi e tornare a riappropriarsi del proprio futuro.
Tutto da costruire!
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Il Cairo, strade piene di cortei, prive di polizia…
Oggi, ad un mese esatto da quel 25 gennaio che ha segnato la storia d’Egitto, piazza Tahrir è tornata ad esplodere di volti e bandiere, richieste e slogan.Un mese fa si sarebbe dovuta festeggiare la festa della polizia, come ogni 25 gennaio degli ultimi anni: la solita dimostrazione di forza di un corpo maledetto e detestato nel suo paese.
La festa je l’hanno fatta, non c’è che dire: non una caserma è rimasta in piedi, al Cairo come a Suez, ad Iskyndria come a Port Said.L’odio per la polizia e la Baltagheyya aspettava solo di poter esplodere, così la festa della polizia s’è trasformata nella sua scomparsa. Non c’è un poliziotto per le strade del Cairo: le caserme son vuote e bruciate.
Nei primi giorni di normalità qualcuno in divisa s’è anche visto… qualcuno ha provato a tornare alla solita caffetteria con i tavolini sul marciapiede per un thè zuccherato e una fumata, ma non ha ricevuto buon’accoglienza.
I bar strabordano di giovani, di militanti, di neo attivisti; i piccoli sbilenchi tavolinetti da due, tre persone si trasformano facilmente in tavolate dove si parla e si discute, ci si prepara per le assemblee o i volantinaggi. L’atmosfera di quei tipici luoghi del Cairo è mutata rapidamente e completamente.
E’ pieno di donne poi, cosa rara su quelle sedie tra una shisha e un caffè arabo fino a poco fa. Bhè, se un poliziotto in divisa prova a sedersi si crea il vuoto in un attimo: in tanti mi hanno raccontato di queste scene, nel centro del Cairo. Intere strade che si svuotano, per creare un buco di silenzio intorno a quei pochi che hanno ancora il coraggio di vestire quella divisa. E’ divertente parlare della scomparsa della polizia dalle strade con un egiziano: Ma fi, Qalas! Non ci sono, è finita!
Non devono farsi vedere!
Poi in realtà riposizionare i topi nelle rispettive fogne non è lavoro poi tanto semplice, in Egitto come altrove. L’altro ieri sono anche scesi in piazza per chiedere la riammissione in servizio dopo tre settimane di nulla: la manifestazione s’è conclusa davanti al ministero dell’Interno, attaccato anche con bottiglie molotov a quanto pare. Notizie di spari dall’interno, nessun ferito e tutto tornato come prima, almeno leggendo le agenzie…
Ed oggi piazza Tahrir, e quindi tutte le piazza Tahrir d’Egitto (ogni città ora ha la sua!) è tornata ad urlare la sua voglia di cambiamento: è caduto il regime di Mubarak ma con lui ancora c’è molto da far cadere e la lotta vuole andare avanti, urlano i manifestanti. Le piazze non si svuotano come messaggio chiaro al Consiglio Supremo delle Forze Armate che ha il potere nelle mani e deve garantire l’arrivo alle elezioni, c’è la pressione costante di milioni di manifestanti! Le nuove organizzazioni politiche, i fratelli musulmani, i copti, tutti vogliono che cadino le teste dei ministri di Difesa, Giustizia, Interni ed Esteri: la vecchia guardia deve sparire subito, non dopo le elezioni preventivate per settembre. E poi chiedono ancora il rilascio di TUTTI i detenuti politici, le dimissioni dell’attuale primo ministro Shafiq e un processo rapido per il vecchio rais, nascosto tra le sue mura a Sharm el-Sheikh.
Buona manifestazione, popolo di Tahrir (che nostalgia!)
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Rivolte libiche e bandiere del feudalesimo…
A me tutto questo sventolare della bandiera senussa di re Idriss mi inquieta.
Sarà il popolo libico a determinare le sue scelte, non sono una di quelle che mette etichette o pregiudizi, però questo sventolare una bandiera del feudalesimo non mi può trovare d’accordo. Almeno su Via Nomentana… la compagnerìa potrebbe aver il buon gusto almeno di sapere cosa sta sventolando. Andare contro al regime di Ghaddafi non può voler dire appoggiare il sistema medievale che vigeva precedentemente. Tutto qui.
Leggo spesso commenti pesanti sulla “rivoluzione” egiziana: gli facciamo il pelo parlando di un golpe militare “democratico” a cui stiamo abboccando, e poi sventoliamo la bandiera di re Idriss come fosse rossa…bha. In Egitto c’è un processo in corso, così come nella vicina Tunisia estramemente diverso da quello che sta accadendo in Libia.
Conosco poco la situazione libica, ancor meno le spaccature tribali all’interno delle tre province che ora palesemente stanno guerreggiando tra loro, oltre che contro il loro folle dittatore e le migliaia di truppe mercenarie assoldate per sparare sulla popolazione in rivolta.
Oggi il bombardamento aereo ha toccato Zawia, il numero dei morti è sconosciuto ma ovviamente altissimo. Le strade, tutte le strade, per Tripoli strabordano di posti di blocco di truppe mercenarie, che sembra la Somalia…
Dobbiamo sostenere queste rivolte, sostenerle ma anche capirle.
Scindere quel che è accaduto in Tunisia ed Egitto da quel che sta accadendo nel territorio libico. Senza mettere per forza etichette, che dal nostro occidente ignaro delle dinamiche di quella terra, sarebbero sicuramente errate. Però vi prego, cerchiamo di non appropriarci di quella bandiera….bruciamola insieme alle altre che stiamo bruciando in questi giorni.
Giorni di rivolta e di popoli che alzano la testa, giorni inaspettati fino a poco fa.
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Grecia, 10°sciopero generale. “Facciamo come a piazza Tahrir!”
Trasformare Syntagma in Piazza Tahrir…avendo camminato e vissuto momenti indimenticabili in entrambe quelle piazze, non posso non sentire un brivido incredibile attraversarmi. Più di due anni fa durante gli scontri di Atene era difficile immaginare un Mediterraneo in questa situazione; tornata ora da una settimana per le strade che hanno vissuto le “giornate della rabbia” di piazza Tahrir mi sembra un po’ più possibile di prima. Che qualcosa si possa veramente muovere: che ci sia il desiderio esplosivo di migliaia e migliaia di persone, soprattutto giovani e giovanissimi, che hanno voglia di dire la propria in questo mondo di merda, voglia di scegliere, di autodeterminarsi, di essere parte attiva della propria vita e di quella della storia che abbiamo tra le mani.
Oggi le strade della Grecia hanno vissuto il decimo sciopero generale dall’inizio della crisi economica, pochi mesi fa: si è fermato il traffico aereo, i trasporti urbani, marittimi e ferroviari, uffici pubblici, scuole, ospedali, negozi, banche. Il paese è fermo, a braccia conserte, ancora una volta e con la proposta di alcune componenti della sinistra greca parlamentare e non di non lasciare Syntagma, la piazza di fronte al parlamento greco, fino alle dimissioni di Papandreou, come in Egitto!
La manifestazione ad Atene è stata da subito imponente; una delle più grandi tra le tantissime di questi mesi e sicuramente una delle più variegate per sigle e livello di rabbia.
La testa ha raggiunto Syntagma quando la coda del corteo doveva ancora iniziare ad incolonnarsi. Subito dopo l’arrivo nella piazza simbolo della protesta, la polizia e i reparti speciali hanno fatto largo uso di gas lacrimogeni per disperdere la piazza dove erano confluiti il corteo indetto dai sindacati e massicci gruppi e componenti del movimento studentesco ed anarchico. Si contano una quarantina di arresti fino a questo momento e un ragazzo rimasto colpito seriamente da un lacrimogeni, trasferito con urgenza in ospedale. Le cariche a Alexandras Avenue si avvalgono di numerosi gruppi di poliziotti in motocicletta, come spesso abbiamo visto ad Atene.
Anche a Salonicco migliaia di persone sono scese in piazza già da mezzogiorno riempiendo le strade e trovandosi quasi subito ad affrontare gli attacchi della polizia che ha tentato più volte di spezzare il corteo con granate assordanti e molti lacrimogeni. Dopo un pesante numero di arresti, il commissariato di polizia di Ano Polis è stato attaccato con bottiglie moltov, mentre gli scontri proseguono sulla strada principale.
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Resisti Libia!
Con la testa ancora per le strade del Cairo, da dove sono rientrata da poco, riesco ad avere poco tempo e ancor meno lucidità per seguire attivamente la vicenda libica, i bombardamenti aerei sulle piazze dei manifestanti, la scia infinita di sangue che sta scorrendo per le strade di quel paese a noi tutti troppo sconosciuto.
Già quasi 600 morti, almeno per quel che arriva alle nostre orecchie, con mercenari dei paesi africani che sparano con armi a calibro pesante sui manifestanti (molte delle vittime registrate sono donne). Comunque, secondo l’International federation for human rights (Ifhr), una ong con sede a Parigi, sono circa una decina le città in mano agli insorti. Oltre a Bengasi, dice Ifhr, i ribelli hanno preso il controllo di Sirte e Torbruk oltre che di Misrata, Khoms, Tarhounah, Zenten, Al Zawiya e Zouara.
Resistete!!!
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Un po’ di foto…
Con la mia solita lentezza, inizio a pubblicare un po’ di foto dell’Egitto e dei miei 5 giorni con il popolo di Piazza Tahrir e del nuovo Egitto che sta nascendo in questi giorni.
Nel frattempo è tutto il resto del mondo arabo che sta scoppiando, i paesi che non bruciano son pochi e non so quanto reggeranno.
Con il cuore tra voi, da Tahrir alla Libia e tutto il suo sangue, dai massacri in Bahrein agli scioperi ad oltranza in Yemen …
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Il mio Egitto tra le strade…primi racconti
Difficile stare al passo con i tempi in questi giorni, soprattutto quando si prova a capire quel che accade, con i propri occhi, in un paese e nel frattempo anche tutti quelli intorno vengono giù, come tasselli di domino con la base incrinata.
Sono tornata dall’Egitto solo ieri sera e in questa settimana di aria di rivoluzione non ho mai avuto modo di aggiornare queste pagine, di riportare le conversazioni fatte, le sensazioni provate, le rivendicazioni ascoltate: poco tempo per elaborare quel bombardamento di colori e parole che ho condiviso con loro.
Inizio oggi a raccontarvi un po’, a mostrarvi un po’ di quelle immagini….
Il nostro arrivo è stato nel pieno della preparazione del giorno della gioia e della continuazione, che venerdi ha portato, solo in Midan Tahrir al Cairo, circa tre milioni di persone.
Era un appuntamento importante ed è andato al di sopra di tutte le aspettative: inizialmente chiamata come la manifestazione in ricordo dei martiri delle giornate della rivoluzione, poi la piattaforma è mutata rapidamente.
Non una manifestazione CONTRO l’esercito, che non è proprio il caso di definirla così, sarebbe errato e controveritiero, ma sicuramente un messaggio chiaro lanciato contro la giunta militare e le sue teste.
Tutto il potere al popolo urlavano, anche abbracciando i soldati sopra i tank che sorvegliano la città da giorni e bonariamente…
un messaggio chiaro che l’esercito deve aver recepito.
Non si torna indietro…l’esercito deve garantire la transizione, deve garantire l’arrivo alle elezioni, deve garantire ORA che le organizzazioni che stanno nascendo abbiano tempi e luoghi per costruirsi e crescere, ma deve stare al posto suo.
Il potere totale che ha ora deve rapidamente passare nelle mani del “popolo della rivoluzione”. Punto.
Su questo nessuno in quella piazza sembrava transigere , malgrado il rispetto e l’amore che sembrano tutti avere per i soldati.
C’è un rispetto infinito per quei soldati soprattutto per il comportamento che hanno avuto nei giorni della rivoluzione: tanti sono stati gli ordini non eseguiti, nulla è stato mai fatto per fermare il popolo di Tahrir, anzi.
Quel popolo ha visto i soldati non credere ai loro occhi e lanciare la propria divisa per buttarsi tra la gente (ai loro colleghi è “toccato” arrestarli per qualche ora poi)…quel popolo ha visto i capi dell’esercito chiedere di sparare sulla piazza per far tornare tutti a casa e ha visto i soldati puntare i fucili dalla parte opposta, verso la Baltagheyya a cavallo che voleva bloccare il processo rivoluzionario.
Quell’esercito è amato perchè è stato palesemente dalla loro parte in quelle giornate, ed anche se questo non può bastare, è stato importante in quei giorni e non possono dimenticarlo: non più un poliziotto, quello era l’obiettivo di tutti.
Quello si è ottenuto…e l’esercito non ha mosso un dito per fermare questo moto inarrestabile contro quelle divise.
L’infinito potere della polizia è cessato…non più divise blu per quelle strade, non più minacce, non più mazzette, non più violenza gratuita su tutti e tutte, sempre.
Il primo passo di questo processo di liberazione è stato spazzarli via, bruciare ogni caserma, ogni camionetta, ogni galera; nella capitale come nei piccoli centri…piazza pulita, piazza libera, piazza liberata.
Il secondo quello di stare tutti uniti, di fare per la prima volta del popolo egiziano un popolo solo, senza divisioni…e per ora la vittoria su questo fronte è schiacciante e meravigliosa.
Fratelli Musulmani, copti, comunisti … il popolo egiziano ora è uno. Variegato e felice…speriamo sappia sfruttare questo momento…
(a tra un po’, che ce ne abbiamo di cose da raccontarci…!)
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Passeggiando per una strana rivoluzione
Veramente complicato aggiornare queste pagine da qui.
Siamo al-Cairo, una citta’ in pieno giubilo, una citta’ che vive per la strada da settimane e che sembra abbia vinto i mondiali, piu’ che una rivoluzione.
Tutti a vendere bandiere dell’Egitto, cordoncini da legare in fronte con scritto ‘Io amo l’Egitto’ o ‘L’Egitto e’ al di sopra di tutto’…
i giovani, soprattutto, sono ora impegnati strenuamente nel ripulire la zona della citta’ che si e’ vissuta le lunghe giornate di Piazza Tahrir.
Secchi di vernice bianchi e neri rivestono i marciapiedi di nuova luce, le ringhiere degli spartitraffico ora puzzano e appiccicano di fresca vernice verde, le scope vengono quasi litigate dai bimbi, che spostano la polvere da un punto all’altro.
Una situazione un po’ surreale: forse sono io un po’ antica, ma avevo un altro concetto di rivoluzione, estremamente diverso.
Ma tant’e’…questo e’ quello che abbiamo davanti agli occhi in queste ore..la gente dei ‘giorni della collera’ sembra voler solo festeggiare e occupare le strade, le donne urlano slogan da sotto i loro veli coloratissimi, i bimbi si disegnano la bandiera sul volto e chiedono senza timidezza di salire sui tank, che sorvegliano quasi ogni strada.
Oggi poi, giornata di festa: e’ il compleanno di Maometto e la citta’ si sta preparando ai festeggiamenti di Said Zeinab, questa sera.
Domani proviamo a lasciare la citta’…o per il Delta e Alessandria, o per Suez, idea piu’ allentante. Il livello edllo scontro in quella citta’ e’ stato radicale: gli attacchi alla polizia e ai commisariati inarrestabili finche’ l’ultima fiammata s’e’ portata via tutto…
poi ci sono i lavoratori, a tonnellate e vorrei poter capire cosa accade da quelle parti.
Nel frattempo l’ex rais, Hosni Mubarak, sembra sia in fin di vita e che rifiuti anche le cure…pare sia questione di momenti!
Il popolo d’Egitto aspetta, affidandosi completamente al suo esercito tanto amato (proprio cosi’), soddisfatti e orgogliosi di non aver piu’ un poliziotto per le stade.
”Barra, Qalas! Fuori, e’ finita. Ora siamo liberi, puoi fotografare quello che vuoi, e’ finita”
Penso che per parlare di ‘rivoluzione’ ce ne voglia ancora…ma almeno, si stanno riappropriano giorno dopo giorno della possibilita’ di parlare, muoversi e ridere senza dover rendere conto.
Che gioia vedere questa loro gioia.
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Un concerto d’addio
Prologo
A voi tutte,
che piacete o siete piaciute,
che conservate icone nell’antro dell’anima,
come coppa di vino in un brindisi,
levo il cranio ricolmo di canti.
Sempre più spesso mi chiedo
se non sia meglio metter il punto
d’un proiettile alla mia sorte.
Oggi darò,
in ogni caso,
un concerto d’addio.
Memoria!
Raduna nella sala del cervello
le schiere inesauribili delle amate.
Da un occhio all’altro effondi il sorriso. D’antiche nozze travesti la notte.
Di corpo in corpo effondete la gioia.
Che nessuno dimentichi una simile notte.
Oggi io suonerò il flauto
sulla mia colonna vertebrale.
I
Miglia di strade i miei passi calpestano.
Dove andrò a nascondere il mio inferno?
Da quale Hoffmann celeste
sei stata concepita, maledetta?
Sono anguste le strade per una tempesta di gioia.
Gente adorna la festa senza posa attingeva.
Penso.
I pensieri, grumi di sangue,
infermi e rappresi strisciano via dal cranio.
Io,
taumaturgo di ogni tripudio,
non ho con chi andare alla festa.
Cadrò di schianto, supino,
sfracellandomi il capo dulle pietre del Nevskij!
Ho bestemmiato.
Ho urlato che Dio non esiste,
e lui ha tratto dal fondo dell’inferno
una donna che farebbe tremare una montagna
e mi ha comandato:
amala!
Dio è soddisfatto.
Nell’erta sotto il cielo
un uomo tormentato s’è inselvatichito e spanto.
Dio si stropiccia le mani.
Dio pensa:
aspetta, Vladimir!
L’ha escogitato lui, lui,
per non farmi scoprire il tuo mistero,
di darti un marito vero
e di porre sul pianoforte note umane.
Se furtivo m’accostassi alla soglia della tua alcova, per far la croce sulla nostra coperte,
lo so,
si sentirebbe puzzo di lana bruciata
e fumo sulfureo si leverebbe dalla carne del diavolo.
Ma invece fino all’alba
l’orrore che tu fossi condotta ad amare
m’ha sconvolto,
e le mie grida
ho sfaccettato in versi,
gioielliere già in preda alla follia.
Giocare a carte!
Sciaquare
nel vino la rauca gola del cuore!
Non ho bisogno di te!
Non voglio!
Non importa,
lo so
che creperò fra breve.
Se è vero che esisti,
o Dio,
o mio Dio,
se hai intessuto il tappeto di stelle,
se questo tormento,
moltiplicato ogni giorno,
è, Signore, una prova mandata giù da te,
indossa la toga del giudice.
Aspetta la mia visita.
Sono puntuale,
non tarderò d’un giorno.
Ascolta,
altissimo inquisitore!
Serrerò la bocca.
Non udiranno un grido
dalle labbra morse.
Legami alle comete, come alle code dei cavalli,
trascinami,
squarciandomi sulle punte delle stelle.
Oppure,
quando l’anima mia sloggerà
per venire al tuo tribunale,
accigliandoti ottusamente,
come una forca
distendi la Via Lattea,
e subito impiccami come un criminale.
Fa quello che ti pare.
Squartami, se vuoi.
Io stesso, giusto, ti laverò le mani.
Però,
ascolta!
Portati via la maledetta,
che m’hai comandato d’amare!
Miglia di strade i miei passi calpestano.
Dove andrò a nascondere il mio inferno?
Da quale Hoffmann celeste
sei stata concepita, maledetta?
II
Il cielo
fumoso, immemore d’azzurro,
e le nubi a brandelli come profughi
rischiarerò nell’alba del mio ultimo amore,
vivido come l’incarnato d’un tisico.
La mia gioia ricoprirà il ruggito
dell’ammasso, dimentico
del tepore domestico.
Uscite dalle trincee.
Combatterete dopo.
Anche se dura la battaglia,
ubriaca di sangue e vacillante come Bacco,
le parole d’amore non sono vane.
Cari tedeschi!
Io so
che avete sul labbro
la Margherita di Goethe.
Muore il francese
sulla baionetta sorridendo,
con un sorriso si schianta l’aviatore ferito,
se ricorda
il bacio della tua bocca,
Traviata.
Ma a me che importa
della rosea polpa,
che i secoli masticheranno?
Oggi stendetevi ad altri piedi!
Canto te,
imbellettata,
fulva.
Forse di questi giorni,
orrendi come aguzze baionette,
quando i secoli avranno canuta la barba,
resteremo soltanto
tu
ed io,
che t’inseguirò di città in città.
Sarai mandata di là dal mare,
ti celerai nel covo della notte:
ti bacerò attraverso la nebbia di Londra
con le labbra di fuoco dei lampioni.
In lente carovane percorrerai i torridi deserti,
dove stanno leoni in agguato:
per te
sotto la polvere, strappata dal vento,
sarà un Sahara la mia guancia ardente.
Con un sorriso sulle labbra guardami,
vedrai
che torero io sono!
E d’improvviso
getterò sul tuo palco la mia gelosia
come l’occhio morente del toro.
Se portando il tuo passo distratto sul ponte
penserai
che ti sta bene laggiù,
sarò io
sotto il ponte la corrente della Senna,
e ti chiamerò,
digrignando i putridi denti.
Con un altro incendierai nel fuoco dei cavalli
Strelka o Sokolniki.
Io starò in alto a farti soffrire
con un’ignuda luna in attesa.
Sono forte,
avranno bisogno di me
e mi ordineranno:
muori in battaglia!
Il tuo nome
sarà l’ultimo,
rappreso sul mio labbro lacerato dal proiettile.
Finirò sul trono?
O a Sant’Elena?
Dominati i flutti tempestosi della vita,
sarò ugualmente candidato
al regno dell’universo
e al lavoro forzato.
Se è mio destido d’essere re,
il tuo viso
ordinerò di coniare al mio popolo
nell’oro vivo delle mie monete!
O laggiù,
dove si scolora il mondo nella tundra,
dove traffica il fiume col vento del nord,
sul ferro graffierò il tuo nome, Lilia,
e le catene bacerò nel buio della galera.
Ascoltate, immemori dell’azzurro del cielo,
irsuti,
come bestie feroci.
Al mondo, forse,
questo ultimo amore
è un’alba vivida come incarnato di un tisico
III
Scorderò l’anno, la data, il giorno.
Mi chiuderò solo con un foglio di carta.
Avverati, magia sovrumana,
delle parole illuminate di pianto!
Oggi, appena entrato nella tua casa,
mi sono sentito
a disagio.
Tu celavi qualcosa nell’abito di seta
e s’effondeva nell’aria un profumo d’incenso.
Sei felice?
Hai risposto un freddo:
“Molto “.
L’inquietudine ha rotto l’argine della ragione.
Accumolo disperazione, nel delirio della febbre.
Ascolta,
tanto non ci riesci
a celare il cadavere.
Scagliami in viso la parola terribile.
Ogni tuo muscolo urla
lo stesso,
come in un megafono:
è morto, è morto, è morto.
No,
rispondi.
Non mentire!
(Come farò a tornare indietro così?)
Come due tombe
ti si scavano gli occhi nel viso.
Le due fosse si inabissano.
Non se ne vede il fondo.
Mi sembra
di crollare dal palco dei giorni.
Come una fune, ho teso l’anima sul precipizio
e vi ho fatto l’equilibrista, giocoliere di parole.
Lo so,
ormai l’ha consunto l’amore.
Da tanti segni indovino la noia.
Fammi tornare giovane nell’anima.
La gioia del corpo fà di nuovo conoscere al cuore.
Lo so,
per una donna sempre si paga.
Non fa niente,
se intanto,
non ti vestirò con l’elegante abito di Parigi
ma soltanto col fumo della sigaretta.
Il mio amore,
come un apostolo d’età remote,
diffonderò oer mille e mille strade.
Da secoli è pronta per te una corona,
ove sono incastonate le mie parole:
arcobaleno di spasimi.
Come fecero vincere Pirro
gli elefanti con passi di due quintali,
così io ho sconvolto il tuo cervello col passo del genio.
Invano.
Non potrò piegarti
Gioisci,
gioisci
d’avermi finito!
Ora è tale l’angoscia che desidero
soltanto fuggire al canale
e il capo cacciare nell’acqua digrignante.
Mi hai offerto le labbra.
Con quanta indifferenza.
Le ho sfiorate e m’hanno ghiacciato.
M’è parso di baciare in penitenza
un monastero intagliato nella fredda pietra.
Hanno sbattuto
la porta.
È entrato lui,
rorido della gaiezza delle strade.
Io
con un gemito mi sono spezzato in due.
Gli ho gridato:
” Va bene!
Me ne andrò!
Va bene!
Rimarrà tua.
Ricoprila di stracci,
le sete appesantiscono le sue timide ali.
Bada che non s’involi.
Appendile al collo
come una pietra collane di perle!”.
Oh, questa
che notte!
Ho spremuto a non finire la mia disperazione.
Al mio pianto e al mio riso
il muso della stanza d’è torto in una smorfia d’orrore.
E come una visione sorse a te il suo sembiante,
sul suo tappeto effondevi l’aurora dei tuoi occhi,
quasi in sogno evocasse un nuovo Bjalik
un’abbagliante regina dell’ebraica Sion.
Nel tormento ho piegato i ginocchi
dinanzi a colei che non è più mia.
A mio paragone
re Alberto,
arresosi con tutte le sue fortezze,
è un festeggiato ricolmo di regali.
Indoratevi al sole, fiori ed erbe!
Dilagate in primavera, vita di tutti gli elementi!
Io un solo veleno desiderio:
bere e bere sempre versi.
Tu che hai saccheggiato il mio cuore,
privandolo di tutto,
e nel delirio m’hai lacerato l’anima,
accogli, cara, il mio dono,
forse più nulla io potrò inventare.
Onorate a festa la data di oggi.
Avverati,
magia simile alla passione di Cristo.
Vedete,
sulla carta sono trafitto con chiodi di parole.
— Vladimir Majakovskij —
IL FLAUTO DI VERTEBRE
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I funerali di Franca Salerno
Il mio corpo non aveva mai sostenuto quello di un corpo morto.
Le mie spalle non avevano mai sorretto una bara prima di ieri pomeriggio… e ringrazio tutte di avermi coinvolto inaspettatamente.
Portare Franca sulla mia spalla è stata una grande emozione,
il suo peso sulle mie spalle è stato piacevole, il suo peso e quello della sua storia in questo modo sono entrate ancora di più nel mio corpo. Noi donne, a portare il tuo corpo.
Siamo donne Franca mia, e la rivoluzione -quando decidiamo di farla, che ci sia o no- passa sempre su di noi, ci lacera la carne, ci entra dentro
Tu lo sai bene, sorella e compagna, madre e combattente: lo sai bene perchè la tua strada non ha avuto mai pace, mai una passeggiata che non fosse una faticosa salita.
Perchè il tuo corpo ha sempre pagato, perché hai messo al mondo una meraviglia che c’ha lasciato troppo troppo presto, perché da quando eri poco più di una bimbetta hanno cercato di spezzare il tuo volo e alla fine, comunque, non ci sono mai riusciti del tutto.
Portava i tuoi occhi quel dolce Antonio che tutti noi abbiamo amato, portava i tuoi occhi, occhi liberi!
Ed ora tu libera lo sei sul serio…ora non ci sarà cemento né sbarre a fermare il tuo cammino e il tuo sguardo. E’ finito il dolore, ora sei libera come quel sorriso che c’hai donato-
Ora sei evasa sul serio da quella galera, come già aveva fatto il tuo corpo combattente e troppo libero per sottostare alla follia e alla tortura del carcere, del carcere speciale, dell’isolamento.
Non so come trovare le parole per salutarti, voglio solo dirti che la tua storia è la mia storia.
Che per me sei TUTTA da ricordare: la Franca della sua adolescenza in fuga, della sua militanza, della scelta delle armi, del carcere, delle evasioni, dei pestaggi sul pancione, dei primi anni di tuo figlio in isolamento con te in un carcere speciale sardo, della sua morte poi dopo che finalmente eravate tornati insieme, e poi la tua malattia e il modo in cui l’hai combattuta.
Ciao Franca, grazie
LINK:
Una vecchia intervista con Franca Salerno
Ciao Anto’
L’evasione di Franca Salerno e Maria Pia Vianale
Ciao Franca, cuore nostro
La copertina con la stella
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L’Egitto e “i parenti di Dio”
CLICCA QUI per un po’ di racconti dalla rivoluzione egiziana!
Non solo non ho modo di aggiornare queste mie pagine, ma nemmeno di seguire come voglio la rivolta egiziana e un po’ tutto quello che in quella larga sponda di mediterraneo sta accadendo da giorni e in queste ultimissime ore.
Niente connessione, vivo e forse vivrò ancora una manciata di ore, in un batuffolo di ovatta che mi fa venire ancora più voglia di andare a guardare con i miei occhi, di salpare e attraccare sull’altra riva dello stesso identico mare.
Sentire le urla di quelle piazze, sentire il fischio di quegli spari che assomiglia a tutti gli altri, lui si.
non posso far altro che starci col cuore… e queste righe sono di quanto più bello mi è venuto in mente ora, per l’Egitto e le sue barricate. Per quel desiderio di libertà che sa montare sui carri armati.
Una volta il governatore della città veniva
solo per chiamare la gente alla moschea
il venerdì
e nella sua eccelsa omelia affermava
di appartenere ai prediletti di Dio
ai fedeli di Dio
agli amici di Dio.
Una volta il governatore
di questa città conquistata,
piegata,
triste
veniva solo per dichiarare di essere il rappresentante personale,
il portavoce di Dio.
Mi è forse consentito
chiedere all’Altissimo
se ha concesso loro un’esclusiva
sigillata e firmata
affinché siedano sul collo del nostro popolo
sino all’eternità?
Se ha ordinato a costoro
di distruggere il nostro paese
e di annientarci come grilli
per decreto divino
e di malmenarci
per decreto divino?
Se tu chiedessi a uno di questi governanti
chi gli ha concesso di occuparsi nella vita terrena delle nostre questioni
ti risponderebbe che sei un ignorante
se non sai che lui
é imparentato con Dio.
Voglio gridare:
Oh Dio! Sei tu che hai nominato il ministro del Tesoro?
Allora… perché è scoppiata la povertà?
Perché si è perduta la pazienza?
Perché sono peggiorate le cose?
Il nostro piatto principale è la spazzatura.
Gli uccelli nel nostro paese non trovano più avanzi da mangiare.
Forse l’aumento del prezzo del pane é una questione che riguarda Dio?
E pure l’aumento del ful? Dell’hummus?
Dei sottaceti, del crescione , é una faccenda che riguarda Dio?
Forse l’incremento delle morti e dei sudari è cosa che riguarda Dio?
Allora perché i potenti mangiano caviale mentre noi mangiamo le scarpe?
Allora perché i burocrati bevono whisky mentre noi beviamo fango?
Perché il povero nel nostro paese non distingue la pagnotta di pane dalla mezzaluna?
E perché nel ventre delle madri i figli si suicidano?
Vorrei chiedere all’Altissimo
Se ha loro insegnato
a trasformare la nostra pelle in tamburo,
a lavarci il cervello,
a insultare le nostre donne,
a montarci come asini e cavalli.
Desidero chiedere all’Altissimo
Se ha ordinato loro di spezzarci le ossa,
di spezzare le nostre penne,
di uccidere il soggetto e l’oggetto,
di impedire ai fiori di sbocciare nei prati.
Desidero chiedere a Dio
se ha dato loro
un assegno in bianco
per comprare Versailles e il Regno Unito,
Babilonia e i giardini pensili,
e per comprare la stampa mercenaria.
Se ha dato loro un assegno in bianco
Affinché comprassero la corona britannica e i palazzi,
e le donne in gabbia come uccelli
e la verde luna nel cielo di Nishapur.
Infine voglio chiedere
a Dio
Se è diventato loro parente
per davvero.
Se tra gli uccisori del suo popolo
vi sono parenti di Dio.
NIZAR QABBANI
_IL FIAMMIFERO è IN MANO MIA E LE VOSTRE PICCOLE NAZIONI SONO DI CARTA_
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Mario Libero, Tutti/e Liber@: Presidio a piazzale Clodio
Il 23 dicembre 2010 si è tenuta la prima udienza del processo a Mario e gli altri e le altre compagne arrestati\e durante la rivolta precaria e studentesca di Piazza del Popolo dello scorso 14 dicembre 2010. Il processo è stato rinviato al 24 gennaio per dare la possibilità alla difesa di acquisire ulteriori prove testimoniali , videoregistrazioni e fotografie; al contempo i giudici hanno respinto la libertà provvisoria a Mario, motivando capziosamente la permanenza in Italia – indicando in particolare la giornata di lotta a Palermo e Milano – di un “ clima di tensione sociale”, onde per cui Mario rimane agli arresti intanto fino al 24 gennaio.
I giudici per fortuna hanno però deciso di respingere l’assurda richiesta avanzata da ALEMAGNO per la costituzione di parte civile del Comune di Roma , in quanto a Mario non è addossata nessuna “lesione dell’arredo urbano”.
Ai numerosi compagni/e presenti – studenti, lavoratori, amici degli imputati – l’atteggiamento dei giudici non è apparso né sereno, né
imparziale , costoro sono sembrati partecipi e schierati con il clima fazioso e colpevolista voluto dal governo da subito e all’indomani del 14
dicembre. All’oggi – dopo una settimana di prove documentali e testimoniali ripetutamente apparse in TV , sui quotidiani e periodici – è ormai noto alla cittadinanza che gli arrestati sono stati rastrellati a caso, con il titolo abusivo e generico del reato di “ resistenza in concorso”.
Per il resto , è fallito anche il tentativo di dividere i manifestanti in “ buoni e cattivi” sia per la compattezza del movimento , sia per la
consapevolezza di larga parte della società di riconoscere alla protesta e alla condizione diffusa della precarietà motivazioni valide e concrete, che vanno ascoltate e avviate a soluzione, piuttosto che ignorate e/o represse.
L’accanimento giudiziario non ha ragion d’essere, men che mai l’assunzione sussidiata della politica: il trasformarsi in arbitri del conflitto non compete alla magistratura , tantomeno far pendere l’ago della bilancia dalla parte dei forcaioli, trasformando in capri espiatori gli arrestati del movimento solo per soddisfare i propositi di vendetta di una classe politica inadempiente e corrotte.
Tenere ulteriormente agli arresti domiciliari Mario è un abuso, una iniqua punizione, una pena affligente ancor prima della sentenza: è l’ennesima l’amara constazione di quanto dispotismo alberghi ancora nelle istituzioni, soprattutto tra coloro che dimentichi del dettato
costituzionale e della dichiarazione dei diritti dell’uomo, abusano del codice penale per perseguitare il conflitto e i suoi protagonisti.
Vogliamo Mario libero ! Vogliamo che il Movimento tutto si schieri a sua difesa e non solo le poche decine di compagne e compagni presenti ai precedenti presidi svolti a piazzale Clodio.
Mario è uno di noi, lo rivendichiamo come un nostro compagno e non può e non deve pagare per tutte e tutti: a Piazza del Popolo eravamo in decine di migliaia a difenderci dalla violenza delle Forze del Disordine !
PER L’AUTORGANIZZAZIONE SOCIALE
PER L’AUTOGESTIONE DELLE LOTTE
LUNEDI 24 GENNAIO ORE 9.30
PRESIDIO A PIAZZALE CLODIO
CSOA “MACCHIA ROSSA” MAGLIANA
A questo LINK una corrispondenza di questa mattina dai microfoni di Radio Onda Rossa
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Mario Miliucci rimane agli arresti: processo rinviato al 24 gennaio
Mario Miliucci rimane agli arresti, il processo è rinviato al 24 gennaio
Nel primo pomeriggio di oggi si è conclusa l’udienza per 13 dei 43 compagni/e rastrellati il 14 dicembre , tutte/i erano a piede libero tranne Mario Miliucci agli arresti domiciliari.
Il processo è stato rinviato al 24 gennaio per dare la possibilità alla difesa di acquisire ulteriori prove testimoniali , videoregistrazioni e fotografie; al contempo i giudici hanno respinto la libertà provvisoria a Mario , motivando capziosamente la permanenza in Italia – indicando in particolare la giornata di ieri a Palermo e Milano – di un “ clima di tensione sociale”, onde per cui Mario rimane agli arresti intanto fino al 24 gennaio.
I giudici hanno anche deciso di respingere la “costituzione di parte civile “ del Comune di Roma , in quanto a Mario non è addossata alcuna “ lesione dell’arredo urbano”.
Ai numerosi compagni/e presenti – studenti, lavoratori, amici degli imputati – ( un folto presidio stazionava all’ingresso del Tribunale)l’atteggiamento dei giudici non è apparso ne sereno, ne imparziale , costoro sono sembrati partecipi e schierati con il clima fazioso e colpevolista voluto dal governo da subito e all’indomani del 14 dicembre.
All’oggi – dopo una settimana di prove documentali e testimoniali ripetutamente apparse in TV , sui quotidiani e periodici – è ormai noto alla cittadinanza che gli arrestati sono stati rastrellati a caso , con il titolo abusivo e generico del reato di “ resistenza in concorso”.
Per il resto , è fallito anche il tentativo di dividere i manifestanti in “ buoni e cattivi” sia per la compattezza del movimento , sia per la consapevolezza di larga parte della società di riconoscere alla protesta e alla condizione diffusa della precarietà motivazioni valide e concrete, che vanno ascoltate e avviate a soluzione, piuttosto che ignorate e/o represse.
L’accanimento giudiziario non ha ragion d’essere, men che mai l’assunzione sussidiata della politica : il trasformarsi in arbitri del conflitto non compete alla magistratura , tantomeno far pendere l’ago della bilancia dalla parte dei forcaioli, trasformando in capri espiatori gli arrestati del movimento solo per soddisfare i propositi di vendetta di una classe politica inadempiente e corrotte.
Tenere ulteriormente agli arresti Mario è un abuso, una iniqua punizione, una pena affligente ancor prima della sentenza : è l’amara con stazione di quanto dispotismo alberghi ancora nelle istituzioni, sopratutto tra coloro che dimentichi del dettato costituzionale e della dichiarazione dei diritti dell’uomo, abusano del codice penale per perseguitare il conflitto e i suoi protagonisti
Ovunque,comunque , Tutti Liberi !
Vincenzo Miliucci,che ricambia con affetto le migliaia di comunicazioni ricevute per Mario e che augura un buon 2011 , a voi tutte/i e alle presenti generazioni di compagne/i perché avviino il percorso comune per affrontare l’urgenza dell’alternativa di società.
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Comunicato di Vincenzo Miliucci, il “volscevico”!
Giù la maschera , fascisti in doppiopetto !
Negli anni ’70, nella pienezza dei movimenti di partecipazione democratica per la trasformazione egualitaria della società, i fascisti La Russa e Gasparri erano dalla parte della strategia della tensione che auspicava un regime autoritario a suon di bombe , stragi e complotti.
La mia generazione ha speso la propria gioventù per salvare l’Italia dal golpismo e stragismo : le contrade e le città italiane sono piene di lapidi che ricordano il sacrificio di centinaia di nostri coetanei , i “ nuovi partigiani”.
Così come ha combattuto nei luoghi di lavoro e nel paese per conquistare la dignità del lavoro e un parziale stato sociale , negato da potenti corporazioni e dal padronato.
E allo stesso tempo per scrollarci di dosso il soverchiante fardello di istituzioni,ordinamenti e uomini del ventennio fascista.
Nel mentre che i fascisti La Russa e Gasparri erano parte di quel MSI sedizioso e squadrista al servizio della borghesia e che tanti lutti ha procurato tra i lavoratori, gli studenti, gli antifascisti.
L’indulgenza togliattiana e democratica Costituzione hanno permesso a questi scherani di autoalimentarsi e di fare ulteriori malefatte, ma il disprezzante giudizio storico su di loro – sul loro focoso reiterare l’appartenenza fascista – è un sentimento comune degli italiani : è scritto nelle migliaia di epigrafi che ricordano l’olocausto partigiano e le vittime delle decine di stragi impunite.
Solo il troiaio berlusconiano – la perdita di senso e valori della democrazia costituzionale repubblicana – permette a costoro di occupare posti altezzosi e di sputare quotidiane-bavose-provocatorie sentenze.
La storia non è finita ! Non moriremo Berlusconiani !!
Non è detto che costoro non tornino nei luoghi di origine, le fogne !
I Gasparri,Alemanno,Storace, si portano ancora appresso l’incubo dei calci in culo presi ripetutamente negli anni ’70 dagli antifascisti autonomi di “ via dei Volsci”. Il Presidente della Corte Costituzionale dell’epoca, Giuseppe Branca , ebbe modo di ringraziare pubblicamente gli autonomi, per l’operazione di nettezza urbana esercitata a Roma nei confronti del rigurgito dei rifiuti fascisti.
Sono orgoglioso di mio figlio Mario : equilibrato,serio,responsabile, già uomo europeo e lungimirante, nonostante il fosco avvenire che si prospetta per la sua generazione.
Mario è stato educato alla tolleranza e la rispetto soprattutto dei più deboli, alla solidarietà e alla partecipazione sociale. Il 14/12 era a manifestare , consapevole di quali e quante sfide sono addossate alla “ generazione precaria “ .
E’ stato rastrellato a caso insieme ad altre decine di giovani, a cui è stato fatto assaggiare il sadismo di celle di sicurezza gelide e sudice,il cui unico giaciglio era il pavimento lercio, lasciati senza cibo. fatti oggetto di scherno , vessazioni psicologiche e minacce “ genovesi”, di ritornelli inneggianti il nazifascismo . Il ministro Maroni se non vuole diventare l’emulo di Kossiga, prima di scagliare gli strali contro il movimento , si guardi in casa propria ! Veda e sanzioni il comportamento illegale dei corpi di polizia. Bonifichi ed espella le numerose “ mele marce” , che a Napoli e Genova nel 2001 torturarono e ferirono nelle caserme e nelle piazze , che uccisero Aldrovandi e altri ancora, che ogni anno aggiornano la statistica dei danni procurati a migliaia di giovani,diversi e immigrati. Provveda innanzi tutto alla rieducazione e alla formazione costituzionale dei “ servitori dell’ordine” , che tuttora vedono nel manifestante , nel cittadino, un essere inferiore, su cui si può infierire,vituperare,produrre prove false , “ sicuri dell’impunità”. Su Mario Miliucci pende un disegno persecutorio,quello di utilizzarlo come capro espiatorio e monito nei confronti della rivolta della “ generazione precaria” alla spudoratezza della classe politica dominante.
In quanto manifestante è reo di “ resistenza alle nefandezze del governo” , un reato a cui si sentono accomunati almeno 40 milioni di italiani !
Mario porta un cognome specchiato, integerrimo e rispettato ( anche dagli avversari e financo dai funzionari di polizia) : luoghi comuni, banalità, meschinerie e falsità possono servire solo ad influenzare coscienze tiepide e magistrati asserviti.
Mario va liberato e prosciolto, la “ generazione precaria” è un bene prezioso per la democrazia e per garantire un avvenire a questo paese.
Il “ volscevico “ Vincenzo Miliucci
MARIO LIBERO!
TUTTI E TUTTE LIBERI!
APPUNTAMENTO GIOVEDI 23 A PIAZZALE CLODIO, PER IL PROCESSO A MARIO MILIUCCI
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LIBEROoOoOoOoO!
T’è cambiata la voce, come le donne in gravidanza! 😉
Non sai che dire eh? Balbetti quasi, con quella voce rotta dall’emozione, con un’orgia in capoccia che ti sta martellando,
che malgrado lo zuccotto in testa non t’ha fatto chiudere occhio una notte intera.
T’è cambiata la voce, tesoro mio e a me il cuore non smette di tremare dalla gioia,
da una felicità immensa che da madre mi ricorda quella di un parto. Un parto si, quando vedi il tuo cucciolo la prima volta negli occhi…
Oggi i tuoi occhi sono nuovi, quegli occhi belli e pieni di gioventù, quegli occhi che ti brillano come fossi un bambino.
Oggi nasci di nuovo, dopo più di trent’anni, alla faccia di tutte le mani che hanno girato chiavi per tenerti chiuso,
alla faccia di ogni blindato, di ogni spioncino, di ogni vascone di cemento.
Alla faccia delle cacate nel bugliolo, della casanza dell’infermeria a cui eri costretto, alla faccia di quel muro che ha bloccato la tua bella…
alla faccia di quel MAI che t’avevano cucito sulla pelle,
alla faccia del mondo intero, oggi ti auguro tutto il mondo, te lo impacchetterei tutto in una carta di seta e gelsomino,
di fiori di loto intrecciati, di coralli e radici di baobab.
Il mondo intero vorrei donarti, a te che me n’hai donato tanto,
a te che m’hai fatto rialzare, a te che m’hai dato un calore unico, a te che sei dentro di me in ogni mio gesto e lo sarai sempre.
A te, grande amore della mia vita, bello come il sole, bello bello bello come un carcere che brucia
e che oggi è bruciato sul serio. PER SEMPRE!
Il mondo intero vorrei donarti, non smetto di ripeterlo, tra le lacrime che mi scendono euforiche!
Con un amore che è troppo grande per non scoppiare e urlare a squarciagola!
Ti adoro uomo libero, ti adoro fratello e compagno mio,
Ti adoro infinitamente!
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L’alba tanto desiderata
Una grande emozione come sempre, la più bella città d’Italia…
una grande emozione avere il golfo sotto i piedi in un risveglio partenopeo che se l’avessi potuto disegnare non sarebbe stato così meraviglioso.
Poi del corteo ne parliamo più tardi, intanto godetevi ‘o Vesuvio di prima mattina!
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Una terra chiamata metafora, la terra degli arabi
Una poesia di Nizar Qabbani che da anni mi scalda il cuore.
Lui e il suo parlamento di gelsomini…mai altre parole hanno raffigurato così bene gli odori e i colori di quella terra assaggiata tempo fa.
Raffigurazione del tempo grigio
E’ dall’infanzia che cerco / di raffigurare il mio paese.
Ho disegnato case / ho disegnato tetti / ho disegnato volti.
E minareti dorati ho disegnato/ e strade deserte
dove sdraiarsi per lenire la stanchezza.
Ho disegnato una terra chiamata metafora,
la terra degli arabi.
E’ dall’infanzia che cerco di disegnare una terra
che mi tratti con gentilezza / se infrango il vetro della luna
e mi ringrazi se scrivo versi d’amore
e se inseguo l’amore mi lasci fare / come un uccello, sugli alberi.
Cerco di disegnare una terra
nella quale gli uomini ridano … e piangano come gli altri uomini.
Cerco di liberarmi dai miei modi di dire
e dalla maledizione del soggetto e del complemento oggetto,
di scrollarmi la polvere dalle spalle
di lavarmi il viso con acqua piovana.
Cerco con l’autorità della sabbia di abbandonare il campo …
Addio Quraish / Addio Kulayb / Addio Mudar .
Cerco di disegnare una terra
con un parlamento di gelsomini
con un popolo schiavo del gelsomino
le cui colombe si addormentino sul mio capo
i cui minareti piangano nei miei occhi.
Cerco di disegnare una terra
che sia amica della mia poesia
e non si intrometta tra me i miei pensieri
nella quale non marcino gli eserciti
sulla mia fronte.
Cerco di disegnare una terra
che mi ricompensi se brucio i miei abiti
e mi perdoni
se straripa il fiume della mia follia.
Cerco di disegnare una città dell’amore / priva di vincoli
dove le donne non vengano immolate / e il loro corpo addomesticato.
Ho viaggiato a sud / ho viaggiato a nord / ma inutilmente.
Il caffè di tutti i locali ha lo stesso aroma
tutte le donne quando si spogliano / hanno lo stesso profumo.
Tutti gli uomini della tribù non masticano il cibo
ma inghiottono le donne / in un solo boccone.
Ho cercato sin dall’inizio / di non somigliare ad alcuno.
Ho sempre respinto i discorsi in scatola
e rifiutato qualsiasi idolo.
Ho tentato di bruciare tutte le parole di cui mi sono rivestito:
a volte le poesie sono una tomba / e le lingue un sudario.
Ho disegnato l’emorragia dei bar / ho disegnato la tosse delle città
e ho preso appuntamento con l’ultima donna
e tuttavia … sono arrivato a tempo scaduto.
Cerco di disegnare una terra
dove il mio letto sia solido
e solida la mia testa
perché possa dalle navi avvistare la costa.
Ma loro … mi hanno requisito la scatola dei colori
e non mi permettono
di raffigurare il volto del mio paese.
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Passerotti uccisi: i cortili delle carceri speciali
Terra-cotta: che parola ancestrale.
Mi rilassa solo dirlo, come se con sé avesse un portato di colori ed odori sempre esistiti…
Terra-cotta: che sa di lavoro, sa di secoli d’esperienza, sa di mani che modellano.
UNA VECCHIA LETTERA DA BADU E CARROS [Sante Notarnicola]
“Poi, caro compagno, nei cortili
dopo gli idranti,
sono entrati i guardiani.
Avevano caschi, scudi
mazze e manganelli.
Ci siamo battuti,
a mani nude, noi.
E’ stata lunga la strada
dai cortili alle celle.
Qua e là: chiazze di sangue.
Nell’atrio
per le scale
e nelle celle: sangue.
La primavera è stupenda
da queste parti, lo sai.
E sai che a volte
i passeri più piccoli
cadono dal tetto
della prigione.
Uno era finito
nel nostro cortile.
Volava in modo
incerto, era buffo.
Io l’ho visto quando,
l’agente più giovane
del gruppo, lo colpì …
come fosse
una palla da baseball.
Finì appiccicato al muro.
Restò un attimo sospeso.
Poi cadde…
Ridevano tra loro
i guardiani: non
voleva rientrare …”
Compagno, la primavera
è stupenda da queste parti…”
PALMI, 16 dicembre 1984
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Campeggio antinucleare
Dal 24 al 28 Agosto 2010
2° Campeggio Antinucleare
Località Masseria Fattizze
sulla San Pancrazio-Porto Cesareo ,a 2 Km da Porto Cesareo ( Lecce )
Siamo ormai nel terzo anno di una crisi economica che a dispetto dei proclami del governo è ben lungi dall’essere alle nostre spalle. Anzi la crisi accelera, i grandi gruppi finanziari ed assicurativi, dopo essere stati salvati con i soldi dei contribuenti, impongono riavviando il perverso ciclo della speculazione finanziaria una manovra Europea coordinata dalla Germania tutta “lacrime e sangue” per i cittadini di ogni paese.
Il conto di oltre 20 anni di liberismo sfrenato, globalizzazione selvaggia, privatizzazioni di pezzi importanti di welfare state viene oggi fatto pagare ai lavoratori, ai precari ai disoccupati ai pensionati. Anche chi pensava come i dipendenti pubblici di essere al riparo dagli sconquassi di un turbocapitalismo tecnocratico globalizzato è oggi colpito e nell’angolo incapace di una reazione.
Il ritorno al nucleare in Italia è sicuramente parte importante di un progetto autoritario e reazionario scelto dal Governo Berlusconi per consentire ad aziende incapaci di progettare modelli di sviluppo differenti una scialuppa di salvataggio nel mare in tempesta della crisi mondiale.
Le grandi Multinazionali dell’Energia: Enel, Edf Edison, Eni, quelle dell’impiantistica da Areva a Finmeccanica, le lobby del cemento si apprestano al banchetto. Voglio i 30 miliardi di euro cifra minima prevista per le prime 4 centrali nucleari in Italia per continuare a fare ingenti profitti, devastando territori, annientando con politiche repressive qualunque forma di resistenza.
La crisi accelera dicevamo con la Fiat ,che al solito anticipa quanto accadrà in futuro, chiede la resa dei lavoratori a Pomigliano e non avendola ottenuta minaccia e licenzia delegati sindacali per rappresaglia, promettendo delocalizzazioni per chi non ci sta e nuovi contratti senza diritti per chi ci sta.
E’ il nuovo mondo, la modernità senza diritti ma solo con doveri. Da tali contraddizioni esplodono ovunque conflitti, gli operai di Pomigliano, il popolo dell’acqua pubblica con il milione e quattrocentomila firme, i precari della scuola, i comitati contro il carbone delle centrali Enel, la TAV ed il Ponte sullo Stretto, tante battaglie sociali ed ambientali, appuntamenti internazionali come Cancun, momenti di resistenza purtroppo oggi frammentate e divise. Con questo 2°campeggio – luogo di incontro ,dialogo,socialità – proviamo a fare un passo avanti nel riconnettere le vertenze cosi’ da sostanziare un comune percorso di resistenza e cambiamento.
Il ritorno al nucleare ,dentro il disegno governativo di sfruttamento intensivo di tutte le fonti energetiche comprese quelle rinnovabili, con l’ulteriore devastazione ambientale e i connessi cambiamenti climatici che induce, così come il ciclo integrato dei rifiuti e le dannose “grandi opere”, nella incalzante sottrazione dei beni comuni ,dell’occupazione,dei diritti individuali e collettivi, sono i temi all’ordine del giorno di questo 2° campeggio .5 giorni di tavoli seminariali e di pubbliche uscite antinucleari come la “Notte della della Taranta” il 28 Agosto, per contribuire a rendere vivace e coinvolgente l’agenda politica dell’autunno 2010.
Brindisi 29.07.10
Comitato promotore regionale pugliese “NO al Nucleare”
Coordinamento nazionale antinucleare Salute –Ambiente-Energia
Per informazioni:368 582406
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BELLE che riescono…e altre che attendono!
La fonte è sempre Macerie, eccellente sito dei compagni torinesi sui CIE. Eh si, le BELLE, le evasioni, ogni tanto riescono e la cosa riempie il mio cuore sempre di una gioia rara, il sangue di un calore e una velocità diverse. Ancora migranti in rivolta, migranti che fuggono, migranti che cercano di riappropriarsi della propria libertà e della propria vita.
Da oggi arrivano notizie dal CIE di Bari, dove durante una rivolta e un tentativo d’evasione in massa, sei persone sono riuscite a fuggire mentre gli altri si son scontrati con le forze dell’ordine: 18 arresti.
Ci riaggiorneremo su Bari tra un po’
«Una cinquantina di extracomunitari questa notte hanno tentato di fuggire dal Centro Identificazione ed Espulsione (il Cie) del “San Paolo”. Un tentativo di fuga che ha subito richiamato l’attenzione delle Forze dell’Ordine e dei Militari del Battaglione “San Marco”. Inevitabile lo scontro.
Secondo la prima ricostruzione dei fatti compiuta dalla Questura di Bari, i rivoltosi, dopo aver sfondato le porte d’ingresso di tre settori destinati a moduli alloggiativi, sono giunti all’esterno dell’area ricettiva impugnando spranghe di metallo divelte dalla recinzione esterna della struttura. Ne è nato uno scontro con alcune unità della Polizia di Stato, dell’Arma Carabinieri nonché Militari del BTG “San Marco”.
L’intervento degli uomini in servizio nella struttura, subito affiancato da altre unità di rinforzo di Polstato, Carabinieri e Guardia di Finanza fatte giungere tempestivamente, ha consentito di contenere il tentativo di fuga. Solo 6 ospiti magrebini sono riusciti ad allontanarsi scavalcando le cancellate poste a protezione della struttura.
Una trentina di extracomunitari, invece, hanno raggiunto il tetto della struttura, lanciando oggetti contundenti, pezzi di metallo e bottiglie piene di acqua, all’indirizzo delle Forze dell’Ordine.
Durante gli scontri undici militari del reggimento “San Marco” e due Carabinieri, hanno riportavato lesioni, con prognosi variabili tra 3 e 15 giorni. Inoltre, sono rimasti feriti, durante il tentativo di fuga e nello scavalcamento della recinzione alta circa 5 metri, 6 cittadini extracomunitari ospiti della struttura, uno dei quali con trauma cranico con riserva di prognosi ed altri 5 soggetti con lesioni variabili tra i 5 e 35 giorni.
A conclusione degli scontri 18 cittadini extracomunitari, trattenuti presso il C.I.E., sono stati arrestati con l’accusa di devastazione, saccheggio seguito da incendio, resistenza, violenza e lesioni a pubblici ufficiali.» da Barilive
(Non appena avremo qualche notizia di prima mano di questa grossa sommossa – alcune agenzie parlano pure di due auto della polizia andate distrutte -, dei feriti e degli arrestati, ve le gireremo. Intanto riascoltatevi l’intervista ad Ammar, che giusto la settimana passata ci raccontava della situazione che si vive dentro al Centro barese)
macerie @ Luglio 30, 2010
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Che il Cie di Gradisca fosse un colabrodo, lo si sapeva già da tempo. Ma questa volta si può dire che i reclusi gliel’hanno fatta veramente sotto il naso, alle guardie del Centro. Approfittando del fatto che, per punizione, erano stati chiusi a chiave nelle celle, e che la porta non veniva aperta neanche per portare il cibo, alcuni di loro si sono messi tranquillamente al lavoro per praticare un bel buco nel soffitto. Da lì, hanno provato a scappare in 20: purtroppo ci sono riusciti solo in 9, però…
…però mentre la polizia era fuori dal Cie a caccia di evasi, dopo alcune ore dalla prima evasione, altri 3 sono riusciti a scavalcare il muro e a far perdere le proprie tracce! Proprio sotto il naso delle guardie, appunto. Con gran divertimento di chi non è riuscito a scappare e che, evidentemente, sa che la prossima volta potrebbe essere quella buona.
Leggi l’articolo del MessaggeroVeneto di oggi, 29 luglio 2010.
«Sei immigrati clandestini sono riusciti a fuggire, in pieno giorno, dal Cie di via Udine. Un bilancio ancora ufficioso considerando che, a ieri sera, erano ancora in corso sia gli accertamenti interni sia le ricerche nella campagna limitrofa alla struttura da parte delle forze dell’ordine. A quanto si è potuto apprendere, l’ennesimo tentativo di fuga di massa dal centro di identificazione ed espulsione isontino sarebbe scattato nel primo pomeriggio, poco dopo le 15, coinvolgendo circa una ventina di immigrati, riusciti a raggiungere il tetto della struttura forzando alcune grate in ferro posizionate sul soffitto di una camera. Un’azione fulminea che, sfruttando il mancato ripristino dei sistemi elettronici di sorveglianza (telecamere e sensori di passaggio a infrarossi erano stati pesantemente danneggiati nel corso della rivolta della scorsa settimana), avrebbe consentito ai clandestini di cogliere inizialmente di sorpresa le forze dell’ordine impegnate nel servizio di vigilanza. Nel corso dell’azione sei immigrati sarebbero riusciti a scavalcare le recinzioni esterne e dileguarsi nei campi retrostanti al Cie mentre per altri ospiti della struttura di via Udine il sogno di libertà si è infranto proprio a un passo dalla meta, grazie all’intervento delle pattuglie di vigilanza, riuscite a bloccarli proprio mentre stavano scavalando il reticolato. Un’altra decina di clandestini, invece, avrebbe desistito facendo autonomamente ritorno nelle camerate.»
macerie @ Luglio 29, 2010
CORRISPONDENZA CON IL CIE DI BARI EFFETTUATA DA RADIO ONDA ROSSA: ASCOLTA
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Come una piccola rana che così dorme contenta…
Guarda, non chiedo molto,
solamente la tua mano, tenerla
come una piccola rana che così dorme contenta.
Io ho bisogno di questa porta che aprivi
perché vi entrassi, nel tuo mondo, questo pezzetto
di zucchero verde, di tonda allegria.
Non mi presti la mano questa notte
di fine anno, di civette rauche?
Tu, per ragioni tecniche, non puoi. Allora
io la tesso nell’aria, ordendo ogni dito,
e la pesca setosa della palma
e il dorso, questo paese d’alberi azzurri.
Così la prendo così la sostengo, come
se da ciò dipendesse
moltissimo del mondo,
il succedersi delle stagioni,
il canto dei galli, l’amore degli uomini.
____Julio Cortàzar_____
Difficile rimettersi telematicamente in carreggiata dopo due mesi tondi tondi priva di connessione.
Sprazzi di rete qua e là non mi hanno certo permesso di aggiornare il mio amato blog, che porta tanto di me ma soprattutto tanto del mondo:
è per questo motivo che inizio, ri-inizio, queste pagine con un po’ di letteratura (troppo vi vorrei mettere!).
Perchè sia piacevole e rilassante come far l’amore al risveglio,
perchè sia lento un po’ distratto il mio tornare al mondo.
Un po’ frastornata da vibrazioni felici che non mi abbandonano e che non lascerò volar via…
sono felice e le brutture del mondo in queste ore mi sembrano lontane, povera stupida illusa.
Tra poco ricominceremo, con guerre e resistenze, con repressione, detenzione, rivoluzione.
Per ora mi sento ancora tra quelle radici o in vetta alla nostra montagna… non riesco a permettere a nulla di disturbarmi…
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