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Un comunicato dal liceo Tasso: è questo il vostro antifascismo?
Sarò antipatica e impopolare, vi avverto.
Ma leggo questo comunicato di un liceo romano, dove ho passato anche un pezzetto della mia esperienza liceale e
rimango basita: ma come si fa a scrivere una cosa del genere? “Riteniamo inoltre inammissibile che si permetta il verificarsi di tutto ciò in un paese in cui esisterebbe come reato l’apologia del fascismo. Invitiamo tutti a riflettere sull’evidente mancanza di controllo, sempre più estesa.”
Il problema quindi è tutto LEGALITARIO: c’è una legge che vieta l’apologia del fascismo e la legge va rispettata.
E i tutori della legge devono CONTROLLARE che la legge venga rispettata.
Punto.
Io leggo solo questo in queste righe e non posso che rimaner basita, non posso che discostarmene con tutta la forza possibile.
Non mi pare una difesa della libertà, non mi pare una difesa degli ideali che hanno mosso la resistenza al nazi-fascismo, non mi pare certo un mezzo di comunicazione che di dice “I FASCISTI QUI NON PASSERANNO”.
Nulla.
E’ un invito a “riflettere sulla mancanza di controllo, sempre più estesa”.
Vi giuro, giovanissimi compagni, m’avete donato un brivido d’orrore.
Se mi son sbagliata, se ho capito male, sarei felice di venirne a conoscenza, mi passerebbe sto senso di pesantezza alla testa….
COMUNICATO DEL COLLETTIVO LICEO TASSO SULL’AGGRESSIONE FASCISTA AVVENUTA IL 29/10/2012 ALL’INTERNO DEI LOCALI SCOLASTICI
Oggi 29/10/2012 alle ore 14.15 un ragazzo esterno al Liceo Ginnasio Statale T. Tasso, tale G. O., si è intrufolato nei locali scolastici per aggredire e minacciare uno studente della scuola. Il ragazzo ha subito una forte manata in faccia ed è stato minacciato di morte insieme alla sua famiglia. Anche un altro studente è stato minacciato. G. O., noto squadrista vicino a Controtempo, da tempo si faceva vedere intorno al Liceo Tasso con fare provocatorio. Il motivo dell’aggressione è probabilmente da ricondurre al fermo e netto rifiuto da parte del Collettivo del Tasso ad aderire ad un’ignobile alleanza rosso-bruna e “nazi-comunista”. Sottolineiamo inoltre l’enorme gravità di un’aggressione avvenuta all’interno dell’istituto, ennesimo esempio di incursione fascista all’interno di una scuola pubblica, in questo caso aggravato ulteriormente dall’aggressione fisica.
Condanniamo ogni violenza di questo genere, violenza imposta sempre più frequentemente all’interno delle stesse scuole, come i recenti blitz al Giulio Cesare, Mameli, Galilei, Azzarita e Alberti dimostrano. Riteniamo inoltre inammissibile che si permetta il verificarsi di tutto ciò in un paese in cui esisterebbe come reato l’apologia del fascismo. Invitiamo tutti a riflettere sull’evidente mancanza di controllo, sempre più estesa.
Ribadiamo la nostra orgogliosa diversità e opposizione al fascismo e continuiamo per la nostra strada senza indegne unioni; la loro violenza non ci piegherà!
No pasaran!
Anonymous-Italia ci dona un bel po’ di materiale della Polizia di Stato
Riporto dal sito Anonymous Italia:
Da settimane ci divertiamo a curiosare nei vostri server, nelle vostre e-mail, i vostri portali, documenti, verbali e molto altro. Siamo in possesso di una notevole mole di materiale: ad esempio documenti sui sistemi di intercettazioni, tabulati, microspie di ultima generazione, attività sotto copertura; file riguardanti i Notav e i dissidenti; varie circolari ma anche numerose mail, alcune delle quali dimostrano la vostra disonestà (ad esempio una comunicazione in cui vi viene spiegato come appropriarvi dell’arma sequestrata ad un uomo straniero senza incorrere nel reato di ricettazione). Il livello di sicurezza dei vostri sistemi, al contrario di quanto pensassimo, è davvero scadente, e noi ne approfittiamo per prenderci la nostra vendetta.
Is there any problem, Officer?
- PAR-ANOIA release http://www.par-anoia.net/assessment/it/
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Un urlo di dolore, dalla mia Bosra
“Quando la terra della città
diviene rossa
quando le pareti della città diventano nere
non c’è riposo nè spazio bianco
Foto di Mechaal Al-Adawi
Giocando nel mercato romano, Bosra ash-Sham
nella testa
scrivo il mio dolore
Abdul Hadi al-Miqdad era un giovane uomo della città di Bosra, nella Siria Meridionale. Aveva 24 anni. Lavorava come spazzino per il comune. Era un uomo molto umile. Bravo. Con delle disabilità mentali.
Si era sposato da meno di un mese.
Il 20 ottobre 2012 le truppe dell’esercito regolare sono entrate in città senza incontrare alcun tipo di resistenza.
Tutti i giovani sono scappati dalla città per paura di essere arrestati. Nella città erano rimaste le donne, con i bambini.
Abdul Hadi si è riufiutato di fuggire, perché non potevano accusarlo di nulla. Non era coinvolto in nessuna manifestazione ed era impiegato statale.
L’esercito ha rastrellato ogni casa per poi bruciarne molte (200 case) e per dare alle fiamme i negozi (circa 300 attività).
Poi è arrivato il turno della casa di Abdul Hadi, gli hanno chiesto di uscire fuori, che avrebbero dato alle fiamme la casa.
Lui si è rifiutato di uscire, era un novello sposo. La sua camera da letto (il sogno di una vita intera) era stata comprata nemmeno un mese prima. I soldati dell’esercito l’hanno messo al centro della stanza, lo hanno bruciato vivo insieme ai materassi e alle coperte, per poi chiudere la porta.
Lo spirito di Abdul Hadi al-Miqdad è andato in paradiso col sapore di una grigliata di carne umana”
Su Bosra ci sarebbe tanto…e mai avrei pensato sarebbero state macerie…
Le bombe in casa nostra / 2
Sciacallaggio sui corpi dilaniati nella stazione di Bologna
Sciacallaggio. Non c’è altro termine per definire il tentativo di depistaggio sulla strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980 messo in piedi dall’ex carabiniere missino, oggi parlamentare finiano, Enzo Raisi, già membro della commissione Mitrokin.
In questi mesi Raisi insoddisfatto per gli scarsi esiti fino ad oggi forniti dalla “pista palestinese” ha puntato l’indice accusatorio contro una delle vittime della strage.
«Una delle vittime della bomba – ha affermato il deputato postfascista – era un ragazzo di Autonomia operaia. Ho saputo da alcune testimonianze che il giorno dopo, nella sala autopsie, andarono due persone, un giovane mediorientale e una ragazza. Passarono in rassegna i corpi e, quando videro il ragazzo, si guardarono in faccia, si spaventarono e tirarono dritto. Un maresciallo dei carabinieri vide tutto e li chiamò, ma loro uscirono di corsa e sparirono. Chi erano quei due? E perché il ragazzo di Autonomia operaia aveva in tasca un biglietto della metrò di Parigi, città dove all’epoca viveva Carlos?».
Lo scenario a cui allude il parlamentare di Futuro e libertà è più che palese. Al giovane rimasto vittima dell’attentato, che secondo quanto lascia intendere Raisi sarebbe in qualche modo coinvolto nell’esplosione, si attribuisce una identità politica ben precisa, quella di Autonomia operaia. Siccome i depistatori fautori della pista palestinese hanno sempre sostenuto che l’attentato fosse frutto di una rappresaglia del Fronte popolare per la liberazione della Palestina di George Habash a causa dell’arresto di un suo membro (e dunque della violazione del Lodo Moro), insieme a tre militanti dell’Autonomia romana legati a via dei Volsci e al Collettivo del Policlinico, durante il trasporto di un lanciarazzi che doveva essere imbarcato nel porto di Ortona in direzione Medioriente, con la chiamata in causa del “ragazzo di Autonomia operaia” ritrovato dilaniato sotto le macerie della stazione il cerchio verrebbe a chiudersi.
Ma così non è!
L’inchiesta di Paolo uscita sul manifesto del 18 ottobre smonta, a dire il vero ridicolizza, l’intera impalcatura accusatoria messa in piedi da Raisi che alla fine appare per quello che è: un pataccaro!
Link:
Strage di Bologna, il diario di viaggio di Mauro Di Vittorio
L’ultimo depistaggio, la vera storia di Mauro Di Vittorio. Crolla il castello di menzogne messo in piedi da Enzo Raisi
Vi diciamo noi chi era Mauro Di Vittorio, le parole dei compagni e degli amici su Lotta continua dell’agosto 1980
Ieri, al tribunale di L’Aquila: apertura processo allo stupratore in mimetica
Ieri è stata una lunga giornata: alle 5.30 di mattina salto in motorino per attraversare la città, sotto un manto di stelle e lontana ancora dalle luci dell’alba.

Foto @baruda _Ieri, tribunale di L’Aquila_
Poi una bella partenza, di macchine e sorrisi, di compagne assonnate e determinate a raggiungere il tribunale di L’Aquila, ora sito tra i capannoni della zona industriale di Bazzano, proprio sotto al Gran Sasso e al suo panorama che ruba il cuore.
Determinate eccome, a presenziare all’apertura del processo contro Francesco Tuccia,
militare del 33° Reggimento Acqui, di stanza a L’Aquila, stupratore maledetto, torturatore, assassino mancato solo per una gran fortuna.
Tutte lì, da diverse parti d’Italia ad urlare a quella donna che siamo tutte con lei,
ad urlarle che non è sola, che siamo tutte state stuprate insieme a lei, in quella lunga maledetta e ghiacciata notte di Pizzoli.
Tutte presenti sì, col cuore in gola, a portare vicinanza a chi ha il coraggio di denunciare e testimoniare, di rialzarsi e reagire,
di deporre a volto scoperto e senza vergogna, per rispondere a violenza e menzogne,
Sul suo corpo, su quello di tutte noi.
Un presidio di donne, che malgrado le mille differenze di parole d’ordine e pratiche, si son ritrovate lì, perché non c’era altro posto dove dovevamo stare: davanti alle camionette di quell’esercito che nell’operazione “strade sicure” nella martoriata città di L’aquila, ha portato solo militarizzazione, rabbia, e il corpo di una donna maciullato da una violenza sessuale brutale,
avvenuta con metodologie che ricordano molto gli stupri di guerra.
Eravamo lì, torneremo lì: affinchè nessuna donna si senta sola, affinchè nessuno stupratore si senta tranquillo.
I vostri tribunali ci interessano poco, son gli stessi che carcerano a noi, quindi: Francesco Tuccia esci fuori adesso, te lo facciamo un bel processo!
Vi allego un testo, scritto da un compagno del 3e32, letto ieri sera cn molto piacere: lo sguardo di un uomo, di un compagno, di un terremotato, sull’arrivo colorato e determinato di una manciata di donne incazzate! Grazie Alessandro, grazie a te.
“Oggi a Bazzano (L’Aquila) ho assistito, tra l’altro, alla prima contestazione ad una camionetta di militari in quanto militari presenti su questo territorio. Non poteva che venire da delle donne sopratutto dopo quello che di tremendo è successo e il contesto dove ci trovavamo: fuori il tribunale di L’aquila per la prima udienza al militare stupratore di Pizzoli.
Queste donne venute da più parti, hanno fatto sentire con la loro presenza la vittima della violenza meno sola. Ma hanno fatto sentire meno sole anche tutte le altre donne di questo territorio militarizzato. Hanno fatto sentire meno soli anche noi uomini che ci troviamo, anche noi, su questo territorio – nostro malgrado – militarizzato. Forse era dovuta anche a questa frustrazione la presenza discreta e del tutto minoritaria di alcuni nella prima parte del presidio.
Volevamo dare la solidarietà a voi donne toccate per prime e direttamente sui corpi da questa infame militarizzazione.
Una lotta alla militarizzazione non può che partire dalla questione di genere perché secondo me è una lotta che attacca il genere portato alla sua massima costruzione ed esaltazione con la divisa militare.
Per questo reputo una bella vittoria l’ammissione a parte civile delle donne del centro antiviolenza al processo contro Francesco Tuccia. Allo stesso tempo, credo che, parallelamente, una tale lotta debba essere portata nelle strade militarizzate che viviamo nella sua dimensione intrinseca di conflitto sociale e materiale a partire dal genere, senza correre il rischio di essere disinnescata nelle aule di tribunale.
Mentre parlavo con una compagna romana che di teatri di guerra ne conosce, prendevo coscienza con amarezza di quanto per me tutto questo fosse divenuto normale: la militarizzazione, la violenza, i divieti, la frammentazione creata ad arte che ora ti impedisce di lottare. Un raggio di sole è uscito per primo oggi dalla nebbia di Bazzano: era dentro quelle urla di donne che forse per la prima volta a L’Aquila non facevano più sentire così sicuri quei signori in divisa.
Grazie compagne!!!
Alessandro
Ah….c’era sempre la richiesta delle donne del PD: non ve la dimenticate : QUI
Genova 2001: contribuiamo alle spese
Alla fine di luglio scorso avevamo dichiarato di voler continuare la campagna 10×100.
Non solo perché i processi non sono finiti ma anche perché siamo convinte e convinti che solo così potremo mantenere viva la nostra memoria sulle giornate di Genova e imparare da oggi in poi a fare fronte alle vicende giudiziare con la solidarietà e la forza che attraverso il web ci avete dimostrato.
Se un compagno e una compagna sono oggi in carcere, presto riprenderà il processo per i cinque che dovranno tornare in appello, un altro capitolo della storia giudiziaria di Genova che sta per riaprirsi.
Le spese totali dei processi ad oggi ammontano a circa 80 mila euro, cifra destinata a crescere con l’imminente ripresa dell’appello. Una cifra insostenibile per chiunque di noi, che eravamo lì nel 2001.
Insostenibile perché mette una ipoteca sulla vita delle persone, che si aggiunge alle misure detentive.
Pensiamo che sia importante far sentire la forza dei 300 mila che erano a Genova sostenendo le spese legali delle e degli imputati, per questo invitiamo tutte e tutti a sottoscrivere attraverso il sito di supporto legale www.supportolegale.org, o direttamente qui http://www.buonacausa.org/genovag8,
per far sentire a tutte e tutti la nostra solidarietà.
Se riusciamo a versare tutti anche un simbolico euro, riusciremo a coprire le spese che gli imputati si trovano a sostenere da soli.
Altrimenti no.
Vorremmo poi, che la campagna diventasse uno strumento per ragionare su quanto accade nelle piazze e sul reato di “devastazione e saccheggio”, su cosa significhi per lo Stato e i suoi apparati il termine “ordine pubblico”, quello stesso ordine pubblico che i 10 imputati per Genova 2001 avrebbero turbato.
E’ tempo, pensiamo, di capire da che parte stare..
se dalla parte di chi ruba nei supermercati o rompe i bancomat delle banche o dalla parte di chi le costruisce.
La campagna 10×100
www.10×100.it
info@10×100.it
Per scrivere ad Alberto :Alberto Funaro, Casa Circondariale Capanne, Via Pievaiola 252, 06132 Perugia
Per scrivere a Marina : Marina Cugnaschi c/o Seconda Casa Di Reclusione Di Milano – Bollate, Via Cristina Belgioioso 120, 20157 Milano (MI)
Dal Messico, per i prigionieri
Gli ostaggi iniziano ad entrare in cella
Le ragioni di una campagna
A poche ore dalla sentenza Diaz e “devastazione e saccheggio”
Ad un bimbo trascinato per i capelli, che voleva solo andare a scuola
Non ci sono parole per commentare quello che vedrete qui sotto.
Non c’è parola alcuna per descrivere la violenza inaudita di cui è vittima un bambino di 10 anni.
Un bambino sì, prelevato con forza dal banco della sua classe, trascinato per gambe e capelli dalla polizia di Stato (con l’aiuto del suo bravo papà) fin dentro la macchina, dove è stato infilato a spintoni, urla, violenza.

Un fotogramma del video
una violenza che questa notte non m’ha fatto chiudere occhio: mi risuonano da ieri in testa quelle due voci.
La voce di un bimbo di 10 anni che chiede aiuto, che implora aiuto, che non ha nemmeno il fiato di chiedere aiuto.
La voce di sua zia, che non sa come aiutarlo, che non sa come e cosa fare,
che ha un dolore dentro che esplode da quel video.
Non posso accettare questa cosa, non ci riesco, ho la testa che scoppia, che fa male.
Perché quando avevo la sua età anche i miei genitori si facevano la guerra,
perché mi rendo conto solo ora che sarebbe pastato pochissimo per finire come lui,
perché avviene troppo spesso e queste sono le metodologie che si usano.
La caccia alle streghe ora ha altri nomi, si chiama PAS, si chiama come vi pare…
il risultato è strapparci i figli, strapparli alla loro scuola, ai loro amici, ai loro campetti giochi e sportivi,
alla loro normalità.
Il risultato di quest’operazione è che da ieri questo bimbo non ha una casa nè una famiglia: è in un istituto dove potrà vedere i suoi cari con “incontri protetti”.
E allora mi chiedo come possa esser possibile, che per “tutelare” un padre si abusi così sulla vita di un bambino,
senza che nessuno lo abbia mai ascoltato: una bambino di 10 anni, persona più che consapevole della sua vita e di quel che ha intorno.
Ora questo bambino, che ieri ha resistito alla violenza in tutti i modi a lui possibili, è rinchiuso chissà dove, privato di ogni minimo brandello di libertà.
SIETE DEI MALEDETTI. SIETE DEI BASTARDI: DEI FABBRICANTI DI ODIO E TERRORE.
Spero solo vi torni tutto contro: tutto.
A quel padre, a quei giudici, a quegli assistenti sociali, a quella stronza che riesce a dire “io sono un ispettore di polizia lei non è nessuno” davanti ad una scena simile.
Mi fate schifo, mi fa schifo questo paese, mi fanno schifo i vostri giudici, mi fa schifo una scuola che permette tutto ciò,
vorrei solo prendere per mano il mio bimbo e dirgli “da oggi si cambia paese”…
ma la libertà non appartiene manco a noi, purtroppo. Per ora.
Solo una precisazione: per tutti quelli che si indignano e pensano sia un caso isolato.
Avviene costantemente, e soprattutto…avviene giornalmente nei campi rom, tra i migranti,
dove lo Stato può perpetrare la sua violenza nell’oblio e nel silenzio.
Il 18 ottobre a L’Aquila: perché CI RIGUARDA TUTTE
Sullo stupro di Pizzoli leggi QUI sul rientro in servizio dei complici; QUI con un comunicato del 3e32 e QUI sulla merdosa richiesta delle donne del PD di L’Aquila.
CI RIGUARDA TUTTE
Il 12 febbraio 2012, in una discoteca di Pizzoli (L’Aquila), una giovane donna di 20 anni è stata stuprata e ridotta in fin di vita. Accusato di questa aggressione e tentato omicidio è Francesco Tuccia, un militare in servizio all’Aquila per l’operazione “Aquila sicura” partita dopo il terremoto.
La ragazza è stata ridotta in fin di vita e le sono state procurate lesioni gravissime e permanenti. Il 18 ottobre all’Aquila si terrà la prima udienza del processo.
Quel giorno GIOVEDI’ 18 OTTOBRE alle ore 08.30 noi saremo lì sotto il Tribunale de L’Aquila (Zona Industriale di Bazzano) a dire che:
CI RIGUARDA TUTTE l’animalità, l’efferatezza e la viltà degli uomini che in una notte di febbraio hanno massacrato il corpo e la vita di una donna lasciata sul selciato a morire.
CI RIGUARDA TUTTE il massacro del corpo e dei desideri di ogni donna, di ogni età condizione e luogo, che viene disprezzata, usata, maltrattata, percossa, uccisa, stuprata.
CI RIGUARDA TUTTE l’uso che si fa dei nostri corpi in nome di una sicurezza che non ci tutela ma, anzi, ci usa per emettere leggi razziste e repressive. Non ci stancheremo mai di dire che la violenza di certi uomini sulle donne non dipende dalla nazionalità/cultura/religione, né dalla classe sociale di appartenenza.
CI RIGUARDA TUTTE perché non vogliamo più doverci difendere da padri, fidanzati, amici, vicini di casa, datori di lavoro, fratelli, zii, medici, maestri, militari….
Saremo lì ad affermare la voglia e il diritto di autodeterminare le nostre vite.
GIOVEDI’ 18 OTTOBRE Ore 8:30 Tribunale de L’Aquila Zona Industriale di Bazzano
Centro Antiviolenza per le Donne – L’Aquila e Martedì Autogestito da Femministe e Lesbiche di Roma –
Martedì Autogestito da Femministe e Lesbiche tutti i martedì dalle 17.oo alle 23.oo su Radio Onda Rossa (87.9 fm) http://mfla.noblogs.org/
Dal Messico, per Alberto e tutti i prigioneri
Ho un amico che si chiama Alberto che sta in galera
Ho un amico che si chiama Alberto che sta in galera
Alberto l’hanno rinchiuso perchè s’è ribellato a un ordine ingiusto e cieco
Alberto sta pagando un caro prezzo per difendere la potenza dei nostri sogni
Alberto ha gli occhi scuri e profondi e una scintilla s’accende veloce quando parliamo di resistenza
Alberto ha sempre odiato il carcere, giorno dopo giorno
Alberto quando l’hanno arrestato l’hanno torturato, l’hanno umiliato…
…l’hanno braccato decine di agenti e l’hanno costretto a camminare solo verso la cella
Il potere, per accanirsi contro Alberto, ha montato un processo farsa e l’ha condannato a marcire in galera per troppi, troppi anni…
Una sentenza spropositata per un capro espiatorio, una infame vendetta di Stato
Fanno pagare ad Alberto le lotte di tutti e tutte…
…vogliono così intimorire la gente, farla rassegnare al presente perpetuo del capitalismo.
Alberto è uno, nessuno, è trecentomila.
Alberto è uno, nessuno, è trecentomila.
Alberto è un indigeno tzotzil del Chiapas
Alberto è un libertario romano
Nel Chiapas della guerra permanente e dei massacri contro gli indigeni, Alberto Patishtán Gomez, detto el profe, è stato condannato a 60 anni accusato di un’imboscata contro sei poliziotti… Nell’Italietta dell’ipocrisia e della precarietà Alberto Funaro, er fagiolino, viene condannato a dieci anni per resistere nella Genova della guerra di strada, combattuta metro per metro contro 20,000 agenti. Nel Chiapas della rivoluzione zapatista e dei villaggi autonomi in resistenza, Alberto Patishtán è un ostaggio del Potere che non tace, che denuncia, che tesse reti ribelli nelle galere…
Nell’Italia dei territori in resistenza Alberto è dentro per una passione, quella passione che fa anche della cella una trincea, una passione che quando si contagia fa tremare il potere. Quando i governi dispiegano i loro sbirri a difesa di se stessi, si somigliano ancora di più. Ma non c’è oceano, non c’è latitudine, non c’è frontiera… non ci sono argini e dighe che tengano quando le resistenze si conoscono, confluiscono e formano la grande mareggiata che, goccia dopo goccia, li sommergerà.
Abbiamo scelto di parlare di Alberto, dei nostri Alberto, ma avremmo potuto usare migliaia di altri nomi. Non solo per parlare della vendetta di Stato su Genova, che comunque c’ha scosso anche qui in Messico, o per parlare della guerra a bassa intensità che si combatte in Chiapas e miete vittime…
Gli ostaggi in mano del potere sono ovunque e tutti patiscono i rigori di un regime punitivo e insesato chiamato GALERA. Una condizione di costrizione dei corpi e incasellamento delle menti che trova il suo corrispettivo nel disciplinamento globale della società: eserciti che pattugliano per le strade, frontiere chiuse ai migranti di ogniddove, impunità garantita ai corpi di polizia, leggi speciali a difesa dell’accumulazione di capitale.
Per questo salutiamo Alberto Patishtán e Alberto Funaro, ma anche tutti gli altri e le altre compagne schiacciate fra le umide pareti della prigione: salutiamo, fra i tanti, i 5000 prigionieri politici in Palestina, le centinaia di baschi e basche condannate come terroristi per difendere in un lembo di terra a ridosso dei Pirenei, i guerrieri Mapuche che – irriducibili – pagano con sentenze secolari la difesa dei loro boschi, gli anarchici sequestrati da ogni Stato del pianeta, le centianaia di egiziani ed egiziane, fiori strappati alla primavera araba… gli attivisti e le attiviste perseguitati per occupare ed esigere case. Salutiamo inoltre i migranti di qualsiasi terra, cacciati da qualsiasi governo e incarcerati negli infernali CIE costruiti lungo quelle cicatrici che dividono il mondo in Stati…
E in questo spazio di riflessione, di libertà e di memoria ricordiamo chi in galera è morto. Perchè di carcere non si muoia più, ma neanche di carcere si viva.
E ricordiamo la dignità di una donna, di una compagna, una nostra compagna.
Occhi blu imprigionati per 18 di anni, occhi di una donna che non ha mai smesso di essere quello che era: semplicemente una donna, incredibilmente una donna. Guerriera, compagna, madre, sorella, amica. Franca Salerno è viva nello scontro quotidiano contro la barbarie della galera, pattumiera della società patriarcale, verticale, colonialista, capitalista. Una lotta che è la stessa che suo figlio, con noi, ha animato contro la precarietà, contro le guerre imperialiste, per il diritto all’abitare: Antonio e i suoi occhi blu. Che il mare vi culli, una madre e un figlio. Uniti nella rabbia e nell’amore.
L’ultimo abbraccio – amici, sorelle, compagni e passanti – lo diamo insieme a voi a chi ci ha portato qui: Renato. Ci sono buone ragioni per continuare a lottare, buone ragioni per rischiare anche la galera… sono le stesse che fanno la vita meravigliosa: la solidarietà, la giustizia, l’amore, il calore di un sorriso e di un abbraccio. Le stesse ragioni che hanno fatto di Renato – il nostro Renato – un ricordo vivo, collettivo e indimenticabile.
Con tutto il bene dell’anima, dal Messico
Fazio e Nina
Le notti di Taranto, ottobre 2012
Ho pochissime parole per descrivere questo video: è stato girato 4 notti fa….
12 ore di Taranto… il video è un timelapse di circa 12 ore, dalle ore 20:07 alle ore 7:30 del mattino, montato su 4022 scatti fotografici ripresi ogni 10 sec
Data riprese 5 Ottobre 2012 quartiere tamburi
Produzione Aumedia
Realizzazione Andrea Basile
Il comunicato degli studenti medi, dopo le botte in tutta Italia
Pubblico il comunicato degli studenti romani, ieri scesi in piazza come in tutto il resto del paese per protestare contro le politiche di austerity. La sola risposta ricevuta, immediata e secca, son state le botte.
I manganelli al contrario.
L’esser trascinati per i capelli.
Gli insulti.
I robocop che circondano, caricano, pestano, tentano di arrestare.
Punto.
Nè un telegiornale, nè un giornale: lo spazio dato alle mobilitazioni studentesche è inesistente.
Ma ho come la sensazione che se lo prenderanno, si prenderanno tutto lo spazio che vogliono.
Oggi 5.10.12 la città di Roma è stata invasa dagli studenti dell’Assemblea Cittadina dei licei romani.
Questa data è nata dall’assemblea in Val di Susa, convocata dalla rete nazionale studaut, dove gli studenti di tutta l’Italia hanno sentito l’esigenza di scendere in piazza, per esprimere un’opposizione sociale reale al governo Monti e alle politiche di austerity che stanno sempre più strette a tutta la cittadinanza. Le istituzioni sottolineano continuamente la mancanza di fondi per l’istruzione mentre lo stato spende 500 milioni per cacciabombardieri e 2 cm di Tav corrispondono a una borsa di studio universitaria, legittimando queste scelte come tecniche e non politiche.
In un quadro di drammatica trasformazione politica, la scuola rimane ancora una volta un luogo di costruzione e progettazione, opposizione e conflitto.
Gli studenti infatti contrastano le politiche di questo sistema scolastico e se ne riappropriano dall’interno vivendo le proprie scuole e creando dal basso controcultura attraverso cineforum, mercatini di libri a prezzi popolari, ecc… per dare una risposta concreta alla crisi, producendo momenti di riflessione e conflitto.
Queste iniziative si oppongono al progetto di scuola-azienda che questo governo, come il precendente, vuole realizzare attraverso il DDL Aprea e i test Invalsi, che mirano esclusivamente ad un’appiattimento culturale generale e alla costruzione di una scuola che premi il merito e ignori i problemi.
Il tentativo della questura di Roma, oggi,è stato quello di impedire che gli studenti raggiungessero il centro storico per manifestare la loro rabbia davanti ai palazzi del potere, opponendosi fisicamente, con uno sproporzionato impiego delle forze “dell’ordine”, al regolare svolgimento del corteo.
Nonostante ciò, gli studenti non si sono arresi e fino all’ultimo hanno portato in piazza la loro determinazione. I manifestanti infatti, estenuati da una pessima gestione della piazza da parte della questura, che aveva il palese intento di emarginare e minimizzare la protesta, hanno tentato di riappropriarsi ancora una volta delle proprie strade. Nei pressi di Porta Portese, i soggetti che giorno dopo giorno militarizzano la nostra città hanno risposto all’iniziativa degli studenti non con semplici cariche di alleggerimento, inadeguate soprattutto contro un corteo costituito prevalentemente da minorenni, ma peggio, con una vera e propria esplosione di violenza verso gli studenti, minacciando, picchiando, manganellando, arrivando addirittura ad arrestare un quindicenne estraneo ai fatti, trascinandolo per terra.
Dopo lo scontro e dopo essersi assicurati dell’imminente rilascio del ragazzo, il corteo non si è comunque arrestato ed ha ripreso il percorso fino a Piramide, dove al momento dello scioglimento ha pubblicamente denunciato la gravità dei fatti avvenuti in precedenza.
Gli studenti oggi non si sono fatti intimorire dalla gestione tirannica, del sindaco Alemanno, della città, ma anzi hanno avuto la dimostrazione del fatto che l’unica risposta che il governo e le istituzioni sanno dare è di tipo poliziesco e militare.
LA VOSTRA REPRESSIONE NON FERMERA’ LA NOSTRA VOGLIA DI LOTTARE, QUESTO NON E’ CHE L’INIZIO
Studenti Medi in Mobilitazione
A Vauro da un detenuto.
Il testo che leggerete qui sotto è scritto da Paolo Persichetti, matricola penale n. EE010201071,
detenuto nella Casa di Reclusione di Rebibbia, Sezione Semiliberi, Terzo piano, cella 17,
blog Insorgenze.
Scrive a Vauro, che ultimamente degenera di giorno in giorno, e che oggi ha inaugurato la sua collaborazione con il FattoQuotidiano, superando in squallore le precedenti uscite su Il Manifesto
[per leggere altro sulle vignette di Vauro: QUI]
Guardare e vedere a volte sono cose diverse. Tutti noi guardiamo ma non sempre vediamo la stessa cosa. Per esempio questa vignetta di Vauro Senesi che ha inaugurato stamani la sua collaborazione con il Fatto quotidiano, l’organo del partito giustizalista italiano, i manettari per farla breve, dopo aver lasciato di corsa il manifesto come i topi che fuggono dalla nave che affonda.
Vauro ora è nel suo ambiente naturale, come già lo era con Anno zero; da anni le sue vignette grondano questo tipo di risentimento da sotterraneo di questura.
Cosa vedete voi in questa vignetta?
Intanto non vedo la porta. Sarà che in cella ci rientro ogni sera e dunque ho l’occhio abituato. Mi chiedo perché le celle di Vauro non hanno quasi mai il blindo. L’ho notato spesso nei suoi disegni sul carcere. Chi vi è dentro e murato. Si trata di interni claustrofobici.
So che qualcuno potrebbe obiettare che la porta è dal lato del disegnatore che da lì ci rappresenta quel che accade dentro. Però c’è un fatto, le finestre sono situate di fronte alla porta blindata per consentire alla custodia di controllare con un semplice sguardo gettato dallo spioncino che le sbarre siano integre. Come vedete nelle celle di Vauro c’è il mura.
Osservate la differenza con la vignetta che ha fatto eri di Giannelli. La porta c’è, si tratta del cancello che è addirittura socchiuso.
Che altro vedete poi? Io vedo due brutti ceffi, la parodia del detenuto, il luogo comune più abietto sulla popolazione carcerata che possa esistere. Mi si dirà: ma come non vedi Fiorito, quel pappone, quel ciccione di merda, l’emblema della casta famelica? Sapete che c’è, che Fiorito stava in piazza Navona – come lui ha dichiarato – a tirare le monetine a Craxi che usciva dal Raphael. La sua vicenda mi sembra che chiuda il cerchio di quella buffonata che è stata Tangentopoli, la “rivoluzione di velluto”,“ Mani pulite”. Non c’è peggior impostore di un moralista, diceva qualcuno. I Fiorito sono gli homines novi della catarsi rigeneratrice dell’etica che agitava il cappio in parlamento. Gli amichetti di Travaglio, insomma. Perché dovrebbe allora scandalizzarmi o stupirmi? Suvvia qualche chiarimento ce lo dovrebbero dare tutti quelli che hanno agitato per più decenni la via giudiziaria e penale come soluzione di tutti i probemi. Ecco il risultato.
Dunque dicevo che vedo la rappresnetazione più abietta del detenuto, l’inculatore di cella che sta aspettando un paio di chiappe fresche. C’era bisogno di una rappresentazione del genere per esprimere il disprezzo umano, politico e civile nei confronti di uno come Fiorito? A me sembra che nella sua vignetta ad essere disprezzato e umiliato è il popolo rinchiuso, rappresentato come una massa di strupratori. Io faccio parte di quel popolo. Vivo nel carcere non mi ricordo pià da quanti anni, 13 o 14 ora nonvado a guardare, non ho tempo. Me ne sono fatti 11 di esilio. Ho 50 anni, ne avevo 25 quando tutto è cominciato.
Vauro non è nuovo ad imprese del genere. Due anni fa se ne uscì con una vignetta che descriveva i manifestanti del 14 ottobre come una truppa di infiltrati (QUI).
Non so cosa pensate voi, ma una cosa del genere ad un tipo così non la permetto.
Dico solo una cosa, speriamo di incontrarci in piazza, quando potrò andarci liberamente, o la mattina davanti a Rebibbia…
Bahrain:anche Ippocrate va in galera
Non solo i manifestanti,
non solo gli organizzatori dei cortei e delle fiaccolate,

I medici del Bahrain condannati
non solo che pacificamente e non ha difeso villaggi, vicoli e diritto di parola.
Ora anche le condanne ai medici del Bahrain che hanno curato i manifestanti feriti dalle forze di sicurezza del monarca (autoincoronatosi monarca) al-Khalifa sono state confermate.
Tutte.
Colpevoli di aver mantenuto parola ad Ippocrate, colpevoli di aver curato,
colpevoli di aver occupato un ospedale per evitare che i feriti si trasformassero in cadaveri.
Accusati e condannati per aver “incitato la popolazione ad odiare il governo”
questo ovviamente mentre cucivano, rianimavano, strappavano alla morte qualche fanciulletto ribelle, colpevole di aver alzato la testa,
testa immediatametne colpita da un lacrimogeno, o da un proiettile.
Colpevoli.
In carcere anche Ippocrate!
ANCORA SUL BAHRAIN: LEGGI QUI!
Alemanno, ordinanze anti bivacco e grano ad essiccare…
Quando ho incontrato l’amore ero su un capitello di basalto rovente,
Quando ho capito che quell’innamoramento mi avrebbe accompagnato per sempre ero a mangiare sul cardo polveroso, assaggiavo delle verdure ripiene di carne che la mamma del mio fratellone beduino aveva preparato per me.

Foto di Valentina Perniciaro _l’essiccazione del grano sul basalto di Bosra_
Quel giorno nessun pranzo sui tappeti e i vassoi d’argento e rame, quel giorno nessuna chiacchiera, nessun bicchiere di yoghurt da bere…avevo voglia di parlare col vento, sotto la sua porta nabatea, avevo voglia di far entrare nel mio sangue la vita della città vecchia che ogni giorno attraversavo stupita.
Volevo scoprire ancora i suoi cortili, volevo vedere da dove partivano i fili su cui pendevano le vesti ad asciugare, ero curiosa di capire se anche il chiodo che li teneva al basalto era romano, o nabateo, o omayyade, o abbaside.
Perche’ Bosra ash-Sham, così come buona parte delle antiche città del medioriente è VIVA.
Le sue vecchie case, quelle millenarie, sono vive. La mattina vedono uscire i bimbi con la cartella azzurra sulle spalle, dopo poco sentono i profumi delle melanzane che si arrostiscono sul fuoco vivo:
ogni vicolo, ogni ciottolo del decumano, ogni nicchia è strabordante vita, strabordante storia e presente.
Il grano più buono che io abbia mai mangiato veniva essiccato (verrebbe tuttora essiccato così se non ci fosse l’artiglieria a distrarre la vita quotidiana, lì) sul basalto, proprio come facevano i nabatei quando nel loro viaggio verso Petra si fermavano qui, nella città nera.
Ho cercato rovine in giro per il mondo, forse perchè ci sono nata in mezzo.
Ho cercato, amato e rispettato le rovine del mondo perché fanno parte della mia natura, perché sono nata a Roma e sento il bisogno fisico di abbracciare il marmo, di penetrare le scanalature delle colonne, o degli altari pagani:
ho sempre odiato il mio paese e questo nostro amorfo occidente pulito e asettico per la sua incapacità di trasmettere la potenza di certi luoghi,
per l’aver trasformato in tanti musei a cielo aperto, puliti e immobili come un ospedale, tutti i nostri siti archeologici. Perché camminare per il Foro o il Palatino non dona nemmeno un miliardesimo delle emozioni che trasmette un bello scambio a pallone coi bimbi, nell’agorà romana, davanti alle antiche locande del mercato, ancora praticamente intatte.
Ora andiamo peggiorando.
Non ho diritto ad abbracciare le mie colonne (sia mai, si rovinano eh!), non ho diritto a far arrampicare mio figlio tra le mura del Palatino (sia mai, è devastazione!), non ho diritto di vedere panni stesi tra gli archi romani (sia mai, brutti zingari di merda come vi viene in mente)..
ma ora non posso nemmeno mangiare.
Non possiamo mangiare per le strade della nostra città: e allora Alemanno vallo a spiegare a Tonino, che fa quei supplì che uno tira l’altro,
vallo a spiegare a mio figlio che l’ho cresciuto nella gioia di mangiucchiare libero di regole tra i gradini delle fontane, delle piazze, dei parchi della sua città, che penso sia di tutti.
Ordinanza anti bivacco: se si mangia o si beve per strada è multa dai 25 ai 500 euro.
Se vuoi riposarti un po’ sul decumano, o su un muretto del Palatino: multa, dai 25 ai 500 euro.
Forse se mangi porchetta, prodotto romanissimo e fascistissimo (scherzo eh!) so’ 25 euro,
se mangi un kebab odorante spezie islamiche (scherzo anche qui) so’ 500…non so, non c’è dato sapere.
Quel che si sa è che E’ VIETATO MANGIARE E BERE.
Devi essere decoroso, devi sederti e pagare la consumazione, non devi inquinare con la tua presenza stracciona la città del grande sindaco, braccio teso e tuta da ginnastica, quello che mangiava la pajata co’ Bossi, ve ricordate?
Ma le parolacce le potemo ancora di’? E allora va’ a morì ammazzato, Alemà!
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