Archivio

Archive for the ‘antifà’ Category

Solidarietà a Marco e Fabio

24 Maggio 2009 Lascia un commento

Un comunicato di ieri da Torino
SOLIDARIETA’ A MARCO E FABIO, REDATTORI DI RADIO BLACK OUTradio

Questa mattina il gazebo elettorale de La Destra a Porta Palazzo è stato ribaltato da un gruppo di giovani frequentatori del mercato e i fascisti sono stati anche oggetto di un lancio di verdure avariate.
Subito dopo, però, un gruppo interforze di vigili, poliziotti e alpini è riuscito a bloccare due dei contestatori: Fabio e Marco. Gli altri invece si sono dileguati, aiutati anche dalla gente, che li ha coperti

nella fuga.

Mentre un po’ di compagni, un’ora dopo, si stavano riunendo al Balon per protestare sono arrivate due notizie: la prima, pessima, era che i due erano stati portati alle Vallette mentre la seconda, ottima, era che degli sconosciuti poco prima erano riusciti a mandare in aria un gazebo di Fiamma Tricolore in corso Palestro, di fronte agli occhi attoniti dei Carabinieri che lo proteggevano.

Nel primo pomeriggio, un volantinaggio/corteo con una quarantina diccompagni ha fatto il giro di Porta Palazzo per informare gli abitanticdell’accaduto, e poi anche a San Salvario ci sono stati un paio di comizi di strada in solidarietà con gli arrestati e contro la presenza fascista in città.

I due saranno processati per direttissima lunedì mattina.

 

 Intanto, potete mandare loro dei telegrammi a questo indirizzo:

 

 Fabio Milan

 C.C. Lo Russo e Cotugno

 via Pianezza 300 – 10151 Torino

 

Marco Da Ros

 C.C. Lo Russo e Cotugno

 via Pianezza 300 – 10151 Torino

 


								

Omicidio Carlos Palomino nella metropolitana: il video

11 Maggio 2009 2 commenti


La ricostruzione del filmato, attraverso 7 diverse telecamere, dell’omicidio di Carlos Palomino 16 anni, ammazzato a coltellate dal fascista Josué Estébanez,soldato di 23 anni. L’assassinio avvenne l’11 novembre sui vagoni della metropolitana di Madrid: il fascista (che ora rischia 29 anni di carcere) si stava recando ad una manifestazione xenofoba in un quartiere ad altissima concentrazione di migranti, mentre il giovane Carlos stava andando nello stesso posto, alla contromanifestazione, insieme ad un gruppo di compagni. Il video è stato reso pubblico qualche ora fa
Questo video lascia sconcertati…ma come si fa a lasciar ammazzare così un compagno? Da una merda tutta sola armata di un coltello?
Ma non sappiamo più difenderci? Tutti a scappar via…invece di spaccargli la testa…
MA CHE STAVANO FACENDO TUTTI GLI ALTRI? SONO SENZA PAROLE

Gli assalti ai forni e le donne di Ponte di Ferro (7 aprile 1944)

7 aprile 2009 10 commenti

Roma, tra il febbraio e l’aprile del 1944, è schiacciata dalla morsa della fame, è una città sfinita, murata dall’occupante nazista. È il momento peggiore della guerra: bombardamenti, attentati, rastrellamenti, rappresaglie, gli Alleati sono fermi ad Anzio, non vanno né avanti né indietro, gli uomini al fronte o prigionieri o nascosti o non se ne sa più niente; i figli e i vecchi da sfamare.
L’approvvigionamento di una città di quasi due milioni di abitanti come Roma si presenta soprattutto come un problema di trasporti, visto che i rifornimenti di viveri arrivano non solo dal Lazio, ma anche da regioni molto più lontane; se fino al gennaio 1944 gli alimenti, nonostante gli attacchi aerei alle linee ferroviarie, erano ancora trasportati con i treni merci, donne_nella_resistenzadopo lo sbarco alleato a Nettuno e l’aggravarsi della situazione per tutte le ferrovie dell’Italia centrale, i trasporti avvengono per mezzo di autocarri. Quotidianamente partono 100 autocarri per il rifornimento della città. Ma i viveri che arrivavano non sono comunque sufficienti, tanto che l’Ufficio alimentare dell’Amministrazione militare vede nella parziale evacuazione della città l’unica possibile “soluzione”, ma, prevedibilmente, il tentativo non viene mai fatto. Interi quartieri restano senza pane. Poveri e ricchi sono ugualmente costretti a ricorrere al mercato nero. I romani mangiano, quando ne trovano, carrube lesse, pane di vegetina, bucce di patate bollite; bruciano mobili d’arredamento per scaldarsi e cucinare. La città sopravvive sospesa in una atmosfera di terrore, fame e freddo.
La situazione economica alimentare va sempre peggiorando e la popolazione trae motivo di ulteriore pessimismo dalle recenti disposizioni circa l’aumento del prezzo del pane e la ritardata distribuzione di parte della già modesta razione di pasta. Si vorrebbe una energica e fattiva azione da parte delle autorità per arrestare la corsa al rialzo dei prezzi che, se favorisce l’ingorda speculazione dei commercianti e dei cosiddetti borsari neri, pregiudica ed esaspera i consumatori ed in special modo wlaresistenzatrasteverequelli appartenenti alle classi meno abbienti o a quelle costrette a vivere del reddito fisso.

A complicare ulteriormente una situazione già inquietante, da una parte gli Alleati, che mitragliavano i convogli di viveri diretti in città, dall’altra gli occupanti che sequestravano per il loro uso, ma soprattutto per una sorta di deontologia dell’occupazione, intere partite di generi alimentari. L’idea che i tedeschi tenessero tutti i depositi sequestrati per il loro uso e consumo, è molto diffusa.

Ulteriori problemi provoca un vertiginoso ma invisibile (perché clandestino, non ufficiale) aumento della popolazione: dai Castelli, da Genzano, da Albano, dalle campagne intorno ad Anzio e Nettuno, arrivano a Roma intere famiglie di disastrati che cercano alloggio nelle scuole, nelle caserme o nell’ala abbandonata di qualche ospedale, un incremento silenzioso che va ad accelerare un andamento già crescente della popolazione romana, prima del ventennio fascista. Si calcola che oltre 200.000 persone vivessero in alloggi di fortuna in condizioni inumane e senza lavoro. E trovare cibo diventa ancora più difficile.

Gli ospedali sono pieni di bambini denutriti, e si contano numerosi casi di piccoli deceduti per fame e malattie da denutrizione: forse più di trecento, una strage, altre vittime innocenti da inserire nell’elenco di atrocità commesse dai nazifascisti a Roma e in Italia.

Dopo l’attentato di via Rasella del 23 marzo, la rappresaglia tedesca non si ferma alla strage delle Fosse Ardeatine, ma vuole colpire il maggior numero di persone possibile. Così, per ordine diretto del generale Maeltzer, la razione di pane dei romani viene ridotta da 150 a 100 grammi al giorno. Oltretutto è pane nero, spesso ammuffito.

Ai primi di aprile del 1944, dopo il catastrofico e lungo inverno, le condizioni alimentari si fanno intollerabili portando allo stremo la popolazione. La situazione nel settore del pane peggiora in modo drammatico con l’approssimarsi del fronte. A metà aprile, a causa delle difficoltà dei trasporti e dei disordini creati dalla lotta partigiana, la distribuzione ufficiale subisce un’ulteriore diminuzione; a quel punto ci si rende conto che non solo circolano 50.000 carte per il pane falsificate, ma anche che ingenti quantitativi di farina sono stati venduti di contrabbando dagli organi addetti alla distribuzione.psiup

Protagoniste di un così oscuro periodo sono le donne che da sole, con ogni mezzo, con l’astuzia o la violenza, cercano di sopravvivere alle miserie della guerra. È così che avvengono i primi assalti ai forni, destinati a diventare sempre più frequenti; sono le donne spinte dal bisogno che li pensano e li organizzano spontaneamente anche se qualche volta c’è dietro l’aiuto e l’impulso dei gruppi femminili della Resistenza. Si passano parola, vanno all’assalto provviste di sporte per metterci dentro quel po’ che riusciranno a prendere, usano i figli come scudo; sono le donne che si organizzano per assalire i forni ove si panifica il pane bianco per fascisti e nazisti.

Gli assalti avvengono nei quartieri di Trionfale, Borgo Pio, Via Leone Quarto. A guidarle in questi quartieri sono le sorelle De Angelis, Maddalena Accorinti ed altre.

In via Leone IV, davanti alla sede della Delegazione rionale, scoppia una rabbiosa protesta contro la sospensione della distribuzione di patate e farina di latte. Nella stessa strada viene assaltato il forno De Acutis, ma qui c’è il consenso dello steso proprietario, che distribuito il pane e la farina, si dà alla clandestinità.

Sempre fra i Prati e il Trionfale, zona di piccola e media borghesia, avvengono assalti ai panifici in via Vespasiano, via Ottaviano e via Candia.
Il 1° aprile 1944, di fronte a un forno di via Tosti, nel quartiere Appio, una forte manifestazione di donne contro la riduzione della razione di pane, dà inizio ad una nuova e disperata serie di assalti ai forni.

“Sabato primo aprile, al forno Tosti, quartiere Appio, la fila era interminabile: le donne attendevano da più di due ore l’arrivo dell’ordine di distribuzione e non si2550_67020193277_618018277_2260848_380951_n capiva perché tardassero tanto ad aprire. Esasperate le donne protestavano ad alta voce, erano furibonde, e c’era tra loro chi temeva che non ci fossero neppure quei cento grammi per tutti. [] aveva cominciato una in prima fila in faccia ai militi [che vigilavano alla porta]: “Ci ho quattro creature che me se magnano puro a me se je porto sta crioletta de cento grammi! Ve volete da’ na mossa! Buffoni!”. Un milite la prese per il braccio e la portò fuori dalla fila, le donne cedettero che la volessero arrestare e cercarono di strapparla dalle mani della GNR: seguì un parapiglia, tutte strillavano, insultavano; poi d’improvviso, rotta la fila, si ammassarono tutte davanti alla porta del forno. La porta forzata cedette e tutte entrarono [] le donne trovarono, oltre al pane nero, anche sacchi di farina bianca, forse pronti per la panificazione per le alte gerarchie fasciste o per le truppe di occupazione tedesche”.
Nei giorni a seguire e per tutto il mese di aprile, furono attaccati camion carichi di pane, come a Borgo Pio dove la folla assale un camion, scortato da militi fascisti, che trasporta pane per una caserma. Tale è l’improvvisa e inaspettata irruenza delle assalitrici che i militi possono fare ben poco e si trovano il camion completamente saccheggiato. Altri assalti hanno lugo a forni in tutti i quartieri, costringendo i tedeschi a scortare ogni convoglio e a presidiare ogni punto di distribuzione.

L’episodio più tragico avviene all’Ostiense, al Ponte di Ferro. Il 7 aprile 1944 decine di persone si ritrovarono di fronte al mulino Tesei per chiedere pane e farina; si diceva che quel mulino producesse pane destinato ai militari tedeschi. Le donne dei quartieri limitrofi (Ostiense, Portuense e Garbatella) avevano scoperto che il forno panificava pane bianco e che probabilmente aveva grossi depositi di farina. La folla cominciò a reclamare il pane, i cancelli del forno furono sfondati e le donne riuscirono ad entrare. Il direttore del forno, forse d’accordo con quelle disperate, lasciò che entrassero e che si rifornissero di pane e farina, ma qualcuno avvertì la polizia tedesca che arrivò quando le donne erano ancora sul posto. A quel punto i militi fascisti presenti chiesero l’intervento delle SS tedesche, che bloccarono la strada, molte donne riuscirono a scappare, ma dieci di loro furono prese, afferrate di forza, portate sul ponte e lì fucilate in fila, contro la ringhiera. A monito della popolazione i tedeschi ne lasciano i cadaveri sulla spalletta del ponte fino alla mattina dopo quando alcuni lattonieri e sfasciacarrozze della zona vengono costretti a caricare le povere salme su di un camion. Da allora non si è mai saputo dove siano state portate e sepolte.

Le dieci vittime innocenti della furia nazi-fascista furono: Clorinda Falsetti, Italia Ferracci, Esperia Pellegrini, Elvira Ferrante, Eulalia Fiorentino, Elettra Maria Giardini, Concetta Piazza, Assunta Maria Izzi, Arialda Pistolesi, Silvia Loggreolo.

Durante un nuovo assalto, quello avvenuto il 2 maggio, all’indomani delle manifestazioni del giorno prima, una guardia della PAI (la Polizia Africa Italiana che funge da servizio d’ordine per conto del Governo fascista repubblicano), accorsa per sedare il tumulto uccide con una fucilata una donna del Tiburtino III, Caterina Martinelli, madre di sei figli.

Cade sul selciato con sei sfilatini nella borsa della spesa, una pagnotta stretta al petto, in braccio una bambina ancora lattante: stramazza a terra sopra la figlia che sopravvive ma che avrà poi la spina dorsale lesionata. Una specie di monumento alla madre affamata.

Il giorno dopo, sul marciapiede ancora insanguinato, un cartello antifascista ricorda la vittima. Quel cartello, subito fatto togliere dalle autorità, tornerà come lapide a Roma liberata.

Mario Socrate, partigiano gappista e poeta, così testimonia di quell’episodio: “… ci fu l’assalto al forno e uno della Pai sparò e uccise una donna. Allora noi facemmo una manifestazione, e io quel giorno stesso ho scritto la lapide e la mettemmo al punto dov’era ancora il sangue a terra”. Fu lui a scrivere le parole che si possone leggere ancora oggi nella lapide sulla facciata di una casa in via del Badile 16:
Il 2 maggio 1944 in questo luogo durante un assalto al forno per cercare il pane per i suoi figli venne uccisa dalla violenza fascista Caterina Martinelli «io non volevo che un po’ di pane per i miei bambini non potevo sentirli piangere tutti e sei insieme»

Fonti :

Le dieci donne del ponte di ferro

Assalti ai forni

La Resistenza a Roma: donne e quotidiano

Le donne nella Resistenza romana

Marce xenofobe in Israele contro la popolazione arabo-israeliana: che si incazza e si difende la città

25 marzo 2009 1 commento

Foto di David Silverman _Getty Images_  

Foto di David Silverman _Getty Images_

 

85573934DS011_PROVOCATIVE_R

Foto Getty Images _la marcia xenofoba inizia, i tetti brulicano di manifestanti_

Parlavamo, appena due giorni fa, di come s’era spostata verso l’estrema destra xenofoba e confessionale l’asse della politica israeliana. Politica non solo di palazzo, dopo le elezioni di febbraio e gli accodi per il governo di coalizione che da ieri procedono a passo di carica; anche politica di strada, con una manifestazione organizzata dall’estrema destra israeliana, ad Umm al-Fahm (città israeliana, importante centro arabo, situata nel distretto di Haifa, con una popolazione di 45.000 persone, la maggiorparte arabo-israeliani).
Una manifestazione che era stata più volte rinviata per i rischi sulla sicurezza, ma poi autorizzata dalla Corte Suprema, che aveva come obiettivo quello di ribadire la sovranità israeliana della città. Dalle stampa internazionale leggiamo la dichiarazione di Michael Ben-Ari, esponente del partito di estrema destra Unione Nazionale (appena eletto alla Knesset): “Se non isseremo la nostra bandiera a Umm al-Fahm, un giorno avremo uno Stato palestinese che arriverà fino a Tel-Aviv”.
Una marcia vera e propria per provocare la popolazione araba residente all’interno dei confini dello stato ebraico: manifestazione composta da militante provenienti soprattutte dalle colonie israeliane di Hebron (la zona caratterizzata da sempre dagli scontri più feroci tra coloni e popolazione palestinese) e del resto della Cisgiordania. Umm al-Fahm oltre ad essere roccaforte araba lo è anche del partito comunista, tanto che alla contro manifestazione annunciata e violentemente voluta da tutta la popolazione della città, si sono uniti attivisti israeliani appartenenti alla sinistra e al partito comunista. Immediatamente, per poter permettere a tutta la popolazione di partecipare alla contro-protesta, per evitare che la marcia potesse entrare in città, è stato dichiarato uno sciopero generale che ha avuto una partecipazione totale.

Foto di Awad _Getty Images_

Foto di Awad _Getty Images_

La provocazione è scoppiata immediatamente in scontri con i 3000 poliziotti anti-sommossa schierati a difendere le fila fasciste della manifestazione. Poco, molto poco è durata la marcia, all’incirca una mezzora, sufficiente a far scoppiare poi ore ed ore di duri scontri iniziati con un fitto lancio di oggetti dalle strade e dai tetti della città, contro la marcia sionista che avanzava sventolando decine di bandiere con la Stella di Davide. Lancio che come risposta ha ricevuto idranti, granate assordanti ed urticanti che hanno causato 16 feriti tra i manifestanti,15 tra i poliziotti schierati e l’arresto di tre manifestanti (arabi, ovviamente). David Cohen, rappresentante della Polizia israeliana ha dichiarato di aver reagito in difesa della democrazia. Gli scontri sono terminati dopo che diversi agenti hanno riportato ferite a causa del lancio di oggetti e dopo l’uso di vari mezzi per disperdere la manifestazione”.
L’estrema destra che ha marciato è la stessa che sta formando il governo di coalizione che tra una decina di giorni prenderà le redini del potere politico e militare nello stato israeliano: il probabile ministro degli esteri Avigdor Lieberman (un vero e proprio nazista dichiarato, fondatore del partito Yisrael Beitanu) ha già proposto l’obbligatorietà di un giuramento di “lealtà” allo Stato ebraico per tutti gli abitanti di etnia araba. Anfibi sempre più neri marciano sulla terra degli ulivi, sulla terra di Palestina

Foto di Uriel Sinai/Getty Images

Foto di Uriel Sinai/Getty Images

SI VIENE A SAPERE DA POCO DEL FERMO DI 22 ARABI-ISRAELIANI CHE AVEVANO PARTECIPATO AGLI SCONTRI DI IERI CONTRO LA MARCIA XENOFOBA ORGANIZZATA ALLE PORTE DELLA CITTA’ UMM AL-FAHM. ACCUSATI DI AVER FOMENTATO GLI SCONTRI

65 anni fa, le Fosse Ardeatine

24 marzo 2009 2 commenti

65 anni dall’eccidio delle Fosse Ardeatine e i suoi 335 uccisi. Evento la cui memoria è necessaria, a maggior ragione in un presente come questo, dove eserciti indossano magliette che deridono centinaia di civili uccisi, dove si mandano avanti guerre contro popolazioni allo stremo, popolazioni in cattività, derubate della loro terra e della loro cultura, del lavoro e del futuro.
Terre dove non si può essere bambini, terre dove marcia un nemico che professa lo sterminio etnico, l’Apartheid, la segregazione con la scusa del diritto alla sicurezza.
SENZA MEMORIA NESSUN FUTURO, SENZA GIUSTIZIA NESSUNA PACE. 
                    OGGI PIU’ DI IERI, ORA E SEMPRE RESISTENZA
37-2lapidemercroma-fosseardeatine8

Una ronda non fa primavera

2 marzo 2009 Lascia un commento

Da Padova a Forlì il mercato delle ronde apre la strada alla privatizzazione e politicizzazione della sicurezza

di Paolo Persichetti, Liberazione 1 marzo 2009
dal blog Insorgenze 

Dopo l’entrata in vigore del decreto legge sulle ronde, in alte parti d’Italia si assiste ad un proliferare di «associazioni di volontari per la sicurezza», intenzionati a presidiare il territorio con funzioni ausiliarie delle forze dell’ordine.
A Padova, militanti di An e della Lega sono scesi in alcuni quartieri fino a quando hanno trovato la strada sbarrata dai giovani dei centri sociali. Un po’ di sberle e l’intervento della polizia hanno messo fine ad all’iniziativa.1209814452821_00c42305
L’indeterminatezza e la prosa allusiva contenuta nel testo varato dal governo lo scorso 25 febbraio hanno lasciato ampio spazio alle interpretazioni più pericolose e così si è immediatamente scatenata la corsa all’accaparramento del mercato politico-mediatico delle ronde. Il testo approvato, infatti, pur dando priorità alle associazioni composte da personale delle forze dell’ordine in congedo, estende il ricorso alla collaborazione con i comuni ad ogni altro tipo di «associazione tra cittadini non armati», purché compaiano in un’apposita lista depositata in prefettura e non usufruiscano di finanziamenti pubblici. Formulazione che sembra aprire al finanziamento privato della vigilanza, sul modello delle «agenzie private di sicurezza» teorizzato dai partigiani dell’ultracapitalismo selvaggio, come lo studioso americano Robert Noizick.
Ritagliato su misura sulle esperienze di vigilanza locale già sperimentate nelle cittadine governate da amministratori leghisti, l’impresa delle ronde è diventata subito un terreno d’accesa competizione per il controllo del territorio tra schiere di leghisti e squadre di An, Storace, Forza nuova e Fiamma tricolore.
guardianazionalepadanaks5A Verona la giunta comunale ha istituito gli «assistenti civici», ad Udine la Lega ha annunciato la creazione di ronde entro il mese. A Milano come a Napoli agiscono da tempo i City angels e i Blue berets. A Torino e Ferrara giovani di An sono scesi in strada, mentre a Trieste Fiamma tricolore sta organizzando ronde intitolate alla memoria di Ettore Muti. A Bologna ci sono state iniziative episodiche di An, Forza nuova e Lega. A Forlì la Lega ha creato delle «ronde civiche». A Roma invece è molto attiva la Destra di Storace che ha sguinsagliato i propri militanti e annunciato la nascita di «ronde rosa» nel quartiere dell’Eur. Il più delle volte si tratta d’effetti d’annuncio, scimmiottamenti mediatici con pettorine colorate di fronte a tv e fotografi, ma la tendenza a strutturare “squadrette”, camuffando un rinnovato squadrismo sotto le vesti delle milizie cittadine volontarie, è ormai avviata, al punto che anche La Russa, il ministro della Difesa che inizialmente aveva dato voce alle perplessità dell’arma dei carabinieri, ora si è detto favorevole. Anche lui prevede che i civili possano far parte dei cosiddetti «pattuglioni», ovvero una militarizzazione del territorio allargato non solo alla presenza di polizia e carabinieri, ma all’esercito, che già sorveglia i semafori, e alla polizia penitenziaria, guardia di finanza, forestale (e perché no anche ai guardiacaccia e guardiapesca?). Un’Italia, insomma, che assomigli sempre più al piazzale di una caserma con adunate e alzabandiera mattutini.n1249076085_310028_4009037
«Riprendiamoci la città» era uno degli slogan che più echeggiava negli anni 70. Lanciato da Lotta continua venne ripreso durante il movimento del 77, dove risuonò come una slavina durante gli enormi cortei. Dietro questa parola d’ordine agiva il protagonismo di soggetti deboli e misconosciuti, la partecipazione irruenta dei senza parola alla vita pubblica contro ogni forma di sfruttamento, sopraffazione, carovita, per un uso pubblico e sociale della città, dove trovassero soddisfazione i bisogni dei cittadini, reddito, trasporti, verde, cultura, spazi di socialità, musica, feste.
Mai il senso delle parole ha potuto segnare la direzione di un’epoca come in questo caso. Ciò che allora voleva indicare la riconquista condivisa dello spazio pubblico, un allargamento della cooperazione e della socializzazione, l’uscita dai ghetti della fabbrica, dei quartieri dormitorio, del privato, ora indica l’esatto opposto.
Oggi a lanciare questo slogan sono le truppe del Carroccio e le squadre della destra che coagulano gli interessi particolaristici dei bottegai, di cittadini blindati nei loro villini a schiera, di lavoratori atterriti dalla crisi economica.
Ma le ronde non fanno primavera.

Cariche e decine di fermi a Bergamo, mentre Forza Nuova sfila tranquilla

1 marzo 2009 1 commento

Oggi, sabato 28 febbraio, a Bergamo la Questura ha dimostrato quali sono le direttive per la gestione dell’ordine pubblico e del dissenso: i fascisti di forza nuova sono stati fatti sfilare – nonostante non avessero neanche chiesto l’autorizzazione per un corteo – con tutto il loro armamentario da apologia del fascismo e caschi e spranghe bene in vista, mentre le forze dell’ordine hanno attaccato, con scene da mattanza cilena, in maniera deliberata e gratuita i manifestanti che si erano opposti all’apertura della sede di FN. Alla fine della riuscita e determinata manifestazione antifascista il questore ha condotto una vera e propria “caccia all’uomo” verso i manifestanti che si stavano disperdendo, guidando la Celere verso atti brutali nei confronti di chiunque capitasse a tiro, giornalisti compresi: persone prese e sbattute a terra, tenute a terra ad anfibiate, picchiate. Video e fotografie inchiodano le scelte scriteriate e autoritarie del questore Rotondi che ha dato precise indicazioni a celerini e carabinieri di rastrellare – a fine manifestazione – più manifestanti possibili. Chiediamo le immediate dimissioni di un questore che si è dimostrato accondiscendente verso i naziskin e ha disposto il fermo di 60 manifestanti, facendo caricare anche chi fuori dalla questura chiedeva semplicemente informazioni sui fermati. L’apertura di una sede di forza nuova è una vergogna per Bergamo, così come il comportamento della polizia oggi in piazza. Contro il fascismo e i suoi “padrini” [in divisa o seduti in parlamento, tanti sono i legami fra FN Bergamo e Alleanza Nazionale] non un passo indietro. Chiediamo l’immediata liberazione di tutt* i compagn* arrestati e pestati brutalmente dalla polizia.
Antifascisti/e bergamaschi/e

Qui un montaggio video della giornata
e qui una corrispondenza del 4 marzo con Radio Onda Rossa, con un sunto della situazione dopo qualche giorno

VALERIO VERBANO: UN’IDEA NON MUORE

21 febbraio 2009 3 commenti

22 FEBBRAIO 1980
E SEMBRA IERI, ANCHE SE IO NON C’ERO, ANCHE SE NON ERO ANCORA AL MONDO.volanterossa1
LA TUA MORTE MI VIVE DENTRO DA SEMPRE, SONO CRESCIUTA CON IL TUO VISO TATUATO NELLO SGUARDO,
SONO CRESCIUTA PORTANDOTI IN OGNI PIAZZA, URLANDOTI IN OGNI SLOGAN,
CORDONATA A TE IN OGNI SCIOPERO, IN OGNI CAMPO PROFUGHI, IN OGNI MANGANELLATA PRESO E IN OGNI PIETRA SCAGLIATA.
A TE, GIOVANISSIMO MILITANTE CON LE IDEE PIU’ CHE CHIARE…
A TE, UCCISO NEL PIU’ BARBARO DEI MODI.

A TE, COMUNISTA ANTIFASCISTA RIVOLUZIONARIO.valerio
VALERIO VIVE IN OGNI LOTTA, IN OGNI SORRISO, IN OGNI LIBERTARIO, IN OGNI “SPIRTO GUERRIER” CHE ALZA LA TESTA, CHE LOTTA PER LA LIBERTA’, CHE RIFIUTA QUESTO PRESENTE REAZIONARIO, RAZZISTA E FASCISTA.
valerio.mp3

APPUNTAMENTO QUESTO POMERIGGIO, COME OGNI ANNO, IN VIA MONTEBIANCO (SOTTO CASA DI VALERIO) PER IL CORTEO ANTIFASCISTA IN MEMORIA DI VALERIO.
PER SEGUIRE LA DIRETTA RADIO, ASCOLTATE ONDA ROSSA IN STREAMING O SUGLI 87,900 FM

PAGHERETE CARO PAGHERETE TUTTO

Il PUNTO di BENITO ALEMANNO e del POETA BONDI

13 dicembre 2008 1 commento

 Maltempo, Alemanno fa il punto alle 18:30

Il Campidoglio comunica che alle 18.30 a Piazza di Spagna, alla base della scalinata di Trinità dei monti, il sindaco Gianni Alemanno farà il punto della situazione dopo l’ondata maltempo che ha colpito la capitale

QUANDO STUDIAVO QUESTE COSE A SCUOLA, LO SI USAVA CHIAMARE REGIME.
E INVECE SENTITE BONDI:

                                      Bondi: “Valutata ipotesi cariche esplosive a Ponte Sant’Angelo”

“I danni al patrimonio artistico vengono dopo l’incolumità e la messa in salvo delle persone. Per questo si è valutato stanotte come extrema ratio di utilizzare microcariche di esplosivo per rimuovere velocemente il barcone incastrato a Ponte Sant’Angelo. Fortunatamente l’emergenza grave non c’è stata”: il ministro per i Beni Culturali Sandro Bondi conferma l’ipotesi valutata con il responsabile della Protezione civile Guido Bertolaso nelle concitate ore dell’emergenza Tevere. 

Contro la “carta di Parma”

24 novembre 2008 Lascia un commento

Sotto casa di KoSSiga

5 novembre 2008 Lascia un commento

 

DA INDYMEDIA:
Oggi alle ore 15.30 oltre una cinquantinadi studenti del collettivo autorganizzato, del mamiani in mobilitazioni, del virgilio e di altri istituti della città si sono recati sotto casa del Presidente Cossiga per consegnare una lettera.Gli studenti e le studentesse inoltre tenevano cartelli e fogli, con su scritto “vergogna”, “chi copre le provocazioni neofasciste nelle piazze studentesche?” “se sai qualcosa, non aspettarae trentanni per dirla”, alcune foto dell’aggressione di piazza navona e via dicendo.
La lettera, visto che il Presidente non si è affacciato, è stata quindi attaccata con lo scotch sul portone del palazzo (nel frattempo, ma non ci stupisce, gli uomini della scorta identificavano tre studenti…)

Foto di Valentina Perniciaro _opliti in marcia_

Foto di Valentina Perniciaro _opliti in marcia_

Caro Presidente Cossiga,
In questi giorni a mezzo stampa stanno da Lei venendo rese note delle verità per anni da tanti denunciate, e proprio da Lei e da tanti altri “servitori dello Stato” sempre negate.
Le piazze negli anni ’70 venivano riempite di agenti provocatori per avere “pretesti” per dare il via alla repressione.La polizia aveva l’incaricato di “massacrare” i manifestanti, non per difendersi come dicevate, ma per far passare loro la voglia di stare in piazza. Esisteva una rete di intelligence clandestina, coordinata anche con partiti e sindacati, che svolgeva un ruolo oscuro. Esistevano reparti dell’esercito pronti ad intervenire per occupare Bologna ed altre città del nostro paese.Tutte azioni oscure, illegali, sporche – create ad arte per bloccare un Movimento che doveva farvi molta paura. Anche adesso, sembra, esistere un’Onda che vi fa paura.
Un’Onda che ha travolto un governo che si sentiva sicuro dei suoi sondaggi, un parlamento di delegati convinto di poter fare quello che voleva senza mai rendere conto a nessuno, una classe di dirigenti ed imprenditori che sperava di poter usare la crisi economica per spremerci un altro po’ ed arricchirsi ancora un pochino.. E allora ci chiediamo: cosa starà venendo studiato adesso nelle stanze del potere per fermarci?

E ci chiediamo, allora, se per caso le aggressioni di venti neofascisti, noti e stranoti, con tanto di mazze e tirapugni, nel bel mezzo di una manifestazione a piazza Navona, con la complicità sorniona (come testimoniato da curzio maltese) delle forze dell’ordine, c’entri qualcosa con la paura che vi facciamo, e con le trappole che vorreste seminare.

Caro Presidente Cossiga, non vogliamo aspettare altri trenta anni per sapere cosa è successo veramente a Piazza Navona e cosa sta venendo discusso in qualche stanza di qualche ministero.
Del resto, nonostante in questo paese alcune cose sembrino immutabili ed immortali, siamo portati a credere che fra trentanni Lei non potrà fare altre candide confessioni.
Ed allora, in sincerità, Le chiediamo: se la sa, ce la dica subito la verità.

I FASCISTI, perdio!

29 ottobre 2008 Lascia un commento

Piazza Navona, questa mattina: non avrei mai voluto sapere, ascoltare, trasmettere.

Foto di Valentina Perniciaro _assedio al senato

Foto di Valentina Perniciaro _assedio al senato

Blocco Studentesco ha preso la piazza dalla prima mattina.
Si sono appropriati della testa della manifestazione, con le loro parole d’ordine, i saluti romani e il sostegno del camion di Casa Pound. 
Fascisti, nient’altro che fascisti.
E pochi minuti fa, verso le 11.20, hanno fatto il loro ingresso anche a Piazza Navona, spazzando via a suon di catenate i compagni presenti. Botte corpo a corpo, qualche testa rotta, molte cinghiate…
conosciamo bene i mezzi che usano per aggredire, conosciamo bene il loro modo di muoversi,
non conoscevamo questa capacità aggregativa nel movimento studentesco ed ora la stiamo imparando giorno dopo giorno; rimanendo sempre più sbalorditi da quello che la piazza, almeno questa piazza romana, ci sta offrendo.
Ed oggi le prime botte, di cui ancora si sa troppo poco …

 

13.10: Non sono mai riuscita a fermarmi un attimo per scrivere. Mattinata assurda, incomprensibile.
Ci sono due compagni con la testa aperta…dopo  la prima carica contro il camion dei Cobas e gli studenti medi presenti in quel momento, è arrivato il corteo degli studenti universitari della Sapienza e di Roma 3.
Si è ricompattato su Corso Vittorio ed è rientrato in piazza, rispondendo a Blocco Studentesco.
Pare che il loro camion abbia fatto la fine che doveva fare.
Non scrivo una riga di più: sconcerto e orrore!

FASCISTI CAROGNE TORNATE NELLE FOGNE! 

Se non li conoscete guardateli un minuto
Li riconoscerete dal tipo di saluto.
Lo si esegue a braccio teso mano aperta e dita dritte
Stando a quello che si è appreso dalle regole prescritte.
È un saluto singolare fatto con la mano destra
Come in scuola elementare si usa far con la maestra
Per avere il suo permesso ad assentarsi e andare al cesso.

Ora li riconoscete senza dubbio a prima vista
Solamente chi è fascista
fa questo saluto qui.

Se non li conoscete è norma elementare
Guardare la maniera con cui sanno marciare
Le ginocchia non piegate vanno al passo tutti quanti
Chi sta dietro dà pedate nel sedere a chi sta avanti
Chi le piglia senza darle è chi marcia in prima fila
Chi le dà senza pigliarle siano in dieci o in diecimila
È chi un po’ meno babbeo sta alla coda del corteo.

Ora li riconoscete senza dubbio a prima vista
Solamente chi è fascista
marcia in questo modo qui.

Se non li conoscete guardategli un po’ addosso
L’organica allergia che c’hanno per il rosso
Non gli riesce di vedere senza scatti di furore
Fazzoletti o bandiere che sian di questo colore
Forse tu li paragoni a dei tori alle corride
Ma son privi di coglioni e il confronto non coincide
Si è saputo da un’inchiesta che li tengon nella testa.

Ora li riconoscete come se li aveste visti
Solamente dei fascisti
sembran tori ma son buoi.

Se non li conoscete guardate quanto vale
Quel loro movimento che chiamano sociale
Movimento di milioni ma milioni di denari
Dalle tasche dei padroni alle tasche dei sicari
Già eran chiare ad Arcinazzo le sue vere attribuzioni
Movimento ma del cazzo come le masturbazioni
Fatte a tecnica manuale con la destra nazionale.

Li riconoscete adesso che sapete chi li acquista
Solamente chi è fascista
sa far bene da lacchè.

Se non li conoscete guardate il capobanda
È un boia o un assassino colui che li comanda
Sull’orbace s’è indossato la camicia e la cravatta
Perché resti mascherato tutto il sangue che lo imbratta 
Ha comprato un tricolore e ogni volta lo sbandiera
Che si sente un po’ l’odore della sua camicia nera
Punta a far l’uomo da bene fino a quando gli conviene.

(…)

Ora li riconoscete sti fascisti ste carogne
Se ne tornino alle fogne
con gli amici che han laggiù.

BUONGIORNO: E’ morto Joerg Haider

11 ottobre 2008 8 commenti

EDDAI…OGNI TANTO UN BUONGIORNO COME SI DEVE
Da Repubblica:
“Ha perso la vita in un incidente d’auto Joerg Haider, rifondatore dell’estrema destra austriaca della quale era tornato leader di recente.
Haider, 58 anni, all’alba stava guidando la sua auto nella parte sud di Klagenfurt, capitale del Land della Carinzia di cui era governatore, allorché ha compiuto un’improvvisa sterzata andando a cozzare contro un altro veicolo; quindi ha perso il controllo ed è uscito violentemente dalla carreggiata, dopo essersi ribaltato diverse volte. Nell’incidente ha riportato lesioni gravissime alla testa e al torace. Poco dopo il decesso.”

Una boccata d’aria per tutti i libertari, i migranti, i comunisti, gli omosessuali, le lesbiche, gli antifascisti.
Una merda di meno a cui dover pensare.

Spike Lee e la storia violentata

1 ottobre 2008 2 commenti

Mi piacerebbe chiedere a Spike Lee cosa pensa della guerriglia.
Come si farebbe secondo lui ad attaccare un esercito nemico, occupante?
Si stupisce, il grande storico (!), che i partigiani colpivano per poi fuggire…
Cosa avrebbero dovuto fare?Mai sentito parlare di Mordi e fuggi?
Le conosce minimamente le tecniche possibili in simili situazioni?
Che facevamo..gli schieravamo l’esercito contro? Quale?
Un film che poteva risparmiarsi..un film che avrebbe dovuto sottintendere  degli studi, non dico specifici sulla resistenza italiana, ma sulla resistenza in generale.
Sulla guerriglia, sulle lotte di liberazione che sono mandate avanti da popoli armati e non certo da eserciti che si possono permettere di scegliere campo di battaglia, durata e scopo di un attacco.
Se lo poteva risparmiare…buono l’articolo di Giorgio Bocca uscito oggi su Repubblica.

“Non bisogna” il vecchio disse, “piangere per loro”.
“Non bisogna piangere?” disse Berta.
“No figliola. Non del sangue che oggi e’ sparso”.
“Non dell’offesa? Non del dolore?”
“Se piangiamo accettiamo. Non bisogna accettare”.
“Gli uomini sono uccisi e non bisogna piangere?”
“Certo che no! Che facciamo se piangiamo? Rendiamo inutile ogni cosa che e’ stata”.
[…]
“Ma che dobbiamo fare?”
“Oh!” il vecchio rispose “Dobbiamo imparare”.
“Imparare dai morti?”
“Si capisce. Da chi si puo’ imparare se non da loro? Loro soltanto insegnano”.
“Imparare che cosa?” chiese Berta. “Cos’e’ che insegnano?”.
“Quello per cui” il vecchio disse “sono morti”.
____Elio Vittorini___

Walter Rossi. Oggi come ieri.

29 settembre 2008 3 commenti

30 SETTEMBRE 1977- 30 SETTEMBRE 2008 UN RICORDO SENZA PACE

La svolta autoritaria, necessario strumento di controllo e gestione della crisi economica, e lo stato d’emergenza permanente si concretizzano in un razzismo istituzionale ed in una militarizzazione dei territori che rimanda ai teatri di guerra internazionali. E’ una aperta ostilita’ verso qualsiasi espressione della societa’ che rivendica e agisce per una trasformazione del presente al di fuori del profitto che sfrutta e specula sulle nostre vite e sui nostri territori.
La linea di continuita’ fra tutto questo e le lame delle aggressioni squadriste che negli ultimi tempi hanno sostenuto gli ideali di una pseudocultura neofascista, e’ la volonta’ di intimidire, omologare e reprimere consentendo e legittimando chi a livello istituzionale determina tutto questo.

31 anni fa veniva assassinato Walter Rossi, antifascista militante e attivista delle lotte sociali di allora, veniva ucciso per mano dei neofascisti del MSI, di Almirante, Fini e Alemanno, con la copertura della polizia di stato. L’assassino, Cristiano Fioravanti, vive ancora oggi sotto protezione dello stato.

Questo a dimostrazione di quale fosse la connivenza tra estrema destra e apparati dello stato, che utilizzarono la manovalanza fascista nelle strategie eversive e terroristica che dalla fine degli anni ’60 hanno caratterizzato la storia di questo paese.

Come 31 anni fa, anche oggi rivediamo la stessa intenzione di insabbiare e coprire i reali responsabili della violenza squadrista oggi presenti e rappresentatati in parlamento. Tollerati da una mentalita’ dell’equidistanza e ora addirittura leggittimati da politiche che approvano le loro pratiche squadriste contro immigrati,nomadi, omosessuali, attivisti antifascisti, come strumento di controllo sociale e di prevenzione del dissenso.

Dopo un’estate di rastrellamenti verso gli immigrati e i senza fissa dimora, le aggressioni come quella avvenuta a via Ostiense alla fine dell’iniziativa in ricordo di Renato Biagetti, torniamo in piazza a ribadire la nostra opposizione ai fascisti in camicia nera e in divisa, a rivendicare la liberta di determinare le proprie esistenze.

Appuntamento martedi 30 settembre ore 17.30 P.le degli Eroi – M Cipro

GLI/LE ANTIFASCISTI/E di ROMA

Come corrono!!!

21 settembre 2008 1 commento

Sarei proprio voluta esserci…perchè l’idea che se la sono data a gambe in questo modo rocambolesco mi mette proprio di buon umore. Poi proprio a Koln, una città che ho visto con i miei occhi come convive con le tante etnie rifugiate. Una città che mi ha accolto per un mese, avvolta da migranti kurdi, e che ha dimostrato ogni momento la piena tolleranza, l’amichevole convivenza, l’ospitalità che ha stupito anche me.
Una città dove sono più i migranti dei tedeschi, dove si vive bene, dove si respira un’aria piacevole, assolutamente non razzista, xenofoba, conflittuale.
E sono proprio scappati, usando i battelli, salpando con la coda tra le gambe: da buoni fascisti.
Scappano si, perchè non hanno altro da fare su questa terra, loro, feccia immonda di quest’Europa medievale e reazionaria.
La sola trentina che si è presentata in piazza ieri erano italiani, capitanati da Borghezio che si aggirava con la sua “bibbia”, -La Rabbia e L’Orgoglio- di Oriana Fallaci.
Solo loro, nascosti da una parte, circondati da migliaia di antifascisti.
Pubblico sul blog quest’articolo preso da PeaceReporter perchè m’ha fatto sorridere..
i miei complimenti all’autore
e buon divertimento a chi li può veder correre, tornare nelle fogne.
Solidarietà ai topi di Colonia, che forse non accettano nemmeno loro questi nuovi amici tra la merda. 

COLONIA, I FASCISTI INVISIBILI

 

Hanno giocato al gatto col topo per tutta la mattinata. Inseguiti da polizia, giornalisti e movimenti antifascisti. La conferenza stampa di presentazione della grande manifestazione anti-islamizzazione prevista per domani a Colonia, nel Nord Reno-Westfalia, era fissata per le 11 di mattina nella circoscrizione di Nippes, vicino alla grande cattedrale gotica, unica vestigia della città medievale rimasta in piedi dopo i bombardamenti della Seconda Guerra mondiale. Pro-Koeln, questo il nome dell’organizzazione ‘civica’ populista formatasi cinque anni fa per protestare contro la costruzione della più grande moschea tedesca nel quartiere di Ehrenfeld, ha preso tutti di sorpresa. Per evitare le contestazioni degli anti-fascisti (ne sono attesi 50 mila domani nella piazza del mercato), ha deciso all’insaputa di tutti di tenere la ‘conferenza stampa internazionale’ cinque chilometri più a sud. La nuova sede avrebbe dovuto essere la circoscrizione di Roedenkirchen, sulle sponde del Reno. Qui si sono radunati tutti, soprattutto una manciata di militanti antifascisti che, precedendo persino i giornalisti della Ard, il canale nazionale tedesco, della Zeit e vari altri, li hanno accolti con slogan e fischietti, minacciando di aggredirli fisicamente. La fuga, a quanto racconta l’unico giornalista che ha assistito alla scena, il corrispondente locale della Tageszeitung, Pascale Beucker, è stata precipitosa. La decina di politici e attivisti di Pro-Koeln ha in fretta e furia lasciato Rodenkirchen per salire su un battello sul Reno e dirigersi verso il porto fluviale di Nihl, sei chilometri più a nord. Beucker è l’unico ad aver assistito agli insulti e alla sassaiola degli antifascisti, che ha costretto quelli di Pro-Koeln a mollare gli ormeggi più in fretta che potevano.
A Colonia, la maggioranza della popolazione è favorevole alla moschea, e non nutre alcuna ostilità nei confronti degli immigrati. I musulmani sono il 12 percento, su un  milione di abitanti, ma la loro presenza è stata da sempre caratterizzata dal dialogo e dall’integrazione con i residenti. Fino a quando la lista civica di Pro-Koeln non ha messo i bastoni tra le ruote al progetto dell’architetto tedesco Paul Bohem di una grande moschea che, secondo gli oppositori di destra, avrebbe ‘oscurato’ la grande cattedrale gotica e ‘stravolto lo skyline’ di Colonia.
 
Tre settimane fa il via libera del sindaco della Cdu, Fritz Schramma. La moschea si farà. A Ehrenfeld, storico quartiere musulmano a maggioranza turca. A finanziarla saranno proprio i turchi. La Commissione per gli affari religiosi del governo turco, con una sua ‘branca’ nell’organizzazione Ditib, che opera a Colonia, verserà la gran parte dei 20 milioni di euro destinati a edificarla. Tra gli altri finanziatori, oltre 800 donazioni da varie altre organizzazioni musulmane. In risposta alla delibera comunale, Pro-Koeln ha chiamato a raccolta una messe di politici di estrema destra da ogni parte d’Europa: da Jean Marie Le Pen (che ha poi declinato l’invito), a Heinz-Christian Strache, austriaco dell’Fpo (Partito per la libertà), a Filip Devinter del belga Vlaams Belang (Interesse fiammingo), all’italiano Mario Borghezio della Lega. Sono tutti attesi nella piazza del mercato, a pochi metri dalla cattedrale, domani alle 11, dove, assieme a un migliaio di neo-nazi, naziskin e varie altre sigle fasciste, dovrebbero tenere l’annunciata adunata di piazza.
 
Il problema è che la mobilitazione antifascista è stata talmente rumorosa e imponente (50 mila persone, nella contro-manifestazione dei sindacati, per non parlare dei movimentisti-antagonisti-belligeranti antifascisti che, in un tam-tam generale, cercheranno in ogni modo di impedirne lo svolgimento), che neanche la polizia sa più che pesci prendere. 

25 aprile 2005, Roma

Foto di Valentina Perniciaro: 25 aprile 2005, Roma

Stamani, decine di camionette attendevano il battello, che ironicamente si chiamava ‘Moby Dick’, per l’attracco. Ma il capitano Achab-Marcus Wiener, leader di Pro-Koeln, eludeva giornalisti e agenti rimanendo al largo. Per tre ore, invano, tutti attendevano lo sbarco, in un gioco dell’oca che aveva come percorso la mappa della città di Colonia. I politici locali di Pro-Koeln hanno dovuto aspettare a lungo in mezzo al fiume. Finchè non hanno attraccato a Bastion, un molo vicino allo zoo comunale. Blindati e cinturati dai poliziotti, sono rimasti invisibili ai più, noi compresi. Forse solo i pochi giornalisti rimasti, pazienti e irriducibili, senza poterli avvicinare più di tanto hanno potuto vederli da lontano. Come si guarda un animale esotico dentro una gabbia dello zoo.

Un saluto a Marco Melotti, “Karletto”!

18 settembre 2008 3 commenti

Questa notte Karletto c’ha lasciato. Stroncato da un infarto.
Ci mancherà troppo, ci mancherà la sua capacità di analisi, la sua forza, la capacità di far parte integrante del movimento anche da una sedia a rotelle.
Ci hai lasciato troppo presto, tu che dagli ultimi anni ’60 non hai mai smesso di lottare.

Ciao Karlè…che la terra ti sia lieve.
A pugno chiuso.

Pugni chiusi  25 aprile 2008

Pugni chiusi 25 aprile 2008

Per tutti i compagni che vogliono salutarlo, i funerali saranno domani alle 14.30 al deposito del crematorio di  Prima Porta, Via Flaminia. 

 

 

CIAO COMPA’….Buon Viaggio.
Sarai in ogni lotta, in ogni piazza, in ogni pugno chiuso, in ogni bandiera rossa.

Ciao Abdul!

15 settembre 2008 2 commenti

Abdul William Guibre, 19 anni, italiano, originario del Burkina Faso e residente a Cernusco sul Naviglio.

Abdul, 19 anni. Ucciso a sprangate

Ammazzato a sprangate. 
L’ennesimo morto che sento mio, che mi rende cieca di rabbia e odio.
L’ennesimo morto che palesa l’atmosfera del nostro paese, del razzismo dilagante e trasversale che bagna di sangue le nostre strade sempre più spesso. Viviamo intrisi di una mentalità squadrista che nemmeno può definirsi fascista…perchè questi due assassini balordi non sono dei militanti, non sono di quelli che escono col coltello in tasca per “puncicare” un immigrato, un comunista, o qualcuno di un’altra squadra.
Peggio ancora, questa gentucola difende il proprio fortino a mano armata, difende la proprietà privata uccidendo senza nemmeno pensarci, questa gente si fa giustizia da sola ammazzando sempre e comunque il più debole. Questa gente pensa che il nemico sia il nero, il migrante, il precario, il libero pensatore che parla e lotta….e non i padroni, gli sfruttatori, il liberismo sfrenato che ci porta ad odiare tutto quello che potrebbe mettere a rischio la propria miseria. Miseria, perchè non è altro che miseria.
Una miseria di stampo fascista ma non solo. Una miseria da bottegai.
Un popolo di bottegai, pronto a sparare su chiunque è diverso, su chiunque non accetta questo fottuto ordine delle cose. Ancora un morto, da piangere TUTTI.
L’ennesima prova di quanto bisogna rimboccarsi le maniche…di quanto urge cambiare le cose, stare in mezzo alla gente, parlare, creare reti di lotta, crescita, dibattito e anche autodifesa.
Dobbiamo difenderci, dobbiamo mettere in conto che lo scontro arriverà e nessuno potrà rimanerne fuori.

Dovrebbero pagarla cara…i bottegai giustizieri, i cittadini che pensano e commentano che tutto ciò è normale… che “se era il tuo di bar cosa avresti fatto?”.
Dovrebbero assaggiarla una sprangata in testa, almeno imparerebbero a star zitti, a non sentirsi superiori a nessuno, fascisti assassini bottegai merdosi.

Ciao Abdul. Il tuo sorriso vivrà in chiunque lotta per un mondo diverso. Non un mondo migliore, ma un mondo completamente “altro”.

Foto di Valentina Perniciaro -corteo per il diritto all'abitare

Foto di Valentina Perniciaro -corteo per il diritto all'abitare

Aggressione Fascista all’iniziativa per Renato

30 agosto 2008 5 commenti

Questa notte, intorno alle 4,30 7 fascisti hanno aggredito quattro compagni che uscivano dall’iniziativa per Renato Biagetti che si svolgeva a Pirateria, dopo il concerto al parco della Basilica di San Paolo. Uno dei compagni ha preso 3 coltellate su una coscia ed è ricoverato in ospedale.
Brutte carogne!
Erano nei parcheggi ad aspettare di accoltellare i primi che gli capitavano per le mani.
Fascisti bastardi.

Comunicato  del L38:

AGGREDITI 4 COMPAGNI, ACCOLTELLATO COMPAGNO DEL L38 SQUAT
Alle 4,30 della notte del 30 Agosto di ritorno dall’iniziativa al parco di San Paolo, che dal  pomeriggio aveva visto partecipare migliaia di persone e che ha ricordato la  vile aggressione che porto’ alla morte di Renato Biagietti all’uscita della  festa reggae sulla spiaggia di Focene, con coltelli e bastoni circa 10 topi di  fogna hanno atteso nascosti nel buio che tutti fossero andati via per colpire  alle spalle quattro compagni isolati che tornavano alle macchine. Il primo atto dell’aggressione è stata una serie di coltellate alla gamba da dietro  senza provocazione e senza dire una parola alla pronta reazione dei compagni  gli infami sono scappati. Questo gesto evidentemente vuole rivendicare  “politicamente” la matrice infame e fascista e la vile pratica della lama  dell’omicidio di Renato. Il nostro affetto e la nostra rabbia ai nostri  compagni aggrediti, con Renato nel cuore, NIENTE RESTERA’ IMPUNITO! L38SQUAT

Comunicato di Indymedia Roma:
A margine della iniziativa in ricordo per Renato Biagetti

L’infamità veste di nero, del nero dei fascisti, questo ormai è lapalissiano.

La serata di ieri al Parco Schuster è stata bella, emozionante e partecipata, con centinaia di persone passate a ricordare Renato Biagetti e la sua storia.
La serata poi è proseguita lì vicino a Pirateria, a qualche centinaio di metri sulla via ostiense.
Stanotte verso le 4.30/5 4 compagni che tornavano all’altezza del parco per recuperare l’auto, sono stati aggrediti coltelli alla mano da un gruppetto di una decina di fascisti.
Un ragazzo ha ricevuto 3 coltellate su una coscia e ha dovuto ricorrere ad alcuni punti di sutura. “I giovani leoni” sono successivamente fuggiti, mostrando così tutta la loro squallida infamia.
Ancora coltelli, ancora fascisti, la storia di Renato non ha insegnato niente a nessuno.
Solidarietà ai ragazzi.
Antifascismo attivo.


Squadristi in città con spranghe e coltelli 

di Paolo Persichetti     Liberazione 31 agosto 2008  [http://insorgenze.wordpress.com]

Allarmi siam fascisti… Era negli anni venti lo slogan delle squadracce nere all’attacco delle case del popolo, delle camere del lavoro, delle sedi dei partiti del movimento operaio e della lega delle cooperative, devastate, bruciate, chiuse con la forza. Qualcosa del genere sta tornando in Italia? 
La domanda ha raggiunto recentemente l’onore delle cronache grazie ad un articolo di Asor Rosa che ha fatto scorrere un po’ d’inchiostro. Il professore però non si riferiva alla violenza squadristica. Il suo ragionamento era più complesso. Si trattava di un drastico giudizio di valore sulla destra politica attuale, da lui ritenuta peggiore del fascismo perché priva del progetto di società che l’ideale “totalitario” fascista conteneva. Secondo Asor Rosa la destra attuale, sommatoria di spinte diverse e contraddittorie, offre uno spettacolo decadente. Nel fascismo c’era una risposta alla terribile crisi che aveva travolto il vecchio mondo liberale. Una modernizzazione autoritaria dell’economia, una nazionalizzazione totalitaria delle masse. Visione tragica, dittatoriale, ma pur sempre visione. Oggi forse presente, ma solo in rapidi squarci, in qualche trovata di Tremonti. Altri hanno preferito ricorrere a formule nuove: c’è chi ha scelto «regime dolce». 
Il filoso Alain Badiou ha parlato di «petenismo trascendentale» a proposito del sarkozismo. In realtà ciò che è venuto meno è l’antifascismo. L’effetto domino provocato dalla caduta del muro di Berlino ha ridato forza all’anticomunismo e reso evanescente l’antifascismo. A seppellire definitivamente “l’arco costituzionale”, cioè quel complesso di forze politiche che avevano partecipato alla fondazione della repubblica e alla 

Genova caccia i fascisti, giugno 1960

Genova caccia i fascisti, giugno 1960

 scrittura del compromesso costituzionale, è stato l’attacco delle procure della repubblica in nome di un giustizialismo populista e di un emergenzialismo penale che ha sdoganato la destra. La vecchia destra neofascista uscita definitivamente dall’angolo, liberata dai complessi del minoritarismo e del reducismo storico e “obbligata” così a divenire destra europea, destra di governo. Altre destre sono apparse dalle pieghe del territorio, dalle valli del Nord. Destre identitarie, rancorose.
Va detto che a questo bel risultato ha largamente contribuito il “partito storico dei giudici”, cioè quel Pci-Pds-Ds-Pd che della via penale alla politica e dell’alleanza con le procure aveva fatto l’asse centrale della sua strategia. Ma questa è un’altra storia che andrà prima o poi raccontata. 
La fine dell’antifascismo ha prodotto l’effetto “zoo liberato”. Si sono aperte le gabbie, o forse scoperte le pattumiere, insomma sono riemersi dalla storia chincaglierie, cimeli, reliquie che sopravvivevano nelle catacombe del paese. Ma poi si è scoperto che tanto catacombe non erano. La costruzione del sistema politico bipolare, l’introduzione del maggioritario ha fatto il resto. Per vincere ogni voto era buono. Berlusconi è stato il più abile e spregiudicato. Ha messo insieme tutto ciò che esisteva a destra e alla sua destra, comprando, finanziando apertamente o sottotraccia. 
La destra ha persino messo fine ai suoi anni di piombo. Ha messo fuori tutti (meno due o tre) i militanti dei suoi gruppi eversivi; alcuni li ha arruolati, altri eletti. E’ questo contesto politico che ha rilegittimato valori del passato prerepubblicano e preantifascista e ridato alla violenza politica proveniente da destra una nuova legittimazione sociale che si traduce in disattenzione, sottovalutazione se non comprensione e connivenza. Forse altri Novecento sono finiti ma quel Novecento lì c’è ancora e ha superato il giro di boa, tanto che dal 2000 si registrano 2 morti, due giovani di sinistra uccisi da mani fasciste. Chi contesta queste etichette, lo fa in nome di una rappresentazione della politica che non c’è più. Nessuno tra gli aggressori, come tra gli aggrediti, ha più tessere politiche in tasca perché le forme della partecipazione sono cambiate. 
Alle vecchie sedi si sono sostituiti i centri sociali, le occupazioni non conformi, le curve degli stadi. Sono cambiati i luoghi di aggregazione ed anche la fisionomia della partecipazione. Tutto è più confuso e approssimativo, le idee sono anche più rozze ma le coltellate sono vere, le lame di puro acciaio e il sangue non è pomodoro. Davide Cesare (Dax) e Renato Biagetti sono stati uccisi nel 2003 e nel 2006. Dal 2005 almeno 262 le aggressioni recensite attribuibili alla destra: 88 attacchi a sedi e centri sociali di sinistra; 76 aggressioni razziste e 98 gli atti vandalici. Senza dimenticare Carlo Giuliani e Federico Aldovrandi. Anch’essi da annoverare in questa tragica contabilità. Vittime di un clima di violenza che è tornata pratica diffusa negli apparati di polizia, come i fatti di Genova del 2001 hanno dimostrato al mondo intero.

Fascisti carogne

26 agosto 2008 Lascia un commento

Sono passati ormai 2 anni da quando , il 27 agosto del 2006, Renato, uscendo da una dance hall reggae sulla spiaggia di Focene, insieme alla sua fidanzata e al suo amico Paolo, furono aggrediti da due giovani scesi dalla loro auto coltelli alla mano. Gli urlarono di tornare a casa, che quello non era il loro territorio. Colpirono Renato che, a 26 anni, morì poche ore dopo in ospedale. Nella disperazione di quei giorni i familiari, gli amici e i compagni si trovano a spiegare una scomoda verità: chi esce di casa armato di coltello per colpire chiunque possa essere considerato diverso, altro, di colore, gay, di sinistra, è un fascista. Che solo a Roma, nell’anno precedente c’erano state più di 130 aggressioni di matrice fascista. Oggi, che sono passati quasi 2 anni, si apre il processo per l’imputato minorenne. Il PM sostiene che Renato sia stato ucciso al termine di “banale diverbio degenerato per futili motivi”, e così lo uccidono una seconda volta.

Il prossimo 27 agosto saranno 2 anni che una mano fascista ci ha portato via il sorriso e gli occhi di Renato. Tante iniziative in questi 2 anni, frutto della passione di tanti compagni e compagne hanno permesso di realizzare i suoi sogni. Uno di questi è la sala prove e registrazione Renoize attraversata in questi pochi mesi di vita già da tantissimi giovani gruppi musicali e fucina di riflessioni sulle autoproduzioni. Grazie a questo progetto il prossimo 29 agosto ricorderemo Renato attraverso la musica, la sua grande passione, in un concerto in cui si esibiranno Apostoli della strada, Bestie Rare, Rancore, Ork’s Machine vs Muver, Filippo Gatti, Bobo Rondelli e i 24 Grana e in cui attraverso i suoni, le immagini e le parole racconteremo ancora una volta la verità su cosa accadde quella maledetta notte sul litorale di Focene, quando l’odio per il diverso di due giovani di 17 e 19 anni strappò con 8 coltellate la vita di Renato. Con Renato nel cuore, ma anche per Carlo, Dax, Federico e Nicola che sono Ognuno di Noi
Venerdì 29 agosto 08 dalle 18 alle 24 Parco della Basilica di San Paolo Via Ostiense, Roma.

Con rabbia e con amore

i compagni e le compagne di Renato

 

•Il vostro settembre• di Camilo Maturana

24 agosto 2008 1 commento

Il golpe cileno

Il golpe cileno

 

Prendiamo dalle ombre del tramonto
gocce di pioggia fina.
Notte lunga di sole nascosto,
sotto le proprie ombre ovunqueraccogliamo feriti, morti.
Teniamo stretta la rabbia
come qualcosa che si ama.
Gustiamo l’odio
come un alimento.

Retrocediamo ma…
ritorneremo domani!
Un giorno – l’undici-
ci strapparono la libertà
e settembre.
Non sanno che di ottobre
ne abbiamo molti
nella nostra storia…
Generali,
sopra il vostro settembre
cadrà
anche il nostro ottobre!

Foto di Valentina Perniciaro. Tetti di Roma, In difesa di una casa occupata

Foto di Valentina Perniciaro. Tetti di Roma, In difesa di una casa occupata

 

 

 

Emergenza e devozione!

23 agosto 2008 4 commenti

” ‘na dissenteria di bombe”

19 agosto 2008 2 commenti

L’estate del ’43 gli eserciti spediti sulla neve di Russia, 
nella sabbia di Egitto, sbandavano all’indietro.
La guerra dei fascismi andava alla malora,
ma una pace: lontana. “Finché non bombardano Roma”,
“Finché non bombardano Roma”, la frase girava a bassa voce,
pericoloso dirla per intero, la milizia aveva cento orecchie,
qualcuna di meno ultimamente, che la guerra falliva.

Finché non bombardano Roma, non finisce.
Strano vaccino per l’epidemia, che razza di siero antiguerra.
Si era ficcato in testa per le città d’Italia
bombardate a martello, prima solo di notte,
poi pure a mezzogiorno, e a Roma niente. 
“Ce sta ‘o papa, nun ponno mena’ bbombe ‘ncopp’ o papa”.
A Napoli spiegavano così la malasorte,
la più bersagliata dall’alto dei cieli, e Roma niente.
“‘O papa, ce sta ‘o papa, nun le ponno fa’ niente, sta San Pietro.”

Nel luglio del ’43 il cielo sopra Napoli era un campo di croci con le ali,
altissime passavano e sganciavano,
sopra obiettivo libero, a terra senza allarme,
senza sirena in mezzo alla città.
Sono più avvelenate di terrore le bombe a mezzogiorno.
Di notte è già normale correre al rifugio,m dentro il buio
a ripararsi, ma di giorno è peggio. “Quanno fernesce? Mai?
E il caldo, ‘o calore, d’o mese ‘e luglio d’o ’43”.

 Mia madre teneva diciottanni, legati stretti
per non farseli scippare, passava per la piazza
della posta centrale dopo una delle scariche,
e s’accorse che non c’erano le mosche,
erano morte pure quelle per lo spostamento dell’aria.
“Sui corpi scamazzati, scarognati, nun ce steva ‘na mosca.
Nun era manco nu bumbardamento,
ma ‘na dissenteria di bombe, ci cacavano ‘n capa.
E a Roma c’era il cinema, la guerra la sentivano per radio,
la gente la sera usciva, ieva a teatro,
nun le mancava niente. Tenevo diciottanni,
due fratelli nascosti,
i tedeschi fucilavano i guagliuni che non si presentavano”.

“No, ma’, questo è successo dopo, nel settembre,
quando gli americani ancora non entravano
e i tedeschi mettevano le mine in mezzo al golfo.
Stavamo ricordando ‘o mese ‘e luglio”.
“Senza pute’ durmi’ manco ‘na notte,
a sirena sonava doie, tre vote,
andavamo a durmi’ coi panni ‘ncuollo,
manco le scarpe mi toglievo, pronta pe’ n’ ata corsa,
giù per le scale, ‘a sirena int’e rrecchie
che m’afferrava i nervi, spìcciati, presto, curre,
le posate d’argento nella borsa, la ricchezza nostra,
mammà che mi sttrillava dietro: “Piglia i posti buoni”.
C’erano i posti buoni e quelli malamente, comm’a teatro”.

“Finché nun bumbardano Roma, ‘sta guerra fetente nun fernesce.
La milizia mo’ sente e fa finta ‘e nun senti’,
o’ ssape che è fernuta ‘a zezzenella
(lo sa che è finita la pacchia).
‘O fascismo per me è stato ‘a guerra. Tenevo quindicianni,
‘a meglio età, quanno ‘o fascismo s’affacciaie ‘o balcone:
vincere e vinceremo. Se credeva di fa’ ‘na guapparia,
quattro mosse dietro ai tedeschi e subito vinceva.
In capo a qualche giorno a Napoli sentéttemo  ‘a sirena,
‘a primma sirena d’allarme. Ancora me la sogno la sirena.
Dentro ai sogni nun m’arricordo ‘e bbombe, ma ‘a sirena.
Tenevo quindicianni all’inizio d’a guerra, ‘a meglio età.
‘O fascismo me l’ha inguaiata fino a diciottanni.

Niente sapevo, niente m’importava, d’a politica,
io vulevo fa’ ammore, uscire colle amiche mie,
ballare, andare al mare. Si m’o ffaceva fa’,
si ‘ o fascismo me faceva campa’, bene per lui e bene pure a me.
Invece niente, s’è arrubbat’a giuventù,
ha mandato a muri’ ‘i meglio guagliuni pe’ na guerra fetente,
se ne futteva ‘e me, ‘e Napule, ‘e l’Italia. Stava a Roma
arriparato sotto ‘a tonaca d’o papa,
a Roma non gli succedeva niente.”

“E com’è stato lo strillo, la voce che hai sentito
all’uscita del ricovero, quel giorno?”
“Sarà stato mezzogiorno, o primo pomeriggio,
nun saccio di’, ce stava ‘o sole, da due ore
schiattavamo ‘e calore int’o ricovero.
Sunaie ‘a sirena di cessato allarme, ascèttemo all’aperto,
tossivo per la polvere alzata dalle bombe,
m’abbruciavano gli occhi per la luce potente dopo il buio,
mezzo stordita m’arrivaie ‘nu strillo: “Roma!
Hanno colpito Roma! Hanno menato ‘e bbombe
             ‘ncopp’ o papa”.
E doppo ‘ o strillo ne venette n’ato: “E’ ‘m mumento,
fernesce ‘a guerra, mo’ fernesce ‘a guerra”.
La gente usciva dai ricoveri scunfusa, stupetiata,
e tutt’insieme dietro a quello strillo
s’abbracciava, chiagneva, alzava ‘e manne ‘o cielo.
“Fernesce ‘a guerra” e : “Roma bombardata” erano ‘o stesso strillo.
E a me, che manco me pareva overo che puteva fini’,
si gelò il sangue a vedere quella festa
perché Roma era stata bombardata.
Noi che sapevamo che malora era,
ce mettevamo a fa’ chell’ammuìna?
Che t’aggia di’, ‘a guerra è ‘na carogna
e ‘o fascismo ci aveva incarogniti.
Poi uscì la milizia e tutti quanti ce ne tornammo a casa
a senti’ ‘a radio: Roma era stata bombardata
la mattina, da ‘e pparti d’a stazione, no a san Pietro.

E così fu che cadett’ o fascismo.
o’ rre fece arrestare Mussolini
e ‘a ggente se credeva che ferneva tutte cose,
‘a guerra, ‘a carestia, tornava il pane bianco, veneva ‘a libbertà.
Fuie ‘na fantasia, nun era tiempo.
A Napoli finì due mesi dopo, a fine settembre,
‘o popolo s’arrevutaie isso sulo contro i tedeschi,
quattro giorni e tre nottate sane,
al buio in mezzo agli spari, pieni di volontà,
quattro giornate per levarsi gli schiaffi dalla faccia.
Finché non se ne uscirono i tedeschi,
entrarono i guagliuni americani, figli ‘e napoletani d’oltremare.
Cominciò quel po’ di gioventù che mi avanzava.
Mi so’ sposata nel ’46, perciò la gioventù durò tre anni.

E di tutto il fascismo mi rimane il peggio di quell’ora
di festa per Roma bombardata.
Anche se in quella polvere di luglio, ‘ calore, ‘o sudore,
non mi sono abbracciata con nessuno,
è per la gente mia che mi dispiace.
Allora fu normale, perciò chist’è ‘o fascismo pe’ mme,
la fetenzia che ci ha portato a quello, di applaudire.
Ti parlo de ‘sti ccose addolorate pecché tu saie senti’,
ma nun pozzo permettere a nisciuno di voi venuti dopo
di giudicare Napoli in quell’ora, 
pecché ‘o fascismo vuie nun ‘o ssapite”.

                             L’Estate del ’43.   ERRI DE LUCA, “L’ospite incallito”  -Einaudi Editore-

Haret Hreik_Beirut_settembre 2006

Beirut, Libano. Quartiere sciita di Haret Hreik, dopo i bombardamenti israeliani Settembre 2006. Foto di Valentina Perniciaro

Napoli, primavera 2006 Foto di Valentina Perniciaro

Napoli, passeggiando nei vicoli del centro. Foto di Valentina Perniciaro

Il nostro seme

17 agosto 2008 Lascia un commento

Dalle parole di Alcide Cervi, il padre dei 7 fratelli Cervi:

“Mi hanno sempre detto…tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta.
La figura è bella e qualche volta piango… ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l’ideale nella testa dell’uomo”.

“Per nessun motivo”

11 agosto 2008 1 commento

Lui si incamminò verso la cresta della collina, lassù doveva esserci il cippo, perché lassù c’era il grosso della gente, tanta e disposta come intorno a una grande disgrazia. Aveva anche la curiosità di vedere il cippo, l’aveva già sentito nominare un cippo, ma non sapeva immaginarsene la forma. Arrivò e lo vide, era una specie di enorme paracarro, piantato proprio sul bordo della strada e con sopra dei segni neri  che non erano i chilometri e il nome del paese più vicino ma i nomi dei morti e la data della battaglia. Ettore sapeva che quei morti erano seppelliti altrove, eppure sentiva come se i loro cadaveri fossero  murati in quella specie di paracarro  e così fissava il cippo con grande speciale attenzione. E tremò, lì, di colpo, come se gli si fosse parato davanti un pericolo di morte così preciso ed avanzato che il terrore era già agonia e come sotto i piedi si sentisse aprirsi la terra della collina, pronta per il suo cadavere.
Mentre gli stava passando un po’, una voce cominciò a parlar forte dall’alto della collina, era l’esponente del Comitato di Liberazione che faceva il discorso.
Va bene che io non credo mai niente di quello che dicono questi uomini qui in queste circostanze qui, ma non voglio nemmeno correre il rischio di ascoltarlo. C’è un solo discorso che voglio ascoltare, e questo discorso me lo faccio io, c’è solo una lezione che voglio tenere a mente, e mi odio se penso che l’avevo già imparata bene e poi col tempo me la sono dimenticata. Non finire sottoterra. Per nessun motivo.
Non finire sottoterra. Né in galera.

tratto da  “La Paga del sabato” di Beppe Fenoglio

Foto di Valentina Perniciaro, una lapide per ricordare l'eccidio di Gessopalena, Chieti.

FACCE COME IL CULO!

7 agosto 2008 1 commento

“Soltanto in Italia si contano come morti sul lavoro, al fine di poter dare benefici assicurativi da parte dell’Inail, anche le morti che avvengono per incidenti stradali capitati mentre si va al lavoro o mentre si torna a casa a fine giornata. Morti che evidentemente – sostiene – nulla hanno a che vedere con la sicurezza in fabbrica”.
Il sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, Roberto Castelli continua dicendo:  
“È arrivato il momento di fare un’operazione verità, sui dati .È il momento di smetterla – dice – di criminalizzare gli imprenditori italiani. Se infatti estrapoliamo gli incidenti che avvengono in agricoltura e in edilizia, vedremo che in Italia la sicurezza delle aziende manifatturiere è ai migliori livelli europei”. 

 ALLORA, PER DIO, VAI A LAVORARE IN CANTIERE, IN FERRORIA, VAI A PULIRE CISTERNE.
CHE SCHIFO!

Foto di Valentina Perniciaro. Luglio 2007
Scalo San Lorenzo, Reparto Manutenzione Locomotori.
Ferrovie dello Stato, Roma.

La strage che “non ci fu”

2 agosto 2008 2 commenti

23 kg di esplosivo: una miscela di 5 kg di tritolo e T4 detta Compound B, potenziata da 18 kg di gelatinato (nitroglicerina ad uso civile). L’esplosivo, di fabbricazione militare, era posto in una valigetta sistemata a circa 50 cm d’altezza su di un tavolino portabagagli sotto il muro portante dell’ala ovest della stazione, allo scopo di aumentarne l’effetto.
L’esplosione distrugge un’ala intera della stazione e colpisce il treno Ancona-Chiasso, fermo al binario 1.

Morti: 85           Feriti: 200

[Leggi: L’infondatezza della pista palestinese
Pifano smentisce Raisi ]

  • Tonino LaBelva, anni 50
  • Danielino Sugaddozzu, anni 29
  • Mariotto Minghilledda, anni 55
  • Paolo Berosi, anni 32
  • Antonella Ceci, anni 19
  • Angela Marino, anni 23
  • Leo Luca Marino, anni 24
  • Domenica Marino, anni 26
  • Errica Frigerio In Diomede Fresa, anni 57
  • Vito Diomede Fresa, anni 62
  • Cesare Francesco Diomede Fresa, anni 14
  • Anna Maria Bosio In Mauri, anni 28
  • Carlo Mauri, anni 32
  • Luca Mauri, anni 6
  • Eckhardt Mader, anni 14
  • Margret Rohrs In Mader, anni 39
  • Kai Mader, anni 8
  • Sonia Burri, anni 7
  • Patrizia Messineo, anni 18
  • Silvana Serravalli In Barbera, anni 34
  • Manuela Gallon, anni 11
  • Natalia Agostini In Gallon, anni 40
  • Marina Antonella Trolese, anni 16
  • Anna Maria Salvagnini In Trolese, anni 51
  • Roberto De Marchi, anni 21
  • Elisabetta Manea Ved. De Marchi, anni 60
  • Eleonora Geraci In Vaccaro, anni 46
  • Vittorio Vaccaro, anni 24
  • Velia Carli In Lauro, anni 50
  • Salvatore Lauro, anni 57
  • Paolo Zecchi, anni 23
  • Viviana Bugamelli In Zecchi, anni 23
  • Catherine Helen Mitchell, anni 22
  • John Andrew Kolpinski, anni 22
  • Angela Fresu, anni 3
  • Maria Fresu, anni 24
  • Loredana Molina In Sacrati, anni 44
  • Angelica Tarsi, anni 72
  • Katia Bertasi, anni 34
  • Mirella Fornasari, anni 36
  • Euridia Bergianti, anni 49
  • Nilla Natali, anni 25
  • Franca Dall’olio, anni 20
  • Rita Verde, anni 23
  • Flavia Casadei, anni 18
  • Giuseppe Patruno, anni 18
  • Rossella Marceddu, anni 19
  • Davide Caprioli, anni 20
  • Vito Ales, anni 20
  • Iwao Sekiguchi, anni 20
  • Brigitte Drouhard, anni 21
  • Roberto Procelli, anni 21
  • Mauro Alganon, anni 22
  • Maria Angela Marangon, anni 22
  • Verdiana Bivona, anni 22
  • Francesco Gomez Martinez, anni 23
  • Mauro Di Vittorio, anni 24
  • Sergio Secci, anni 24
  • Roberto Gaiola, anni 25
  • Angelo Priore, anni 26
  • Onofrio Zappala’, anni 27
  • Pio Carmine Remollino, anni 31
  • Gaetano Roda, anni 31
  • Antonino Di Paola, anni 32
  • Mirco Castellaro, anni 33
  • Nazzareno Basso, anni 33
  • Vincenzo Petteni, anni 34
  • Salvatore Seminara, anni 34
  • Carla Gozzi, anni 36
  • Umberto Lugli, anni 38
  • Fausto Venturi, anni 38
  • Argeo Bonora, anni 42
  • Francesco Betti, anni 44
  • Mario Sica, anni 44
  • Pier Francesco Laurenti, anni 44
  • Paolino Bianchi, anni 50
  • Vincenzina Sala In Zanetti, anni 50
  • Berta Ebner, anni 50
  • Vincenzo Lanconelli, anni 51
  • Lina Ferretti In Mannocci, anni 53
  • Romeo Ruozi, anni 54
  • Amorveno Marzagalli, anni 54
  • Antonio Francesco Lascala, anni 56
  • Rosina Barbaro In Montani, anni 58
  • Irene Breton In Boudouban, anni 61
  • Pietro Galassi, anni 66
  • Lidia Olla In Cardillo, anni 67
  • Maria Idria Avati, anni 80
  • Antonio Montanari, anni 86

 

BOLOGNA. 2 AGOSTO 1980 -sappiamo bene chi è Stato-

Lo avrai, lo avrai

6 luglio 2008 1 commento

 

Lo avrai,
camerata Kesselring,
il monumento che pretendi da noi italiani,
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.

Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio;
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità;
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono;
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire,

ma soltanto col silenzio del torturati,
più duro d’ogni macigno.

Soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi,
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio,
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade, se vorrai tornare,
ai nostri posti ci ritroverai:
morti e vivi collo stesso impegno,
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama,

ora e sempre,

RESISTENZA

Piero Calamandrei

Il lavoro “giusto” per me

6 luglio 2008 2 commenti

“Oggi guardo indietro, a quei tempi, e misuro il distacco, la strada percorsa e sento che senza quell’esperienza forse non sai in galera, ma sento pure che se non fossi diventato comunista, l’intera mia viata non avrebbe avuto senso. E per me essere comunisti è l’unico modo di essere uomini. 
Il futuro, vada come vada, ma le cose giuste della mia vita non posso rifiutarle, respingerle, neppure per rendere più tollerabile la mia situazione: vada come vada, sono stato e sono un comunista.
Dicano quel che gli pare, i fottuti borghesi, me ne sono sempre sbattuto di loro, in modo giusto o sbagliato gli ho sempre sputato in faccia. E ora più che mai.
A maggior ragione ora che li conosco meglio, ora che ho conosciuto le loro galere, ho visto ciò che fanno ogni giorno ai poveri cristi. Non rimpiango di essermi ribellato contro i padroni, rimpiango di averlo fatto fuori tempo, in modo sbagliato.
Se fossi nato dieci anni prima forse sarei stato un gappista. Avrei vissuto la Resistenza, probabilmente, e l’avrei vissuta in un certo modo. Anche il tempo, la situazione in cui si vive, contano, nel determinare un uomo e la sua sorte. Legati a un movimento partigiano, in un momento in cui erano validi il sabotaggio e il terrorismo, noi avremmo potuto compiere azioni utilissime, decisive per la lotta in una città come Torino o Milano. Fare il partigiano in montagna non sarebbe stato affar nostro, ma in una città avremmo dato del filo da torcere a tedeschi e fascisti.
Se i partigiani erano in certo qual modo organizzazioni “regolari”, con una divisa, un territorio proprio, un confine sia pure labilissimo che li divideva dal nemico, un retroterra sia pure minimo in cui il nemico per inoltrarsi doveva impiegare forze massicce e poteva farlo solo in certe occasioni, per i gappisti si trattava di sparare proprio in mezzo al nemico, in casa sua.
Erano i partigiani dei partigiani.
Un lavoro durissimo, la tensione era continua, in genere gli uomini duravano solo pochi mesi. Ogni soldato, e anche il partigiano, quando non è impegnato nell’azione , ha la possibilità di scaricarsi, di vivere qualche giorno o anche solo qualche ora “fuori pericolo”, in mezzo ai suoi. Può parlare, cantare, dormire in un’atmosfera amica.
Per il gappista non c’è un momento solo in cui possa abbandonarsi, ogni faccia ce vede può essere il nemico, ogni parola nasconde un’insidia, chiunque lo avvicina può essere un delatore.
Ogni suono di campanello alla porta può essere il nemico che l’ha individuato e non c’è salvezza, in questo caso non ci sono azioni di difesa, non c’è strada di fuga, non c’è retrovia, non ci sono i compagni che possono intervenire. Quando si viene identificati è la fine, senza mediazioni, senza la possibilità estrema del combattimento o dello sganciamento.
Se fossi nato prima, quello sarebbe stato il lavoro “giusto” per me, ognuno è fatto in un certo modo e per un certo tipo di azione.”
__________SANTE NOTARNICOLA_________ “L’evasione impossibile”

Il libro che ha cambiato la mia vita, molto tempo fa. 
 

 

VERGOGNA: siamo tutt@ Graziella!

2 luglio 2008 2 commenti

“CI SONO COSE CHE VANNO CONTRO NATURA MOLTO PIU’ DELL’OMOSESSUALITA’ -COSE CHE SOLTANTO GLI UOMINI POSSONO FARE- COME AVERE UNA RELIGIONE O DORMIRE IN PIGIAMA” 
                       _Magnus Enquist, etologo dell’università di Oslo_ 

In relazione ai comunicati di Arcigay Arcilesbica e del Comitato Bologna Pride

Facciamo Breccia esprime la propria indignazione su quanto accaduto sabato scorso a Bologna e  rigetta le insinuazioni calunniose contenute nel comunicato di Mancuso e Polo e in quello del Comitato Pride Bologna. Solidarietà a Graziella Bertozzo

L’espressione del dissenso è una normale pratica nella dinamica politica che non c’entra niente con la violenza. L’uso della polizia per la gestione del dissenso interno ad un movimento è la fine della politica, significa scivolare verso lo stato di polizia.

La presenza, non prevista, di alcuni/e attivisti/e di Facciamo Breccia “intrufolatisi” sul palco del pride per aprire uno striscione che, ricordiamo, recitava “28 giugno 1982. Indietro non si torna. Facciamo Breccia” – per rivendicare la storia del movimento lesbico, gay e trans che in quella data aveva ottenuto il Cassero di Porta Saragozza, sede poi “restituita” nel 2001 alla Curia – intendeva con ogni evidenza esprimere dissenso politico utilizzando pratiche di movimento e pacifiche. Lo stesso dissenso che Facciamo Breccia aveva cercato di esprimere nei mesi scorsi avendo difficoltà a riconoscersi in un pride, a nostro avviso, troppo blando e “neutrale”, tutto giocato sulla trasversalità politica, senza un chiaro posizionamento antifascista (nonostante l’importante adesione dell’ANPI), arrivando a proporre come uno dei pupazzi che campeggiavano su manifesti e cartoline la stilizzazione di un gay neofascista partecipante al pride.

Alla fine Facciamo Breccia aveva scelto di aderire al pride di sabato 28 giugno esprimendo però, in un documento intitolato “Adesione al Bologna Pride”, tutte le proprie perplessità, riserve e contrarietà. L’adesione critica non è stata accettata dal Comitato Bologna Pride che non ha mai spiegato ufficialmente il rifiuto. Inoltre il Comitato Bologna Pride ha scelto di non permettere di intervenire sul palco alle realtà che non avevano formalmente aderito, scelta legittima ma non includente anche a fronte di altri eventi quali il Biella Pride dove il Coordinamento organizzatore ha dato la parola a tutte le soggettività lgbt che lo richiedessero, al di là della posizione di queste sulla piattaforma o sull’adesione. Ugualmente Facciamo Breccia ha partecipato al Bologna Pride, organizzando uno spezzone collegato allo spezzone lesbico e femminista e portando in piazza molte persone, contribuendo così alla riuscita della manifestazione. Durante il corteo abbiamo organizzato un’azione di comunicazione politica che avrebbe dovuto avere il suo epilogo nell’apertura dello striscione sul palco come espressione pacifica di dissenso: avevamo aperto lo stesso striscione davanti al Cassero di Porta Saragozza, per rivendicare la storia del movimento lgbt.

Il Cassero è stato simbolicamente circondato di drappi rosa e arricchito di cartelli di rivendicazione politica, la polizia ha lasciato svolgere l’azione del tutto pacifica che ha riscosso molto riconoscimento dai/dalle partecipanti al corteo che hanno festosamente preso parte in centinaia.

Ma la conclusione del pride per noi è stata inverosimile: l’area del palco (backstage lo chiama il Direttivo Comitato Bologna Pride), cioè l’area interna del palco, delimitata da transenne, era “protetta” da volontari/e insieme a poliziotti, alcuni in divisa, altri (avremmo scoperto in seguito) in borghese, presenza che, se non è stata richiesta dal Comitato Bologna Pride, è stata da questo per lo meno avallata.  Questo in una manifestazione politica non si era mai visto movimenti: la sicurezza interna gestita dalla polizia di stato. E questa è stata la prima causa di quello che Aurelio Mancuso sul palco (evidentemente senza crederci) definiva il terribile “malinteso” che ha fatto fermare e ammanettare Graziella Bertozzo, leader storica del nostro movimento certo (lo rivendichiamo a lettere chiarissime) e riconosciuta come tale da tutte/i (o quasi), ma che non ha assolutamente usato la sua storia per presentarsi nell’area palco: Graziella stava partecipando ad un’azione di comunicazione politica con altri/e compagni e compagne che voleva esprimere il dissenso di cui sopra. Le altre e gli altri “si sono intrufolati/e” tranquillamente mentre Graziella (che non aveva certo chiesto niente a Porpora Marcasciano visto che in quel momento teneva il suo intervento e con la quale in precedenza aveva parlato – essendo compagne di percorso – ma certo non le aveva chiesto il permesso per salire su un palco di cui Porpora non aveva la gestione). Rimane da capire la ragione per la quale solo la persona più rappresentativa di Facciamo Breccia sia stata fermata all’ingresso del palco, mentre le altre venivano lasciate passare. Inoltre Facciamo Breccia non attacca nessuna volontaria ma condanna fortemente il ruolo della polizia sul palco ed il fatto che sia stata chiamata per risolvere un dissidio politico, rifiutando ripetutamente, anche di fronte a esplicita richiesta di attivisti/e di Facciamo Breccia, di evitare il fermo di polizia. Chi ha scelto questa modalità? Chi non ha colto l’occasione offerta da Facciamo Breccia con il comunicato reso pubblico in data 29 giugno di agire tutte/i per evitare di fare di Graziella un capro espiatorio di un conflitto tutto politico, e sta invece cercando di farla finire strumentalmente in tribunale invece di riportare il dibattito sul piano  politico? Il Comitato Bologna Pride, che ha già finito il suo “processo” ascoltando “alcuni diretti interessati, testimoni oculari del fatto”. Non certo “la condannata” Graziella Bertozzo… A questo punto la responsabilità è chiara e dichiarata. E’ questa riteniamo che sia il risvolto più vergognoso della vicenda: l’attacco ad una persona, una lesbica, un’attivista in carne ed ossa, cercando di screditarla, diffondendo calunnie, usando contro di lei tutte le armi che la repressione ha sempre usato contro le lesbiche e le donne in generale: l’accusa di isterica violenta. E così è stata consegnata una componente del nostro movimento alla polizia, una lesbica dichiarata in mani a poliziotti che non hanno certo tardato, com’era presumibile, a cercare di piegarla psicologicamente e fisicamente. A Graziella oltretutto è stata tesa una trappola: un uomo in borghese che mai si è qualificato l’ha aggredita, lei ha cercato con le sue forze di non farsi prendere, non sapendo che fosse un pubblico ufficiale, come qualunque donna nelle mani di un uomo che l’aggredisce avrebbe fatto. Quindi non esiste nessuna resistenza a pubblico ufficiale né tanto meno esistono le lesioni visto che il sedicente lesionato è stato visto da decine di testimoni pronti/e a testimoniare sul palco e fuori prendere di peso Graziella e camminare tranquillamente prima e dopo il fermo. Le altre e gli altri di Facciamo Breccia hanno dovuto insistere accoratamente perché il terribile fatto fosse annunciato sul palco e per sapere dove era stata portata, davanti a esponenti del Comitato Bologna Pride e di Arcigay che continuavano a rispondere che se l’avevano fermata (quando loro stessi avevano chiesto il fermo additandola come pericolosa) sicuramente aveva fatto qualcosa di male, con la stessa logica che porta molti a dire che se una donna è stata violentata qualcosa avrà fatto, se lo sarà meritato, se lo sarà cercato.

Facciamo notare che tra le firme del Comitato Bologna Pride manca quella di una delle tre portavoci, Marcella Di Folco, che non ha sottoscritto il documento, oltre, ovviamente, a quelle di tutte le realtà aderenti al Comitato stesso che non fanno parte del Direttivo.

Non abbiamo, invece, niente da aggiungere riguardo al comunicato di Aurelio Mancuso, Presidente nazionale Arcigay e di Francesca Polo, Presidente nazionale Arcilesbica visto che si tratta solo di un lungo elenco di falsità e diffamazioni, caso mai da dirimere a mezzo querela visto che questo sembra essere il piano scelto dalle due associazioni nazionali. Facciamo Breccia viene screditata perché ha da sempre avuto il coraggio di rendere nota la lotta verso quelle nicchie di privilegio di cui certe associazioni si nutrono e sopravvivono. Accusare Facciamo Breccia di violenza, maschilismo e slealtà  è solo una ridicola baggianata (dimostrata tra l’altro dagli ottimi rapporti istaurati con gli organizzatori e le organizzatrici di tutti gli altri pride), che dovrebbe solo far arrossire chi lo scrive. Semmai ci appelliamo a tutte le socie ed i soci di Arcigay e Arcilesbica  e i loro circoli perché si dissocino da tali infamie. Speriamo invece che queste associazioni dimostrino altrettanta violenza alla prossima aggressione omofoba e fascista di quanta ne hanno dimostrata nel loro comunicato contro Facciamo Breccia, dato che siamo sicure/i che la tradizionale piagnulocosità che dimostrano in tali occasioni non sia utile.

Noi siamo tutte/i con Graziella insieme a centinaia di donne, uomini, lesbiche, gay, trans, femministe, attivisti/e e soggettività politiche, oltre che a decine di testimoni oculari come dimostrano le molte mail di solidarietà arrivate a Graziella, e consultabili sul sito www.facciamobreccia.org

Noi abbiamo scelto la politica, le pratiche di movimento e di non abbassarci mai all’uso del paradigma securitario né tanto meno alla rinuncia della politica e dell’azione in nome dello stato di polizia.

Coordinamento Facciamo Breccia.

Foto di Valentina Perniciaro
LAYCA FROCESSIONE.
SAN LORENZO, febbraio 2008

chiedono pure i danni!

30 giugno 2008 1 commento

SPOLETO – Quattro operai morti sul lavoro ed un’azienda che, a distanza di oltre due anni dal drammatico incidente, chiede ai parenti delle vittime, e all’unico superstite, trentacinque milioni di euro, come risarcimento danni. Tanto pretende la Umbria Olii dai familiari di Tullio Mocchini, Giuseppe Coletti, Wladimir Toder e Maurizio Manili. Trentacinque milioni richiesti a fratelli, figli e genitori.
L’atto legale porta la firma dell’amministratore delegato della società, Giorgio Del Papa, indagato dal giorno seguente la tragedia. Le accuse per il manager sono di disastro colposo con l’aggravante “della colpa con previsione dell’evento”, violazione delle norme sulla sicurezza (tra cui l’omissione dolosa dei mezzi di prevenzione) e omicidio colposo plurimo. Secondo la procura di Spoleto, Del Papa sapeva che c’era gas esplosivo (del tipo esano, molto pericoloso) nei silos saltati in aria. E proprio quel gas, per la procura, è la causa di tutto. Per Del Papa, invece, la colpa dell’incidente è da attribuire agli operai.

I quattro, lavoravano per conto di una piccola ditta, che aveva l’appalto per lavori di manutenzione di questo colosso europeo della raffinazione dei prodotti vegetali. Secondo l’azienda, gli operai che quel giorno stavano lavorando all’installazione di una passerella per collegare due silos, avrebbero dovuto sapere che le fiamme ossidriche non potevano essere utilizzate in quell’intervento. E proprio l’uso di un saldatore sarebbe stata la causa, per la difesa, dello scoppio del silos. I quattro saltarono in aria. Dilaniati e carbonizzati. Una tragedia che nel novembre del 2006 scosse l’opinione pubblica, è poi divenuta un vicenda giudiziaria a colpi di perizie.
Da un lato le 250 pagine dei periti della procura (alcuni dei quali gli stessi intervenuti per la vicenda della Thyssen), dove si sostiene la responsabilità della Umbria Olii e la causa scatenante del gas esano. Dall’altra una perizia richiesta dall’azienda al tribunale civile, e affidata ad un consulente locale che riscontra come causa dell’incidente l’uso del saldatore. In quest’ultima perizia si sostiene che pur in presenza del gas esplosivo, se non ci fosse stato l’innesco della fiamma, lo scoppio non si sarebbe mai prodotto. Un errore, scrive il perito, commesso dagli operai “per fretta e stanchezza”.


“Se la giustizia consente questo, cos’altro può succedere?” commenta sconsolato, Klaudio Demiri, unico superstite, che al momento dello scoppio era fortunatamente a bordo di una gru. Lui, ancora oggi, vive nell’incubo di quelle tremende sequenze di inferno e fuoco.
Intanto, l’11 luglio il giudice penale deciderà se disporre o meno il processo per Del Papa. A gennaio è fissata l’udienza civile per discutere del risarcimento. Il professor Giovanni Cerquetti, docente di diritto penale generale alla facoltà di giurisprudenza di Perugia, e legale di uno dei familiari delle vittime, parla di “azione irrituale e comunque infondata. Un caso singolarissimo, con azioni civili che espongono chi le ha promosse a quella che il codice di procedura civile definisce come “responsabilità aggravata per lite temeraria”.

MERDE SCHIFOSE!
OLTRE AD UCCIDERCI I PADRONI CHIEDONO I DANNI!

Genova, piazzale kennedy

Fionde contro il potere. Genova, Piazzale Kennedy 20 Luglio 2001, Foto di Valentina Perniciaro

+ PARAPIGLIA – FAMIGLIA!

26 giugno 2008 1 commento

“Avete mai fatto caso al fatto che oggi, in Italia, c’è pieno di gente che quarant’anni fa era atea e comunista adesso son diventati cattolici? Io, non lo so, se trovassi qualcuno che quarant’anni fa era cattolico,  e adesso è ateo e comunista, sarei curioso di andarci a cena insieme, con uno così, invece non esco mai di casa,
praticamente.” 

_PAOLO NORI_ _Mi compro una gilera_


Foto di Valentina Perniciaro Corteo di Donne per le Donne. Roma, 24 Novembre 2007
                                PIU' PARAPIGLIA MENO FAMIGLIA

W la France! Oggi si!

23 giugno 2008 Lascia un commento

BELLE NOTIZIE DALLA FRANCIA.
BELLE COME UN CARCERE CHE BRUCIA. 

Un incendio doloso ha quasi completamente distrutto ieri il centro di detenzione di Vincennes, uno dei più grandi di Francia, dove erano detenuti 273 stranieri senza permesso di soggiorno in attesa di espulsione. 
L’incendio è stato appiccato alle 15.45 del pomeriggio, in due distinte sezioni della struttura, e nonostante l’intervento rapido dei pompieri i danni sono stati ingenti. Nessun ferito grave, ma venti persone sono state ricoverate per intossicazione dovuta al fumo.

Una cinquantina di detenuti hanno approfittato del caos per fuggire. 
Secondo uno degli stranieri detenuti, l’incendio è legato alla rivolta scoppiata nel centro dopo la morte, sabato, di un tunisino per arresto cardiaco. Alcuni detenuti avrebbero dato fuoco ai materassi mentre all’esterno si svolgeva una manifestazione di solidarietà. L’incendio è cominciato venti minuti dopo l’inizio della manifestazione.

Corteo per i diritti, per la casa, per la libertà. Roma, 14 giugno 2008. Foto di Valentina Perniciaro

Si muore nel fango

12 giugno 2008 1 commento

 

Si muore nel fango, si muore schiacciati, si muore avvelenati.
Nessuno è mai responsabile, nessuno ha mai pagato per queste morti.
Tutti spendono molte parole di esecrazione e di condanna, si cercano le cause della tragedia; imprenditori, governo e sindacati si dichiarano costernati.
Ma intanto, nei fatti e non colle parole, l’Unione Europea deregolamenta l’orario di lavoro e così, grazie alla nuova normativa si potrà cancellare ogni forma di contrattazione collettiva, sostituita da rapporti di lavoro individuali, come sogna la CONFINDUSTRIA 
Sarà ancora più facile morire nelle fabbriche, nei cantieri, nei campi o in fondo ad un un pozzo, avvelenati come topi.
Liberalizzare l’orario di lavoro è un crimine, una istigazione a delinquere; cosi come si moriva nell’ottocento così si muore nel duemila: almeno risparmiateci l’ipocrisia delle lacrime per gli ultimi omicidi, come quello degli operai siciliani uccisi dalle esalazioni tossiche dentro una vasca di depurazione.
La domanda è solo una: esistono forze sindacali, sociali, civili e culturali in grado di dare un segno di vita, di battere un colpo, per difendere una conquista di civiltà ? 
I movimenti di base si mobilitano puntualmente e giustamente contro il razzismo e contro il fascismo, per il diritto al lavoro e per il diritto all’abitare, contro le guerre, in difesa della diversità.
Sarebbe ora di mobilitarsi e incazzarsi con la stessa intensità e puntualità anche per la strage giornaliera di lavoratori, per far diventare la tutela della salute e della vita dei lavoratori il problema centrale del conflitto.  

COMITATONOMORTILAVORO
ROMA 12/06/08

Foto di Valentina Perniciaro -Produci Consuma Crepa-

se non quelli che moriranno con me

9 giugno 2008 1 commento

“Faccio la prova del dolore. Come se il medico punge un arto per verificare se è insensibile, così io pungo la memoria. Prima che moriamo, può darsi che muoia il dolore. Se così fosse, questo sarebbe da raccontare, ma a chi? QUI NESSUNO, SE NON QUELLI CHE MORIRANNO CON ME, PARLA LA MIA LINGUA”
                             -Christa Wolf- 

 

Sono appena nata.
Non parlo, non cammino, non mi sposto nel tempo,
non so neanche cosa sia domani.
Mi muovo nel buio della coscienza.
Sono puro sentire.
So l’essenziale per vivere e il resto non mi riguarda,
lasciato nel beneficio buio dell’imperscrutabile e dell’immotivato.
Non mi interessa capire, prevedere, programmare.
Solo vivere.
Vivere si.
Adesso. 
Confusa nel tutto.

-Tratto da “Compagna Luna” , Barbara Balzerani, Feltrinelli 1998 

Foto di Baruda: Genova, 17 Novembre 2007
Quella gran bella cosa che sono i CORDONI, quasi perduta nell'oblio.